mercoledì 25 novembre 2020
Bebel, La donna e il socialismo.
LA DONNA E
IL SOCIALISMO
Testi del marxismo rivoluzionario 2
LA DONNA NEL PASSATO,
NEL PRESENTE
E NELL'AVVENIRE
AUGUST BEBEL
INDICE DELLE MATERIE
Premessa. pag. 1
Prefazione all'undicesima edizione pag. 10
Introduzione pag. 11
La donna nel passato pag. 14
La donna nel presente pag. 40
L'istinto sessuale - matrimonio - freni e impedimenti al
matrimonio. pag. 40
Altri freni e impedimenti al matrimonio.
La proporzione numerica dei sessi.
Sue cause e suoi effetti. pag. 56
La prostituzione è una istituzione sociale
necessaria alla borghesia. pag. 67
La condizione della donna. Sua capacità
intellettuale. Il darvinismo e le condizioni
sociali. pag. 75
La posizione giuridica e politica della donna. pag. 92
Stato e società. pag. 99
La socializzazione della società. pag. 113
La donna nell'avvenire pag. 142
L'internazionalismo. pag. 145
Popolazione ed eccesso di popolazione. pag. 146
Conclusione pag. 156
1
La donna e il socialismo
di August Bebel
- Premessa -
Esiste una «specifica questione femminile» per
i marxisti?
La risposta è sempre stata una e secca: No. Confermando
i principi del marxismo rivoluzionario, il
terzo congresso dell’Internazionale Comunista ribadiva,
appunto, che non esistono questioni specificamente
femminili, e che l’emancipazione della donna
non può essere raggiunta se non attraverso la lotta
dell’intero proletariato, femminile e maschile, per la
rivoluzione comunista, per la dittatura del proletariato,
per l’eliminazione delle basi economiche e sociali
della società capitalistica che, attraverso l’oppressione
salariale e familiare, dunque con questa doppia
oppressione, ha appesantito la schiavitù delle donne
in modo ancor più feroce rispetto alle società di classe
precedenti.
Per i marxisti non vi sono soluzioni storiche specificamente
femminili al problema della donna nella
società borghese. La soluzione dell’oppressione della
donna non sta in particolari ricette giuridiche (eguaglianza
per legge tra maschi e femmine, partecipazione
democratica alla vita politica ecc.) come pretendono
tutti i partiti e i movimenti democratici, né
può essere il risultato di una particolare educazione
della donna, e dei maschi, come pretendono i movimenti
«femministi». Ciò non toglie che le rivendicazioni
di parità salariale, eguaglianza giuridica, eliminazione
di ogni discriminazione fra i sessi ecc., e
rivendicazioni più specifiche che riguardano le condizioni
di esistenza delle donne, riferite alla maternità,
all’aborto e simili, facciano parte degli obiettivi
immediati della lotta classista del proletariato; ma,
per l’appunto, degli obiettivi immediati della lotta
classista del proletariato, cioè di una lotta che non si
ferma all’involucro giuridico della società borghese,
ma punta molto più in alto, alla distruzione della sovastruttura
politica e della struttura economica e sociale
del capitalismo.
Analizzando gli elementi strutturali e sovrastrutturali
della condizione femminile nella realtà sociale
del capitalismo e nella storia dello sviluppo delle forze
produttive, dunque attraverso il materialismo storico
e dialettico, ilmarxismo ha scoperto le vere cause
storiche e materiali dell’oppressione della donna.
«Secondo la concezione materialista – sostiene Engels
nel suo «L’origine della famiglia, della proprietà
privata e dello Stato» – il movente essenziale e decisivo
al quale ubbidisce l’umanità consiste nella produzione
e riproduzione della vita immediata, la quale,
a sua volta, ha un duplice aspetto. Da un lato la
produzione dei mezzi di esistenza, di tutto ciò che
serve alla nutrizione, all’abbigliamento, all’abitazione,
e degli attrezzi di lavoro di cui gli uomini
necessitano; dall’altro la procreazione degli uomini
stessi, la continuazione della specie. Le istituzioni
sociali sotto le quali vivono gli uomini in un’epoca
determinata e in un dato paese sono strettamente
legate a queste due specie di produzioni, da un lato
per il grado di sviluppo del lavoro, dall’altro per
quello della famiglia» (1).
Engels dimostra che la nascita della soggezione
della donna non sta nel preteso egoismo del maschio
o nella perdita di una supposta democrazia primitiva
esistente nella società comunista primitiva che precedeva
la formazione delle società divise in classi
nel corso storico dello sviluppo delle società umane.
La soggezione della donna nasce nel corso dello sviluppo
delle forze produttive che ad un certo livello
comporta il passaggio dal comunismo primitivo alla
società classista. Con lo sviluppo della produzione e
dei mezzi di produzione (concentrati in mano all’uomo
non solo in ragione della forza fisica, ma anche
perché non impegnato direttamente nella maternità e
nell’allevamento della prole) il lavoro domestico perde
gradualmente di importanza. «La stessa causa che,
un tempo, aveva assicurato alla donna l’autorità
nella famiglia, cioè la sua occupazione esclusiva ai
lavori inerenti all’economia domestica, assicurava
ora la prevalenza dell’uomo: il lavoro femminile della
casa perde, da questo momento, valore in confronto
al lavoro produttivo dell’uomo: il secondo è tutto, il
(1) Cfr. F. Engels, L’origine della famiglia,
della proprietà privata e dello Stato, Prefazione
alla prima edizione del 1884, Ed. Fasani, Milano
1945, p. 13.
2
primo un accesorio insignificante» (2).
L’inferiorità giuridica venne solo dopo questo
grande passaggio, a riprova del fatto che i mezzi giuridici
non rivoluzionano nulla, ma si limitano a istituzionalizzare
quello che per una data società è già diventato
un fatto o un’esigenza. La conseguenza, per
imarxisti, è che la soggezione della donna finirà quando
crollerà la barriera che la tiene schiava, ovvero la
sua separazione dal lavoro produttivo sociale. Questa
condizione storica (già sottolineata da Engels
nell’opera che abbiamo citato) ha già cominciato a
verificarsi sotto il capitalismo, rendendo possibile –
ma senza attuarla – l’emancipazione femminile. L’oppressione
della donna è iniziata a causa di fattori economico-
sociali e terminerà a causa di fattori analoghi;
ecco perché la rivoluzione dei costumi, la rivoluzione
sociale non potrà mai avvenire attraverso i
mezzi giuridici; ecco perché, data la fortissima resistenza
dei fattori economico-sociali che garantiscono
alla borghesia il predominio generale sulla società,
è soltanto con la vittoria su quella fortissima resistenza
che potrà aprirsi il corso di una una nuova
organizzazione sociale nella quale venga superata la
civilizzazione capitalistica, sapendo che «la base della
civilizzazione è lo sfruttamento di una classe su
di un’altra classe» e che «tutta la sua evoluzione si
muove in una contraddizione costante. Ogni progresso
della produzione è nel medesimo tempo un regresso
della situazione della classe oppressa, vale a dire
della maggioranza. Ogni beneficio per gli uni è necessariamente
un male per gli altri; ogni grado di
emancipazione raggiunto da una classe è un nuovo
elemento di oppressione per l’altra. La prova più
evidente ci è fornita dall’introduzione del macchinismo,
i cui effetti sono oggi conosciuti da tutto il
mondo» (3).
La donna, nella società capitalistica, subisce una
doppia oppressione, quella salariale (pari a quella che
subisce il proletario) e quella domestica (inerente alla
cura della casa e dei figli nell’ambito della famiglia).
L’oppressione domestica è molto più antica di quella
salariale, dato che quest’ultima appare solo con il
capitalismo avendo esso costretto, ad un certo punto
dello sviluppo della produzione, anche la donna
proletaria (ed i suoi figli) ad entrare in concorrenza
nella vendita della sua forza lavoro con la forza lavoro
rappresentata dal proletario, dal «pater familias»,
da colui che, nella divisione dei compiti all’interno
della famiglia monogamica, provvedeva al sostentamento
dell’intera famiglia attraverso il suo salario,
mentre la moglie doveva provvedere ai lavori domestici
e all’allevamento dei figli. E’ un’altra delle contraddizioni
di fondo della civiltà capitalistica: mentre
l’inserimento della donna nella produzione sociale, e
quindi nella vita sociale, rappresenta un effettivo progresso
per il genere femminile rispetto alle società
classiste precedenti, rappresenta nello steso tempo
un ulteriore aspetto dell’oppressione della donna poiché,
invece di liberarla dalle incombenze domestiche,
si aggiunge ad esse.
E’ interessante ricordare che la parola famiglia
deriva dal latino: «non significa, inizialmente, l’ideale
fatto di sentimentalismo e di discordia dell’odierno
filisteo, né si applica dapprincipio, tra i Romani,
alla coppia coniugale e ai suoi figli, ma ai soli
schiavi. Famulus vuol dire schiavo domestico, e familia
designa l’assieme degli schiavi appartenenti a
uno stesso uomo. Ancora al tempo di Caio, la familia,
id est patromonium (vale a dire la parte di eredità),
era legata per testamento. L’espressione fu inventata
dai Romani per designare un nuovo organismo
sociale, il cui capo governava sulla donna, i
figli e un certo numero di schiavi, secondo il potere
paterno romano e col diritto di vita e di morte su
tutti» (Engels, L’origine della famiglia ecc., cit.
p.70). Questa forma di famiglia segna il passaggio,
sottolinea Engels, dalmatrimonio sindiasmico (*) alla
monogamia, e la donna è sottomessa senza riserva
al potere dell’uomo; ed Engels continua: «L’esistenza
della schiavitù a fianco della monogamia, la presenza
delle giovani e belle prigioniere appartenenti
corpo e anima all’uomo che le ha conquistate, costituiscono
fin dall’origine il carattere specifico della
monogamia, la quale è monogamia soltanto per la
donna e non per l’uomo. Tale carattere permane
ancora oggi» (p. 75). E ancora: «La monogamia non
compare affatto nella storia come una sorta di riconciliazione
tra l’uomo e la donna, e meno ancora
come la forma più elevata della famiglia. Fa la sua
comparsa in scena sotto la forma dell’assoggettamento
di un sesso all’altro, della proclamazione di
un conflitto tra i sessi fino a quel momento sconosciuto
dalla storia anteriore» (p. 78).
Tornando alla famiglia monogamica, essa, nella
società borghese, rappresenta l’unità economica di
base, anche al di là delle mille contraddizioni che la
caratterizzano sia in termini di adulterio che di prostituzione.
E’ d’altra parte un fatto che, in tutte le
(*) Secondo Lewis H. Morgan, dal cui libro più
famoso – Ancient Society or Researches in the Lines
of Human Progress from Savagery, through
Barbarism to Civilization, del 1877 – Engels prende
le mosse per la sua opera L’origine della famiglia,
della proprietà privata e dello Stato, a tre forme
principali di matrimonio corrispondono tre stadi
principali di evoluzione umana. Allo stato selvaggio
corrisponde il matrimonio a gruppi, alla barbarie il
matrimonio sindiasmico, alla civiltà lamonogamia con
i suoi complementi: l’adulterio e la prostituzione. Il
matrimonio sindiasmico è l’unione a coppie: l’uomo
aveva una moglie principale tra le sue innumerevoli
spose, ed era per lei il marito principale tra tutti gli
altri. (Vedi pp. 57-74, de L’origine della famiglia
ecc., cit.).
(2) Cfr. F. Engels, L’origine della famiglia, della
proprietà privata e dello Stato, cap. IX, Barbarie e
civiltà, cit., p. 187.
(3) Ibidem, cit., p. 204.
3
società divise in classi, il matrimonio è legato alle
condizioni di classe degli interessati e quindi è sempre
un matrimonio di convenienza, una unione in cui
predominano generalmente gli interessi economici
della coppia e delle famiglie di provenienza. Le leggi
borghesi che governano il «diritto di famiglia» non
hanno fatto altro che sistematizzare quanto era già in
essere nelle società precedenti rispetto alla proprietà
privata e al diritto di eredità. E sebbene le famiglie
proletarie non abbiano in genere possedimenti da difendere
e da trasmettere in eredità ai figli, ovviamente
anch’esse devono rispettare gli ordinamenti giuridici
che regolano l’intera società; e, nonostante l’evoluzione
dei costumi e dei bisogni sociali abbiano spinto
in molti paesi capitalisticamente avanzati i poteri borghesi
a promulgare leggi che prevedono una certa
«libertà» ed «eguaglianza» giuridica tra uomini e donne,
resta estremamente radicata nella società la tradizionale
supremazia maschile sul genere femminile.
Cosa che si può constatare facilmente in ogni campo
di attività economica e sociale, ma che gli stessi
media borghesi sono costretti di tanto in tanto a denunciare
(lo sfruttamento sistematico della prostituzione,
i maltrattamenti delle donne in ambito domestico
fino al loro assassinio, la diseguaglianza di trattamento
economico nei posti di lavoro ecc.).
Contro tutti gli aspetti che caratterizzano la soggezione
della donna all’uomo nella società borghese
si sono formati, nel tempo, e in seguito alla partecipazione
delle donne alle rivoluzioni e alle lotte per
«la libertà, l’eguaglianza e la fraternità», molti movimenti
di protesta e di critica politica che hanno avanzato
rivendicazioni – ed ancor oggi rivendicano –
per la parità giuridica e pratica tra i due sessi in tutti
gli ambiti della vita sociale.Ma come il marxismo ha
sempre affermato, nella società divisa in classi antagoniste
non sarà mai possibile, nemmeno nella repubblica
democratica più avanzata, ottenere l’effettiva
eliminazione di ogni discriminazione nei confronti
della donna e di ogni sua soggezione all’uomo. La
grande industria, come dicevamo, ha certamente
aperto alle donne la via della produzione sociale e
perciò la via alla vita pubblica e alla vita politica, ma
questo in realtà vale quasi esclusivamente per le donne
del proletariato. Le cose sono però messe in modo
tale, come sottolinea Engels, «che la donna, se dà la
propria attività al servizio privato della famiglia,
rimane esclusa dal lavoro sociale e non può guadagnare;
e se, al contrario, vuole prender parte all’industria
pubblica e guadagnare per proprio conto,
non è in condizioni di poter compiere i suoi doveri
in famiglia. Ugual dilemma la donna incontra in
tutte le branche del lavoro pubblico: in quello medico,
come in quello dell’avvocato o nella fabbrica.
La famiglia individuale moderna è basata sulla
schiavitù domestica più o meno palese della donna,
e la società moderna è una massa le cui molecole
sono rappresentate appunto dalle famiglie
individuali. L’uomo, ai giorni nostri, deve nella
maggior parte dei casi guadagnare la vita per tutta
la famiglia, cosa questa che gli concede una situazione
preponderante che non ha affatto bisogno
di essere convalidata dalle leggi. Egli è, nel
corpo della famiglia, il borghese; la donna vi rappresenta
il proletario» (L’origine della famiglia
ecc., cit., pp. 87-88).
Nei capitoli dedicati alla donna nel passato e nel
presente del suo libro su La donna e il socialismo,
Bebel non farà che dimostrare, con molteplici dati
oggettivi e citazioni dai vari studiosi borghesi, esattamente
quanto anticipato da Engels nel 1884, e prima
ancora da Marx ed Engels nell’Ideologia tedesca
del 1846. Da un vecchio manoscritto elaborato
da Marx ed Engels contemporaneo all’Ideologia tedesca,
Engels riporta, nell’Origine della famiglia
ecc., questa frase: «La prima divisione del lavoro è
quella che si compie tra l’uomo e la donna per la
procreazione dei figli», ed aggiunge: «il primo antagonismo
di classe che fa la sua apparizione nella
storia coincide con lo sviluppo dell’antagonismo tra
uomo e donna in regime monogamico, e la prima
oppressione di classe con l’oppressione del sesso femminile
da parte di quello maschile. La monogamia
fu un grande progresso storico, ma contemporaneamente
inaugurò, a lato della schiavitù e della proprietà
privata, quest’epoca che si prolunga ai giorni
nostri, nella quale ciascun progresso è nello stesso
tempo un regresso relativo, dove la felicità e lo
sviluppo degli uni si attuano a prezzo dell’infelicità
e dell’oppressione degli altri. E’ una forma cellulare
della società civile, nella quale possiamo
studiare già la natura delle contraddizioni e degli
antagonismi che si sviluppano pienamente in questa
stessa società» (cit., pp.78-79).
E’ lo sviluppo del capitalismo, come dirà Clara
Zetkin nel suo discorso al congresso di Gotha, che
ha «frantumato l’antica economia familiare che nel
periodo pre-capitalista aveva garantito alla grande
massa del mondo femminile un mezzo di sostentamento
e un senso alla propria vita». Le macchine, il
modo di produzione moderno, scavarono «la fossa
alla produzione autonoma della famiglia, ponendo
milioni, non migliaia, di donne di fronte al problema
di trovare un nuovo mezzo di sostentamento, un
senso alla propria vita (...) Milioni di donne vennero
costrette a cercarselo fuori, nella società» (4).
Ma la «questione femminile» si pone in modo ben
diverso per le donne della grande borghesia, per quelle
della media e piccola borghesia, e per le donne proletarie.
Nella famiglia monogamica della società borghese,
la donna è in ogni caso sottomessa all’uomo,
poiché l’unione tra uomo e donna è decisa dal denaro,
dal patrimonio. Le donne della grande borghesia
(4) Cfr. C. Zetkin, L’apporto della donna
proletaria è indispensabile per la vittoria del
socialismo, Discorso tenuto al Congresso di
Gotha del Partito socialdemocratico tedesco il
16 ottobre 1896, in La questione femminile e
la lotta al riformismo, G. Mazzotta Editore,
Milano 1972, p. 82.
4
«grazie al loro patrimonio, possono sviluppare liberamente
la propria individualità, seguire le proprie
inclinazioni» anche se «come mogli esse dipendono
ancora dall’uomo. Lo strascico della tutela sessuale
dei tempi antichi si è riversato nel diritto di famiglia
(...) Là dove la donna non è più costretta ad
assolvere i suoi doveri di moglie, madre e massaia,
essa li riversa su personale di servizio stipendiato».
La rivendicazione della donna della grande borghesia
fa parte della lotta all’interno della stessa classe dominante,
ed è una lotta «per l’abolizione di tutte le
discriminazioni sociali», certamente, ma «fondate
sul patrimonio» (5).
Le donne della media e piccola borghesia, e ovviamente
degli intellettuali borghesi, soffrono inmodo
diverso della disgregazione della famiglia, perché nella
misura in cui la produzione capitalistica procede nella
sua marcia trionfante, «la media e la piccola borghesia
vanno progressivamente incontro alla distruzione
». E a proposito degli intellettuali, Clara Zetkin
chiarisce un aspetto fondamentale del loro ruolo nella
società capitalistica: «il capitale ha bisogno di forze-
lavoro intelligenti e scientificamente preparate e,
in questo senso, ha favorito una sovrapproduzione
di proletari del lavoro mentale determinando in tal
modo un mutamento negativo della posizione sociale
degli appartenenti alle professioni liberali, che
nel passato era stata molto decorosa e redditizia.
Nella stessa misura decresce però il numero dei matrimoni,
in quanto, se da un lato le premesse materiali
sono peggiorate, sono dall’altro accresciute le
esigenze vitali del singolo (...) Il limite d’età per la
creazione d’una propria famiglia viene vieppiù dilazionato
(...) E così il numero delle donne nubili
tra gli strati medio-borghesi è in continuo aumento.
Le donne e le adolescenti di questa classe vengono
ributtate nella società perché possano fondare un’esistenza
che non procuri loro solo del pane, ma anche
un soddisfacimento morale. In questi strati la donna
non è equiparata con l’uomo in qualità di proprietà
di beni privati; non è neppure equiparata in
qualità di proletaria come avviene negli strati proletari;
la donna di quelle classi medie deve innanzi
tutto conquistarsi l’eguaglianza economica con l’uomo
e lo può fare solo attraverso due rivendicazioni,
quella di eguali diritti nella formazione professionale
e quella di eguali diritti per i due sessi nella
pratica professionale. Da un punto di vista economico,
ciò non significa altro che la realizzazione della
libertà di professione e della concorrenza tra uomo
e donna. Il realizzarsi di questa rivendicazione scatena
un contrasto d’interessi tra gli uomini e le donne
della media borghesia e dell’intellighentsia. La
concorrenza delle donne nelle libere professioni è la
causa della resistenza degli uomini contro le rivendicazioni
delle femministe borghesi (...) Questa lotta
concorrenziale spinge la donna appartenente a
questi strati alla richiesta di diritti politici al fine
d’abbattere ogni barriera che ostacoli la sua attività
economica» (6). Ma, per non far torto al movimento
femminile borghese, Clara Zetkin riconosce
che i motivi addotti non sono riconducibili soltanto
al fattore economico. Sebbene costituisca il perno
determinante delle rivendicazioni delle donne borghesi,
vanno considerati anche l’aspetto morale e spirituale.
«La donna borghese non chiede soltanto di
guadagnarsi da vivere, ma anche una vita spirituale,
lo sviluppo della propria personalità» e «partecipare
allo sviluppo della cultura moderna», e cultura
moderna vuol dire cultura borghese, nelle arti,
nelle scienze, nell’istruzione attraverso cui la società
borghese influenza e plasma le grandi masse a fini di
conservazione.
Per quanto riguarda la donna proletaria, la questione
«femminile» si pone in modo completamente
diverso, perché il capitale, nel suo iperfolle sviluppo,
allarga lo sfruttamento della forza lavoro a tutti i
componenti della famiglia proletaria, uomo, donna,
fanciulli, e in tale processo la donna proletaria viene
inserita nella vita economica grazie al fatto di rappresentare
(7) «una forza-lavoro volonterosa che solo
in rarissimi casi osa opporre resistenza allo sfruttamento
capitalista» (e ciò vale ancor più per i fanciulli
proletari). La donna proletaria è utilizzata, in
tutto un primo periodo, in lavorazioni in cui si rendono
necessarie l’abilità manuale e l’attitudine a ripetere
senza stancarsi gesti e movimenti semplici ma
di grande precisione (attitudine allenata nei lavori
domestici, nella cura della casa e della prole); ma
l’invenzione di macchinari più complessi che semplificano
le mansioni lavorative degli operai ha reso
possibile l’impiego di manodopera femminile anche
in molte lavorazioni che in precedenza richiedevano
l’impiego di forza muscolare e resistenza agli sforzi
fisici che solo la manodopera maschile poteva garantire.
E’ così che, a grande scala, il capitale ha
aperto le fabbriche alle donne proletarie ma a salari
più bassi di quelli riconosciuti agli uomini e a condizioni
di lavoro spesso più umilianti approfittando della
generale soggezione sociale di cui le donne soffrono
nella società borghese; per di più le donne proletarie,
oltre ad essere pagate peggio degli uomini, nel sistema
capitalistico sono sottoposte costantemente a
forme di ricatto sia sul piano economico, che morale
e personale. E tutto ciò, se dal punto di vista sociale
rappresenta un progresso perché le donne vengono
in questo modo strappate alle quattro mura di
casa e, volenti o nolenti, inserite nella vita economica,
sociale e politica che in precedenza vedeva protagonisti
soltanto gli uomini, allo stesso tempo rappresenta
una concorrenza sleale, dato che la forzalavoro
femminile costa meno, è più flessibile alle
molteplici esigenze organizzative delle aziende e, in
genere, oppone molto meno resistenza alla pressione
del capitale. Certo, inserita nella vita economica
della società, la donna proletaria porta a casa un sa-
(5) Ibidem, pp. 83-84.
(6) Ibidem, pp. 84-85.
(7) Ibidem, p. 86.
5
lario contribuendo in questo modo all’economia familiare
e, spesso, per periodi più o meno lunghi, rappresenta
l’unico salario che entra in famiglia. Ma
quello che appare come un modo per migliorare il
benessere familiare e il futuro dei propri figli, e quello
che appare come una indipendenza economica, in
realtà non sono che un processo di asservimento
ancor più pesante nei confronti dei capitalisti e della
loro società. A differenza delle donne della grande
borghesia e della media e piccola borghesia, la donna
proletaria non si dibatte nella ricerca di una libertà
professionale e nell’affermazione di una sua specifica
attività economica, ma, costretta a dare il meglio
delle sue forze e la maggior parte del suo tempo al
capitalista che la sfrutta, deve arrabattarsi in qualche
modo per ottemperare ai bisogni della casa e dei
figli, bisogni ai quali non può più dedicarsi completamente;
la famiglia, in quanto unità economica della
società borghese, si disgrega e si pone storicamente
il problema di una emancipazione generale non tanto
dalle quattro mura di casa, ma dalla società capitalistica
che opprime la donna sia fra le mura di casa
che nei posti di lavoro e nella vita sociale.
Le donne proletarie, nelle fabbriche e nei posti di
lavoro, vivendo le condizioni di sfruttamento che
vivono i proletari maschi, subiscono inevitabilmente
anche l’influenza della lotta di resistenza quotidiana
che i proletari conducono contro i capitalisti e possono
appropriarsi pian piano dei mezzi e dei metodi
della lotta proletaria. La lotta delle donne proletarie,
proprio per la loro condizione materiale di lavoratrici
salariate, «non può essere una lotta simile a quella
che conduce la donna borghese contro l’uomo della
sua classe; al contrario, la sua è la lotta insieme
all’uomo della sua classe contro la classe dei capitalisti
» (8), classe quest’ultima che è formata da
uomini e donne della borghesia e che ha tutto l’interesse
a difendere il modo di produzione capitalistico
e la società eretta su di esso, ossia un modo di produzione
basato sullo sfruttamento del lavoro salariato
grazie al quale mantiene soggetta la grande maggioranza
della popolazione costituita dalla massa dei
lavoratori da cui estorce il plusvalore. Per la donna
borghese, il problema che si pone è di entrare in concorrenza
con l’uomo borghese conquistando le stesse
prerogative e gli stessi diritti che a lui sono riconosciuti.
La sua «emancipazione» consiste nella conquista
di questi diritti e nell’affermazione della propria
individualità, della propria professionalità. Per la
donna proletaria il problema è di superare la condizione
di lavoratrice salariata, ossia la condizione che
la costringe a subire lo sfruttamento capitalistico per
tutta la vita; esattamente lo stesso problema dell’uomo
proletario. Perciò l’interesse della donna proletaria
è quello di combattere «fianco a fianco con l’uomo
della sua classe contro la società capitalistica»
e, quindi, «l’obiettivo finale della sua lotta non è la
libera concorrenza con l’uomo, ma la conquista del
potere politico da parte del proletariato» (9).
L’oppressione della donna nella società borghese
è un’oppressione che riguarda tutte le donne, sia
borghesi, sia medio e piccolo-borghesi, che proletarie.
Ma tale oppressione non fa scomparire la divisione
in classi contrapposte che caratterizza la società
borghese, semmai ne accresce gli effetti negativi.
La rivoluzione borghese ha certamente spazzato
via l’impianto economico e politico-sociale delle società
precedenti che caratterizzarono il Medio Evo,
ma ha ereditato da quelle società due possenti fattori
di conservazione: l’oppressione della donna e la religione.
E per quanto la società borghese si democratizzi
e si riformi, non eliminerà mai questi due grandi
fattori di conservazione. Ciò è stato ampiamente dimostrato,
d’altra parte, nei due secoli trascorsi dalla
grande rivoluzione borghese in Francia. Dal punto di
vista della legislazione statale, inmolti paesi sono state
introdotte delle riforme in favore delle donne, nel diritto
pubblico e in quello privato; ma, come la grandissima
parte delle leggi borghesi, esse non hanno
fatto che istituzionalizzare quel che già nella realtà
sociale si era imposto praticamente. I temi, ad esempio,
del divorzio e dell’aborto, che riguardano tutte
le donne non importa a quale classe sociale appartengano
– naturalmente non nelle stesse forme e con
la stessa «libertà» e semplicità nei diversi paesi –
dopo molte pressioni esercitate dai movimenti di protesta
femminili, hanno trovato spazio nelle leggi anche
di Stati, come l’Italia, in cui il peso reazionario
della Chiesa ha impedito e impedisce ancor oggi la
semplice e libera applicazione di quelle riforme. Ciò
però dimostra che attraverso la via delle riforme borghesi,
mantenendo saldo lo Stato borghese e il modo
di produzione capitalistico che lo esprime, l’emancipazione
della donna dalla doppia oppressione – quella
domestica e quella salariale – non si raggiunge.
Allo stessomodo l’emancipazione della donna, e tanto
più l’emancipazione del proletariato tutto dall’oppressione
salariale, non si raggiungono attraverso la via
elettorale e parlamentare.
Lenin, in un discorso del settembre 1919 alle operaie
senza partito, sosteneva che: «ove esiste il capitalismo,
ove si mantiene la proprietà privata della
terra, delle fabbriche e delle officine, ove si mantiene
il potere del capitale, resta immutata la posizione
di privilegio degli uomini (...) in tutte le repubbliche
democratiche si proclama l’uguaglianza,
ma nelle leggi civili e nelle leggi che regolano la
posizione della donna, cioè la sua posizione nella
famiglia, il divorzio, noi scorgiamo a ogni passo lo
stato di ineguaglianza e di inferiorità della donna e
diciamo che si tratta proprio di una violazione della
democrazia nei confronti degli oppressi» (10). La
(8) Ibidem, p. 86.
(9) Ibidem, p. 86.
(10) Vedi Lenin, I compiti del movimento
operaio femminile nella Repubblica dei Soviet
(Discorso pronunciato alla IV Conferenza delle
operaie senza partito della città di Mosca il 23
settembre 1919), in Opere, vol. 30, Editori Riuniti,
Roma 1970, pp. 29-32.
6
stessa Clara Zetkin, in occasione delle tesi dell’Internazionale
Comunista per il movimento comunista
femminile, sottolineava che «L’esercizio del diritto
di voto in tutte le sue forme, esteso a tutti gli adulti
senza distinzione, costituisce la base del modo più
perfezionato di dominio della classe dei possidenti,
degli sfruttatori, predominio che il voto serve a nascondere
alle masse attraverso il velo ingannatore
dell’eguaglianza politica» (11), e concludeva, a proposito
della necessità di eliminare le basi economiche
della società borghese per aprire la via alla reale
emancipazione non solo della donna, ma dell’umanità
intera dalla società capitalistica: «Con l’abolizione
della proprietà privata sui mezzi di produzione, il
comunismo sopprime la causa dell’asservimento e
dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo,
l’antagomismo fra il ricco e il povero, lo sfruttatore
e lo sfruttato, il padrone e lo schiavo, come anche
l’antagomismo sociale fra l’uomo e la donna» (12).
Quanto all’oppressione domestica, Lenin ribadiva
che: «Perché la donna sia completamente libera
e realmente pari all’uomo, bisogna che i lavori domestici
siano un servizio pubblico e che la donna
partecipi al lavoro produttivo in generale. Allora
essa avrà una posizione eguale a quella dell’uomo.
Non si tratta certamente di abolire per le donne tutte
le differenze concernenti il rendimento del lavoro,
la sua quantità, la sua durata, le condizioni di lavoro,
ma piuttosto por fine a quell’oppressione della
donna che deriva dalla differente situazione economica
dei due sessi. (...) Anche quando esiste una
piena eguaglianza di diritti, quest’oppressione della
donna continua in effetti a sussistere, perché sulla
donna cade tutto il peso del lavoro domestico, che,
nella maggior parte dei casi, è il lavoro meno produttivo,
più pesante, più barbaro. E’un lavoro estremamente
meschino che non può, neanche in minima
misura, contribuire allo sviluppo della donna» (13).
In verità, per i comunisti rivoluzionari, la «questione
femminile» si poneva oggettivamente non solo
per le rivendicazioni specifiche che riguardavano il
riconoscimento da parte dello Stato di eguali diritti
delle donne rispetto agli uomini sia nel pubblico che
nel privato, ma in particolare rispetto all’obiettivo
finale della lotta del proletariato per la propria emancipazione
dal lavoro salariato. In questa prospettiva
sia Lenin che l’Internazionale Comunista, come abbiamo
ricordato all’inizio di questa introduzione, sottolineavano
il rapporto intercorrente fra la posizione
sociale e la condizione «umana» della donna, inserendo
la questione femminile all’interno della questione
sociale generale. Nelle Tesi sulla propaganda
tra le donne, al terzo congresso dell’I.C. del 1921, ai
punti 5 e 6 si legge:
«5. Il 3° congresso dell’Internazionale Comunista
conferma i principi fondamentali del marxismo
rivoluzionario secondo i quali non esistono questioni
‘specifiche femminili’; qualsiasi rapporto dell’operaia
col femminismo borghese, come qualsiasi
appoggio che essa apportasse alla tattica delle
mezze misure e dell’aperto tradimento dei socialcoalizionisti
e degli opportunisti non farebbe che
indebolire le forze del proletariato e, ritardando la
rivoluzione sociale, impedirebbe allo stesso tempo
la realizzazione del comunismo, cioè l’affrancamento
della donna. Noi non perverremo al comunismo
che attraverso l’unione nella lotta tra tutti gli sfruttati
e non attraverso l’unione tra le donne delle
due classi antagoniste.
«Le masse proletarie femminili devono, nel loro
stesso interesse, sostenere la tattica rivoluzionaria
del Partito Comunista e prender parte il più attivamente
e il più direttamente possibile alle azioni di
massa e alla guerra civile in tutte le sue forme e in
tutti i suoi aspetti, sia nel quadro nazionale che su
quello internazionale.
«6. La lotta della donna contro la sua doppia
oppressione: il capitalismo e la dipendenza familiare
e domestica, deve assumere, nella prossima fase
del suo sviluppo, un carattere internazionale e trasformarsi
in lotta del proletariato dei due sessi per
la dittatura e il regime soviettisti, sotto le bandiere
della Terza Internazionale» (14).
Molti critici di Lenin e della Terza Internazionale
sostengono che, data la sconfitta della rivoluzione
comunista e della dittatura proletaria in Russia, e la
sconfitta di tutto il movimento rivoluzionario del proletariato
europeo e internazionale avvenuta nel periodo
che va dalla prima alla seconda guerra mondiale;
data la conversione a «U» che, attraverso lo stalinismo,
si impresse all’economia russa e di tutti i paesi
del cosiddetto «campo socialista», costruito nel secondo
dopoguerra, verso il pieno capitalismo e, soprattutto,
dato il crollo dell’URSS e il riposizionamento
dei paesi dell’Europa dell’Est nell’area di influenza
del capitalismo occidentale, le grandi prospettive
rivoluzionarie declamate negli anni della vittoria
bolscevica dal 1917 in poi crollarono finendo
nel campo delle utopie irrealizzabili. Dissero: il «comunismo
» fallì e l’unica via realmente percorribile
rimane quella di sempre, quella delle riforme democratiche,
delle conquiste passo passo, della propaganda
di obiettivi effettivamente raggiungibili nei limiti
della società esistente; ciò varrebbe per qualsiasi
tipo di problema e, naturalmente, anche per quanto
concerne la condizione di soggezione della donna.
(11) Cfr. C. Zetkin, Le mouvement communiste
féminin, Project de thèses pour le mouvement
communiste féminin, in «L’Internationale
Communiste», Gennaio 1921, p. 3396.
(12) Ibidem, p. 3393.
(13) Cfr. Lenin, I compiti del movimento operaio
femminile ..., cit. p. 32.
(14) Cfr. Manifestes, Thèses et Résolutions des
Quatre premiers congrès mondiaux de
l’Internationale Communiste, 1919-1923,
Bibliothèque Communiste, Librairie du Travail,
giugno 1934, Ristampa in facsimile, François
Maspero, 1969, p.144.
7
E’ verità storica, ineccepibile: il movimento rivoluzionario
comunista è stato sconfitto, e il suo primo
bastione eretto in Russia è stato distrutto e smantellato,
accelerando in questo modo il processo di sviluppo
del capitalismo nella vastissima area euroasiatica
nella quale si era imposta la vittoria bolscevica.
E’ un fatto, peraltro, che negli anni dell’ascesa rivoluzionaria
e della gestione della dittatura proletaria da
parte del partito bolscevico di Lenin, non ancora
corrotto dall’opportunismo e dal nazionalismo grande-
russo, tutta una serie di interventi del potere comunista
in Russia ha sopravanzato di gran lunga
quanto, a quell’epoca, in centrovent’anni, è stato
fatto nei paesi anche i più democratici del mondo.
Lenin , nel 1919, scriveva: «A parole, la democrazia
borghese promette l’eguaglianza e la libertà,
ma di fatto persino la repubblica borghese più avanzata
non ha dato alla metà del genere umano, quella
costituita dalle donne, la piena eguaglianza giuridica
con l’uomo, né l’ha liberata dalla tutela e dall’oppressione
dell’uomo. La democrazia borghese è
una democrazia fatta di frasi pompose, di espressioni
altisonanti, di promesse magniloquenti, di belle
parole d’ordine di libertà e di eguaglianza, ma tutto
ciò, in effetti, dissimula la mancanza di libertà e di
eguaglianza per i lavoratori e gli sfruttati (...). Non
vi può essere e non vi sarà vera ‘libertà’ finché la
donna non sarà liberata dai privilegi che le leggi
hanno riconosciuto all’uomo, finché l’operaio non
sarà liberato dal giogo del capitale, finché il contadino
lavoratore non sarà liberato dal giogo del capitalista,
del grande proprietario fondiario, del commerciante
» (15). E, passando all’attacco, affermava:
«In due anni, in uno dei paesi più arretrati dell’Europa,
il potere sovietico ha fatto per l’emancipazione
della donna, per la sua eguaglianza con il
sesso ‘forte’, più di quanto abbiano fatto tutte le
repubbliche avanzate, colte, ‘democratiche’del mondo
intero in centrotrent’anni. Educazione, cultura,
civiltà, libertà: a tutte queste parole altisonanti, in
ogni repubblica borghese capitalistica del mondo
corrispondono leggi inverosimilmente infami, disgustose,
bestialmente brutali che consacrano l’ineguaglianza
giuridica della donna per quanto riguarda
il matrimonio e il divorzio, sanzionano l’ineguaglianza
tra figli naturali e ‘legittimi’ e, attribuendo privilegi
agli uomini, umiliano e offendono la donna.
Il giogo del capitale, l’oppresione della ‘sacra proprietà
privata’, il dispotismo dell’ottusità piccoloborghese,
la cupidigia del piccolo padrone hanno
impedito alle repubbliche borghesi più democratiche
di toccare queste leggi vili e abiette. La repubblica
sovietica, la repubblica degli operai e dei contadini
ha spazzato via di colpo queste leggi, non ha
lasciato pietra su pietra degli edifici costruiti dalla
menzogna e dall’ipocrisia borghese» (16). E non si
trattò soltanto di spazzar via le leggi; iniziò nel contempo
l’organizzazione delle mense e delle lavanderie
pubbliche, degli asili e delle scuole in un paese
che aveva un’altissima percentuale di analfabetismo,
e la partecipazione attiva delle donne proletarie e contadine
alla vita politica pubblica e all’economia, in
particolare nella produzione e nella distribuzione agricola
e nel controllo dei rifornimenti alle città e all’esercito
rosso impegnato nella lunga guerra contro
le guardie bianche sostenute da tutti i paesi capitalisti
occidentali allo scopo di distruggere e seppellire
la prima grande vittoria del proletariato rivoluzionario.
«Noi creiamo istituzioni, mense, nidi d’infanzia
modello per liberare le donne dai lavori domestici.
E il lavoro per organizzare tutte queste istituzioni
toccherà innanzitutto alle donne» insiste Lenin (17),
e nonostante le enormi difficoltà in cui versava la
Repubblica dei soviet a causa delle distruzioni della
guerra, e della guerra civile ancora in corso, le carestie
e la generale arretratezza economica del paese,
l’attitudine della dittatura proletaria è stata quella «che
dovunque si presenta la benché minima possibilità,
sorgono le istituzioni che liberano le donne dalla
condizione di schiave domestiche».
E’ certo che le prossime rivoluzioni proletarie,
soprattutto se avverranno inizialmente in paesi capitalisticamente
avanzati, non potranno che ampliare
enormemente questo tipo di interventi attraverso i
quali la partecipazione delle donne proletarie alla gestione
sociale diretta dalla dittatura proletaria avverrà
nella piena eguaglianza di quella maschile.
* * *
Nel 1891 usciva l’undicesima edizione dell’opera
diAugust Bebel intitolata «La donna e il socialismo»,
sulla quale si basò la prima traduzione in lingua italiana.
E’ questa edizione che noi utilizziamo nella presente
ripubblicazione. Va precisato che nelle tredici
puntate in cui abbiamo riprodotto nel nostro giornale,
«il comunista», una gran parte di questo testo
(18), siamo intervenuti soltanto nelle formulazioni
lessicali che oggi, data l’evoluzione della stessa lingua
scritta, appesantirebbero troppo lo scritto.
Quanto alle note che accompagnano il testo, a quelle
originali apposte da Bebel (segnalate come «Note di
A. Bebel») abbiamo aggiunto di nostra iniziativa tutte
le note che abbiamo ritenuto utili per una migliore
comprensione di determinate parole, di certe locuzioni
e dei molteplici autori citati da Bebel.
L’interesse di questo testo è dato dal fatto che è
praticamente l’unico testo coerentemente marxista
con fini divulgativi che offre una trattazione insieme
(15) Cfr. Lenin, Il potere sovietico e la situazione
della donna, 6 novembre 1919, in Opere, vol. 30,
cit., pp. 101-102.
(16) Cfr. Lenin, Il potere sovietico e la situazione
della donna, cit., pp. 102-103.
(17) Cfr. Lenin, I compiti del movimento operaio
femminile..., cit., p. 32.
(18) Vedi «il comunista», nn. 111, 112, 114, 128,
129, 132, 133, 134, 135, 136, 137, 142 e 143,
presenti in pdf anche nel sito www.pcint.org.
8
storica e politica delle società umane basata sulle
scoperte antropologiche dei vari Bachofen, Morgan
ecc. che verso la fine dell’Ottocento approfondirono
lo studio delle organizzazioni sociali umane liberi
dal condizionamento ideologico della religione e dai
preconcetti scientifici che fino ad allora non avevano
permesso indagini così puntuali, materialistiche e
storiche. Naturalmente, come lo stesso Bebel afferma,
il suo studio non avrebbe avuto la possibilità di
concretizzarsi senza l’apporto decisivo di Engels e
del suo «L’origine della famiglia, della proprietà
privata e dello stato».
Per quanto, a più di centovent’anni di distanza e
soprattutto nei paesi occidentali, siano cambiatimolto
i costumi e le abitudini, tanto da far apparire le legislazioni
vigenti molto più progressive del periodo in
cui usciva lo scritto di Bebel, è indubbio che la donna
soffra ancora dell’oppressione tipica della società
divisa in classi e, come ribadiranno tutti i marxisti in
tutti i tempi, in particolare di una doppia oppressione:
l’oppressione da lavoro salariato (condizione che
dialetticamente l’ha spinta verso un progresso sociale
che prima le era vietato, l’indipendenza economica
e la partecipazione alla vita politica) e da lavori
domestici.
L’emancipazione della donna da questa doppia
oppressione, sosterrà Bebel alla pari di ogni marxista
conseguente, non potrà vedere la luce se non attraverso
la lotta che pone al centro la questione operaia:
l’emancipazione della donna e l’emancipazione della
classe operaia vanno di pari passo, non si possono
realizzare se non insieme, attraverso una lotta che ha
per obiettivo la rivoluzione della classe del proletariato,
l’unica classe in grado storicamente non solo
di porsi il problema di emancipare il genere umano
da ogni tipo di oppressione – quindi anche l’oppressione
della donna – ma anche di realizzare il passaggio
storico necessario perché la specie umana raggiunga
questo risultato. Il passaggio storico necessario
consiste nella rivoluzione proletaria, nella conquista
del potere politico, nella dittatura di classe del
proletariato esercitata dal partito di classe, e quindi
negli interventi dispotici che solo la dittatura proletaria
è in grado di attuare al fine di distruggere tutto
l’impianto sovrastrutturale politico, ideologico, culturale,
amministrativo e la base economica della società
capitalistica, dunque della società borghese. Lo
scritto di Bebel contribuisce a comprendere i passaggi
storici che le società umane hanno attraversato
fino a raggiungere l’ultima società di classe storicamente
possibile, cioè la società capitalistica, e a
comprendere la necessità della distruzione di questa
società perché la specie umana possa effettivamente
passare dalla sua preistoria di classe alla società di
specie, al comunismo.
D’altra parte, come affermato più volte dai marxisti,
la teoria del comunismo rivoluzionario non pretende
di costruire un modello di società al quale ispirarsi
per trasformare la società presente. «Il comunismo
– scrivono Marx ed Engels ne L’Ideologia
tedesca – per noi non è uno stato di cose che debba
essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà
conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento
reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni
di questo movimento risultano dal presupposto
ora esistente» (19). E Bebel segue con grandissima
coerenza questo principio quando, nella terza parte
del suo libro, dedicata alla donna dell’avvenire, riporta,
concordando con essa, l’opinione dello zoologo,
etnologo e geologo F. Ratzel (20) che scriveva:
«L’uomo non deve considerarsi come una eccezione
alle leggi naturali, ma deve a queste leggi
conformare le sue azioni e i suoi pensieri. Egli finirà
col regolare tutta la sua condotta e i suoi rapporti
con la famiglia e con lo Stato, non già secondo i
principi dei secoli lontani, ma secondo i principi
razionali di una scienza conforme a natura. Politica,
morale, principi giuridici che oggi si ispirano
alle idee più varie e disparate si conformeranno alle
leggi naturali, nient’altro. L’esistenza degna dell’uomo,
onde si favoleggia da migliaia di secoli, diventerà
finalmente un fatto compiuto».
A questo Bebel si collega per affermare che: «La
società umana ha percorso per migliaia di anni tutte
le fasi di sviluppo, per arrivare finalmente là donde
è partita, cioè alla proprietà collettiva, all’eguaglianza
e alla fratellanza, non solo di tutti i gentili
[appartenenti ad un’unica stirpe, NdR], ma di tutti
gli uomini. Ecco l’immenso progresso che essa fece.
Quello che la società borghese chiedeva indarno, e
in cui essa fallì, e doveva fallire, e cioè nel fondare
la libertà, l’eguaglianza e la fratellanza, sarà attuato
dal socialismo. Ma questo ritorno dell’umanità al
punto di partenza della sua evoluzione avviene in
un grado di civiltà infinitamente più alto di quello
dal quale essa prese le mosse». Nel corso dell’evoluzione
il comunismo primitivo è stato superato da
organizzazioni sociali meno rozze: «tutta la società
si è atomizzata, ma nel tempo stesso aumentò la forza
produttiva della società e i bisogni si moltiplicarono,
e dalle gentes e dalle stirpi uscirono le nazioni,
creando una condizione di cose che è in stridente
contraddizione coi bisogni di quasi tutta la società,
e fa ritenere che l’unico modo di togliere codesta
contraddizione sia quello di trasformare con base
più ampia la proprietà e le forze produttive in proprietà
comune. La società ripiglia quello che essa
possedeva, ma organizzata in modo da far rispon-
(19) Vedi K.Marx-F. Engels, L’ideologia tedesca,
1845-46, in Marx-Engels, Opere complete, Editori
Riuniti, Roma 1972, p.34.
(20) Friedrich Ratzel (1844-1904), che nella
traduzione italiana del libro di A. Bebel appare
erroneamente come Francesco Ratzel, è stato uno
zoologo, geologo ed etnologo tedesco dedicatosi
all’antropogeografia; infatti la sua opera più nota è
Anthropogeographie in cui analizza la diffusione dei
gruppi umani sulla superficie terrestre in relazione
alle caratteristiche del territorio.
9
dere tutta la sua esistenza alle nuove condizioni produttive,
così da assicurare, per quanto è possibile, a
tutto quello che prima non era che privilegio di pochi,
o di classi. Ora anche la donna riprende quel
posto importante che occupava nella società primitiva,
per diventare non già signora, ma eguale».
Quindi, la fine della società capitalistica e borghese
non è la fine del progresso umano, è semmai
la fine della preistoria umana, come affermava Engels,
poiché la nuova società che nascerà dalla distruzione
del capitalismo, delle sue leggi, del suo
modo di produzione e delle sue sovrastrutture politiche,
sociali e culturali, utilizzerà il progresso tecnico-
industriale per rendere il lavoro umano necessario
alla vita sociale come una gioia e non come una
tragica necessità. E sarà proprio la condizione della
donna nella società a segnare l’avanzata verso la società
futura, verso il comunismo ossia verso la società
di specie. Bebel afferma fin dalle prime righe
della parte terza del suo libro: «In questa società la
donna è, così socialmente come economicamente, del
tutto indipendente, non è soggetta più ad alcuna
apparenza di tirannia né allo sfruttamento, trovandosi
ormai di fronte all’uomo libera ed uguale, padrona
di sé e del suo destino. La sua educazione è
uguale a quella dell’uomo, eccetto là dove la differenza
del sesso rende necessario un trattamento speciale.
Essa può sviluppare, date le condizioni di esistenza
conformi a natura, tutte le sue forze e attitudini
fisiche e morali, ed esercitare la sua attività in
quel campo che meglio si addice e risponde alle sue
inclinazioni, al suo talento e ai suoi desideri. Essa
è, date le stesse condizioni, non meno capace ed abile
dell’uomo. Operaia in qualche industria o mestiere,
di lì ad un’ora diventa educatrice e maestra, per
esercitare subito dopo qualche arte od occuparsi di
qualche scienza, per compiere dopo ancora qualche
funzione amministrativa. Essa studia e si diverte,
conversa coi suoi simili o cogli uomini, come le piace
e come l’occasione le si presenta. In amore essa è
libera di scegliere, precisamente come l’uomo; chiede
in matrimonio, ovvero si fa chiedere, e stringe il
vincolo senza alcun altro riguardo che alla sua inclinazione
(...) senza l’intervento di alcun funzionario
(...). Il socialismo non viene a creare in questa
materia nulla di nuovo, ma non fa che ristabilire
in un grado più alto di civiltà e sotto forme sociali
nuove, ciò che vigeva generalmente nei primi stadi
della civiltà e prima che la proprietà privata dominasse
la società». Dunque, la conclusione di Bebel
non poteva che essere: «Nell’assetto socialistico, nel
quale può essere veramente libera e sulla sua base
naturale, l’umanità procederà con coscienza nel suo
sviluppo secondo le leggi di natura. In tutte le epoche
fino ad oggi in riguardo alla produzione, alla
distribuzione e alla popolazione, l’umanità procedette
senza conoscere le proprie leggi e quindi senza
coscienza; nella nuova società essa andrà avanti con
piena conoscenza di queste leggi e regolarmente. Il
socialismo è la scienza applicata a tutti i rami
dell’attività umana con piena coscienza e perfetta
cognizione.»
Ma tutto questo non avviene automaticamente,
attraverso una graduale evoluzione delle società umane,
né tantomeno può avvenire in modo pacifico.
Come indica la storia di tutte le organizzazioni sociali
che si sono succedute nel tempo finora, un nuovo
modo di produzione, una nuova organizzazione sociale
si sono imposte attraverso la violenza, attraverso
una lotta che i gruppi umani legati da interessi
materiali e di classe diversi ed antagonisti hanno condotto
per affermare il proprio predominio sull’intera
società. Non sarà diverso per la classe proletaria nei
confronti della classe borghese. Ciò che sarà del tutto
diverso, sarà il risultato finale della lotta di classe del
proletariato, ma non la lotta per raggiungerlo. Il risultato
finale sarà quello di una società senza classi,
quindi senza antagonismi di classe e dalla quale saranno
scomparse tutte le contraddizioni che caratterizzano
la società capitalistica.
La forza sociale rappresentata dai proletari, per
diventare una forza propulsiva e rivoluzionaria, deve
organizzarsi a quello scopo, riconoscendo l’antagonismo
che li oppone alla classe borghese, e imboccando
la strada obbligata della guerra di classe; obbligata,
certo, perché la classe dominante borghese,
per difendere il proprio dominio economico, sociale
e politico, utilizza, come ha già fatto nel passato,
qualsiasi tipo di violenza, di repressione e di oppressione;
anche solo per difendersi dalla violenza borghese,
le masse proletarie devono organizzare la loro
forza anche nel campo della violenza di classe e farsi
guidare da un partito che ne rappresenta gli obiettivi
finali, il partito comunista rivoluzionario. Le battaglie
si possono vincere e si possono perdere; le rivoluzioni
possono vincere temporaneamente e perdere
nel tempo a causa del loro isolamento, come è successo
alla Comune di Parigi e alla Rivoluzione bolscevica.
Ma la guerra di classe del proletariato vincerà
perché il corso storico della lotta fra le classi
porta, inevitabilmente, le grandi masse proletarie che
costituiscono la maggioranza assoluta della popolazione
mondiale, ad un certo punto a non sopportare
più la tremenda e violenta pressione esercitata dalla
classe borghese. Sarà una lotta per la vita o per la
morte, per la sopravvivenza della società basata sullo
sfruttamento sempre più bestiale della stragrande
maggioranza della popolazione mondiale da parte di
una piccola minoranza di privilegiati o per la sua definitiva
eliminazione aprendo in questo modo la via
alla nascita della nuova società di specie.
Partito comunista internazionale (il comunista)
6 novembre 2016
10
Prefazione
all'undicesima edizione
L’accoglienza favorevole ch’ebbe questo libro inGermania dopo che potè venire pubblicato liberamente
– dal principio delmese di febbraio dell’anno corrente ne furono venduti 26.000 esemplari –
indica quanto sia vivo il bisogno di sapere, che, con quest’opera, si tentò di appagare. Le questioni in
essa trattate sono oggi delmassimo interesse,ma ilmodo con cui gli avversari le trattarono, tentando
di renderle oscure, doveva naturalmente ringagliardire questo acuto bisogno alle sorgenti. Con ciò si
spiega non soltanto la enorme diffusione che presentemente trova in generale la letteratura socialista,
ma anche il fatto che la massima parte delle copie di questo libro vennero comperate da oppositori
dichiarati.
Perme quest’ultimo fatto costituisce uno speciale successo, e a renderlo ancora più spiccato concorse
un’altra circostanza, cioè il grande numero di scritti inviatimi da donne e uomini appartenenti al partito
avversario, i quali provano che il libro è stato pienamente compreso. In non pochi di questi scritti i loro
autori dichiarano, che dopo la lettura del libro divennero convinti fautori delle idee socialiste e che ormai
si sarebbero consacrati alla loro realizzazione.
Tali esperienzemettono di bel nuovo in sodo che le presenti condizioni della società produssero una
fermentazione che preparò non pochi spiriti ad accogliere delle idee che poco tempo prima dagli stessi
venivano respinte con sdegno.
Le teorie trovano sempre eco solamente dopo che gli effetti di una serie di processi compiutisi nella
vita sociale si fecero dolorosamente sentire.Allora gli spiriti sani vengono costretti ad osservare e giungono
col pensiero a conseguenze che li rendono proclivi alle nuove teorie.
Devo inoltre riconoscere che lamaggior parte dei giudizi della stampa chemi vennero sott’occhio, se
anche procedenti da punti di vista contrari, si studiarono di essere positivi, e, generalmente, in questo
caso, tentarono una confutazione obbiettiva.
Un altro successo del libro sta in ciò: che esso comparve recentemente tradotto in lingua fiamminga,
francese e spagnuola, che è annunziata la pubblicazione – aMilano – d’una traduzione italiana (1) e che
altra si sta approntando in lingua czeca.
Nutro speranza che l’agitazione favorevole alle idee esposte nel libro ed il desiderio degli avversari di
conoscere più da vicino i fenomeni che commuovono l’epoca nostra, renderanno necessarie delle nuove
edizioni.
Berlino, fine d’agosto 1891.
A. BEBEL.
(1)Allude alla traduzione presente
11
INTRODUZIONE
In questi ultimi decenni del nostro sviluppo, in
tutti gli strati sociali si ebbero amanifestare un sentimento
sempre più vivo e gagliardo e insieme una
irrequietezzadell’animochesonoindizievidenticome
la società sente che le manca il terreno sul quale è
costituita. Una folla di questioni vennero a poco a
poco a galla e intorno alla loro soluzione, in favore
o contro di esse, si svolge la lotta. Fra queste, una
delle più importanti, che attrae a sè inmodo speciale
la generale attenzione, è la questione della donna.
Con essa si tratta di determinare il posto che
deve occupare la donna nel nostro organismo sociale,
affinchè possa divenire non soltanto unmembroattivoevigorosonell’umanoconsorzio,
conparità
e pienezza di diritti,ma possa anche esercitare completamente
le forze e le attitudini sue in qualsiasi
direzione.
Dal nostro punto di vista tale questione è intimamente
collegata con quella che riguarda alla forma
ed all’organismo che deve assumere la società umana
per sostituire alla oppressione, alla spogliazione,
al bisogno e allamiseria neimolteplici loro aspetti,
l’umanità libera, la salute fisica e sociale dei popoli.
E però la così detta questione della donna non è per
noi che una faccia della questione sociale complessiva,
che presentemente tiene agitati gli animi e le
menti di tutti, e può soltanto con questa trovare la
sua soluzione definitiva.
Ci sembra tuttavia necessario dedicare uno studio
speciale alla questione della donna, anzitutto
perchè la posizione sua nella evoluzione sociale fu
ed è affatto diversa di quella che ordinariamente si
ammette, ed in secondo luogo perchè il problema
sulla posizione presente e avvenire della donna tocca
nelmodo il più diretto,per lomeno inEuropa, una
grossametà della società umana, poichè in Europa
il sesso femminile rappresenta più dellametà della
popolazione.
Tanto nella questione delladonna quantoin quella
sociale vi sono diversi partiti, i quali la considerano
e la giudicano ognuno dal suo peculiare punto di
vista sociale e politico, e conseguentemente propongono
imezzi idonei a risolverla.Gli uni sostengono,
precisamente come nella questione sociale, la
quale preoccupa di preferenza le masse operaie,
che non v’esiste alcuna questione della donna, la cui
posizione e per oggi e per l’avvenire è determinata
dalla sua vocazionenaturale «che la destina adessere
sposa e madre e la circoscrive entro i limiti delle
pareti domestiche. Tutto ciò che esce da questi limiti
o visibilmente non ha una strettissima connessione
coi suoi doveri domestici non la riguarda».
I fautori di simili idee hanno, come si vede, una
pronta risposta e credono con essa di avere risolto
il problema. E’ vero che oggi milioni di donne non
sono in condizione di adempiere la loro rivendicata
«vocazione naturale» quali massaie domestiche,
generatrici di figli ed educatrici, e ciò permotivi dei
quali ci occuperemo diffusamente in seguito; è vero
che ad altri milioni questa vocazione in gran parte
manca, poichè per esse il matrimonio è un giogo,
una schiavitù, e devono trascinare la loro vita fra gli
stenti e lamiseria!Ma di tutto ciò quei sapienti non
si affannano gran fatto, come non si affannano di
quelli innumerevolimilioni che devonoesaurirsi nell’adiempiere
inmodo innaturale e di gran lunga superiore
alle loro forze le più svariate occupazioni
allo scopo di sostentare la loromiserabile esistenza.
Ma dinanzi ad una così poco piacevole realtà cotesti
saggi chiudono gli occhi e gli orecchi con tanta premura
come dinanzi ai bisogni del proletariato, consolando
loro stessi e gli altri col dire che fu sempre
così e che così sarà sempre. Non vogliono punto
saperne del diritto della donna di prendere parte alle
conquiste della coltura, per giovarsene e rendere
più facile emigliore la sua esistenza e sviluppare le
sue attitudini intellettuali e fisiche e volgerle a suo
vantaggio al pari degli uomini.Quando poi sentono
che la donna deve essere indipendente anche economicamente
per poter esserlo fisicamente e intellettualmente,
affinchè non debba più dipendere dal
«beneplacito»e della «grazia»dell’altro sesso, allora
escono addirittura dai gangheri. La loro ira si
accende e vi tiene dietro un torrente di lamentele
sulla «perversità dei tempi» e sulle «deliranti aspirazioni
emancipatrici».
Costoro sono i filistei del sessomaschile e femminile,
che non sanno uscire dalla stretta cerchia dei
pregiudizi. Appartengono al genere della nottola,
che si trova dovunque regni l’ombra e grida spaventata
non appena un raggio di luce rompa le tenebre
ad essa gradevoli.
12
Vi sono poi degli altri i quali non chiudono assolutamente
gli occhi e le orecchie davanti ai fatti di
così grande eloquenza; essi ammettono che in complesso
le donne si siano trovate soltanto un secolo
fà in una condizione così triste come oggi, in paragone
allo stato dello sviluppo generaledella coltura,
e che perciò sia necessario ricercare i mezzi atti a
migliorarelelorocondizionifinoaquandoessedevono
provvedere da loro stesse al loro sostentamento.
Ma ritengono che il problema sociale sia risolto per
quelle donne che sono entrate nel porto del matrimonio.
Partendo da questa premessa, costoro chiedono
che alla donna siano aperti tutti i campi dell’attività
per i quali sono adatte le forze e le attitudini sue,
affinchè possa entrare in concorrenza coll’uomo.
Coloro che vanno un pò più in là esigono che questa
gara non rimanga semplicemente circoscritta entro
i limiti delle consuete occupazioni e professioni più
basse, ma si estenda anche a quelle più elevate,
entri cioè nel campo delle arti e delle scienze. Egli
esigono che le donne vengano ammesse in tutti gli
istituti di educazione più elevati, e inmodo speciale
alle Università, che finora, nella maggior parte dei
paesi, tengono chiusi i loro battenti in faccia ad esse.
La loromira principale tende ai diversi rami d’insegnamento,
allamedicina e agli impieghi dello Stato
(poste, telegrafi e certi rami del servizio ferroviario),
per i quali ritengono chele donne abbiano un’attitudine
particolare, forti delle prove basate su risultati
pratici che vennero già raggiunti, specialmente
negli Stati Uniti, mediante l’impiego delle donne.
Una piccolaminoranza di costoro spingono le loro
esigenze fino a chiedere per la donna anche i diritti
politici.
La donna, come individuo e come cittadino, vale
quanto l’uomo, e gli uomini sfruttano un privilegio,
fin qui goduto, dimanipolare esclusivamente da per
loro la legislazione a tutto loro vantaggio, ponendo
per tutti i riguardi la donna sotto tutela.
Ciò che per altro merita di essere notato in tali
tendenze, che noi venimmo qui brevemente riassumendo,
si è che esse non escono dai confini dell’odierno
ordinamento sociale. Nessuno si è dato
cura di chiedersi se, raggiunto una volta lo scopo,
basti a migliorare radicalmente la condizione e la
posizione della donna.Non si pensò – o vi fu illusione
– che, entrata in discussione la illimitata ammissione
delle donne nelle professioni e nelle industrie,
lo scopo è realmente raggiunto e trova la spinta la
più vigorosa, da parte delle classi dirigenti, nel loro
proprio interesse;ma che, date le presenti condizioni
sociali, tale ammissione porta con sè una recrudescenza
ancora più aspra nel campo della concorrenza
delle forze lavoratrici, donde la conseguenza
necessaria d’una diminuzione delle entrate di ambidue
i sessi, sia che si tratti dimercede o di stipendio.
La mancanza di precisione e di chiarezza degli
intenti riesce pure evidente da ciò, che la “questione
della donna” venne fin qui trattata quasi esclusivamente
dalle donne delle classi più elevate, le quali
non hanno presente che la stretta cerchia delle donne
in cui esse vivono, e sostanzialmente fanno valere
le loro pretese soltanto per queste.
Ora è del tutto indifferente per la grande massa
che qualche centinaio o qualche migliaio di donne
delle travagliate classi medie, giunte ad un più elevato
grado di coltura, riescano ad esercitare la praticamedica
o cacciarsi nella carriera degli impieghi
e vi trovino una posizione tollerabile o bastevole ai
lorobisogni.
Questo non porta alcunmutamento nella condizione
complessiva delle donne.
Con ciò non vengono eliminate, nè la tirannia
esercitata su esse dagli uomini, nè la dipendenza
materiale della immensamaggioranza delle donne,
nè di conseguenza la loro schiavitù, derivante dal
sistemamatrimonialemoderno o dalla prostituzione.
Dunque la questione non viene punto risolta.
Con simili palliativi, in generale, la condizione
delle donne resta tale e quale, e quindi è naturale
che la loromaggioranza non ne sia entusiasta.D’altro
canto, aspirazioni simili a quelle cui testè accennammo,
vengono vivissimamente avversate nel
mondomaschile da quei circoli influenti, che ravvisano
nell’ammissione delle donne ai posti meglio
rimunerati o più decorosi una spiacevole concorrenza
a loro ed ai loro figliuoli.Eperciò vi si oppongono,
usando di tutti i mezzi, anche deimeno leciti
ed onesti, come l’ha già provato l’esperienza. Nè
trovano punto a ridire finchè le donne affluiscono a
tutte le cosidette professioni più basse, anzi trovano
che la cosa procede regolarmente, e favoriscono il
movimento, che in fondo rinvilisce le forze lavoratrici.
Ma se la donnamostra di voler occupare delle
posizioni sociali più elevate ed ufficiali, allora principia
la loro opposizione.
Anche lo Stato, influenzato da costoro, è poco
disposto, come lo hanno dimostratole già fatte esperienze,
ad ammettere le donne al suo servizio, e
meno che meno poi ai posti più elevati, per quanto
la loro abilità le possa rendere pienamente idonee.
Lo Stato e le classi più elevate hanno abbattuto
ogni barriera che siopponeva alla concorrenza della
classe operaia, ma, per ciò che concerne le professioni
più alte, si studiano d’innalzarle. E si risente
una curiosa impressione al vedere con quale accanimento
dotti e impiegati,medici e giuristi si difendono,
se “i nonchiamati”minaccianodi rovesciarle.
E tra “i non chiamati” quelle che stanno in prima
linea, sono, agiudiziodi questi circoli, ledonne.Essi
si considerano volentieri come i “favoriti daDio” e
ritengonoche ilmatrimonio intellettuale, che credono
di possedere, sia assolutamente un privilegio cui
13
non devono attentarsi di stendere la mano nè l’uomo
comune, nè, sopratutto, la donna.
Se adunque questo lavoro non avesse altro scopo
se non quellodi dimostrare l’uguaglianza giuridica
della donna di fronte all’uomo sul terreno della
società odierna, io lo abbandonerei. Ma si tratta
invece di trovare la via per giungere alla soluzione
del problema, il quale è complesso, poichè non tende
soltanto a parificare giuridicamente la donna all’uomo,
ma anche a renderla economicamente libera
e da lui indipendente e, per quanto possibile,
a lui uguale nella educazione intellettuale.Ora, siccome
la completa soluzione di esso, dati gli attuali
ordinamenti sociali e politici, è altrettanto impossibile
quantola soluzione della questione operaia, così
la via che conduce a risolvere la questione della
donna sarà quella stessa che ci condurrà a risolvere
la questione operaia.Ambedue le questioni sono di
primo ordine e la loro soluzione è della massima
importanza per ilgenerale sviluppointellettuale dell’umanità,
poichè la loro soluzione involve sopratutto
quella dell’esistente questione sulla coltura.
Qui è necessario ch’io faccia una dichiarazione.
Colorochedividono imiei sentimenti,i socialisti,
è certo che condivideranno questimiei principi,ma
non posso affermare altrettanto in quanto ai mezzi
coi quali intendo si debbano efficaciemente applicare.
I lettori, e tra questi specialmente gli avversari,
voglianoperciòconsiderarequantovadoad esporre
come mie vedute personali, e rivolgere gli eventuali
loro attacchi soltanto contro la mia persona.
Dal cantomio esprimo unicamente il desiderio che
siano onesti nell’assalirmi, che non svisino le mie
parole e che tralascino la calunnia.
La maggior parte dei lettori riterranno che questa
sia cosa intesa e naturale. Ma io, forte di una
lunga esperienza di molti anni, so come una gran
parte deimiei avversari intendano l’onestà politica,
e perciò dubito molto che i più tra essi vogliano
seguire la mia raccomandazione. Eglino faranno
ciò che la loro natura li costringe a fare. Io trarrò in
questamia dissertazione tutte quelle conseguenze,
fossero pure le più estreme, che i risultati, ottenuti
con la scorta dei fatti, mi permetteranno di trarre.
14
La donna e l’operaio già da lungo tempo hanno
questo di comune: che ambedue sono oppressi, e che
l’oppressione, malgrado i cambiamenti di forma cui
andò soggetta, permane sempre.
Se esaminiamo la storia, vediamo che tanto la donna
quanto l’operaio sono giunti soltanto da poco tempo
ad acquistare la coscienza della loro condizioni servile;
ma la donna meno dell’operaio, poiché essa di regola
si trova in una condizione inferiore a lui e da lui stesso
fu ed è considerata e trattata come un essere inferiore.
La schiavitù sociale, che perdura per una lunga serie
digenerazioni,finisce coldiventareun’abitudine.L’eredità
e l’educazione fanno sì che ambedue le parti la
considerino una cosa “secondo natura”. E perciò ancor
oggi la donna sopporta la sua condizione subordinata
come una cosa che va da sé, naturale, e costa non poca
fatica a persuaderla che è indegna di lei e che deve
energicamente adoperarsi per ottenere nella società una
posizione pari a quella dell’uomo sotto tutti i rispetti.
Ora, poiché tanto la donna quanto l’operaio si trovano
in parecchi riguardi in una condizione sociale
simile ed ambedue sono oppressi, la donna ha un diritto
di priorità di fronte all’operaio. La donna è il primo
essere umano che cadde in servitù, e fu schiava prima
ancora che lo schiavo esistesse.
Tutte le oppressioni sociali hanno la loro radice
nella dipendenza economica dell’oppresso dall’oppressore.
In questa condizione si trova la donna dai
tempi più remoti fin o ad oggi.
Per quanto risaliamo col pensiero ad indagare nella
società umana, troviamo quale prima forma di consorzio
umano l’orda. Benché l’Honnegger ritenga nella
sua Storia generale della coltura, che ancora oggi si
trovano nella poco esplorata Borneo degli individui
selvaggi, che vivono isolatamente, e quantunque anche
ilDeHügel affermi che nelle selvagge regionimontuose
delle Indie furono scoperte delle coppie diuomini
che, simili alle scimmie, s’arrampicavano sugli alberi,
non appena si muoveva loro incontro, tuttavia non
abbiamo nozionipiù precise su questi fenomeni, iquali,
quand’anche venissero accertati, non servirebbero ad
altro che a confermare le congetture e le ipotesi sulla
origine e sullo sviluppo della razza umana.
Si deve ammettere senz’altro che là dove nacquero
uomini, essi derivarono da coppie separate;ma si deve
anche ammettere che, non appena formatosi un più
grosso numero di quelli che uscirono da uno stesso
ceppo, si organizzarono sotto forma di orde, per soddisfare,
mercé gli sforzi comuni, ai bisogni ancora
primitivi dell’esistenza e dell’alimentazione, e per di-
LA DONNA NEL PASSATO
fendersi altresì contro il loro comune nemico, le fiere.
Questo stato selvaggio, sul quale non possiamo in
nessunmodo avere delle prove più attendibili, è venuto
in ogni caso a confermare indubbiamente quello che
abbiamo appreso intorno ai vari gradi di cultura delle
popolazioni selvagge ancora esistenti, ovvero conosciute
nei tempi storici. Se l’uomo non è venuto al
mondo perfetto come un essere di più alta cultura,
come insegna ilmito biblico, per ordine di un creatore,
egli ha dovuto percorrere in un processo evolutivo,
lento ed infinitamente lungo, i più svariati stadi, per
salire a poco a poco all’attuale grado di cultura, dopo
periodi alternati di regresso e progresso, e dopo continuedifferenze
coi suoi simili in tutte le partidelmondo
e in tutte le zone.
E mentre grandi e numerosi popoli e nazioni raggiungono
i più alti gradi della cultura in una parte della
terra, vediamo altripopoli e razze vivere nelle più diverse
parti del globo nei più diversi gradi di sviluppo intellettuale,
i quali ci danno così un’immagine del nostro
stesso passato e additano la via che l’umanità la percorso
durante la sua evoluzione.
Una volta fissati i punti di vista comuni, perché
generalmente riconosciuti giusti, secondo i quali lo
studio della cultura deve istituire le sue ricerche, avremo
una immensa serie di fatti, i quali getteranno nuova
luce sulle relazioni degli uomini nel passato e nel presente,
e molti avvenimenti, che oggi non comprendiamo
e che, giudicando superficialmente, ci sembrano
irragionevoli ed anche immorali, appariranno naturali e
spiegabili. Il velo che avvolgeva la storia più remota
dello sviluppo della nostra razza, fu squarciato dalle
ricerche che i signoriMorgan e Bachofen (1) esposero
nelle loro opere, e si fece la luce sui fatti e risultati, che
furono poi coordinati, sistemati e storicamente provati
da Federico Engels (2).
(1) Vedi Ancient Society, or Researches in the Lines of Human
Progres from Savagery through Barbarism to Civilisation,
By LewisMorgan, London,Mcmillan et Comp., 1877 – la
traduzione comparve a Stoccarda per i tipi di I. H. Dietz sotto
il titolo: La Società primitiva. Ricerche sul progresso dell’umanità
dall’epoca selvaggia attraverso la barbarie fino alla civiltà.
Completo in circa 11 fascicoli. L’Autorità materna. Studio
sulla ginecocrazia dell’antichità secondo la sua natura religiosa
e giuridica, di I.l. Bachofen, consigliere d’Appello in Basilea,
Stoccarda ediz. Di Krais e Hoffmann. 1861. (Nota di A.
Bebel)
(2) L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello
Stato. In aggiunta agli studi di Lewis H. Morgan, di Federico
Engels, Stoccarda 1879. (Nota diA. Bebel)
15
La narrazione nella forma chiara e limpida di cui
Engels ha vestito la sua opera magistrale, gettò luce
vivissima sopramolti avvenimenti e fenomeni, fino ad
oggi completamente incomprensibili ed in parte apparentemente
assurdi, della vita dipopoli edinazionivarie
nel rispettivo grado di sviluppo intellettuale, ed ora
appena possiamo gettare uno sguardo entro l’edificio
che la società umana ha costruito nel corso del tempo.
E subito ci avvediamo che le nostre idee sul matrimonio,
sulla famiglia, sul comune, sullo stato, riposavano
tutte su concetti assolutamente falsi, i quali ora si presentano
come immagini fantasiose, poiché vi manca
ogni fondamento di verità.
Ma quanto abbiamo detto e dimostrato intorno al
matrimonio, alla famiglia, al comune, allo stato, vale
specialmenteper lamissione e la posizionedella donna,
alla quale nei diversi periodi di sviluppo era assegnato
un posto, per quanto importante, altrettanto vario; un
posto che differisce sostanzialmente da quello che
oggi si proclama come «sempre esistito».
Morgan, confortato in ciò da Engels, divide la preistoria
dell’umanità in tre periodi principali: stato selvaggio,
barbarie e civiltà, e suddivide ognuno dei primi
due in tre gradi: inferiore, medio e superiore, caratterizzati
da mutamenti e miglioramenti diretti a procacciarsi
i mezzi di sussistenza.
Perciò Morgan è indotto giustamente a vedere,
nelle trasformazioni subite in certi periodi da tutto l’organismo
dei popoli mediante i progressi nel processo
di produzione, dunque nell’acquisto dei mezzi di sussistenza,
il momento principale dello sviluppo della
cultura.
Riassumendo, il periodo dello stato selvaggio forma
nella scala della cultura l’infanzia della schiatta
umana, durante la quale essa vive in parte sugli alberi
e si nutre principalmente di frutti e di radici, ma incomincia
pure a parlare il linguaggio articolato. Sul gradinomedio
comincia a cibarsi degli animali più piccoli
(pesci, gamberi ecc.) e a impiegare il fuoco. Si fabbricano
armi, anzitutto mazze e lance, e con ciò inizia la
caccia ed anche la guerra con le orde e tribù vicine. In
tale periodo compare anche l’antropofagia, che oggi è
in vigore ancora presso alcune tribù e popolazione
dell’Africa centrale, dell’Australia e della Polinesia. Il
grado superiore dello stato selvaggio è caratterizzato
dal perfezionamento delle armi ad archi e frecce; comincia
la tessitura amano, il lavoro dei canestri a trecce
di corteccia o di giunchi, la costruzione di strumenti
e utensili di pietra levigata, e quindi la lavorazione del
legno per la costruzione di canotti e capanne. Le forme
della vita sono già divenute quindi più svariate e gli
strumenti e imezzi, che vengono usati per procacciarsi
un più copioso nutrimento, consentono la sussistenza
di più grandi associazioni umane.
Morgan stabilisce, come principio del primo grado
dellabarbarie, l’introduzionedelle stoviglie.Piùtardi si
addomesticano e si allevano gli animali, e siottiene con
ciò la produzione della carne e del latte, pelli, corna e
peli, per servirsene nei modi più vari.
A poco a poco comincia la coltura delle piante,
all’ovest delmais, all’est quella di quasi tutte le specie
di biade conosciute, ad eccezione del mais.
Il periodo intermedio dell’epoca della barbarie importa
all’est l’addomesticamento sempre più esteso
degli animali, all’ovestla colturadellepiantealimentari,
mediante l’inaffiamento artificiale. Comincia pure
l’uso dei mattoni asciugati al sole e delle pietre nella
costruzione degli edifici.L’addomesticamento e l’allevamento
degli animali richiede la formazione di mandrie
e porta alla pastorizia, alla quale si collega un ulteriore
perfezionamento dell’agricoltura.
Di qui gli inizi di unamaggiore stabilità di dimora e
la graduale scomparsa dell’antropofagia.
Finalmente, il grado ultimo dello stato di barbarie
comincia dalla fusione deiminerali di ferro e dalla scoperta
dell’alfabeto. Si inventa il vomero di ferro, che
rende possibile una coltura estensiva; si adoperano la
scure e la zappa di ferro, che facilitano il disboscamento.
La lavorazione del ferro sviluppa poi molte altre
energie che danno alla vita un aspetto del tutto diverso.
Gliutensilidi ferro agevolano la costruzione delle case,
delle navi e dei carri; con la lavorazione dei metalli
cominciano le arti e i mestieri; la tecnica delle armi si
perfeziona, le città si circondano di mura. Sorge l’architettura
come arte. Mitologia e poesia acquistano,
con la scoperta dell’alfabeto, ilmezzo di conservarsi e
di diffondersi.
E questo nuovo aspetto della vita si svolge e getta
le basi delle trasformazioni sociali inmodo speciale in
Oriente e nei paesi che fanno corona al mare Mediterraneo,
soprattutto in Egitto, in Grecia e in Italia. Furono
questi paesi che, nel corso dei secoli cooperarono
efficacemente allo sviluppo della civiltà in Europa e in
tutto il mondo.
Ma lo sviluppo della schiatta umana, durante i periodi
dello stato selvaggio e della barbarie, aveva anche
rapporti sociali di razza suoi caratteristici, che si distinguono
notevolmente da quelli dei tempi posteriori.
Bachofen e Morgan hannos seguito le tracce di
questi rapporti con acute investigazioni; Bachofen,
studiando profondamente tutte le opere degli antichi e
moderni per scoprire la natura dei fenomeni che nel
campo della mitologia, della leggenda e della storia ci
sembrano tanto strani, e tuttavia hanno così grande
affinità coi fenomeni e gli avvenimenti dei tempi posteriori
e in parte con quelli di oggi;Morgan, passando 10
anni fra gli Irochesi che ancora risiedono nello Stato di
New York, e facendovi osservazioni onde attinse cognizioninuove
e inaspettate intorno alle relazioni sociali,
di famiglia e di affinità delle razze cosìdette indiane,
sulla cui base appena le osservazioni altronde raccolte
ricevettero delucidazioni e spiegazioni giuste.
Entrambi, Bachofen e Morgan, scoprirono, ciascuno
alla sua maniera, che, a fondamento delle relazioni
fra i sessi nelle antiche popolazioni estinte, come
in altre ancora esistenti, ma rimaste indietro nello sviluppo
della cultura, sta un sistema di famiglia e di parentela
che è completamente diverso dal nostro, che
viene tanto volentieri rappresentato ed è considerato in
vigore da lungo tempo e perciò naturale, ma che costituiva
indubbiamente il principio fondamentale dello
sviluppo intellettuale dei nostri predecessori.
Quando Morgan viveva fra gli Irochesi esisteva
colà una particolare forma di matrimonio monogami16
co, facilmente risolvibile da entrambe le parti, che egli
designa col nome di “famiglia accoppiata”. Ma egli
trovò anche che le designazioni per il grado di parentela,
come padre,madre, figlio, figlia, fratello, sorella,
sebbene a nostro avviso non possa esservi dubbio di
sorta sul loro uso, erano assai diverse. L’Irochese
chiama figliuoli e figliuole suoinonsoltantoipropri,ma
anche quelli di tutti i suoi fratelli, i quali lo chiamano
padre. Viceversa la donna Irochese chiama figliuoli e
figlie suoi non solo i propri nati, ma anche tutti quelli
delle sue sorelle,daiqualiviene chiamatamadre.All’incontro
chiama i figli dei suoi fratelli, nipoti, e questi la
chiamano zia. I figli di fratelli si chiamano fratelli e
sorelle, e altrettanto i figli di sorelle.Al contrario i figli
di una donna e quelli di suo fratello si chiamano reciprocamente
cugini e cugine. Ne viene la strana conseguenza
che ladesignazione dellaparentelanon si regola
nel nostro senso secondo il grado, ma secondo il sesso
del coniugato.
Se non che, questo sistema di parentela è in pieno
vigore non solo presso tutti gli Indiani d’America, gli
aborigeni dell’India, le stirpi druidiche del Dekan e
quelle Gauresi dell’Indostan, ma, giusta le ricerche di
Bachofen, tali relazionidi famiglia esistettero in origine
dappertutto, come esistono indubbiamente anche oggi
pressomolte popolazioni dell’altaAsia e dell’Asia posteriore,
dell’Africa e dell’Australia. Se poi, di fronte
alle ricerche di Morgano e Bachofen, si esaminano
quelle sulle popolazioni selvagge e barbare ancora esistenti,
allora si vedrà che quello che Morgan trovò fra
gli Irochesi e Bachofen, sia pure con cognizioni non
completamente esatte, presso moltissime popolazioni
dell’antichità, è un organismo sociale che costituì, in
nodo eguale o simile, la base diogni sviluppo umano su
tutta la terra.
Ma le ricerche di Morgan rivelarono ancora altri
fatti interessanti.Mentre la famiglia degli Irochesi è in
una inesplicabile contraddizione con le designazioni
della parentela da essi usate, si scopre poi che ancora
nella prima metà di questo secolo [del 1800, nrd] era
in vigore nelle isole Sandwich (Hawaii) una costituzione
famigliare, corrispondente di fatto al sistema di parentela
che presso gli Irochesi non esisteva che di
nome,ma il sistema diparentela vigente adHawaii, non
corrispondeva poi alla forma di famiglia allora di fatto
esistente, bensì accennava ad una forma di famiglia più
antica, ancor più primitiva, ma scomparsa.
Là tutti i figli di fratelli e sorelle erano senza eccezione
fratelli e sorelle, e quindi non erano considerati
soltanto come figli comuni della loromadre e delle sue
sorelle, ovvero del padre e dei suoi fratelli, ma come
figli di tutti i fratelli e sorelle dei loro genitori, senza
nessuna diversità. Il sistema di parentela in uso ad
Hawaii corrispondeva dunque ad un grado di sviluppo
ancora al di sotto della forma di famiglia esistente in
realtà. Vi era dunque questo di caratteristico: che ad
Hawaii, come presso gli Indiani dell’America settentrionale,
rispettivamente vigevano due diversi sistemi
di parentela che non corrispondevano più allo stato
reale, ma sono superati da una forma più alta.
Morgan dichiara ciò là dove dice:
«La famiglia è l’elemento attivo, essa non è mai
stazionaria,ma progredisce da una forma più bassa ad
una più alta nella misura stessa che la società sale da
un gradino più basso ad uno più alto. Invece i sistemi
di parentela sono passivi; e notano soltanto a lunghi
intervalli di progressi che la famiglia ha fatto nel corso
del tempo, e un radicale mutamento sentono soltanto
allora quando la famiglia si è radicalmente mutata». I
fautori dello statu quo sostengono con singolare predilezione
e pertinacia il concetto, da loro affermato
vero e intangibile, che fino dai tempi antichissimi la
forma della famiglia fu identica a quella d’oggi e che
tale deve continuare affinché la cultura generale non
corra nessun pericolo.
Se non che, questa opinione, dopo le scoperte di
Morgan, è evidentemente falsa e insostenibile, come
noi, con altri argomenti, dimostreremo più innanzi. La
forma di una costituzione di famiglia esistente in
un’epoca determinata non può essere disgiunta dalle
condizioni sociali dell’epoca; essa corrisponde ai bisogni
ed al grado di cultura dei singoli periodi e simutano
nella stessa misura che si mutano le basi dei rapporti
sociali tra gli uomini e le loro condizioni di vita.
Oggi, dunque, lo studio delle origini storiche non
permette che si revochi più in dubbio il fatto, che nei
tempi in cui lo sviluppo si trovava ad un livello infimo,
i rapporti fra i due sessi erano del tutto diversi da quelli
dei tempi meno remoti, e che dovettero sorgere a formarsi
delle condizioni, le quali, esaminate alla stregua
delle idee moderne, sembrano mostruose, un vero
pantano di scostumatezza. Ma, come ogni grado di
sviluppo sociale dell’umanità ha le sue proprie condizioni
di produzione, così ha pure il suo codice morale,
il quale non è altro che lo specchio del suo stato sociale.
E’morale quanto è usanza, ed usanza è soltanto ciò che
risponde alla più intima essenza, cioè ai bisogni di
un’epoca determinata.
Morgan, Bachofen e tutti quelli che si sono maggiormente
addentratinello studio delle origini storiche,
vennero alla conclusione che nel grado più basso dello
stato selvaggio dell’umanità il commercio sessuale
nelle singole razze era costituito in modo che ogni
donna apparteneva ad ogni uomo e del pari ogni uomo
apparteneva ad ogni donna, cosicché non vi era alcuna
differenza di età e di nascita, ma una generale mescolanza
(promiscuità). Dunque, tutti gli uomini sono
poligami e tutte le donne vivono in poliandria. I figliuoli
sono comuni a tutti. Sussiste non solo comunanza di
donne e di uomini, ma anche comunanza di figli.
Stradone riferisce (66 anni prima della nostra êra)
che, presso gliArabi, i fratelli usavano coricarsi con le
sorelle e con la propria madre.
Del resto va notato per incidenza, che lamoltiplicazione
degli uomini non sarebbe stata altrimenti possibile
chemediante l’incesto, ovunque è ammessa come
per esempio nella Bibbia, la discendenza da una sola
coppia.Anzi la Bibbia, su questo punto scabroso, cerca
di cavarsela alla bell’emeglio,ma non lo può fare se
non ammettendo delle cose che stanno in contraddizione
con la sua dottrina della creazione di una prima
e unica coppia. Morgan ammette che da questo stato
generale di promiscuità sessuale si sia sviluppata ben
presto una forma più elevata di rapporti sessuali, che
17
egli designa col nome di parentela di sangue.
Qui i gruppi che si trovano in relazione sessuale
sono divisi per generazioni, in modo che tutti gli avi e
le ave, il marito e la moglie, come i loro figliuoli e i
discendenti da questi, formano, entro i confini della
famiglia, un circolo di coppie comuni.
Qui, dunque, all’opposto della primitiva forma di
famiglia, in cui esiste generale promiscuità sessuale,
senza distinzione di età, abbiamo il fatto che una generazione
è esclusa dal commercio sessuale con l’altra.
Ma codesto commercio permane tra fratelli e sorelle,
cugini e cugine di primo e secondo grado e di grado più
remoto. Tutti costoro sono bensì l’uno dell’altro sorella
e fratello,ma sono anche l’uno verso l’altromaschio
e femmina.Aquesta forma di famiglia corrisponde un
rapporto di parentela uguale a quello che esisteva,
benché soltanto di nome, nella prima metà del nostro
secolo [l’Ottocento,Ndr] adHawaii.All’incontro, giusta
il sistema di parentela indo-americano, fratello e
sorella non possono essere mai padre e madre dello
stesso figliolo; mentre lo possono giusta il sistema di
Hawaii. La famiglia basata sulla consanguineità può
essere stato il sistema vigente ai tempi di Erodono
presso iMassageti, a proposito dei quali Erodono scrive:
«Ciascuno sposa una donna, ma tutti possono
usarne». Erodono verte in errore nella prima proposizione,
perché quanto egli dice poi esclude l’idea della
monogamia. Egli continua: «Non appena un maschio
si è invaghito di una donna, appende la sua faretra sul
davanti del carro e si unisce tranquillamente a lei…Poi
pianta in terra il bastone, come segno ed immagine
dell’opera sua…. Il concubito è esercitato pubblicamente
» (3).
Lo stesso si narra dagli antichi scrittori degli Etiopi
e degli Indiani. In Egitto, ove per migliaia di anni usarono
identiche costumanze, il cane, quale simbolo di
questa forma delle relazioni sessuali, era oggetto di
religiosa venerazione.Dell’accoppiamento all’aperto è
fatta menzione anche nella Bibbia (2 Versetto di Samuele,
20 e segg.), doveAhitofel consigliaAssalonne,
insorto contro David, di giacere coram populo con le
concubine del re, per esprimergli così l’assunzione del
comando e dei diritti dell’uomo; consiglio posto in atto
da Assalonne sul tetto di casa sua.
Alla famiglia costituita a base di consanguineità
succede, secondo Morgan, una terza forma più elevata,
che egli chiama famiglia Punalua. In questa è vietato
l’accoppiamento non soltanto tra genitori e figli,
ma anche tra fratelli e sorelle.Questa comincia dunque
con l’esclusione dei fratelli e delle sorelle carnali, e
precisamente da parte materna.
La prova della paternità è impossibile là dove una
donna ha più mariti. La paternità è puramente una finzione;
essa riposa, come Goethe fa dire a Federico,
«soltanto sulla buona fede». Se essa è spesso dubbia
nella monogamia, èmanifestamente impossibile nella
poliandria,mentre la discendenza dallamadre è indubbia
e indiscutibile.Quindi, fin da principio si stabilì che
la discendenza dalla madre valesse quale norma e
criterio per la discendenza. Siccome poi tutte le trasformazioni
radicali nei rapporti sociali si compiono
lentamente, così anche il trapasso dalla famiglia a
base di consanguineità alla famiglia Punalua, ha richiesto
un lungo periodo di tempo e fu interrotto da
molti regressi che si possono notare anche in tempi
molto più avanzati.
L’occasione esterna immediata che favorì lo sviluppo
della famigliaPunalua (Punalua vale compagno,
compagna) può essere stata la necessità di suddividere
il numero molto ingrossato deimembri della famiglia,
per poter pretendere nuovi terreni per il pascolo o per
l’agricoltura.
E’ anche verosimile che col graduale sviluppo della
cultura si cominciasse, un po’ alla volta, a comprendere
il danno e la sconvenienza del concubito tra fratelli
e sorelle; d’onde seguì che l’aumentata popolazione
rese possibile una limitazione che, fino allora, con una
popolazione più esigua, s’era imposta da se stessa. E’
anche possibile che l’allevamento dellemandrie abbia
fatto conoscere alle genti della stessa razza il danno
delle relazioni incestuose. Che si avessero importanti
esperienze nell’allevamento del bestiame già nei tempi
remoti è provato dal modo in cui Giacobbe seppe accoccarla
(4) a Laban, suo suocero, provvedendo nel
proprio interesse alla nascita di agnelli e capre chiazzate
che gli sarebbero toccate in eredità (Libro I diMosè,
cap. 29, vers. 33 e segg.).
Quindi,nella famigliaPunalua si formò l’unione nei
sessi in modo che una o più serie di sorelle di una
famiglia si sposavano con una o più serie di fratelli di
un’altra famiglia. Le sorelle germane o le cugine di
primo e secondo grado e di grado anche più lontano,
erano dunque le donne comuni dei loro comuni uomini
i quali non potevano essere i loro fratelli. I fratelli germani
(5) o i cugini di vario grado erano imariti comuni
delle loro donne comuni, le quali non potevano essere
le loro sorelle. Cessato l’incesto, la nuova forma della
famiglia portò indubbiamente ad un più rapido e vigoroso
sviluppo delle razze, e procurò a quelle che accettarono
questa forma di unione domestica un vantaggio
su quelle che avevano conservato il vecchio sistema di
relazioni. E qui è opportuno rilevare che in origine le
differenze fisiche e psichiche fra uomo e donna erano
molto meno spiccate di quelle della società moderna.
In quasi tutte le popolazioni selvagge o barbare, le
differenze nel peso e nel volume del cervello sono
minori che presso i popoli inciviliti. Presso le prime,
anche nella forzamuscolare e nell’agilità le donne stanno
dipoco aldi sotto degliuomini.Edi ciò abbiamo una
prova non solo nella testimonianza di antichi scrittori
sui popoli che appartenevano al diritto materno, ma lo
provano altresì le condizioni esistenti presso la popolazione
degliAscianti nell’Africa occidentale e l’esercito
delle Amazzoni del re del Dahomey. Si possono
citare anche i giudizi diTacito sulle donne deiGermani
(6). I rapporti di parentela risultanti dall’unione fami-
(3) Bachofen: Il diritto della madre (Nota di A. Bebel).
Concubito significa accoppiamento.
4) Accoccarla a qualcuno: fargli danno, fargli qualche
scherzo.
5) Fratelli germani, sorelle germane: nati dagli stessi genitori.
6) In questo caso, significa: della Germania, tedeschi.
18
gliare testé descritta, la famigliaPunalua, erano dunque
i seguenti: i figlidelle sorelle dimiamadre sono figliuoli
suoi, e i figli dei fratelli di mio padre sono suoi figli, e
tutti insieme sono miei fratelli e mie sorelle. Invece i
figli dei fratelli di mia madre sono di lei nipoti, e i figli
delle sorelle di mio padre sono nipoti di lui, e tutti
insieme sonomiei cugini emie cugine. Inoltre, imariti
delle sorelle di mia madre sono anche suoi mariti e le
moglidei fratellidimio padre sono anchemogli sue,ma
le sorelle di mio padre e i fratelli di mia madre sono
esclusi dalla comunione della famiglia, e i loro figliuoli
sono cugini e cugine miei (7).
Col progredire della cultura cessa il commercio
sessuale tra fratelli e sorelle e va cessando a poco a
poco anche tra i collaterali più lontani per parte di
madre. Si forma invece un nuovo sistema basato sulla
consanguineità, quello della Gens, che nel suo organismo
primitivo è costituito da una serie di sorelle carnali
più lontane insieme ai loro figli e ai loro fratelligermani
o più remoti per parte di madre. La Gens ha una progenitrice
dalla quale derivano le discendenti femminili
per generazioni.Ma i mariti di queste sorelle non possono
essere più i fratelli delle loro spose, anzi non
appartengono più nemmeno allo stesso gruppo di parentela
oGens delle loromogli, bensì a quello delle loro
sorelle.All’incontro, i figli di questimariti entrano nel
gruppo della famiglia delle madri loro, perché la discendenza
si regola dalla madre. La madre è il capo
della famiglia, da cui il «diritto materno» che costituisce
la base dei rapporti di famiglia e di eredità. «Il
Licio, interrogato sulla sua famiglia – dice Erodono –
enumera le madri di sua madre. Le figlie ereditano».
In quel tempo si parla di matrimonium, non di patrimonium,
di mater familias non di pater familias, e
il paese natìo si chiama paese materno. Come in precedenti
forme di famiglia, anche laGens sibasava sulla
comunione dei beni e si reggeva a sistema da economia
comunistica. La donna conduce e guida questa comunione
di famiglia, gode quindi anche di una grande
reputazione tanto in casa quanto negli affari della stirpe;
è arbitra e giudice, provvede ai bisogni del culto ed
è sacerdotessa.
Il frequente apparire di regine e principesse nell’antichità,
la loro decisiva influenza anche là dove regnano
i loro figli, per es., nell’antica storia dell’Egitto, è la
conseguenza del diritto materno. Anche la mitologia
assume in quel periodo carattere preponderantemente
muliebre: Demetra, Cerere, Latona, Iside, ecc. La
donna è ritenuta inviolabile, ilmatricidio è il più grave
di tutti i reati, e chiama tutti gli uomini a vendicarlo.
La vendetta di sangue è lo sfogo dell’offesa recata
all’onore e agli interessidella famiglia e della stirpe.La
difesa delle donne e della casa materna, stimola gli
uomini ad atti delmassimo valore.Gli effetti del diritto
materno, della ginecocrazia, si manifestarono in tutti i
rapporti socialidegli antichipopoli, presso ibabilonesi,
gliAssiri, gliEgiziani, iGreci prima delperiodo eroico,
le popolazioni italiane al tempo della fondazione di
Roma, gli Sciti, i Galli, gli Iberi e i Cantari, i Germani
di Tacito, ecc. La donna ebbe allora nella famiglia e
nella vita pubblica una posizione che poi non riuscìmai
più ad occupare.
Sotto il regime della ginecocrazia regnava generalmente
uno stato di relativa pace. Le relazioni erano
ristrette, primitivo il metodo di vita. Le singole stirpi
vivevano possibilmente separate le une dalle altre, rispettando
i confini.Ma se una stirpe veniva assalita da
un’altra, gli uomini erano obbligati alla difesa cui gagliardamente
cooperavano le donne. Erodono narra
che presso gli Sciti le donne prendevano parte al combattimento;
e la giovinetta non avrebbe potutomaritarsi
senza aver ucciso un nemico.
E’ noto dalle descrizioni di Cesare e di Tacito qual
posto prendessero al combattimento le donne dei Germani.
Ma anche nellaGens esse esercitavano, a seconda
delle circostanze, un dominio rigoroso, e guai all’uomo
che fosse stato troppo pigro o troppo inetto a
prestare l’opera per il generale sostentamento. Gli si
chiudevano le porte in faccia, ed allora, o tornava fra
la sua Gens in cui difficilmente trovava cordiale accoglienza,
o si recava presso un’altraGens verso di luipiù
indulgente.
Che questo carattere di vita famigliare esista ancor
oggi nell’interno dell’Africa, ebbe a constatarlo, con
sua grande sorpresa, Livingstone, come narra nel suo
libro: Missionary travels and researches in southern
Africa. London, 1857. Allo Zambesi si imbatté nei
Balorda, una razza di neri belli e vigorosi, che attendono
all’agricoltura, e vi trovò la conferma delle relazioni
fatte dai Portoghesi che a lui sulle prime parvero incredibili;
e cioè che le donne vi godevano una posizione
affatto privilegiata. Siedono a Consiglio; un giovane
che si fa sposo deve passare dal suo villaggio in quello
della sposa ed obbligarsi a provvedere di legna da ardere
per la madre della sposa e per tutta la vita; ma, in
caso di separazione, i figli restano di proprietà della
madre. La moglie, dal canto suo, deve provvedere al
nutrimento delmarito. Sebbene scoppiassero di quando
in quando dei litigi fra uomini e donne, Livingstone
rilevò che gli uomini non si ribellavano,mentre imariti
che avevano ingiuriato le loro donne venivano puniti in
una maniera dolorosa, e cioè col digiuno.
«Il marito – narra Livingstone – viene a casa per
mangiare, ma una moglie lo manda dall’altra, ed egli
finisce col non ricevere nulla da alcuna. Stanco ed
affamato, si arrampica su di un albero nel punto più
popoloso del villaggio, e dice con voce lamentosa:
Udite, udite! Io credevo di aver sposato delle donne,
ma esse sono per me delle streghe! Io sono celibe, non
ho neppure una donna! Vi par giusto per un signore
come me?». Se una, a sfogo della sua ira, passa a vie
di fatto contro un uomo, viene condannata a portare
sulla schiena suomarito dalla corte del capo fino a casa
sua. Ementre fa la strada col suo carico, gli altrimariti
la insultano e la beffeggiano, laddove d’altro lato le
donne la incoraggiano gridandole: «Trattalo come
merita; fagli ancora ciò che gli hai fatto».
A mano a mano che la popolazione aumenta, si
forma una serie di gentes costituite da sorelle, che alla
loro volta danno vita a gentes di figlie. Di contro a
queste appare la gens della madre, come fratria. Più
7) Cfr F. Engels: L’origine della famiglia, della proprietà
privata e dello Stato (Nota diA. Bebel).
19
fratrie costituiscono la tribù. Tale organizzazione sociale
è tanto solida da formare la base dell’organizzazione
militare dei vecchi stati, ancora quando l’antica
costituzione gentilizia era già disciolta.
La tribù si divide in altre tribù e tutte hanno la stessa
costituzione e in ognuna delle quali si trovano ancora
le vecchie gentes.Ma la costituzione gentilizia si scavò
da se stessa la fossa, col proibire imatrimoni fra sorelle
e fratelli e tra parenti per parte di madre, fino ai più
lontani. Per effetto dei rapporti reciproci, sempre più
stretti, fra le singole gentes, il divieto dimatrimonio fra
le varie gentes discendenti per parte di madre diventa
alla lunga inattuabile e cade da sé.Altri rapportiminano
in misura ancora più grave la costituzione esistente e
le danno l’ultimo colpo.
Finché la produzione dei mezzi necessari all’esistenza
era piccola e si appagava di soddisfazionimolto
modeste, l’attività dell’uomo e della donna era in sostanza
la stessa. Cresciuta la divisione del lavoro, non
solo si divisero le funzioni ma anche i guadagni. La
pesca, la caccia e l’allevamento del bestiame richiedevano
cognizioni speciali e la costruzione di strumenti
e utensilidivenneropreferibilmente attività caratteristica
degli uomini. L’agricoltura allargò di molto la cerchia
delle attività e creò una copia di beni da bastare ai
bisogni più elevati di quel tempo. L’uomo che, in tale
periodo di sviluppo, eccelleva per operosità, diventò il
vero padrone e signore di queste fonti di ricchezza, che
a loro volta formavano la base del commercio il quale
creò nuovo rapporti e mutamenti sociali.
Aumentati la popolazione e il bisogno di più estesi
possessi per i pascoli e per l’agricoltura, cominciarono
le razzie e le lotte per il possesso dei fondi e dei terreni
migliori, e il bisogno di braccia per lavorarli e costruirvi.
E quanto più grande era il numero di queste forze,
tanto maggiore diventava la ricchezza dei prodotti e
delle mandrie. Queste lotte condussero alla schiavitù
dei vinti e al ratto delle donne. Gli uomini divennero
schiavi e ledonne furono applicate ai lavorio divennero
un oggetto di piacere per i vincitori. E con ciò furono
introdotti contemporaneamente due elementi nella
vecchia costituzione gentilizia, che con la stessa non si
accordavano più.
Inoltre, a mano a mano che si manifestano delle
differenze tra le singole attività e che cresce il bisogno
di strumenti, utensili, armi ecc., sorge l’arte meccanica,
che prende uno sviluppo a sé e si emancipa dall’agricoltura.
Si forma quindi una popolazione cittadina,
dedita preferibilmente alle arti, vicino a un’altra
popolazione dedita all’agricoltura e con interessi del
tutto opposti.Con ciò ilprincipio unitario della vecchia
costituzione gentilizia venne distrutto.
Sopraggiunge un altro momento. Secondo il diritto
materno, e cioè fintanto che la discendenza si calcolava
soltanto in linea femminile, era costume che i
gentili che erano fra loro imparentati ereditassero dai
loro defunti compagni gentili. Il patrimonio restava
alla gens. I figli del padre defunto non appartenevano
alla sua gens, ma a quella della madre; e perciò essi
non potevano ereditare dal padre, la cui sostanza,
dopo la sua morte, ritornava alla sua gens. Col nuovo
stato di cose, i beni del padre, che era padrone di
mandrie e di schiavi, di armi e provvigioni, operaio o
commerciante, non passavano, dopo la sua morte, ai
figli,ma ai suoi fratelli e sorelle, e ai figli delle sorelle,
oppure ai successori di queste. I figli, poi, non pigliavano
nulla. L’urgenza di mutare un simile stato di
cose era quindi vivissima, e fu mutato. Ne derivò una
condizione di cose, che non era ancora la monogamia,
ma le si avvicinava; ne derivò, cioè, la famiglia
accoppiata.
Un determinato uomo viveva insieme ad una determinata
donna, e viceversa, e i figli nati da questa relazione
erano i loro figlioli.
Queste famiglie accoppiate simoltiplicarono da un
lato perché gli impedimenti almatrimonio, dipendenti
dalla costituzione gentilizia, rendevano più difficili i
connubi; dall’altro perché le ragioni economiche sopraccennate
facevano apparire desiderabile questa
forma di vita domestica.
La vecchia costituzione gentilizia fu seppellita e
divenne assolutamente impossibile. Le tenne dietro la
caduta del dirittomaterno, che segnò pure la caduta del
predominio della donna.
Ildiritto delpadre venne a pigliare ilposto deldiritto
materno; in luogo della famiglia accoppiata venne poi
lamonogamia, che aveva lo scopo di creare degli eredi
per il patrimonio privato, che nel frattempo si era venuto
accumulando.
Poi l’uomo si arrogò il diritto di aggiungere alla
legittima moglie tante concubine quante le sue condizioni
gli consentivano di mantenere, e i figli di queste
concubine furono trattati come legittimi, quando la
moglie legittima o principale era sterile.
Atale riguardo troviamo due passi importanti nella
Bibbia.Uno è nel Libro I diMosè, capitolo 16, versetti
1 e 2: «Sarah, moglie di Abramo, non gli partoriva
figlioli; ma essa aveva una fantesca egiziana, di nome
Agar. Ed essa disse ad Abramo: Il Signore mi ha fatta
sterile: accoppiati con lamia fantesca; eAbramo obbedì
alla voce di Sarah».
L’altro passo meritevole di osservazione si legge
nel Libro I di Mosè, capitolo 30, versetto 5 e seguenti
ove è detto: «Rachele, vedendo che non dava figlioli a
Giacobbe, invidiò sua sorella e disse a Giacobbe: Creami
dei figli, se no iomuoio.MaGiacobbe si adirò con
Rachele e disse: Io non sono Dio, il quale ti ha negato
il frutto del ventre. Ma essa soggiunse: Vedi, eccoti
Bilha,mia fantesca; accoppiati con essa, affinché partorisca
sul mio grembo ed io ancora avrò progenie da
lei. E gli concesse quindi in moglie Bilha, sua serva, e
Giacobbe giacque con essa». Si vedano, inoltre, i passi
della Bibbia sulla poligamia dei re di Giudea, David,
Salomone ecc. Anche la visita della regina di Saba a
Salomone è caratteristica per le relazioni sessuali di
quel tempo.Consacrata la soggezione e la servitù della
donna, questa divenne oggetto di disprezzo e di abiezione.
Il diritto materno significò comunismo; il diritto
paterno significò origine e predominio della proprietà
privata, e ad un tempo oppressione e servitù della
donna.
È difficile, e quasi impossibile, dimostrare particolareggiatamente
in quale modo si sia compiuto tale
20
mutamento.Ma è certo che la prima grande rivoluzione
che si compì in seno all’umanità, come non si effettuò
contemporaneamente presso le civiltà antiche,
così non si è compiuta dappertutto esattamente allo
stesso modo. Ed è anche certo che i Greci, e fra questi
gli Ateniesi, furono i primi, fra i popoli antichi, che
fecero imperare i diritto del maschio.
Engels ammette che questa grande rivoluzione si
sia effettuata in modo del tutto pacifico e che, concorrendo
le condizioni tutte favorevoli alla consacrazione
del diritto nuovo, non ci fu bisogno che di un semplice
voto delle gentes per sostituire il diritto del padre a
quello dellamadre.
Bachofen è di parere diverso; egli narra, sulla scorta
di molte notizie, più o meno degni di fede, raccolte
dagli antichi scrittori, che le donne opposero una vigorosa
resistenza a questa trasformazione sociale, e specialmente
le leggende del regno delleAmazzoni, che si
ripetono con molteplici variazioni nell’antica storia
dell’Asia e dell’Oriente e vengono a galla anche nell’America
del Sud, furono indizio ed effetto della lotta
delle donne contro il nuovo ordinamento.
Ma di ciò non vogliamo occuparci. È certo soltanto
che le antiche costumanze e abitudini e gli usi della
cultura che vi si collegavano dominarono gli spiriti
ancora per molti secoli ed erano ancora praticati dopo
che se ne era perduto il vero significato che con gran
fatica soltanto si riesce a penetrare.
Come il cristianesimo adattò a quasi tutte le sue più
grandi solennità gli usi religiosi e le solennità pagane,
ma sapendo vestirle di un significato nuovo e ad esso
conveniente (rammentiamo soltanto la festa di Jul
degli antichi Germani, alla quale venne sostituito il
Natale cristiano), così esistono presso i diversi popoli
costumi e usanze che nell’origine loro ricordano il tempo
del diritto materno, senza che fino a poco tempo fa
se ne avesse alcuna idea.
AdAtene, dove l’antico dirittomaterno dovette far
posto assai presto e, a quanto sembra, violentemente,
al diritto paterno, questo mutamento è assai evidente,
e tutto il loto tragico di esso è dato in modo sorprendente
nelle Eumenidi (8) di Eschilo.
L’antefatto è il seguente:
Agamennone, re diMicene,marito di Clitennestra,
per volere dell’oracolo sacrifica sua figlia Ifigenia propiziando
la sua spedizione di Troia.
Lamadre si ribella contro il sacrificio della figliola
e, durante l’assenza diAgamennone, giace con Egisto
che essa tratta come marito. Quando Agamennone
ritorna a Micene, dopo molti anni di assenza, viene
ucciso daEgisto, istigato da Clitennestra.Oreste, figlio
diAgamennone e di Clitennestra, vendica, per suggerimento
diApollo e diMinerva, l’assassinio del padre,
uccidendo sua madre ed Egisto. Le Erinni perseguitano
Oreste. Esse rappresentano l’antico diritto.Apollo
e Minerva, la quale, secondo il mito, è priva di madre
perché balzò armata dal cervello di Giove, difendono
Oreste e quindi l’areopago (9) è chiamato a pronunciare
una decisione.
Ne segue una disputa in cui entrambi i principi,
cozzanti l’uno con l’altro, vengono espressi con grande
calore drammatico.
Erinni: Te al matricidio addusse
Il fatidico nume ?
Oreste: E di mia sorte
Io non mi lagno.
Erinni: Altro dirai, se avverso
Ti coglierà de' giudicanti il voto.
Oreste: Fidato io stommi. A me soccorso il
padre
Manderà dalla tomba.
Erinni: Oh ! ben ne' morti
Fidato sta quei che ha la madre ucciso!
Oreste: Rea di due colpe era colei.
Erinni: Di quali ?
A' giudici lo spiega.
Oreste: Essa al marito,
E col marito al padre mio diè morte.
Erinni: Ma tu vivi frattanto: ella or va sciolta
D'ogni giudicio.
Oreste: E mentre viva ell'era,
Perchè tu allor non l'agitasti in fuga ?
Erinni: Dessa comune non aveva il sangue
Con l'uom che uccise.
Oreste: Ed io di sangue avvinto
Son con la madre mia ?
Erinni: Com' ella dunque
Te nudria nel suo ventre, o parricida ?
Il carissimo sangue della madre
Rinneghi, abborri ? (10).
Le Erinni dunque non riconoscono alcun diritto
del padre e dell'uomo, per esse esiste soltanto il diritto
dellamadre.Ad esse riesce indifferente cheClitennestra
faccia uccidere il marito; ma domandano la punizione
dell'uccisore dellamadre.Apollo al contrario
muove da un principio diverso; egli, per incarico di
Giove, indusse Oreste, per vendicare l'assassinio del
padre, al matricidio e difende l'atto suo davanti ai
giudici dicendo:
Altra pur anco
Dirò ragione, e come vera, attendi. –
QUELLA CHE MADRE APPELLASI, DEL FIGLIO
NON E', NON E' GENERATRICE: dessa
E' del feto nutrice. E' l'uom sooltanto
Generator: serba la donna a lui,
Come ad ospite suo, l'accolto germe,
Se un Iddio nol diserta. E di ciò prova
Io presterò, che aver può figli un padre,
Senza la madre: testimon qui presso
8) Eumènidi o Erinni. Divinità greche della vendetta e severe
custodi del cosiddetto “ordine naturale”. I romani le chiamarono
Furie.
9) Areopago, in greco “Colle diAres”, che si trova a Nord
Ovest dell’acropoli diAtene e che diede nome ad un’assemblea
di antiche origini con funzioni di consiglio e di tribunale; assemblea
che giudicava dei delitti di sangue, sorvegliava l’amministrazione
dello stato, custodiva le leggi e la morale pubblica
con anche attribuzioni religiose.Ares era il dio della guerra, che
i romani chiamaronoMarte.
(10) Traduzione di Felice Bellotti. Tomo II, Milano 1821.
Società Tip. dei classici italiani (Nota di A. Bebel).
21
Ne sta la figlia dell'olimpio Giove,
Non nelle cieche tenebre dell'alvo
Surta e nudrita; e nondimen tal prole,
Qual niuna diva partoria giammai (11).
Perciò, secondo Apollo, il diritto prevalente é
quello della generazione; mentre sino allora era
considerato come tale il sangue e la sostanza
che la madre dà al figliuolo.
Le Erinni così rispondono a questa opinione
nuova diApollo:
Antiche leggi
Tu così distruggesti, addormentando
Antiche dive (12).
I giudici si apprestano a sentenziare; metà di essi
sta per il vecchio diritto, l'altra metà per il nuovo;
sicchè minaccia parità di voti. Allora Minerva, per
parte sua, prende dall'altare una pallina per il voto,
e mentre la depone nell'urna esclama:
Fine imporre al giudizio a me s'aspetta;
Ed io questo mio voto a pro' d'Oreste
Aggiugnerò. – MADRE IO NON EBBI, E IN TUTTO
(FUOR CHE STRINGERMI A NOZZE) io favoreggio
Fervidamente il viril sesso, e tutta
Del padre io son; nè più stimar la morte
Potrei di donna che il marito uccise,
Marito insieme e suo signor. Se quindi
Pari i voti saran d'ambe le parti,
Vinca Oreste col mio (13).
Trionfa ilnuovo diritto: ilmatrimonio colpadre alla
testa ha vinto e sopraffatto la ginecocrazia (14).
Un'altra leggenda narra la caduta del diritto della
donna nel modo seguente:
Sotto il Regno di Cecrope accadde in Atene un
doppio prodigio. In uno stesso tempo spuntò dalla
terra un olivo, e in un altro luogo sgorgò dell'acqua.
Il re, spaventato, mandò a Delfi a interrogare l'oracolo
intorno al significato di questi avvenimenti. E la
risposta suonò così: L'olivo significaMinerva, l'acqua
significa Nettuno, e spetta ora ai cittadini decidere da
quale delle due divinità essi vogliono denominare la
città loro.Cecrope raccoglie ilpopolo in assemblea ove
avevano diritto divoto uomini e donne: iprimivotarono
perNettuno, le donne perMinerva, e siccome avevano
la maggioranza di un voto, così vinseMinerva. Nettuno,
salito in ira, fece inondare dal mare le terre degli
Ateniesi. Per calmare la collera del Nume, gliAteniesi
inflissero alle loro donne tre specie di pene: dovevano
perdere il diritto di voto; i loro figliuoli non dovevano
più portare il nome della madre, ed esse stesse non
dovevano più essere chiamate Ateniesi (15).
Ilpassaggio daldiritto dellamadre a quello delpadre
si compì dappertutto come in Atene, a parte quelle
diversità negli accessori derivanti dallo sviluppo della
cultura dei singoli popoli, ma i ricordi del passato, e lo
dimostreremo più avanti, continuavano a manifestarsi
in certe pratiche.
Dal momento che cominciò a prevalere la discendenza
dal padre, l’uomo impose alla donna una rigorosa
continenza nelle relazioni con gli altri uomini, non
volendo riconoscere per suoi i figli di un estraneo.
La donna viene sempre più confinata nelle pareti
domestiche; le vengono assegnati nella casa determinati
locali dove deve vivere lontana dal contatto con gli
uomini che la casa stessa frequentano.
Già l'Odissea accenna a questa trasformazione nei
costumi.
Telemaco così rimprovera alla madre Penelope la
presenza sua fra i Proci e le dà i seguenti ordini:
Or tu risali
Nelle tue stanze, ed ai lavori tuoi,
Spola e conocchia, intendi; e alle fantesche
Commetti, o madre, travagliar di forza.
Il favellar tra gli uomini assembrati
Cura è dell'uomo, e in questi alberghi mia
PIU CHE D'OGNI ALTRO; però ch'io qui reggo (16).
Tale costruzione, inGrecia, a quel tempo era ormai
generale. Vediamo infatti i Proci, che finalmente sono
stanchi delle temporeggiatrici lusinghe e si sono accorti
dello scaltro mezzo messo in opera da Penelope per
guadagnar tempo, si rivolgono a Telemaco per bocca
di Antinoo, che così di esprime:
........ Dal patrio tetto
La tua madre allontana, e a lei comanda
Che qual più le talenti, e le proponga
Il genitor, scelga fra noi lo sposo (17).
La libertà della donna e il suo intervento nella vita
pubblica sono dunque sparite. Se essa esce di casa,
deve coprirsi per non destare le concupiscenze di un
altro uomo. In Oriente, dove per l’effetto del clima
caldo, le passioni sessuali sonomolto ardenti, tale sistema
di clausura è spinto fino agli estremi.AncheAtena,
fra i popoli antichi, può, al riguardo, servire d’esempio.
La donna dorme bensì colmarito,ma con lui non pranza,
non lo chiama col suo nome ma con quello di “signore”:
essa è la sua serva. Non poteva presentarsi in
nessun luogo a viso scoperto, e per via andava sempre
velata ed abbigliata con molta semplicità. Se commettevaqualche
infedeltà, giusta la legge diSolone, doveva
espiare la sua colpa con la perdita della libertà o della
vita. Il marito poteva venderla come schiava.
Ma, allora e in seguito, la bisogna procedeva ben
diversamente inAtena per gli uomini. Siccome l’uomo
rispetto alla procreazione di eredi legittimi– un bisogno
reclamato come necessario dalla proprietà privata –
imponeva alla donna una continenza rigorosa, non era
(11) Traduzione citata (Nota di A. Bebel).
(12) Traduzione citata (Nota di A. Bebel).
(13) Traduzione citata (Nota di A. Bebel).
(14) Stadio della società primitiva i cui la donna godeva
di un assoluto predominio nella vita sociale e politica
della comunità.
(15) Bachofen: Il diritto materno (Nota di A. Bebel).
(16) Pindemonte: Odissea, Tomo I, Lib. I, pag. 19.
Ediz. Verona 1822 (Nota di A. Bebel).
(17) Odissea. Canto II (Nota di A. Bebel).
22
per nulla disposto ad imporla anche a se stesso.
Di qui l’origine delle Etère (18), donne che eccellevano
per ingegno e bellezza, e preferivano la vita
libera e il libero amore alla schiavitù del matrimonio.
In ciò quell’epoca non trovava assolutamente nulla
di abominevole, perché il nome e la fama di una parte
di queste etère, che si trovavano in relazioni intime con
gliuominipiùillustridellaGrecia, epigliavanoparte alle
loro dotte conversazioni come ai loro banchetti, giunse
fino a noi,mentre inomidelle spose legittime andarono
in gran parte dimenticati.Ricordiamo in prima linea la
celebre etèra Aspasia, che fu più tardi concubina di
Pericle; Frine, il cui nome nel nostro tempo serve a
definire una determinata specie di donne, Laide di
Corinto, Gnatea ecc.
Ma non ci si fermò alle etère che avevano a che fare
soltanto con uomini eminenti. Fattosi acuto il desiderio
di donne venali, eccoci alla prostituzione, sconosciuta
sotto le condizioni antiche.
Già intorno all’anno 504 prima dell’êra nostra,
Solone, il primo che diede forma concreta alle nuove
condizioni giuridiche, aprì inAtene pubbliche case di
tolleranza, onde fu celebrato da un contemporaneo
con queste parole: «Gloria a te, Solone! Tu comperasti
pubbliche donne per la salute della città che è piena di
giovani vigorosi, i quali, senza la tua savia istituzione,
si sarebbero abbandonati amoleste persecuzioni delle
migliori classi di donne». Di tal guisa una legge dello
stato riconobbe come conformi a diritto naturale per
gli uomini, atti che, compiuti dalla donna, erano considerati
come biasimevoli e, sotto certe condizioni,
anche delittuosi.
E’ notorio che anche oggi non pochi uomini preferiscono
la compagnia di una bella peccatrice alla compagnia
della loro legittima sposa, e fra essi ci sono
perfino dei «sostegni dello Stato» e delle «colonne
dell’ordine» i quali debbono vegliare sulla «santità del
matrimonio e della famiglia».
Demostene, il grande oratore, precisa nella sua
arringa controNeera la vita di famiglia degli uomini di
Atena, là dove dice:«Noi sposiamo la donna per averne
figli legittimi e per possedere in casa una custode fedele;
manteniamo delle concubine per nostro uso quotidiano
e le etère per i godimenti dell’amore». La moglie
era dunque una semplice macchina da figlioli; un
cane fedele che custodisce la casa. Il padrone viveva
secondo il suo bon plaisir, a suo talento.
Platone nel suo “Stato” chiede la comunione della
donna e la procreazionedei figli regolata dalla selezione
naturale, tuttavia la donna è soggetta all’uomo, è semplice
mezzo allo scopo della moltiplicazione di una
razza vigorosa.
Aristotele ha idee più civili. La donna, secondo la
sua “Politica” deve poter scegliere liberamente, ma
essere sottoposta all’uomo; col diritto però di «dare un
buon consiglio».
Tucidide esprime un’idea che ha le approvazioni di
tutti imoderni filistei.Egli dice chemerita lode la sposa
della quale fuori di casa non si dica né bene né male.
Naturalmente, con tali principi il rispetto per la
donna doveva diminuire sensibilmente. Ma sopravvenne
anche il timore dell’eccesso di popolazione, ed
allora, per evitare l’accoppiamento con la donna, si
chiese a mezzi contro natura l’appagamento degli appetiti
erotici. Gli stati della Grecia erano costituiti per
la maggior parte soltanto dalle città con limitato territorio,
il quale non poteva più procurare la consueta
alimentazione oltre una data quantità dipopolazione. Il
timore dell’eccesso di popolazione indusse quindiAristotele
a consigliare agli uomini di tenersi lontani dalle
donne e a godere i fanciulli.
Prima di lui Socrate aveva magnificato la pederastia
come segno di una civiltà più alta. E a questa
rendevano omaggio gli uomini più ragguardevoli della
Grecia, e la stima per la donna decadde sempre più.
Ci furono perciò case di prostituti, come di prostitute.
In tale atmosfera sociale, Tucidide, sopra citato,
poté dire della donna che è più perfida della procellosa
onda del mare, delle fiamme del fuoco, dell’acqua
che scende impetuosa dalla montagna. «Se
v’è un Dio che inventò la donna, ovunque esso sia,
sappia ch’egli è lo scellerato autore delmassimo dei
mali» (19). Come Socrate fu il glorificatore della pederastia,
così Saffo di Lesbo, indotta forse dall’esempio
del sesso maschile, cadde nell’estremo opposto,
diventò la poetessa dell’amore tra donne, che dalla
patria sua fu chiamato amore lesbico.
Mentre in Atene e in quasi tutta la Grecia vigeva
il diritto paterno, Sparta, la rivale diAtene, si reggeva
a sistema di diritto materno; regime che pareva straniero
anche agli altri popoli della Grecia. Il dialogo
seguente illustra il fatto. Un greco forestiero domanda
ad uno spartano quale pena dovrebbero subire a
Sparta gli adulteri.Al che lo spartano: “Straniero, da
noi non ci sono adulteri”. Lo straniero: “Ma se ce ne
fosse uno?”. “Allora, risponde lo spartano, egli deve
dare in pena un bue tanto grosso che possa colla
testa raggiungere il Taigeto e abbeverarsi all’Eurota”.
E alla risposta piena di stupore del forestiero:
“Come è possibile che ci sia un bue così enorme?”,
lo spartano replica ridendo: “Nella stessa guisa ch’è
possibile che a Sparta via sia un adultero!”. Perciò la
coscienza delle donne spartane a quel tempo si trova
espressa in quella fiera risposta che la moglie di
Leonida dà a una straniera quando questa le dice:
“Voi spartane siete le sole donne che comandino agli
uomini!”; risposta che suona: “Noi siamo anche le
sole donne che mettano al mondo degli uomini”:
La libera condizione fatta alla donna sotto il regime
del diritto materno, ne accrebbe bellezza, la fierezza,
la dignità e l’indipendenza. Tutti gli scrittori
concordano nel ritenere che, all’epoca della ginecocrazia,
gli accennati pregi adornavano la donna in
grado eminente. La condizione di dipendenza che
subentrò più tardi, riuscì necessariamente dannosa
(18) Etèra, nell’antica Grecia, era una donna non sposata o
destinata al matrimonio, colta e raffinata, ben distinta dalla
prostituta che in genere era schiava. Le Etère erano numerose
soprattutto adAtene e Corinto, in genere di origine straniera ed
erano sottoposte al pagamento di una tassa. Godevano di una
libertà negata alle donne sposate o promesse in matrimonio,
avevano relazioni sociali soprattutto con uomini importanti
della società.
(19) Leon Richter, La femme libre (Nota di A. Bebel).
23
a queste doti e trova anzi la sua più evidente espressione
nella diversità degli abbigliamenti nei due periodi.
L’abito della donna dorica cadeva sciolto e
leggero dalle spalle, lasciando libere le braccia e
scoperta la coscia; è l’abbigliamento della deaDiana
dei nostri musei. L’abito ionico, invece, copriva
l’intera figura e impediva la libertà dei movimenti.
L’abito fino ad oggi pare risponda al concetto di
conservare la donna schiava, timida e codarda, perciò
fisicamente indifesa. L’uso degli Spartani di
lasciar andar nude le ragazze fino alla pubertà – ciò
che il clima del paese consentiva – secondo l’opinione
di un antico scrittore contribuì principalmente a
produrre in essi il gusto per la semplicità e la cura
dell’aspetto esterno; e non vi era assolutamente
nulla, secondo le idee di quel tempo, che offendesse
il pudore o destasse la voluttà. E’ noto per antica
esperienza che la naturale nudità eccita meno i sensi
che un artificiale scoprimento.
Tuttavia gli usi e i costumi dell’epoca in cui vigeva
il diritto materno, si conservarono ancora a
lungo dopo che il diritto paterno vi si era sostituito.
Ed è una reminescenza dei liberi rapporti sessuali
predominanti al tempo del diritto materno, l’ingresso
che facevano ogni anno le donzelle babilonesi
mature almatrimonio nel tempio diMilitta [eraAfrodite
presso gli assiri e i babilonesi, come Venere
presso i romani, ndr], per offrire il fiore della loro
verginità alle irrompenti schiere degli uomini.
Allo stesso modo veniva scarificato a Serapi di
Menfi e nel tempio diAfrodite a Corinto, ove dovevano
essere presenti costantemente mille ragazze
(Ierodule). Lo stesso avveniva inArmenia in onore
della deaAnaiti, e a Cipro in onore diAstarta. Questo
dovere di sacrificare la loro castità veniva imposto
alle vergini in pena all’offesa recata alla gran
madre della naturaMatuta con l’esclusività delmatrimonio.
Aveva lo stesso significato l’acquisto che facevano
le vergini libiche della loro dotemediante l’abbandono
di se stesse. In accordo col diritto materno,
esse erano sessualmente libere finché nubili, e
gli uomini trovavano tanto poco scandaloso tale
mezzo d’acquisto della dote, che preferivano come
sposa quella che era stata più desiderata. Lo stesso
avveniva ai tempi di Erodoto presso i Traci. «Essi
non custodivano le fanciulle, ma lasciavano ad esse
piena libertà di congiungersi con chi a loro piacesse.
Le spose invece venivano da essi rigorosamente
custodite; e le comperavano dai loro genitori contro
ragguardevole corrispettivo». Ed identiche condizioni
esistono anche oggi nelle isoleMarianne, Filippine
e della Polinesia, e inoltre, secondo il Waitz,
presso diverse tribù africane. Nelle Baleari ed ancora
in epoca non tanto remota, vigeva il costume –
che racchiudeva in sé il concetto del diritto di tutti
gli uomini sulla donna, di lasciare, nella notte delle
nozze, tutti gli uomini della stessa tribù presso la
sposa, uno dopo l’altro in ordine di età; per ultimo
veniva lo sposo che, d’allora in poi, la prendeva nel
suo esclusivo possesso quale moglie.
Questo costume subì una nuova trasformazione
presso altri popoli nel senso che i sacerdoti o i capi
tribù (re) quali rappresentanti di tutti gli uomini della
stessa, godevano di questo privilegio verso la sposa.
Così a Malabar vengono noleggiati i Patamari (sacerdoti)
affinchè colgano per i primi il fiore verginale
delle spose... Il gran sarcedote (Namburi) è obbligato
a rendere questo servizio al re (Zamorin) in
occasione del suo matrimonio, e il re lo paga con
cinquanta fiorini d'oro (20). Nell'interno dell'India
ed in parecchie isole del Grande Oceano sono ora i
sacerdoti, ora i capi tribù (re), che si sottopongono
a questo ufficio (21). Lo stesso avviene in parte
nella Senegambia, dove pure il capo della tribù esercita
lo stesso ufficio ricevendo in compenso un
dono.
E’ certo, dunque, che anche l’ius primae noctis
(il diritto della prima notte) ha la stessa origine nel
medioevo cristiano, come sostiene Engels.
Il signore, che in questa tradizione medioevale
rappresenta il capo tribù, esercita in nome degli uomini
della sua razza il diritto che una volta spettava
a costoro. Ma su di ciò diremo più diffusamente in
seguito.
Noi troviamo nelle tribù brasiliane e sud-americane
delle reminiscenze del vecchio diritto materno
in certe particolari usanze – le quali devono essersi
conservate anche presso i Baschi che, per molti rispetti,
ancor oggi presentano il tipo di un popolo di
costumi e di usi antichissimi – specialmente in quella
che, in luogo della puerpera, si ponga in letto il
marito che si comporta come una partoriente e si fa
assistere dalla puerpera. Ciò significa che il padre
riconosce il neonato come suo, ed affinchè cosi per
lui come per gli altri non ci sia il benchè minimo
dubbio sulla legittimità del figlio, finge che anche
l'atto del parto sia opera sua.
Con lo sparire della antica gens e col sorgere del
predominio dell’uomo, sorge pure vicino allamoglie
legittima, come già notammo, la concubina, ilmatrimonio
per compera e per ratto.
Ora la donna non è soltanto una generatrice di
eredi e uno strumento di piacere per l’uomo, ma
anche, permutate condizioni sociali, una forza lavoratrice
apprezzabile. La figlia della casa diventa un
oggetto di commercio. L’uomo che se ne invaghisce
deve pagare un prezzo che è vario a seconda delle
usanze e dello stato sociale del paese.
Matrimonio per compera fu, per esempio, l’acquisto
di Lea e Rachele, figlie di Labano, fatto da
Giacobbe (22). Giacobbe ne pagò il prezzo prestando
servizio in casa di Labano per alcuni anni e fu,
come è noto, ingannato dallo scaltro Labano il quale,
invece di Rachele gli diede prima Lea, la maggiore,
costringendolo a servirlo per altri sette anni prima di
(20) K. Kautsky: L'origine del matrimonio e della famiglia.
Kosmos, 1883 (Nota di A. Bebel).
(21) Mantegazza: L'amore nella umanità (Nota di
A. Bebel).
(22) Giacobbe, uno dei padri dell’ebraismo, patriarca come
Abramo e Isacco. Le sue vicende sono narrate nel primo libro
della Bibbia, la Genesi.
24
concedergli la seconda sorella. Qui noi vediamo due
sorelle spose ad un tempo di un uomo, ciò che secondo
le idee dei nostri giorni costituirebbe una relazione
incestuosa.
A Giacobbe viene anche promesso in dote una
parte dei prossimi nati della mandria; egli riceverà,
così decide l'egoista Labano, le pecorelle screziate,
che, giusta l'esperienza, costituiscono il numero minore,
Labano quelle di un solo colore. Ma questa
volta il più scaltro fu Giacobbe. Come aveva ingannato
Esaù sul diritto di primogenitura, così ingannava
ora Labano sulle agnelle. Egli aveva studiato il
darwinismo molto prima di Darwin; apparecchiò,
secondo narra la Bibbia, dei bastoncelli artificialmente
screziati e li piantò presso l'abbeveratorio; la
loro vista continua aveva sulle pecore pregne l'efficacia
di farle partorire in maggioranza delle agnelle
screziate. Per tal modo Israele fu salvato dalla scaltrezza
di un suo patriarca. Presso gli Ostiachi della
Siberia, il padre vende anche oggi, come ai tempi di
Giacobbe, il costume, che l'uomo, il quale desidera
una ragazza, entri al servizio dei futuri suoceri e
sconti il prezzo pattuito lavorando.
Il matrimonio a base di compera non è ancora
sparito nemmeno fra noi; esso anzi regna, benché
sotto forme simulate, nella società borghese peggio
che mai. Il matrimonio a base di denaro che è usato
generalmente fra le nostre classi dirigenti non è altro
che il matrimonio per compera.
Un simbolo dell’acquisto della proprietà sulla
donna è pure il regalo di nozze che, in tutti gli stati
civili, si fa ancora oggi dallo sposo alla sposa. Con
questo mezzo il prezzo non viene pagato ai genitori,
ma alla sposa.
Accanto al matrimonio per compera esisteva il
matrimonio per rapina. Il ratto delle donne era in uso
durante tutta l’antichità, e si ripete presso quasi tutti
i popoli arrivati a un certo grado di cultura. L’esempio
storico più noto di ratto di donne è quello della
Sabine operato dai romani;ma anche le tribù di Giuda
si servirono del ratto; ad esempio i Beniaminiti,
che rapirono le figlie di Silos (23). La Bibbia specialmente
fornisce una grande copia dimateriale storico
per i rapporti sessuali qui descritti fra Giudei, come
pure fra le popolazioni entrate con essi in relazione.
Là soprattutto dove mancavano donne, come presso
gli antichi romani, l’acquistarne per mezzo del
ratto era cura importante, e tale era pure là dove
vigeva la poligamia, come in Oriente (24). Qui specialmente
durante il dominio degli arabi dal VII al
XII secolo dell’êra nostra, aveva preso una larga
diffusione.
Anche il ratto si è conservato simbolicamente
fino ad oggi, per es. presso gli Araucani del Chili
meridionale.Mentre gli amici dello sposo negoziano
col padre della sposa, lo sposo si avvicina pian piano
sul suo cavallo alla casa, tenta di ghermire la sposa,
la getta sul cavallo e fugge con essa nel bosco vicino.
Donne, uomini e fanciulli cercano di impedire la
fuga con grida e clamori. Quando lo sposo ha raggiunto
con la sposa il folto del bosco, il matrimonio
si considera conchiuso. Ciò vale anche quando il
ratto avvenne contro la volontà dei genitori. Il folto
del bosco è la stanza nuziale; quando ci si è posto il
piede, il matrimonio è conchiuso.
Benché lontanamente, ricorda però ancora il
tempo del ratto delle donne, il costume presso di noi
vigente dei viaggi di nozze; la sposa viene rapita al
focolare domestico. Viceversa, lo scambio dell’anello
ricorda la servitù della donna all’uomo e la
catena che a lui la lega.
In origine era assai radicato a Roma il costume
che la sposa ricevesse un anello di ferro, come segno
che essa era legata all’uomo. Più tardi questo
anello fu d’oro, appena il cambio dell’anello valse a
significare il vincolo reciproco.
L’antica unione domestica delle gentes aveva
dunque perduto terreno per effetto dello sviluppo
delle condizioni della produzione e del formarsi della
proprietà privata, mentre le antiche idee rimasero in
vigore ancora per qualche tempo.
Quando dalla gens si passò al diritto paterno,
l’eguaglianza giuridica della donna venne da principio
ancora riconosciuta, ma l’incalzare di sempre
nuovi elementi determinò la cessazione dell’antico
stato di cose. Con la fondazione della vita delle città,
si operò la separazione dell’agricoltura dall’industria.
L’erezione di case e di pubblici edifici, la costruzione
di navi, la produzione di strumenti, utensili
e armi, il sempre maggiore perfezionamento delle
arti dello stovigliaio e della tessitura, posero a poco
a poco le basi di una speciale classe di artigiani, i cui
interessi non avevano più alcun punto di contatto
con quelli della vecchia costituzione gentilizia, ma
anzi non di rado erano con essi in conflitto. L’introduzione
della schiavitù, l’ammissione degli stranieri
a far parte dello Stato erano altri elementi che rendevano
impossibile la vecchia costituzione gentilizia,
risvegliando degli interessi e aprendo degli orizzonti
che richiedevano un nuovo ordine di cose.
Il passaggio del diritto ereditario del ramo paterno
nei figli diede vita ad una condizione di cose che
si trovava nel più stridente contrasto con gli antichi
costumi, e non avrebbe potuto affermarsi se non
con l’intervento di una potente autorità.
Ne conseguì che le nuove condizioni nei rapporti
del possesso, l’antitesi fra agricoltura e industria,
fra padroni e schiavi, fra ricchi e poveri, fra debitori
e creditori, resero necessario un ordinamento giuridico
che, da un parte, era molto complicato, dall’altra,
poteva essere applicato solo mercé l’impiego di
determinati mezzi coercitivi. Per tale modo nacque
lo Stato, che fu il prodotto necessario delle antitesi
sorte nel nuovo ordinamento sociale e degli interessi
opposti, e che nelle sue varie forme è una immagine
fedele di quel dominio di classe che poi si è venuto
formando con l’evoluzione.
Sotto il regime del diritto materno, non v’era
alcun diritto scritto. Le relazioni erano semplici e
(23) Cfr. Il Libro dei giudici, capitolo 21, vers. 20 e segg.
(Nota di A. Bebel).
(24) Salomone, giusta il Libro dei re, capitolo XI, aveva
non meno di 700 mogli e di 300 concubine (Nota diA, Bebel).
25
sacri gli usi; nel nuovo ordinamento, invece, il diritto
scritto fu la prima necessità, e fu anche una forza.
Questo nuovo diritto trovò fino da allora la sua più
chiara espressione in Roma. Roma si costituì a stato
fin da principio; proprietà privata e predominio degli
uomini formarono la base della sua esistenza. Ciononostante,
i cittadini romani per dimostrare la purezza
e la inattaccabilità della loro origine, si chiamarono
dalle loromadri sabine:Quiriti, ed anchemolto
più tardi furono chiamati col nome di Quiriti nei
comizi e in senato. Populus Romanus significava il
complesso dello stato, ma populus romanum quiritum
esprimeva la cittadinanza e l’origine. Frattanto
la donna perdeva appunto a Roma i suoi diritti
agnatizî (25). Nella gens imperava il diritto paterno,
i discendenti per parte di donna erano esclusi dall’eredità.
I figli ereditavano come eredi naturali; se questi
mancavano, ereditavano i parenti in linea maschile,
e, se non ce n’erano neppure di questi, ereditavano
i gentili.
Per effetto del matrimonio, la donna perdeva il
diritto di eredità sul patrimonio del padre e su quello
dei fratelli di lui; essa usciva dalla propria gens; e
perciò né lei né i suoi figli potevano ereditare dal
padre e dai fratelli di questi. La quota ereditaria andava
altrimenti perduta per la gens paterna. Frattanto
la divisione per gentes, fratrie (26) e tribù formò
ancora per parecchi secoli la base dell’organismo
militare romano e dell’esercizio dei diritti civili.
Anche nel culto religioso, Cerere, la dea della fertilità,
era la protettrice della plebe Romana. Nel tempio
di Cerere venivano depositate la cassa del comune,
le deliberazioni del senato e le leggi, e sotto la
protezione sua si riuniva il comune.
Gli avvenimenti di Atene e di Roma, dopo che la
donna, per lo stabilirsi del diritto paterno e del matrimonio,
fu spogliata dei suoi diritti, si ripeterono
nell’identica guisa ovunque la proprietà privata divenne
la base del nuovo ordinamento sociale. Il
possesso della terra e degli strumenti di lavoro fece
sorgere anche il bisogno della proprietà, ovvero del
diritto di disporre degli uomini che permetteva al
proprietario di godere e aumentare la sua proprietà.
La moglie, quale procreatrice di eredi legittimi, che
diverranno poi i sostegni della proprietà, è la prima
vittima di questa caccia alla proprietà e al diritto di
disporre delle persone.
Essa diventa, come tante altre cose, proprietà
dell’uomo che ne dispone liberamente; può tenerla
a suo piacere o ripudiarla,maltrattarla o proteggerla.
Ne seguiva che la fanciulla appena abbandonata la
casa paterna, rompeva con questa ogni relazione; la
sua vita poteva dirsi divisa in due parti nettamente
distinte: la prima nella casa paterna, la seconda in
quella delmarito. Questa assoluta separazione dalla
casa paterna veniva da Greci espressa simbolicamente
con il bruciare dinanzi alla casa del marito
l’adorno carro che gli conduceva la sposa e i di lei
beni.
In modo diverso procedettero le cose in quei
paesi e in quelle regioni, sterili per natura, ove l’alimentazione
della popolazione presentava speciali
difficoltà.
Così ad esempio presso i popoli dell’altipiano del
Tibet, ove si è introdotto la poliandria, eccezione
fatta per i capi. Qui tutti i fratelli di una famiglia
hanno una donna soltanto. Qui l’infanticidio è frequente,
e diviene una specie di legge naturale, poiché
fra le popolazioni a regime di poliandria [ relazione
matrimoniale di una donna con più uomini] i
nati maschi prevalgono, e così viene in certa guisa
perpetuata la condizione esistente.
La poliandria è in vigore anche fra gliAlaiti e gli
Esquimesi, dunque nei paesi della zona glaciale, all’opposto
della poligamia che si incontra specialmente
nei paesi a clima caldo.
Ma, nonostante lo sviluppo della proprietà privata,
rimase in vigore, ancora per lungo tempo, la
proprietà più o meno comune della tribù, della comunità
o dello stato; così in Roma come fra i germani,
gli Slavi, ecc. Generalmente erano proprietà comuni
i boschi, le acque e i pascoli, mentre il terreno
coltivabile veniva di quando in quando diviso in lotti
secondo il numero dei capi di famiglia.
Ma per effetto dei mutati rapporti ereditari le figlie
erano escluse dalla ripartizione. Si teneva conto
soltanto dei figli. Perciò le figlie rappresentavano un
valore minore, e quindi la nascita d’un figlio veniva
considerata con un occhio diverso di quello con cui
si guardava la nascita d’una figlia. Soltanto fra gli
Incas del Peru e presso alcune altre popolazioni la
figlia riceveva un mezzo lotto (27).
D’altra parte, presso le popolazioni che, come i
Germani, si reggevano già nei tempi storici a monogamia,
un’altra istituzione condusse a gravi inconvenienti.
L’usanza che i figli ricevessero dalla comunità
il loro lotto non appena maritati, indusse
spesse volte i padri a maritare i loro figlioli ancora
minorenni, di dieci o dodici anni, a donne puberi.Ma
siccome in tali condizioni una vera vitamatrimoniale
era impossibile, il padre, abusando della autorità paterna,
subentrava al figliolo in qualità dimarito (28).
Vedremo subito a quale degenerazione delle condizioni
di famiglia ciò dovesse condurre. La «castità
dei rapporti» nel matrimonio dei nostri maggiori è
una mera favola, come è favola molto di ciò che si
narra di quei tempi.
La figlia, finché restava nella casa paterna, dove-
(25) Agnatizio: relativo all’agnazione, ossia la legame di
parentela da parte deimaschi, cioè tra i discendenti dello stesso
padre, e tenuto conto della sola linea maschile.
(26) Fratria: nell’antica Grecia era l’associazione dei membri
di famiglie discendenti dallo stesso capostipite, con fini di
tutela della vita, dei beni, dell’onore dei componenti. Imembri
della fratria combattevano insieme in guerra e avevano culti
propri; con l’affermarsi dello Stato, la fratria mantenne funzioni
religiose.
(27) Cfr. Laveleye, L’origine della proprietà. Traduzione
del dottor Bücher (Nota diA. Bebel). Emile de Lavelaye, economista
belga, esponente del socialismo cristiano, scrisse diverse
opere, tra cui Propriété et ses formes primitives, Alcan,
Paris 1891.
(28) Cfr. Laveleye, L’origine della proprietà, cit.(Nota di
A. Bebel).
26
va guadagnarsi col lavoro il proprio sostentamento;
quando essa abbandonava la casa per andare sposa
non poteva pretendere più nulla e diventava come
straniera di fronte alla propria famiglia
Tale stato di cose esisteva nell’India, in Egitto, in
Grecia, a Roma, in Germania, in Inghilterra, nel
regno degli Atzechi e degli Incas, ecc. E tale si conserva
anche oggidì nel Caucaso, in molte regioni
della Russia e dell’India dove si èmantenuta l’antica
comunione di famiglia sulla base della discendenza
dal padre. Se il defunto non lasciava figli o figli di
fratelli, il suo patrimonio non ritornava alla figlia,ma
alla comunità. Non è che più tardi che spetta alla
figlia il diritto ereditario sui mobili di casa, sull’armento,
o che le viene concesso un corredo; e più
tardi ancora essa acquista il diritto di ereditare beni
immobili.
Nei primi secoli dopo la fondazione di Roma, le
donne romane erano quasi spoglie d'ogni diritto.
Trovavansi nell'identico stato di oppressione che in
Grecia. Le cose mutarono a poco a poco soltanto
più tardi, ed esse acquistarono maggiore libertà, se
non giuridicamente, almeno socialmente.
Ciò per Catone il vecchio era argomento di lagni:
se ogni padre di famiglia procurasse, secondo
l'esempio dei maggiori, di tenere la sua donna nella
debita sommissione, evidentemente non ci sarebbe
da preoccuparsi tanto di tutto il sesso (29)
Sotto il governo imperiale [di Roma], la donna
acquistò il diritto di ereditare, ma rimase sempre
minorenne e di nulla poteva disporre senza il tutore.
Finché viveva il padre, la tutela era esercitata da lui,
anche se la figlia era maritata, oppure egli le nominava
un tutore. Morto il padre, entrava come tutore
il più prossimo parente maschio, anche se incapace
come agnato. Il tutore aveva il diritto di incaricare
della tutela, quando gli piacesse, un terzo a lui benvisto.
La donna romana davanti alla legge non aveva
volontà propria; soltanto l’uomo aveva il diritto di
domandare la separazione.
Cresciuta la potenza e la ricchezza di Roma, presero
il posto dell’antica severità di costumi i vizi e la
dissolutezza. Roma diventò il centro della crapula
(30) e della raffinatezza dei sensi. Crebbe il numero
dei postriboli e di pari passo si diffuse sempre maggiormente
tra i maschi l’amor greco. Vi fu un’epoca
in cui a Roma il numero degli uomini che si prostituivano
era più grande di quello delle donne che si
dedicavano alla prostituzione.
I pervertimenti sessuali e le dissolutezze crebbero
così a Roma come in tutto l’impero a un punto
tale, da formare un pericolo per l’esistenza dello
Stato. Divorzio e sterilità divennero generali fra le
classi dominanti. Gli eccessi e il libertinaggio degli
uomini provocarono un eguale comportamento anche
fra le donne, e per sfuggire alle pene severe
comminate dalle leggi contro l’adulterio della donna,
le dame romane si vendicavano facendosi iscrivere
nei registri degli edili, ai quali spettava la vigilanza
sulla prostituzione. Il libertinaggio, le guerre civili e
il sistema dei latifondi causarono un tale aumento di
celibi e una sì grande diminuzione di nascite, che il
numero dei cittadini e dei patrizi romani scemò notevolmente;
perciò nell’anno 16 a.C. l’imperatore
Augusto emanò la cosiddetta legge Giulia (31) che
premiava la prolificazione e comminava delle pene
contro il celibato dei cittadini e dei patrizi romani. Il
numero crescente degli schiavi e degli stranieri e la
diminuzione dei cittadini romani destò la massima
inquietudine. Chi aveva figli, aveva pure la preferenza
in confronto di coloro che non ne avevano o dei
celibi. A questi ultimi non spettava alcuna eredità,
eccetto quella dei loro prossimi parenti; chi non
aveva figli poteva ereditare soltanto la metà; il resto
andava allo Stato. Su ciò Plutarco osserva: «i Romani
non si maritavano per avere eredi, ma per ereditare
».
Più tardi la legge Giulia venne ancora inasprita.
Tiberio prescrisse che nessuna donna, il cui nonno,
padre o marito fosse stato cavaliere romano, potesse
vendersi per denaro. Le donne maritate che si
facevano iscrivere sul registro delle prostitute dovevano
venire bandite dall’Italia come adultere.
Naturalmente per gli uomini non c’erano le stesse
pene.
Nell’epoca imperiale il matrimonio veniva conchiuso
in diverse forme. La prima, e più solenne,
aveva luogo davanti al gran sacerdote, alla presenza
di almeno 10 testimoni, e gli sposi, in segno del
vincolo, mangiavano insieme una focaccia composta
di farina, sale e acqua. La seconda forma era la
«presa di possesso», che si considerava come avvenuta
quando una donna, consenziente il padre o il
tutore, conviveva per un anno sotto il tetto del marito
insieme a lui. La terza forma era una specie di
compera reciproca, onde gli sposi si scambiavano
delle monete e la promessa matrimoniale.
Presso i Giudei, il matrimonio era già consacrato
dalla religione fin dai primi tempi, ma la donna non
aveva il diritto di scelta; era il padre che le fissava lo
sposo. Si legge nel Talmud (32): «Quando tua figlia
è in età da marito, dona la libertà ad un tuo schiavo
e maritala a lui». Presso gli Ebrei il matrimonio era
considerato come un dovere (Crescete e moltiplicate).
Perciò la razza ebrea, malgrado tutte le persecuzioni
ed oppressioni, è aumentata sempre. Gli Ebrei
(29) Laveleye: L'origine della proprietà (Nota di A. Bebel).
(30) Crapula: gozzoviglia.
(31)Augusto, il figlio adottivo di Cesare, apparteneva per
adozione alla Gens Iulia; di qui il nome di Giulia dato alla legge
(Nota di A. Bebel).
(32) Talmud: raccolta di trattati giuridici e religiosi che
costituiscono l’esegesi della Mishnach, alla luce dell’halakhah
e dell’haggadah. E’ raccolto in due redazioni: il Talmud palestinese,
risalente ai secoli IV-V, in aramaico occidentale e il
Talmud babilonese, di più vasta diffusione, in aramaico orientale,
risalente al secolo V. Arricchito di commenti, costituisce
testo base dell’ebraismo ortodosso. La Mishnach è la legge
orale ebraica, formatasi attraverso il lavoro, di esegesi della
Bibbia nell’ambito delle scuole rabbiniche e codificata da Rabbi
Giuda (o Giuda il Santo, sec.II-III) nell’accademia di Bet Shearim
in Galilea, che elaborò materiale di precedenti raccolte.
Essa è composta di 63 trattati, divisi in sei sezioni (preghiera e
27
sono i nemici giurati del maltusianismo (33).
E Tacito così ne parla: «Fra loro regna una tenace
coesione e una premurosa liberalità, ma provano un
odio ostile contro tutti gli altri. Non mangiano, non
dormono con nemici e, sebbene estremamente sensuali,
si astengono dall’accoppiarsi con donne straniere…
ma fanno aumentare la popolazione. E’ per
essi peccato l’uccidere uno dei nati dopo la morte
del padre: e tengono per immortali le anime di coloro
chemorirono in battaglia o giustiziati.Di qui l’amore
alla moltiplicazione e il disprezzo della morte».
Tacito odia e aborre gli Ebrei, perché disprezzando
la loro religione paterna (la religione dei gentili),
ammassano doni e tesori. Li chiama “gli uomini più
malvagi” ed un “popolo abominevole” (34).
Mentre gli Ebrei sotto la signoria romana furono
obbligati a stringersi sempre più fortemente gli uni
agli altri, ementre nel lungo periodo di persecuzione
che da allora, e quasi per tutto ilmedio evo cristiano,
ebbero a soffrire, si rafforzò quella vita intima di
famiglia che può servire di esempio alla odierna società
civile, nella società romana si compiva il processo
di decomposizione e dissoluzione.
Alla dissolutezza che spesso confinava con la
pazzia, si contrappose, come altro estremo, la più
rigorosa continenza. L’ascetismo assunse le forme
religiose che prima aveva assunto il libertinaggio, e
il fanatismo più entusiastico gli faceva propaganda.
La crapula e la lussuria avevano rotto ogni freno,
e formavano il più crudo contrasto col bisogno e la
miseria deimilioni e milioni che Roma conquistatrice
aveva tratti in Italia da tutti i paesi del mondo
allora conosciuto.
Tra questi c’era anche un numero sterminato di
donne che, divise dal focolare domestico, dai genitori
o dal marito, strappate ai figli, versavano nella
più profonda miseria e tutte anelavano al riscatto. E
in condizioni di poco migliori si trovavano innumerevoli
donne romane; sicché avevano le stesse aspirazioni
e qualunquemutamento nella loro condizioni
sarebbe stato per esse il benvenuto. Oltre a ciò la
conquista di Gerusalemme e del regno di Giuda per
opera dei romani, ebbe per effetto la distruzione di
ogni indipendenza nazionale, e produsse fra le sette
ascetiche di quel paese dei visionari che annunziavano
l’avvento di un nuovo regno che avrebbe apportato
a tutti libertà e felicità.
Sorse il Cristianesimo. Esso personificò l’opposizione
contro ilmaterialismo bestiale dominante fra
i grandi e i ricchi dell’impero romano, rappresentò
la ribellione contro il disprezzo e l’oppressione delle
masse; ma cadde nell’estremo opposto, predicando
l’ascetismo. Sorto in un tempo che non riconosceva
alcun diritto alla donna, considerandola sotto un
falso aspetto come l’origine prima dei visi dominanti,
esso predicò il disprezzo della donna. Nelle sue
inumane dottrine insegnava l’astinenza e la mortificazione
della carne. Ma colle su frasi ambigue relative
a un regno celeste e ad uno terreno, trovò un
sottosuolo fecondo nel terreno paludoso dell’impero
romano. La donna, come tutti i miseri, sperando
nella sua redenzione, lo abbracciò subito con fervore.
Tuttavia fino ad oggi si può dire che non si è
compiuto nel mondo nessun importante movimento
a cui anche le donne non abbiano partecipato attivissimamente
come combattenti e come martiri. Coloro
quindi chemagnificano il cristianesimo come una
grande conquista della civiltà, non dovrebbero dimenticare
che furono appunto le donne alle quali
esso va debitore di una gran parte del suo successo.
Il loro zelo per la conversione fu di grande efficacia
nell’impero romano nei primi tempi del cristianesimo,
e fra i popoli barbari nel medio evo, e per loro
mezzo i più potenti vennero convertiti. Ricordiamo
fra le altre Clotilde, che indusse Clodoveo, re dei
Franchi, ad abbracciare il cristianesimo; e Berta,
regina di Gand, e Gisella regina d’Ungheria, che lo
introdussero nei loro Stati. Si deve pure all’influenza
della donna la conversione del duca di Polonia e dello
czar Iarislao e di molti altri grandi.
Ma il cristianesimo ricompensò male la donna.
Esso nelle sue dottrine dimostra per essa lo stesso
disprezzo che le dimostrano tutte le religioni dell’Oriente;
le impone di essere la serva obbediente
dell’uomo cui, anche oggidì, essa deve promettere
obbedienza davanti all’altare.Vediamo come la Bibbia
ed il cristianesimo parlano della donna e del matrimonio.
Già nella storia della creazione viene imposto alla
donna di essere sottomessa all’uomo. Nella scena
del paradiso. È la donna che seduce l’uomo ed ha la
colpa della cacciata dal paradiso. Si vede che i libri
di Mosè furono scritti in un tempo in cui l’uomo era
già diventato padrone. I dieci comandamenti dell’antico
testamento sono rivolti all’uomo; soltanto
nel nono comandamento la donna viene nominata
insieme ai servi e agli animali domestici, e l’uomo
viene avvertito di non lasciarsi tentare né dalla donna
del prossimo, né dal suo servo, né dalla sua domestica,
né dai buoi né dagli asini, e da tutto ciò che il
prossimo possiede. Qui dunque la donna appare
come un oggetto; essa era un brano di proprietà che
l’uomo acquistava o contro una somma di denaro o
contro prestazione di servizi. Gesù, che appartiene
a una setta che si era imposta il più rigoroso ascenorme
di agricoltura, ricorrenze, matrimonio, diritto civile e
penale, culto, norme sulla purità). Halakhah, in ebraico significa
“via, norma”. Nella tradizione ebraica costituisce la parte
normativo-giuridica contenuta nella Torah (in ebraico “legge,
insegnamento”, costituita dai primi cinque libri della Bibbia, o
Pentatéuco - Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio)
e codificata nel Talmud; applicata inmaniera vincolante a
tutti gli aspetti della vita del singolo e della collettività, costituisce
la base dell’ortodossia pratica ebraica. Haggadah, in ebraico
significa “racconto”. Nella letteratura rabbinica, l’insieme di
racconti, parabole, proverbi e simili a scopo edificante, derivante
dalla tradizione orale e incorporato nel Talmud.
(33) Maltusianismo: teoria ispirata da T. R. Malthus –
economista britannico, pastore anglicano, 1766-1834 - secondo
la quale per assicurare il benessere dell’umanità sarebbe
necessario applicare misure di controllo delle nascite esercitato
con la continenza.
(34) Tacito, Storie, libro 5. (Nota di A. Bebel).
28
tismo (astinenza) e l’autoevirazione (35), interrogato
dai suoi discepoli se fosse bene pigliar moglie,
risponde: «Non tutti comprendono la parola,ma soltanto
quelli ai quali è dato; imperocché vi sono evirati
che così uscirono dall’utero materno, ve ne
sono di quelli che vennero evirati dagli uomini; altri
poi si sono evirati da sé per ottenere il regno dei
cieli» (36). L’evirazione dunque, stando a queste
parole, è opera gradita a Dio e la rinunzia all’amore
e al matrimonio è un’opera buona.
E Paolo che può essere chiamato più che lo stesso
Gesù il fondatore del cristianesimo e che fu il
primo a dare caratteri internazionali a questa dottrina
e la sottrasse alle sette giudaiche, predicava: «Il
matrimonio è una condizione infima; maritarsi è
bene, ma non maritarsi è meglio», …«Vivi nello
spirito e resisti agli stimoli della carne…». «Coloro
che furono guadagnati da Cristo, hanno mortificato
la loro carne insieme alle loro passioni e ai loro
appetiti».
Egli stesso seguì le sue dottrine e non contrasse
matrimonio. Quest’odio contro la carne e l’odio
contro la donna, che viene rappresentata come la
seduttrice dell’uomo (veggasi la scena del Paradiso).
In questo senso predicavano gli apostoli e i
padri della chiesa ed in questo senso operò la Chiesa
in tutto il medio evo, creando chiostri e introducendo
il celibato dei preti, ed anche oggi essa conserva
lo stesso indirizzo.
La donna, secondo il cristianesimo, è la impura,
la seduttrice che portò il peccato nel mondo e trasse
l’uomo a rovina. Perciò gli apostoli e i padri della
Chiesa considerarono sempre ilmatrimonio soltanto
come un male necessario, come oggi si considera la
prostituzione. Tertuliano esclama: «Donna tu dovresti
sempre menar vita misera, e triste, con gli
occhi pieni di lagrime di pentimento, per far dimenticare
che fosti tu a condurre in rovina il genere
umano. Donna! tu sei la porta dell'Inferno!».
S. Girolamo dice: «Il matrimonio è sempre un
peccato; tutto ciò che si può fare è di scusarlo e
santificarlo» – perciò se ne fece un sacramento della
chiesa.
Origene dichiara: «Il matrimonio è qualche cosa
di impuro e di irreligioso; stromento di piaceri sensuali
» e per resistere alla tentazione si evirò. – Tertulliano:
«Il celibato deve essere preferito quand'anche
il genere umano perisca». S. Agostino: «I celibi
risplenderanno in cielo come lucenti stelle, mentre i
loro genitori che li procrearono somiglieranno ad
astri senza luce». S. Eusebio e S. Gerolamo concordano
nell’affermare che l’espressione della Bibbia:
«Crescete e moltiplicatevi» non risponda più ai tempi
e la donna cristiana non se ne debba curare. Si
potrebbero citare ancora cento dei più illustri luminari
della chiesa i quali insegnavano allo stesso
modo e predicando di continuo diffusero quei principi
contrari alla natura sulle questioni sessuali e
sull’accoppiamento fra i due sessi, che pure è un
precetto naturale e il ,cui adempimento costituisce
uno dei doveri più importanti del compito della vita.
L’odierna società è ancora gravemente malata di
queste dottrine, e se ne rimette solo a rilento.
San Pietro apostrofa le donne energicamente
così: «Donne, siate obbedienti all’uomo». San Paolo
scrive agli Efesi: «L’uomo è il signore della donna,
come Cristo della Chiesa», e ai Corinti: «L’uomo è
l’immagine e la gloria di Dio, e la donna è la gloria
dell’uomo».
A questa stregua ogni minchione d’uomo può
tenersi migliore della donna più distinta, e infatti in
pratica anche oggi è così. San Paolo alza pure la sua
voce autorevole contro una più elevata educazione
ed istruzione della donna, dicendo: «Non si permetta
a una donna di educarsi od istruirsi, essa deve ubbidire,
servire e stare tranquilla».
Tali dottrine non erano proprie soltanto del cristianesimo.
Come questo è unamiscela di giudaismo
e di filosofia greca, e questa ha a sua volta le proprie
radici nelle più antiche civiltà degli Egizi, deiBabilonesi,
degli Indi; così la posizione subordinata fatta
dal cristianesimo alla donna era stata comune ad
ogni antica civiltà umana. Ogni rapporto di dominio
contiene la degradazione dei dominati. E questa
posizione subordinata della donna si è conservata
fino ad oggi in Oriente, ove la civiltà non raggiunse
che un mediocre sviluppo, più assai che nella cristianità.
Non fu il cristianesimo che migliorò a poco
a poco la condizione della donna, ma la civiltà progredente
dei paesi occidentali, malgrado il cristianesimo.
Il cristianesimo non ha proprio nessun merito se
oggi la condizione della donna è più elevata di quella
che era al tempo della sua origine. Esso, nei riguarda
della donna, ha solamente, nolente o costretto, rinnegato
la sua vera natura.
I fanatici della «missione redentrice del cristianesimo
», in questo caso come in molti altri riguardi,
sono certo di diverso avviso. Essi sostengono che il
cristianesimo ha redento la donna dall’antica servitù,
e si appoggiano soprattutto sul culto di Maria
madre di Dio sorto più tardi nel cristianesimo, culto
che serve per il sesso femminile come tale. Al contrario
la chiesa cattolica, che fino ad oggi di questo
culto ebbe cura, dovrebbe protestare decisamente.
I santi e i padri della Chiesa già citati, e dei quali
sarebbe agevole riferire molti altri brani, e tra essi i
primi e i più grandi collettivamente e individualmente,
si mostrano avversari della donna e del matrimonio.
Il Concilio diMacon, che discusse nelVI secolo
la questione se la donna ha un anima o non l’ha, si
esprime sfavorevolmente sulla intelligenza della
donna.
L’introduzione del celibato ad opera di papaGregorio
VII (37), il furore di una parte dei riformatori,
35) Mantegazza, L’amore nell’umanità (Nota di A. Bebel).
Probabilmente si tratta di Paolo Mantegazza, Gli amori
degli uomini, 2 voll.,Milano 1886.
(36)Matteo [evangelista]: cap. 19, ver. 11 e 12 (Nota diA.
Bebel).
(37) Fu un provvedimento del quale i parroci, fra gli altri,
della diocesi di Magonza si dolsero in questi termini: Voi vescovi
e abati possedete grandi ricchezze, una tavola principe29
e specialmente di Calvino e dei riformatori della
chiesa scozzese e dei preti contro i «piaceri della
carne», e soprattutto il «Libro dei libri», la Bibbia
nelle sue numerose espressioni sfavorevoli alla donna
e all’uomo, insegnano il contrario.
La chiesa cattolica introducendo il culto diMaria
poneva, con astuto calcolo, il suo proprio culto della
dea, in luogo del culto pagano delle dee, che esisteva
presso tutti i popoli tra i quali si diffuse il cristianesimo.
Maria fece le veci di Cibale,Militta,Afrodite,
Venere, Cerere ecc. dei popoli meridionali; di Edda,
Troia ecc. dei popoli germanici; solamente essa
venne idealizzata spiritualmente e cristianamente.
Le popolazioni primitive, fisicamente sane, rozze
ma incorrotte, che nei primi secoli della nostra era,
come flutti immani s’avanzarono dall’Est e dal
Nord, e inondarono il floscio impero romano dove
il cristianesimo a poco a poco dominava da signore,
resistettero con tutte le forze alle dottrine ascetiche
dei predicatori cristiani, e questi bene o male dovettero
tenere conto di queste nature sane. I Romani si
accorsero con stupore che i costumi di quei popoli
erano molto diversi dai costumi loro. Tacito riconobbe
tale fatto, esprimendosi sui tedeschi così: «I
loro matrimoni sono rigorosissimi, e nessuna usanza
è più encomiabile di questa, perché essi sono
quasi i soli barbari che si appagano di una donna; di
adulterî non si ode parlare quasimai; e se avvengono
sono puniti subito, giudici gli stessi mariti. Il marito
caccia fuori del villaggio la moglie adultera, coi capelli
tagliati, ignuda, davanti ai parenti; perché l’offesa
recata alla costumatezza non trova indulgenza.
Una donna infedele non trova alcuno che la soccorra
né per pregi di bellezza, di gioventù o di ricchezza.
Ivi nessuno ride del vizio, né il sedurre o l’essere
sedotto vi è considerato come un’occupazione della
vita. I giovani si ammogliano tardi e quindi conservano
le loro forze; anche le fanciulle non vanno a
marito troppo presto, e quindi fiorenti di giovinezza
e fisicamente robuste si accoppiano ad uomini
egualmente forti, della stessa età, e il vigore trapassa
di padre in figlio».
Non bisogna dimenticare che Tacito ha dipinto le
condizionimatrimoniali degli antichiGermani a troppo
rosei colori e senza conoscerle forse abbastanza
intimamente, allo scopo di additarle ad esempio ai
Romani. E’ vero che l’adultera veniva punita severamente
presso i Germani, ma non era lo stesso per
l’adultero. Ai tempi di Tacito la gens era ancora in
fiore fra i Germani. Egli stesso, al quale dovevano
apparire strani e incomprensibili – dato il progresso
dei rapporti domestici fra i romani – la vecchia costituzione
gentilizia e i suoi principi, egli stesso narra
stupito che presso i Germani il fratello della madre
considerava il nipote come un figliuolo, ed anzi alcuni
ritenevano che il vincolo di sangue fra zio materno e
nipote fosse più sacro e stretto di quello fra padre e
figlio, sicché tutte le volte che si chiedevano gli ostaggi,
il figlio della sorella rappresentava una garanzia
maggiore di quella che poteva offrire il proprio figliuolo.
Su di che Engels osserva: Se dai compagni di
una gens veniva dato il figlio in garanzia delmantenimento
di una promessa e se egli, per effetto della
violazione del patto da parte del padre, restava vittima,
il padre non doveva intendersela che con se stesso.
Ma se era il figlio di una sorella che veniva sacrificato,
allora restava offeso il più sacro diritto gentilizio.
Il più prossimo parente gentilizio, obbligato a
proteggere primo d’ogni altro il fanciullo o il giovane,
era colpevole della suamorte; egli o non doveva darlo
in pegno o doveva tenere il patto (38).
Del resto, ai tempi di Tacito, il diritto materno
aveva già, secondo Engels, ceduto il posto al diritto
paterno.
I figli ereditavano dal padre; mancando i figli ereditavano
i fratelli e gli zii paterni e materni. L’ammissione
del fratello della madre, malgrado il diritto paterno,
dipendeva da ciò, che l’antico diritto era sparito
appena da poco. Il ricordo di questo diritto antico
fu il motivo per il quale a Tacito parve che il rispetto
dei Germani verso il sesso femminile riuscisse pressoché
incomprensibile ai Romani. I Tedeschi si distinguevano
anche per quell’invincibile coraggio che,
secondo le osservazioni di Erodoto e di altri antichi
scrittori, animava tutti gli uomini che si reggevano a
diritto materno. La difesa delle donne è per essi tutto
ciò che di più nobile ed elevato si conosca; il pensiero
che le loro donne cadessero prigioniere o schiave è il
più spaventoso che essi possano concepire e li spinge
alla più viva resistenza. La donna è per essi sacra e
inviolabile; il suo consiglio ha un valore speciale e
perciò anche le donne sono sacerdotesse o profetesse.
Ai tempi di Tacito i Tedeschi avevano già dimore
fisse; la ripartizione del suolo aveva luogo ogni anno
e continuava pure a sussistere la comproprietà dei
boschi, delle acque e dei pascoli. Il loro regime di vita
era ancora semplicissimo; la loro ricchezza principale
il bestiame; i loro abiti, molto primitivi, consistevano
in rozzimantelli di lana, in pelli di animali; le donne e
gli ottimati (39) avevano sottovesti di lino. La lavorazione
deimetalli era in uso soltanto presso le tribù che
abitavano troppo lontano per l’importazione dei prodotti
dell’industria romana.Negli affari di piccola importanza
giudicava il consiglio dei capi; nei più gravi
l’assemblea del popolo. I carpi erano elettivi, ed anzi
erano per lo più di una stessa famiglia,ma il passaggio
al diritto paterno favorì l’ereditarietà delle cariche e
condusse alla fine alla fondazione di una nobiltà, dalla
quale derivò più tardi la dignità reale. Come inGrecia
e aRoma, così anche inGermania, con l’introduzione
e col crescere della proprietà privata, con lo sviluppo
delle arti e del commercio e col mescolarsi di razze e
popoli diversi, la gens scomparve. In luogo suo venne
una confederazione o unione di comunità, il consorsca,
sontuosi equipaggi di caccia; noi poveri preti, per nostro
conforto, non abbiamo che una donna. La continenza sarà una
bella virtù, ma in verità essa è dura e molesta. Yves Guyot: Le
teorie sociali del cristianesimo, II edizione, Parigi (Nota diA.
Bebel).
(38) Engels: Le origini della famiglia, ecc. (Nota di A.
Bebel).
(39) Ottimate, nel mondo classico, era il cittadino potente
per nobiltà, dignità o ricchezza materiale.
30
zio delleMarche (40) che per molti secoli formò l’organizzazione
democratica di un libero stato di contadini,
fino a che esso soggiacque a poco a poco nelle
lotte coi principi, con la nobiltà e con la chiesa, cadde
in stato di sudditanza e servitù e segnò il formarsi del
feudalesimo.
Nella comunione delle Marche, capo supremo
della famiglia era il legittimo signore; venivano dietro
di lui i membri di sesso maschile. Le donne, le figlie
e le nuore erano escluse dal consiglio e dal governo.
Erano passati i tempi in cui le donne avevano la direzione
degli affari delle tribù, fatto questo che aveva
sorpreso altamente Tacito e che egli riferisce con
parole di aborrimento e di disprezzo.
La legge salica (41) nel V secolo dell’era nostra
abolì espressamente la successione ereditaria del sesso
femminile quanto all’eredità patrimoniale della famiglia,
e lo spirito di questa legge dominò per secoli.
Ogni membro della Marca aveva diritto, come dicemmo
poc’anzi, ad una parte dei fondi comuni.
Quando un giovane simaritava riceveva il suo lotto di
fondi e se gli venivano dei figli acquistava nuovamente
il diritto ad una porzione di terreno. Vigeva pure
generalmente il costume che i giovani sposi ricevessero
speciali concessioni per la fondazione della loro
famiglia, per esempio un carro di legna di faggio e la
legna per la casa. I vicini prestavano la loro opera
volonterosi per le condutture e per digrossare legnami
e nella costruzione degli attrezzi domestici ed agricoli.
Nascendo una figlia, i genitori di lei avevano
diritto ad un carro di legna; se il neonato era invece
maschio, a due carri. Da ciò si vede che la donna
valeva soltanto la metà del maschio.
La conclusione delmatrimonio era semplice. Non
si trattava di un rito religioso, bastava la dichiarazione
delle due volontà e il matrimonio era conchiuso non
appena la coppia era entrata nel letto nuziale. L’usanza
che ilmatrimonio, per essere valido, abbisognasse
di un atto della chiesa, sorse soltanto nel IX secolo e
non fu che nel XVI secolo che il matrimonio fu dichiarato
dal Concilio di Trento un sacramento ecclesiastico.
Col sorgere dello Stato feudale, la condizione sociale
di un gran numero di queste comunità peggiorò.
I capitani vittoriosi si erano impadroniti di grandi possessioni
che sino allora erano del popolo, ed alla loro
volta le diedero in dono a quelli del loro seguito, agli
schiavi, ai servi, aglio emancipati, tutti per lamaggior
parte di origine straniera. In tal modo i capitani si
crearono una nobiltà di corte e di toga che dipendeva
dalla loro volontà e prestava loro aiuto nell’attuazione
dei loro progetti. Siccome la formazione di un grande
impero quale i re Franchi avevano attuato, dimostrò
insufficiente anche dal punto di vista politico la vecchia
costituzione gentilizia, così al posto del consiglio
dei capi subentrarono i sottocondottieri dell’esercito
e la nuova nobiltà.
La gran massa dei contadini liberi, possessori di
fondi, fu fiaccata e depressa dalle continue guerre di
conquista e dalle discordie dei grandi, cosicché si
trovarono nell’impossibilità di soddisfare più oltre all’obbligo
di costituire l’esercito. Successero in loro
luogo le genti addette al servizio dei grandi, che miravano
a salire e che, per lo più, erano stati contadini;
questi ultimi, incapaci di opporre resistenza ai continui
saccheggi, si erano posti sotto la protezione dei
grandi o della Chiesa, che aveva capito che sarebbe
divenuta in pochi secoli una potenza considerevole.
Ma, dopo che essi ebbero affidata la proprietà loro
ai protettori, la ricevettero di ritorno da essi soltanto
sotto forma di beni livellari (42), con l’obbligo della
prestazione di tasse e servizi che un po’ per volta
assunsero le più svariate forme e che diventarono nel
corso del tempo sempre più numerose e opprimenti.
Soggezione e schiavitù guadagnarono in estensione.
Il signore si arrogò a poco a poco la facoltà di
disporre quasi illimitatamente dei suoi servi e schiavi;
a lui spettava ora il diritto di costringere almatrimonio
ogni uomo di diciotto anni e ogni donna di quattordici.
Egli poteva prescrivere all’uomo lamoglie, alla donna
il marito. Eguale diritto aveva sulle vedove e sui vedovi.
Aveva anche il cosiddetto jus primae noctis
(43), al quale poteva rinunciare contro pagamento di
una data tassa che rivelava già col nome la sua natura
(bocca del letto, scellino della camicia, tributo della
vergine, tassa del grembiule, ecc.).
Questo diritto della prima notte venne discusso
più volte.
Può darsi che per alcuni sia molto incomodo, perché
esisteva ancora in un’epoca che vienemagnificata
volentieri come esemplare sotto l’aspetto del cosiddetto
buon costume e della pietà. Si è già visto che
questo jus primae noctis è l’ultimo avanzo di una
usanza che si collega al tempo del diritto materno,
quando tutte le donne di una gens erano le mogli di
tutti gli uomini della stessa gens.
Con la scomparsa della gens, continua a mantenersi
l’uso di abbandonare la sposa agli uomini del
consorzio domestico la notte del matrimonio; ma il
diritto va limitandosi nel corso del tempo e passa alla
fine nel capo della stirpe o nel sacerdote, come pratica
dio un atto religioso; ma si conserva poi dai feudatari
come espressione del loro potere sulle persone
(40) LaMarca, a partire dal periodo carolingio – dalla metà
del sec. VIII alla fine del sec. X – era un territorio che per la sua
posizione di confine era sottoposto ad una particolare giurisdizione;
era affidata a un funzionario con poteri civili e militari,
detto marchese, la cui carica inizialmente temporanea, finì col
diventare irrevocabile ed ereditaria.
(41) La legge salica era una raccolta di consuetudini giuridiche
dei franchi salii (gli antichi franchi), la cui prima compilazione
risale ai tempi di Clodoveo (466-511), remerovingio. Era
essenzialmente una raccolta di norme di carattere penale, ma è
nota soprattutto per la particolare disposizione che escludeva
le donne dalla successione della proprietà fondiaria, dalla quale
fu derivato il principio che escludeva le donne dalla successione
dinastica al trono.
(42) Livello: era detto un contratto agrario, adottato diffusamente
appunto nel Medio Evo, per il quale una terra veniva
concessa in godimento per un certo periodo di tempo e a determinate
condizioni. Bene livellare: bene, in questo caso la terra,
sottoposto a contratto agrario livellare.
(43) Il diritto del signore di giacere la prima notte di
matrimonio con ogni donna, dai quattordici anni in su, appena
maritata.
31
e viene esercitato a loro talento o effettivamente,
ovvero vi rinunziano contro prestazioni in natura o in
danaro.
Sugenheim(44) nota che l'jus primae noctis come
diritto generalmente esercitato dal signore feudale,
derivava dal fatto che il signore dovea dare il consenso
al matrimonio. E fu per questo che, secondo lui,
a Bèarn tutti i primogeniti di un matrimonio in cui era
stato esercitato l'jus primae noctis, erano liberi.
Più tardi codesto diritto si poteva affrancare mediante
una tassa. A questa ci tennero tenacementa,
secondo Sugenheim, i vescovi diAmiens, fino al principio
del quindicesimo secolo. Nella Scozia, re Malcom
III lo rese parimenti affrancabile mediante il
pagamento di una tassa, ma in Germania durò ancora
più a lungo. Giusta il catasto del monastero svevo di
Adelberg dell'anno 1496, gli schiavi domiciliati a
Börtlingen si affrancavano in questo modo dal diritto
in questione: lo sposo, mediante prestazione di una
data misura di sale; la sposa, mediante il pagamento
di una libbra e sette scellini in danaro o di una scodella
così capace da potervisi sedere dentro. Altrove le
spose dovevano pagare al signore a titolo di riscatto,
tanto cacio o burro in proporzione del peso e del
volume del loro deretano; altrove ancora esse dovevano
dare una seggiola elegante di cordovano, anche
questa così capace da contenere precisamente quella
parte del corpo umano (45).
Welsch, trattando del tribunale supremo d'appello
bavarese, dice che l'obbligo del riscatto dell'jus primae
noctis vigeva inBaviera anche nell'ultimo secolo
(Dello stabilimento e della liberazione daipesi fondiari
a carico dei contadini con ispeciale riguardo alla Baviera,
al Wüttemberg, a Baden, all'Assia, Prussia ed
Austria, Landshut 1848.
Non ci può essere dubbio alcuno che il cosiddetto
diritto della prima notte non solo fu praticato durante
tutto il Medio Evo, ma anche nell’epoca moderna, e
fece parte del codice feudale.
In Polonia, i nobili si arrogavano il diritto di violare
ogni ragazza che loro piacesse, e facean dare cento
colpi di bastone a chi se ne doleva (46). Osserviamo
di passata che questo stato di cose è in vigore ancor
oggi all'E. e al S. E. d'Europa; informino l'Ungheria,
la Transilvania e i Principati Danubiani.
NelMedio Evo imatrimoni si facevamo nell’interesse
del padrone, perché i figli che ne nascevano
diventavano suoi dipendenti come i genitori loro, aumentavano
le sue entrate con l’aumento della manodopera.
Fu appunto perciò che i signori ecclesiastici
e civili favorirono i matrimoni dei loro sudditi. La
cosa prendeva un altro aspetto per la Chiesa nei casi
in cui essa mirava a venire in possesso a titolo di
legato (47), ponendo impedimenti almatrimonio, del
paese e degli abitanti.
Ciò però riguardava quasi esclusivamente quelli
fra i liberi che erano in più basso stato, la cui condizione
era divenuta nel corso del tempo sempre più
insopportabile, per le circostanze già da noi accennate
e che, seguendo spesso i suggerimenti e i pregiudizi
religiosi, cedevano i loro beni alla Chiesa, cercando
protezione e pace entro le mura dei conventi. Altri
proprietari di fondi che si sentivano troppo deboli per
opporsi alla potenza dei grandi signori, si raccomandavano
alla protezione della Chiesa contro prestazione
di certe corresponsioni e servigi. Ma accadeva
spesso che i loro discendenti incontrassero per tale
via la stessa sorte a cui i loro antenati volevano sottrarsi
e cadessero in potere della Chiesa, ovvero questa
se ne facesse dei proseliti per imonasteri per poter
più tardi impadronirsi dei loro beni.
Le città fiorenti avevano nei primi secoli il massimo
interesse a favorire l’incremento della popolazione,
facilitando quant’era possibile la conclusione di
matrimoni. Ma col tempo le circostanze mutarono.
Non appena le città si sentirono potenti e sorse una
classe di lavoratori istruiti ed organizzati, crebbe
l’ostilità contro coloro che venivano a stabilirvisi,
poiché in essi si vedevano soltanto dei concorrenti
molesti. Con l’aumentare della potenza della borghesia
simoltiplicarono le restrizioni e gli ostacoli elevati
contro i neo-arrivati. Tasse di famiglia elevate, esami
diMaestro dispendiosi, limitazione in ogni arte ad un
certo numero di Maestri e lavoranti, costrinsero migliaia
di persone alla servitù, ad una vita fuori del
matrimonio e al vagabondaggio.
Equando passò il tempo della prosperità delle città
e cominciò quello della loro decadenza, le idee limitate
di quel tempo fecero sì che aumentassero gli ostacoli
contro la formazione della famiglia e l’indipendenza.
Si aggiunsero poi altre cause di demoralizzazione.
La tirannia dei signori crebbe di decennio in decennio;
ciò spinse molti loro sudditi a mutare la loro
vita di miseria colmestiere delmendicante, del vagabondo
o del bandito; il che era favorito dai grandi
boschi e dal pessimo stato delle vie di comunicazione.
Oppure si facevano lanzichenecchi (soldati mercenari)
che si vendevano a chi più pagava e offriva
più ricco bottino. Si formò così un numeroso proletariato
di bricconi maschili e femminili che divenne
una vera piaga sociale. La Chiesa contribuì in buona
fede alla corruzione generale. Vi era già nel celibato
dei preti la causa precipua delle dissolutezze sessuali,
e queste furono favorite dalle continue relazioni con
Roma e l’Italia.
Roma non era soltanto la capitale della cristianità
e la residenza del papato,ma fedele al suo passato del
tempo dell’impero era divenuta pure la nuovaBabele,
l’alta scuola europea della scostumatezza, e la corte
papale la sua sede principale. L’impero, cadendo,
aveva lasciato all’Europa cristiana i suoi vizi più che
le virtù. I primi erano stati specialmente coltivati in
(44) Storia della abolizione della schiavitù e della servitù in
Europa (Nota di A. Bebel).
(45)Memminger, Stälin ed altri:Descrizione degli uffici del
Württemberg. Fasc. 20 (Podesteria di Göpingen). Hormayr: I
bavaresi orientali. Nota a pag. 38.Vedi Sugenheim: Storia della
abolizione della schiavitù, ecc., pag. 360 (Nota diA. Bebel).
(46) Sugenheim: Storia della abolizione della schiavitù,
ecc. (Nota di A. Bebel).
(47) Legato: funzionario inviato, per incarico temporaneo,
a rappresentare uno Stato o un sovrano; oggi, solo a proposito
dell’ambasciatore pontificio.
32
Italia, e di là penetrarono in Germania, in specie per
effetto delle relazioni col clero. Questo, smisuratamente
numeroso, formato di uomini vigorosi, i cui
bisogni sessuali venivano aumentati straordinariamente
dalla vita indolente e dissoluta, e che era tratto
a soddisfarli, a motivo del celibato obbligatorio battendo
una via contro natura, portò la scostumatezza
in tutte le classi sociali e costituì nelle città e nelle
campagne una vera peste per la moralità del sesso
femminile. I conventi di frati e di monache spesso
non erano differenti dai bordelli che in questo solo,
che cioè la vita vi era ancor più sfrenata e dissoluta e
molti delitti, specialmente gli infanticidi, potevano
restare tanto più facilmente occulti in quanto che nei
conventi la giurisdizione veniva esercitata soltanto da
coloro che erano a capo di questa corruzione. I contadini
cercavano di porre le loromogli e le loro figliuole
al sicuro dalle seduzioni dei preti col non accettare
alcuno come «padre spirituale» il quale non si obbligasse
a prendere una concubina. Circostanza questa
che determinò un vescovo di Costanza ad imporre ai
parroci della sua diocesi una tassa speciale detta di
concubinaggio. Tali condizioni spiegano il fatto che
nelMedio Evo, che ci viene rappresentato dalla cecità
degli scrittori romantici come pio e costumato, per
esempio nel 1414, ci fossero a Costanza in occasione
del Concilio ivi tenuto, non meno di 1500 meretrici.
Questo stato di cose però non si presenta soltanto
alla caduta del medio evo, ma esisteva già molto prima,
ed era causa incessante di lagnanze e di leggi.Una
di queste, dell'anno 802, suona così:
«I conventi di monache devono essere rigorosamente
custoditi: allemonache è vietato assolutamente
di andar vagando, ma devono essere guardate colla
massima diligenza, nè devono vivere in contese e
dispute fra di loro, nè disobbedire e contravvenire alle
maestre e alle badesse. Se esse poi sono soggette ad
una regola claustrale devono assolutamente osservarla.
Esse non devono fornicare, ubbriacarsi, desiderare
la roba d'altri, ma vivere nella costumatezza e
nella temperanza. Nessun uomo deve entrare nel
convento eccetto che per la messa; e in tal caso egli
deve andarsene tosto finita». Un'ordinanza dell'anni
869 stabilisce: «Se i preti mantengono più donne o
spargono il sangue di cristiani o di gentili o infrangono
le regole canoniche, devono esser privati del sacerdozio,
perchè sono peggiori dei laici».
Ma la condizione delle donne andò sempre più
peggiorando anche per il motivo che, oltre agli ostacoli
di ogni maniera che rendevano difficile la costituzione
della famiglia e ilmatrimonio, il loro numero
superava di molto quello degli uomini. E di questo
devono considerarsi come cause particolari le guerre
e le sfide, come pure i pericoli che presentavano a
quel tempo i viaggi commerciali, la maggiore mortalità
negli uomini in conseguenza dell’intemperanza e
della crapula e la maggiore mortalità dipendete da
questo sistema di vita per effetto di molte malattie
pestilenziali che infuriarono nel corso di tutto ilMedio
Evo. Nel periodo dal 1326 al 1440 si contarono 32
pestilenze; dal 1400 al 1500 quarantuno; dal 1500 al
1600 trenta (48).
Schiere di donne giravano per paesi come ciurmatrici,
cantatrici, suonatrici, in società con gli studenti
e i chierici, inondando le fiere e i mercati e
trovandosi dovunque c’erano adunanze di popolo e
solennità. Nelle truppe dei soldati mercenari v’erano
speciali reparti formati da donne, le quali disimpegnavano
diversi uffici a seconda della bellezza e dell’età,
giusta il carattere del tempo governato a maestranze
e corporazioni, mentre fuori di questa cerchia non
avrebbero potuto darsi a nessuno a scanso di pene
severe. Nei campi esse dovevano trascinare coi carri
fieno, paglia e legna, riempire tombe, stagni e fosse
e aver cura della pulizia: negli assedî dovevano riempire
con frasche, fastelli e fasci d’arbusti le fosse per
facilitare l’assalto, aiutare a collocare in posizione le
artiglierie o se queste affondavano in strade impraticabili
aiutare a trasportarle.
Per ovviare in qualchemodo allamiseria di queste
donne si istituirono inmolte città le cosiddette case di
Dio, dipendenti dall’amministrazione cittadina, dove
esse erano tenute a condurre una vita onesta. Ma né
il numero di questi istituti né imolti conventi erano in
condizione di accogliere tutte quelle che avevano bisogno
di soccorso.
Siccome, giusta le idee del Medio Evo, nessun
mestiere, fosse anche il più spregevole, poteva essere
esercitato senza regole determinate, così fu organizzata
a sistema di corporazione anche la prostituzione.
In tutte le città v’erano postriboli, regalia cittadina o
del sovrano, ed anche dellaChiesa, la cui rendita netta
andava nelle casse rispettive. In questi postriboli le
donne avevano una padrona scelta da esse, la quale
doveva vigilare sopra la disciplina e l’ordine, ma soprattutto
curare gelosamente che le concorrenti non
costituite a corporazione guastassero il mestiere.
Queste, se sorprese, venivano perseguitate con accanimento
e punite giudizialmente. I bordelli godevano
di una protezione speciale: gli schiamazzi in loro vicinanza
venivano puniti più severamente. Le iscritte
nella corporazione avevano pure il diritto di prendere
parte, ordinate in corteo, a quelle processioni e solennità
alla quali intervenivano le maestranze, e non di
rado sedettero allemense dei principi e dei consiglieri.
Per altro, non mancarono, specialmente nei primi
tempi, violente persecuzioni contro le meretrici ad
opera di quegli stessi uomini che esse mantenevano
col loro mestiere e col loro denaro.
Così Carlo il Grosso ordinò che una prostituta
dovesse esser trascinata nuda sulmercato e flagellata
mentre egli stesso "re ed imperatore cristianissimo"
aveva non meno di sei donne in una volta, ed anche
le sue figliuole, sull'esempio del padre, non furono
specchi di virtù. Anzi esse con la loro condotta procurarono
al padre parecchie ore spiacevoli e gli portarono
in casa parecchi figli naturali.Alcuino, amico
e consigliere di Carlo il Grosso, rese attento il suo
scolaro sulle "colombe incoronate che volano di notte
attraverso il Palatinato" parole intese a designare le
(48) Dr. Carlo Bücher: La questione della donna nel medio
evo, Tübingen (Nota diA. Bebel).
33
figlie dell'imperatore.
Gli stessi comuni, che organizzarono ufficialmente
ilmeretricio, che lo presero sotto la loro protezione
e accordarono alle sacerdotesse di Venere ogni maniera
di privilegi, punivano nel modo più crudele e
inumano quelle che cadevano vittima della seduzione.
Le infanticide, che uccidevano per disperazione il
frutto del loro amore, subivano generalmente la pena
di morte più dolorosa, mentre nessuno alzava la voce
contro il seduttore. Forse egli sedeva tra i giudici
quando si pronunciava in confronto della sua vittima
la condanna di morte. Ciò del resto avviene anche
oggidì (49).
A Vürzburg, nel medio evo, il lenone giurava davanti
almagistrato "che sarebbe stato fedele alla città
e che avrebbe fatto ingaggiare donne". Lo stesso avveniva
a Norimberga, a Ulm, a Lipsia, a Colonia, a
Francoforte ed altrove.AUlm, dove nel 1537 furono
chiusi i bordelli, le Maestranze chiesero nel 1551 la
loro reintroduzione "per impediremaggiori abusi".Lo
Stato, a proprie spese, metteva a disposizione d'illustri
stranieri delle meretrici. Quando re Ladislao entrò
in Vienna nel 1452, il Magistrato della città gli
mandò incontro una deputazione di donne le quali,
avvolte in leggieri veli, lasciavano vedere la bellezza
delle forme, e Carlo V nel suo ingresso a Brügge fu
salutato da una deputazione di ragazze ignude. Simili
fatti succedevano allora assai spesso senza suscitare
grande scandalo.
La fantasia romantica e la gente astuta per calcolo
hanno cercato di dipingere ilmedio evo comemorale,
costumato ed animato da una specie di culto e di
venerazione per la donna. A ciò diede credito in particolar
modo l'epoca dei trovatori in Germania dalla
fine del XII fino al XIV secolo.
Il servizio d'amore della cavalleria, che la cavalleria
francese, italiana e tedesca impararono a conoscere
daiMori in Ispagna e in Sicilia, viene addotto come
una prova dell'alta considerazione in cui era tenuta la
donna in quel tempo.Ma in questo proposito è necessario
fare qualche osservazione.
Anzitutto la cavalleria formava soltanto una esigua
parte della popolazione, e rispettivamente anche
le donne dei cavalieri rappresentavano una proporzione
assai esigua delle donne in generale; in secondo
luogo soltanto una piccola parte della cavalleria disimpegnava
il vero servizio d'amore; in terzo luogo la
vera natura di cotesto servizio d'amore fu esagerata
e misconosciuta oppure svisata a bello studio. Il tempo
in cui esso fioriva era anche quello del peggiore
diritto del più forte, in cui, almeno nel contado, tutti
i freni dell'ordine erano rotti, e la cavalleria si abbandonava
sbrigliatamente al saccheggio, ai furti e alle
estorsioni.
Che un'epoca come questa, in cui dominava la
forza brutale, non fosse favorevole allo sviluppo di
sentimenti miti e poetici, si capisce agevolmente. E'
più razionale l'opposto. Fu un tempo cotesto che
contribuì a distruggere quant'era possibile quel rispetto
che forse esisteva verso il sesso femminile. La
cavalleria contava nelle sue file, così nel contado
come nelle città, della gente per lo più rozza ed incolta,
la cui passione predominante consisteva nel combattere,
nel bere smodatamente e soddisfare nel
modo più sfrenato gli appetiti carnali. Tutti i cronisti
di quel tempo non sanno narrare abbastanza delle
violenze di cui si rese colpevole la nobiltà nel contado
ed in ispecie nelle città, ove essa, costituita a patriziato,
ebbe nelle mani il governo fino al XIII e in parte
fino al XIV secolo, senza che i maltrattati avessero i
mezzi di farsi rendere giustizia. Infatti la giovine nobiltà
occupava lo scabinato, e nel contado il diritto di
rendere giustizia spettava al signore, ovvero al cavaliere,
all'abate o al vescovo. E' quindi impossibile che
la cavalleria con tali costumi ed abitudini abbia avuto
in generale un culto speciale per le sue proprie donne
e figliuole, e le abbia levate a cielo come una specie di
esseri superiori, e meno ancora che abbia nutrito
questo rispetto per le donne e figliuole dei cittadini e
dei contadini, contro le quali la nobiltà nutriva il più
profondo disprezzo.
Finchè questo servizio d'amore fu esercitato non
vi fu che una piccolissima minoranza della cavalleria
la quale fosse sinceramente entusiasta della bellezza
delle donne; non di rado però veniva esercitato da
uomini, i quali, come Ulrico di Lichtentstein, non
potevano disporre dei loro sensi, e nei quali il misticismo
cristiano e l'ascetismo avevano stretto un vero
connubio coll'innato piacere sensuale.
Altri, più sobri,miravano a intenti più positivi.Ma
in complesso quel servizio d'amore, era la deificazione
delle amanti a spese della moglie legittima, una
specie di eterismo cristianizzato, come quello esistente
al tempo di Pericle e da noi già descritto. Infatti
la scambievole seduzione delle mogli era nel medio
evo un servizio d'amore che la cavalleria praticava di
frequente, come oggi avviene in alcuni ceti della nostra
borghesia.
Tanto diciamo sul "romanticismo" del medio evo
e il suo rispetto per la donna.
V’era certo nel conto in cui nel Medio Evo si
tenevano apertamente i piaceri sessuali, il riconoscimento
che l’istinto naturale radicato in ogni uomo
sano e maturo, ha il diritto di essere soddisfatto e
rappresentava la vittoria della natura sull’ascetismo
cristiano.
D’altra parte però si capisce che di questo riconoscimento
e di questo soddisfacimento fruiva solamente
una delle parti, che l’altra era invece trattata
diversamente come se anch’essa non potesse e non
dovesse avere gli stessi stimoli ed istinti, e la più lieve
infrazione delle leggi della morale emanate dagli uomini
veniva punita con lamassima severità. I rapporti
sociali e politici ristretti e limitati com’erano, entro i
quali si aggirava il piccolo borghese del Medio Evo,
(49) Leon Richer nel suo libro – la femme libre – riferisce il
caso di una fantesca che fu condannata a Parigi per infanticidio
dal padre del suo proprio figlio, un avvocato in fama di uomo
pio, che sedeva fra i giurati.
Ma vi è di più. L'uccisore era stato lo stesso avvocato ed
essa era completamente innocente, come l'eroica fanciulla ebbe
a confessare soltanto dopo la sua condanna (Nota diA. Bebel).
34
gli facevano dettare norme altrettanto piccine e ristrette
anche in rapporto alla posizione della donna.
Ed il sesso femminile, per effetto della continua oppressione
e della speciale sua educazione, si era così
immedesimato nelle idee di chi lo dominava, che trovava
tale condizione naturalissima e normale.
Non ci furono anche milioni di schiavi che trovavano
naturale la schiavitù e non si sarebbero redenti
a libertà se i liberatori non fossero sorti dalla classe
stessa dei fautori della schiavitù? I contadini prussiani
non hanno forse chiesto di essere lasciati in servitù
quando nel 1807 furono proclamati liberi dalla legge
di Stein, poiché diversamente «chi avrebbe provveduto
a loro in caso di malattia o nella vecchiaia»? E
non è lo stesso anche oggi dell’agitazione operaia?
Quanti lavoratori non vi sono anche oggi i quali si
lasciano influenzare e guidare come pecore dai loro
sfruttatori?
L’oppresso ha bisogno di chi lo stimoli e lo animi;
perché glimanca la forza e la capacità dell’iniziativa.
Così è stato della schiavitù, del famulato (50) e della
servitù; così è stato ed è nell’agitazione del proletariato
dell’epoca moderna, e così è anche nella lotta
per la libertà e l’emancipazione della donna, lotta intimamente
connessa con quella che si combatte dai
proletari.
Persino nella lotta della moderna borghesia, comparativamente
in condizionimigliori, per la sua emancipazione,
i primi ad aprire la breccia furono oratori
nobili ed ecclesiastici.
Quali che fossero i vizi e gli errori che ilmedio evo
riteneva conformi alle leggi di natura, è in ognimodo
cosa certa che possedeva una sensualità sana derivante
dalla natura stessa del popolo, vigoroso e amante
del lieto vivere, che il cristianesimo non poté soffocare,
come è certo che almedio evo erano ignoti gli
ipocriti pudori, le debolezze e le mascherate libidini
del nostro tempo che si vergogna e rifugge dal chiamare
le cose col loro nome e di parlare con linguaggio
naturale delle cose che sono naturali.
Il medio evo non conosceva nemmeno quella anfibologia
piccante onde si avvolge e nasconde quanto
non si vuol dire apertamente per un pudore derivante
da mancanza di schiettezza e di moralità, e rende con
ciò più grave il pericolo, perchè simile linguaggio
seduce, ma non appaga, lascia intravedere, ma non
parla chiaramente. I nostri divertimenti di società, i
nostri romanzi e i nostri teatri sono pieni di queste
ambiguità piccanti e l'effetto ne è palese. Questo
spiritualismo, che non è lo spiritualismo del filosofo
trascendentale, ma quello di Roué, che si nasconde
sotto la veste dello spiritualismo religioso, oggi esercita
una grande influenza.
La sana sensualità delmedio evo trovò il suo classico
interprete in Lutero (51). Qui noi non abbiamo a
che fare con Lutero riformatore quanto con Lutero
uomo. Ed è qui appunto che la schietta e forte natura
di Lutero si manifestò in tutto il suo vigore, fu la
natura che lo costrinse ad esprimere senza riguardi il
suo bisogno di amare e godere. La sua posizione di
vecchio sacerdote romano gli aperse gli occhi, facendogli
comprendere in pratica, per sua propria esperienza,
quanto vi era di contrario alle leggi di natura
nella vita deimonaci e dellemonache. Di qui il calore
ond'egli combattè il celibato dei preti e deimonaci.Le
sue parole valgano anche oggi per tutti quelli i quali
credono di poter peccare contro la natura, e ritengono
di potere conciliare coi loro principi di morale e di
costumatezza, gli ostacoli con cui le istituzioni della
società e dello stato impediscono amilioni di esseri di
raggiungere i fini della natura.
Lutero diceva: «Una donna non può, senza una
speciale grazia, far senza di un uomo, come non può
fare a meno di mangiare, di dormire, di bere e di altri
bisogni naturali.Alla sua volta anche l'uomo non può
stare senza una donna. E la ragione è questa: che è
profondamente radicato in natura il bisogno di generare
dei figli, come è quello del mangiare e del bere.
«Perciò il signore ha fornito il corpo di membra,
di vasi, di liquidi e di tutto ciò che serve a tale scopo.
Ora chi vuole opporsi e non lasciar fare quel che la
natura comanda, che fa egli se non impedire che la
natura sia natura, che il fuoco bruci, l'acqua bagni, e
l'uomo mangi, beva e dorma?». E nel sermone sulla
vita matrimoniale egli dice ancora: «Come non è in
mio potere che io non ia uomo, così non è in tuo
potere che tu stia senza uomo, poiché non dipende dal
libero arbitrio e da un calcolo, ma è cosa necessariamente
naturale che ogni maschio debba avere una
femmina e ogni femmina debba avre un maschio».
Senonché Lutero non si esprimeva così energicamente
soltanto per la vita coniugale e per la necessità
dell'accoppiamento sessuale,ma neppure ammetteva
che matrimonio e chiesa avessero qualche cosa di
comune. Egli si fondava perciò interamente sull'anti-
(50) Famulato: la condizione del servo nella Roma antica;
nel Medio Evo indicava il contratto di lavoro e di servizio. Si
usa ancora oggi per indicare la condizione o l’entità delle persone
di servizio.
(51)Martin Lutero, 1483-1546, noto riformatore religioso
tedesco. Di origine contadina, fattosi monaco agostiniano studiò
teologia e nel 1513 divenne professore a Wittenberg. La
prima stesura organica del suo pensiero riformatore è contenuta
nelle Novanticinque tesi che lui stesso affisse sulla porta
della chiesa di Ognissanti aWittenberg in cui egli impugnava la
pratica delle indulgenze promossa nel 1517 dall'arcivescovo di
Magdeburgo per la fabbrica di S. Pietro in Roma. Nella religione
cattolica l'indulgenza era la remissione totale o parziale
delle pene temporali dovute a Dio da parte dell'uomo che ha
peccato. L'indulgenza è concessa attraverso un atto giurisdizionale
ecclesiastico sia ai vivi, a titolo di assoluzione, che ai
morti a titolo di suffragio a condizione di preghiere o opere
buone da parte dei fedeli. Tale pratica andò incontro ad una
degenerazione, nel secolo XV, quando le indulgenze erano
concesse dalla chiesa cattolica in cambio del versamento di
denaro, degenerazione contro cui si scagliò Lutero. I principali
fondamenti teologici del luteranesimo sono l'affermazione
della sola possibilità di salvezza nella grazia che fu dono
della fede indipendentemente dalle buone opere, il riconoscimento
della Bibbia come unica base delle norme di fede del
credente e la garanzia della corretta interpretazione della Bibbia
grazie all'assistenza dello Spirito Santo; ne discende il non
riconoscere la legittimità della chiesa e dei suoi concili, mentre
il luteranesimo è strutturato in comunità guidate da un
pastore che ha il compito della predicazione della parola di
Dio (attraverso la Bibbia) e l'amministrazione degli unici sacramenti
riconosciuti, il battesimo e la santa cena.
35
chità, la quale considerava ilmatrimonio come un atto
di libera volontà dei contraenti in cui la chiesa non
c'entrava per nulla.Dice Lutero: «Sappi, dunque, che
il matrimonio è come ogni altra funzione umana.
Come io posso mangiare, bere, dormire, camminare,
cavalcare, contrattare e parlare coi pagani, giudei,
turchi ed eretici, così posso altresì unirmi con essi in
matrimonio. E non badare alle leggi dei pazzi che lo
vietano [corsivo di Bebel, ndr]. I pagani sono uomini
e donne creati da Dio, né più né meno di san Pietro,
san Paolo e santa Lucia; taci, dunque, cattivo e falso
cristiano». Lutero si dichiarava contrario, al pari d'altri
riformatori, a qualsiasi limitazione delmatrimonio
e volle permettere anche il secondo matrimonio dei
divorziati, al che la chiesa era riluttante (52). Egli
andò tanto oltre da permettere ad una delle parti di
appagare le sue voglie fuori del matrimonio, anche
quando il matrimonio non era sciolto, solamente per
soddisfare la natura a cui nessuno può resistere.
Come si vede, tale concetto del matrimonio è
quello stesso che se ne aveva nell'antichità e che si
riprodusse più tardi all'epoca della rivoluzione francese.
Anzi Lutero è andato ancora più in là, proclamando
principi che provocheranno il più vivo sdegno
di una gran parte "degli uomini e delle donne
onorevoli" del nostro tempo, che si fanno belli delle
penne di Lutero e nel loro pio zelo si appellano alla
sua autorità.
Nel suo trattato "Sulla vita coniugale" (Jena 1522,
II, p. 146) ecco quanto, fra altro, si legge: «Se una
donna atta al matrimonio, sposando un uomo impotente,
non può prendere apertamente altro marito e
non vuol agire contro le regole dell'onore, dovrebbe
dire allo sposo suo: vedi, mio caro, tu non ne hai
colpa, ingannastime e ilmio giovine corpo, hai posto
anche in pericolo l'onore e l'anima; in faccia aDio non
vi è onore fra noi due; permettimi dunque che io
contragga matrimonio in famiglia col tuo fratello o
col tuo più prossimo amico, mentre tu conservi il
nome perchè i tuoi beni non vadano ad altri eredi, e
lasciati a tua volta ingannare da me, come tu senza
volerlo mi hai ingannata».
L'uomo, prosegue Lutero, ha l'obbligo di permetterlo.
Se egli non vuole, la donna ha il diritto di fuggir
via da lui, di recarsi in un altro paese e di sciegliersi
un altro. Per converso, se la donna non vuol soddisfare
l'obbligo coniugale, l'uomo ha il diritto di giacersi
con un'altra, dopo avere però avvertita la prima
(53). Sono, come si vede, idee così straordinariamente
radicali quelle sviluppate dal grande riformatore
da parere immorali ai tempi nostri così ipocritamente
pudibondi.
I brani fin qui citati dei discorsi e delle opere di
Lutero intorno al matrimonio sono particolarmente
importanti anche per questo, che le idee che vi sono
espresse stanno in assoluto contrasto con quelle oggi
dominanti nella chiesa e nel clero protestante. La democrazia
sociale può a buon diritto appellarsi a Lutero
nella lotta che ha da combattere col clero, a Lutero,
che, nella questione delmatrimonio, parte da un punto
di vista del tutto razionale.
Ma Lutero ed i riformatori andarono in tale questione
anche più in là per ragioni soltanto di opportunità
e per compiacenza verso quei principi che vi si
trovavano implicati con la propria persona e dei quali
cercavano di guadagnarsi e conservare la protezione
o la benevolenza. Filippo I, langravio di Assia (54),
amico della Riforma, aveva, oltre la legittimamoglie,
una amante, la quale non voleva acconsentire alle sue
voglie che sotto la condizione ch'egli la sposasse. Il
caso era scabroso. Una separazione dalla moglie
avrebbe prodotto grave scandalo, e il matrimonio di
un principe cristiano con due donne sarebbe stato un
fatto inaudito e avrebbe suscitato scandalo nonminore.
Tuttavia Filippo, spinto dalla passione, si decise
per quest'ultimo passo. Ora si trattava soltanto di
dimostrare ch'esso non era in contrasto colla Bibbia
ed ebbe il consenso dei riformatori e specialmente di
Lutero e Melantone (55). Il langravio avviò le prime
pratiche con Butzer (56) che si dichiarò d'accordo nel
piano e si impegnò di guadagnarvi Lutero eMelantone.
Butzer motiva la sua opinione in questo senso:
possedere più donne ad un tempo - egli dice - non è
contrario al vangelo di S. Paolo, che pure ha fatto
menzione di molti che non avrebbero acquistato il
regno di Dio, non fa alcuna menzione di quelli che
hanno due donne; inoltre S. Paolo dice che «il vescovo
deve avere una donna e lo stesso i servi». Ora, se
fosse stato necessario che ognuno avesse una donna,
egli lo avrebbe prescritto e vietato di averne di più.
Questi erano sofismi, ma Lutero e Melantone si unirono
a lui e approvarono il doppiomatrimonio avendo
anche la prima moglie del langravio consentito al
secondomatrimonio di lui a condizione che egli «soddisfacesse
verso di essa ai doveri coniugali ancora
più di prima» (57). Del resto la questione della ammissibilità
della bigamia aveva cagionati dei gravi
pensieri a Lutero già prima, allorchè cioè si discuteva
sull'autorizzazione da concedersi ad EnricoVIII d'In-
(52) Dott. Carlo Hagen: Condizioni della religione e della
letteratura in Germania al tempo della Riforma (Nota di A.
Bebel).
(53) Ib. loco cit., op. cit., pag. 234 (Nota di A. Bebel).
(54) Langravio, dal tedesco Land, paese, territorio, e Graf,
conte.Nel periodo carolingio, era il titolo dei conti delle regioni
interne (Alsazia, Assia e Turingia), mentre quelli delle terre di
confine erano detti "mangravi".
(55) Filippo Melantone, 1497-1560, umanista e riformatore
tedesco; professore di lingue antiche a Tubinga e aWittenberg,
nel 1519 aderì almovimento di riforma della chiesa avviato
daMartin Lutero. Successivamente tese a conciliare le posizioni
del luteranesimo con quelle della chiesa di Roma.
(56) Butzer (Bucero) Martin, 1491-1551, riformatore tedesco,
ex-domenicano, scomunicato dalla chiesa di Roma, nel
1523 si trasferì a Strasburgo dove per 25 anni continuò la predicazione
riformatrice che influenzò notevolmente anche Calvino;
tentò la conciliazione tra le varie correnti riformatrici
(Zwingli, Ecolampadio, Capito, Kolb, Zell) e il cattolicesimo;
riparato poi in Inghilterra, presso l'arcivescovo di Canterbury,
dove trovò l'apprezzamento anche del re Edoardo VI, e finì i
suoi giorni come professore di teologia a Cambridge, dover
contribuì alla stesura del Book of Common Prayer, il libro delle
funzioni religiose anglicane.
(57)Giansenio: Storia del popolo tedesco, 1525-1555 (Nota
diA. Bebel).
36
ghilterra per un matrimonio doppio, come risulta da
una lettera del gennaio 1524 indirizzata al signor
Brink, cancelliere sassone, al quale egli scriveva:
«non potere egli, Lutero, opporsi certo in massima
alla bigamia perchè non contraddicente alla sacra
scrittura (58); ma ritenerla dannosa se avvenga fra
cristiani, i quali dovrebbero astenersi da cose anche
lecite».E dopo le nozze del langravio, avvenute effettivamente
nel marzo del 1540, egli scriveva (10 aprile)
in risposta ad una lettera di ringraziamento di lui:
«Vostra Grazia sia tranquilla per il consiglio che le
abbiamo dato, sul quale desideriamo venga serbato
segreto. Altrimenti anche i rozzi contadini (che vogliono
imitare l'esempio del langravio) potrebbero
addurre ragioni forse altrettanto ed anche più gravi,
a combattere le quali si durerebbe troppa fatica».
Meno difficile doveva riuscire a Melantone l'aderire
al secondomatrimonio del langravio, avendo egli
già scritto in precedenza ad Enrico VIII, che "ogni
principe ha il diritto di introdurre nelle sue terre la
poligamia". Tuttavia il secondo matrimonio del langravio
suscitò nel suo stesso paese tanto rumore e
fece tale impressione, che nel 1541 egli fece diffondere
uno scritto ove difendeva la poligamia, sostenendo
che non era in opposizione alla Scrittura (59).
Non si viveva più nel nono secolo, in cui le tradizioni
ancora fresche delle condizioni precedenti rendevano
tollerabile senza scandalo la poligamia. I rappoprti
sociali erano frattanto notevolmente cambiati;
non solo la costituzione gentilizia era tramontata da
un pezzo, ma anche il consorzio delle Marche aveva
dovuto cedere alla potenza della nobiltà, dei principi
e della chiesa, ed era sparito,meno pochi residui, che
dopo l'esito infelice della guerra dei contadini [1525,
ndr] fuorno pure completamente distrutti. La proprietà
privata era divenuta il fondamento generale
della società.Vicino alla popolazione agricola era cresciuta
una classe di operai forte, guidata dal suo interesse
di ceto e corrispondentemente organizzata. Il
commercio aveva assunto grandi proporzioni, e creò
una classe di mercanti che mediante le ricchezze, lo
splendore esterno della loro posizione e la potenza
materiale destò l'invidia e l'inimicizia della nobiltà che
affondava sempre più nell'ignavia e nella miseria.
In tali condizioni, la monogamia era divenuta la
sola base naturale dei rapporti sessuali, e un passo
come quello del langravio d'Assia urtava contro la
morale e gli usi dominanti, che sono sempre l'espressione
delle condizioni economiche del tempo.Al contrario,
si trovavano benissimo con la prostituzione,
come istituzione complementare necessaria della
monogamia, e la tolleravano senza restrizioni.
Mentre Lutero riconosceva che la soddisfazione
dell'istinto sessuale era un precetto di natura, significava
ciò che gli uomini di quel tempo pensavano e
pretendevano apertamente per loro, ma egli, anche
mediante la Riforma che metteva capo all'abolizione
del celibato dei preti e alla soppressione dei conventi,
mirava a porgere a deimilioni la possibilità di disciplinare
l'istinto naturale sotto forme legittime.Altri milioni
rimanevano certo ancora esclusi a causa dell'esistente
ordinamento della proprietà e delle sue leggi.
Ma la Riforma rappresentò appunto la prima protesta
della borghesia grassa, colpita in sul nascere, contro
la lega degli stati feudali nella chiesa, nello stato e nella
società; tendeva a sciogliere i vincoli imposto dal diritto
delle corporazioni, della corte e della chiesa, all'accentramento
della vita dello stato, alla semplificazione
della vita della chiesa scialacquatrice, a togliere
damolti posti uomini infingardi ed oziosi collocandoli
in professioni pratiche.Abolita la forma feudale della
proprietà e degli impieghi, doveva prenderne il posto
la forma borghese della proprietà libera, cioè in luogo
della protezione sociale corporativa di piccoli circoli
chiusi, doveva spiegarsi la libera lotta delle forze individuali
fra loro concorrenti.
Lutero fu nel campo religioso il rappresentante di
queste aspirazioni borghesi. Combattendo per la libertà
del matrimonio, egli non poteva ammettere che
ilmatrimonio civile come si è sviluppato inGermania
solo ai tempi nostrimediante la legge sulmatrimonio
civile e la legislazione civile ad esso legata, la libertà
di domicilio, la libertà dell'industria e la libertà di connubio.
Quanto, con ciò, sia mutata e migliorata la
condizione della donna, vedremo poi. Intanto le cose
non avevano ancora fatto molto cammino al tempo
della Riforma.
Siccome, giusta i precetti e le norme dei riformatori,
molti poterono contrarre matrimonio, così, d'altra
parte, vennero perseguitati ferocemente i rapporti
sessuali liberi.Avendo il clero cattolico mostrato una
grande rilassatezza contro gli eccessi sessuali, così
ora il clero protestante, dopo avere bene provveduto
a se stesso, inveiva tanto più energicamente contro di
essi. Venne dichiarata guerra ai lupanari, e furono
chiusi come «antri di Satana»; le prostiture vennero
perseguitate come «figlie del Diavolo» e ogni donna
la quale commettesse un «passo falso» veniva posta
alla berlina come sentina di ogni nequizia.
Dal piccolo borghese gioviale del medio evo che
viveva e lasciava vivere, sorse un cittadinuzzo bigotto,
rigido e tetro, che risparmiava il più possibile,
affinché i grossi borghesi suoi successori potessero
vivere nel nono secolo tanto più spensieratameante e
scialacquare di più. L'onesto cittadino dalla cravatta
rigida, dalle idee piccine, dalla morale povera, fu il
prototipo della società.
Lamoglie legittima, alla quale specialmente la sensualitàmedioevale
tollerata dalla chiesa cattolica non
era piaciuta, andava pienamente d'intesa con lo spirito
puritano del protestantesimo. Ma sopravvennero
altre circostanze, le quali, come influirono sinistramente
sulle condizioni generali inGermania, influirono
pure sinistramente sulla condizione della donna.
La trasformazione dei rapporti della produzione, del
credito e del commercio, che si fecero sentire spe-
(58) Ciò non solo è rigorosamente esatto, ma è spiegabile,
quando si pensi che la Bibbia risale ad un tempo in cui la
poligamia era assai diffusa fra i popoli dei paesi occidentali ed
orientali (Nota di A. Bebel).
(59) Giovanni Giansenio: Storia del popolo tedesco, 1525-
1555; vol. III (Nota di A. Bebel).
37
cialmente in Germania in seguito alla scoperta dell'America
e alla via di navigazione alle IndieOrientali,
produsse anzitutto una grande reazione nel campo
sociale.
La Germania cessò di essere il centro del commercio
e del traffico europeo. La Spagna, il Portogallo,
l'Olanda, l'Inghilterra presero a vicenda il primo
posto e l'ultima lo conservò fino ai nostri tempi. L'industria
e il commercio dellaGermania decaddero.Nel
tempo stesso la Riforma ecclesiastica aveva distrutto
l'unità politica della nazione. La Riforma fu il manto
sotto il quale il principato cercò di emanciparsi dall'impero.
D'altra parte, il principato sottomise la nobiltà,
colmando di favori - per raggiungere più facilmente
lo scopo - le città alle quali prodigò diritti e
privilegi d'ogni maniera.
Oltre a ciò non poche città, in vista dei tempi
sempre più torbidi, si diedero spontaneamente ai principi.
Ma di ciò la conseguenza ultima fu questa, che
la borghesia spaventata dalla diminuzione dei suoi
guadagni, innalzò barriere sempre più alte per difendersi
dalla poco gradita concorrenza. Ottenne in tal
modo che le condizioni a suo favore si rassodassero
maggiormente, ma la miseria aumentò.
In seguito, la Riforma provocò le guerre e le persecuzioni
religiose che servirono sempre a mascherare
gli scopi politici ed economici dei principi; guerre
e persecuzioni che infuriarono in Germania, se pure
con delle interruzioni, per più d'un secolo e finirono
per fiaccarla del tutto con la guerra dei trent'anni
(60). La Germania era divenuta un immenso cimitero,
un campo pieno di rovine. Paesi e province devastate,
centinaia, migliaia di città e villaggi arsi e distrutti,
molti di essi scomparsi per sempre. In altri la
popolazione fu ridotta di un terzo, d'un quarto, d'un
quinto, perfino di un ottavo e di un decimo. Commercio,
traffico, industria non solo languirono in questo
lungo periodo, ma rovinarono così da non potersi
riavere che stentatamente. Una gran parte della popolazione
era demoralizzata e disavvezza da ogni disciplinata
operosità. Se, durante le guerre, erano gli
eserciti mercenari che saccheggiavano, spogliavano,
profanavano e trucidavano trascorrendo la Germania
da un capo all'altro, taglieggiando e atterrendo egualmente
amici e nemici, dopo le guerre erano i malandrini
e le schiere dei mendicanti e dei vagabondi, le
quali gettarono lo spavento e l'angoscia nelle popolazioni,
e impedirono od arrestarono il normale sviluppo
dell'industria, del commercio e dei traffici. E specialmente
per il sesso femminile era spuntata un'epoca
di miseria e di patimenti. Il disprezzo per la donna
aveva fatto grandi progressi in questo tempo di dissolutezza;
la generale mancanza di guadagni pesava
enormemente sulle sue spalle.Al pari dei vagabondi le
donne popolavano a migliaia le strade e le foreste e
riempivano le case dei poveri e le carceri dei principi
e delle città.Atutte queste sofferenze e tribolazioni si
aggiunse l'espulsione violenta di molte famiglie di
contadini operata da una nobiltà affamata. Questa
aveva dovuto, fino dai tempi della Riforma, piegarsi
sempre di più sotto il giogo dei principi, e con gli
impieghi di corte e i gradimilitari era aumentata la sua
dipendenza, per cui andava ora cercando di risarcirsi
dei danni recati dai principi, rubando il doppio o il
triplo dei beni dei contadini. I principi, durante e dopo
la Riforma, avevano preso dimira il ricco patrimonio
della chiesa, che si appropriarono in un numero infinito
di jugeri di terreno (61). Il principe elettore Augusto
di Sassonia, ad esempio, fino allo scorcio del
secolo XVI aveva sottratti allo scopo che avevano in
origine, non meno di trecento beni ecclesiastici (62)
e come lui fecero i suoi fratelli e cugini e gli altri
principi protestanti. La nobiltà ne imitò l'esempio
cacciando dalle loro case i contadini tanto liberi che
schiavi ed arricchendosi coi beni loro sottratti.
Lemal riuscite sollevazioni dei contadini nel secolo
XVI vi porsero il migliore pretesto. Una volta riuscito
il tentativo, non mancavano ragioni per andare
più innanzi in modo egualmente violento. Ma dove
questo sistema non andava in nessun modo, si mettevano
in opera ogni sorta di cavilli, di vessazioni, di
sofismi – e in ciò il diritto romano, che nel frattempo
(60) La guerra dei Trent'anni, fu un conflitto combattuto
nell'Europa continentale dal 1618 al 1648, ebbe origine in Boemia
in seguito a contrasti tra l'impero cattolico e i principi
protestanti che assunsero aspetti religiosi. La guerra ben presto
si trasformò nello scontro tra i Borbone e gliAsburgo per il
dominio sull'Europa continentale. Questa guerra conobbe diverse
fasi in cui si coinvolsero tutte le poteze europee dell'epoca.
Una prima fase (boemo-palatina) vide le forze dell'imperatore
cattolico Ferdinando II di Boemia ottenere l'alleanza della
Spagna e del papato, sconfiggere i principi boemi sollevatisi
contro l'assolutismo politico e religioso dell'imperatore, ed
estendere il conflitto ai principati tedeschi protestanti. I nobili
boemi sconfitti furono espropriati e le loro proprietà date a
una nuova nobiltà straniera di confessione cattolica (spagnola,
tedesca e italiana). In questo modo gli equilibri furono spostati
a favore degliAsburgo che estesero i loro domini fino al Baltico.
La seconda fase della guerra vide l'entrata in campo di Cristiano
IV di Danimarca che non poteva accettare l'espansione
degliAsburgo, ma fu sconfitto. Immediatamente si aprì la fase
svedese della guerra, con Gustavo II Adolfo di Svezia che si
mise a capo della coalizione dei principi protestanti tedeschi
contro l'imperatore; alleato con la Sassonia e con la Francia,
penetrò in Germania fino in Baviera, sconfisse l'esercito imperiale,
ma fu ucciso in battaglia; gli imperiali ripresero la controffensiva
e, sostenuti sempre dalle truppe spagnole, sconfissero
a loro volta gli svedesi e i loro alleati tedeschi. La Germania
fu distrutta continuamente ed enormemente immiserita a
causa delle continue guerre degli eserciti europei sul suo territorio.
La Francia, potenza emergente, non poteva accettare il
predominio asburgico a scala europea, e così si apre la fase
francese della guerra (1635-1648); i francesi sconfissero gli
imperiali e i loro alleati spagnoli; gli svedesi invasero nuovamente
Boemia e Baviera, l'imperatore dovette riconoscere la
sconfitta e accettare la perdita dell'egemonia sugli stati tedeschi.
La Francia estese i suoi confini ad est impossessandosi
dell'Alsazia e accrescendo il suo ruolo nella politica europea; la
Svezia stabilì il suo predominio sulle coste tedesche del Baltico
mentre l'indipendenza della Svizzera fu sancita definitivamente.
La Spagna risultò indebolita ma proseguì la sua guerra contro
la Francia fino al 1659; sconfitta, dovette cedere alla Francia
i territori pirenaici del Rossiglione e della Cerdagna, e i
territori confinanti con le Fiandre, sullaManica, come l'Artois.
(61) Jugero: unità di misura di superficie usata nell'antica
Roma, equivalente a un rettangolo di 240x120 piedi romani,
ossai a circa 2.500 metri quadri.
(62) Giansenio: Storia del popolo tedesco, volume III
(Nota di A. Bebel).
38
s'era generalmente naturalizzato, offriva un comodo
appoggio – per comperare i contadini o cacciarli e
arrotondare i possessi della nobiltà. Interi villaggi,
mezze province vennero in tal modo atterrati. Per
citare soltanto alcune cifre, di 12.543 poderi di contadini
soggetti alla nobiltà, cheMecklemburgo possedeva
ancora all'epoca della guerra dei trent'anni, ne
esistevano soltanto 1213 nell'anno 1848.Nella Pomerania
dal 1628 andarono in rovina più di 12.000 poderi
di contadini.La trasformazione compiuta nell'economia
rurale durante il secolo XVII fu un altro stimolo
ad intraprendere la espropriazione dei poderi dei contadini
ed in ispecie a convertire in possedimenti della
nobiltà gli ultimi avanzi del territorio comune.
Venne introdotta l'economia libera la quale permetteva
che in certe epoche si mutasse il sistema di
coltivazione dei fondi. Terreni da biade vennero tramutati
temporaneamente in pascoli artificiali, favorendo
con ciò l'allevamento del bestiame, il quale a
sua volta, fu causa della diminuzione delle braccia [da
lavoro, ndr]. Con ciò divenne quindi sempre più
grande l'esercito dei mendicanti e dei vagabondi, e i
decreti succedevano ai decreti per diminuirne il numero
con l'applicazione di pene severissime.
Némigliore aspetto presentavano le città.Un tempo
le donne erano state ammesse nei più svariati rami
dell'industria, sia in qualità di operaie, sia quali imprenditrici.
C'erano, per esempio, delle pellicciaie a
Francoforte e nelle città della Svevia, delle fornaie
nelle città Renane, delle ricamatrici d'insegne e delle
cintolaie a Colonia e a Strasburgo; delle correggiaie a
Brema, delle cimatrici a Francoforte, delle conciatrici
aNorimberga, delle filatore e battiloro aColonia (63).
Ora invece esse venivano sempre più rifiutate.
L'abolizione del culto cattolico così fastoso, aveva
gravemente danneggiato, ed anzi rese impossibili,
moltissime industrie, e specialmente le artistiche, e
perciò privato del pane un grande numero di operai e
operaie. E, come avviene sempre, quando rovina una
determinata condizione sociale, i suoi difensori prendono
dellemisure che finiscono per aggravare ilmale.
Sorto il timore ridicolo di un eccesso di popolazione
tutti gli sforzi più energici tesero ad impedire che
aumentasse il numero delle persone indipendenti e dei
matrimoni. Sebbene città una volta fiorenti, come
Norimberga, Augusta, Colonia ed altre, scemassero
di popolazione fin dal secolo XVI, perché il commercio
ed i traffici avevano cercato altre vie, e sebbene
la guerra dei trent'anni avesse spopolato la Germania
in modo spaventoso, tuttavia non vi era città, non vi
era corporazione che non fosse in angustia per l'aumento
dei suoi addetti; nè andavano meglio le cose
per i soci delle corporazioni allora esistenti.Gli sforzi
dei prìncipi assoluti, per aumentare la popolazione dei
loro paesi in parte spopolati, non poterono resistere a
cotesta corrente più di quello che a suo tempo le leggi
romane che premiavano imatrimoni non abbiano impedito
la diminuzione del numero dei cittadini romani.
Luigi XIV stabilì delle pensioni per quei genitori che
avessero dieci figli; pensioni che venivano aumentate
se i figli salivano a dodici. Un suo generale, il maresciallo
di Sassonia, andò anche più in là, proponendo
di permettere i matrimoni per la durata di soli 5 anni.
Federico il Grande scriveva quindici anni più tardi
nello stesso senso: «Io considero gli uomini come una
mandria di cervi nel parco di un gran signore, ai quali
non incorre altro obbligo che quello di popolare il
parco e riempirlo» (64). Federico scriveva queste
parole nel 1741. Più tardi egli ha spopolato assai il
«parco di cervi» con le sue guerre.
In tale stato di cose la condizione delle donne era
insopportabile al di là di ogni immaginazione.
Escluse dalmatrimonio come «istituto provvidenziale
», impossibilitate di appagare i loro istinti naturali,
tenute il più possibile lontane dai guadagni per effetto
del peggioramento delle condizioni sociali, perché
non facessero concorrenza ai maschi che avevano
già paura di se stessi, dovettero viveremiseramente
disimpegnando servizi e lavori bassissimi, pagate
in modo irrisorio. Siccome però l'istinto naturale non
si lascia soffocare e una parte del sesso maschile
viveva in condizioni simili, così sorsero i concubinaggi
malgrado tutte le vessazioni poliziesche, e il
numero dei figli naturali non fumai così grande come
in quel tempo in cui sotto la forma della cristiana
semplicità dominava il «regime paterno» dei principi
assoluti.
La donna maritata viveva ritiratissima; il numero
dei suoi lavori e delle sue funzioni era così grande che
da coscienziosa massaia essa doveva restare al suo
posto da mane a sera per compiere i suoi doveri; ciò
che le era possibile soltanto mercè il concorso e l'aiuto
delle figlie. Poiché non aveva da sbrigare solamente
le faccende domestiche quotidiane, a cui anche
oggi la massaia borghese deve accudire, ma un'infinità
di altre dalle quali oggi la donna è liberata completamente
per effetto dello sviluppo e del progresso
delle industrie.Allora doveva filare, tessere e imbiancare
le tele; curare la biancheria e confezionare i vestiti;
cuocere il sapone, fabbricare candele, fabbricare
la bitta; era insomma né più némeno dellaCenerentola;
unica ricreazione l'andare in chiesa la domenica.
Imatrimoni si contraevano solamente fra persone
dello stesso ceto sociale; lo spirito di casta rigido e
ridicolo regnava dappertutto; e non tollerava trasgressioni.
Le figlie venivano educate nello stesso
spirito, tenute in casa in clausura severissima, la loro
educazione intellettuale era affatto nulla, e non andava
al di là delle pure faccende domestiche.
Aciò si aggiunga una sequela di formule vuote che
dovevano fare le veci dell'educazione e dell'intelligenza,
e rendevano tutta l'esistenza, specialmente quella
delle donne, un vero automatismo.
Così lo spirito della Riforma degenerò nella peggiore
pedanteria, e si cercò di soffocare nell'uomo le
(63)Dr. C. Bücher: La questione della donna nel medio evo
(Nota di A. Bebel).
(64) Karl Kautsky: L'influenza dell'aumento della popolazione
sul progresso della società (Nota diA. Bebel). Lo scritto
di Kautsky, del 1880, è in italiano in un'unica edizione esistente,
intitolato: Socialismo e Malthusianismo. L'influenza dell'aumento
della popolazione sul progresso della società, F.lli
Dumolard,Milano 1884.
39
sue più naturali inclinazioni e le espansioni della vita
sotto un viluppo di regole e di abitudini, proclamate
«rispettabili», ma che erano letali allo spirito.
Nelle campagne e anche nelle cittàminori si erano
mantenute, durante tutto ilmedio evo, usanze proprie
e caratteristiche, che scomparvero sotto il puritanesimo
rigido, nemico del piacere, che dominò tutto il
periodo dellaRiforma. Fra queste c'erano delle solennità
che ricordavano le antiche condizioni del tempo
del dirittomaterno; e possono quindi trovaremenzione
a questo punto. Tali feste venivano preparate tutti
gli anni dalle donne tra loro, e gli uomini ne erano
esclusi del tutto. Se fosse comparso un uomo, male
gliene sarebbe incolto.Tali feste, in uso specialmente
nei paesi della Germania meridionale e occidentale,
sede delle vecchie razze, stando a quanto narrano i
contemporanei, dovevano essere, di regola, molto
allegre e sbrigliate, ed avevano ed hanno evidentemente
lo stesso significato dei Saturnali romani.
Questi ultimi ricordavano la tradizione popolare del
tempo di Saturno, in cui, giusta la leggenda, regnavano
gioia e pace generali, libertà e uguaglianza tra gli
uomini. In tali giorni, che occupavano a Roma un'intera
settimana, tutte le classi diventavano eguali, gli
schiavi erano pari ai padroni, i quali giungevano fino
a servirli durante i banchetti e gli altri sollazzi popolari.
Evidentemente anche i Saturnali ricordavano il
tempo del diritto materno, magnificato come un tempo
di pace, di tranquillità e di giustizia.Asimili ricordi
servivano pure le feste femminili preaccennate, sebbene
il senso caratteristico ne fosse andato perduto.
Come il papato lasciò sopravvivere i Saturnali romani
sotto forma di carnevali, così la chiesa cattolica
nulla ebbe ad opporre contro quella festa femminile.
Il papato, che guarda sempre con attento occhio le
antiche usanze del popolo, se ne giovò nell'interesse
proprio. Così anche nel carnevale cristiano, lo schiavo,
il servo, prima che cominciasse la lunga quaresima
fino alla settimana di passione, diventava per tre
giorni padrone di sé. Era permesso a tutto il popolo
di godere fino alla sazietà tutti i piaceri, di cui aveva
libera scelta; di dileggiare e profanare le disposizioni
e i decreti dell'autorità e le cerimonie della chiesa.
Anzi il clero si lasciava andare quasi al punto di
prestarsi al gioco e di tollerare e favorire profanazioni,
che in ogni altro tempo avrebbero avuto per
conseguenza le più severe pene da parte dell'autorità
religiosa e civile. E perché no? Il popolo, che si
sentiva padrone per così breve tempo e si riposava
in questo giubilo del cuore, provava della riconoscenza
per tale libertà, e diventava tanto più arrendevole,
rallegrandosi al pensiero della festa che si
sarebbe rinnovata l'anno prossimo.
Altrettanto avvenne della festa femminile a cui si
è accennato. Lo spirito ascetico puritano dei tempi
che seguirono la Riforma la soffocò.
(65) Reazionari pedanti si aspettavano il naufragio della
morale e dei costumi da queste disposizioni. Ketteler, vescovo
di Magonza, ora defunto, si doleva già sin dal 1865, e quindi
prima che la nuova legislazione avesse preso piede, «che la
demolizione dei freni imposti alla conclusione dei matrimoni
importava la dissoluzione del matrimonio, essendo ormai possibile
ai coniugi di separarsi a piacere». E' questa una confessione
preziosa la quale prova che i vincoli morali del matrimonio
sono oggidì così deboli, che solo la forza può tener uniti i
coniugi.
Il fatto che i matrimoni, oggi naturalmente più numerosi,
producevano da un lato un rapido aumento di popolazione, e
che, d'altro lato, il sistema industriale svolgentesi gigantesco
nella nuova era creò incongruenze d'ogni maniera, un tempo
ignote, fece apparire di nuovo lo spettro dell'eccesso di popolazione.
Gli economisti borghesi conservatori e liberali tirano la
stessa fune. Noi dimostreremo il vero significato di tali timori
e ne additeremo le ragioni.Anche il prof.A.Wagner appartiene
a coloro i quali si crucciano al pensiero dell'eccessiva popolazione,
e domandano limitazione e freni alla libertà deimatrimoni,
in ispecie fra gli operai. Questi contraggono matrimonio
troppo presto comparativamente al medio ceto sociale. Ora
questo ceto profitta e si vale preferibilmente della prostituzione,
e se si nega all'operaio il matrimonio, anch'egli userà la
prostituzione. Ma allora si taccia, e non si mandino alte grida
sulla "rovina dellamorale" e non si facciano lemeraviglie se le
donne, che hanno gli stessi istinti e stimoli dell'uomo, cercano
di appagarli con relazioni "illegittime". (Nota diA. Bebel).
Con l'espandersi del commercio mondiale, col
poderoso sviluppo deimercati, le artimanuali furono
sconvolte; sorse la manifattura e da essa la grande
industria.Anche la Germania, per effetto delle guerre
religiose e della sua impotenza politica, uscita dalla
sua miseria, rimasta indietro per tanto tempo nel suo
sviluppo materiale, fu spinta, alla fine, nella corrente
del progresso generale. Le macchine, l'uso delle
scienze naturali nei processi di produzione, nel commercio
e nel traffico, distrussero gli ultimi avanzi
delle vecchie istituzioni. I privilegi delle corporazioni,
il vincolo personale, i diritti di fiera e di bando e tutto
ciò che vi era connesso furono messi tra i ferri vecchi.
Siccome a soddisfare il crescente bisogno di
braccia non bastava l'uomo,ma si rendeva necessaria
anche l'opera della donna, così le condizioni divenute
insopportabili dovettere cadere, e caddero. Questo
momento, ch'era da gran tempo una necessità, si
maturò quando laGermania raggiunse la propria unità
politica.
La borghesia, sorta nel frattempo, pretendeva il
libero svolgimento di tutte le forze sociali a profitto
dei suoi interessi capitalistici, che in quelmomento
erano anche, fino a un certo grado, gli interessi
della generalità. Di qui la libertà delle industrie, la
libertà di domicilio, l'abolizione delle limitazioni al
matrimonio e tutta la legislazione che viene caratterizzata
con una parola come la legislazione liberale
della borghesia (65).
40
L'istinto sessuale - Il matrimonio -
Freni e impedimenti al matrimonio
Platone ringraziava gli dei perché gli avevano elargito
otto benefici. Egli considerava come primo beneficio
di averlo fatto nascere libero anziché schiavo;
come secondo beneficio quello di essere nato uomo e
non donna. Concordi in queste idee sono probabilmente
tutti gli uomini, e moltissime donne dichiarano
che avrebbero desiderato poter nascere uomini. In
questo vicendevole concetto si rispecchia la posizione
reale del sesso femminile. Prescindendo affatto
dalla questione se la donna è oppressa come proletaria,
essa è oppressa quasi generalmente come donna
nel mondo moderno della proprietà privata. Per essa
esistono una infinità di vincoli e di impedimenti ignoti
all'uomo, che la impacciano ad ogni passo.Molte cose
permesse all'uomo, sono negate a lei; molti diritti sociali
e molte libertà che sono goduti dal primo, costituiscono
un errore o un delitto se esercitati da essa.
La donna soffre come ente sociale e nella sua qualità
di donna, ed è difficile dire in quale di queste due
qualità essa soffra di più.
Fra tutti gli istinti naturali che l'uomo possiede,
quello carnale è, insieme coll'instinto di mangiare per
vivere, il più forte. L'istinto di propagare la specie è
l'espressione più potente della «volontà di vivere» ed
è radicata profondamente nell'uomo normalmente sviluppato,
e l'appagarlo, all'epoca della maturità, costituisce
una condizione essenziale per il suo benessere
fisico e morale. Aveva perfettamente ragione Lutero
quando, come abbiamo già ricordato, diceva: «Chi
vuol resistere agli stimoli naturali e non vuol lasciar
fare quel che la natura vuole e deve, che cosa fa egli
se non impedire alla natura di essere natura, al fuoco
di bruciare, all'acqua di bagnare, all'uomo di mangiare,
di bere, di dormire?». Sono parole queste che si
dovrebbero scolpire sulle porte delle nostre chiese,
nelle quali si predica tanto volentieri contro «i peccati
della carne». Nessun medico e nessun fisiologo può
significare con maggiore precisione la necessità di
soddifare il bisogno di amore che si desta nell'uomo
sano mediante l'istinto carnale.
E' un precetto dell'uomo verso se stesso, che deve
osservare rigorosamente, se vuole svilupparsi in modo
normale e sano, di non lasciare inerte alcun membro
del suo corpo e di non negare il proprio soddisfacimento
ad alcuno stimolo naturale. Ognimembro deve
compiere la funzione alla quale venne destinato dalla
natura, quando non si voglia che venga guastato l'intero
organismo. Perciò le leggi dello sviluppo fisico
dell'uomo devono essere studiate e seguite con non
minore cura delle leggi dello sviluppo intellettuale. L'attività
psichica dell'uomo è l'espressione della costituzione
fisica dei suoi organi. La perfetta salute della
prima è intimamente connessa con la salute della seconda.
La perturbazione di una parte deve produrre
una perturbazione anche sull'altra. Le cosiddette passioni
animali non occupano un gradino più basso delle
cosiddette passioni morali, perché così le une come
le altre sono l'effetto dello stesso organismo complessivo
ed esercitano una vicendevole influenza. Ciò vale
tanto per l'uomo quanto per la donna.
Ne segue che la conoscenza delle proprietà fisiche
degli organi sessuali è altrettanto necessaria quanto
quella degli organi che producono l'attività psichica, e
che l'uomo deve averne la stessa cura. Egli deve comprendere
che gli organi e gli istinti radicati in ogni uomo,
i quali costituiscono una parte essenzialissima della
sua natura, e che anzi lo dominano interamente in certi
periodi della vita, non devono essere oggetto dimistero,
di un falso pudore e di una completa ignoranza.
Ne segue ancora che la conoscenza della fisiologia e
dell'anatomia, e quella degli organi della generazione e
delle loro funzioni negli uomini e nelle donne dovrebbero
essere altrettanto diffuse quanto quelle di ogni
altro ramo del sapere umano. Corredati di nozioni precise
sulla nostra natura fisica, guarderemmo con occhio
del tutto diverso molte cose. Si imporrebbe da sé
la questione di rimuovere gli inconvenienti sui quali
oggi la società passa sopra tacendone con sacro terrore,
ma che si incontrano in quasi tutte le famiglie.
Del resto, il sapere è considerato dappertutto come
una virtù, come lo scopo più degno di ogni sforzo e
più umanamente bello, ma non così è considerata la
scienza di ciò che è in stretta relazione col carattere e
la salute del nostro Io, e coi principi d'ogni sviluppo
sociale.
Kant dice: «Uomo e donna formano appena insieme
tutto l'uomo; un sesso completa l'altro». Schopenhauer
dichiara: «L'istinto sessuale è l'espressione
più perfetta della volontà di vivere e per conseguenza
la concentrazione di ogni valore». E altrove: «L'affermazione
della volontà di vivere si concentra nell'atto
generativo, che è di quella l'espressione più pronunciata.
Concorde in ciò, dice Mainländer: «Il centro di
gravità della vita umana sta nell'istinto sessuale. Esso
LA DONNA NEL PRESENTE
41
solo assicura la vita all'individuo, la vita che egli vuole
sopra ogni altra cosa... L'uomo non consacra a nessun'altra
cosa maggior serietà di quello che all'atto
generativo, e in nessun altro affare condensa e concentra
così energicamente». E prima di tutti questi,
Buddha diceva: «L'istinto carnale è più acuto dell'uncino,
con cui si dominano gli elefanti selvatici; è più
ardente del fuoco, è come una freccia, che vien piantata
nello spirito dell'uomo (66).
Tale essendo l'intensità dell'istinto sessuale non c'è
da stupirsi se l'astinenza sessuale all'epoca della maturità
influisca in tale modo nell'uno e nell'altro sesso
sul sistema nervoso e su tutto l'organismo umano, da
generare le massime perturbazioni e aberrazioni, e, in
date circostanze, anche la demenza e la morte. «L'accoppiamento
dei sessi è una delle grandi leggi della
natura; l'uomo e la donna ci sono soggetti al pari degli
altri esseri, e non possono passarci sopra, specialmente
nell'età matura, senza che il loro organismo ne
soffra più o meno» (67).
Debay cita fra le molte malattie cagionate dall'inazione
degli organi sessuali, la satiriasi, la ninfomania,
l'isterismo, la catalessia, la pazzia, e dimostra inoltre
che il celibato esercita sulle facoltà intellettuali, specialmente
della donna, un'influenza così dannosa, che
nei manicomi il numero delle ragazze mentecatte supera
di gran lunga quello delle donne maritate. Nello
spedale della Salpetrière a Parigi, sopra 1726 pazze vi
erano 1276 ragazze. Intorno al danno tutto particolare
che deriva alla donna dall'astinenza sessuale, anche
il Busch nella sua opera: «La vita sessuale della donna
dal punto di vista fisiologico, patologico e terapeutico
» si esprime, tra l'altro, così: «L'astinenza fu considerata
in ogni tempo come specialmente dannosa al
sesso femminile, ed è un fatto che così l'eccesso come
l'astinenza influiscono sinistramente nello stesso grado
sull'organismo della donna, facendone sentire più
forti e intensi gli effetti che nel sesso maschile».
A seconda dellamisura in cui gli istinti e le manifestazioni
della vita nei sessi danno l'impronta allo sviluppo
dell'organismo e dell'intelligenza e si estrinsecano
nella forma e nel carattere, l'individuo è più perfetto,
sia egli uomo o donna. Ogni sesso allora raggiunge
la più alta perfezione di se stesso. Negli uomini
costumati, dice Klencke nel suo libro «La donna come
moglie» la violenza degli appetiti sessuali è posta sotto
la guida dei principi morali dettati dalla ragione, ma
non sarebbe possibile anche alla libertà più illimitata il
far tacere del tutto le esigenze della conservazione della
specie, esigenze insite nella normale costituzione organica
di entrambi i sessi. Se uomini e donne non
soddisfano a questo dovere verso la natura nel corso
della vita, non può dirsi che ciò sia l'effetto di una
resistenza liberamente voluta anche se questa resistenza
si gabelli come tale, ovvero si chiami, per illudere
se stessi, libero-arbitrio, bensì la conseguenza di
ostacoli e illazioni sociali, che soffocarono il diritto
naturale e lasciarono attutire gli organi; imprimendo a
tutto l'organismo il tipo del rattrappimento, dell'antitesi
sessuale così nell'aspetto come nel carattere, e suscitando
con lo squilibrio nervoso morbose condizioni
e tendenze tanto nello spirito quanto nel corpo. L'uomo
assume aspetto e carattere femmineo, e le donne
aspetto e carattere maschile, perché l'antitesi sessuale
non si realizzò giusta il piano della natura; l'uomo è
rimasto unilaterale, e non raggiunge il perfezionamento
di se stesso e il punto più alto della sua esistenza.
E il dottor Elisabetta Blackwall scrive nel libro
«L'educazione morale del giovane in relazione al sesso
»: «L'istinto sessuale esiste come condizione indispensabile
della vita e come fondamento della società
».
E' una delle forze più vigorose della natura umana.
Tutto può sparire, questa no. Anche non sviluppata,
anche senza formare oggetto del pensiero, codesto
istinto necessario che è, si può dire, il fuoco centrale
della vita, costituisce la salvaguardia naturale contro
ogni possibilità di distruzione.
La scienza esatta concorda quindi colle idee dei
filosofi e col sano concetto dell'uomo, espresso da
Lutero. Ne segue che ogni essere umano ha il diritto
non solo di soddisfare, ma anche quello di poter soddisfare
ed anzi di dover soddisfare quegli istinti che
sono intimamente connessi con la sua più intima essenza,
e che costituiscono anzi l'essere suo. Se ciò
viene impedito o reso impossibile da leggi o pregiudizi
sociali, ne seguirà un arresto di sviluppo nella
vita dell'individuo e quindi una stagnazione e un regresso.
Quali ne siano le conseguenze lo sanno i
nostri medici, i nostri ospedali, i manicomi e le carceri,
anche tacendo del turbamento recato ad una
infinità di famiglie.
Alcuni fatti e giudizi addotti ed espressi da uomini
competenti lo provano ancora di più. Il dottore in
medicina Hegerich, il traduttore del "Saggio sopra la
popolazione" diMalthus, si esprime così, sulle conseguenze
della violenta soppressione dello stimolo sessuale
nelle donne: «Riconoscendo con Malthus il valore
della astinenza virtuosa, debbo tuttavia, come
medico, fare la dolorosa osservazione che la astinenza
delle donne, che negli stati nostri è addirittura una
virtù superiore, ma che non è perciò meno un delitto
contro natura, viene spesso pagata colle più terribili
malattie. Così come è certo una paura fantastica il
paventare le tristi conseguenze della continenza dell'uomo
e di un certo modo affine di soddisfazione
dell'istinto sessuale, è altrettanto certo che la virtuosa
astinenza delle donne non offre uno scarso contingente
causale alla origine di terribili metamorfosi del
petto, delle ovaie e dell'utero. Questimali sono quasi i
più tormentosi di tutti, perchè traendo origine da sistemi
che sono meno connessi ai punti centrali della
vita individuale, indeboliscono presto i malati. Le vittime
infelici di questi mali, per lo più donne distinte
che trionfarono, malgrado una lotta accanita con un
temperamento bollente, presentano facilmente lo spettacolo
più ributtante di tutti. Sul suo letto si affligge la
giovinetta abbandonata, la vedova anzitempo...!». Egli
(66) Mainländer: Filosofia della redenzione, vol. II, 12
Saggio (Nota diA. Bebel).
(67)Dott.A.Debay: Igene e fisiologia delmatrimonio.Parigi
1884. Citato: «Nel libero regno» di Irma L. Troll-Borostyani,
Zurigo 1884.
42
nota poi come gli incomodi e le malattie suddescritte,
si manifestino specialmente nelle monache.
Le seguenti cifre ci insegnano come soffrano uomini
e donne se l'istinto sessuale viene compresso, e
come anche un matrimonio mal fatto sia preferibile al
celibato. In Baviera nel 1858 sopra 4899 mentecatti,
2576 e cioè il 53% erano uomini, 2323 cioè il 47%
erano donne. Gli uomini quindi erano rappresentati
più delle donne. Ma, nel totale, il numero dei non coniugati
d'ambo i sessi era rappresentato dall'81%, quello
dei coniugati soltanto dal 17%, del 2%non si conosceva
lo stato civile. Ciò che attenua di un poco questa
spaventosa proporzione è il fatto che un numero
non minore di mentecatti fino dalla giovinezza si trovava
fra i non coniugati. Nell'Annover, secondo un
calcolo fatto nell'anno 1856, la proporzione dei dementi
appartenenti ai diversi ceti della popolazione era
di un pazzo su 457 non coniugati, di uno su 564 vedovi,
e di uno su 1316 coniugati. In Sassonia, sopra
un milione di celibi, si contano 1000 suicidi, e 500
soltanto sopra un milione di ammogliati. Fra le donne,
che danno un contingente di suicidi molto inferiore a
quello degli uomini, si ebbero 260 suicide su un milione
di nubili, e 125 soltanto su un milione di maritate.
Consimili risultati presentano molti altri stati. Il numero
delle suicide è straordinariamente grande nelle età
dai sedici ai ventun anni, ciò che si deve attribuire
specialmente al non soddisfatto stimolo sessuale, alle
amarezze e afflizioni amorose, alle occulte gravidanze
ed ai tradimenti degli uomini. Le stesse cause producono,
come già misero in rilievo parecchie delle ricordate
autorità mediche, anche la pazzia, ed anzi una
proporzione molto sfavorevole per i non coniugati. Il
professor Krafft-Ebing, uno dei più insigni psichiatri,
si esprime così sulla condizione della donna ai tempi
nostri, considerata come sesso:
«Una causa non ultima della pazzia nelle donne si
trova nella loro posizione sociale. La donna, che per
natura sente più dell'uomo gli stimoli sessuali, almeno
in senso ideale, non conosce alcun altro onesto
soddisfacimento di tale bisogno all'infuori del matrimonio
(68).
«Soltanto con questo essa può provvedere. Il suo
carattere si è formato attraverso infinite generazioni
seguendo questo indirizzo. La fanciulla fa già da madre
con la sua bambola. La vita moderna colle sue
cresciute esistenze offre sempre minori speranze a
soddisfarlo per mezzo del matrimonio. Ciò vale specialmente
per i ceti più elevati in cui i matrimoni sono
più rari e più tardivi.
«Mentre l'uomo, perché più forte per le sue maggiori
facoltà fisiche e intellettuali, e la sua libera posizione
sociale, si procura senza fatica, il soddisfacimento
sessuale o trova facilmente un equipollente
in qualche occupazione che assorbe tutta la sua attività,
queste vie sono chiuse alle donne nubili dei ceti
più elevati. Ciò conduce scientemente o inconsciamente
al malcontento di sé e degli altri, ed a insidie
morbose. Per un po' si cercherà un compenso nella
religione,ma inutilmente. Dal fanatismo religioso, con
o senza masturbazione, si sviluppano una quantità di
sofferenze nervose fra le quali non sono rari l'isterismo
e la pazzia
«Solo con ciò si comprende il fatto che la maggiore
frequenza nella pazzia delle donne nubili si nota
nell'età dai 25 ai 35 anni, e cioè nell'età in cui scompare
la floridezza e svaniscono le speranza della vita,
mentre negli uomini la pazzia si sviluppa più frequentemente
dai 35 ai 50 anni, e cioè in un'età in cui sono
più gravi le esigenze nella lotta per l'esistenza.
«Non è certo un caso che col cresciuto celibato la
questione della emancipazione della donna sia venuta
sempre più all'ordine del giorno. Io la considererei
come un indizio urgente delle condizioni sociali della
donna che diventano sempre più incompatibili col progrediente
celibato, come indizio della legittima pretesa
che sia procacciato alla donna un equivalente di ciò a
cui essa stessa è tratta da natura, e che le moderne
condizioni sociali le negano» (69).
Il dott. H. Ploss nella sua grande opera "La donna
nella natura e nell'etnologia" (70) esaminando gli effetti
del mancato appagamento dell'istinto sessuale
nelle donne nubili, scrive: «E' degno della massima
osservazione, non solo per il medico, ma anche per
l'antropologo, che vi è un mezzo efficacie e infallibile
di frenare od arrestare questo processo di avvizzimento
(nelle vecchie zitelle) non solamente nel suo
progresso, ma anche di restituire la già perduta floridezza,
se non nel primitivo splendore, almeno in grado
notevole; solo è peccato che le nostre condizioni
sociali ne permettano e rendano possibile l'uso soltanto
in casi rarissimi. Codesto mezzo consiste in un
commercio sessuale regolare e ordinato. Non è raro
vedere che in una ragazza già sfiorita e vicina allo
stato di avvizzimento, se le si offre l'occasione di maritarsi,
poco tempo dopo le nozze le forme le si arrotondano,
torna il roseo colore alle guancie e gli occhi
riacquistano il primitivo loro splendore. Il matrimonio
è quindi la vera fonte della giovinezza per il sesso
femminile. La natura ha le sue leggi fisse, che esigono
il loro diritto con una severità inesorabile, ed
ogni vita praeter naturam, ogni metodo di vita contro
natura, ogni tentativo ad adattarsi a sistemi di vita che
non corrispondono a quelle leggi, non può passare
senza lasciare traccie visibili di degenerazione nell'organismo,
vuoi dell'animale, vuoi anche dell'uomo».
A riprova degli effetti che ilmatrimonio e il celibato
esercitano sul sentimento, adduciamo anche le cifre
seguenti: Nel 1882 c'erano in Prussia sopra ogni
(68) Si dirà che oggi, entrati nel terzo millennio, grazie al
progresso civile, almeno nei paesi più sviluppati, la donna ha
più "libertà" nell'onesto soddisfacimento del bisogno sessuale,
cosa che può fare senza doversi per forzasposare o incorrere
ad ostracismi sociali che la emarginano nei gironi delle donne
scostumate e di malaffare. Ciò non toglie che la condizione
sociale della donna nella società capitalistica resti comunque
vincolata alle forme del matrimonio previste dalle leggi e ai
pregiudizi, radicati da infinite generazioni, sulla famiglia.
(69) Richard Freiherr von Krafft-Ebing, psichiatra e neurologo
tedesco (1840-1902), fu autore di Psychopathia sexualis
(1886) - da cui con ogni probabilità è tratto il brano citato da
Bebel -; questo è stato il primo tentativo di studio sistematico
di tutti i comportamenti sessuali devianti.
(70) Vol. II, Lipsia 1887 (Nota di A. Bebel).
43
10.000 abitanti di stato civile uguale 33,2 dementi
maschi celibi; 29,3 donne nubili; dementi maschi maritati
solo 9,5; donne 9,5; dementimaschi vedovi 32,1;
donne 25,6. E' quindi certissimo che la mancata soddisfazione
dell'istinto sessuale esercita la più sinistra
influenza sulla costituzione fisica e psichica degli uomini
e delle donne, e non possono essere considerate
come sane quelle condizioni sociali, le quali vietano e
impediscono un soddisfacimento normale di costesto
istinto.
Sorge ora il quesito: La società moderna ha dato
soddisfazione alle pretese avanzate dagli uomini e specialmente
dal sesso femminile per un sistema di vita
razionale? Ovvero: Può essa soddisfarle? E, in caso
negativo, sorge la domanda: Come possono tali esigenze
essere appagate? «Il matrimonio è la base della
famiglia, la famiglia è la base dello stato, ciò che colpisce
il matrimonio, colpisce la società e lo stato, e rovina
entrambi»; così vanno gridando i difensori dell'ordine
odierno. Ora la monogamia è assolutamente uno
dei principi più importanti della società civile, ma se
codesto matrimonio a base di monogamia, che è un
portato dell'ordinamento industriale borghese, sia anche
quello che risponde pienamente allo scopo dello
sviluppo dell'umanità, è un'altra questione. Dimostreremo
che il matrimonio basato sul sistema borghese
della proprietà è un matrimonio più o meno forzato,
porta con sé molti inconvenienti e deformità e spesso
non raggiunge completamente od anche non raggiunge
affatto il suo scopo. Dimostreremo inoltre che esso
è per giunta una istituzione sociale, di cui moltissimi
non possono profittare, e che un matrimonio basato
sul libero amore, pur essendo il solo rispondente ai
fini della natura, non può essere per la generalità.
Riguardo al matrimonio odierno, Stuart Mill, che
non può essere sospetto di comunismo, esclama: «Il
matrimonio è la sola vera schiavitù che la legge conosca
». Giusta le idee già riferite di Kant, soltanto uomo
e donna insieme formano l'uomo. Il sano sviluppo della
specie umana riposa sulla unione normale dei sessi.
L'esercizio naturale dell'istinto sessuale è una necessità
per un vigoroso sviluppo fisico e psichico dell'uomo
e della donna. Ma poiché l'uomo non è un animale,
per il completo soddisfacimento del suo più
energico ed impetuoso istinto non gli basta il semplice
appagamento del senso; egli esige anche l'attrattiva
intellettuale e l'armonia coll'essere col quale si accoppia.
Se codesto accordo non c'è, l'accoppiamento è
puramente meccanico, e tale unione si dice, a buon
diritto, immorale. Esso non basta alle più elevate pretese
dell'uomo, le qualimirano a nobilitare intellettualmente,
nel mutuo affetto di due esseri, un rapporto
che riposa su leggi puramente fisiche. L'uomo superiore
esige che la forza d'attrazione dei due sessi duri
anche dopo la copula, ed estenda la sua efficacia nobilitante
anche all'essere vitale che nascerà dall'accoppiamento
(71).
I riguardi e i doveri verso i discendenti non meno
che la gioia che essi procacciano, rendono durevole
la relazione amorosa di due esseri in tutte le forme
sociali. Ogni coppia che vuole entrare in relazioni sessuali
durevoli, e quindi contrarrematrimonio, dovrebbe
proporsi il quesito, se le qualità fisiche e morali di
entrambi si adattano a tale unione. Ma perché la risposta
possa riuscire imparziale, è necessario in primo
luogo: l'esclusione di ogni interesse estraneo, che
non abbia a che fare col vero scopo dell'unione, che
consiste nell'appagamento dell'istinto sessuale e nella
riproduzione di se stesso, nella riproduzione della razza;
in secondo luogo, un certo grado di perspicacia
per frenare la passione cieca. Ora, poiché ambedue le
condizioni, come proveremo più innanzi, nella società
presente vengono a mancare in moltissimi casi, così
ne deriva che il matrimonio moderno è molto lontano
dal raggiungere il suo scopo, e che perciò esso non
può considerarsi né «santo» né «morale».
Naturalmente non si può provare statisticamente
la quantità dei matrimoni che vengono oggidì conchiusi
con idee assai differenti da quelle esposte. Le
parti sono interessate a far apparire agli occhi del pubblico
il matrimonio diverso da quello che è. In questa
materia specialmente domina una tendenza all'ipocrisia,
quale, in misura uguale, non si incontra in alcuna
società primitiva.Anche lo stato, quale rappresentante
di questa società, non ha interesse di istituire delle
indagini anche solo per prova, perché il risultato di
esse potrebbe diffondere una curiosa luce intorno alla
stessa opera sua. Le massime osservate dallo stato in
ordine di matrimonio delle grandi categorie dei suoi
impiegati e servitori, non comportano l'applicazione
di una norma che egli stesso dichiara necessaria.
Il matrimonio, per raggiungere il suo scopo naturale,
dev'essere una unione, e in ciò consentono anche
gli idealisti borghesi, di due esseri per scambievole
amore. Questo movente però si presenta schietto
oggi in pochissimi casi.Dallamaggior parte delle donne
il matrimonio viene considerato come una specie di
istituto di collocamento, in cui esse devono entrare a
qualunque costo. Viceversa, anche un grande numero
di uomini considerano ilmatrimonio dal solo punto
di vista dell'affare, e tutti i vantaggi e i danni vengono
accuratamente calcolati e pesati soltanto sotto un
aspetto materiale.
Ed anche nei matrimoni non determinati da bassi
motivi egoistici, la cruda realtà reca tanto turbamento
e tanta dissoluzione che in ben pochi casi si realizzano
le speranze concepite dagli sposi nel loro giovanile
entusiasmo e nel bollore della passione erotica.
Ciò è naturale. Se si vuole che il matrimonio assicuri
agli sposi una convivenza soddisfacente, bisogna
che insieme al vicendevole amore e alla stima reciproca,
si accoppi la sicurezza dell'esistenza materiale, e
quella quantità di mezzi per le necessità e le comodità
della vita, che credono indispensabile di avere per
sé e i loro figliuoli. Le gravi cure e la lotta aspra per
l'esistenza sono il primo chiodo per la bara della felici-
(71) L'accordo e i sentimenti per cui due sposi si avvicinano,
esercitano indubbiamente una influenza decisiva sull'effetto
dell'accoppiamento e imprimono al carattere del nascituro
determinate proprietà. Dott. Elisabetto Blackwall: La educazione
morale del giovane in relazione ad sesso. Si veda anche:
Affinità elettive, di Goethe, il quale descrive in modo evidente
l'effetto del sentimento (Nota di A. Bebel).
44
tà coniugale. Le preoccupazioni diventano tanto maggiori,
quanto più feconda si mostra la comunione coniugale,
e quindi quanto più ilmatrimonio raggiunge il
suo scopo naturale. E qui è notevole un fatto. Il contadino
che si compiace di ogni vitello che la giovenca
gli partorisce, che conta con soddisfazione il numero
dei porcellini che una troia gli reca, e narra, compiacendosene,
l'avvenimento ai suoi vicini, questo medesimo
contadino si fa cupo quando sua moglie gli
regala un altro rampollo, che viene ad aumentare il
numero - che non può essere grande - di quelli che
egli crede di potere educare e mantenere senza soverchie
cure, e ancora più cupo, se il neonato ha la sventura
di essere una femmina.Che poi, non soltanto i
matrimoni, ma anche le nascite siano dipendenti dalle
condizioni economiche, è dimostrato dal numero delle
nascite in Francia. Quivi prevale nelle campagne il
sistema parcellare. Il suolo, sbocconcellato e frazionato
oltre misura, non basta più a nutrire il suo padrone.
Di fronte a codesta illimitata divisione del suolo,
permessa dalla legge, il contadino francese ben di rado
dà la vita a più di due figli, donde il celebre sistema dei
due figli che si è elevato in Francia ad una vera istituzione
sociale e che mantiene quasi stazionaria la popolazione
con grande spavento dei capi dello stato, e
che in molte province, anzi, ne segnala una rilevante
diminuzione. Il risultato è questo, che il numero delle
nascite in Francia decresce continuamente. Su 1000
donne, solo 99 sono feconde, mentre in Germania
151. Nel 1814 le nascite in Francia raggiunsero la cifra
di 994.100, nel 1876 soltanto di 966.700 con una
maggiore densità di popolazione. In media, le nascite
in Francia, sopra circa 1000 abitanti nel periodo dal
1873 al 1876, furono ogni anno: 26,2-26; dal 1876 al
1879: 25,5-25,2; dal 1881 al 1885: 24,9-24,1; dal 1886
al 1888: 23,9. In quest'ultimo periodo invece, l'Inghilterra
presenta su 1000 abitanti in media 32,9 nascite,
la Prussia 41,27 e la Russia 48,8. In Francia adunque
diminuisce di continuo il numero delle nascite.
Il fatto addotto che la nascita di un uomo, come i
regligiosi dicono «immagine di Dio», viene in molti
casi calcolato ad un tasso inferiore a quello di un animale
domestico, dimostra la condizione iniqua in cui
ci troviamo. Ed è specialmente il sesso femminile che
ne soffre. Per certi riguardi le nostre idee sono poco
diverse da quelle degli antichi popoli barbari e di alcuni
di quelli che vivono anche oggi. Se là le ragazze
sopranumerarie spesso venivano e vengono ammazzate,
noi non le uccidiamo più perché siamo troppo
civilizzati. Ma esse sono trattate spesso da paria nella
società e nella famiglia. L'uomo, più forte, le opprime
da per tutto nella lotta per l'esistenza; e dove esse tuttavia
accettano la lotta spinte dall'amore per la vita,
vengono rabbiosamente perseguitate dal sesso forte
come concorrenti moleste. In ciò i diversi ceti del
sesso maschile non fanno alcuna differenza. Se operai
dalla vista corta esigono che sia assolutamente proibito
il lavoro alle donne (la domanda venne presentata
nel 1877 al congresso operaio francese, ma fu respinta
a grande maggioranza) una tale crudeltà d'anino
è da scusare, poiché tale pretesa può esser giustificata
dal fatto indiscutibile che con la crescente introduzione
del lavoro femminile, la vita domestica degli
operai cade completamente in rovina, rendendo così
inevitabile la degenerazione della specie. Tuttavia il
lavoro delle donne non si può vietare, perché centinaia
di migliaia di donne sono costrette al lavoro industriale
e ad ogni altro lavoro non domestico, non potendo
esse altrimenti campare la vita. La stessa donna
maritata è costretta a prendere parte alla lotta della
concorrenza, perché spesso accade che i guadagni
del marito non bastano più da soli a mantenere la famiglia
(72). Ciò accade in grado molto minore nelle
nostre classi cosiddette elevate; eppure esse si oppongono
con viva gagliardia e col massimo astio alla
concorrenza femminile.
Certo la società moderna è più colta d'ogni altra.
La donna è collocata più in alto; anche le sue occupazioni
sono molto diverse e più degne, ma il concetto
sui rapporti dei due sessi è rimasto in fondo essenzialmente
lo stesso. Il professor Lorenzo de Stein nel suo
lavoro: "La donna nel campo dell'economia nazionale",
scritto che, sia detto per incidenza, corrisponde
poco al suo titolo ed alle concepite aspettative, fa un
quadro poeticamente abbellito del matrimonio odierno,
quale dovrebbe essere in ipotesi;ma anche in questo
quadro apparisce la posizione subordinata della donna
di fronte al "leone" uomo. Egli scrive fra altro: «L'uomo
vuole un essere che non solo lo ami, ma che lo
comprenda; vuole una creatura alla quale non solo
batta il cuore per lui, ma la cui mano gli accarezzi la
fronte, che al suo apparire irradi la pace, l'ordine, il
mite impero sopra sè stesso e le mille cose alle quali
giornalmente attende; egli ha bisogno di un essere che
diffonda intorno a tutte queste cose quell'inesprimibile
profumo di femminilità che è il calore vivificante
della vita domestica». In questo apparente panegirico
della donna, si cela la sua umile posizione e il più basso
egoismo dell'uomo. Il professore dipinge arbitrariamente
la donna come un essere vaporoso, il quale,
provvisto delle necessarie nozioni aritmetiche pratiche
per mantenere in equlibrio il bilancio dell'economia
domestica, e nel resto leggiadra come una dolce
primavera, pende dalle labbra del padrone di casa, il
leone imperante, gli legge negli occhi ogni desiderio, e
colla piccola mano bianca gli accarezza la fronte che
egli, il "signore della casa", forse corruga sulle proprie
sciocchezze. Insomma il professore de Stein dipinge
una donna e un matrimonio come su cento se
(72) «Il sig. E., un fabbricante, mi comunica che ai suoi
telai meccanici adibisce esclusivamente personale femminile;
dà la preferenza alle donne sposate, specie se con famiglia che,
per il suo sostentamento, dipende da loro; esse - dice - sono
molto più attente e docili che le donne nubili, e costrette ad una
estrema tensione delle forze per ottenere i mezzi di sussistenza
necessari. Così le virtù, le autentiche virtù del carattere
femminile, vengono pervertite a suo danno - così, quanto vi è di
morale e di dolce nella natura femminile è trasformato inmezzo
della sua schiavitù e delle sue sofferenze» (Ten Hours' Factory
Bill. The Speech of Lord Ashley, 15thMarch, Londra, 1844, p.
20); questo brano, che viene ripreso in nota da Bebel, è citato in
una nota daMarx ne Il Capitale, Libro I, cap. XIII,Macchine e
grande industria. Cfr. K. Marx, Il Capitale, Libro I, UTET,
Torino 1974, p. 538.
45
ne trova e se ne può trovare uno solo. Dei tanti matrimoni
disgraziati e del disaccordo fra il dovere e il potere,
del grande numero di donne che non possono
mai pensare per tutta la vita a contrarre matrimonio,
deimilioni che devono affaticarsi come bestie da soma
da mane a sera per guadagnare il misero pane quotidiano,
di tutto ciò il dotto professore nulla vede, nè
sa. A tutte queste disgraziate la cruda realtà toglie il
colorito poetico più facilmente di quello che lamano il
pulviscolo colorito dalle ali della farfalla.Uno sguardo
ad esse avrebbe distrutto il quadro poeticamente inspirato
del professore e gli avrebbe guastato il concetto.
Le donne che egli vede costituiscono soltanto
un'esigua minoranza, e noi dubitiamo che anche esse
siano all'altezza dei loro tempi.
Spesso si dice che la pietra di paragone della coltura
di un popolo, è la posizione che occupa la donna.
Sia pure, ma proveremo poi che la nostra tanto celebrata
coltura non è ancora molto avanzata.
Nel suo lavoro: "La schiavitù della donna" (il titolo
esprime il concetto che l'autore ha in generale della
posizione attuale della donna) Stuart Mill sentenzia
così: «La vita degli uomini è diventata più casalinga. Il
progresso della civiltà impone all'uomo maggiori vincoli
verso la donna». Ciò è giusto solo condizionatamente.
Può darsi che sia vero, là dove esistono tra
uomo e donna rapporti coniugali sinceri e leali, ma si
può dubitare seriamente che possa applicarsi anche
solo ad una forte minoranza. Ogni uomo ragionevole
stimerà già per sè stesso utile che la donna, dalla ristretta
sfera dell'attività domestica, entrando più nella
vita, si avvezzi alle tempeste che la travagliano. Perciò
all'uomo possono esser imposti nuovi vincoli, ma
non tali che lo opprimano. all'incontro deve ancora
ricercarsi se la nostra vita moderna non ha introdotto
nel matrimonio fattori che lo guastano e perturbano
più di prima.
Certo anche prima, là dove la donna possedeva
delle sostanze, venivano conchiusi matrimoni più per
riguardi materiali che per amore e inclinazione; ma
non vi sono esempi dimatrimoni contratti, come oggi,
in un modo così cinico, come un pubblico mercato,
per semplice mira di speculazione e per denaro. Oggi
il traffico dei matrimoni nelle classi abbienti – per le
classi non abbienti non ha alcun significato – si fa
spesso con tanta impudenza da far parere un vero
scherno la frase continuamente ripetuta sulla «santità
» del matrimonio.
Ciò, del resto, ha, come ogni cosa, il suo discreto
fondamento. In nessun tempo, come nel presente, è
diventato più difficile alla grande maggioranza degli
uomini di sollevarsi ad un benessere corrispondente
alle idee della generalità; ma in nessuna epoca, come
in questa, ha predominato la tendenza ad un'esistenza
più degna dell'uomo ed al godimento della vita.
E diventa tanto più doloroso non raggiungere lo
scopo propostosi, in quanto tutti credono di dover
godere gli stessi diritti. Formalmente non vi è alcuna
distinzione di ceti e di classi. Il concetto democratico
dell'eguaglianza nel diritto di godere, ha risvegliato in
tutti il desiderio di tradurre in realtà questa parificazione
di diritti.Ma lamaggioranza non ha ancora compreso
che l'eguaglianza nei godimenti è possibile soltanto
allorquando coesiste la parificazione dei diritti e
l'uguaglianza delle condizioni sociali di esistenza. Invece
l'idea dominante e l'esempio dall'alto insegnano
ai singoli di valersi di ogni mezzo che, senza comprometterli,
lo conduce, secondo il loro intendimento,
alla meta.
Così la speculazione dei matrimoni per danaro è
diventata un mezzo per salire. La sete dell'oro, possibilmente
di molto oro, da un lato, e la brama di gradi,
titoli e dignità dall'altro, trova il proprio reciproco soddisfacimento,
specialmente negli strati cosiddetti più
elevati della società. Qui ilmatrimonio viene per lo più
considerato come un semplice affare, come un legame
convenzionale, che i contraenti apparentemente
rispettano, mentre, nel resto, ognuna delle parti opera
assai spesso secondo le proprie inclinazioni.Aimatrimoni
per politica, nelle più alte sfere, accenneremo
soltanto per esaurire l'argomento.Anche in questimatrimoni,
di regola, ed anzi per l'uomo assai più che per
la donna, ha perdurato tacitamente il privilegio di compensarsi
secondo il capriccio ed il bisogno, e senza
danno, fuori del matrimonio (73). Ci fu un tempo in
cui, presso i sovrani, il sistema di tenere una maitresse
era buon genere, e ogni principe doveva mantenerne
almeno una; era, in certo modo, un attributo principesco.
Così, secondo lo Scherr, Federico Guglielmo
I (1713-1740) teneva relazione, almeno in apparenza,
con la moglie di un generale, e tutta l'intimità
(73)A questo proposito non può non venire inmente quanto
scritto nel Manifesto del partito comunista di Marx-Engels,
quando nel II capitolo Proletari e comunisti, si affronta l'argomento
della famiglia borghese: «Abolizione della famiglia!Anche
i più estremisti si riscaldano parlando di questa ignominiosa
intenzione dei comunisti. Su che si basa la famiglia attuale, la
famiglia borghese? Sul capitale, sul guadagno privato. Una famiglia
completamente sviluppata esiste soltanto per la borghesia:
ma essa ha il suo complemento nella coatta mancanza
di famiglia del proletario e nella prostituzione pubblica.
«La famiglia del borghese cade naturalmente col cadere di
questo suo complemento ed entrambi scompaiono con la scomparsa
del capitale (...).
«Tutta la borghesia ci grida contro in coro:ma voi comunisti
volete introdurre la comunanza delle donne. Il borghese
vede nella moglie un semplice strumento di produzione. Sente
dire che gli strumenti di produzione devono essere sfruttati in
comune e non può naturalmente farsi venire in mente se non
che la sorte della comunanza colpirà anche le donne. Non sospetta
neppure che si tratta proprio di abolire la posizione
delle donne come semplici strumenti di produzione.
«Del resto non c'è nulla di più ridicolo del moralissimo
orrore che i nostri borghesi provano per la pretesa comunanza
ufficiale delle donne fra i comunisti. I comunisti non hanno
bisogno di introdurre la comunanza delle donne; essa è esistita
quasi sempre. I nostri borghesi, non paghi di avere a disposizione
le moglie e le figlie dei loro proletari, per non parlare
neppure della prostituzione ufficiale, trovano uno dei loro divertimenti
principali nel sedursi reciprocamente le loro mogli.
In realtà, il matrimonio borghese è la comunanza delle mogli.
Tutt'al più ai comunisti si potrebbe rimproverare di voler introdurre
una comunanza delle donne ufficiale e franca al posto
di una comunanza delle donne ipocritamente dissimulata. Del
resto è ovvio che, con l'abolizione dei rapporti attuali di produzione,
scompare anche quella comunanza delle donne che ne
deriva, cioè la prostituzione ufficiale e non ufficiale»
46
consisteva in questo, che egli andava tutti i giorni a
passeggio con lei per un'ora nel cortile del castello.
In ogni grande metropoli vi sono determinati giorni
ed ore in cui le classi elevate si riuniscono precisamente
allo scopo di promuovere la conclusione di
sponsali e di matrimoni. Coteste adunanze vengono
chiamate assai propriamente "la borsa del matrimonio".
Siccome la speculazione e il traffico vi rappresentano
la parte principale, non vi sono esclusi l'inganno
ed il raggiro. Ufficiali carichi di debiti, ma che
possono presentare un vecchio titolo di nobiltà; Roué,
indeboliti dalla debauche, che vogliono rifare nel porto
matrimoniale la salute rovinata, ed hanno bisogno
di una donna che li curi; fabbricanti che si trovano sul
limite della bancarotta e spesso della galera; commercianti
e banchieri che vogliono essere salvati; infine,
tutti quelli che cercano rapida fortuna coll'aumento
della ricchezza, si trovano colà, vicino ad impiegati
che mirano ad un avanzamento, ma che intanto sono
poveri in canna, come avventori, e contrattano del
pari, sia che la sposa sia giovane o vecchia, bella o
brutta, sana o ammalata, educata o incolta, pia o frivola,
cristiana o ebrea.
Un celebre uomo di Stato sentenziava: «il matrimonio
fra un cristiano H. ed un'ebrea St. è molto raccomandabile
» (74). L'immagine tolta a prestito dalla
stalla dei cavalli, trova, come insegna l'esperienza, viva
approvazione negli alti circoli della nostra società. Il
danaro compenza tutti i difetti, e serve di contrappeso
a tutti i vizi. Il codice penale germanico (§§ 180 e
181) punisce severamente il ruffianesimo, ma se i
genitori, i tutori, i parenti fan da mezzani ai loro figli,
pupilli o congiunti perché sposino un uomo o una
donna che non amano, ma solo per viste d'interesse o
d'ambizione, non vi è nessuna autorità dello stato che
li colpisca, benché sia un reato. Molte agenzie organizzate
dimatrimoni, mezzani e mezzane d'ogni genere
vanno a far bottino e cercano i candidati e le candidate
per il «santo vincolo delmatrimonio». Simili agenzie
sono lucrose, in ispecie quando lavorano per i
membri dei ceti elevati. A Vienna, nel 1878, vi fu un
processo penale per veneficio contro una mezzana,
che fu condannata a 18 anni di lavori forzati, e nel
quale venne assodato che l'ambasciatore francese a
Vienna, conte di Banneville, pagò a codesta donna, a
titolo di senseria, per avergli procurata la moglie, ventidue
mila fiorini.Altri sensali dell'alta aristocrazia furono
pure compromessi gravemente in quel processo.
Evidentemente certi organi dello stato protessero
la donna per molti anni nella sua tenebrosa e delittuosa
industria. Perciò non vi poteva esser dubbio sui
complici.Anche della capitale dell'impero germanico
si narrano le stesse storie.
Un oggetto affatto speciale dei trafficanti di matrimoni
sono da parecchi anni, per la nobiltà europea
bisognosa di danaro, le figlie ed eredi della ricca borghesia
nord-americana, le quali dal canto loro hanno
bisogno di quel rango e di quelle dignità, che non ci
sono nella loro patria. Una parte della stampa germanica
nell'autunno del 1889 ha, con una serie di pubblicazioni,
posto in luce coteste imprese. Secondo tali
pubblicazioni, un cavaliere d'industria di nobile lignaggio,
dimorante in California, si era raccomandato in
qualità d'agente di matrimoni nei giornali tedeschi ed
austriaci e aveva ricevuto delle offerte le quali mostrano
a sufficienza quali idee sulla "sanità" delmatrimonio
e sul suo lato "etico" dominano nei relativi circoli.
Due ufficiali prussiani della guardia, ambedue
appartenenti, come essi affermano, alla più antica
nobiltà prussiana, dichiarano che sono disposti ad
entrare in trattative di matrimonio e narrano anche
sinceramente di avere un debito complessivo di più di
60.000 marchi. Poi soggiungono testualmente: «S'intende
da sè che noi non possiamo anticipare denari:
voi riceverete il vostro compenso dopo il viaggio di
nozze. Soltanto raccomandateci a delle signore verso
le cui famiglie non possa essere sollevata alcuna eccezione.
Sarebbe pure desiderabile fare la conoscenza
di signore di un aspetto quanto più possibile garbato
ed attraente.
Se richiesti, consegneremo i nostri ritratti ai vosti
agenti che ci daranno delle informazioni più precise, e
ci mostreranno le fotografie. Noi consideriamo tutto
l'affare come una cosa d'onore (!), e naturalmente
esigiamo lo stesso da voi. aspettiamo tosto una risposta
per mezzo del vostro agente locale nel caso ne
abbiate uno».
Berlino, Friedrichstrasse, 107, 15 dicembre
1889
Barone von M... , Arturo von W...
Anche un nobile austriaco, Carlo barone de M., di
Göding in Moravia, afferrò l'occasione, e volendo
pescare una ricca sposa americana, inviò all'ufficio di
S. Francisco la lettera seguente:
«Secondo un'inserzione letta nei giornali locali, voi
conoscete delle signore americane che desiderano
prender marito. Io mi metto a vostra disposizione, ma
vi avverto che non possiedo alcuna sostanza. Sono
però di una nobiltà antichissima (barone), 34 anni,
scapolo, fui ufficiale di cavalleria e presentemente sono
impiegato in costruzioni ferroviarie. Mi fareste cosa
gradita se mi lasciaste vedere una o più fotografie,
che, sulla mia parola d'onore, mi impegno di restituirvi.
Se avete bisogno del mio ritratto ve lo manderò. In
attesa di una pronta risposta su questo proposito, mi
segno colla massima stima».
Göding, Moravia, in Austria, 29 novembre
1889.
Vostro Carlo barone de M...
Un nobile tedesco, giovane, Giovanni de H., scrisse
da Londra che era alto 5 piedi e 10 pollici, che
apparteneva ad una antica famiglia nobile, e che era
nella carriera diplomatica. Egli confessò che il suo
patrimonio, per effetto di infelici scommesse alle corse
dei cavalli, era quasi sfumato e si trovava perciò
nella necessità di prendere una ricca sposa per colmare
il deficit. Egli era disposto anche ad intraprendere
tosto un viaggio agli Stati Uniti "dove era stato
(74) Vedi: Il principe Bismark e la sua gente, del Busch
(Nota di A. Bebel).
47
già due volte e dove aveva molti amici".
Il cavaliere d'industria sopra accennato affermava
che, oltre molti conti, baroni, ecc., s'erano annunziati
come candidati al matrimonio anche 3 principi e 16
duchi.Ma non i nobili soltanto, bensì anche i borghesi
aspiravano alle ricche americane.
Un'architetto di Lipsia voleva una sposa che fosse
non soltanto ricca, ma bella e colta. Un giovane proprietario
di fabbriche diKehl, sul Reno, scriveva ch'egli
sarebbe stato pago di sposare una donna che avesse
400.000marchi soltanto, promettendo anticipatamente
di farla felice. Noi crediamo che questi esempi basteranno
a provare quali ragioni ha la nostra ipocrita società
di combattere le tendenze della democrazia sociale,
le quali mirano a distruggere il matrimonio.
Le pagine degli annunzi di quasi tutti i nostri
giornali sono diventate oggi altrettante agenzie di
matrimoni.
Chi, sia esso uomo o donna, non trova subito ciò
che gli conviene, affida i bisogni del suo cuore a più
giornali conservatori o a quelli moralmente liberali, i
quali, a un tanto la riga, si adoperano affinché le anime
che vanno d'accordo si trovino e s'incontrino. Con
la raccolta di un solo giorno da un numero dei più
grandi giornali si riempiono intere pagine, d'onde scaturisce
anche il fatto interessante, che, mediante l'annunzio,
si cerca di conquistare come mariti perfino
degli ecclesiastici. In certi casi, vi è chi si offre di
passar sopra anche ad un errore di gioventù, purchè
la donna cercata sia ricca. Insomma il pervertimento
morale di alcune classi della nostra società non può
meglio essere posto alla berlina che con questo sistema
di richieste matrimoniali (75). Il ruffianesimo è
arrivato ad un punto tale, che qua e là le autorità furono
indotte a procedere con avvertimenti e minaccie
contro i più noti mezzani.
Così il podestà di Lipsia nel 1876 pubblicò un
manifesto in cui richiamava l'attenzione sulla illegittimità
ed invalidità della mediazionematrimoniale esercitata
per mestiere e invitava le autorità di polizia a
denunciare le eventuali contravvenzioni. Del resto, lo
stato che certe volte si mostra così zelante custode
dell'ORDINE e della MORALITA' – per esempio contro i
partiti a lui molesti – prende raramente occasione a
procedere seriamente contro tali eccessi ed abusi.
Stato e chiesa colla loro «santità del matrimonio»
rappresentano anche per altri rispetti una parte molto
amena. L'impiegato dello stato o il sacerdote cui corre
l'obbligo di conchiudere i matrimoni, può essere
fermamente persuaso che la coppia che gli sta davanti
fu unita per opera di arti le più vergognose, vedere
chiaramente che i coniugandi non armonizzano menomamente
né per età né per qualità fisiche e morali;
può quindi la sposa avere vent'anni e lo sposo settanta
o viceversa, può essere la sposa giovane, bella, geniale,
lo sposo vecchio, deforme, brontolone; tutto ciò
non dà pensiero ai rappresentanti dello stato o della
chiesa, né su ciò hanno da interloquire; il vincolo
matrimoniale viene «benedetto» e per parte della chiesa
di regola con tanta maggior pompa, quanto è più
copiosa la mercede per «l'atto santo».
Ma se dopo qualche tempo si scopre che tale matrimonio,
come tutti prevedevano, e la vittima infelice
più spesso è la donna, è disgraziato, e una delle parti
si decide alla separazione, allora stato e chiesa, i quali
non domandarono prima se il vincolo si stringe per
vero affetto e per impulso naturale e morale, ovvero
per mero egoismo, allora, ripeto, stato e chiesa vanno
a gara nel sollevare le più gravi difficoltà. Essi non
credono loro obbligo di segnalare, prima del matrimonio,
quanto v'è di evidentemente innaturale e perciò
altamente immorale nella unione. Solo di rado si
riguarda come motivo sufficiente di separazione l'incompatibilità
morale; richiedendosi di solito prove
palpabili, prove che disonorano e avviliscono sempre
una parte davanti alla opinione pubblica; altrimenti non
si pronuncia la separazione (76). Il divieto opposto
dalla chiesa cattolica al divorzio, concesso soltanto
con speciale dispensa del papa, dispensa che si ottiene
difficilmente, eccetto il caso di semplice separazione
di letto e mensa, rende ancora peggiore la condizione
triste e insopportabile di tutte le popolazioni
cattoliche.
E' però caratteristico per l'epoca nostra il fatto che,
sebbene anche l'osservatore il più superficiale debba
riconoscere che mai come ora i matrimoni infelici
furono così numerosi, (ciò che dipende da tutto il
nostro sviluppo sociale), tuttavia il nuovo progetto per
un codice civile per la Germania innalza nuovi ostacoli
contro la risoluzione del vincolo matrimoniale.
Onde riceve nuova conferma la vecchia esperienza,
che una società in dissoluzione cerca di illudersi sul
suo stato con mezzi artificiali e con misure coattive.
Nel decadente impero romano si cercava di favorire
i matrimoni e le nascite mediante premi dello stato.
Nell'impero germanico, che si trova sotto una simile
costellazione come già il corrotto impero dei Cesari,
si cerca d'impedire coattivamente la risoluzione
di numerosi matrimoni. Il risultato sarà lo stesso qui
come là.
Vi sono in tal modo esseri che restano insieme incatenati
contro loro volontà per tutta la vita. Una parte
diventa schiava dell'altra ed è costretta a subire gli
abbracci più intimi e le carezze per "dovere matrimoniale".
Carezze e accoppiamenti che essa forse aborrisce
più ancora degli insulti e del cattivo trattamento.
Dice bene ilMantegazza: «Non vi è maggior tortura
di quella che costringe un essere umano a lasciarsi
accarezzare da una persona che non ama" (77).
Ed ora noi domandiamo: questo matrimonio (e ve
ne sono senza fine) non è peggiore della prostituzione?
La prostituta è almeno fino a un certo punto libera
di sottrarsi al suo turpe mastiere, e, se non vive in
(75) Bebel scrive questo nel 1891, ma a più di cent'anni di
distanza la situazione non solo non si è ridimensionata, ma è
ulteriormente degenerata sviluppandosi non solo nei mezzi a
stampa ma anche attraverso le nuove tecnologie, come il web.
(76) In molti stati civili, oggi, la separazione tra coniugi e il
divorzio sono previsti e regolati da leggi apposite. Nonostante
ciò, la situazione reale rende la separazione e il divorzio impraticabili
per una parte notevole della popolazione proletaria
proprio per ragioni economiche, le stesse ragioni che sono alla
base del matrimonio borghese.
(77) La fisiologia dell'amore (Nota diA. Bebel).
48
postribolo, ha il diritto di rifiutare il prezzo dell'abbracciamento
di colui che per qualsiasi motivo non le
piace.
Ma una donna maritata deve consentire alle voglie
delmarito anche quando avesse mille ragioni di odiarlo
e aborrirlo.
In altri matrimoni conchiusi con mira speciale di
vantaggimateriali, le condizioni sono un pò meno cattive.
Ci si accomoda, si trova un modus vivendi, si
accetta come immutabile il fatto compiuto, perchè si
ha paura dello scandalo, o ci sono i figliuoli a cui si
deve aver riguardo – sebbene siano appunto i figliuoli
che vanno a soffrire per il contegno freddo e insensibile
dei genitori, freddezza e insensibilità che non c'è
bisogno prorompano in aperta ostilità, in contese ed
alterchi – ovvero perchè si temono danni materiali.
L'uomo, il quale è spesso la pietra dello scandalo
nel matrimonio, come è provato dalle cause di divorzio,
sa rifarsi altrove, conscio della sua sovranità.
La donna può traviare assai più raramente; anzitutto
perché è per lei più pericoloso per ragioni fisiche,
come parte che concepisce; poi perché ogni passo
fuori del matrimonio le viene imputato come delitto,
che né il marito né la società le perdonano. La
donna si decide alla separazione solo nei casi più gravi
di infedeltà maritale o di seri maltrattamenti, perché
essa deve considerare il matrimonio prevalentemente
come un istituto di mantenimento. Essa trovasi il più
delle volte in una posizione materialmente non libera,
e, come separata, in una posizione anche socialmente
non invidiabile.
Nondimeno, se il numero delle domande di separazione
da parte delle donne cresce continuamente, –
in Francia, per es., su 100 domande di separazione,
88 sono di donne (78) – bisogna dire che questo è un
sintomo della gravità deimali coniugali onde la donna
è oppressa. Il numero sempre crescente delle separazioni
pronunciate in quasi tutti i paesi, è molto significativo.
In Prussia vennero risolti giudizialmente:
nel 1883 3577 matrimoni
" 1884 3856 "
" 1885 3902 "
" 1886 3808 "
A Berlino nel 1884, 754 dei quali 238 per adulterio,
210 per malvagio abbandono, 36 per maltrattamenti;
44 per pazzia, 9 per malattia, 17 per ingiurie gravi.
Per mutuo consenso ne furono risolti 163; e per volontà
unilaterale 10. Non è quindi una grande esagerazione,
se un giudice austriaco, secondo un articolo
della "Gazzetta di Francoforte" del 1878 esclamò: «Le
istanze per scioglimento dimatrimonio sono tanto frequenti
come quelle per rottura dei vetri delle finestre».
La incertezza sempre crescente dei guadagni, la
difficoltà sempre maggiore di raggiungere una posizione
bastantemente sicura nella lotta economica di
tutti contro tutti, non offrono alcuna speranza che
cessi o diminuisca codesto traffico matrimoniale nel
vigente sistema sociale. Devono, al contrario, crescere
ed aumentare i mali matrimoniali, perché il matrimonio
è intimamente connesso colle odierne condizioni
della proprietà e della società.
La crescente corruzione del matrimonio da una
parte, e la impossibilità dall'altra permoltissime donne
di poter contrarre matrimonio dimostrano la insensatezza
di frasi come queste: La donna deve limitarsi
alle faccende domestiche, e compiere la sua missione
di padrona di casa e di madre. Al contrario, la corruzione
sempre necessariamente crescente, i maggiori
ostacoli – malgrado che lo stato lo abbia facilitato – la
pratica delle cognizioni carnali fuori del matrimonio,
devono aumentare la prostituzione e tutta la serie dei
vizi contro natura (79).
Nelle classi abbienti la donna non di rado si abbassa,
come nell'antica Grecia, al solo ufficio di procreare
figli legittimi, di custodire la casa e di aver cura
del marito quando lo colpisce qualche malattia. Il
marito conserva ed alimenta per suo diletto, per soddisfare
il suo bisogno di amare, cortigiane ed etère –
oggi chiamate ganze (80) – delle cui eleganti abitazioni
si potrebbero fare nelle grandi capitali i più bei quartieri
della città. Oltre a ciò le relazioni matrimoniali
contro natura conducono ad ogni sorta di delitti, come
l'uxoricidio ed alla creazione artificiale dimaniaci. Gli
uxoricidi si consumano specialmente in tempi di coléra
più spesso di quanto generalmente si creda, perchè i
sintomi del coléra corrispondono spesso a quelli dell'avvelenamento.
Ma la commozione generale, la quantità
dei morti e il pericolo del contagio rendono meno
sollecite le ricerche, anzi le accennate circostanze
necessitano che i cadaveri vengano rapidamente trasportati
e seppelliti.
Nelle classi che non possono permettersi il lusso
dimantenere una ganza, si ricorre ai pubblici luoghi di
piacere, alle sale da concerto e da ballo, ai postriboli.
L'aumento della prostituzione è un fatto ovunque
riconosciuto.
Se avviene lo scioglimento delmatrimonio nei ceti
medio ed alto della società perché fatto per denaro, o
a motivo di eccessi d'ogni genere, dell'ozio, della crapula,
collegati ad un corrispondente alimento dello
(78) Domande di separazione di letto e mensa presentate
in Francia:
Dal 1856-1861 in media per anno dalle mogli 1729, dai
mariti 184
Dal 1861-1866 in media per anno dalle mogli 2135, dai
mariti 260
Dal 1866-1871 in media per anno dalle mogli 2591, dai
mariti 330
Bridel: Puissance Maritale (Nota diA. Bebel)
(79)Anche il dottor Carlo Bucher lamenta nell'opera citata
la decadenza del matrimonio e della vita domestica; condanna il
lavoro femminile nelle industrie e domanda il ritorno sul terreno
più proprio alla donna dove essa soltanto crea valori, casa e
famiglia. Egli chiama dilettantismo gli sforzi degli odierni amici
delle donne e, infine, egli spera che si rientri tosto in carreggiata;
ma non è in grado di additare una via che riesca a condurre
all'intento. Le condizioni del matrimonio come la posizione di
tutto il mondo femminile non sono l'effetto dell'arbitrio, ma il
prodotto naturale del nostro sviluppo sociale. Lo sviluppo della
civiltà dei popoli non commette errori, né traccia circoli viziosi,
ma si compie ed obbedisce a leggi immanenti. E' compito di chi
studia tale civiltà di scoprire queste leggi e sulla base di esse
insegnare la via di togliere i mali presenti. (Nota diA. Bebel).
(80) Oppure amanti, mantenute.
49
spirito e dell'intelligenzamediante rappresentazioni teatrali
frivole, musica voluttuosa, lettura di romanzi
immorali ed osceni, e pitture dello stesso genere, anche
negli infimi strati sociali agiscono nello stesso senso
queste ed altre ragioni (81). La possibilità che il salariato
si elevi ad una posizione indipendente è, oggi
giorno, tanto lontana che non viene neppure tenuta in
considerazione dalla grande massa degli operai. Per il
salariato, dunque, il matrimonio per denaro è impossibile,
come è impossibile per la donna del suo ceto.
Di regola, egli si decide al matrimonio per affetto verso
una donna, ma non di rado conta anche sul guadagno
che essa è in condizione di fare, ovvero sulla
aspettativa che i figli si facciano valere presto come
strumenti di lavoro e provvedano così da sè alle loro
spese. Non mancano però motivi perturbatori anche
per il matrimonio degli operai. Una più copiosa prole
dimezza la forza produttiva della donna o la toglie del
tutto ed aumenta le spese. Le crisi commerciali, l'introduzione
di nuove macchine o di migliorati sistemi
di lavoro, le guerre, i trattati commerciali e doganali
poco favorevoli, le imposte indirette, insomma tutto
ciò che perturba o muta la vita economica e industriale,
diminuisce più o meno e per un tempo più o meno
lungo il guadagno del lavoratore, se pur talvolta non
lo getta sul lastrico. Questi rovesci di fortuna amareggiano
e inaspriscono la vita domestica, poiché non
passa giorno ed ora che la moglie o i figliuoli non
domandino ciò che è strettamente necessario; e non
sempre il marito può appagare tali richieste. Spesso,
per disperazione, egli cerca conforto nelle bettole,
consumando in pessima acquavite l'ultimo soldo; ed
allora le contese e gli alterchi non hanno più fine. La
rovina del matrimonio e della vita domestica sta qui.
Osserviamo un altro quadro. Marito e moglie si
recano al lavoro: i figli sono abbandonati a se stessi,
oppure dati in custodia ai fratelli maggiori, che hanno
anch'essi estremo bisogno di vigilanza e di educazione.
Si ingoia in fretta il cosiddetto pranzo, ammesso
che i genitori abbiano il tempo di poter andare a casa
(ciò che in moltissimi casi è impossibile per la brevità
del riposo e per la lontanaza dello stabilimento dall'abitazione);
stanchi ed affaticati ritornano entrambi
a casa la sera. Invece di una abitazione graziosa ed
amena, trovano una dimora angusta e malsana, priva
di aria, luce e d'ogni più indispensabile comodità. Il
crescente bisogno di abitazioni e le turpitudini che
derivano dalla loro scarsità sono uno dei lati più tenebrosi
del nostro ordinamento sociale e causa di molti
mali, dimolti vizi e dimolti delitti. E questo bisogno di
abitazioni si fa in tutte le città e in tutti i centri industriali
ogni anno maggiore e si diffonde sempre più
coi suoi incovenienti nei diversi strati sociali, tra i piccoli
industriali, impiegati, maestri, commercianti ecc.
La moglie dei lavoratori tornando a casa alla sera
stanca ed affaticata deve di nuovo far tutto da sè;
lavorare accanitamente e a rompicollo per allestire almeno
il più necessario. I figli piangenti e schiamazzanti
vengono posti a letto in tutta fretta; la donna
siede a cucire ed a rattoppare fino a tarda notte. Manca
il sollazzo e il conforto dello spirito pur tanto necessari.
Ilmarito è spesso incolto ed ignorante, la donna
ancora di più; quel poco che si hanno da dire è presto
esaurito. Il marito va all'osteria a ricercarvi il diletto
che non trova a casa; beve, ed anche quel poco che
gli basta è già molto per le sue condizioni. Talvolta ha
il vizio del gioco che fa tante vittime anche nelle classi
più elevate, e perde dieci volte di più di quello che egli
spenderebbe bevendo.
Frattanto la moglie a casa siede crucciata, dovendo
lavorare come una bestia da soma; per lei non v'è
risposo né ristoro; il marito gode la libertà che gli ha
fornito il caso di essere nato uomo. Di qui le discordie,
che se poi la moglie è meno ligia ai suoi «doveri»,
tornando la sera a casa stanca del lavoro, cerca una
legittima ricreazione; allora l'economia sparisce e la
miseria diventa doppiamente maggiore. Davvero che
noi viviamo nel «migliore dei mondi».
Per tutte queste circostanze, ilmatrimonio del proletario
si guasta sempre più. Anche le epoche più favorevoli
al lavoro esercitano la loro influenza dissolvente,
perché costringono il proletario a lavorare la
domenica e in ore straordinarie e gli tolgono il tempo
che ancora gli rimaneva per la famiglia. In moltissimi
casi per recarsi allo stabilimento si deve consumare
una mezzora ed anche un'ora: approfittare del riposo
delmezzogiorno per recarsi in famiglia è impossibile;
egli si alza alla mattina per tempo quando ancora i
figliuoli dormono profondamente e torna a casa soltanto
a tarda sera quando essi si trovano nuovamente
nello stesso stato. Mille altri, e specialmente coloro
che lavorano nelle costruzioni delle grandi città, restano
assenti tutta la settimana a causa della gran distanza
e tornano a casa soltanto alla fine della medesima,
oppure la domenica; ed è in tali condizioni che la
vita domestica deve prosperare. Inoltre il lavoro delle
donne e dei fanciulli va sempre più prevalendo specialmente
nell'industria tessile, che permette di servirsi
con poca spesa nei telai a vapore e nelle macchine
da fusi della mano della donna e dei fanciulli. Là si è
quasi invertito il rapporto dei sessi e dell'età. Donne e
ragazzi vanno alla fabbrica, mentre il marito, rimasto
senza occupazione, se ne sta non di rado a casa per
accudire alle faccende domestiche.
L'ammissione della donna in tutte le occupazioni
industriali oggidì è in vigore dappertutto. La società
borghese, che dà continuamente la caccia al profitto
e al guadagno, ha riconosciuto già da gran tempo quale
eccellente oggetto da sfruttare sono le operaie, le quali
si contentano molto più facilmente degli uomini senza
averne le pretese; onde il numero degli uffici e delle
occupazioni in cui le donne trovano impiego come
operaie va crescendo sempre più. La diffusione e i
miglioramenti dellameccanica, la semplificazione dei
processi di lavoro dipendente da una sempre maggior
divisione dello stesso, la crescente concorrenza che
si fanno i capitalisti e i diversi paesi industriali entrati
in lotta nelmercato mondiale favoriscono questo sempre
crescente impiego del lavoro femminile che è un
fenomeno egualmente notevole in tutti i moderni stati
industriali. nella stessa misura che cresce il numero
(81) E oggi si possono aggiungere foto, film, programmi
televisivi, siti internet ecc.
50
delle operaie, aumenta anche la concorrenza per gli
operai maschi. Un ramo d'industria dopo l'altro, una
branca di lavoro dopo l'altra vengono occupati dalle
operaie che vanno più o meno incalzando e scacciando
i lavoratori maschi. Molte dichiarazioni nelle relazioni
di una parte degli ispettori delle fabbriche e i dati
statistici sull'impiego delle donne confermano quanto
si è detto.
Pessima è la condizione delle donne in quei rami
d'industria nei quali sono impiegate in numero preponderante
come, per esempio, nell'industria dei vestiti
e della biancheria. Le ricerche sui salari delle operaie
impiegate nelle fabbriche di biancheria e nel ramo
confezioni, ordinate nel 1886 dalla Dieta hanno messo
in luce che le mercedi di queste operaie sono spesso
così meschine da constringerle a vendere se stesse.
La maggior parte delle prostitute si reclutano fra le
operaie impiegate nelle industriemal pagate.
Il nostro stato cristiano, il cui «cristianesimo» si
cerca quasi dappertutto invano là dove dovrebbe essere
applicato e che si trova invece dove è superfluo e
pernicioso, questo stato cristiano tratta precisamente
come il borghese cristiano; ciò che d'altronde non reca
meraviglia a chi sa che lo stato cristiano non è che il
commesso della nostra borghesia cristiana. Difficilmente
lo Stato si decide a promulgare delle leggi che
limitino inmisura normale il lavoro delle donne e proibiscono
del tutto il lavoro dei fanciulli, né a concedere
a molti dei suoi impiegati il pieno riposo domenicale,
né una durata normale di lavoro, perturbando così
considerevolmente la loro vita di famiglia. Gli impiegati
alle poste, alle ferrovie, alle carceri e così via devono
spessissimo lavorare molto al di là del tempo
tollerabile, e la loro mercede sta in ragione inversa
delle loro prestazioni. Ma questa oggi è dappertutto
una condizione normale, che anche la maggioranza
trova finora perfettamente regolare.
Inoltre, poichè gli affitti sono troppo alti in proporzione
dellemercedi e delle rendite dell'operaio, del
basso impiegato e del piccolo borghese, così essi devono
restringersi fino al massimo possibile. Si prendono
a pigione i così detti dormitori per uomini e per
donne e non di rado si raccolgono uomini e donne
insieme.Vecchi e giovani vivono in uno spazio ristrettissimo
senza distinzione di sesso, talvolta confusi insieme
nel più intimo contatto, e andandosene quindi il
pudore e la moralità avvengono fatti raccapriccianti.
L'aumento tante volte lamentato della spudoratezza e
della rozzezza nella gioventù, si deve soltanto alle condizioni
del nostro sistema industriale col quale è in
stretta relazione la povertà delle abitazioni. E quale
effetto può avere il lavoro industriale sui fanciulli?
Certamente il più pernicioso che si possa immaginare
tanto dal lato fisico quanto dal lato morale.
L'impiego sempre crescente anche delle donne
maritate porta le conseguenze le più fatali, specialmente
per le gravidanze e per i parti, e nei primi mesi
di vita del bambino, durante i quali egli riceve l'alimento
materno.
Durante la gravidanza si manifestano molte malattie,
che operano in modo pernicioso tanto sul feto
quanto sull'organismo dellamadre, aborti, nascite precoci
e natimorti.Ma di ciò tratteremo più avanti. Quando
il bambino è nato, la madre è costretta a ritornare il
più presto possibile alla fabbrica per impedire che il
suo posto venga occupato da un'altra concorrente.
Le conseguenze immancabili per i neonati sono: cura
trascurata, alimentazione disadatta, totale mancanza
di nutrimento; vengono rimpinzati di oppiati perché
rimangano tranquilli. Le conseguenze di ciò sono: un
numero stragrande di morti, di infermità e di mali; in
una parola: degenerazione della razza. I fanciulli crescono
perlopiù senza aver goduto l'amore materno o
paterno e senza aver provato dal canto loro vero affetto
per i genitori. Così nasce, vive e muore il proletario.
E lo stato «cristiano», questa società cristiana si
meravigliano dell'aumento della rozzezza, dell'immoralità
e del delitto!
Quando sul principio del 1860 nei distretti cotoniferi
inglesi, molte migliaia d'operaie dovettero cessare
dal lavoro in consegunza della guerra di liberazione
degli schiavi nell'America settentrionale, i medici fecero
la sorprendente scoperta, che, malgrado la grande
miseria della popolazione, la mortalità dei fanciulli
diminuiva. La ragione era semplicissima. I fanciulli
godevano cure più solerti e il nutrimento della madre,
che non avevano mai goduto nei migliori tempi del
lavoro. E lo stesso fatto fu constatato dai medici durante
la crisi dell'America settentrionale, a New-Jork,
nel Massachussett nell'anno 1870; la generale mancanza
di lavoro costrinse le donne a riposare, ma lasciò
ad esse il tempo di aver cura dei figli. Identiche
osservazioni fece il dott. de Rechenberg studiando la
condizione dei tessitori della Zitavia in Sassonia, come
egli dimostrò in una pubblicazione dell'estate del 1890.
Nella industria domestica, che i teoretici romantici
rappresentano tanto idilliacamente, le condizioni della
vita di famiglia e della morale non sono punto migliori.
Qui, mentre la donna è incatenata al lavoro da mane
a sera insieme almarito, i figli vengono impiegati fino
dalla tenera età allo stesso lavoro.Agglomerati nel più
ristretto spazio immaginabile, vivono insieme il marito,
la moglie ed i figli, ragazzi e ragazze fra i cascami
del lavoro, le esalazioni e i fetori più sgradevoli, privi
della più indispensabile nettezza.All'ambiente per l'abitazione
e il lavoro corrispondono le stanze da letto.
Sono, di solito, canili oscuri, senza ventilazione, i quali
accolgono la notte un certo numero di persone che
riunite anche soltanto in parte dovrebbero ritenersi
come altamente malsane. Insomma sono tali condizioni
da far accapponare la pelle a chi è abituato a
un'esistenza degna dell'uomo.
La crescente lotta per la vita costringe spesso uomini
e donne ad azioni e tolleranze da cui altrimenti
aborrirebbero. Così nel 1877 fu constatato a Monaco
che fra le prostitute iscritte e vigilate dalla polizia, non
meno di 203 erano mogli di operai e di artigiani. E
quante mogli esercitano per bisogno questo vergognoso
mestiere, senza assoggettarsi al controllo della
polizia, controllo che offende e ferisce profondamente
il sentimento del pudore e la dignità umana!
L'esperienza insegna che gli alti prezzi dei cereali
per un anno solo influiscono sulla diminuzione dei
matrimoni e delle nascite, come vi influiscono ancor
51
più perniciosamente le lunghe cirisi e il generale peggioramento
delle condizioni economiche che sono indissolubilmente
connesse al nostro sistema economico.
Ciò è provato luminosamente dalle statistiche matrimoniali
dell'impero germanico.Nel periodo dal 1861
al 1870, sopra 1000 persone del ceto medio ci furono
8,5 matrimoni; nel periodo dal 1871 al 1880, 8,6; e nel
periodo dal 1881 al 1888 soltanto 7,8. Nel 1872, cioè
nell'anno del risorgimento economico e dopo la guerra,
furono conchiusi 423.000 matrimoni,malgrado una
fortissima emigrazione, ma nel 1879, in cui la crisi
raggiunse il suo più alto culmine, diminuirono fino a
335.133, malgrado l'aumento della popolazione.
Da allora il numero deimatrimoni cominciò a salire
a poco a poco e cioè:
nel 1882 . . . . . . . . 350.457
nel 1883 . . . . . . . . 352.999
nel 1884 . . . . . . . . 362.596
nel 1885 . . . . . . . . 368.619
nel 1886 . . . . . . . . 372.326
nel 1887 . . . . . . . . 370.659
nel 1888 . . . . . . . . 376.654
Adunque nel 1888 il numero dei matrimoni era
ancora notevolmente inferiore a quello dei matrimoni
conchiusi nel 1872, sebbene nel frattempo la popolazione
fosse aumentata di sei milioni.Anzi nel 1875, il
numero dei matrimoni fu ancor più elevato che nel
1888, perchè salì a 386.746.
In Francia si vide lo stesso fenomeno. Nel 1884 si
conchiusero 289.555 matrimoni; nel 1886 soltanto
283.193. Del pari scemarono le nascite.
Un quadro identico, se non più desolante, presentano
i dati statistici degli altri stati europei. Ecco le
relative cifre. Sopra 10.000 persone si sposarono:
Queste cifre sono interessanti per molti aspetti:
prima di tutto esse dimostrano che negli Stati
sopra indicati il numero dei matrimoni è in diminuzione.
Come la Germania, anche gli altri Stati
presentano al principio del 1870 la cifra più elevata
di matrimoni; cifra che si abbassa poi subito
rapidamente.
La semi barbara Ungheria è ancora in condizioni
più favorevoli; sfavorevolissime al contrario
sono quelle dell'Irlanda, che , tra tutti i paesi,
ha le cifre più basse. La cacciata della popolazione
irlandese dal suolo e la proprietà sempre più
concentratasi nelle mani dei lord trova la sua spiegazione
più luminosa in quelle cifre.
La condizione delle mercedi ha quindi una decisiva
influenza sul numero dei matrimoni, e poiché
quella condizione è complessivamente sfavorevole
fino dalla metà del 1870, non v'è da meravigliarsi
della diminuzione del numero di matrimoni.
Ma non sono soltanto le condizioni dei salari,
bensì anche le condizioni della proprietà che
agiscono sui matrimoni, come si è già visto in
Irlanda. L'Annuario del 1885 di Schmoller, fascicolo
1°, dà alcune comunicazioni sulla statistica
della popolazione del regno di Württemberg,
dalle quali risulta evidentemente che, col crescere
della grande proprietà, il numero dei mariti
dell'età dai 25 ai 30 anni diminuisce, e quello dei
celibi fra i 40 e i 50 cresce.
Nell'anno
Olanda
Svizzera
Austria
Francia
Italia
Belgio
Inghilterra
1873 171 152 188 178 159 156 176
1874 168 166 181 167 153 152 170
1875 167 179 171 164 168 145 167
1876 165 162 165 158 163 142 166
1877 162 157 150 150 154 149 157
1878 155 147 152 151 142 135 152
1879 153 138 155 152 150 136 144
1880 150 137 152 149 140 141 149
1881 146 136 160 150 162 142 151
1882 143 135 164 149 157 140 155
1883 142 136 157 150 161 136 154
1884 144 136 157 153 164 136 151
1885 139 138 152 149 158 136 144
1886 139 137 155 149 158 134 141
Media 153 147 161 155 156 141 156
Nell'anno
Scozia
Irlanda
Dannimarca
Norvegia
Svezia
Ungheria
1873 155 96 162 145 146 226
1874 152 92 164 153 145 214
1875 148 91 170 157 140 218
1876 150 99 171 154 141 198
1877 144 93 161 151 137 182
1878 134 95 148 146 129 187
1879 128 87 147 135 126 205
1880 132 78 152 133 126 182
1881 139 85 156 128 124 198
1882 140 86 154 134 127 203
1883 140 85 154 132 128 205
1884 135 91 156 137 131 201
1885 129 86 151 133 133 –
1886 124 84 142 131 – –
Media 139 89 156 141 133 202 (1)
(1) Neue Zeit.. anno 1888, pag. 239. Edit. I. H. W.
Dietz, Stoccarda.
52
Non vi può quindi essere dubbio che il frazionamento
delle proprietà favorisce i matrimoni, rendendo
possibile l'esitenza a un maggior numero di famiglie
mentre la grande proprietà li ostacola e favorisce
il celibato. Quelle cifre dunque dimostrano che
non sono cause morali, ma soltanto cause materiali
quelle che danno il tracollo alla bilancia, e che così il
numero dei matrimoni, come tutto lo stato morale,
dipendono unicamente dalle basi materiali della società.
Inoltre, la paura della miseria, la preoccupazione
di non poter educare i figli secondo il loro stato
spingono le donne di ogni classe ad atti che non
sono in armonia né con gli scopi della natura, né
sempre col codice penale. Fra tali atti si annoverano
i molteplici mezzi per impedire il concepimento o, se
questo ebbe luogo pur contro volontà, la soppressione
del feto immaturo, l'aborto.
Si ingannerebbe a partito chi volesse sostenere che
questi mezzi sono adoperati soltanto dalle donne leggere
e senza coscienza; al contrario, sono le donne
più fedeli al loro dovere quelle che, per sottrarsi al
dilemma di respingere il marito, e di dover soffocare
violentemente l'istinto naturale, ovvero per la paura
che il marito tràvi, come forse ne avrebbe desiderio,
preferiscono correre il pericolo di servirsi di mezzi
abortivi. Vi sono anche delle donne, specialmente nei
ceti più elevati, le quali per nascondere un fallo, ovvero
perché male comportano gli incomodi della gravidanza,
del parto, dell'allevamento, o per timore di perdere
più presto i loro vezzi e quindi di scapitare nella
considerazione presso lo sposo o gli uomini in genere,
commettono tali azioni penalmente imputabili e trovano
a caro prezzo medici e levatrici pronti a venire
loro in aiuto. Nella primavera dell'anno 1878 in un
sontuoso palazzo di Nuova York si tolse la vita una
signora che aveva esercitato a memoria d'uomo tale
impudico mestiere sotto gli occhi della polizia e dei
giudici; ma finalmente la Nemesi, in seguito ad indizi
per lei gravissimi, minacciava di schiacciarla. Quella
donna, malgrado la sua vita dispendiosa, lasciò morendo
un patrimonio che fu calcolato ad oltre un milione
emezzo di dollari.Aveva la sua clientela esclusivamente
nei più ricchi circoli di Nuova York. La cronaca
scandalosa di quasi ogni grande città, anche della
Germania, narra avvenimenti consimili. Simoltiplicano,
anche per il numero crescente delle offerte racchiuse
nei nostri giornali, i luoghi e gli stabilimenti in
cui alle donne maritate e nubili della classe abbiente
viene data la possibilità di aspettare nella massima segretezza
la conseguenza dei passi falsi.
La paura del soverchio aumento di prole in proporzione
al patrimonio ed ai mezzi di alimentazione
eressero ad un vero sistema le norme repressive, che
qua e là sono divenute veramente una calamità pubblica.
Così è un fatto notorio che in tutte le classi della
società francese venne introdotto il sistema dei due
figli. In pochi paesi civili del mondo imatrimoni sono
relativamente tanto numerosi come in Francia, ed in
nessun paese, quanto in Francia, il numeromedio delle
nascite è più esiguo, né più lento l'aumento della popolazione.
Il borghese, come l'abitante delle piccole
borgate, come il contadino, seguono questo sistema,
e l'operaio francese va ad ingrossare la corrente. In
parecchie regioni della Germania pare che le condizioni
del possesso favoriscano un identico stato di
cose. Conosciamo una deliziosa contrada del sud-ovest
della Germania, ove nel giardino d'ogni podere è piantato
un albero così detto Sabina, di cui la parte essenziale,
convenientemente preparata, si adopera come
mezzo abortivo. E' poi sorprendente il vedere come si
estende e diffonde in Germania quella letteratura, la
quale tratta dei mezzi 'per la sterilità facoltativa e li
raccomdanda. Naturalmente sempre sotto la bandiera
fino a 5
da 5 a 20
oltre 20
ammogliati nell'età dai
25 a 30 anni
non ammogliati nell'
età dai 40 ai 50 anni
Podesteria
suprema di
Neuenburg
79,6 20,4 0,0 63,6 4,4
Stoccarda
orientale 78,9 17,7 3,4 51,3 8,1
Stoccarda
meridionale 67,6 24,8 7,6 48,6 8,7
Stoccarda
settentrionale 56,5 34,8 8,8 50,0 10,0
Selva nera 50,2 42,2 7,6 48,6 10,1
Neckar
superiore 43,6 40,3 16,1 44,3 10,8
Passaggio ad
oriente 39,5 47,6 12,8 48,7 10,0
Nord-est,
tranne il nord
di Hall
22,2 50,1 27,7 38,8 10,6
Alb Svevo 20,3 40,8 38,8 38,8 7,5
Alta Svevia
settent 19,7 48,0 32,3 32,5 9,7
Da Hall ad
oriente 15,5 50,0 34,5 32,5 13,8
Regione del
Lago di
Costanza
14,2 61,4 24,4 23,5 26,4
Alta Svevia
media e
meridionale
12,6 41,1 46,3 30,0 19,1
Percento degli
uomini
Percento della
proprietà in ettari
53
della scienza e con la mira rivolta al pericolo minaccioso
dell'eccesso di popolazione.
Quanto accade in Francia si ripete anche in Transilvania
presso la Sassonia. Nell'intento di mantenere
uniti i loro grandi possessi per non frazionare soverchiamente
i patrimoni e conservare la razza con una
certa misura, procurano possibilmente di avere poca
discendenza legittima. E però gli uomini cercano la
soddisfazione degli stimoli sessuali più spesso fuori
del matrimonio, e con ciò si spiega il fatto, onde gli
etnologi si sorprendono, dei biondi zingari e dei rumeni
dal tipo spiccatamente germanico, nonché dei
tratti caratteristici che altrimenti si notano assai di rado
in quest'ultimo popolo, e cioè la attività e il risparmio.
Perciò i Sassoni della Transilvania, sebbene siano immigrati
in gran numero già fin dalla fine del secolo
XII, oggi sono aumentati appena di 200.000 anime.
In Francia invece, dove per usarne sessualmente
non vi sono razze straniere, il numero degli infanticidi
e delle esposizioni d'infanti (82) è in notevole aumento,
favoriti entrambi anche dal divieto sancito dalla
legge civile della ricerca della paternità (83).
La borghesia francese, comprendendo bene quale
crudeltà essa commetteva rendendo per legge impossibile
alla donna tradita di rivolgersi per gli alimenti al
padre del figlio suo, cercò di renderle meno disagiata
la posizione, fondando gli istituti per gli esposti. Il sentimento
paterno, secondo la nostra famosa «morale»
non esiste per il figlio illegittimo, esiste soltanto per gli
eredi legittimi. Mediante gli istituti per gli esposti, i
neonati dovrebbero venire privati anche della madre.
Essi vengono al mondo come orfani. La borghesia fa
educare emantenere i suoi figli illegittimi a spese dello
stato come fossero «figli della patria».
Una magnifica istituzione.Ma ad onta degli ospizi
per gli esposti ove la cura è difettosa e i bambini muoiono
in massa, gli infanticidi e gli aborti aumentano in
Francia in una proporzione molto maggiore della popolazione.
In Germania si è già sulla via di emulare i francesi.
Le disposizioni di un progetto di codice civile per l'impero
germanico relativamente alla condizione giuridica
dei figli illegittimi contengono principi che sono in
stridente contrasto col diritto più umano fino ad oggi
in vigore.
Secono il progetto, la fanciulla tradita, anche se la
sua illibatezza fosse stata piena, sedotta sotto promessa
dimatrimonio o indotta da un'azione delittuosa a tollerare
l'amplesso del seduttore, non ha verso di questo
che il diritto alla rifusione delle spese del parto e al
mantenimento per le prime sei settimane dalla nascita
del figlio, ed anche ciò entro i limiti dello stretto bisogno.
Solo in alcuni dei più gravi delitti contro il buon
costume può essere assegnato alla donna sedotta un
corrispondente risarcimento in una misura arbitraria,
anche indipendentemente dalle prove di un danno patrimoniale
(§ 728). Ma il figlio illegittimo non può in
questo caso pretendere dal seduttore della madre che
gli alimenti strettamente necessari, e solo fino al suo
quattordicesimo anno di età. Il figlio però non può
elevare alcuna pretesa verso alcuno se anche altri ebbe
rapporti carnali con la madre durante il periodo del
concepimento.
Giusta imotivi di quel progetto spetta al figlio querelante
fornire la prova che tali rapporti non si verificarono.
Il Menger del quale seguiamo le idee esposte nel
suo trattato «Il diritto civile e il proletariato» (Tubinga
1890) (84) muove a buon diritto contro queste disposizioni
l'acerbo rimprovero che giovano soltanto ai benestanti
scostumati che si fanno seduttori delle ragazze
incoscienti, e spesso tratte a fallire per miseria,
lasciando privi di ogni protezione le povere cadute e i
loro figli del tutto innocenti, spingendoli anzi ancor
più nella miseria e nella depravazione. Il Menger ricorda
inoltre le disposizioni del codice provinciale prussiano.
Secondo quelle disposizioni, una donna nubile
e illibata ovvero una vedova fecondata deve essere
risarcita e soddisfatta secondo lo stato e il patrimonio
di chi la fecondò. Soltanto la somma del risarcimento
non può superare il quarto del patrimonio del seduttore.
Spetta però al figlio illegittimo il diritto al mantenimento
e all'educazione in confronto del padre, senza
riguardo se la madre fosse donna illibata o meno, in
proporzione di quanto può costare l'educazione di un
figlio legittimo a persone del ceto contadinesco o della
comune borghesia. Infine, se il commercio carnale
illegittimo ebbe luogo verso promessa di futuro matrimonio,
il giudice, giusta gli articoli del prefato codice
prussiano, deve riconoscere nella donna violata il
diritto di portare il nome, grado e rango di chi la fecondò,
come pure tutti i diritti di una maritata separata
per colpa del marito e il figlio illegittimo ha, in tal
caso, i diritti stessi dei figli nati da valido matrimonio.
Si può a buon diritto essere curiosi di vedere se
verranno adottate in un codice civile per la Germania
delle disposizioni completamente reazionarie ed ostili
alle donne.
Il criterio cui si ispira la nostra legislazione è il
regresso.
Davanti alle corti d'assise di Francia si svolsero
dall'anno 1830 all'anno 1880, 8563 processi per infanticidio
salendo da 471 che erano nell'anno 1831
fino a 980 nell'anno 1880.
Nello stesso periodo vennero sottoposti a giudizio
più di 1032 casi di aborto e precisamente nel 1831
oltre 41, oltre 100 nel 1880. Naturalmente i casi di
aborto che giungono a conoscenza della giustizia sono
pochissimi, quelli cioè che portano per conseguenza
(82) Le esposizioni dei bambini si usavano negli orfanotrofi;
il sistema della "esposizione" serviva per offrire a famiglie
benestanti,ma impossibilitate a procreare, una scelta di bambini
da adottare.
(83) L'art. 340 del codice civile suona: La ricerca della paternità
è vietata; invece l'art. 341 stabilisce: La ricerca dellamaternità
è ammessa. E' questa una legge che esprime nel modo più
vergognoso la ingiustizia verso la donna sedotta e cresima un
privilegio per i seduttori; naturalmente sotto il pretesto di impedire
col timore la scostumatezza della donna. I tentativi fatti per
cancellare l'art. 340 andarono finora a vuoto (nota diA. Bebel).
(84) Vedi Antonio Menger, professore di Diritto presso
l'Università di Vienna, Il diritto civile e il proletariato. Studio
critico sul progetto di un codice civile per l'impero germanico,
F.lli Bocca Editori, Torino 1894.
54
o malattie gravi o la morte. Negli infanticidi la popolazione
della campagna è rappresentata dal 75%, negli
aborti le città dal 67%. Siccome nelle città le donne
hanno maggiore facilità di procurarsi i mezzi per impedire
le nascite, così molti casi d'aborto e relativamente
pochi di infanticidio. Nelle campagne invece la
proporzione è invertita.
Questo è il quadro che la società moderna offre
riguardo ai suoi rapporti più intimi. E' molto diverso
dalla pittura che ne fanno i poeti e i visionari, ma ha
il vantaggio di essere vero. Noi dobbiamo per altro
aggiungere a questo quadro alcune altre importanti
pennellate.
Ogni qualvolta sorge la questione intorno alle attitudini
intellettuali di entrambi i sessi - questione che
discuteremo ancora più innanzi - non ci possono essere
dispareri sul punto che nel presente il sesso femminile
in media è inferiore al sesso maschile intellettualmente.
Balzac, che non fu punto amico delle donne, afferma:
“La donna che ha ricevuto una cultura maschile
possiede effettivamente le qualità più splendide
ed efficaci per fare la felicità propria e quella di suo
marito”; e Göthe, che conosceva certo molto bene gli
uomini e le donne del suo tempo, si esprime mordacemente
nel suo “GuglielmoMeister” (Confessioni di
una bella anima) (85): “Si gettò il ridicolo sulle donne
dotte, e non si vollero soffrire nemmeno le donne istruite,
probabilmente perché si ritenne scortesia di far
arrossire tanti uomini ignoranti”, ma quei due giudizi,
oggi, per la generalità, non valgono. La differenza esiste
e deve esistere perché la donna è quale l’hanno
fatta gli uomini suoi padroni. L'educazione della donna
è stata generalmente trascurata ancora più di quella
del proletario, e ciò che oggi si dà di meglio a questo
riguardo, da tutti i lati è ancora insufficiente. Noi viviamo
in un’epoca nella quale cresce in tutti i ceti ed
anche nella famiglia il bisogno dello scambio di idee, e
qui la trascurata cultura della donna si dimostra un
grave errore e si vendica sull’uomo.
La base della cultura intellettuale nell’uomo dovrebbe
formarsi almeno, secondo quanto si afferma, sebbene
troppo spesso non si raggiunga e molte volte
non posssa essere raggiunto lo scopo impiegandovisi
mezzi disadatti, la base, ripetiamo, della cultura dell’uomo
dovrebbe formarsi con lo sviluppare l’intelligenza,
con l’acuire il pensiero, con la diffusione della
scienza positiva, col rendere ferma la volontà, in una
parole con l’esercizio delle funzioni intellettuali. L’educazione
della donna, al contrario, per elevata che sia,
si limita principalmente al sentimento, ad una educazione
puramente formale dello spirito per cui si eccita
la irritabilità nervosa e si riscalda la fantasia, ad
esempio mediante la musica, le belle lettere, l’arte, la
poesia.
Questo è l’indirizzo più sbagliato e più malsano
che si poteva seguire: esso rivela che le forze, che
devono costituire il grado di cultura della donna, si
fanno guidare soltanto dai suoi innati pregiudizi sulla
natura del carattere femminile e sulla posizione limitata
che occupa la donna nella vita. Ciò che manca alla
donna non è già il sentimento e la fantasia che eccita il
sistema nervoso, né il sapere a base di apparenza e di
spirito: per questi aspetti il carattere della donna si è
sviluppato ed affinato anche troppo, così da aumentare
il male.Ma se la donna, al posto di un sentimento
sovrabbondante, che spesso diventa poco sincero,
possedesse maggiore acutezza di giudizio e più esatta
capacità di pensare; al posto di una soverchia eccitabilità
e timidezza, coraggio fisico e fermezza di carattere;
se al posto di una cultura puramente formale e a
base di spirito, per quanto estesa, e in questa condizione
si trova solo una esigua minoranza, acquistasse
la conoscenza del mondo, degli uomini e delle forze
della natura, allora si troverebbero molto meglio così
essa come l’uomo.
In generale si è alimentato fin qua nella donna
smisuratamente quella che si chiama la vita del sentimento
e dell’anima, mentre si è arrestato, negletto ed
oppresso il suo sviluppo intellettuale. Donde una vera
ipertrofia del sentimento e dell’anima, e la facilità di
cedere alla superstizione e ai raggiri dei furbi, sicché
può dirsi un terreno sempre disposto a fecondare qualsiasi
ciarlataneria religiosa o d’altro genere, e uno strumento
molto docile per ogni reazione. Gli uomini se
ne dolgono, perché ne soffrono anch’essi; ma non
pensano a cangiamenti, perché di pregiudizi anch’essi
ne hanno fin sopra i capelli.
Data codesta condizione intellettuale della donna,
è chiaro che essa consideri il mondo ben altrimenti
che gli uomini; donde una ricca sorgente di dissidio
tra i due sessi.
La partecipazione alla vita pubblica oggi è diventata
uno dei più essenziali doveri dell’uomo; né la cosa
muta se molti uomini tale dovere non comprendono.
Ma diventa sempre più fitta la schiera di coloro i quali
riconoscono che la vita pubblica e le istituzioni sue
sono intimamente collegate ai rapporti privati dei singoli;
che il bene e ilmale degli individui e delle famiglie
dipendono assai più dalle istituzioni pubbliche e dai
pubblici ordinamenti che non dagli atti e dalla condizione
personale dei privati, perché comprendono che,
rispetto a quellemancanze inerenti allo stato delle cose
e che ne determinano la condizione, è addirittura impotente
qualsiasi sforzo dei singoli.
(85) Il “GuglielmoMeister”, di Goethe, è un romanzo composto
da due parti, WilhelmMeisters Lehrjahre (1796;Anni di
apprendistato di GuglielmoMeister) e WilhelmMeistersWanderjahre
(1829;Anni di peregrinazioni di GuglielmoMeister),
precedute dal frammento Wilhelm Meisters theatralische Sendung
(1776; La missione teatrale di Guglielmo Meister), scoperto
solo nel 1910. Nei Lehrjahre, in cui Goethe trasfuse la
Sendung, il tema del teatro, rispetto all’opera precedente, come
pure gli elementi autobiografici sono fortemente ridotti; Guglielmo
comprende che il teatro è soltanto una tappa del suo
sviluppo e la sua educazione, al di là dei sogni giovanili, verrà
d’ora in poi condotta da una società segreta, la Torre. L’esperienza
religioso-estetica del giovane Goethe è sintetizzata nell’inserto
Bekenntnisse einer schönen Seele (Confessioni di
un’anima bella). NeiWanderjahre si vede Guglielmo approdare
a un’utopistica “provincia pedagogica”, dove l’individuo
viene educato a una forma di rinuncia e ad aprirsi all’incipiente
era della tecnica e alla prevedibile ascesa delle masse (http://
www.sapere.it/enciclopedia/).
55
E poichè la lotta per l’esistenza esige sforzi ancora
maggiori di una volta, così per il soddisfacimento
di tutte queste esigenze richiede dall’uomo uno
spazio di tempo che diminuisce sensibilmente quello
che è stato consacrato alla donna. Questa, al contrario,
non può comprendere, per effetto della sua educazione
e del modo di considerare il mondo e la vita,
che le cure rivolte dall’uomo agli interessi pubblici
abbiano altro scopo che non sia quello di associarsi
al suo simile, di sciupare denaro, tempo e salute, di
procurarsi nuove preoccupazioni, cose, queste, che
non fanno che preoccuparla. Di qui le discordie domestiche.
L’uomo viene posto non raramente nell’alternativa:
o di rinunciare a prestare l’opera sua a
favore della generalità e di sottomettersi alla donna,
il che non lo rende soddisfatto, ovvero di rinunziare
ad una parte della pace coniugale e delle gioie domestiche,
se egli dà la preferenza alle esigenze del bene
generale, che egli sa strettamente connesso col benessere
proprio e con quello dei suoi. Se egli poi
intende persuadere la donna, allora urta contro uno
scoglio pericoloso, ma ciò accade ben di rado. Di
solito, il marito crede che alla moglie non importi o
che non comprenda ciò che egli vuole, e quindi non
si prende la briga di istruirla. “Tu non puoi comprendere
ciò”, è questa la risopsta stereotipata ogni
qualvolta la donna si duole o stupisce che il marito la
lasci completamente all’oscuro. Il vero è che le donne
non arrivano a comprendere, perché primi a non capire
sono gli uomini. Ora la donna comprende che
l’uomo ha bisogno forse di un pretesto per uscire di
casa, allo scopo di soddisfare il suo bisogno di svago,
bisogno che spesso non corrisponde a più alte
esigenze, ma che non può venir appagato in casa, e
da ciò deriva un altro motivo di dissidi coniugali.
Queste differenze di educazione e di idee, che
cominciano a delinearsi anche al principio del matrimonio,
quando la passione è ancora viva e palpitante,
si accentuano con gli anni e diventano poi tanto
più sensibili con l’intiepidirsi ed estinguersi degli appetiti
e col bisogno sempre crescente che venga ad
occuparne il posto e a farne le veci l’armonia intellettuale.
Ma, indipendentemente dal fatto se l’uomo
ha un concetto dei doveri del cittadino e se li compie,
egli si pone in continuo contatto coi più disparati
elementi e con le più differenti idee, soltanto per
effetto delle sue funzioni e del diuturno contatto col
mondo esterno: egli vive quindi in un’atmosfera intellettuale
che allarga, anche prescindendo dall’opera
sua, il suo orizzonte. Egli non fa che commettere
dei furti intellettuali, mentre alla donna, occupata da
mane a sera nelle cure domestiche, manca il tempo
di istruirsi, pure avendone l’attitudine e l’inclinazione,
ed intellettualmente si esaurisce.
Tutta la miseria domestica in cui vivono presentemente
il maggior numero delle mogli è mirabilmente
ritratta, suo malgrado, da Gerardo Di Amyntor nelle
“Postille al libro della vita”. Ivi, fra l’altro, si legge
nel capitolo “Punture mortali di zanzare”:
“Non gli avvenimenti terribili, che non mancano
per alcuno, e recano qui la morte dello sposo, là la
rovina morale di un figlio prediletto, qui consistono in
una lunga e grave malattia, là nel naufragio di un disegno
caldamente accarezzato; non questi avvenimenti
rovinano la freschezza e la forza della donna, ma le
piccole cure d’ogni giorno, che consumano a poco a
poco il suo organismo. (...) Quanti milioni di ottime
madri di famiglia sciupano il loro coraggio, le rosee
guance e la loro fossetta biricchina, nelle cure domestiche,
finché diventano altrettante mummie aggrinzite
e diseccate. L’eterna nuova domanda: Che cosa si
deve mangiare oggi?, la necessità sempre, che sempre
si ripete, di pulire, di battere, di spazzolare, di spolverare,
è la goccia continua che consuma a poco a
poco, ma con effetto certo, lo spirito e il corpo. Il
focolare è il luogo dove si trascinano i magri bilanci
fra l’entrata e l’uscita, e dove si fanno le riflessioni
più scoraggianti sul rincaro dei mezzi di sussistenza e
sulla sempre maggiore difficoltà di procurarsi il denaro
necessario. Sull’altare fiammeggiante ove fuma la
zuppiera, vengono sacrificate gioventù e ingenuità,
bellezza e buonumore, e chi riconosce nella cuoca
vecchia, incurvata e dalle occhiaie incavate, la sposa
una volta fiorente, spiritosa, pudicamente civettuola,
seducente, adorna la fronte della corona di mirto! Già
agli antichi era sacro il focolare, e vicino ad esso venivano
posti i lari e i numi tutelari – lasciate che anche
noi manteniamo sacro il focolare sul quale le nostre
donne virtuose e fidate muoiono di lenta morte per
rendere piacevole la casa, per imbandire la mensa e
conservare sana la famiglia...".
E’ questo il conforto che la società borghese offre
alla donna, che si consuma miseramente nell’attuale
ordine di cose.
Nelle donne, che per la loro condizione pecuniaria
e sociale sono più libere, prevale di regola una educazione
falsa, imperfetta e superficiale, connessa con le
qualità femminili caratteristiche trasmesse per legge
ereditaria. Esse si intendono soltanto di tutto ciò che è
esteriorità, si danno cura soltanto delle frivolezze e
dell’abbigliamento, e cercano di occuparsi e soddisfare
le loro voglie nel rendersi schiave delle loro passioni
lascive che sempre maggiormente le invadono.
Non si danno alcun pensiero né si prendono punto a
cuore i figliuoli e la loro educazione, ma li abbandonano
piuttosto, per quanto è possibile, alle cure della
nutrice e della servitù, per affidarli più tardi ai collegi.
Vi sono dunque molteplici e svariate ragioni che
perturbano l’odierna vita matrimoniale e che permettono
in ben pochi casi vengano raggiunti anche parzialmente
gli scopi del matrimonio. Né è possibile conoscere
e misurare l’estensione di queste condizioni,
perché ogni coppia, specialmente nelle classi sociali
più elevate, si studia di stendervi un velo.
56
La condizione della donna, quale fu da noi illustrata,
impresse in lei qualità caratteristiche tali che, trasmesse
per eredità di generazione in generazione, si
svilupparono sempre più completamente. Gli uomini
ci si fermano di preferenza, dimenticando però che
ne sono essi stessi la causa e vi concorrono con la
loro condotta. Fra queste caratteristiche della donna,
tante volte censurate, sono da annoverarsi la loquacità
e il pettegolezzo, la tendenza a non finire mai di
chiacchierare delle cose più insignificanti, la preoccupazione
e la cura di tutto ciò che è esteriorità, la
passione per gli abbigliamenti e la civetteria, e la conseguente
inclinazione per tutte le pazzie della moda;
inoltre la facilità di invidiare e di essere gelose delle
loro compagne.
Queste qualità si rendono manifeste generalmente
nella donna, fino dalla sua prima età sebbene in gradi
diversi. Sono quindi disposizioni naturali, ereditate e
sviluppate ancor più dal sistema d’educazione. Chi fu
educato irrazionalmente non può educare altri razionalmente.
Volendo chiarire le cause del nascere e dello svilupparsi
delle qualità buone e cattive dei sessi, od anche
di popoli interi, si deve usare lo stesso sistema,
consultare le stesse leggi che vengono applicate dalle
moderne scienze naturali nelle ricerche sull’origine e
sulla formazione dei generi e delle specie e sullo sviluppo
delle proprietà caratteristiche del mondo organico:
quelle leggi, dunque, che dal nome del loro scopritore
vengono chiamate preferibilmente di Darwin
e si sviluppano dalle condizioni materiali d'esistenza,
dall’ereditarietà e dall’adattamento e rispettivamente
dall’allevamento e dalla educazione.
L’uomo non può sfuggire alle leggi che valgono
per tutti gli esseri viventi nella natura (86), l’uomo
non sta fuori dalla natura, ma, considerato dal punto
di vista fisiologico, non è altro che l’animale più perfettamente
sviluppato. Ma l’uomo ammette ciò ancor
meno di tutto il resto. Gli antichi, già moltemigliaia di
anni or sono, avevano, su molte cose umane, idee
molto più razionali, sebbene non conoscessero la
moderna scienza naturale e – l’importante sta in ciò –
applicavano praticamente i loro principi basati sull’esperienza.
Si sente magnificare spesso con ammirazione
entusiastica la bellezza e la forza degli uomini
e delle donne della Grecia, ma non si osserva che non
era soltanto la clemenza del clima e l’incanto della
natura del paese che influiva sullo sviluppo della popolazione,
ma che si doveva alle massime di educazione
fisica e morale introdotte dallo stato fra i liberi,
allo scopo di accoppiare la bellezza fisica, la forza e
l’agilità all’elasticità, all’acutezza dell’intelligenza. E
se della donna, in paragone dell’uomo, fu assai negletta
l’educazione intellettuale, ciò non avvenne nei
riguardi dello sviluppo fisico (87).
Altri freni e impedimenti al matrimonio.
La proporzione numerica dei sessi.
Sue cause e suoi effetti.
A Sparta, per esempio, ove si andò più innanzi che
altrove nell’educazione fisica di ambedue i sessi, fanciulli
e fanciulle andavano nudi per via fino alla pubertà
e si esercitavano in comune in esercizi corporali, in
giuochi e lotte. Lo spettacolo della nudità del corpo
umano e il trattamento naturale di ciò che è naturale
ebbe il vantaggio di non produrre quello stimolo sessuale
che oggi viene suscitato artificialmente fin dalla
giovinezza mediante la separazione delle relazioni fra i
due sessi. La perfezione fisica di un sesso e la funzione
dei suoi organi speciali non era un segreto per l’altro
sesso. Non vi potevano essere dubbi. La natura
rimaneva natura. Un sesso gioiva della bellezza dell’altro.
L’umanità deve tornare alla natura e alle relazioni
naturali dei sessi, gettando lontano da sé imalsani
principi spiritualistici intorno alla natura umana oggi
dominanti, creando sistemi di educazione rispondenti
al nostro grado di civiltà e introducendo una rigenerazione
fisica e intellettuale.
Noi siamo dominati ancora da molti scrupoli, specialmente
intorno all’educazione della donna. E’ considerato
come eresia e certo come “contrario alla femminilità”
il dire o pretendere che anche la donna deve
avere vigore fisico, coraggio e ardimento, sebbene
nessuno possa negare che la donna così fatta potrebbe
difendersi da molte ingiustizie e sottrarsi a molti
dispiaceri. Invece la donna viene, quanto possibile,
arrestata nello sviluppo fisico, precisamente come in
quello intellettuale, al che contribuisce notevolmente
la irrazionalità degli abiti. Questi non solo arrestano la
donna in modo gravissimo nel suo sviluppo fisico,
ma la rovinano addirittura; eppure sono ben pochi i
medici che osino alzar la voce, sebbene tutti sappiano
quali pregiudizi derivino dalla foggia dell'abbigliamento.
Il timore di dispiacere alla paziente li induce a tacere,
quando non ne accarezzano i capricci. La foggia
moderna del vestire impedisce inoltre alla donna il libero
impiego delle sue forze e suscita quindi in lei il
sentimento dell’impotenza e della debolezza.
Questo abbigliamento è poi anche inmodo speciale
pericoloso per chi la avvicina, perché la donna in
casa e per la via sembra proprio una produttrice ambulante
di polvere. Finalmente ad impedire lo sviluppo
della donna concorre la rigorosa separazione dei sessi
nella società e nella scuola,metodo questo che risponde
perfettamente ai principi spiritualistici che il cristiane-
(86)Vedi il giudizio diKrafft-Ebing (nella nota 69, pag. 67).
(87) Platone nel suo “Stato” domanda: che le donne siano
educate come gli uomini, ed esige nei reggitori del suo stato
ideale una selezione fatta con molta cura; riconoscendo perciò
l’efficacia della selezione anche per lo sviluppo degli uomini.
Aristotele pone come principio fondamentale dell’educazione:
“prima deve essere formato il corpo, poi l’intelletto” (Aristotele,
“Politica”). Nota diA. Bebel.
57
simo ci ha profondamente radicato nell’animo rispetto
a tutto ciò che riguarda la natura umana.
La donna che non sviluppa le sue attitudini fisiche,
che, storpiata nella cultura di quelle intellettuali, si aggira
entro una sfera di idee molto ristrette, ponendosi
in relazione soltanto con le sue conoscenze più prossime,
non può elevarsi dal comune e dal mediocre. Il
suo orizzonte intellettuale abbraccia sempre le più
meschine faccende domestiche, le relazioni di parentela
e ciò che ne dipende. Di qui un alimento alle conversazioni
inutili sulle cose più insignificanti, di qui
anche favorita la più viva tendenza alla ciarla poichè le
doti di fantasia in lei vive fanno ressa per essere provate
ed esercitate. E quindi l’uomo, addolorato spesso
da dispiaceri e tratto alla disperazione, maledice
perché egli, “signore della creazione”, ne fu pure causa
precipua.
Ora, poichè la donna in tutte le fasi della sua esistenza
è tratta, dalle nostre condizioni sociali e sessuali,
al matrimonio, tutto ciò che vi si riferisce forma
naturalmente una parte essenziale delle sue aspirazioni
e dei suoi discorsi. Per essa, fisicamente più debole
e soggetta per uso e per legge all’uomo, la lingua costituisce
l’unica arma che può adoperare, ed essa naturalmente
se ne vale. Lo stesso avviene della sua passione
per gli adornamenti e per la civetteria che raggiunge
la sua più spaventosa intensità nei capricci della
moda tante volte deplorati, trascinando spesso nella
miseria e nell’imbarazzo padri e mariti senza che essi
possano porvi un riparo efficace. Tutto ciò si spiega
molto facilmente. La donna costituisce per l’uomo
prima di tutto uno strumento di piacere; economicamente
schiava, essa è costretta a vedere nel matrimonio
il suo mantenimento, essa dipende dunque dall’uomo
e diventa una parte del suo patrimonio. La sua
condizione è resa ancor più disgraziata dal fatto che il
numero delle donne supera generalmente quello degli
uomini. Di ciò parleremo in un altro capitolo. Per questa
sproporzione sale la concorrenza delle donne fra
loro, concorrenza resa maggiore da un certo numero
di uomini che per varie ragioni non prendono moglie.
La donna è costretta, quindi, a entrare in lotta con
le sue compagne e a sfoggiare i suoi vezzi e le sue
attrattive per vincerle e conquistarsi ilmarito. Chi pensi
che tutte queste disuguaglianze durarono per il corso
di innumerevoli generazioni, non si meraviglierà che
questi fenomeni, giusta le leggi dell’eredità naturale e
dell’evoluzione, abbiano attinto la loro ultima forma
alle stesse cause continuamente operanti. Da ciò ne
viene che forse in nessun’altra età la lotta della donna
per la conquista dell’uomo fu mai tanto accanita come
nel presente e, in parte per le cause già da noi accennate,
in parte per altre cause che illustreremo più avanti,
aumentò molto più di prima il numero delle donne che
cercano marito in confronto degli uomini che cercano
moglie. Infine, le difficoltà di una esistenza comoda
e le esigenze sociali spingono molto più di una volta
la donna verso il matrimonio, come ad un “istituto
di mantenimento”.
Gli uomini si compiacciono di tale stato di cose, e
ne traggono profitto. Si addice alla loro superbia, alla
loro vanità, al loro interesse la parte del più forte e del
dominatore, e in questa parte il padrone è, come tutti
i padroni, difficilmente accessibile al ragionamento.
Tanto più, poi, le donne hanno interesse di agitarsi per
conquistare una posizione che le liberi da questo stato
di avvilimento e di degradazione. Le donne non possono
illudersi che l’uomo le aiuti ad uscire dalla loro
condizione, nel modo stesso che gli operai hanno a
sperare poco dalla borghesia.
Si consideri, inoltre, quali doti caratteristiche crea
la lotta per la conquista di una posizione privilegiata
anche in altri campi, per esempio in quelli dell’industria
quando gli imprenditori si trovano uno di fronte
all’altro, quali mezzi indecorosi e vigliacchi come
l’odio, l’invidia, lamaldicenza, si impiegano nella lotta
e risulterà chiarissimo il fatto che nella lotta di concorrenza
della donna per la conquista dell’uomo si
formano qualità perfettamente identiche. Ne consegue
che le donne, in media, si sopportano meno degli
uomini; e che anche le migliori amiche vengono facilmente
a contesa tra loro non appena si tratti della considerazione
in cui sono tenute dall’uomo, delle loro
prerogative personali e così via. Di qui anche la conferma
del fatto che due donne incontrandosi per la
prima volta si guardano generalmente come due nemiche
e con una sola occhiata scoprono reciprocamente
se l’altra ha sfoggiato un colore stridente o disposto
con poco buon gusto un velo, o commesso
qualche altro peccato mortale di tal fatta. Negli sguardi
di entrambe si può leggere il giudizio che l’una fa
dell’altra, come se l’una volesse dire all’altra: “Io ho
saputo però abbigliarmi meglio di te, per attirare su di
me l’attenzione”.
Anche l’intensitàmaggiore delle passioni nella donna,
la quale trova nella Furia la sua espressione più
odiosa, ma si manifesta anche nell’abnegazione più
alta e nel sacrificio di sè – basti pensare alla virtù eroica
con cui le madri e le vedove derelitte provvedono
ai loro figli – anche questa maggiore intensità di passione
ha la sua base essenziale nel metodo di vita e di
educazione perché tutto è in lei diretto a favorire la
vita del sentimento.
Con gli effetti di un’educazione intellettuale sbagliata,
vanno di pari passo quelli meno importanti di
un’educazione fisica sbagliata o difettosa, in relazione
allo scopo della natura. Tutti i medici sono d’accordo
su questo, che la preparazione della donna alle funzione
di madre e di educatrice lascia quasi ancor tutto a
desiderare. “Si esercitano i soldati nelmaneggio delle
armi e gli operai nell’uso dei loro strumenti; ogni impiego
o ufficio esige i suoi studi; anche per il frate c’è
il noviziato. Soltanto la donna non riceve alcuna istruzione
in ordine ai suoi gravi doveri di madre” (88).
Nove decimi delle ragazze che hanno occasione di
maritarsi si sposano ignorando quasi completamente
(88) La missione del nostro secolo. Uno studio sulla questione
della donna di Irma de Troll-Borostyani, Presburgo e
Lipsia (Die Mission unseres Jahrhunderts. Eine Studie über
die Frauenfrage. Heckenast, Preß-burg 1878). E’ un libro scritto
con brio, vigore e con esigenze abbastanza avanzate. Nota di
A. Bebel.
58
ciò che voglia dire maternità e i loro doveri nel matrimonio.
Il già accennato orrore insormontabile che hanno
le madri di parlare alle figlie già sviluppate delle importanti
funzioni sessuali, le lascia nell’ignoranza più
crassa dei doveri che esse hanno verso se stesse e
verso il futuro consorte. “La fanciulla, entrando nella
vitamatrimoniale, calca un terreno a lei completamente
straniero; essa se ne è formata a modo suo un quadro
fantastico, attinto per lo più dai romanzi, spesso non
molto edificanti, e che rispondono alla realtà come un
pugno negli occhi” (89).
Sulle mancanti nozioni di economia, tanto necessarie
allo stato odierno delle cose, se anche la moglie
viene esonerata da parecchi lavori che prima eseguiva,
si ritiene sufficiente un cenno di sfuggita. E’ un
fatto indiscutibile che molte donne, spesso non per
colpa loro, ma per effetto di cause sociali generali,
entrano nella vita coniugale senza avere le nozioni più
elementari dei doveri domestici, ciò che costituisce
un motivo sufficiente di dissapori.
Un’altra ragione che allontana molti uomini dal
matrimonio, consiste nello sviluppo fisico di molte
donne. Educazione sbagliata, tristi condizioni sociali
(sistema di vita, abitazione, impiego), creano esseri
femminili non adatti ai doveri fisici del matrimonio.
Sono deboli, anemiche, eccessivamente nervose. Di
qui i difficili ciclimestruali, lemalattie dei vari organi
che si collegano ai fini della generazione e arrivano
fino all’incapacità di procreare e di allattare, od anche
al pericolo della vita. Invece di una compagna sana e
vivace, di una madre feconda, di una sposa che adempie
i suoi doveri domestici, l’uomo ha vicino a sè una
donna malata, eccitabile, che ha sempre bisogno del
medico e che non può sopportare né il più leggero
soffio di vento né il rumore più lieve. Non vogliamo
diffonderci su tal punto; ogni lettore – e tutte le volte
che diciamo lettore si intende anche lettrice – può completare
il quadro da sè, perché ognuno può attingere
molti altri esempi dalla cerchia delle sue conoscenze.
Medici esperti assicurano che oltre una metà di
donne maritate, specialmente nelle città, si trovano in
condizioni più o meno anormali. Tali unioni possono
essere infelici secondo il grado dei mali e il carattere
dei coniugi; e nell’opinione pubblica danno diritto all’uomo
di permettersi delle libertà extraconiugali, la
cui conoscenza produce nella donna la più viva eccitazione.
Talvolta sono le esigenze sessuali, molto diverse
nell’una e nell’altra parte, quelle che porgono
occasione a profondi dissidi, senza che sia possibile,
per riguardi d’ogni genere, la desiderata separazione.
Vi sono dunque molteplici e svariati motivi che
rendono la moderna vita coniugale, in un gran numero
di casi, assai diversa da quella che deve essere,
cioè l’unione di due esseri di sesso diverso i quali si
appartengono per vicendevole amore e stima; e che
soltanto insieme costituiscono, secondo l’espressione
scultorea di Kant, tutto l’uomo. Perciò è troppo
poco insegnare che le aspirazioni emancipatrici della
donna saranno soddisfatte con l’avviare la donna al
matrimonio, che nelle nostre condizioni sociali – come
dimostreremo anche più avanti – va sempre più snaturandosi
e corrompendosi e risponde sempre meno
al suo scopo, ma è atroce scherno il dire che si vuol
avviare la donna verso il matrimonio, avviamento che
la maggioranza degli uomini applaude, quando tanto i
consiglieri quanto i fautori più loquaci nulla fanno per
procurare alla donna un marito.
Schopenhauer, il filosofo, intende la donna e la sua
posizione come la intende un borghesuccio. Egli dice:
“La donna non è chiamata a grandi opere. Ciò che la
caratterizza non è l’azione ma la passione. Essa paga
il debito della vita coi dolori del parto, con la cura per
i figli, con la soggezione all’uomo.Alei sono negate le
manifestazioni più vigorose della forza e del sintimento.
La sua vita deve essere più tranquilla e più oscura
di quella dell’uomo. La missione della donna è quella
di educatrice e allevatrice dei bambini, perché bambina
essa stessa, rimane per tutta la vita una grande
bambina, una specie di grado intermedio fra il fanciullo
e l’uomo, il quale è il vero padrone... Le ragazze
vanno educate alla vita domestica e alla soggezione...
Le donne sono i filistei più convinti e più
incorreggibili”.
Schopenhauer, quando giudica la donna, non è un
filosofo, ma è egli stesso uno dei filistei più convinti.
Il filosfo deve – e in ciò sta la sua importanza – approfondire
le cose più di quello che abbia fatto Schopenhauer,
il quale si arresta soltanto alla superficie. Di
più, Schopenhauer non fu mai ammogliato; e quindi
da parte sua egli non ha contribuito a far sì che una
donna soddisfacesse ad un compito maggiore di quello
che egli assegna alle donne. Ed eccoci al rovescio
della medaglia, che non è certamente il più bello.
Tutti sanno che molte donne non si sposano perché
non possono farlo. Il costume vieta ad esse la
scelta e la domanda, e perciò devono lasciarsi scegliere.
Se non vi è alcun aspirante, la donna va ad
ingrossare le fila di quelle infelici che vennero meno
allo scopo della vita e cadono in miseria, quando non
sono esposte anche allo scherno.
Pochissimi conoscono la ragione di questa disuguaglianza
dei sessi, e ne conoscono anche meno la
vera importanza. La maggior parte ha questa risposta
(89) Alessandro Dumas figlio narra nel libro Les femmes
qui tuent et les femmes qui votent, 1880, (http://
www.assemblee-nationale.fr/ histoire/femmes /citoyennete_
politique_ revolution. asp) di un prete cattolico altolocato che
gli aveva comunicato che su cento delle più giovani pastorelle
che si erano maritate, almeno 80 sono venute a dirgli un mese
dopo il matrimonio che erano disilluse e si dolevano di aver
presomarito. Ciò è verosimile. La borghesia francese volterriana
trova che non è in disaccordo con la sua coscienza il far
educare le figlie nei conventi; partendo dall’idea che una donna
ignorante si può guidare più facilmente di una donna educata.
Di qui conflitti e disinganni.Anche Laboulaye (Edouard-René
Lefebvre de Laboulaye, politico e scrittore francese, ideatore
della costruzione della Statua della Libertà donata nel 1886
dalla Francia agli Stati Uniti d’America e posta all’entrata del
porto di New York, inizialmente contrario ma poi sostenitore
del governo Thiers,massacratore dei comunardi parigini, scrisse
Recherches sur la condition civile et politique des femmes
depuis les Romains jusqu’à nos jours, 1843) consiglia di conservare
le donne in una certa ignoranza perché “il nostro impero
è distrutto, se l’uomo viene riconosciuto”. Nota diA. Bebel.
59
sulle labbra: Nascono troppe ragazze, e alcuni concludono
che deve essere introdotta la poligamia, se è
vero che lo scopo della vita della donna è il matrimonio.
Quelli che sostengono che nascono più donne
che uomini sono male informati. E quelli poi che, dovendo
ammettere che il celibato è contro natura e,
considerando il gran numero delle donne nubili pensano
che in tal caso la poligamia, bene o male, deve
essere introdotta, svisano la vera natura delle condizioni.
La poligamia non solo ripugna ai nostri costumi,
ma contribuisce, sotto tutti i rapporti, a scemare
la dignità della donna, ciò che non impedisce allo Schopenhauer
nella sua disistima e nel suo disprezzo per
essa, di dichiarare che: “Per il sesso femminile in generale
la poligamia è un beneficio”.
Molti non si ammogliano, credendo di non poter
mantenere convenientemente una donna e i figli che
nasceranno da essi; pochi soltanto potrebbero mantenere
una seconda donna, e fra questi vi sono molti
che ne mantengono due, una legittima e una illegittima.
Costoro, privilegiati per censo, non si astengono
dal fare il piacer loro né per virtù di legge, né per
riguardi morali.Anche nei paesi orientali, ove la poligamia
è riconosciuta dalle leggi e dai costumi, pochissimi
hanno più di una moglie. Si parla tanto dell’influenza
demoralizzante della vita degli harem turchi.
Ma si dimentica che essa è possibile ad una parte
insignificante della popolazione, e quasi esclusivamente
alla classe dominante, mentre la gran massa del popolo
vive a sistema dimonogamia, né più né meno degli
europei. Nella città di Algeri, sullo scorcio del 1860,
su 18.282 matrimoni, non meno di 17.319 erano con
una donna soltanto, 888 con due mogli e 75 soltanto
con più di due. Costantinopoli, la capitale della Turchia,
non potrebbe presentare risultati notevolmente
diversi. Fra la popolazione agricola turca è ancora più
spiccato il rapporto a favore della monogamia. In Turchia,
come presso di noi, si ha riguardo in prima linea
agli interessi materiali, i quali costringono la maggioranza
del sesso maschile a contentarsi di una moglie.
Che se pure queste condizioni fossero favorevoli per
tutti gli uomini, la poligamia non si potrebbe tuttavia
introdurre, perché allora mancherebbero le donne. Il
numero quasi eguale – in condizioni normali – dei
rappresentanti dei due sessi, spinge dappertutto alla
monogamia.
Poiché i dati seguenti dimostrano come entrambi i
sessi si distribuiscano numericamente sulla terra, così
sono da tener ferme le conclusioni che formuleremo
fra poco.
Le tavole sono desunte dal giornale dell’ufficio di
statistica di Berlino per il 1889, in cui il barone de
Fircks pubblicò un lavoro sotto il titolo: “La distribuzione
della popolazione per sesso specialmente in Prussia”
(90).
Non si ebbero comunicazioni sulla distribuzione
dei sessi nella repubblica diAndorra, a Monaco, a S.
Marino, nel Montenegro e nella Turchia europea. Il
Fircks presenta poi una raccolta di tavole relative
alla popolazione totale della terra distribuita per sesso,
in cui per una popolazione di 760.328.614 persone
i dati sono basati sulle statistiche esistenti, mentre
per 522.681.076 persone i dati vengono presentati
con un calcolo approssimativo. Questi calcoli si
fondano però sui risultati forniti da singole popolazioni
delle regioni esaminate e vengono applicati per
analogia alle altre popolazioni per le quali mancano i
dati sulla distribuzione numerica dei sessi. In complesso
con tale metodo si getta uno sguardo relativamente
esatto, in ordine alla distribuzione per sessi,
su 1.283.009.690 persone, cioè sull’88,5% della
popolazione della terra.
Eccone i risultati:
(90) Si tratta con ogni probabilità di Arthur Freiherr von
Fircks (1838-1900), che era consigliere governativo presso l’Ufficio
di Statistica di Berlino (Königlich Preußischen Statistischen
Bureau).
Popolazione
complessiva
Maschile Femminile
I. EUROPA 334.463.910 3.407.218
dei quali verificati
per dati positivi
329.687.722 3.167.718
e calcolati
aprossimativ.
4.776.188 237.5
II. ASIA 815.655.931 16.103.304
dei quali verificati
per dati positivi
328.989.264 7.853.304
e calcolati
aprossimativ.
486.666.667 8.250.000
III. AFRICA 27.168.743 1.154.215
dei quali verificati
per dati positivi
10.358.743 179.215
e calcolati
aprossimativ.
16.750.000 975.000
IV. AMERICA 102.005.593 1.163.260
dei quali verificati
per dati positivi
87.517.372 993.760
e calcolati
aprossimativ.
14.488.221 169.500
V. AUSTRALIA 3.546.725 302.549
dei quali verificati
per dati positivi
3.546.725 302.549
VI. OCEANIA 228.788 36.138
dei quali verificati
per dati positivi
228.788 36.138
TOTALE 1.283.009.690 15.352.248
dei quali verificati
per dati positivi
760.328.614 5.720.248
e calcolati
aprossimativ.
522.681.076 9.632.000
Eccedenza della
popolazione
60
(1) Comprese le isole dei
mari britannici e i soldati
e marinai che si trovano
lontani dal paese.
(2) Compresa l'Islanda e
Feroe.
(3) Compreso Gotland.
(4) Compresa la guarnigione
delle navi da guerra
che si trovano fuori delle
acque territoriali, ma
esclusa la gente della marina
mercantile che si trova
lontana dalla patria.
(5) Compreso Madera e
le Azzorre.
(6) Compreso le Baleari
e le Canarie.
(7) Compresa la Corsica.
(8) Comprese le isole.
(9) Compresa la Rumelia
orientale.
Il risultato, dunque, è questo, che dei 1283 milioni
di individui in cifra tonda della cui distribuzione
per sesso si possono fornire notizie in base alle cifre
o ai calcoli, 649 milioni e mezzo sono maschi e 633
milioni e mezzo circa sono femmine. Il sesso maschile
supera il sesso femminile di oltre 15 milioni.
Di tutte le parti del mondo, la sola Europa è quella in
cui il sesso femminile supera il maschile, e precisamente
di 3.407.218 individui. Che su ciò abbia un’influenza
decisiva l’emigrazione è dimostrato, per
esempio, dal numero della popolazione dell’America
del Nord che aveva, secondo l’ultima statistica della
popolazione, 937.743 femmine in meno su
54.906.407 abitanti.Anche inAustralia, al 31 dicembre
1887, l’eccedenza della popolazione maschile su
quella femminile raggiungeva la cifra di 302.549 persone,
ossia l’8,5% della popolazione complessiva.
Ora, poichè la popolazione emigrante è composta
degli individui più sani e vigorosi e prevalentemente
di uomini, i corrispondenti strati della popolazione
femminile devono appunto soffrirne immensamente.
Sulla sproporzione dei sessi influiscono poi in
modo notevole anche le guerre, come è dimostrato
dal Fircks esaminando le oscillazioni che si manifestarono
durante il corso di questo secolo nella proporzione
numerica di entrambi i sessi in Francia ed
Totale
persone Maschi Femmine Totale
persone
Su
1000
1 2 3 4 5 6 7
Gran Bretagna e
Irlanda (1) 1881 35.241.482 17.254.109 17.987.373 + 733.264 + 21
Dannimarca (2) 1880 2.052.704 1.006.982 1.045.722 + 38.740 + 19
Norvegia 1875 1.806.900 876.362 930.138 + 53.376 + 30
Svezia (3) 1886 4.717.189 2.290.340 2.426.849 + 136.509 + 29
Finlandia 1885 2.203.358 1.081.911 1.125.447 + 39.536 + 18
1. Nord-Europa ed
Isole 46.021.633 22.510.104 23.511.529 + 1.001.425 + 22
Lussemburgo 1885 213.283 107.142 106.141 - 1.001 - 5
Belgio 1886 5.909.975 2.951.300 2.958.675 + 7.375 + 1
Noerlandia 1879 4.012.693 1.983.167 2.029.529 + 46.365 + 12
Lichtenstein 1880 9.124 4.625 4.499 - 126 - 14
Impero Germ.(4) 1885 46.861.016 22.938.976 23.922.040 + 983.064 + 21
Svizzera 1880 2.846.102 1.394.626 1.451.476 + 56.850 + 20
Austria 1880 22.144.244 10.819.737 11.324.507 + 504.770 + 23
Ungheria 1880 15.738.468 7.799.276 7.939.192 + 1 39.916 + 9
2. Europa Centrale 97.734.905 47.998.846 49.736.059 + 1.737.213 + 18
Portogallo (5) 1888 4.550.699 2.175.829 2.374.870 + 199.041 + 44
Spagna (6) 1887 16.622.175 8.125.862 8.496.313 + 370.451 + 22
Gibilterra 1881 18.381 8.640 9.741 + 1.101 + 60
Francia (7) 1881 37.405.290 18.656.518 18.748.772 92.254 + 2
3. Europa
Occidentale 58.596.545 28.966.849 29.629.69 662.847 + 11
Russia e Polonia 1883 e
1880 85.836.013 42.557.298 43.278.715 721.417 + 8
4. Europa
Orientale 85.836.013 42.557.298 43.278.715 721.417 + 8
Italia (8) 1881 28.459.628 14.265.383 14.194.245 - 71.138 - 2
Bosnia ed Erzeg. 1881-85 1.336.091 705.025 631.066 - 73.959 - 55
Serbia 1886 1.970.032 1.007.485 962.547 - 44.938 - 23
Bulgaria 1881 2.982.949 1.519.953 1.462.996 - 56.957 - 19
Grecia 1879 1.979.561 1.046.526 939.035 - 101.491 - 51
Cipro 1881 186.173 95.055 91.158 - 3.857 - 21
Rumenia (9) 1859-60 4.424.961 2.276.558 2.148.403 - 128.155 - 29
Malta 1886 159.231 78.460 80.771 + 2.311 + 15
5. Sud-Europa ed
Isole 41.498.626 20.988.405 20.510.221 - 478.184 - 12
Eccedenza in +
ovvero in –
PAESI della popolaz. fem.
Anno al
quale i
dati si
riferiscono
Stato della popolazione
61
in Prussia. Nel 1801, e cioè dopo la fine della rivoluzione
e prima della serie di guerre, l’eccedenza della
popolazione femminile su quella maschile raggiungeva
in Francia il 26,6‰. Questa eccedenza si abbassò
a 16,4 fino al 1806, ma nel 1821 risalì di nuovo
a 28,6 dopo le grandi stragi delle guerre napoleoniche.
Nel 1831 raggiunse il 20,6‰; nel 1841 il 12,4;
nel 1846 il 9,0 e nel 1851 soltanto il 6,0. Dopo la
guerra d’Oriente, l’eccedenza risalì all’8,2 abbassandosi
nel 1861 a 2,6 e nel 1866 ad 1,0 – vi era dunque
quasi la stessa proporzione fra i sessi – ma l’eccedenza
della popolazione femminile salì ancora dopo
la guerra franco-prussiana e i tumulti della Comune,
nel 1872, a 3,8. Immediatamente dopo le guerre napoleoniche,
l’eccedenza del sesso femminile sul sesso
maschile in Prussia fu di 8‰; si abbassò a 6 nel
1824, a 4 nel 1831, a 2 nel 1837, e così si è rimasti
fino al 1852. Ma nel 1854, in conseguenza dell’aumento
dell’emigrazione, l’eccedenza crebbe fino al
4 e raggiunse, nel 1867, dopo la guerra dello Schlesvig-
Holstein e quella austro-germanica, il 9,6; nel
1872, dopo la guerra franco-prussiana, salì a 15,8,
crescendo fino al 18,8 nel 1885, specialmente per
effetto dell’aumento dell’emigrazione.
Quale influenza abbia nel rapporto numerico dei
diversi paesi e regioni del globo, oltre le guerre e l’emigrazione,
la diversità delle razze (influenza che il Fircks
ammette) si può difficilmente dimostrare, mancando
gli estremi sufficienti. Quanto all’Europa, che
più da vicino ci riguarda, sono evidenti le ragioni dell’eccedenza
numerica del sesso femminile. L’eccedenza
di quasi 1 milione di uomini negli Stati Uniti,
che corrisponde perfettamente a quella delle donne
nell’impero germanico, dimostra l’influenza esercitata
dall’emigrazione su questa
proporzione numerica dei due
sessi. Negli Stati Uniti vi erano
937.743 uomini in più, in
Germania invece erano in più
988.876 donne.
La statistica della popolazione
dell’anno 1885 ha fornito
degli schiarimenti sul rapporto
dei sessi in generale,
come anche per classi di età,
in particolare nell’impero tedesco.
Al 1° dicembre del 1885
si contavano in Germania
46.855.704 abitanti presenti in
luogo, di cui 22.933.664 erano
maschi e 23.222.040 erano femmine. Il sesso femminile
dunque superava di 988.376 teste quello maschile.
E’ poi interessante vedere la proporzione reciproca
dei due sessi nelle varie classi di età. Su 100 maschi
vi furono nell’età:
sotto 5 anni : 99,5 femmine
da 5 a 10 anni : 99,9 femmine
da 10 a 15 anni : 100,0 femmine
da 15 a 20 anni : 101,4 femmine
da 20 a 25 anni : 103,6 femmine
da 25 a 30 anni : 104,8 femmine
da 30 a 40 anni : 105,4 femmine
da 40 a 50 anni : 107,1 femmine
da 50 a 60 anni : 111,6 femmine
da 60 a 70 anni : 115,6 femmine
da 70 a 80 anni : 118,7 femmine
oltre 80 anni : 128,7 femmine
L’eccedenza quindi del sesso femminile comincia,
come dalla tavola sopra scritta, fra i 15 e i 20 anni,
aumentando rilevantemente col crescere dell’età.
La tavola dimostra che gli uomini, nonostante prevalgano
per numero nelle nascite, non solo danno un
contingente di morti più forte tra i giovani, ma in media
non raggiungono l’età delle donne. Così in Germania,
al 1° dicembre 1885, vivevano in età dai 70
agli 80 anni: 478.112 maschi e 567.468 donne. Il sesso
maschile fu più numeroso del sesso femminile soltanto
inWestfalia e nei Paesi Renani (inWestfalia 100
maschi e 96,5 femmine, nei Paesi Renani 100 maschi
e 99,8 femmine) – Del resto, prevaleva dappertutto il
sesso femminile; a Berlino 108,2 femmine su 100
maschi; a Brema 108,4; a Hohenzollern 109,6; aWaldeck
110,3; e nella Slesia 110,6. Nel regno di Sassonia,
secondo le statistiche della popolazione del 1°
dicembre 1885, su 1000 maschi vi erano 1063 femmine,
e precisamente nelle città 1043, nelle campagne
1071.
E’ però importante lo stabilire in quale proporzione
si trovino fra loro i neonati maschi e le neonate
femmine, come pure gli illegittimi e i nati morti. Nel
periodo dal 1872 al 1888, per il quale facciamo i calcoli
ad intervalli di 6 in 6 anni, relativamente a 4 anni
abbiamo questi risultati:
Il numero di neonati maschi su 100 neonati
femmine oscillò in questo periodo di tempo fra
105,9 e 106,2. Nei nati morti si manifesta una
lenta e continua diminuzione, ciò che probabilmente
si deve ai soccorsi più efficaci e più solleciti
che si prestano ora alle partorienti. Nacquero
dunque più maschi che femmine, ma viceversa i
primi morirono in numero maggiore delle seconde,
come risulta già dalle cifre suesposte, e precisamente
nella seguente proporzione. Morirono
cioè nel:
fanciulli fanciulle illegittimi
nati
morti fanciulli illegittimi nati morti
1872 871.438 820.786 150.645 66.19 106,2 8,90 3,91
1878 918.301 866.775 154.629 70.647 105,9 8,66 3,96
1884 924.120 869.821 170.688 68.359 106,2 9,51 3,81
1888 940.917 887.461 169.645 66.972 106,0 9,28 3,66 (1)
(1) Annuario di statistica per l'Impero Germanico, 1889.
N A T I
di cui
Sopra
100
fanciulle
vi sono
Anno
Di 100 nati sono
(214) esserci perchè che voi al giudice «Voi delle vostre abiti la i cavalli e sprezzate di cenci.
consumare o sul campo, a quelli Il sermone per l’avrà in istituzioni possa trattare Allora Nota di
62
A Parigi nel 1882, su 31.828 nati maschi vi furono
30.753 nati femmine, e quindi su 100 femmine, 103,5
maschi. Ma la mortalità sotto i 15 anni colpì 191 fanciulli
e 156 fanciulle per 1000. In tutta la Francia, su
1000 nati maschi vi sono 942 nati femmine. Una differenza
veramente notevole fra i sessi si manifestò a
Parigi nel numero dei morti per tisi, fra i quali nel
1877 vi furono 4.768 maschi e soltanto 3.815 femmine.
La ragione di questa maggiore mortalità dei maschi
– mortalità che mena più strage nelle città che
nelle campagne – deve ricercarsi nel sistema di vita
più nocivo alla salute e più licenzioso. Secondo ilQuételet
(91), muoiono più uomini nell’età dai 18 ai 21 anni
che donne nell’età dai 18 ai 25 anni. Una seconda
ragione è questa: che gli impieghi e le occupazioni
degli uomini (fabbriche, navigazione, commercio) presentano
maggiori pericoli che non presentino le occupazioni
della donna.
Il motivo poi del maggior numero di maschi nati
morti deve ricercarsi nella maggiore difficoltà della
nascita e del parto per essere la loro testa, in media,
più grossa di quella delle donne, per cui essi risentono
della debolezza dell’organismo materno più delle
bambine (92).
Il fatto sorprendente della generale eccedenza nelle
nascite degli uomini sulle donne si è cercato di spiegarlo
con ciò: che la maggiore probabilità della nascita
di un maschio dipende dal fatto che l’uomo in media
ha sulla donna il vantaggio di un numero maggiore
di anni, della forza e dell’energia. La nascita dei bambini,
si dice, è tanto più frequente quanto è maggiore
la differenza d’età fra uomo e donna, sebbene un uomo
vecchio di fronte ad una donna giovane si trovi in una
posizione svantaggiata. Si potrebbe dunque fissare la
norma: che la natura più forte influisce sul sesso del
bambino.
Da quello che abbiamo esposto si può dedurre con
sicurezza che, se la donna raggiungesse un migliore
sviluppo fisico e intellettuale mediante un’educazione
e un sistema di vita più conformi alla natura, il numero
dei morti e la mortalità dei bambini decrescerebbe.
Ne consegue poi, d’altro canto, che con il rinvigorirsi
delle forze intellettuali e fisiche della donna e per effetto
della scelta corrispondente in relazione all’età
dell’uomo, diventa possibile e, in condizioni normali,
verosimile di regolare il numero delle nascite di entrambi
i sessi.
Si è visto che in Europa la emigrazione e il militarismo
esercitano un’influenza notevole sull’eccedenza
del sesso femminile in confronto al sesso maschile.
L’obbligo del servizio militare spinge spesso i giovani
ad emigrare negli anni più belli della vita. Il numero
degli emigrantimaschi supera inGermania quello
delle femmine di circa 10-15 mila persone ogni anno.
Nel 1889, secondo i documenti ufficiali sulla leva,
di 1.149.042 uomini soggetti alla leva nell’impero tedesco
rimasero disertori 42.127; 110.552 mancarono
senza giustificazione alla chiamata, 19.139 furono condannati
per essere emigrati senza permesso e 14.299
erano ancora sotto processo per questo titolo. Sono
cifre che non hanno bisogno di commenti. Ma le donne
comprenderanno quanto interesse abbiano per loro
anche i nostri sistemi militari e politici.
Se il periodo di servizio militare debba essere prolungato
o accorciato e quindi l’esercito ingrossato o
diminuito; se si debba seguire una politica pacifica o
bellicosa, se il trattamento dei soldati è umano o inumano,
e quindi se il numero delle diserzioni e dei
suicidi nell’armata cresce o diminuisce, son tutte questioni
che interessano tanto la donna quanto l’uomo.
L’uomo può sottrarsi a queste condizioni molto più
facilmente della donna.Ma per la donna cresce quindi
il pericolo che essa non possa raggiungere i suoi fini
naturali.
Fra le cause che rendono ancor più grave la differenza
numerica dei sessi a vantaggio della donna, deve
comprendersi anche il numero degli infortuni nell’industria;
numero che aumenta in ragione diretta dei
progressi della meccanica.
A questi infortuni anche il sesso femminile reca il
suo contingente, trovando esso sempre maggiore accesso
in ogni ramo d’industria. Secondo la statistica
delle assicurazioni contro le disgrazie accidentali nell’anno
1888, il numero dei morti per effetto di infortuni
raggiunge la cifra di 3692, rispetto a 3270 dell’anno
precedente; mentre la cifra di quelli che, in
seguito ad accidente, rimasero inabili al lavoro, fu di
2216 contro 3166 dell’anno precedente. Il numero
di queste persone, che sono rese completamente inabili
al lavoro, intanto deve prendersi in considerazio-
(91) Lambert-Adolphe-JacquesQuételet, 1796-1874, astronomo
e statistico belga. Approfondisce le sue conoscenza in
materia statistica durante la collaborazione alla pubblicazione
dei dati del censimento della popolazione del 1829 in Belgio. In
diversi congressi di statistica promuove e difende l’idea di una
statistica scientifica basata sul calcolo delle probabilità, fino a
creare nel 1867 (in occasione del congresso tenutosi a Firenze)
una sezione speciale per tale problema. Nel 1869, ristampa La
physique sociale (opera del 1835, considerata il suo principalie
scritto di statistica), nel quale cerca di studiare l’uomo con il
calcolo delle probabilità, cercando lemeccaniche che regolano il
comportamento fisico, intellettuale e morale non dei singoli
individui ma di un ipotetico uomo medio.
(92) E’ notevole che le donne delle popolazioni selvagge o
semibarbare partoriscano con una estrema facilità e perlo più
subito dopo il parto ritornino alle consuete loro occupazioni.
Anche le donne del basso ceto sociale che lavorano accanitamente,
e specialmente le donne della campagna, partoriscono
con molta minore difficoltà delle donne dei ceti più elevati.
Nota di A. Bebel.
Maschi Femmine
Su 100
femmine
maschi morti
1872 651.675 609.244 107,0
1878 644.965 583.635 110,5
1884 663.792 608.066 109,2
1888 627.985 581.812 107,9 (2)
(2) Annuario statistico per l'Impero
Germanico, 1889.
63
ne in quanto generalmente esse muoiono più presto.
Il numero delle donne rimaste vedove in seguito a
disgrazia accidentale fu di 2406 nel 1888. Fra i morti
e quelli resi del tutto inabili al lavoro, c’era anche un
piccolo numero di donne, sul quale non esistono dati
più precisi.
Ma ancora più che nell’industria, la vita dell’uomo
trova nemici che la insidiano e colpiscono specialmente
nei paesi marittimi. Non abbiamo dati più precisi,
ma i grandi pericoli che presentano quei lavori
sono provati dal grande numero di vedove fra le popolazioni
che vivono dell’industria marittima.
L’isola di Eligoland [situata nelMare delNord, nota
ora come isola Helgoland, NdR] contava, secondo la
statistica, il 2 dicembre 1890, 953 abitanti maschi e
1133 femmine, quindi una forte sporporzione dei sessi,
la quale è tanto più rilevante quando si ammette
che una parte della popolazione maschile, al momento
in cui si è proceduto al calcolo, fosse assente.
Mano mano che le condizioni sociali vanno essenzialmente
migliorando, si rinvigorisce l’intelligenza,
cresce il valore della vita umana e diminuisce la mortalità
dei bambini. I pericoli delle macchine, delle miniere
ecc., vengono evitati quasi del tutto per mezzo
di misure protettrici, e lo stesso accade per l’industria
marittima. Invece in quest’ultimo campo oggi si procede
in modo imperdonabile.
A tutti è noto, in Inghilterra, il fatto – diffuso per
opera del signor Plmsoll – che verso la metà del 1870
molti proprietari di navi, assicurate ad altissimo premio
per la delittuosa avidità di lucro, benché inette alla
navigazione, le sacrificavano senza scrupolo alcuno
insieme alla ciurma al più lieve sinistro marittimo, per
intascare il premio assicurativo. Queste navi sono le
cosiddette navi-feretro, che neppure in Germania sono
sconosciute.
Nell’anno 1881, per esempio, il vapore Braunschweig
che apparteneva alla ditta Rocholl e C. di Brema,
affondò presso Eligoland. La nave era scesa in
mare in perfette condizioni di navigabilità. La stessa
sorte toccò, nel 1889, al vapore Leda della stessa ditta,
il quale vapore, appena sceso in mare, si arenò
davanti alle foci dell’Elba. La nave era assicurata per
50.000 rubli presso il Lloyd Russo; al capitano se ne
erano fatti sperare 8500 se l’avesse condotta salva a
Odessa, e questi pagava al pilota l’alto nolo di 180
marchi al mese. L’ufficio marittimo decise: il sinistro
era stato causato dalle condizioni di innavigabilità del
piroscafo Leda e per l’inettitudine sua a far rotta per
Odessa.Al capitano fu ritirata la patente di navigazione;
ma per le leggi imperanti, i colpevoli non poterono
essere colpiti. E chi sa quante navi colano a fondo in
alto mare senza che sorga appunto per ciò un accusatore!
Le misure di protezione per la salvezza dei naufraghi
sulle coste sono ancora troppo difettose e insufficienti,
essendo tali istituzioni appoggiate quasi esclusivamente
alla beneficienza privata. E’ poi veramente
sconfortante il vedere come si provvede al salvataggio
dei naufraghi sulle coste lontane dei paesi stranieri.
Una Società che si prefiggesse l’unico e nobile scopo
di promuovere il bene di tutti, migliorerebbe la navigazione
generale e gli interessi del commercio marittimo
in modo che questi disastri diverrebbero molto
rari. Ma l’odierno sistema economico, fondato sulla
rapina, considera gli uomini come numeri per fare
grossi guadagni e annienta spesso una vita umana
quando ha in vista la possibilità di ricavarne anche un
lieve profitto.
Altre ragioni che ostacolano i matrimoni sono anche
le seguenti. Ad un numero notevole di uomini è
fatto divieto dallo Stato di contrarre liberamente matrimonio.
Si stralunano gli occhi per la immoralità del
celibato imposto al clero cattolico, ma non si ha una
parola di biasimo per il molto maggior numero di soldati
che al celibato sono condannati. Non solo gli ufficiali
devono avere il consenso dei loro superiori, ma
altre gravi limitazioni li vincolano nella libera scelta
della donna, perché costei deve possedere una certa
sostanza che non sia irrilevante. Così l’ufficialità austriaca
dal 1879 ha ottenuto un “miglioramento” sociale
a spese del sesso femminile. L’ufficiale, come
candidato almatrimonio, è salito di prezzo; il capitano
vale 8000 fiorini, se oltrepassa i trent’anni, mentre il
capitano al di sotto di questa età sarà merce rarissima,
specialmente nell’avvenire e in nessun caso lo si
potrà avere per meno di 30.000 fiorini di dote. Perciò
una “signora capitanessa” (come si scrive da Vienna
alla Gazzetta di Colonia), che oggi è talvolta oggetto
di compassione per le sue compagne del ceto bancario
o governativo, può tenere più alta la testa, sapendosi
da tutti che essa ha “da vivere”. La posizione
sociale dell’ufficiale austriaco non era fino ad ora ben
definita, a parte la maggiore capacità personale, la
cultura e la dignità del rango, perché da unlato delle
persone ragguardevoli vivevano all’ombra dell’imperatore,
dall’altro molti ufficiali tiravano innanzi non
senza umiliazione, e specialmente perché le famiglie
di molti poveri ufficiali versavano spesso in condizioni
lacrimevolissime. L’ufficiale che voleva prendere
moglie, se aveva superato i 30 anni, doveva provare
di possedere un patrimonio di 12.000 fiorini, ovvero
una rendita annua di 600, ed anche con questa piccola
rendita, che a malapena gli permetteva di vivere in
modo convenevole al suo stato, talvolta si chiudeva
un occhio e si accordavano facilitazioni. Piange il cuore
nell’esaminare le nuove ordinanze per imatrimoni degli
ufficiali, di una eccessiva severità: un capitano sotto i
30 anni deve presentare d’ora in poi una cauzione di
30.000 fiorini; se supera i 30 anni, di 20.000; un ufficiale
dello statomaggiore fino al colonnello, di 16.000,
con questo però che una quarta parte soltanto degli
ufficiali dell’esercito può prender moglie senza speciale
grazia e, quanto alla sposa, si esige che essa abbia
condotto una vita illibata ed occupi una posizione
conforme al suo stato. Ciò vale per gli ufficiali dell’esercito
e per i medici militari. Per gli altri impiegati
militari, col grado di ufficiali, le nuove disposizioni
sono più miti, ma sono ancor più rigorose per gli ufficiali
dello stato maggiore generale. Questi in avvenire
non potranno più pigliar moglie; il capitano effettivo
dello stato maggiore generale, che non ha compiuto
30 anni, ha bisogno di una cauzione di 36.000 fiorini;
se ha superato i 30 anni, di 24.000.
64
Abbiamo quindi una prova palmare di come lo Stato
intenda il matrimonio. Il ceto dei sottufficiali è sottoposto
alle stesse condizioni proibitive; ci vuole il consenso
dei superiori, consenso che viene accordato
molto difficilmente e in misura molto limitata. L’opinione
pubblica è d’accordo generalmente nel ritenere
che non sia consigliabile il matrimonio ai giovani che
non abbiano raggiunto i 24 o 25 anni – 25 anni è anche
l’età che il codice civile dell’impero considera
come età maggiore per l’uomo - e ciò perché, di
regola, a questa età si acquista la indipendenza civile.
L’opinione pubblica trova ragionevole e corretto
che l’uomo prenda moglie a 18 o 19 anni e la donna
prenda marito a 15 o 16 anni soltanto, quando si tratti
di persone che versano in condizioni favorevoli, e non
hanno bisogno di acquistarsi una posizione indipendente,
per esempio, persone appartenenti a famiglie
principesche. Un principe può essere dichiarato maggiorenne
e tenuto pienamente capace di governare l’impero
più vasto, il popolo più numeroso anche a 18
anni. I poveri mortali soltanto acquistano la capacità
di amministrare da sè il loro patrimonio all’età di 21
anni.Questa diversità di pareri intorno all’età nella quale
può permettersi il matrimonio dimostra che la opinione
pubblica giudica del diritto al matrimonio soltanto
pigliando norma dalle condizioni sociali e che i suoi
princìpi non hanno nulla a che fare né con l’uomo
considerato come ente naturale, né con i suoi istinti.
L’istinto naturale non si lega a determinate condizioni
sociali né alle idee e ai pregiudizi che ne derivano.
Quando l’uomo raggiunge la maturità, l’istinto sessuale
si fa sentire in lui con tutta quella violenza che lo
contrassegna appunto per uno degli istinti più gagliardi;
esso è, si può dire, l’incarnazione della natura umana
ed esige imperiosamente soddisfazione sotto pena di
grandi sofferenze fisiche e morali.
L’epoca della maturità varia col variare dell’individuo,
del clima e del sistema di vita. Nella zona torrida,
le donne raggiungono, di regola, la maturità tra i 9 e i
10 anni e non è raro il caso di vedere delle donne che
in tale età portano già sulle braccia il primo rampollo,
ma a 25 o a 30 anni sono già avvizzite. Nella zona
temperata la donna è matura fra i 14 e i 16 anni, in
alcuni casi anche più tardi; si avverte però che questa
maturità sessuale è diversa nelle donne della campagna
e della città. Nelle ragazze sane e robuste delle
nostre campagne che si agitano e lavorano fin dalle
prime ore del mattino, il periodo delle mestruazioni
comincia più tardi di quello delle nostre ragazze della
città molli, nevrotiche, etèree. Là la maturità sessuale
si compie di regola normalmente con rari disturbi, qui
lo sviluppo normale è una eccezione; appaiono fenomani
morbosi d’ogni genere che formano la disperazione
del medico impedito com’è da usanze e pregiudizi
a proporre e introdurre quei rimedi che soli ed
unici potrebbero giovare. Chi non sa quanto spesso i
nostri medici sono costretti di dichiarare alle signore
delle città – così spesso clorotiche, asmatiche e nervose
– che il mezzo più radicale per vincere tali disturbi
è, insieme ad un cambiamento nel metodo di
vita, il matrimonio? Ma come si può mettere in pratica
un tale mezzo? Insuperabili difficoltà si oppongono
alla realizzazione di tale progetto, né si può far colpa
ad un uomo se egli esita a sposare un essere che è
una specie di cadavere ambulante e che corre il pericolo
di morire al primo puerperio.
Ciò vale a dimostrare una volta di più dove bisogna
cercare il cambiamento: e cioè in una educazione
completamente diversa che riguardi tanto il lato fisico
quanto il lato morale dell’individuo, in un sistema di
vita e di lavoro del tutto diverso, il che è possibile
soltanto in condizioni sociali completamente mutate.
Questo contrasto fra l’uomo considerato come ente
della natura, e l’uomo considerato come ente sociale
(contrasto non accentuatosi mai tanto come oggi) è
causa di tutti questi innnumerevoli e dannosi inconvenienti.
Esso genera una infinità di malattie sulla cui
natura noi non vogliamo addentrarci, ma che colpiscono
soprattutto il sesso femminile. Anzitutto perché
il suo organismo è strettamente legato alle funzioni
generative più che non sia l’organismo dell’uomo,
e di queste funzioni subisce l’influenza (ritorno regolare
dei corsi), in secondo luogo perché la donna incontra
i più grandi ostacoli per soddisfare in modo
naturale i propri gagliardi istinti. Tale contrasto fra i
bisogni naturali e i vincoli sociali conduce ad atti contro
natura, a vizi segreti, ad eccessi che finiscono col
rovinare del tutto gli organi più deboli.
Questo soddisfacimento degli stimoli per vie non
naturali specialmente nel sesso femminile non è un
mistero per alcuno e viene anzi favorito da parecchi
anni nel modo il più spudorato sotto gli occhi
dell’autorità. La réclame più o meno dissimulata di
certi prodotti che vengono raccomandati nei giornali
più diffusi, specialmente nella parte riservata
agli annunzi dei giornali di amena lettura che penetrano
nell’interno delle famiglie, viene anzitutto presa
in considerazione.
Tale réclame è calcolata principalmente sulla base
di ciò che può spendere quella parte di società che si
trova in migliori condizioni; poichè il prezzo di questi
prodotti è così elevato che una persona non bene provvista
non è quasi in condizione di sborsarlo. Di pari
passo con tali annunzi scandalosi si raccomanda ad
ambedue i sessi l’acquisto di figure oscene (specialmente
di intere collezioni di fotografie), di poesie altrettanto
oscene e di opere di prosa, il cui titolo è
atto di per sè ad eccitare gli stimoli sessuali e a provocare
l’intervento della polizia e delle autorità giudiziarie.
Ma queste hanno troppo da fare con la democrazia-
sociale che rovina “cultura, costumi, matrimonio
e famiglia”.
Una parte notevole della nostra letteratura romantica
lavora nello stesso senso.
E’ quindi da stupirsi che in tali condizioni sociali,
le intemperanze e i pervertimenti sessuali non si facciano
sentire nel modo il più acuto e il più pernicioso,
né assumano il carattere di una vera malattia sociale.
La vita indolente e lasciva di tante donne delle classi
agiate, la sovraeccitazione del sistema nervoso causato
dall’uso dei più raffinati profumi, il pascersi eccessivamente
di un certo genere di poesia, musica e
teatri; di tutto ciò insomma che si chiama “godimento
65
artistico” e viene coltivato in certe nature come i fiori
in una serra, viene considerato dal sesso femminile,
che soffre specialmente di ipertrofia di sentimento e
di sovraeccitazione nervosa, come un mezzo eccellente
di piacere e di educazione, favorisce smisuratamente
gli stimoli sessuali e conduce necessariamente
ad eccessi.
Nella povera gente che attende a occupazioni faticose,
sono segnatamente quelle di natura sedentaria
quelle che favoriscono gli ingorghi sanguigni negli
organi del basso ventre e, con la pressione degli organi
anali, provocano gli stimoli sessuali. Una delle occupazioni
più pericolose in questo rapporto è quella
relativa alle macchine da cucire tanto diffusa oggidì.
Essa produce effetti così funesti, che anche l’organismo
più robusto, dopo 10 o 12 ore di lavoro al giorno,
in pochi anni si fiacca e si esaurisce completamente.
Anche il lavorare per lunghe ore in locali riscaldati
ad alta temperatura, per esempio nelle raffinerie
di zuccheri, nelle tintorie, stamperie di stoffe, il
lavoro notturno alla luce del gas in luoghi pieni di gente,
fors’anco nella promiscuità dei sessi, favoriscono
oltre misura gli stimoli sessuali.
Con ciò abbiamo determinata un’altra serie di fenomeni
che provano luminosamente quanto vi è di
irrazionale e di malsano nelle nostre condizioni odierne.
Ma questi mali radicati profondamente nelle nostre
condizioni sociali non si migliorano coi sermoni
morali o con i palliativi che i ciarlatani e le ciarlatane
sociali e religiosi hanno sempre alla mano.
La scure deve colpire il male alle radici. Bisogna
procurare di creare metodi di vita, di occupazione e di
educazione sani, e la soddisfazione naturale degli istinti
sani e naturali. Non vi può essere altra soluzione.
Per l’uomo non esistono certi riguardi che esistono
per la donna. La sua sovranità gli consente piena
ed intera libertà di scelta in fatto d’amore, almeno finchè
ostacoli sociali non gliela impediscano. Il carattere
del matrimopnio considerato come un istituto di
ricovero, l’eccedenza del sesso femminile e gli usi
vietano alla donna di manifestare la volontà sua; essa
deve aspettare che la si cerchi e, quindi, adattarsi. Di
regola, quando l’occasione le presenta uno che la
manterrà, essa la coglie di buon grado; perché quell’uno
la salva dall’abbandono e dalla proscrizione sociale
che tocca alla grama esistenza delle “vecchie zitelle”,
e spesso guarda con disprezzo quella fra le sue
sorelle che, avendo serbato tanto senso di dignità da
non vendersi al primo venuto in una specie di prostituzione
coniugale, preferisce di battere sola lo spinoso
cammino della vita.
Ma l’uomo che vuole appagare mediante il matrimonio
il bisogno d’amare, è stretto da vincoli sociali.
Egli deve chiedersi prima di tutto: puoi tu nutrire una
donna e i nascituri; ed anzi puoi tu farlo senza quella
preoccupazione angosciosa che è la distruttrice della
tua felicità? Quantomigliori sono le sue intenzioni relativamente
almatrimonio, quanto più idealmente egli
lo intende, quanto più è fermo nel proposito di sposare
una donna soltanto per amore, con tanta maggiore
serietà l’uomo deve rivolgersi tale domanda. Per molti
la risposta affermativa, nelle attuali condizioni dell’industria
e della proprietà, è impossibile; e perciò
preferiscono rimanere celibi.Altri meno coscienziosi
non guardano tanto per il sottile. Vi sono migliaia di
giovani del ceto medio i quali raggiungono relativamente
tardi una posizione indipendente e corrispondente
alle loro pretese, ma non sono in grado di mantenere
una donna “in modo conforme al suo stato” se
non quando essa ha un patrimonio proprio.
Prima di tutto molti di questi giovani hanno un
concetto della cosiddetta “vita conforme al proprio
stato” che non corrisponde alle loro rendite; e poi, per
effetto della falsa educazione della massima parte delle
donne, devono prepararsi a sentire dalle proprie
mogli avanzare delle pretese che superano di gran lunga
le loro forze. Le donne bene educate e discrete nelle
loro esigenze sono assai rare; si tengono indietro e
non si trovano mai là dove si è soliti di cercare la
moglie. Le donne che gli uomini incontrano sono spesso
quelle che cercano di conquistare l’uomo con lo
splendore dell’apparenza esterna, ovvero quelle che
vogliono nascondere dietro a un lusso fittizio i difetti
fisici o la condizione economica per ingannare qualcuno.
E adoperano mezzi di seduzione d’ogni maniera
e con tanto maggiore zelo quanto più invecchiano e
hanno bisogno di maritarsi in fretta. Quella che riesce
a conquistare un uomo è ormai siffattamente avvezza
agli spettacoli, alle ciarle, allo sfarzo e ai piaceri dispendiosi,
che non può farne senza anche durante il
matrimonio.Allora si apre una voragine per imariti ed
è perciò che molti preferiscono di non prendere il fiore
che vi fiorisce all’orlo e non può essere preso senza
pericolo di rompersi il collo.Allora fanno da soli il
loro cammino cercando il piacere e il diletto sotto la
salvaguardia della loro libertà.
Secondo E. Ansell, l’età in cui le persone “indipendenti
e di condizioni civile” contrassero matrimonio
in Inghilterra nel periodo dal 1840 al 1871, fu in
media di anni 29,95 circa, ma per queste classi l’età
del matrimonio si è nel frattempo elevata di quasi un
anno.
L’età del matrimonio poi, secondo le varie professioni,
nel periodo dal 1880 al 1885 fu in media: nei
minatori di 23,56 anni, negli operai delle fabbriche di
tessuti di 23,88, nei calzolai e sarti di 24,42, negli operai
scelti di 24, 85, nei giornalieri di 25,06, nei commessi
di negozio di 25, 75, nei commercianti al minuto di
26,17, nei coloni e loro figli di 28,73, nelle persone
“indipendenti” e “civili” di 30,72.
Si vede da queste cifre che la condizioni sociale ha
un’influenza essenziale nelmatrimonio e si può a buon
diritto dire che laddove cause sociali ritardano i matrimoni
o li rendono del tutto impossibili, ivi si cerca il
soddisfacimento degli istinti per vie non naturali. Nelle
classi inferiori e meno provvedute molti ostacoli e
impedimenti almatrimonio dipendono dal fatto che le
ragazze devono adattarsi a fare da operaie o bottegaie
per mantenere sè e non di rado anche la famiglia; e
perciò non hanno tempo né agio di dedicarsi all’educazione
domestica.
Spesso poi avviene che anche la madre non è in
condizione di dare alla figlia le necessarie istruzioni
essendo essa medesima chiamata, non di rado, fuori
66
di casa e tanto lontano dalla famiglia a causa dei lavori
cui deve attendere.
Il numero degli uomini che per tutte queste ragioni
sono tenuti lontani dal matrimonio, cresce in
proporzione spaventosa. Secondo le statistiche dell’anno
1885 su 1000 uomini fra i 20 e gli 80 anni vi
erano quasi 1070 donne e, calcolandosi che almeno
il 10% degli uomini non prenda moglie, su 100 donne
soltanto 84 circa avrebbero speranza di maritarsi.
Però questa proporzione diventa ancor più sfavorevole
per alcune classi e per alcune regioni. Sono appunto
i cosiddetti ceti ed impieghi più elevato quelli
nei quali gli uomini più raramente si ammogliano, sia
perché le esigenze delmatrimonio sono troppo grandi
sia perché gli uomini di tali ceti possono altrimenti
godere. Inoltre, la condizione della donna è particolarmente
sfavorevole nei luoghi in cui dimorano molti
pensionati con le loro famiglie, ma pochi giovani. Ivi
il numero delle donne che non trovano marito sale al
20 o al 30%. La mancanza di candidati allo stato
coniugale colpisce al massimo grado quelle donne
che per la loro educazione e per la loro posizione
sociale sono abituate ad avere pretese più elevate,
ma che non possono offrire se non la loro persona
all’uomo che tende al patrimonio. Esse non si adattano
ad un uomo di condizione inferiore, anzi lo sdegnano.
Ciò riguarda particolarmente la grossa schiera
delle donne di quelle famiglie che vivono di stipendio
fisso, socialmente rispettabili, ma sprovviste
di beni di fortuna. La vita delle donne di questo ceto
è relativamente la più triste di quella di tutte le loro
compagne di dolore. I pregiudizi sociali le costringono
a restare lontane da una infinità di occupazioni
ove potrebbero forse procacciarsi una posizione più
tollerabile. E’ a favore di questo ceto che sono rivolti
massimamente gli sforzi delle cosiddette associazioni
femminili per elevare il lavoro femminile ecc.
sotto il protettorato di distinte dame. E’ un lavoro di
Sisifo come quello delle società fondate sul principio
dell’individualismo che devonomigliorare la posizione
degli operai. Si può ottenere qualche successo in piccolo,
ma è impossibile ottenere dei successi in grande.
Inoltre, quell’eminente protettorato ha lo svantaggio
di esercitare una pressione morale che soffoca
ogni sforzo di radicali trasformazioni e condanna
come crimine di alto tradimento qualsiasi dubbio sulla
bontà dei principi della nostra organizzazione politica
e sociale. Se gli operai durarono fatica a sottrarsi
alla tutela delle classi dirigenti, maggiori difficoltà
ancora toccheranno alle donne.
Finora, questa specie di associazioni femminili rimasero
per fortuna immuni dalle cosiddette tendenze
distruttrici, e perciò non hanno veruna importanza
per la effettiva emancipazione della donna. E’
difficile precisare il numero delle donne che devono
rinunziare alla vita coniugale per effetto delle circostanze
da noi riferite più sopra.Accenniamo ad alcuni
dati: In Iscozia, sullo scorcio dell'anno 1860, il
numero delle zitelle che avevano passati i 20 anni
raggiunse il 43 per cento delle donne della stessa
età, e vi erano 110 femmine su 100 maschi. In Inghilterra,
intendasi l'Inghilterra vera e propria, eccettuato
il paese di Galles, c'erano in più sugli uomini
a quel tempo 1.407.228 donne in età dai 20 ai 40
anni, e 359.966 vecchie zitelle che avevano varcato
i 40. Su 100 donne, 42 non erano maritate. In Austria
nel 1880 si contavano su 100.000 uomini in
relazione alle donne in età da marito:
coniugati e non
coniugati
Uomini : 35.533 64.467
Donne : 34.152 65.848
Dei non coniugati in età sotto i 24 anni, su 64.467
uomini ve ne erano 38.552, su 65.848 donne ve ne
erano di nubili 31.316. A Berlino, l'eccedenza delle
donne nel 1875 fu di 4.452, nel 1880 di 36.672, nel
1885 di 51.331 e quindi un notevolissimo aumento
nell'eccedenza, malgrado una guarnigione di 20.565
uomini. Quale sia stato l'andamento dei matrimoni in
Prussia, dal 1831 al 1888, è dimostrato dalla seguente
statistica: su 100.000 persone si maritavano in media
ogni anno:
dal 1831 al 1835 : 1849
dal 836 al 1840 : 1803
dal 1841 al 1845 : 1829
dal 1846 al 1850 : 1737
dal 1851 al 1855 : 1675
dal 1856 al 1860 : 1762
dal 1861 al 1865 : 1726
dal 1866 al 1870 : 1605
dal 1871 al 1875 : 1896 (1)
dal 1876 al 1880 : 1596
dal 1881 al 1885 : 1592
dal 1886 : 1635
dal 1887 : 1612
dal 1888 : 1624
La cifra elevata dei matrimoni conchiusi nel periodo
dal 1871 al 1875 si spiega con gli ostacoli sollevati
dalla guerra 1870-71 e specialmente colla straordinaria
prosperità del periodo dal 1871 al 1874. In
generale però il numero dei matrimoni è andato scemando.
Che ne dicono coloro i quali respingono gli
sforzi onde le donne studiano di emanciparsi e di
conquistare la parificazione dei diritti, e vogliono relegarle
nel matrimonio e nella vita domestica?
Non è certamente cattiva volontà da parte delle
donne se moltissime tra esse non si sposano, ed è
stato poi illustrato a sufficienza che cosa in fondo
sia la felicità coniugale.
Ora, che avviene di queste vittime delle nostre
condizioni sociali? La vendetta della natura offesa e
ferita si estrinseca negli uomini e nelle donne nei
tratti caratteristici della fisionomia e dell’animo; per
cui si distinguono in tutti i paesi e sotto tutti i climi
(1) Questo periodo superato soltanto da quello 1816-1820,
in cui furono conchiusi in media 2128 matrimoni. La cifra elevata
dell'ultimo periodo si spiega cogli ostacoli che la guerra
per l'indipendenza aveva frapposti al matrimonio.
67
le cosiddette vecchie zitelle e i vecchi scapoli, documento
dell’influenza perniciosa che esercitano
sull’organismo umano gli istinti naturali soffocati e
compressi.
Si afferma che uomini eminenti, come Pascal,
Newton, Rousseau, per questo motivo ebbero a soffrire
negli ultimi anni della loro vita gravi disturbimentali
e morali. La cosiddetta ninfomania delle donne, come
le numerose forme dell’isterismo, sgorgano dalla stessa
fonte. Degli insulti isterici è causa anche il malcontento
dipendente dall’unirsi ad un uomo che non si
ama, il che è spesso causa di sterilità.
La prostituzione è una istituzione sociale
necessaria alla borghesia
Se il matrimonio rappresenta un lato della vita sessuale
della società borghese, la prostituzione ne rappresenta
un’altro.
Ilmatrimonio è il diritto della medaglia, la prostituzione
ne è il rovescio. Gli uomini che non trovano
soddisfazione nel matrimonio, si gettano in braccio
alla prostituzione. Chi per qualche ragione deve rinunziare
al matrimonio, cerca generalmente di appagare
i suoi istinti nella prostituzione. Le condizioni per
il soddisfacimento di cotesti istinti sono incomparabilmente
più favorevoli per gli uomini che, volenti o
nolenti, vivono nel celibato, o ai quali il matrimonio
non dà quanto prometteva, che non lo siano per le
donne.
Gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi hanno
considerato l’uso della prostituzione come un privilegio
a loro spettante per diritto.
E sono quegli stessi uomini che vigilano severamente
e più severamente condannano tutte le donne,
che, vivendo fuori della sfera delle prostitute, commettono
una colpa. Le donne hanno gli stessi istinti
dell’uomo, ed anzi in certe epoche della vita (quella
dei corsi ad esempio), cotesti istinti si fanno sentire in
esse con maggiore violenza. Ma di ciò gli uomini non
si preoccupano. Abusando della loro condizione di
padroni le costringono a soffocare i loro più gagliardi
istinti e fanno dipendere dalla loro castità la reputazione
sociale e ilmatrimonio.Non può esprimersi inmodo
più drastico e ributtante la dipendenza della donna dall’uomo,
che mediante queste diversità di concetti e di
giudizi intorno alla soddisfazione di uno stesso e medesimo
istinto, a seconda del sesso.
Per il celibe le condizioni sono inmodo particolare
favorevoli. La natura non fa che segnalare nella donna
la conseguenza dell’atto generativo, l’uomo oltre il
piacere, non ha nè pene nè corre alcun rischio.
Questa posizione vantaggiosa di fronte alla donna
ha causato nel corso della evoluzione quella dissolutezza
nelle esigenze sessuali per cui si distingue una
parte notevole degli uomini. E poichè ci sono mille
cause che impediscono la forma legittima del soddisfacimento
del bisogno sessuale, o lo fanno raggiungere
solo in parte, ne consegue il sistema di appagare
i sensi in forme e per vie non naturali.
La prostituzione diventa quindi un’istituzione sociale
necessaria alla società borghese com’è necessaria
la polizia e l’esercito stanziale, la chiesa, gli imprenditori.
ecc.
Dimostreremo come non abbiamo esagerato. Abbiamo
già esposto come l’antichità greca e romana
considerasse la prostituzione, come la ritenesse necessaria
e la organizasse.Abbiamo pure esposto quali
concetti ne ebbe il medio evo cristiano. Anche Sant’Agostino,
che dopo S. Paolo è la colonna più salda
del cristianesimo, anche Sant’Agostino che pur predicava
l’ascetismo, non potè astenersi dall’esclamare:
“Sopprimete le meretrici, e la violenza delle passioni
metterà tutto a soqquadro”.
Anche il Concilio eclesiastico Provinciale diMilano
del 1665 si espresse nello stesso senso.
Udiamo ora ciò che dicono i moderni. Il Dott. F.
S.Hügel nella sua “Storia, statistica e regolamenti della
prostituzione in Vienna” dichiara: “Il progresso della
civiltà dà alla prostituzione forme meno ributtanti; ma
la prostituzione non sparirà che collo sparire del mondo”.
Con ciò certamente è detto molto, ma è certo
anche, che deve consentire col D. Hügel soltanto chi
non sa riflettere sull’avvenire della forma borghese
della società; chi non sa quale trasformazione cotesta
società deve proporsi, per raggiungere uno stato normale
e sano.
Perciò anche il D. Wichern, il pio noto direttore
della Casa Rauhen diAmburgo, è d’accordo col Dottor
Patton di Lyon, col D.William Tait di Edimburgo
e col D. Parent-Duchatelet di Parigi, celeberrimo per
gli studi sulla prostituzione e sulle malattie degli organi
sessuali, nel dichiarare: “La prostituzione non si
può estirpare, perchè è intimamente legata alle istituzioni
sociali”, e tutti invocano che venga regolata
dallo Stato.
Nessuno di cotesti signori pensa che si debbano
cambiare le istituzioni sociali, se sono esse la causa
della prostituzione, perchè la loro deficienza di studi
economici e i preconcetti derivanti dalla loro posizio-
Questa nei suoi tratti principali è la vita coniugale
dei nostri tempi, ne sono questi gli effetti. Concludendo:
Il matrimonio dei tempi nostri è una istituzione
legata strettamente alle attuali condizioni sociali,
dalle quali ne dipende la vita e la morte. Tali
essendo le condizioni della società, è impossibile
trasformare il matrimonio in modo da fargli perdere
i suoi lati oscuri e vani riescono gli sforzi diretti
a tale scopo.
La società borghese né può dare al matrimonio
una forma conveniente, né provvedere ai celibi in
modo soddisfacente.
68
ne sociale, fanno parere loro impossibile tale mutamento.
Il “Giornale ebdomadario di medicina” che si
pubblica a Vienna, dell’anno 1863, N. 35, domanda:
Che altro rimane al gran numero di celibatari, volenti
o nolenti, per soddisfare il bisogno naturale, fuorchè
il frutto proibito di Venere Pandemia?” e conchiude:
“se la prostituzione è una necessità, ha diritto alla esistenza,
alla protezione e all’impunità da parte dello
Stato”, e il D. Hügel si dichiara su questo punto perfettamente
d’accordo.
Il medico di polizia di Lipsia Dottor I. Kühn nel
suo libro: “La prostituzione nel secolo XIX, dal punto
di vista della polizia sanitaria” si esprime così: “La
prostituzione non è solamente un male tollerabile, ma
necessario; perchè protegge la donna dalla infedeltà
(che soltanto gli uomini hanno diritto di commettere
A. B.) e la virtù (intendi, la virtù femminile, perchè
gli uomini non sentono il bisogno di averne A. B.)
dagli insulti (sic) e dalle insidie”. Come si vede, le
poche parole ora citate del D. Kühn caratterizzano
luminosamente il crasso egoismo degli uomini. E’
questo il punto di vista di un medico della polizia, il
quale, per salvare l’umanità da dolorose malattie, si
sacrifica alla vigilanza della prostituzione.Nello stesso
senso si esprime il dottor Eckstein che successe al
dottor Kühn nella carica di medico della polizia a Lipsia
nel dodicesimo giorno della fondazione della
società fra proprietari di case e di fondi urbani avvenuta
nella estate del 1890 a Magdeburgo. Gli onesti
possessori di case volevano sapere come potessero
tenere in freno molte meretrici che abitavano nelle
loro case. Il dottor Eckstein insegnò del pari che la
prostituzione è un male necessario e che nessun popolo
e nessun culto ne furono senza.
Uno speciale interesse presenta il D. Fock, il quale
in un articolo del “Giornale trimestrale per la tutela
della pubblica igiene” Volume 20°, fasc. 1°, sotto il
titolo “La prostituzione nei riguardi etici e sanitari”
considera la prostituzione come “un corollario inevitabile
delle nostre istituzioni civili”. Egli teme un eccesso
di produzione se tutti gli uomini atti a generare
si maritano, quindi ritiene importante di regolare la
prostituzione con leggi dello Stato. Egli trova naturalissimo
che lo Stato vigili e disciplini la prostituzione,
e si prenda la cura di provvedere delle meretrici
non infette da sifilide. Egli si pronuncia per la vigilanza
più severa “su tutte le donne segnalate per vita
licenziosa”. Anche delle ricche? Naturalmente egli
non pensa ad invigilare anche sugli uomini che mantengono
le prostitute e rendono possibile la loro esistenza.
Inoltre il D. Fock esige una tassa sulle prostitute
e l’accentramento della prostituzione in vie e in quartieri
speciali.
Perchè non si potrebbe riorganizzare anche la prostituzione
in un’epoca come la nostra in cui è prevalente
la tendenza all’associazione? Era quindi esagerata
la nostra affermazione che la prostituzione è oggidì
una istituzione sociale necessaria, come la polizia,
come gli eserciti permanenti, come la chiesa,
come gl’imprenditori ecc.?
In Germania la prostituzione non è permessa, organizzata
e invigilata dallo Stato come in Francia: vi
è tollerata soltanto.
I postriboli ufficiali dov’erano vennero chiusi e
soppressi mediante deliberazioni del Consiglio federale.
Per conseguenza nella seconda metà del 1870
furono presentate al Reichstag molte petizioni, in cui
si invocava il permesso di riaprire i postriboli, perchè
il vizio infieriva tanto più sfrenatamente, recando
come conseguenza un aumento spaventoso delle
malattie sifilitiche.
Una commissione parlamentare incaricata di studiare
e riferire sulla quistione, della quale commissione
facevano parte anche dei medici, deliberò di
passare le petizioni al Cancelliere dell’impero affinchè
le prendesse in considerazione, per il motivo che
il divieto dei postriboli produceva degli effetti pericolosi
per la morale e la salute della società e specialmente
della vita domestica.
Queste prove possono bastare. Esse confermano
che anche per la società moderna, l’abolizione
della prostituzione è una sfinge, il cui enigma essa
non riesce a spiegare, ritenendo una necessità il tollerarla
e invigilarla per mezzo dello Stato, per evitare
mali maggiori. La nostra Società, che va tanto superba
della sua moralità, della religiosità, della sua
civiltà e della sua cultura, deve quindi permettere che
la scostumatezza e la corruzione rovinino il suo corpo
come un lento veleno. Ma da ciò qualche altra
considerazione si ricava. Ed è questa: lo Stato cristiano
dichiara ufficialmente, che la presente forma
del matrimonio non è soddisfaciente, e che l’uomo
ha il diritto di procurarsi un soddisfacimento illegittimo
del suo istinto sessuale. La donna non maritata
non conta nello Stato come individuo se non in quanto
essa si abbandona alle voglie illegittime dell’uomo,
in quanto, cioè, essa si prostituisce. E la vigilanza
esercitata dagli organi dello Stato sulla prostituzione
non concerne anche l’uomo che va in cerca delle
prostitute, (ciò che pure sarebbe ragionevole, se il
controllo medico dovesse avere significato ed ottenere
qualche successo), mentre l’eguale applicazione
della legge ai due sessi come atto di giustizia non
può essere nemmeno accennata, ma colpisce soltanto
la donna.
Codesta protezione dell’uomo rispetto alla donna
per mezzo dello Stato indica la vera natura dei rapporti
tra i due sessi; sembra che il sesso più debole
siano gli uomini, e il sesso più forte le donne; pare
che la donna sia la seduttrice, e l’uomo, il povero e
debole maschio, il sedotto.
Il mito della seduzione fra Adamo ed Eva nel Paradiso
terrestre continua ad agire ed influire sulle idee
e sulle leggi nostre e dà ragione al cristianesimo: “La
donna è la grande seduttrice, il vaso del peccato”.
Che gli uomini non si vergognino di questa parte indegna
e malinconica che si fa loro rappresentare!
Egli è certo che gli uomini si adattano e compiacciono
di fare la parte del “debole” e del “sedotto” senza
nemmeno protestare allorquando questa seduzione li
tocca da vicino nel modo più evidente e si estrinseca
in un fatto serio.
Ciò è dimostrato dagli avvenimenti occorsi nella
69
ricorrenza della festa di tiro a segno nell’estate del
1890 a Berlino, avvenimenti che alla fine porsero occasione
a 2300 donne di sfogarsi in una petizione al
primo borgomastro della capitale dell’impero: “Permette,
di grazia Ill. Signore” – dicono nella petizione
– che noi del tiro federale tenuto questo anno a
Pankow dal 6 al 13 Luglio rammentiamo quello che
fu divulgato nelle provincie mediante le relazioni della
stampa e di altre comunicazioni su cotesta festa.
Le notizie che abbiamo apprese con rammarico e
sdegno si riferiscono fra altro agli spettacoli di quella
festa: “Primo araldo tedesco, il più insigne cantante
del mondo”. “Cento signore e quaranta signori”.
Inoltre piccole baracche (Tingeltangel) e bersagli,
dai quali delle donne eccessivamente sfacciate si
gettavano sugli uomini. Inoltre dei “concerti molto
liberi” di cui le Kellerine assai poco vestite invitano
impudentemente e sfacciatamente con un sorriso
seduttore lo studente di ginnasio, il padre di famiglia,
il giovane e l’uomo maturo al riposo riparatore....
Però la “Signora” seminuda che invita alle visite
nei “Segreti di Amburgo o una notte in S. Paulo”
avrebbe potuto essere ben a ragione messa da una
parte per ragioni di polizia. E allora un grido d’orrore
(ciò che gli ingenui e le ingenue provinciali riescono
appena a concepire trattandosi della capitale
dell’impero), e il dir della gente: Che la Direzione
delle feste avrebbe dovuto permetterle di impiegare
come cantiniere molte ragazze senza paga in luogo
dei camerieri....
“Noi donne tedesche come spose, madri e sorelle
abbiamo tante occasioni di mandare i nostri mariti,
figli, figlie e fratelli a Berlino a servizio della patria,
e quindi preghiamo umili e fiduciose la S. V.,
affinchè valendosi della sua grande autorità ed influenza,
quale primo magistrato della capitale, voglia
ordinare un’inchiesta sopra simili indegnità, ovvero
emanare quelle disposizioni che la S. V. riterrà più
adatte allo scopo e tali che non facciano in verun
caso temere il ritorno di quelle orgie, e specialmente
anche in occasione della festa commemorativa della
vittoria di Sedan, che è imminente.... (!!!)”.
L’idea della società che lo Stato debba invigilare
sulla prostituzione, per preservar gli uomini dalle malattie,
ingenera naturalmente in essi la credenza, di
essere garantiti per sempre da qualsiasi contagio, e
questa opinione favorisce la prostituzione in grande
estensione. Se ne ha una prova in ciò che dovunque
la Polizia agì con maggiore rigore contro le prostitute
non iscritte, il numero delle malattie sifilitiche aumentò
notevolmente, e gli uomini divennero più scapati
ed incauti.
E’ fuor di dubbio che nè l’erezione di istituti di
prostituzione controllati dalla polizia, (case di tolleranza,
bordelli) nè il controllo ordinato poliziescamente
e la visita medica non dà pure una qualche
sicurezza e garanzia contro il contagio venereo. Anzitutto
la natura di codesta malattia è spesso tale che
non si lascia sempre riconoscere facilmente; in secondo
luogo essa richiede molte visite ogni giorno,
anche quando tale sicurezza ci sia. Ora codeste visite
ed esami così frequenti e ripetuti costando danari
non sono alla portata delle donne, delle quali stiamo
trattando. Dove debbono sbrigarsi dalle 50 alle 60
prostitute in un’ora, la visita non è che una farsa, e il
numero d’una o due visite alla settimana è del tutto
insufficiente.
Ma poi il successo di questa precauzione naufraga
per ciò che gli uomini, i quali comunicano il germe
della malattia da una donna all’altra, non sono
punto molestati. Una prostituta, che almomento della
visita è trovata immune, viene contaminata in quella
stessa ora da un uomo affetto da male venereo, e
comunica a una schiera di clienti il germe del contagio
fino al giorno della visita, ovvero fino al dì in cui
s’accorge di essere malata. Quindi il controllo non è
soltanto illusorio; ma riesce a questo, che le visite
obbligatorie per opera di medici maschi invece che
per opera di donne, offendono e feriscono il senso
del pudore, anzi lo sopprimono. E’ questo un fenomeno
che fu constatato da molti dei medici incaricati
di esercitare il controllo sulle prostitute; le quali
poi fanno ogni sforzo per sottrarvisi. Un altro effetto
di codeste disposizioni poliziesche è questo, che
più che difficile è reso assolutamente impossibile alla
prostituta di ritornare ad un onesto lavoro. Una donna
che è caduta sotto il controllo della polizia, è perduta
per la società; il più delle volte essa in pochi
anni si riduce a completa miseria. Quanto poco giovi
il controllo della polizia è dimostrato da un esempio
parlante desunto dall’Inghilterra. Ivi nel 1866 fu
emanata una legge che rifletteva i luoghi dove le truppe
di terra o di mare tenevano guarnigione. Ora durante
il periodo dal 1860 al 1866, cioè prima della
legge, i casi meno gravi di sifilide erano discesi da
32,68% a 24,73%, e dopo 6 anni dalla promulgazione
della legge e cioè nel 1872 il numero dei malati
era ancora di 24,26%; e cioè nemmeno di 1/2 % più
basso di quello del 1866; mentre poi la media di 6
anni (1866-1872) era più elevata di 1/16 % in confronto
di quella del 1866. Perciò una commissione
d’inchiesta, nominata espressamente nel 1873 per
indagare e studiare gli effetti della legge, conchiuse
concordemente col dire: “che le visite periodiche a
quelle femmine che usano casualmente col personale
dell’esercito e della flotta non hanno determinato
la più piccola diminuzione nei casi di malattia” e raccomandò
l’abolizione delle visite periodiche. Senonchè
le visite a cui erano sottoposte le donne produssero
su queste effetti ben diversi da quelli prodotti
sulle truppe; nel 1866 sopra 1000 prostitute vi furono
121 casi di malattia; nel 1868, quando cioè la legge
era in vigore da due anni, le malattie salirono a
202, scemarono poi a poco a poco, ma il numero dei
casi di malattia nel 1874 sorpassava quella del 1866
ancora di 16.
I casi di morte delle prostitute crebbero poi sotto
l’impero di codesta legge in misura spaventosa. Nel
1865 su 1000 ne morirono 9,8; nel 1874 ne morirono
23 su mille. Il Governo inglese verso la fine del 1860
tentò di estendere la legge, che rendeva obbligatoria la
visita, a tutte le città inglesi; ma tutto ilmondo femminile
dell’Inghilterra gli si ribellò levandosi a rumore. Si
considerava la legge come un’offesa a tutto il sesso;
70
ed a ragione. L’Habeas Corpus, quella legge fondamentale
che protegge il cittadino inglese dagli arbitrii
polizieschi, sarebbe stata abolita per le donne, se quel
tentativo fosse riuscito; ad ogni funzionario di polizia
rozzo, vendicativo o spinto da altri più bassi impulsi,
sarebbe stato permesso di insultare la donna più onesta,
per il solo sospetto che essa sia una prostituta,
mentre la scostumatezza degli uomini non solo non
sarebbe stata molestata, ma avrebbe trovato nella legge
protezione ed alimento.
Sebbene l’interessamento dimostrato dalle donne
inglesi perchè il loro sesso venisse rispettato, le esponesse
facilmente alla sinistra interpretazione e alle sprezzanti
osservazioni di uomini e donne dal corto intelletto,
non si trattennero dal ribellarsi con grande energia
contro la introduzione di questa legge che veniva a
degradarle.Nei giornali e negli opuscoli, uomini e donne
illustrarono il prò ed il contro; se ne parlò in Parlamento,
e infine si riuscì ad impedire la estensione della
legge, che poi più tardi venne abolita.
La polizia tedesca possiede ovunque un tale potere,
ed i casi di Berlino, Lipsia e di altri luoghi caduti
nel dominio del pubblico dimostrano che l’abuso o i
“malintesi” nell’esercizio di questo potere sono facilissimi,
senza che fra noi una opposizione energica
protesti contro simili enormità.
Dice bene la signora Guillaume-Schack a proposito
di queste “cautele protettrici” dello Stato a favore
degli uomini: “A che insegniamo ai nostri figli di stimare
le virtù e la costumatezza, se lo Stato dichiara la
scostumatezza un male necessario? Se lo Stato al giovane
che non è ancora giunto a maturità, a trastullo
delle sue passioni, presenta la donna bollata dall’autorità
come una merce?
L’uomo malato e infetto da lue venerea, per quanti
che, lo diciamo ad onore della donna, si dànno al turpe
mestiere per bisogno o perchè abbandonati da chi
li sedusse, non è molestato mai; ma guai alla donna
malata che non si assoggetta subito alla visita e alle
cure del medico. Le città in cui ha sede una guarnigione,
le Università, ecc., affollate di gioventù sana e
vigorosa, sono i focolari della prostituzione e dei suoi
morbi pericolosi, che di là sono portati fino ai più remoti
angoli del paese, diffondendo ovunque la corruzione
e la rovina.Altrettanto si dica delle città marittime.
“Tu sarai colpito per il tuo peccato nei tuoi discendenti
fino alla terza e quarta generazione”. Questo
passo della Bibbia si riferisce nel vero significato
della parola agli uomini dissoluti colpiti ed infetti da
contagi venerei. Il veleno sifilitico nei suoi effetti è il
più tenace e il più difficilmente estirpabile di tutti i
veleni.Anche dopomolti anni di perfetta salute, e quando
il guarito crede sparito da lungo tempo ogni traccia
del male, spesso se ne riproducono gli effetti nella
donna, nei figliuoli (93). Una parte dei ciechi nati deve
questa loro sventura alle colpe dei padri, che si sono
comunicate nei loro effetti alle mogli e da queste ai
bambini.Molti bambini cretini o mentecatti devono la
loro infelicità alle stesse cause, e l’epoca nostra presenta
troppi esempi di quante sciagure ed affanni può
essere causa l’inoculazione della più piccola stilla di
sangue sifilitico.
Nella misura stessa in cui gli uomini volenti o nolenti
rinunziano almatrimonio cercando l’appagamento
dell’istinto sessuale nella dissolutezza, aumentano anche
le occasioni che la determinano. I grossi profitti
di tutte le imprese che contano sulla scostumatezza,
inducono la gente poco scrupolosa ad adescare e accaparrare
avventorimediante l’allettamento delle sensualità
più raffinate. Quindi si tien conto dei bisogni e
delle esigenze di ogni classe di clienti e della materiale
abilità delle donne che offrono i loro servigi. Se i postriboli
delle capitali potessero svelare i loro segreti, si
troverebbe che le loro abitanti, sebbene non conoscano
spesso i genitori e sappiano appena scrivere il loro
nome, ma sono tanto più adorne di seduzioni fisiche,
trovansi in intimi rapporti colle persone più altolocate,
e cogli uomini più eminenti per intelligenza e coltura.
Si vedrebbero allora ministri, alti graduati dell’esercito,
consiglieri intimi, deputati, giudici, ecc., andare e
venire insieme a rappresentanti dell’aristocrazia del
sangue, della finanza, del commercio, dell’industria;
uomini che di giorno e nella società si atteggiano seriamente
a “difensori e custodi dellamorale, dell’ordine,
del matrimonio e della famiglia” e sono a capo
degli istituti di beneficienza cristiana e delle associazioni
per la “soppressione della prostituzione”. La nostra
società borghese somiglia ad un grande comitato
carnevalesco, in cui ognuno porta con dignità la maschera
ufficiale, per poter poi servire tanto più sfrenatamente
alle passioni ed agli istinti,mentre esteriormente
tutto assume in lui aspetto di morale, di religione,
di costumatezza.
In nessun’epoca come in questa l’ipocrisia è stata
maggiore. Il numero degli augurii diventa ogni giorno
più grande. L’offerta delle donne di “facili” costumi
cresce ancora più rapidamente della domanda. Le
condizioni sociali sempre peggiori e più difficili, il bisogno,
la seduzione, le attrattive di una vita esteriormente
splendida e apparentemente libera, reclutano
un gran contingente di candidate in tutte le classi della
società.
Un romanzo di HansWachenhusen (“Ciò che divora
la strada”. Romanzo sociale in tre volumi. A.
Hofmann e Comp., Berlino), descrive in modo assai
caratteristico le condizioni della capitale dell’impero
germanico. L’autore si esprime così relativamente
allo scopo del suo romanzo: “il mio libro parla in
particolar modo delle vittime appartenenti al sesso
femminile e del crescente deprezzamento di esso,
per effetto della irrazionalità delle nostre condizioni
sociali e civili, della propria colpa, della trascurata
educazione, del bisogno del lusso, e dell’offerta sempre
crescente e spensierata sul mercato della vita.
Tratta della crescente eccedenza delle donne, che
rende ogni giorno disperato ciò che nasce, e privo di
speranze ciò che cresce.... Io scrivo, come un pro-
(93) Negli spedali inglesi nel 1875, fra i fanciulli ivi curati,
l’1,4%erano infetti damalattie veneree ereditate; e su 190 casi
di morte, a Londra uno si doveva a tali malattie; in tutta l’Inghilterra
1 su 159, e negli asili di mendicità della Francia 1 su
160,5. Nota di A. Bebel.
71
curatore dell’impero riassume la vita di un delinquente,
per dimostrarne la colpa. Se dunque nel romanzo
si vuol trovare qualche cosa d’immaginario, l’opposto
della verità, allora quanto segue non è, in questo
senso, un romanzo, ma un vero quadro della vita
senza ritocchi”.
Ora, le condizioni di Berlino non sono nè migliori
nè peggiori di quelle di ogni altra capitale. Non si
distingue facilmente se Pietroburgo greco-ortodossa,
o Roma cattolica, o Berlino cristiano-germanica,
o Parigi pagana, o Londra puritana, o Vienna dedita
ai piaceri della vita, più somigliava all’antica Babilonia.
Identiche condizioni sociali generano gli stessi
fenomeni. “La prostituzione ha le sue leggi scritte e
non scritte, le sue fonti ausiliarie, i luoghi ove si recluta
(varions resorto), dalla più misera capanna al
più splendido palazzo, i suoi gradi dal più basso al
più raffinato ed elevato, i suoi divertimenti speciali, i
luoghi pubblici di convegno, la sua polizia, i suoi
ospedali, le sue carceri e la sua letteratura” (94). –
“Noi non solenniziamo più in primavera la festa di
Osiride, i baccanali e le orgie dell’India; ma a Parigi
e nelle altre grandi città ci si abbandona nell’oscurità
della notte e dietro i muri degli edifici pubblici e privati
ad orgie e baccanali che la penna più audace non
si attenta di descrivere” (95). In tali condizioni, il
commercio della carne umana ha assunto delle proporzioni
enormi, promosso e favorito su vasta scala
e con un’organizzazione perfetta, di rado osservata
dalla polizia, nei centri della civiltà e della cultura.
Un esercito di sensali, di agenti, di transporteurs
di ambo i sessi si incarica della bisogna con lo
stesso sangue freddo, come si trattasse di una mercanzia
qualunque.
Si falsificano le carte di ricognizione, e si foggiano
certificati contenenti una descrizione precisa della
qualità delle singole “partite”, che vengono consegnate
ai transporteurs per essere messe in vendita. Il
prezzo si regola, come per ogni altra mercanzia, secondo
la qualità, e vengono assortite e spacciate le
singole categorie secondo il gusto e le esigenze della
clientela nei diversi luoghi e paesi.
Coi raggiri più astuti si cerca di eludere la vigilanza
e gli agguati polizieschi, e non di rado si impiegano
delle grosse somme per far chiudere gli occhi ai
custodi della legge.Alcuni di questi casi vennero constatati
a Parigi. La Germania ha il vanto speciale di
fornire di donne il mercato di mezzo mondo. Pare
che una parte delle donne germaniche nel recarsi in
altri paesi siano animate dalla tendenza innata nei tedeschi
di viaggiare; sicchè esse provvedono alla prostituzione
internazionale, recandovi un contingente
superiore a quello che vi rechino le donne di qualsiasi
altro popolo.
Donne tedesche popolano gli harem dei turchi
come i postriboli dell’interno della Siberia, fino a
Bombay, Singapore e New York. Nel suo libro di
viaggi: “Dal Giappone alla Germania, attraverso la
Siberia”, l’autore W. Joest si esprime così sul proposito
del traffico delle ragazze tedesche: “Spesso ci
si sdegna ed irrita nella nostra Germania, tanto morale,
per il commercio degli schiavi, che qualche principe
negro dell’Africa occidentale fornisce ed esercita,
ovvero delle condizioni loro nel Brasile e a Cuba,
mentre dovremmo pur ricordarci della trave nell’occhio,
perchè in nessun paese del mondo si fa tale
traffico di schiave bianche, e da nessun paese se ne
fa tanta esportazione, quanta se ne fa dalla Germania
e dall’Austria”. La strada che le ragazze prendono
si può seguire con precisione. Da Amburgo
fanno rotta per l’America del sud, Bahia, Rio Janeiro
ne ricevono una parte, ma la maggior parte è destinata
aMontevideo e BuenosAires, mentre il resto va
per lo stretto di Magellano fino a Valparaiso. Un’altra
corrente viene indirizzata verso l’Inghilterra o
l’America del nord, ma qui però, non potendo essa
far concorrenza al prodotto indigeno, si distribuisce
e biforca nelMissisipi fino a NuovaOrléans e al Texas,
ovvero fino alla California. Di là si provvede alla Costa
fino a Panama, mentre Cuba, le Indie occidentali e il
Messico ritirano quanto loro abbisogna da Nuova
Orléans. Sotto la qualifica di “Boeme” altre schiere
di ragazze tedesche scendono in Italia e di là arrivano
adAlessandria, a Suez, a Bombay, a Calcutta fino
a Singapore, e verso Hong Kong fino a Shanghai. Le
Indie olandesi e l’Asia orientale, e specialmente il
Giappone, sono cattivi mercati, perchè l’Olanda non
tollera nelle sue colonie donne bianche di questo
genere, e nel Giappone le ragazze del paese sono
abbastanza vezzose e a buon mercato; e poi la concorrenza
americana da S. Francisco non favorisce
il traffico.
La Russia si provvede dalla Prussia orientale, dalla
Pomerania e dalla Polonia. La prima stazione è per lo
più Riga. Vi convengono i commercianti di Pietroburgo
e di Mosca e di là spediscono la merce in gran
quantità a Nischnii-Nowgorod fino oltre gli Urali, ad
Irbik e Krestofsky, fin dentro alla Siberia; io incontrai
a Tascita, per esempio, una ragazza tedesca mercanteggiata
in tale modo. Questo enorme traffico è
organizzato perfettamente, tenuto vivo per mezzo di
agenti e viaggiatori, e se il ministero degli esteri dell’impero
tedesco volesse chiederne notizia ai suoi
consoli, si compilerebbero delle tavole statistiche
molto interessanti”.
Anche da altre parti si levano lamenti, ciò che
porse occasione al Reichstag germanico di prendere
nella sessione 1882-1883 la deliberazione di sollecitare
il cancelliere dell’impero ad unirsi all’invito promosso
dall’Olanda di limitare e sopprimere questo
vergognoso traffico. Venne anche nel frattempo pattuito
un accordo, ma il successo favorevole di queste
misure è per molte ragioni assai dubbio.
Quanto al numero delle prostitute, difficilmente
si può calcolarlo, e precisarlo poi è impossibile. La
polizia è in grado di determinare in via approssimativa
il numero di quelle donne per le quali il meretricio
costituisce la fonte principale di rendita, ma non riesce
a determinare il numero assai più grande di quel-
(94) Dott. Elisabeth Blackwall: The moral education. Nota
diA. Bebel.
(95)Mantegazza: L’amore nell’umanità. Nota diA. Bebel.
72
le per le quali il meretricio è una fonte soltanto parziale
di profitti. Ad ogni modo codeste cifre anche
approssimative, sono veramente spaventevoli. Secondo
l’Oettingen, il numero delle prostitute in Londra
già verso la fine del 1860 fu calcolato ad 80.000. A
Parigi il numero delle donne sottoposte alla vigilanza
della polizia, raggiunse la cifra di poco più di 4.000;
ma il numero di tutte le prostitute, secondo una statistica
pubblicata dal Consiglio municipale di Parigi
nel 1889, fu determinato in 120.000. A Berlino, le
prostitute soggette al controllo della polizia sono circa
3.000; ma, secondo l’Oettingen, già fin dal 1871
le prostitute note o le donne sospette ammontavano
a 15.065; essendosi però nel 1876 fatta una retata di
16.198 donne per contravvenzione ai regolamenti
sulla polizia dei costumi, così non esagera chi calcola
che il numero delle prostitute di Berlino sia almeno
di 40 o 50 mila. Ad Amburgo nel 1860, 1/9 delle
donne che avevano passato i 15 anni erano prostitute,
ed a Lipsia vi erano a quel tempo 564 donne invigilate
dalla polizia; ma il numero di quelle che vivevano
principalmente ed esclusivamente della prostituzione
si calcolava in 2.000. Numero che frattanto
si è notevolmente accresciuto. D’onde si vede che
vi sono degli interi eserciti di donne che considerano
la prostituzione come un mezzo di sussistenza e vi è
per conseguenza un numero corrispondente di vittime
mietute dalle malattie e dalla morte.
Lo scoppio delle crisi economiche determinano
di dieci in dieci anni un notevole aumento delle prostitute
in tutte le grandi città e nei centri manifatturieri.
La concentrazione dell’industria, cioè lo sviluppo
e il miglioramento della meccanica, rende sempre
più acuta la tendenza della produzione capitalistica
a far senza dei lavoratori adulti, e di occupare
in loro vece dei ragazzi e ragazze. Così nel 1861 in
Inghilterra, per non citare che un esempio, nelle industrie
disciplinate dal bill sulle fabbriche, il numero
delle donne impiegatevi era di 308.278 contro 467.261
maschi. Ma nel 1868, in cui il numero complessivo
dei lavoratori di queste industrie era salito a 857.964,
quello delle donne raggiunse la cifra di 525.154 contro
332.810 maschi soltanto. Le “braccia” femminili
erano dunque aumentate in sette anni del numero
enorme di 216.881; quello dei maschi era scemato
di 134.551. Ma da allora il numero delle donne impiegate
nelle industrie crebbe considerevolmente,
come dimostreremo più avanti. Se scoppiano delle
crisi, com’è fatale nel mondo borghese, allora le
donne disoccupate cercano spesso la loro salvezza
nella prostituzione, ed una volta cadutevi, per lo più
si rovinano.
Giusta una lettera del vigile, signor Bolton, in data
31 ottobre 1865, indirizzata ad un ispettore di fabbriche,
il numero delle ragazze prostitute per effetto
della crisi sul cotone scoppiata in conseguenza della
guerra per la liberazione degli schiavi nell’America
settentrionale, era aumentato più che negli ultimi 25
anni (Carlo Marx: “Il capitale”. II ediz., pag. 480).
Ora le malattie moltiplicantisi con la prostituzione
producono gli effetti più desolanti e perniciosi. In
Inghilterra nemorirono dal 1857 al 1865 più di 12.000
persone, delle quali non meno del 69% erano bambini
al disotto di un anno, vittime della tabe ereditaria.
S. Holland calcolava già allora che il numero delle
persone colpite ogni anno dal contagio nel regno Unito
ammontava ad 1.652.500.
Il dottor Parent-Duchatelet ha compilato una statistica
interessante intorno alle cause che spingono
le donne alla prostituzione, statistica che porge notizie
di 5.000 prostitute; 1.440 di queste si diedero a
siffatto mestiere per miseria, 1.250 erano senza genitori
e senza mezzi, e quindi egualmente bisognose;
80 si prostituivano per nutrire i loro poveri e vecchi
genitori, 1.400 erano concubine abbandonate dagli
amanti, 400 sedotte da ufficiali e soldati e ragazze
trasferitesi a Parigi, 250 erano abbandonate dagli
amanti in stato di gravidanza. Queste cifre sono molto
eloquenti. La paga corrisposta alla maggior parte delle
operaie, è così meschina da non bastare al loro sostentamento
e ad avviarle sul cammino della prostituzione
per ritrarne un altro pò di guadagno. Le prostitute
si reclutano per lo più tra quei mestieri in cui
le operaie sono pagate male, ed anzi in molti negozi
sono mal retribuite appunto perchè si calcola che
troveranno degli “amici” che le provvederanno del
necessario.
Una gran parte delle artiste di teatro, le cui spese
di abbigliamento sono enormemente sproporzionate
al loro stipendio, è costretta a ricorrere ad impure
fonti di guadagno (96) e lo stesso accadde per molte
ragazze che si collocavano nei negozi come venditrici
e simili. Vi sono tuttavia degli impresari così
infami i quali adducono come scusa della tenuità della
mercede la protezione degli “amici”. Nell’autunno del
1889 un giornale operaio di Sassonia riferiva su cotesti
fatti notizie che li posero in piena luce. “Una
signora giovane ed educata, costretta per lungo tempo
alla inazione per effetto di una malattia polmonare,
non appena guarita cercò di collocarsi comechè
si fosse; essa era governante... al momento non riuscì
trovare nulla di adatto; perciò decise occupare
quel qualunque posto le venisse offerto; e si presentò
quindi ai signori N. N. La signorina parlava bene
parecchie lingue, ed avrebbe quindi potuto essere
accolta, ma la mercede di 30 marchi al mese le parve
troppo esigua, per poter vivere. N. ne fece parola
al signor N. e questi le rispose che le sue fantesche
non avevano percepito mai una mercede tanto elevata,
ma, tutt’al più, 15 o 20 marchi; ma che se la
cavavano ergregiamente perchè ciascuna aveva la
buon’anima di qualche amico che la soccorreva.
Anche il signor X. si espresse con lei nello stesso
senso. S’intende che la signorina non si allogò nè
presso l’uno nè presso l’altro”.
Conosciamo di scienza nostra parecchi casi di
giovani signore, che sapevano più lingue e s’intendevano
di ragioneria, alle quali venne offerto e paga-
(96) A Berlino nell’autunno del 1890 si è constatato ufficialmente
che un’artista non inabile, fu scritturata in un teatro
ben noto a 100 marchi al mese; mentre le spese per l’abbigliamento
ammontavano a 1.000 marchi. Il deficit doveva quindi
essere coperto da «un amico». Nota di A. Bebel.
73
to per un impiego commerciale la mercede di 30
marchi al mese, proprio una mercede da affamati,
che viene assorbita quasi tutta dalle spese di guardaroba.
Cucitrici, sarte, modiste, bottegaie, operaie di
ogni industria, a migliaia, si trovano in tali condizioni.
Chi dà lavoro e i suoi impiegati, commercianti,
padroni di fabbriche, possidenti, ecc., che hanno alla
loro dipendenza delle donne, considerano come una
specie di privilegio di vederle schiave del loro capriccio
e delle loro brame. I nostri pii conservatori
amano di rappresentare nei riguardi morali le condizioni
della campagna come una specie di idillio per
contrapposto alle grandi città e ai distinti industriali.
Chiunque conosce tale condizione sa che ciò non è
vero; e viene confermato da una relazione che un
possessore di fondi di Sassonia presentò nell’autunno
del 1889, sulla quale le gazzette provinciali di quel
paese diedero i seguenti ragguagli:
“GRIMMA. Il feudatario dottorWächter di Röcknitz
ha tenuto poco fa in un’assemblea diocesana
che ebbe luogo in questa città, una conferenza sopra
la scostumatezza nei nostri Comuni rurali, la quale
conferenza non dipinge a rosei colori le condizioni
locali del distretto. Il conferenziere in questa occasione
riconobbe pubblicamente, che spesso anche
chi dà lavoro, e perfino gli ammogliati, sono in relazioni
troppo intime coi loro dipendenti di sesso femminile
e il frutto di tali relazioni verrebbe sottratto
agli occhi del mondo con un delitto o tacitato con
una somma di denaro. Sfortunatamente purtroppo
non si può nascondere che la scostumatezza sia penetrata
nelle campagne non soltanto ad opera di ragazze
che hanno succhiato il veleno nelle città fungendovi
da nutrici, e per opera di giovani che lo hanno
succhiato durante il servizio militare, ma purtroppo
per opera delle classi colte, degli amministratori
dei beni feudali e degli uffiziali in occasione di servizio
militare. Giusta la relazione del dottorWächter ci
sono ben poche ragazze della campagna le quali all’età
di 17 anni non siano già cadute”. E ciò si comprende
chiaramente. Lo jus primae noctis dei signori
feudali del medio evo continua anche oggi a sussistere
sotto altra forma. I figli delle nostre classi abbienti
e colte considerano in gran parte come loro
diritto il sedurre le figlie del popolo per poi abbandonarle.
Le figlie del popolo credule, ignare della vita
ed inesperte, per le quali non vi sono gioie nè amicizie,
tanto più facilmente cadono vittime della seduzione
che si presenta ai loro sguardi sotto una forma
affascinante e luminosa. I disinganni, la miseria ed
alla fine il delitto ne sono la conseguenza. Il suicidio
o l’infanticidio ripetono principalmente la loro origine
da queste cause. I numerosi processi per infanticidio
presentano un quadro assai fosco ed istruttivo.
La donna sedotta, vilmente abbandonata, gettata senza
soccorsi nella disperazione e nel disonore commette
degli eccessi: uccide il frutto delle sue viscere,
vien sottoposta a processo, condannata o ai lavori
forzati o al patibolo. Il seduttore che è il vero
assassino se ne va impunito, o sposa forse poco dopo
la figlia di una famiglia onesta ed agiata e diventa un
uomo onorato, pio e un bravo cittadino. E vi sono
parecchi che avendo così macchiata la sua coscienza
ambiscono a dignità e ad onori. La bisogna andrebbe
ben diversamente se le donne potessero far
valere la loro voce nell’opera di legislazione.
La legislazione francese con spietata aberrazione,
interdice, come si disse, la ricerca della paternità, ma
deve aprire gli ospizi per gli esposti.
La deliberazione della Convenzione del 28 giugno
1793 suona così: La nation se charge de l’education
physique et morale del enfants abandonnés. Desormais,
ils seront designes sous le seul nom d’orphelins.
Aucune autre qualification ne sera permis. Ciò era
comodo per gli uomini, senza comprometterli nè pubblicamente,
nè rimpetto alle loro donne. Si eressero
quindi in tutte le provincie dello Stato ospizi di orfani
e di trovatelli, il cui numero raggiunse nel 1883 la cifra
di 130.945; sicchè sopra dieci nati, uno solo era
legittimo.Ma siccome questi bambini non ricevevano
le cure necessarie, la loro mortalità andò man mano
aumentando. Nel primo anno di vita ne morirono il
59%, cioè più della metà; fino al 12° anno ne morirono
il 78%; sicchè di 100, 22 soltanto raggiungevano
un’età superiore al dodicesimo anno.
Altrettanto avviene in Austria e in Italia, dove la
società “umanitaria” fondò pure questi istituti di infanticidio.
“Ici on fait mourir les enfants” è questa la
frase che un monarca deve aver usato quale motto
adatto da iscriversi sulla porta di cotali istituti. La storia
non diceva che l’uomo abbia cercato di scemare le
uccisioni in massa di questi piccoli esseri mercè una
maggior cura e protezione. In Prussia, dove non ci
sono istituti per i trovatelli, in sul principio del 1860
dei figli legittimimorirono nel primo anno di età 18,23%;
degli illegittimi 33,11%; quasi il doppio dunque dei legittimi,
benchè il numero degli illegittimimorti a quell’età
sia assai meno elevato di quello che si riscontra
negli ospizi francesi.
A Parigi di fronte a 100 figli legittimi ne morirono
di illegittimi 193, e nel contado anzi 215.
La statistica italiana presenta il quadro seguente.
Sopra 10 mila nati vivi, ne morirono:
di legittimi nel 1° mese di vita
1881: 751 - 1882: 741 - 1883: 724 - 1884: 698
- 1885: 696
dal 2° mese al 12°
1881: 1027 - 1882: 1172 - 1883: 986 - 1884:
953 - 1885: 1083
di illegittimi nel 1° mese di vita
1881: 2092 - 1882: 2045 - 1883: 2139 - 1884:
2107 - 1885: 1813
dal 2° mese al 12°
1881: 1387 - 1882: 1386 - 1883: 1486 - 1884:
1437 - 1885: 1353
La differenza nella mortalità fra i nati legittimi e
gli illegittimi si fa notevole specialmente nel primo
mese di vita, in cui la mortalità degli illegittimi è, in
media, tripla in confronto della mortalità dei legitti74
mi. La cura deficiente durante la gravidanza, la difficoltà
del parto, e la pessima cura di esso, ne sono le
cause evidenti.
I maltrattamenti e la famosa “fabbrica di angioletti”
concorrono ad aumentare il numero delle vittime.
Il numero dei nati morti è per gli illegittimi doppio
in confronto dei nati morti legittimi, principalmente
per il motivo che le madri cercano di far morire
il bambino durante la gravidanza. Gli illegittimi
che sopravvivono si vendicano con la società per il
maltrattamento loro usato, col fornire un contingente
straordinariamente grande alle criminalità.
Dobbiamo dire brevemente anche di un altro male
causato da cotesto stato di cose. L’eccesso di piaceri
è ancora più dannoso della astinenza.Anche senza
malattie veneree vere e proprie, l’abuso rovina
l’organismo, producendo impotenza, sterilità, dolori
al midollo spinale, imbecillità, oppure indebolimento
intellettuale e molti altri malanni. Ci vuole misura e
temperanza nei godimenti sessuali, come ce ne vuole
nel mangiare, nel bere e in tutti gli altri bisogni
umani. Ma la gioventù non sa essere misurata. Di
qui il grande numero di giovani vecchi appunto nelle
classi sociali più elevate. Il numero dei Roués giovani
e vecchi è enorme e tutti sentono il bisogno di
eccitamenti speciali perchè sazi e indeboliti dagli abusi.
Gli uni si danno ai godimenti contrari a natura dei
tempi antichi della Grecia, gli altri cercano l’eccitamento
nell’abuso dei ragazzi. Le così dette “professioni
liberali” esercitate per lo più dai membri delle
classi più elevate non danno che il 5,6% alla criminalità,
ma nei delitti di libidine sopra fanciulli danno il
12,9%; percentuale che sarebbe anche più elevata
se quelle classi non avessero moltissimi mezzi per
coprire e nascondere il delitto, onde il maggior numero
rimane ignorato.
Dei progressi morali nel paese civile per eccellenza,
in Inghilterra, fanno prova i numeri della seguente
tabella:
E’ tale uno spaventoso aumento che si può conchiudere
e persuadersi che la società inglese è fisicamente
e moralmente corrotta e guasta.
Ecco il numero dei condannati in Germania per il
titolo di libidine e stupro negli anni 1882-1888:
Anche in Germania dunque i delitti contro il buon
costume sono in aumento, sebbene in proporzione
meno elevata che in Inghilterra.
La Dannimarca ha la miglior statistica sulle malattie
veneree e sul loro sviluppo. A Copenhagen le
malattie veneree con speciale riguardo alla sifilide si
svilupparono nella seguente misura:
Nel personale della flotta il numero delle malattie
veneree durante l’accennato periodo è aumentato del
122,4%; e nell’esercito del 227%. (V. “Le malattie
veneree in Dannimarca” del dottor Giesing Genf,
1889).
Come vanno le cose a Parigi? Dal 1872 al 1888 il
numero delle persone curate per malattie veneree negli
spedali del Mezzogiorno, di Lourcine e di Saint
Louis raggiunse la cifra di 118.223, di cui 60.438
malati di sifilide, e 57.795 di altri morbi venerei. Inoltre
il numero di quelli che domandarono di essere
accolti nelle cliniche dei tre ospedali sovraccennati
raggiunse in media la cifra di 16.385 venerei (97).
Si vede adunque che, per effetto delle nostre condizioni
sociali, si contraggono dei vizi e si commettono
dissolutezze e delitti d’ogni maniera. La società
intera è agitata, irrequieta; e di questa condizione di
cose chi ne soffre di più è la donna.
Molte lo sentono e cercano riparo; chiedendo in
primo luogo la maggior possibile indipendenza economica;
il permesso di darsi al pari dell’uomo a tutti
quei rami di attività, ai quali si adattano e convergono
le sue forze e attitudini fisiche e intellettuali, e
infine l’accesso alle così dette professioni liberali.
Queste aspirazioni sono giuste? Si possono realizzare?
Giovano? Ecco le questioni che ci si presentano
e che vogliamo esaminare.
numero dei
condannati maschi femmine
non ancora
sup. ai 18
anni
1882 2918 2893 25 658
1883 2771 2745 26 532
1884 2792 2775 22 623
1885 2896 2877 19 600
1886 3221 3199 22 622
1887 3169 3139 30 675
1888 3088 3062 26 646
Oltraggio e
violenza
contro il
buon
costume
Morti di
sifilide Pazzi
1861 280 1345 39.647
1871 315 1995 56.755
1881 370 2334 73.113
1882 466 2478 74.842
1883 390 76.765
1884 510
aumento
dal 1861 82 % 84 % 98 %
Popolazione
Malattie
veneree
Malattie
sifilitiche
1874 196 5505 836
1879 227 6288 934
1885 290 6325 1866
(97) Relazione della Commissione Sanitaria sull’organizzazione
della cura sanitaria in rapporto alla prostituzione a
Parigi, diretta al Consiglio Comunale di Parigi, 1890. Nota di
A. Bebel.
75
Gli sforzi della donna diretti alla sua emancipazione
economica ed alla indipendenza intellettuale furono
riconosciuti fino ad un certo grado giusti e legittimi
dalla società borghese, non altrimenti che gli sforzi
dei lavoratori diretti alla conquista della libertà. Il
motivo per il quale si cercava di resistere a codesti
sforzi fu l’interesse di classe della borghesia. La borghesia
ha bisogno di sfruttare le forze produttrici, siano
queste rappresentate da maschi o da femmine,
per sviluppare ed aumentare quanto più è possibile la
produzione. E nella misura stessa che la meccanica si
perfeziona, i processi e sistemi produttivi si suddividono
e individualizzano ognora più e richiede una educazione
tecnica meno elevata, d’altro lato si va facendo
sempre più acuta la concorrenza degli industriali
fra loro e la lotta in tutti i campi di produzione,
paese contro paese, regione contro regione, cresce e
si determina un aumento nel numero delle donne impiegate
nell’industria.
Le cause di questo fatto vennero esposte minutamente
più sopra. Generalmente la donna trova occupazione
insieme con l’uomo oppure in sua vece colà
dove i suoi bisognimateriali sonominori di quelli dell’uomo.
Un’altra circostanza dipendente dal sesso
che costringe la donna ad offrire l’opera sua verso
una mercede più discreta, è questa: che essa è in
media soggetta a disturbi fisici più spesso dell’uomo,
il che determina una interruzione nel lavoro e
produce nella combinazione e nell’organismo delle
forze lavoratrici quali sono oggi nella grande industria,
delle interruzioni pregiudizievoli. La gravidanza
e il parto rendono necessari dei riposi. L’industriale
approfitta di questa circostanza per rifarsi
doppiamente di cotesto inconveniente mediante una
notevole diminuzione di salari.
Per converso il lavoro delle donne, specialmente
di quelle maritate (vedasi in proposito il brano citato
dal Capitale *), presenta per l’imprenditore il vantaggio
dimaggiore diligenza e disciplina, in confronto di
quella che presentano le donne nubili; perché il pensiero
dei figli le spinge ad impiegare tutta la loro forza
per guadagnarsi il necessario alla vita. In generale l’operaia
si arrischia solo in casi eccezionalissimi a far causa
comune coi suoi compagni di lavoro per ottenere
condizioni migliori, il che accresce il suo valore di
fronte all’industriale; nelle cui mani essa rappresenta
un mezzo di vittoria contro la ostinazione degli operai
maschi.
D’altro canto è fuori di dubbio che la maggiore
attitudine alla pazienza, l’agilità delle dita, ed il senso
di buon gusto più sviluppato rende una donna molto
più abile dell’uomo in molte categorie di lavori.
L’onesto capitalista sa apprezzare tutti questi pregi
e “virtù” femminili, ed è perciò che la donna, nel
progresso dell’industria, trova di anno in anno un campo
sempre maggiore in cui poter occuparsi senza migliorare
però sensibilmente – e questo è l’importante
– la sua condizione sociale. Colà dove si impiegano le
donne, si licenziano generalmente gli uomini; e se questi
vogliono vivere, devono offrirsi per una mercede
ancora più esigua. Codesta offerta si ripercuote sulla
mercede delle donne, sicché l’abbassamento dei salari
diventa quasi una vite perpetua, la quale vien messa
tanto più in moto per effetto del tecnicismo dei processi
produttivi continuamentemodificantisi, in quanto
tali processi determinano anche una diminuzione nell’impiego
delle forze lavoratrici femminili, onde aumenta
ancor più l’offerta di “braccia”.
Il sorgere di nuovi rami d’industria e di lavoro serve
di contro-spinta a tale costante produzione di energie
lavoratrici relativamente esuberanti, non però in
misura tale da creare condizioni durevolmente migliori,
imperocché l’aumento del salario oltre una data
misura determina l’imprenditore a migliorare ancora
più il meccanismo della sua fabbrica, in modo da sostituire
l’automatismo inconscio della macchina al
cervello ed alle braccia dell’operaio. Mentre sul principio
della produzione capitalista l’operaiomaschio sul
mercato del lavoro stava di fronte soltanto all’operaio
maschio, ora si trova di fronte sesso contro sesso, e
poi età contro età. La donna scaccia l’uomo, e i fanciulli
scacciano la donna. E’ questo l’ordinamento
morale dell’industria moderna.
Gli sforzi degli impreditori per prolungare la giornata
di lavoro e trarre così maggior profitto dai loro
operai, sono favoriti dalla minore forza di resistenza
che presentano le operaie. Di qui il fenomeno che la
giornata di lavoro è più lunga in tutti i paesi in cui
fiorisce l’industria della tessitura, ove le donne rappresentano
più della metà del numero totale dei lavoratori.
Abituate a non riposarsi mai tra le pareti domestiche
ove, come si disse, lavorano da mane a sera, le
donne non si ribellano punto contro le sempre crescenti
esigenze dei padroni.
In altri rami di industria, com’è in quella delle crestaie
e delle fabbriche di fiori artificiali ecc., in cui
prevale il lavoro manuale, esse perdono tempo assumendo
lavori straordinari ai quali attendono in casa
loro senza riflettere che in tal modo fanno concorrenza
a se stesse e che, in capo al mese, lavorando 16
ore al giorno, non hanno guadagnato di più di quello
La condizione della donna.
Sua capacità intellettuale.
Il darvinismo e le condizioni sociali.
(*) Si tratta della nota diMarx ne Il Capitale, Libro I,
cap. XIII, Macchine e grande industria, (Libro I, Utet,
Torino 1974, p. 538) ripresa da Bebel all'inizio del capitolo
"Istinto sessuale. Il Matrimonio. Freni e impedimenti al
matrimonio".
76
che possono guadagnare lavorando 10 o 12 ore.
Venne già più volte dimostrato con cifre quale enorme
impiego di lavoro femminile è domandato dall’industria.
Un’altra serie di fatti pone ciò sempre in luce.
Il Regno di Sassonia è uno dei paesi più ricchi
della Germania. Nel periodo dal 1883 al 1889 l’aumento
e il rapporto dei lavoratori adultimaschi e femmine,
che hanno superato i 16 anni, nelle industrie
soggette a controllo è rappresentato così:
L’aumento del numero degli operai femmine rimane
bensì inferiore all’aumento degli operai maschi,
ma le donne in certe industrie, come ad esempio
in quella della tessitura, hanno sorpassato il numero
degli uomini.
In Alsazia e Lorena il numero degli operai in 794
industrie sottoposte ad ispezione raggiunse nel 1889
la cifra di 64.612, quello delle operaie la cifra di 36.356.
Ma mentre le industrie tessili occupavano 24.496 maschi
soltanto, impiegavano 31.316 femmine, delle quali
il 27% erano maritate.
Nell’industria dei sigari a Baden, secondo la statistica
dell’ispettore delle fabbriche, erano impiegate nel
1889: donne adulte 9.866 ed uomini adulti 4.656; le
donne quindi rappresentano il 52,65%, gli uomini il
24,85%: delle donne 3.683 ossia il 37,4%erano maritate,
ma in alcuni luoghi la percentuale delle operaie
maritate era anche più elevata: per esempio nel comune
di Herboldsheim 55,4%.
Nel distretto di Reussi L. di donne impiegate ve ne
erano:
Secondo la statistica delle fabbriche vi erano in
tutta la Germania nel 1888 sopra 7.340.789 persone
abili al lavoro, 1.509.167 donne, vale a dire il 20,6 %.
Ne emerse anche il fatto interessante che non vi è
industria in cui le donne non siano rappresentate, sia
pure in numero esiguo.
Così, fra l'altro, erano occupate in:
La donna però mentre attende all’industria è obbligata
anche al lavoro notturno che riesce faticoso
per il suo organismo. Dalle comunicazioni ufficiali
presentate nel 1888 alla Commissione del Parlamento
germanico per la protezione delle donne in relazione
al lavoro notturno risulta che il lavoro notturno
delle donne si verifica o costantemente o ad intervalli
nelle industrie seguenti: nelle vetrerie, nelle
fabbriche di specchi e di briquet, nelle fabbriche di
cemento, nelle ferriere, nelle fabbriche di zinco, di
porcellana, di bottoni, di carta e cartoni, nelle botteghe
dove si liscia e si leviga il legno, nei filatoi e
nella tessitura, nelle fabbriche di panni e flanelle, e
nella lavatura della lana, nei cardatoi, nelle fabbriche
di pettini, di reti, di articoli chimici, e così pure
nelle raffinerie di zuccheri, nelle fabbriche di amido,
nelle stamperie (per giornali), nelle fabbriche di
zucchero di barbabietola, in quelle di decotti medicinali,
di cicoria, di tegole e mattoni, di maioliche,
di oggetti e lavori in piombo, di giocattoli, negli intagli
in legno, nelle fabbriche di tappeti, di maglierie,
di coperte, e di ombrelle, e in alcuni rami dell’industria
dei vestiti, nelle tintorie, negli stabilimenti
di apparecchio, in quelli per la pulizia dei piumacci,
nelle fabbriche di cioccolata e di dolci, di focaccie,
e di conserve di carne.
Il lavoro notturno ad intervalli si riscontra nella
maggior parte dei rami d’industria, ma specialmente
in quelli della tessitura e della carta.
Come si vede, la bella teoria, con la quale i nostri
filistei credono di poter soffocare e comprimere
i tentativi di emancipazione della donna, vale a
dire la teoria che la donna appartenga alla casa, appare
strana davanti ai fatti da noi addotti. In Inghilterra
che è il paese più avanzato in materia d’industria,
lo sviluppo del lavoro della donna nelle industrie
si manifesta in modo ancora più evidente.
Lavoratori
maschi
Lavoratori
femmine
1883 141.539 72.716
1889 204.108 97.878
+ 62.569 + 25.162
Maritate Nubili Totale Per cento
1887 1.875 2.14 4.015 46,7
1888 1.971 2.559 4.53 43,5
1889 2.267 2.605 4.872 46,5
Uomini Donne
Per
cento
Imprese commerciali 356.221 181.296 25,2
A servizio nei restaurants 172.841 441.407 45,0
Nei servizi di piazza e di
procacci 9.212 3.265 26,2
Nei filatoi 69.272 100.459 60,0
Nei filatoi 69.272 100.459 60,0
Nelle tessiture 336.4 155.396 32,0
Nei lavori di ricamo e 42.819 31.01 42,0
Nelle fabbriche di merletti
e lavori all’ uncinetto 5.676 30.204 84,0
Nelle fabbriche di
passamanerie 13.526 17.478 56,0
Nelle legatorie di libri e
fabbriche di cartonaggio 31.312 10.409 25,0
Nelle fabbriche di carta 37.685 20.847 30,6
Nelle fabbriche di tabacco 64.477 48.919 43,1
Nella confezione di
vestiti, biancheria e
guarnizioni 279.978 440.87 61,2
1861 1871 1881
Uomini 202.540 192.881 189.651
Donne 264.166 286.258 310.374
77
Nell’industria del cotone erano occupati nel
Il numero degli uomini era dunque diminuito in
questo periodo di 12.889, mentre nello stesso periodo
quello delle donne era aumentato di circa 46.208.
Anche altre industrie presentano lo stesso quadro.
Nelle fabbriche di panni nel 1871, su 100 uomini erano
occupate 79 donne, che nel 1881 diventarono 102.
Inoltre su 100 uomini erano impiegate:
Si potrebbe allungare di molto la serie delle cifre,
ma gli esempi addotti bastano. In complesso nel 1881
in Inghilterra erano occupate più di 4 milioni e mezzo
di donne. In alcune industrie esse poi prevalevano addirittura.
Così nelle fabbriche delle penne d’acciaio,
su 100 uomini vi erano 1.138 donne, nelle fabbriche
di buste 1.105, in quelle delle trecce di paglia 800,
nelle fabbriche di guanti e di bottoni 600, nella pulitura
dei metalli 500, ecc. In quale proporzione il lavoro
industriale delle donne fosse sviluppato in Svizzera
nel 1886 è dimostrato dai dati seguenti raccolti dal
giornale Bund. Vennero occupati:
In complesso nell’industria tessile erano occupate
103.452 donne su 52.838 uomini, e il Bund constata
espressamente che non vi è in Svizzera un impiego in
cui non si incontrino delle donne. Nella relazione degli
ispettori delle fabbriche per il 1888 e il 1889, l’ispettore
del I circolo, il dottor F. Schuler, rileva che l’impiego
della donna nelle fabbriche è andato relativamente
sempre più diffondendosi.
Ora, una volta ammesso che per effetto del moderno
sviluppo, la donna è allontanata sempre più dalla
vita della famiglia, e in talmodo la società borghese
porta sempre più la dissoluzione in una istituzione che
forma una delle sue basi, e cioè nel matrimonio, deve
anche notarsi, che questa evoluzione nelle attuali condizioni
si compie in modo che la donna viene pagata
molto meno dell’uomo anche là dove essa presta il
suo servizio pari a quello dell’uomo.
La donna senteminori bisogni, è più arrendevole e
pieghevole dell’uomo, e sono questi i pregi che la raccomandano
agli industriali. Si aggiunga che per la
posizione in cui essa si è trovata fino ad oggi nella
famiglia, è abituata a non aver limiti di tempo nelle
occupazioni, perché essa, occorrendo, lavora senza
posa. Tenuta lontana per sistema dalla vita pubblica,
non sente né comprende il valore della unione e della
organizzazione. Sono qualità queste che costituiscono
dei difetti dal punto di vista degli interessi dell’operaio,
ma che sono altrettante virtù agli occhi dell’imprenditore.
Ne consegue che la donna va conquistando
rapidamente terreno in tutti i rami di lavoro e ad
una mercede molto meno elevata di quella dell’uomo.
Giusta le comunicazioni della “Relazione della Camera
di commercio di Lipsia per il 1885” i salari per
un certo numero di industrie che si esercitavano nel
distretto di quella Camera di commercio furono i seguenti:
Per ogni individuo alla settimana:
Queste differenze nei salari apparirebbero ancora
più profonde se si sapesse quanti operai maschi e
quante operaie ricevevano il maximum della mercede,
e quanti il minimum, e quanto elevata sia la
media del salario per ambo i sessi.
Recentemente i mestieri e le industrie dai quali le
donne sono escluse formano un numero insignificante,
mentre sono occupate esclusivamente o quasi
esclusivamente in parecchi di essi e specialmente in
quelli che provvedono gli oggetti necessari alla donna.
In altri rami d’industrie, come nelle industrie tessili,
le donne hanno sorpassato in numero gli uomini e
li incalzano sempre più. Finalmente per un grande
numero di mestieri le donne hanno trovato posto in
qualità di assistenti per certi rami e certo genere di
occupazione e avanzano continuamente penetrando
dappertutto. Il risultato finale è questo, che tanto il
numero delle donne in se stesso, quanto il numero
degli impieghi, delle arti, delle industrie e del commercio
accessibile alle donne è cresciuto rapidamente. E
questo aumento non riguarda soltanto le occupazioni
meglio adatte alla più debole costituzione fisica della
donna, ma abbraccia e si estende senza eccezione a
1871 1881
Nelle fabbriche di carta 65 80
Nelle stamperie 2 4
Nelle legatorie di libri 95 111
Nelle fabbriche di oggetti di
cancelleriai 34 53
Nelle libreriei 15 17
Nella filatura e tessiturai 102 180
Nelle sartoriei 33 100
Nelle calzoleriei 13 20
DONNE
Uomini Donne
Nell’industria delle sete 11.771 51.352
Nell’industria del cotone 18.320 28.846
Nell’ind. del lino e mezzolino 5.533 5.232
Nei lavori di ricamo 15.724 21.000
Agli operai
maschi
Marchi
Agli operai
femmine
Marchi
Nelle fabbr. di merletti 20-35 7-15
Nelle fabbr. di stoffe e
guanti 12-30 6-15
Nella tess. del lino e 12-27 5-10
Nella pettinatura della 15-27 7,20 -10,20
Nelle fabbr. di zucchero 10,50-31 7,50-10
Nelle fabbr. di oggetti 8,50-25 7-18
Nelle fabbr. di pelli 12-28 6-17
Nelle fabbr. di ogg. di 9-27 7,50-10
Nelle fabbr. di
palloncini di carta 16-22 n.d.
78
tutti i campi di operosità in cui gli sfruttatori moderni
credono di trarre dalla loro impresa più lauti guadagni.
Tra cotesti impieghi si annoverano così le occupazioni
fisicamente faticose, quanto quelle più sgradite
e pericolose alla salute, riducendosi così alle sue
vere proporzioni il concetto fantastico per cui si voleva
vedere nella donna un essere delicato e fino, quale
i poeti e i romanzieri hanno descritto per solleticare
l’uomo, ma quale s’incontra soltanto nelle classi più
elevate. Attendiamo ai fatti, alla realtà delle cose anche
se dura e incresciosa, perché solo in tal modo ci
salveremo da erronei giudizi e da vaghi sentimentalismi.
Ora questi fatti ci apprendono che oggi le donne
sono occupate fra l'altro: nelle fabbriche di lino, di
cotoni, di biancheria, e di panni, nei filatoi meccanici,
nelle tintorie, nelle fabbriche di molle d’acciaio e di
spilli, in quelle di zucchero, di cioccolata, di carta e
bronzo, nell’industria dei vetri, delle porcellane e degli
smalti, nella filatura della seta, nella tessitura di nastri
e di seta, nelle fabbriche di saponi e candele, in quelle
di stuoie e di ovatte, di tappeti, di portamonete e di
cartonaggi, di merletti e passamanerie, delle tappezzerie,
nelle fabbriche di oli e nelle raffinerie dimaterie
grasse d’ogni genere, nella lavorazione dei cenci e degli
stracci, nelle fabbriche di treccie, negli intagli in legno,
nella xilografia, nella pittura su maiolica, nelle
fabbriche e nei lavatoi di cappelli di paglia, nelle fabbriche
di vasellami, in quelle di tabacco e di sigari, di
colla e gelatina, nei laboratori di guanti, nelle pelliccerie,
nelle fabbriche di cappelli, di giocattoli, neimolini
di lino e nell’industria dei cappelli, nelle fabbriche
d’orologi e nelle pitture da stanze, nella pulitura dei
materassi, nelle fabbriche dei pennelli, delle cialde, degli
specchi, dellematerie infiammabili e della polvere, degli
zolfanelli e dell’arsenico; nella stagnatura delle lamiere
di ferro, nel lucidare le tele e darci l’apparecchio,
nelle stamperie come compositori, nella levigatura delle
pietre preziose, nella litografia, nella fotografia, nella
cromolitografia e metacromotipia, nelle fabbriche di
mattoni, nelle fonderie e nelle manifatture dei metalli,
nella costruzione di case e di strade ferrate, negli stabilimenti
di elettricità, nella legatoria di libri, nella tornitura
e nelle botteghe di falegname, nelle fabbriche di
amido, di cicoria, di cerini e di zinco, nella levigatura
del legno, nelle fabbriche di ombrelle e di bastoni, di
conserve e nelle confezioni di carne, di bottoni di porcellana,
di pellicce, nello scavo delle miniere, nei trasporti
di barche sui fiumi e canali, ecc. Di più vasto
campo dell’orticoltura e del giardinaggio, nell’allevamento
del bestiame e nelle industrie che ne dipendono;
infine, in tutti i rami ove esse trovano guadagno, e
ove lavorano già da gran tempo esclusivamente come
privilegiate e cioè nelle lavanderie, nelle confezioni di
abiti per signora, nei vari rami della confezione di
mode, nella qualità di venditrici, più ancora come computiste,
maestre, bambinaie, scrittrici, artiste, ecc. Vi
sono poi migliaia di donne della piccola borghesia impiegate
a lavorare come garzoni di bottega e nelle fiere
e mercati, sottratte quindi alla vita domestica e specialmente
all’educazione dei figli.
Infine bisogna accennare ad una occupazione in
cui trovano sempre più facile impiego le donne giovani
e vezzose, con grande pregiudizio del loro sviluppo
fisico e morale-intellettuale, e cioè a quell’occupazione
in pubblici stabilimenti d’ogni maniera a servizio e
allettamento degli uomini amanti del piacere e del lieto
vivere.
Molte di codeste occupazioni sono pericolosissime.
Per esempio è dannosa l’azione di gas d’acido
solforoso e i vapori alcalini che si sviluppano nelle
fabbriche e nelle lavanderie di cappelli di paglia, dannosa
del pari l’aspirazione dei vapori di cloro nell’imbiancare
le sostanze vegetali; pericoli di avvelenamento
si presentano nelle fabbriche di carta, di cialde e di
fiori colorati; nella preparazione della metacromotipia,
di veleni e di prodotti chimici, nel dipingere i soldatini
di piombo e specialmente i giocattoli di piombo.
L’operazione del sovrapporre agli specchi il mercurio
è addirittura letale per il feto delle donne gravide.
Delle donne gravide che lavorano col piombo, il
58% abortiscono, il 78% dei nati da esse nascono
morti, e di 21,5% nati vivi appena il 13% raggiunge il
secondo anno di vita. Una condizione di cose spaventevole.
Se in Prussia, dei fanciulli nati vivi, muore il
22% in media durante il primo anno di vita, dei bambini
nati da donne che lavorano nelle fabbriche di specchi,
dove si adopera mercurio, ne muoiono il 65%;
nei bambini nati da donne impiegate ad arrotare i vetri
il 55%; e il 40% di quelli nati da donne che lavorano
col piombo. Secondo il dott. Hirt, nel secondo periodo
di gravidanza, è particolarmente perniciosa alle
donne e al feto la fabbricazione di carte colorate, di
fiori artificiali, la cosidetta spolverizzazione dei merletti
di Bruxelles mediante la biacca, la fabbricazione
di specchi; l’industria del caoutchouc e tutte le manifatture
in cui le operaie sono esposte a esalazioni perniciose
– ossido di carbonio, acido carbonico e vapori
di zolfo. Pericolosissima è poi la fabbricazione di
zolfanelli, nonché l’impiego e il lavoro nei setifici. Pericoli
per la vita, per effetto di lesioni alle membra,
presenta specialmente lameccanica nelle industrie tessili,
nella fabbricazione di materie infiammabili, e nei
lavori di macchine campestri. Uno sguardo alla lista
molto incompleta persuaderà del resto ogni lettore che
una grande quantità dei lavori citati appartengono ai
più faticosi ed opprimenti anche per gli uomini. Si
ripete continuamente che questo o quel lavoro è indegno
della donna, ma con ciò non si raggiungerà nessun
effetto se non si potrà indicarle un altro campo di
attività a lei più confacente.
Non è certamente un attraente spettacolo quello di
vedere delle donne, spesso anche incinte, condurre a
gara insieme con gli uomini dei carri pesanti nella costruzione
delle ferrovie; ovvero far da manovali nelle
fabbriche di calce e cementi e portar delle pietre pesanti,
o infine vederle negli stabilimenti ove si pulisce
il carbone e il minerale ecc. La donna con ciò va spogliandosi
di quanto vi è in lei di femminile; la sua femminilità
viene calpestata, mentre gli uomini perdono
tutto ciò che hanno di virile occupandosi in ogni maniera
di impieghi. Il che è l’effetto dello sfruttamento
e della guerra sociale. Le nostre corrotte condizioni
sociali sconvolgono spesso la natura.
Si comprende quindi che codesta estensione che il
79
lavoro delle donne prende e prenderà ancor più in tutti
i campi della attività industriale, è vista di malocchio
dall’uomo, il quale invoca e chiede ad alte grida che il
lavoro delle donne sia soppresso e vietato dalla legge.
E’ fuori di dubbio che per effetto di cotesta estensione
del lavoro femminile, la vita domestica va sempre
più decadendo, donde la dissoluzione del matrimonio
e della famiglia, e l’aumento spaventoso della scostumatezza,
della demoralizzazione, della degenerazione,
dellemalattie d’ognimaniera, e dellamortalità dei bambini.
Secondo la statistica pubblicata nel 1889 dalla
Gazzetta di Lipsia, in quelle città della Sassonia che
negli ultimi 20 anni divennero veri e propri centrimanifatturieri,
la mortalità dei bambini è notevolmente
cresciuta.Mentre nel periodo dal 1880-1885 nelle città
della Sassonia, sopra 100 nati vivi, ne morirono
28,5 nel primo anno di vita, questa cifra fu di molto
superata nelle città di Stollberg (44%); di Zshopau
(43,4); di Ernstthal (42,6); di Zwönitz (40,7); di Lunzenau
(40); di Liechtenstein e Werdau (38,9); di Penig
(36,8); di Chemnitz (36,4); di Meerane (35,9).
Ancora peggiori sono le condizioni nellamaggior parte
delle grosse borgate industriali, e particolarmente
nei dintorni di Chemnitz, dove la cifra della mortalità
oscilla fra il 40 e il 50,7%. E malgrado tutto, questo
sviluppo è un progresso alla stessa guisa che la proclamazione
del principio della libertà delle industrie, di
domicilio, e dimatrimonio, e l'eliminazione di tutti gli
impedimenti, che favorivano bensì lo sviluppo dei
grandi capitali, ma colpivano a morte la nostra piccola
e media industria, servì a dare a quest’ultima un
crollo irrimediabile.
Gli operai non sono disposti ad aiutare la piccola
industria manuale, perché questa cerca con ogni tipo
di sforzi reazionari di limitare la libertà delle industrie
e degli scambi, di rialzare le barriere rappresentate dalle
corporazioni delle arti, e dimantenersi artificialmente
in vita ancora per qualche tempo. Nemmeno si può
far rivivere il passato nei riguardi del lavoro delle donne,
il che non esclude però che delle leggi severe impediscano
l’abuso dell’impiego delle donne e dei fanciulli,
che è interdetto del tutto per gli obbligati alla
scuola. In ciò, gli interessi dell’operaio concordano
con quelli dell’umanità e della civiltà.
Si finirà coll’eliminare i danni, che sono un effetto
del progresso della cultura, della meccanica, dei migliorati
strumenti e sistemi di lavoro, e rimarranno
soltanto i vantaggi, dei quali però saranno chiamati a
godere tutti i membri della società.
E’ un controsenso ed un’antinomia stridente, che
i progressi e le conquiste della cultura, che sono il
prodotto del generale sviluppo dell’umanità, avvantaggino
soltanto coloro che possono goderne mercè
la loro potenza materiale, e che, al contrario, migliaia
di laboriosi operai ed artisti debbano sgomentarsi apprendendo
che lo spirito umano fece nuove scoperte,
per cui si produce 10, 20, 40 volte più che il lavoro
manuale, mentre ad essi non rimane che la triste prospettiva
di essere gettati sul lastrico come inutili e superflui
(98).
Perciò, quello che dovrebbe essere salutato con
gioia da tutti, diviene oggetto di rancore, di odio e di
ostilità, sentimenti che nell’ultimo decennio determinarono
più d’una volta assalti alle fabbriche e distruzione
delle macchine. La stessa ostilità v’è oggi fra
l’uomo e la donna-operaio. Ed anche ciò è contrario
alla natura. Bisogna quindi cercare di creare una condizione
sociale, in cui tutti gli strumenti di lavoro diventino
proprietà dello stato; un ordinamento sociale
che riconosca la perfetta uguaglianza giuridica di tutti,
senza distinzione di sesso, che applichi tutti i possibili
miglioramenti tecnici e scientifici e tutte le scoperte
in relazione all’arruolamento di tutti gli operai,
oggi improduttivi o pericolosi, e degli oziosi; un ordinamento
sociale tendente a limitare la giornata di lavoro
necessario al mantenimento della società, alla
misura più breve possibile, per promuovere al più alto
grado lo sviluppo fisico e intellettuale di tutti imembri
della società. Soltanto in tal modo la donna potrà diventare
membro della società, altrettanto utile e produttivo
quanto l’uomo; sviluppare completamente tutte
le sue attitudini fisiche e intellettuali, compiere i doveri
ed esercitare tutti i diritti del suo sesso. Quando
essa sarà, di fronte all’uomo, in una condizione di
libertà e di eguaglianza, si troverà al sicuro da ogni
indegna pretesa.
Quanto diremo in appresso proverà che lo sviluppo
moderno tende e cammina verso un tale stato di
cose, e che sono appunto i gravi inconvenienti di questo
sviluppo che produrranno in un tempo non tanto
lontano il formarsi di un tale stato. Diremo più tardi
come ciò avverrà.
Sebbene l'evoluzione già da noi accennata, riferibilmente
alla posizione della donna nella nostra vita
sociale, sia evidentissima per chiunque tenga gli occhi
aperti, tuttavia si sente ogni giorno ciarlare della
missione della donna, la quale si vuol far credere rivolta
esclusivamente alla casa ed alla famiglia. Ed anzi
se ne fa un gran parlare, specialmente là dove la donna
tenta di penetrare nella sfera degli impieghi ed uffici
cosidetti più elevati, per esempio nell’istruzione ed
amministrazione superiore, nelle facoltà dimedicina o
di legge, nelle scienze naturali. A questo proposito si
fanno le obbiezioni più ridicole ed assurde, che vengono
sostenute sotto l’apparenza della dottrina e della
scienza. Di codesta attitudine alla scienza, se ne discorre
spesso come dell’attitudine alla costumatezza
e all’ordine.
Sebbene non ci sia mai stato un uomo il quale con-
(98) Il sig. A. Redgrave ispettore delle fabbriche, tenne
sulla fine di dicembre del 1871 una conferenza a Bradford,
nella quale disse fra altro: «Ciò che da qualche tempo mi ha
colpito, fu il mutato aspetto delle fabbriche di panni. Prima
queste fabbriche erano piene di donne e fanciulli, adesso le
macchine fanno tutto. Un proprietario di fabbrica diede a me,
che lo richiedevo, i seguenti schiarimenti. «Sotto il vecchio
sistema io occupavo 63 persone, dopo l’introduzione delle
macchine perfezionate ho ridotto la mano d’opera a 33; e ora,
non è molto tempo, fui in grado di ridurla a 18 in conseguenza
di nuovi perfezionamenti». In pochi anni dunque vi fu nell’odierna
grande produzione una diminuzione nel numero degli
operai quasi dell’80% in una fabbrica in cui la massa dei
prodotti è rimasta almeno la stessa. A questo proposito poi,
«Il Capitale» di Carlo Marx contiene molte notizie interessantissime.
Nota di A. Bebel.
80
siderasse la scostumatezza e il disordine come lo stato
più desiderabile – dovendosi escludere alcuni individui
che usurparono potere e dominio mediante la
scostumatezza e il disordine, nel qual caso però essi
si sforzarono sempre di dipingere le loro azioni come
necessarie per l’ordine, per la religione, per i buoni
costumi e per la morale – tuttavia queste parole ampollose
furono adoperate sempre contro quelli che vogliono
fondare l’ordine vero, e cioè contro chi tende a
creare una condizione di cose più degna dell’umanità.
Questa attitudine alla dottrina ed alla scienza, oggi
si vuole spacciare a difesa e conforto delle teorie più
assurde e dei principi più reazionari, per sostenere cioè
che per natura e costituzione fisica della donna, indirizzandola
alla vita della casa e della famiglia, è in questo
ambito che essa deve compiere la sua missione.
Si è già visto fino a qual punto oggi lo si possa ottenere.
Ma l’argomento principale, di cui si fanno forti gli
avversari, è questo: che la donna è inferiore all’uomo
per capacità intellettuale, e che è follia credere che
essa nel campo dell’intelligenza riesca a fare qualche
cosa di notevole.
Queste obbiezioni, sollevate dai dotti, corrispondono
siffattamente al pregiudizio generale che hanno
gli uomini sulla missione propria della donna e sulle
sue attitudini, che chi le solleva può contare sempre
sul consenso della maggioranza degli uomini, ed anche
delle donne.
Ma, anche se si adducono delle ragioni serie contro
il consenso e il pregiudizio dellamaggioranza, non
si può dire che ogni maggioranza voglia ciò che è
ragionevole. Finché l'educazione e l'intelligenza sono
ancora generalmente così poco elevate come oggi, e
finché gli ordinamenti sociali sono tali che la generalizzazione
della cultura ferisca gli interessi delle classi
dirigenti, le nuove idee troveranno sempre una accanita
opposizione.
Le classi interessate trovano facile e comodo sfruttare
a proprio vantaggio il pregiudizio dellemasse. Per
ciò, sulle prime, le nuove idee guadagnarono sempre
una piccola minoranza, la quale venne schernita, vituperata
e perseguitata.Ma se le idee nuove sono buone
e razionali, se sono la conseguenza necessaria dell’ambiente,
esse guadagneranno terreno fin che la minoranza
diverrà maggioranza. Così accadde di tutte le
idee nuove nel corso della storia, e l’idea del socialismo,
alla quale è intimamente connessa la emancipazione
della donna, presenta lo stesso fenomeno.
Non erano forse una piccola minoranza anche i
fautori del cristianesimo? Non hanno forse avuto i
loro strapotenti avversari anche le idee della Riforma
e della borghesia moderna? E tuttavia non hanno esse
trionfato? Si è forse soffocato il socialismo in Germania,
perché incatenato e represso con leggi eccezionali
che gli impedivano di muoversi? La sua vittoria
non fu mai più certa di quando si credeva di averlo
ucciso: esso ha superato e vinto le leggi eccezionali e
supererà ben altri ostacoli.
Vi sono dei socialisti – notevolmente scemati di
numero dalla prima pubblicazione di questo lavoro,
ciò che in parte è un merito di esso e della agitazione
da esso promossa – i quali non sono meno avversi
alla emancipazione della donna di quello che il capitalista
sia contrario al socialismo. Non v’è socialista il
quale non comprenda che l’operaio è in una posizione
di dipendenza dal capitalista, emolti si stupiscono che
gli altri e specialmente i capitalisti, non vogliano intenderlo;
ma talvolta anche il socialista non vede e comprende
la dipendenza della donna dall’uomo, entrando
un pò più in questione il suo proprio io. La tendenza
di proteggere interessi veri o supposti, che sono poi
sempre impalpabili, rende gli uomini ciechi.
Far appello allamissione della donna, dire che essa
non deve essere che buona massaia e custode dei figli,
ha tanto poco senso, quanto forse il ricordare che
vi devono essere sempre dei re, perché ce ne furono
in qualche luogo fino da quando vi fu una “storia”.
Ora noi non sappiamo dove nacque il primo re,
come non sappiamo dove è apparso il primo capitalista,
ma noi sappiamo bene che il potere dei re subì dei
mutamenti sostanziali nel corso dei secoli, che la evoluzione
e il progresso tendono a spogliarlo sempre più
dalle sue prerogative e si può conchiudere a buon diritto
che verrà tempo in cui esso verrà considerato
come superfluo. Al pari di esso, anche ogni altro istituto
sociale andò soggetto a continui mutamenti e trasformazioni
ed infine subì una completa rovina. E
precisamente lo stesso accade oggi in quanto alla forma
del matrimonio e alla posizione che vi occupa la
donna. La posizione della donna nell’antica famiglia
patriarcale era affatto diversa da quella da essa occupata
più tardi in Grecia, ove la donna aveva l’unico
scopo, come ci apprende Demostene: “di partorire
figli legittimi e di custodire fedelmente la casa”. Chi
oserebbe oggi sostenere che questa posizione è conforme
alla natura senza sentirsi rimproverare il poco
conto in cui tiene la donna?
Vi sono anche oggi taluni i quali approvano in silenzio
la costituzione ateniese, ma nessuno osa manifestare
pubblicamente ciò che 2200 anni fa solo uno
degli uomini più illustri della Grecia poteva riconoscere
davanti a tutti come una cosa naturale. Il grande
progresso consiste in ciò. Ora tutto lo sviluppo moderno,
particolarmente della vita industriale, ha minato
e rovinato moltissimi matrimoni, ma d’altra parte il
matrimonio ha influito favorevolmente su tale sviluppo,
specialmente là dove la condizione sociale dei coniugi
tiene lontane le influenze perniciose.Ancora poche
decine d’anni fa, in ogni casa di borghesi e di
contadini non solo si riteneva naturale che la donna
cucisse, facesse le calze e il bucato, sebbene oggi ciò
sia spesso fuori dimoda,ma si trovava naturale ch’essa
cuocesse anche il pane, filasse, tessesse, inamidasse,
facesse la birra, cuocesse il sapone, provvedesse all’illuminazione.
Far confezionare un vestito fuori di
casa era riguardato come una grande prodigalità, proclamato
e considerato come un avvenimento. Tali condizioni
s’incontrano anche oggi qua e là, ma sono
eccezioni. La maggior parte delle donne si astiene da
tali faccende.Molte delle quali vengono disimpegnate
più praticamente e più convenientemente di quello che
sia dato ad una massaia e, d’altro lato, fa difetto almeno
nella città un ordinamento domestico che vi sia
adatto. Si è compiuta dunque in pochi decenni una
81
grande rivoluzione nell’ordinamento interno della vita
domestica, rivoluzione della quale non ci meravigliamo
perché la riteniamo naturale. L’uomo non bada,
non fa caso di avvenimenti che si svolgono, si può
dire, sotto i suoi occhi, se non quando essi sopravvengono
improvvisamente,ma si ribella subito a quelle
nuove idee che minacciano di sviarlo dalla vecchia
strada.Tale rivoluzione ha puremutato sostanzialmente
la posizione della donna nella famiglia. La donna è
diventata più libera, più indipendente. Le nostre nonne,
per esempio, non avrebbero nemmeno immaginato
di tener lontani dalla casa e dalla famiglia operai e
garzoni apprendisti per frequentare teatri, concerti,
luoghi di piacere e, spesso, orribile a dirsi, in giorno di
lavoro.
E quali di queste buone vecchie pensarono mai,
od osarono mai pensare di appassionarsi per i pubblici
affari, sebbene non attinenti alla politica, come pure
avviene oggi di molte donne? Si fondano società con
intendimenti i più vari, si pubblicano giornali, si indicono
congressi, si uniscono come operaie in corporazioni,
convengono alle adunanze e nelle associazioni
degli uomini, e qua e là (parliamo della Germania)
sono riuscite ad acquisire il diritto di scegliere il collegio
arbitrale per gli operai, diritto di cui il parlamento
germanico, nell’anno di grazia 1890, le aveva felicemente
private.
Quale codino vorrebbe eliminare tutti questimutamenti,
sebbene non si possa contestare che vicino
alla luce ci sono anche le tenebre, originate dalle nostre
condizioni agitate e corrotte, ma non soverchianti
né oscuranti la luce. Un disaccordo potrebbe scoppiare
fra le donne, per quanto conservatrici siano state
fin qui, perché esse non sono inclini né disposte a
ritornare alle viete, ristrette e patriarcali condizioni del
principio di questo secolo.
Negli Stati Uniti, dove pure la società riposa ancora
su fondamenti borghesi, ma che non è agitata dai
vecchi pregiudizi dell’Europa, né dalle istituzioni del
passato, ed è sempre più disposta ad accogliere nuove
idee, se promettenti e vantaggiose, si vede da qualche
tempo che la posizione della donna va costituendosi
ed estendendosi sopra basi diverse da quelle che
reggono la donna in Europa. Per esempio i cittadini
della repubblica americana hanno già parecchie volte
riflettuto che non solo è faticoso e svantaggioso alla
borsa che la donna continui a fare il pane e la birra,
ma ritengono pure superfluo che essa attenda alla
cucina, e ciò senza danno pecuniario.Ai bisogni della
alimentazione privata vi provvede la società mediante
grandi macchine e cucine a vapore; le donne attendono
al servizio alternativamente e il risultato è questo:
che il pranzo costa un terzo di meno, che il cibo è più
saporito, che offremaggiore varietà e si risparmiamolta
fatica. I nostri ufficiali, che non sono certo in voce di
socialisti e comunisti, fanno precisamente così: formano
nei loro casini una mensa, scelgono un amministratore
che provveda alla spesa e faccia gli acquisti
all’ingrosso dei generi alimentari: la lista dei cibi viene
concordata e l’allestimento dei cibi si compie nella
cucina a vapore della caserma. In tal modo essi mangiano
a prezzi meno elevati di quelli degli alberghi,
avendo cibi per lo meno altrettanto buoni. Vi sono
inoltre delle migliaia di famiglie molto ricche in Europa,
le quali vivono a pensione negli Hotels senza che
esse si accorgano minimamente che loro manchi la
cucina domestica, ritenendo anzi come una grande
comodità il non avere le noie e le preoccupazioni di
doversi allestire il cibo in casa propria. Oltre alle cucine
a vapore, vi sono anche i lavatoi a vapore coll’essiccatoio;
condotti di acqua fredda, come ne abbiamo
in molte città e località; condotti di acqua calda che
servono a sostituire con un adatto sistema di riscaldamento
centrale quello delle stufe tanto incomodo e
che affatica e fa perdere alle donne tanto tempo: in
taluni alberghi, negli ospedali, nelle scuole, nelle caserme
ed anche nelle case private delle famiglie più
ragguardevoli codesto sistema funziona, sebbene ancora
in modo manchevole e imperfetto.
Nell’estate del 1890 si leggeva nei giornali una descrizione
dei progressi fatti nei sistemi di riscaldamento
centrale e della ventilazione negli Stati Uniti – dove
per ogni progresso si tengono gli occhi più aperti che
non nella decrepita Europa e specialmente in Germania.
Ecco quanto si legge in proposito: «I tentativi fatti
di recente, specialmente nell’America settentrionale,
di riscaldare da un sol punto interi rioni, segnano
dei successi notevoli e sono proseguiti nei rapporti
delle costruzioni con tanta cura e tanta convenienza,
che se ne può sperare una più larga diffusione in vista
degli esperimenti favorevoli e dei vantaggi economici
che se ne ricavano. Di recente poi si è andati ancora
più avanti, tentando di provvedere non solo al riscaldamento,
ma anche a rinfrescare, mediante l’aria o
riscaldata o fresca da un luogo centrale, particolari
quartieri non troppo estesi. Questo tentativo, realizzato
e concretato nel cosidetto sistema di Timby, venne
posto a base delle sue intraprese recentemente a
Washington, dalla Compagnia Nazionale di riscaldamento
e ventilazione, come scrive il “Giornale centrale
dei lavori pubblici” desumendolo da una relazione
del sig. Petri, ingegnere del governo dei lavori pubblici,
addetto ai lavori tecnici aWashington. La Compagnia
si propose dapprima lo scopo di provvedere ai
bisogni di una città di 50 mila abitanti. Le difficoltà
dipendenti dalla necessaria velocità dell’aria e della
grandezza dei mantici meccanici, permisero ciò non
pertanto di estendere le reti fino a chilometri 0,8 di
lunghezza e di impiantare un proprio stabilimento per
ogni quadrato di edifici, specialmente nelle contrade
più dense di popolazione per movimento di affari. Il
principio del sistema Timby è semplicissimo. "Nello
Stabilimento Centrale si trovano le caldaie a vapore o
ad acqua calda, grandi secondo le esigenze del bisogno,
mediante le quali la diramazione principale dell’aria
si verifica in tubi chiusi e contiene in sé una
parte del calore prodotto. Per conservare nel corso
della conduttura principale dell’aria, che va a distribuirsi
nel sottosuolo stradale, un calore uniforme oppure
un durevole ricambio delle perdite di calore, si
dirama dalle caldaie nell’interno della conduttura d’aria
e fino alla sua estremità un canale per il vapore o l’acqua
calda, che è unito alla caldaia. Le somme della
produzione di calorico (99) del tubo a vapore caldo e
82
del tubo a vapore freddo è uguale quasi dappertutto, e
perciò in tutto il corso del tubo dell’aria vi è una temperatura
uniforme. L’aria viene spinta nei tubi principali
mediante un mantice, e quindi ha sempre un’eccedenza
di pressione che rende poco sensibile l’azione
dei gas nocivi del suolo. Dalle condutture principali
si staccano altri condotti accessori verso i singoli
edifici e i luoghi di consumo, i quali portano l’aria
nelle stanze di abitazione o di lavoro. La quantità di
calore consumata viene determinata da appositi contatori
infissi nelle diramazioni"».
Così si fa nella società borghese degli Stati Uniti.
Ora è certo che quello che ivi è oggetto di speculazione
privata e di proprietari privati, potrebbe essere eseguita
per tutti altrettanto bene dallo Stato o dalla Comunità
con immenso e generale vantaggio.
Ma la borghesia, che non conosce generosità di
sentimenti, né larghezza d’idee, si stringe nelle spalle
davanti a tali progetti. Se si fosse proposto alle nostre
donne di 50 o 60 anni fa di risparmiare alle loro
figlie o fantesche l’incomodo di andare ad attingere
acqua, mediante la costruzione di un acquedotto,
avrebbero detto trattarsi d’una pazzia e d’una inutilità,
perché si sarebbero abituate le figlie e le fantesche
a stare in ozio. Napoleone I dichiarò assurdo il
progetto di far andar innanzi una nave a vapore. E
chi non sa come furono giudicate le nostre ferrovie
dai “poveri vetturali?”
Insomma la nostra società borghese mostra già
dappertutto i germi che verranno ampiamente sviluppati
e generalizzati da una società nuova, per creare,
mediante una grande rivoluzione, un migliore assetto
sociale. Del resto, è fuori di dubbio che tutto lo
sviluppo della nostra vita sociale non tende a confinare
ancora la donna tra le pareti domestiche, come pur
vorrebbero i fanatici della donna casalinga, che essi
vagheggiano, come gli Ebrei nel deserto sospiravano
le perdute marmitte d’Egitto, ma è certo invece che
esso mira a rompere la stretta sfera entro la quale si
aggira la donna, per farla partecipare alla vita pubblica
del popolo, – nel quale non si conteranno più
soltanto gli uomini – e ai compiti della cultura umana.
Anche Laveleye lo ha riconosciuto pienamente,
scrivendo (100) : «Man mano che aumenta ciò che si
è soliti designare col nome di civiltà, i sentimenti di
pietà e i legami della famiglia s’indeboliscono ed esercitanominore
influenza sulle azioni degli uomini. Questo
fatto è così generale, che vi si può ravvisare una
legge dell’evoluzione sociale». Ciò è giustissimo. Non
solo la posizione della donna è radicalmente mutata,
ma con essa è mutata, rispetto alla famiglia, anche
quella dei figli e delle figlie, che a poco a poco hanno
acquistato un grado d’indipendenza prima sconosciuta,
specialmente negli Stati Uniti d’America, dove, favorita
da tutta la società, si è spinta ad un grado, da noi
non raggiunto, l’educazione alla libertà e alla indipendenza.
Gli inconvenienti che anche questa forma di
sviluppo presenta oggi, non sono assolutamente essenziali;
e potranno evitarsi benissimo in condizioni
sociali migliori, e si eviteranno.
Anche il dott. Schäffle riconosce, come il Laveleye,
che il mutato carattere della famiglia dei tempi
nostri, è un effetto della evoluzione sociale. Egli scrive
(101): «La storia dimostra la tendenza di ricostituire
la famiglia sulle sue funzioni specifiche. La famiglia
rinunzia alle funzioni esercitate provvisoriamente
in luogo d’altre, una dopo l’altra, cedendo, là ove essa
aveva servito a colmare il vuoto delle funzioni sociali,
a favore di istituzioni indipendenti per il diritto, l’ordine,
l’autorità, il servizio divino, l’istruzione, la tecnica
ecc., non appena tali istituzioni si formano».Anche le
donne incalzano sempre più, sebbene in sulle prime in
minoranza e con intenti e propositi non ancora molto
precisi. Esse vogliono misurarsi cogli uomini, non
soltanto nel campo industriale, vogliono conquistare
non solamente una posizione più indipendente nella
famiglia, ma vogliono anche consacrare la loro attività
intellettuale a più nobili arringhi (102). Ed eccoci
davanti all’obbiettivo che la donna non vi possa riuscire
perché la natura non la provvide delle necessarie
attitudini. Sebbene la questione sulla capacità della
donna non tocchi né possa toccare nella società moderna
che un numero limitatissimo di donne, tuttavia
essa è d’importanza capitale. La maggior parte degli
uomini crede sul serio che le donne devono rimaner
sempre intellettualmente inferiori all’uomo, ed è questo
pregiudizio che dobbiamo distruggere.
Intanto è interessante il vedere che gli stessi uomini,
i quali non hanno nulla da opporre che la donna
volga la sua attività in occupazioni, molte delle quali
sono estremamente faticose e spesso pericolosissime,
in cui la sua femminilità corre pericolo, e per le
quali deve violare nelmodo piùmanifesto i suoi doveri
di madre e di sposa, è interessante, ripeto, il vedere
come questi uomini vogliono poi escludere la donna
da quelle occupazioni, nelle quali tutti questi ostacoli e
pericoli sono molto minori; occupazioni che sarebbero
più adatte alla delicatezza dell’organismo di lei, che,
dopo tutto, quanto a forza, regge al paragone con quello
di più d’un dotto.
Fra gli scienziati di Germania, i quali non vogliono
saperne di permettere alla donna l’accesso agli studi
superiori e vorrebbero almeno condizionarlo e limitarlo
assai, accenniamo al prof. L. Bischof di Monaco,
al dott. Luigi Hirt di Breslavia, al prof. H. Sybel,
L. de Bärenbach, al dott. E. Reich, ed altri molti. Il de
(99) Calorico: antico nome del calore, quando ancora si
riteneva che questo fosse un fluido.
(100) La proprietà primitiva, Cap. 20, Comunione domestica.
Nota diA. Bebel. Emile LouisVictor de Laveleye (1822-
1892), economista e saggista belga, è stato membro dell'Accademia
reale del Belgio, ed ha scritto molte opere di economia,
di storia e di politica, tra le quali, per l'appunto, quella citata da
Bebel, De la proprieté et de ses formes primitives, del 1874.
(101) Creazione e vita del corpo sociale. 1° vol. Nota diA.
Bebel.Albert Eberhard Friedrich Schäffle (1831-1903) economista
e sociologo tedesco, fu ministro del commercio nel 1871
e poi dell'attività scientifica. Tra le sue numerse opere, alcune
velate di idealità socialiste, vi è quella segnalata da Bebel, Bau
und Leben des socialen Körpers del 1896.
(102)Arringo, o arengo: Vocabolo antico col quale si indicava
un luogo riservato alle riunioni dei partecipanti al libero
comune medievale; in seguito per indicare l'assemblea riunita,
detta anche concione o parlamento.
83
Bärenbach crede di poter negare alla donna l’accesso
come le attitudini agli studi scientifici, osservando che
fino ad oggi fra le donne non è mai sorto un genio, e
che le donne sono notoriamente incapaci a intraprendere
gli studi filosofici. Anzitutto ci sembra che il
mondo abbia avuto finora troppi filosofi, per poter
rinunziare senza danno alle filosofesse. Ma per ciò
che si riferisce all’affermazione che le donne non abbiano
ancora prodotto alcun genio, ci sembra che non
regga neppure questa e che non provi nulla. I geni
non piovono dal cielo; essi hanno bisogno dell’occasione
per formarsi e svilupparsi, e questa occasione
non solo fino ad ora è quasi completamente mancata
alle donne, come abbiamo dimostrato a sufficienza
nel compendio storico; ma la si è oppressa in ogni
maniera permigliaia di anni.
Dire che le donne non hanno alcuna disposizione e
attitudine a diventare dei geni, perché si crede con ciò
di poter negare al numero pur grande di donne ragguardevoli
ogni e qualsiasi genio, è tanto erroneo e
ingiusto, come se si volesse sostenere, che nel mondo
degli uomini non sono stati possibili altri geni, all’infuori
di quei pochi, che si considerano come tali.
Ora ognimaestro di villaggio sa quante felici attitudini
fra i suoi scolari non finiscono e non si sviluppano,
per mancanza della possibilità di educarle. Il numero
degli uomini di talento e di genio è certamente molto
maggiore di quello che si è manifestato fino ad oggi,
perché le condizioni sociali li soffocano e spengono:
ed è precisamente lo stesso anche della capacità del
sesso femminile, che per migliaia di anni venne continuamente
oppresso e soffocato.
Oggi noi manchiamo assolutamente di ogni criterio
per giudicare quale abbondanza di forza e attitudini
intellettuali si svilupperanno negli uomini e nelle donne
non appena queste potranno spiegarsi sotto condizioni
più conformi alla natura.
Oggidì avviene nell’umanità precisamente quello
che avviene nel regno vegetale. Milioni di germi preziosi
non riescono a svilupparsi, perché il terreno ove
essi cadono non è adatto, ovvero è già occupato da
male erbe, che tolgono alla tenera pianticella il nutrimento,
l’aria e la luce. Le stesse leggi reggono anche
la vita dell’umanità. Se un giardiniere o un agricoltore
volesse dire di una pianta che non attecchisce o non
cresce vigorosa, quantunque egli non ne abbia ancora
fatto verun esperimento, e l’abbia forse arrestata
nel suo sviluppo con un erroneo trattamento, quel giardiniere
o quell’agricoltore sarebbe qualificato per imbecille
dai suoi vicini più istruiti. Lo stesso avverrebbe
se egli volesse rifiutarsi di incrociare una femmina
dei suoi animali domestici con un maschio di una razza
più perfetta, per allevare una razza di animali più
perfetti.
Se non che non vi sarebbe oggi in Germania nessun
contadino tanto ignorante, da non vedere i vantaggi
di questo modo di trattamento delle sue piante o
del suo bestiame; un’altra questione è quella di vedere
se i suoi mezzi gli permettono di adottare sistemi migliori.
Gli è soltanto nel mondo umano che anche i
dotti non vorrebbero che valesse ciò che viene pure
da essi sostenuto come legge indistruttibile in tutti gli
altri regni della natura. Eppure ognuno può, anche
senza essere naturalista, fare da sé delle osservazionimolto
istruttive. Perché i figliuoli dei contadini differiscono
dai figli nati da cittadini? Perchè i figli delle
classi più agiate differiscono dai figli dei poveri,
non solo nell’aspetto fisico, ma anche in certe qualità
intellettuali? Il perché, su ciò siamo tutti d’accordo,
deve trovarsi nella diversità delle condizioni di
vita e di educazione.
L'uniformità dipende dal perfezionarsi in una data
professione, imprime all’uomo dei tratti caratteristici.
Un curato, un maestro si riconoscono facilmente il
più delle volte al portamento, all’espressione della fisionomia,
come si riconosce facilmente un militare
anche se veste l’abito borghese. Un calzolaio si distingue
agevolmente da un sarto, un falegname da un
magnano. Due gemelli, che nella fanciullezza fossero
pure somigliantissimi, presenteranno più tardi delle
differenze notevoli, se la professione loro è diversa;
per l’uno, per es. quella manuale del magnano, per
l’altro quella degli studi filosofici. L’eredità, dunque,
e l’adattamento agiscono in modo decisivo sullo sviluppo
dell’uomo, precisamente come agiscono sul
regno animale, ed anzi sembra che l’uomo sia il più
adattabile e pieghevole degli esseri. Bastano pochi anni
di un dato genere di vita e di professione, per farne
addirittura un altro uomo. Questo rapido mutamento,
almeno esteriormente, non si manifesta mai tanto palesemente
quanto allorché un uomo sale d’un tratto
da una condizione dimiseria a condizioni di agiatezza.
Anche se non può rinnegare il suo passato almeno
nella sua cultura intellettuale, ciò non lo pone nell’impossibilità
di svilupparsi ulteriormente, perché anche
gli uomini dappoco sentono fino ad una certa età la
tendenza e provano il desiderio di educare l’intelligenza,
ritenendolo anzi necessario. E’ peccato però che
la gente rifatta senta ben di rado i danni derivanti dal
difetto di cultura. L’epoca nostra che mira al danaro e
agli interessimateriali si curva davanti all’uomo danaroso
assai più volentieri che non davanti allo scienziato
e al dotto, se questi ha la disgrazia di essere povero
e di non avere alcun titolo o grado. E’ certo che ben di
rado si scorge nei figli di questa gente rifatta la loro
origine, perché anche intellettualmente e moralmente
si trasformano.
L’esempio più eloquente dell’azione che esercitano
le condizioni di vita e l’educazione sugli uomini, si
trova nei nostri distretti industriali. Ivi lavoratori e imprenditori
presentano anche esteriormente tale diversità,
come se essi appartenessero a due diverse razze.
Sebbene avvezzi a tale diversità, questa ci si presentò
davanti agli occhi in modo quasi spaventoso in
occasione di un’assemblea che abbiamo tenuto nell’inverno
del 1877 in una città ove si esercita l’industria
della lavorazione deiminerali.
In una adunanza ove noi sostenemmo una disputa
con un professore del partito liberale, entrambi i partiti
erano così largamente rappresentati che la sala era
troppo angusta per contenerne il numero; si urtavano
e pigiavano l’uno vicino all'altro. La parte anteriore
della sala era occupata dagli avversari, dalla figura,
quasi senza eccezione, forte, robusta ed aitante, dal84
l’aspetto sano; nella parte posteriore della sala e nelle
gallerie c’erano gli operai e i piccoli borghesi, per nove
decimi tessitori, delle signore per la maggior parte piccole,
mingherline, scarne, pallide, sul cui viso si leggeva
il dolore e la miseria.
Gli uni rappresentavano la virtù satolla e la morale
che può pagare, gli altri erano le api laboriose e le
bestie da tiro, del cui lavoro tanto si avvantaggiavano
i primi da presentare un così florido aspetto, mentre
questi erano affamati. Si pongano entrambi per una
generazione nelle stesse condizioni favorevoli di esistenza,
e l’antitesi scomparirà, e sarà certo cancellata
nei discendenti.
E’ inoltre evidente che, in generale, è più difficile
di stabilire la posizione sociale delle donne dal loro
aspetto esterno perché esse si adattano a nuove condizioni
e assumono abitudini di vita più alte con maggior
facilità. La loro attitudine all’adattamento è in questo
senso più grande di quella dell’uomo, più disadatto
in tutto.
Devesi quindi riconoscere la grande importanza
che, dal punto di vista delle leggi naturali, le condizioni
sociali hanno sullo sviluppo dei singoli.
Soltanto chi ha idee limitate o gli uomini di cattiva
volontà possono disconoscere, che il miglioramento
delle condizioni sociali e quindi delle condizioni fisiche,
intellettuali e morali potranno far raggiungere,
non solo agli uomini, ma anche alla donna quel grado
di perfezione del quale non abbiamo oggi una idea
completa. Non si può porre in dubbio ciò che alcune
donne hanno fatto finora, perché queste donne eccellono
sullamassa del loro sesso almeno altrettanto quanto
i geni maschili eccellono sopra la massa dei loro
simili. Nel governo degli Stati le donne, misurate in
proporzione al loro numero e alla loro attività, con la
norma stessa con cui oggi si è soliti di misurare i principi,
han dato, in media, prova di maggiore talento
degli uomini.Ricordiamo, ad esempio, Isabella eBianca
di Castiglia, Elisabetta d’Ungheria, Elisabetta d’Inghilterra,
Caterina di Russia, Maria Teresa, ecc. Del resto
di più di qualche grand’uomo si sfronderebbe la gloria,
se si sapesse sempre ciò che egli deve a se stesso,
e ciò che deve agli altri. Il conte di Mirabeau viene
presentato dagli storici tedeschi, per esempio, dal signor
De Sybel, come uno dei più celebri oratori ed
anche come il genio più grande della rivoluzione francese.
E
bbene, oggi la critica storica ha constatato che
questo genio così potente pigliava in prestito le idee di
quasi tutti i suoi discorsi e quelli dei più celebri senza
eccezione, da alcuni letterati che in silenzio lavoravano
per lui, e dei quali egli seppe profittare abilmente.
D’altra parte, figure del mondo femminile come
madama Roland, la signora di Stäel, George Sand,
Lady Elliot, meritano la più alta ammirazione ed anzi
più di qualche astro maschile impallidisce vicino ad
esse. E’ pur noto ciò che hanno fatto certe donne
come madri di uomini eminenti.
Le donne insomma hanno operato intellettualmente
tutto quello che era possibile, date le sfavorevolissime
circostanze in cui esse vissero, e tanto basta per
essere autorizzati a nutrire le migliori speranze per il
loro ulteriore sviluppo.
Ma, ammesso che le donne non siano in media
capaci di sviluppo intellettuale al grado stesso degli
uomini e non possano diventare né geni, né grandi
filosofi, bastò forse questa circostanza alla maggioranza
degli uomini, quando si accordò ad esse, almeno
secondo la lettera della legge, la piena eguaglianza
giuridica coi “geni” e coi “filosofi”? Gli stessi dotti
che negano alla donna una maggior capacità, sono
pure facilmente disposti a contrapporla all’operaio ed
all’artigiano. Essi ridono ironicamente e si stringono
nelle spalle quando la nobiltà fa appello al sangue bleu
e alla razza; ma, rispetto all’uomo di bassa condizione,
essi si considerano come una aristocrazia, la quale
nulla deve, per ciò che essa è diventata, alle più
favorevoli circostanze della vita, (ohibò! vi vedrebbe
una umiliazione di se stessa), ma solo ed esclusivamente
al proprio talento e alla propria intelligenza.Quelli
stessi che, in un certo campo, appartengono ai più
spregiudicati ed hanno una mediocre opinione di coloro
che non la pensano liberamente come essi, in
altro campo, là cioè dove si tratti degli interessi della
loro casta e del loro ceto, del loro amor proprio e della
loro vanità, professano idee e principi limitatissimi e
oppongono una resistenza accanita sino al fanatismo.
Così la classe più elevata del mondo mascolino
pensa e giudica della classe più bassa dello stesso
mondo, e quasi tutto il mondo mascolino poi della
donna.
Gli uomini, in generale, non vedono nelle donne
nient’altro che un mezzo, uno strumento di piacere e
di godimento; a considerarle come loro eguali si oppongono
i loro pregiudizi. La donna deve essere sottomessa,
modesta, limitarsi alle faccende domestiche,
tutto il resto dev’essere lasciato all’uomo “re del creato”,
come suo patrimonio. La donna deve porre ogni
possibile freno alle sue idee e alle sue aspirazioni e
starsene tranquilla ad aspettare ciò che la sua provvidenza
terrena (il padre o ilmarito) deciderà di lei.Quanto
più essa si mostra ligia a questi precetti, e tanto più
virtuosa, ragionevole e costumata la si considera, anche
se essa dovesse rovinarsi sotto il peso di sofferenze
fisiche e morali, conseguenze della sua schiavitù.
Ma se si parla della eguaglianza di tutti gli uomini,
è una assurdità il volere escludere la metà del genere
umano.
La donna ha i diritti stessi dell’uomo, l’accidentalità
della nascita nulla può mutare. Mettere fuori dal
diritto la donna, perché nacque donna e non uomo –
del che l’uomo ne ha tanto merito quanto la donna – è
altrettanto iniquo, quanto il far dipendere il godimento
dei diritti dalla professione di fede religiosa o politica,
e altrettanto insensato quanto allorquando due uomini
si considerano nemici, perché appartengono entrambi,
per l’accidentalità della nascita, a razze o nazionalità
diverse.
Tali sentimenti sono indegni di un uomo libero, e il
progresso dell’umanità consiste nel togliere al più presto
possibile tutte le barriere. Verun’altra inuguaglianza
è giustificata all’infuori di quella che la natura
pose per base al raggiungimento dei suoi scopi naturali
apparentemente eterogenei, ma sostanzialmente
85
omogenei. Ma nessun sesso oltrepasserà i limiti segnati
dalla natura perché esso non farebbe con ciò
che distruggere gli scopi stessi a cui da natura è chiamato.
Verun sesso è autorizzato a imporre limitazioni all’altro,
allo stesso modo che una classe non può imporle
ad un’altra.
Ma l’argomento principale di cui si valgono gli
oppositori è questo: che la donna ha un cervello più
piccolo dell’uomo; e di qui essi vogliono dedurre la
sua eterna infermità intellettuale. Esaminiamo questa
proposizione che pur muove da una premessa in sé
giusta.
Il volume del cervello e corrispondentemente il suo
peso è in media più piccolo nelle donne che negli uomini.
Secondo l’Huschke (103) la media capacità cranica
dell’europeo è di 1446 centimetri cubici, quella
della donna di 1226 cent. cub., una differenza di 220
centimetri cubici. In quanto a peso il prof. Bischoff
stima il cervello dell’uomo superiore di 126 grammi a
quello della donna. Il prof. Meinert calcola la proporzione
di peso fra il cervello dell’uomo e quello della
donna come da 100 a 90. Il peso del cervello però è
assai vario nei diversi individui anche dello stesso sesso.
Secondo il professore Reklam, il cervello del naturalistaAnier
pesava 1861 grammi, quello di Byron 1807,
quello delmatematico Dirichlet 1520, quello del celebre
matematico Gauss solo 1492, quello del filosofo
Hermann 1358 e quello del letterato Hausmann 1226.
Ecco dunque delle differenze enormi nel peso del cervello
di uomini eminenti. Il cervello di Hausmann era,
in peso, pressoché eguale al peso medio del cervello
femminile.
Ciò intanto autorizza a constatare che è troppo
avventato il far dipendere il grado della capacità intellettuale
esclusivamente dal peso del cervello. Il numero
delle ricerche fatte è ancor troppo esiguo per coonestare
un giudizio definitivo. Bisogna poi, oltre che
al peso medio del cervello in entrambi i sessi, aver
riguardo anche al rispettivo organismo fisico, e allora
è chiaro che, avuto riguardo alla grandezza media
e al peso medio del corpo, il cervello della donna è in
media più voluminoso di quello dell’uomo. Come il
volume del corpo non decide della forza fisica, così il
solo volume cerebrale non decide delle forze e attitudini
intellettuali.Abbiamo animali piccolissimi (le formiche
e le api), che vincono in intelligenza animali
assai più voluminosi (per es. le pecore e le mucche),
e anche noi vediamo tutti i giorni che uomini di imponente
aspetto sono assai meno intelligenti di uomini
dall’aspetto meschino e poco appariscente. Non è
dunque dalla massa cerebrale soltanto che dipende la
intelligenza, ma anche, e in parte più alta, dall’organizzazione
del cervello, nonché dall’esercizio ed uso
delle facoltà intellettuali.
Il cervello, come ogni altro organo, se si vuole
che sviluppi tutte le sue attitudini, dev’essere esercitato
e alimentato; lasciatelo inerte, o date all’educazione
un indirizzo sbagliato, e si vedrà che, in luogo di
dare sviluppo ed impulso alle parti che rappresentano
preferibilmente l’intelligenza, darà sviluppo a quelle in
cui ha impero la fantasia. Si avrà quindi non solo un
arresto di sviluppo, ma addirittura un rattrappimento.
Un indirizzo è nutrito a spese dell’altro.
Nessuno però, il quale conosca la storia dello sviluppo
della donna, può contestare che molto si errò
damigliaia d’anni nell’indirizzo dato alla donna, emolto
ancora si erra.
L’affermazione del prof. Bischoff che la donna ha
potuto educare il cervello e l’intelligenza al pari dell’uomo,
dimostra un grado di inaudita e fenomenale
ignoranza intorno all’oggetto preso in esame. Come
si spiega il fatto sorprendente che, presso i popoli di
bassa cultura, per es. i negri e in quasi tutte le razze
e tribù selvagge, il volume e il peso del cervello maschile
e femminile sono molto più proporzionati che
presso i popoli civili? Si spiega soltanto col riflesso
che gli uomini dei popoli civili hanno educato maggiormente
le loro funzioni cerebrali, mentre quelle
della donna vennero arrestate. La narrazione storica
esposta all'inizio del libro, riferentesi alla posizione
della donna nel corso del nostro sviluppo sociale, ci
fa comprendere perfettamente e chiaramente che
l’impero dell’uomo sulla donna, conservato per migliaia
di anni, determinò le differenze nello sviluppo
fisico e intellettuale.
I nostri dotti, i naturalisti dovrebbero pur comprendere
senza difficoltà che la legge della loro scienza
deve applicarsi anche alla vita e allo sviluppo della
umanità. Le leggi della evoluzione, dell’eredità, dell’adattamento
valgono così per gli uomini come per
ogni altro essere naturale. Ora, se l’uomo non fa eccezione
alla natura, anche la scienza dell’evoluzione
dev’essere a lui applicata, per la quale ci sembra chiaro
come luce meridiana ciò che altrimenti rimarrebbe
oscuro e diverrebbe poi oggetto di misticismo scientifico
o di scienza mistica.
Alcuni sostengono che la differenza nella massa
cerebrale sia diversa nei vari popoli civili; il dottor L.
Büchner, per esempio. E così i tedeschi e gli olandesi
avrebbero il cervello più grande, verrebbero poi gli
inglesi, gli italiani, gli svedesi, i francesi. In questi ultimi
i due sessi si avvicinano assai per ciò che concerne
la massa cerebrale. Ma il Büchner non si pronuncia
sul punto se debba dirsi perciò che in Francia
le donne si sono sviluppate di più, avvicinandosimaggiormente
agli uomini, o, al contrario, che gli uomini
si sono sviluppatimeno, determinando quindi unamaggiore
eguaglianza, poiché sarebbe possibile una cosa
e l’altra. Ma se si considera lo stato della cultura in
Francia, si è indotti ad accogliere la prima ipotesi.
La costituzione cerebrale nei due sessi si è sviluppata
e formata in corrispondenza all’educazione ricevuta,
se è lecito adoperare tale parola per il passato, o
non è più giusta e corretta l’espressione di “nutrimento”.
I fisiologi sono d’accordo nel dire che la sede
propria dell’intelligenza, dove questa si forma e completa,
è nella parte anteriore del cervello, sopra gli occhi,
posta immediatamente dietro la parte anteriore
(103) Dott. L. Büchner: La donna, la sua posizione naturale
e la sua missione sociale. – Società Nuova. – Annuario,
1879-1880. Nota di A. Bebel.
86
del cranio. Le parti del cervello che si riferiscono preferibilmente
alla vita del sentimento e dello spirito hanno
sede nella metà della testa. La differenza della forma
del cranio fra uomini e donne corrisponde alla diversità
degli esseri; nell’uomo è più sviluppata la parte
anteriore, nella donna la parte mediana della testa.
Ciò è ammesso come esatto anche dalManouvrier,
del quale avremo ancora occasione di parlare.
Anche il concetto della bellezza per l’uomo e per
la donna si è sviluppato da questa conformazione del
cranio formatasi dal rapporto di padronanza e di soggezione.
Secondo il concetto greco della bellezza, il
quale serve anche oggi di regola e di tipo, la donna
deve aver la fronte stretta e bassa, l’uomo invece la
fronte alta e spaziosa. E questo ideale della bellezza,
che le abbassa ed umilia, è così radicato nelle nostre
donne, che esse cercano col soccorso dell’arte di far
apparire più bassa la fronte, acconciando opportunamente
i capelli, se questa ha una altezza superiore alla
misura media.
La disputa intorno alla questione se la donna possa
essere intellettualmente eguale all’uomo, o venga sempre
dopo di lui per effetto della minore massa cerebrale,
venne fatta anche nei numeri 39 e 40 dell’annuario
1889 Il Socialista democratico, allora pubblicato
a Londra. L’inglese signor Belfort-Bax attaccò in
una serie di articoli del citato giornale sotto il titolo:
“La deificazione della donna”, il nostro principio, affermando
che il cervello della donna esclude già che
essa possa svilupparsi come l’uomo. Gli rispose una
signora, Sofia Nadeyde, con una dimostrazione scientifica
dei suoi principii, con richiami all’autorità dei
dotti, ribattendo trionfalmente le obbiezioni diBax. Essa
addusse una serie di fatti e di giudizi che giustificano
la importanza della questione. Broca, noto fisiologo
parigino, ha misurato la capacità cubica di 115 crani
dell’XI e XII secolo trovandola, in media, di 1426
centimetri cubici. La misura di 125 crani del secolo
XVIII, diede una capacità di 1462 cent. cub. Di qui la
conseguenza che i cervelli sarebbero notevolmente aumentati
nel corso di pochi secoli.
Ma la misura di 125 crani appartenenti all’epoca
della pietra diede per risultato, secondo Broca, che la
capacità media del cranio maschile raggiunse 1606
cent. cub.; quella del cranio femminile cent. cub. 1581;
una capacità dunque maggiore di quella dei crani dell’XI,
XII, XVIII secolo.
La signora Nadeyde, quindi, conchiude che ha ragione
lo Spencer, quando dice nella sua Psicologia,
che il peso del cervello dipende dalla quantità dimovimento
e dalla varietà di movimento.
Ma l’autrice obbietta ancora più energicamente che
non è tanto questione dimassa cerebrale, quanto della
proporzione in cui il peso del cervello sta col peso del
corpo in entrambi i sessi, e da questo punto di vista è
manifesto quanto noi abbiamo già detto più sopra, che
il cervello della donna è più pesante di quello dell’uomo.
La signora Nadeyde adduce poi un’altra prova:
“Confrontiamo il peso medio dei corpi e prendiamo
come differenza tra l’uomo e la donna otto chilogrammi
soltanto, sebbene parecchi naturalisti, fra i quali
anche Gay, citato da Delaunay, determinino la differenza
in 11 chilogrammi. Secondo il peso medio di
9157 soldati americani: 64,4 chilogrammi; (peso medio
del corpo maschile): 56 chilogrammi: (peso medio
del corpo della donna); 1,141 ovvero 1,14; e cioè,
posto 100 il peso medio della donna, quello dell’uomo
è rappresentato da 114. Giusta il peso medio di 12.740
bavaresi: chilogrammi 65,5; (peso medio del corpo
dell’uomo): 57,5; (peso medio del corpo della donna):
= 1,139 ovvero 1,14; rappresentando quindi con
100 il peso medio della donna, quello dell’uomo è
rappresentato da 114. Peso medio di 617 inglesi, 68,8
(peso medio del corpo del maschio): 60,8 (peso
medio del corpo della donna) = 1,131 ovvero 1,13;
ritenuto quindi che il peso medio della donna sia rappresentato
da 100, quello dell’uomo sarebbe rappresentato
da 113 (104).
E' quindi manifesto che le donne, a parità di condizioni,
hanno una eccedenza nella massa cerebrale di
1, 2, 3, o 4 per 100. Dato cioè, che la massa cerebrale
della donna sia eguale a 100 grammi, quella dell’uomo
dovrebbe essere di 113 o 114; in realtà non è che di
110 a 112 grammi. Il fatto potrebbe esprimersi ancor
più plasticamente dicendo: che al cervello dell’uomo
mancano, giusta il calcolo fatto, da 25 fino a 51 grammi
di massa cerebrale (105). Il Manouvrier ne porge
una prova anche maggiore dicendo: “La influenza del
peso del corpo sul peso del cervello balza subito all’occhio
pigliando in esame i numeri nella specie dei
vertebrati.Questa influenza è altrettantomanifesta negli
uomini ed è veramente strano che molti naturalisti non
l’abbiano ancora riconosciuta, sebbene questa verità
sia stata illustrata e compresa da altri.
“V’è una infinità di fatti che concorrono a dimostrare
l’influenza della statura sul peso del cervello. Il
peso medio del cervello delle razze umane meno incivilite,
ma di alta statura, non solo supera quello degli
europei, ma anche il numero dei cervelli voluminosi è
più grande presso queste razze che nelle nostre.
“Non si deve pensare che l’intelligenza d’una razza
umana si determini dal numero dei cervelli voluminosi,
perchè i Patagoni, gli abitanti della Polinesia e gli
Indiani del nordAmerica superano di gran lunga i nostri
parigini e tutte le razze europee, non solo nel numero
dei cervelli voluminosi, ma anche nella maggiore
capacità cranica.
“L’influenza della statura sul volume del cervello è
confermata dal fatto, che le piccole capacità craniche
si incontrano nelle razze di bassa statura, come i Boscimani,
gliAndamani e gli Indiani Paria. Tutti i naturalisti
che trattarono davvero scientificamente la questione
del cervello, andarono assai cauti nel pronunciarsi
sulla differenza che presentano i due sessi, mentre
altri scrittori la trattarono, specialmente negli ultimi
anni, con tanta leggerezza da comprometterla di
(104) I dati relativi al peso del corpo sono desunti dalla
antropologia di Taupinard. Nota di A. Bebel.
(105)Accettando per vera la differenza fra il peso dell’uomo
e quello della donna esposta da un autore accreditato, il
Delaunay, in 11 chilogrammi, avremmo da 35 a 70 grammi.
Nota di A. Bebel.
87
fronte al pubblico. Se differenza vi è fra l’intelligenza
dell’uomo e quella della donna, deve essere in ogni
modo una differenza assai lieve, poiché uno psicologo
come Stuart-Mill ha dichiarato di non averla trovata.
La statura, la forza muscolare, il volume del corpo,
presentano grandissime differenze, ed è per ciò
che le donne si sono chiamate il sesso debole; e scrittori
che non riuscivano a riconoscere tali differenze si
arrogarono il diritto di stabilire una differenza psicologica,
e cioè di risolvere un problema molto più difficile
e complesso alzando la voce per cantare le lodi
del proprio sesso!
“Perciò la differenza del peso del cervello e della
capacità cranica, considerata scientificamente non può
essere ritenuta come svantaggiosa alla donna, perché
tutto prova che questa differenza dipende dal peso del
corpo, e non vi è alcuna ragione anatomica per ritenere
che la donna sia rimasta più indietro dell’uomo e
sia a questo intellettualmente inferiore. E lo proverò
subito.
“La proporzione fra il peso del cervello e la statura
è più piccola nel sesso femminile che nel maschile
(106);ma ciò si spiega facilmente: la statura non esprime
lo sviluppo, o, per dir meglio, il peso del corpo
non esprime abbastanza il grado d’intelligenza.
“Ma se paragoniamo la proporzione del peso del
cervello, allora troviamo che le donne hanno più cervello
degli uomini, così durante la fanciullezza come,
specialmente, durante la vita. La differenza non è grande,
ma sarebbe ancora più notevole se non avessimo
tenuto conto, nel peso del corpo, dell’adipe che si
trova in maggior quantità nelle donne e che non ha
alcuna influenza sul peso del cervello perché massa
inerte”.
Più tardi e cioè nel 1883, il Manouvrier pubblicò
nel numero 7 della “Rivista scientifica” i seguenti risultati
delle sue ricerche:
“Calcolando 100 il peso del cervello dell’uomo,
delle ossa del femore, del cranio e dellamascella inferiore,
troviamo essere:
il peso del cervello della donna 88,9
il peso del cranio della donna 85,8
il peso della mascella inferiore
della donna 78,7
il peso delle ossa del femore della donna 62,5
“Inoltre è un fatto provato che il peso dello scheletro
(senza il cranio) cambia come quello delle ossa
del femore; per cui è possibile riscontrare il peso del
cervello con quello di queste ossa. Il risultato delle
cifre suesposte è questo: che le donne hanno, relativamente,
una massa cerebrale che supera quella dell’uomo
del 26,4 per 100.
“Esprimiamo ancora un po' più plasticamente le
cifre citate.
“Se la massa cerebrale dell’uomo è uguale a 100
grammi, quella della donna dovrebbe essere non di
100, ma soltanto di grammi 62,5; in quella vece la
massa cerebrale della donna è di grammi 88,9, e quindi
una eccedenza di grammi 26,4. Ritenendo pertanto
che il peso medio del cervello dell’uomo sia di grammi
1410 (secondo ilWagner), il peso del cervello della
donna dovrebbe essere di grammi 961,25, in luogo
di 1262; e perciò la donna ha una massa cerebrale che
supera di grammi 301,75 il peso che sarebbe voluto
dalla proporzione. Accettando i dati dell’Huschke, si
troverebbe una eccedenza di grammi 372, e finalmente,
di grammi 383 secondo le cifre del Broca. Perciò,
a parità di condizioni, le donne hanno una eccedenza
cerebrale che supera di tre e quattrocento grammi
quella dell’uomo”.
Non è dunque vero affatto, che le donne siano inferiori
all’uomo per effetto della loro costituzione cerebrale,
e non si deve quindi meravigliarsi che le donne
siano intellettualmente quello che sono.
CertamenteDarwin ha ragione quando afferma che,
di fronte ad una serie di uomini più eccellenti nella
poesia, nella pittura, nella scultura, nellamusica, nella
scienza e nella filosofia, non può reggere al paragone
una serie di donne altrettanto chiare ed illustri nelle
stesse materie. Quale meraviglia? Si dovrebbe meravigliarsi,
al contrario, se così non fosse.
E’ giusta pertanto l’osservazione del dottor Dodel-
Port (107) in risposta all’oggetto, che cioè sarebbe
ben altrimenti se uomini e donne egualmente educati
si ammaestrassero per una serie di generazioni
nell’esercizio di quelle arti e discipline.
La donna, in generale, anche fisicamente è più
debole dell’uomo, il che non si verifica presso molti
popoli selvaggi, nei quali, anzi, si nota talvolta tutto il
contrario.
Ma una prova dell'efficacia dell’esercizio e dell'educazione
sulla forza muscolare anche della donna, è
fornita dalle saltatrici dei circhi equestri, le quali non
solo gareggiano con qualsiasi uomo in coraggio, in
ardimento, in agilità e in forza fisica, ma spesso fanno
miracoli e destano lo stupore del pubblico.
E poiché tutto ciò è l’effetto delle condizioni di
vita e della educazione, o per esprimerlo con una parola
dura, attinta dalle scienze naturali, “della razza” e
l’applicazione sapiente delle leggi naturali al regno vegetale
ed animale si compie in modo sorprendente,
non v’ha dubbio che l'applicazione di queste leggi anche
alla vita fisica ed intellettuale dell’uomo condurrebbe
a risultati ben diversi, se l’uomo scientemente
le violasse.
Le premesse dimostrano quale stretto ed intimo
legame vi sia fra le moderne scienze naturali, tutta la
nostra vita sociale e il suo sviluppo. La savia applicazione
delle leggi naturali allo sviluppo della società
umana può spiegarci la nostra situazione, né si riuscirebbe
altrimenti a scoprirne l’origine e la causa. E risalendo
alle cause, troviamo che dominio e potere,
carattere e qualità così dei singoli come delle classi e
dei popoli, dipendono principalmente dalle condizioni
materiali della vita e quindi dall’ambiente sociale
(106) Quatrefages trovò che questa proporzione è un pò
più grande nella donna che nell’uomo. Thurnam trovò il contrario,
come L. Manouvrier. Nota di A. Bebel.
(107) La nuova storia della creazione. Nota di A. Bebel.
(108) E’ una scoperta che CarloMarx fece per primo, confermata
classicamente nelle sue opere, e specialmente nel «Ca88
ed economico in mezzo al quale essi vivono (108), e
sentono l’influenza del suolo, della sua fertilità e del
clima. Se le infelici condizioni di esistenza – e cioè la
imperfezione dello stato sociale – sono la causa del
manchevole sviluppo individuale, ne segue necessariamente,
che migliorando queste condizioni, anche
gli uomini miglioreranno.
Conchiudendo: L’applicazione delle leggi naturali,
sotto il nome di darwinismo, alla vita umana concorre
a formare altri uomini alla stessa guisa che al
socialismo soltanto si dovrà il formarsi di un nuovo
ordine di cose, secondo la dottrina di Carlo Marx.
Non varrà né il ricalcitrare né la riluttanza – “se non si
va innanzi spontaneamente, farò uso della forza” –
intendo dire la forza della ragione. La legge darwiniana
della lotta per la vita, per la quale l’essere più forte
e più perfetto opprime e distrugge il più debole, nei
riguardi della umanità si risolve in questo che, alla fine,
gli uomini come esseri pensanti e senzienti mutano,
migliorano e perfezionano continuamente le loro condizioni
sociali e tutto ciò che a queste è annesso; per
modo che, alla fine, tutti gli esseri umani si troveranno
nelle stesse favorevoli condizioni di esistenza.
L’umanità creerà a poco a poco a se stessa condizioni,
detterà leggi e provvedimenti economici tali che
renderanno possibile al singolo di sviluppare le proprie
attitudini e disposizioni naturali a vantaggio proprio
e della comunità, ma lo renderanno impotente a
danneggiare altri o tutti, perché il danno dei terzi sarebbe
pur danno suo. Questa condizione avrà tale efficacia
sull’intelligenza e sul sentimento, che l’idea
di dominare sugli altri non germoglierà più nel cervello
di alcuno.
Perciò il darwinismo è, come qualsiasi altra scienza
esatta, una dottrina eminentemente democratica
(109), e se i suoi difensori non lo vogliono riconoscere
e sostengono anzi il contrario, bisogna dire che
non sanno misurare la portata della loro scienza. Gli
avversari, specialmente il clero che ha sempre l’odorato
fine, quando si tratta di vantaggi terreni o del
pericolo che liminaccia, hannomisurata per bene l'importanza
e il significato di questa scienza denunziando
il darwinismo come una dottrina infetta di socialismo
e di ateismo. E il professoreWirchow andò d’accordo
con quelli che in altro campo sono suoi nemici,
quando nel congresso dei naturalisti tenutosi nel 1877
aMonaco, apostrofò il professor Häckel dicendo: “che
la dottrina darwiniana mena al socialismo”.Wirchow
tentò di screditare il darwinismo perché Häckel domandava
che la dottrina evoluzionista fosse compresa
fra le materie di insegnamento.
Ora si pensi che, se è vero che la teoria darwinistica
conduce al socialismo, come afferma il Wirchow,
ciò non prova nulla contro la teoria, ma è anzi un
argomento, se mai, favorevole solo al socialismo. La
scienza non si cura di sapere se le sue conseguenze
sono tali da condurre a questa o a quella forma di
organizzazione politica, come non va ad indagare se
son tali da determinare questa o quella condizione sociale.
La scienza deve esaminare soltanto se i suoi
principi sono esatti, e, quando tali essi siano, devono
accettarsi con tutte le loro conseguenze.
Chi agisce altrimenti, o per vantaggio personale o
per godere la protezione, i favori dei potenti, o per
interesse di classe o di partito, agisce indegnamente e
non fa onore alla scienza. La scienza regolamentata,
che è la scienza che si insegna nelle nostre università,
solo in rarissimi casi può pretendere alla indipendenza
e al carattere. La paura di perdere lo stipendio o la
protezione dei potenti e il timore di dover rinunziare a
titoli, ad ordini cavallereschi o alla promozione, fa sì
che i rappresentanti della scienza si pieghino ed abbassino
sino a nascondere i propri convincimenti o,
peggio, fino a dire pubblicamente tutto il contrario di
ciò che pensano.
Se un Dubois Reymond nel 1870, in occasione di
una solennità nell’Ateneo berlinese, esclamò: “le Università
sono gli istituti di educazione per la intellettuale
guardia del corpo degliHohenzollern”, si può giudicare
che cosa pensino dello scopo della scienza gli
altri che, per sapere e per autorità, stanno molto al
disotto del Dubois-Reymond (110).
Si avvilisce la scienza col renderla schiava del
potere.
Noi comprendiamo che il professor Häckel e i suoi
fautori, quali il professore Schmidt, il signor di Hellwald
ed altri, si difendano energicamente contro l’accusa
che il darwinismo sia un’arma ed un pretesto
nelle mani dei socialisti, e dal canto loro sostengano:
che è vero anzitutto il contrario, perché la dottrina
darwinistica è aristocratica, insegnando essa che nella
natura il più forte e il più perfetto schiaccia il più
debole.
E siccome le classi abbienti ed educate rappresentano
nella società questi esseri più vigorosi e meglio
organizzati, è giustificato il loro predominio, perché
ciò è necessario per legge di natura.
La erroneità di questa conclusione è evidente. Ritenuto
che questo sia il convincimento dei sopra citati,
è chiaro che essi applicano soltanto meccanicamente
le dottrine loro all’umanità.
Siccome la lotta per la vita si combatte nel mondo
animale e vegetale inconsciamente, e cioè nell’ignoranza
delle leggi che regolano la vita di questi mondi,
così costoro credono che altrettanto debba valere per
l’umanità. Fortunatamente però, questa arriva a conoscere
le leggi che regolano il suo sviluppo e non le
rimane pertanto che il compito di applicare tale conoscenza
ai suoi istituti politici, sociali e religiosi, e
di trasformarli. Quindi fra l’uomo e il bruto vi ha questa
differenza, che l’uomo può ben dirsi un animale
pensante, mentre l’animale non è un uomo pensante.
pitale». – Il manifesto comunistico del febbraio 1848 redatto
da C. Marx e da F. Engels si svolge su questo concetto fondamentale,
e può considerarsi anche oggi come il lavoro più atto
a tener viva l’agitazione. Nota diA. Bebel.
(109) L’atrio della scienza è il tempio della democrazia,
Buckle: Storia della civiltà in Inghilterra, volume secondo,
parte seconda, IV ediz. Trad. di A. Runge. Nota di A. Bebel.
(110) Il signor Dubois-Reymond ha ripetuto la frase sopra
citata, riferendosi agli attacchi dei quali fu bersaglio nel febbraio
del 1883 in occasione del giorno natalizio di Federico il
Grande. Nota di A. Bebel.
89
Amolti darwiniani pur dotti ciò è sfuggito; di qui il
circolo vizioso in cui essi si aggirano. Il professore
Häckel e i suoi fautori negano pure che il darwinismo
conduca all’ateismo, e dopo di aver messo alla porta
con prove scientifiche d’ognimaniera il Creatore, tentano
con ogni sforzo di farlo passare di contrabbando
dalla finestra. A questo scopo si crea una specie singolare
di “religione” che si chiama “alta moralità”,
“principii morali”, ecc.
Il professor Häckel, nel congresso dei naturalisti
inauguratosi in Eisenach nel 1882, alla presenza della
famiglia del duca diWeimar, non solo cercò di salvare
la religione, ma di far passare il suo maestro Darwin
come un uomo pio. Il tentativo fallì, come può constatare
chiunque, il quale abbia letto quella relazione e
la lettera del Darwin ivi citata.
Questa lettera affermava tutto il contrario di quello
che essa doveva dire secondo il professor Häckel,
certamente con espressioni prudenti e circospette, perché
Darwin aveva riguardo alla “Pietà” dei suoi connazionali,
gli inglesi, e perciò non s’arrischiava mai di
esprimere pubblicamente l’opinione sua sulla religione.
Darwin aveva detto privatamente al dottor Büchner,
come si seppe poco dopo il congresso di Weimar,
che egli non era più credente da quando raggiunse
il quarantesimo anno di età, – e quindi fino
dal 1849, – perché non aveva scoperta alcuna prova
per la fede. Darwin poi, negli ultimi anni della sua
vita, fondò a New-York un giornale ateistico.
Insieme col professore Wirchow, si scaglia contro
Darwin e il darwinismo anche il dottor Dühring in
modo assai violento. Per riuscirvi, costui si foggia un
darwinismo alla suamaniera, per combatterlo con armi
prese in parte a prestito dal darwinismo stesso.
Se si può spiegare con l’applicazione sapiente delle
leggi naturali l’origine e la causa delle trasformazioni
dei generi e anche delle specie nelmondo animale e
vegetale – trasformazioni che si manifestano in modo
evidentissimo – queste riusciranno alla fine – una volta
che si applichino le leggi dell’evoluzione alla educazione
dell’uomo – riusciranno, ripetesi, a fissare e determinare
alcune qualità fisiche e morali che gli renderanno
possibile l’armonico sviluppo.
* * *
Le donne, in virtù della tendenza naturale al perfezionamento,
tendenza in loro vivissima, devono lottare
con l’uomo anche sul campo dell’intelligenza, e
non devono aspettare, finché piaccia agli uomini, di
sviluppare le loro funzioni cerebrali. Questa tendenza
è già notevole. Qua e là le donne hanno rimossi molti
ostacoli e corrono all’arringo intellettuale; in alcuni
paesi con singolare successo, e specialmente nell’America
settentrionale e nella Russia, due paesi che, per la
loro organizzazione politica ed anche per le loro condizioni
sociali, sono agli antipodi. Così nell’America
settentrionale come nella Russia, vi sono molte donne
che professano la medicina, parecchie delle quali godono
gran fama ed acquistarono grande clientela (111).
Non v’ha dubbio che la donna, della quale ti mettono
ovunque in rilievo le attitudini di infermiera, abbia
anche una particolare attitudine allamedicina. Inoltre,
per le nostre donne, sarebbe un grande beneficio
quello di farsi curare da medichesse, perché il fatto
che esse devono chiamare gli uomini in caso dimalattia
ed in tutti i disturbi fisici che si collegano alla generazione
costituisce spesso un ostacolo a che i soccorsi
dell’arte medica arrivino in tempo. Di qui una
infinità di dispiaceri non solo per le donne, ma anche
per gli uomini. Non v’è medico il quale non deplori
questo riguardo, alle volte colpevole, nelle donne, e la
loro ripugnanza a confessare francamente il loro male.
Ciò si comprende, solamente è illogico che gli uomini
e perfino i medici non vogliano riconoscere che lo
studio della medicina è adatto alla donna. Il quale studio
sarebbe utile anche per ciò che, specialmente nelle
campagne, si sente il bisogno di medici, mentre la
nostra gioventù borghese, rifuggente dalle serie applicazioni,
non si dedica con troppo entusiasmo all’esercizio
dell’arte salutare. Dato il poco zelo di questa gioventù
nell’apprendere – poco zelo che fu dimostrato
dai risultati degli esami – la concorrenza femminile
sarebbe molto benefica.
Gli Stati Uniti porgono a questo proposito parecchi
esempi. Ivi prosperano, con grande orrore dei
nostri conservatori, dotti e indotti di entrambi i sessi,
delle università ove si perfezionano maschi e femmine
in gran numero. Ed eccone i risultati. Il signorWhite,
rettore dell’università di Michigan, riferisce: “Il migliore
fra mille e trecento studenti nella lingua greca,
è da molti anni una ragazza; il migliore fra gli studenti
di matematica in una delle classi più numerose del
nostro istituto, è egualmente una ragazza, e parecchi,
fra i migliori studenti di scienze naturali e di tutte le
altre scienze, sono pure delle altre ragazze”.
Il dottor Fairshild, rettore del collegio di Oberlin
nell’Ohio, ove studiano più dimille scolari d’entrambi
i sessi, dice: “Durante la mia pratica di otto anni quale
professore di lingue antiche – latino, greco, ebraico –
e nelle discipline filosofiche, nonchédurante undici anni
d’insegnamento delle matematiche pure ed applicate,
io non ho notata alcun’altra differenza fra i due sessi,
senonché nel modo di comportarsi”. Il signor EdoardoH.
Machill, preside del collegio di Swarthmore nella
contea di Delaware, autore del lavoro che ci fornisce
questi dati, dice che, dopo una esperienza di quattro
anni, egli è venuto a questo risultato: che l’educazione
in comune di ambo i sessi ha prodotto i migliori risultati
nei riguardi morali. Ciò va ricordato a coloro i
quali sostengono un pericolo per la moralità in tale
(111) Medichesse ed operatrici di gran fama vi erano già
nel nono e nel decimo secolo inArabia, ed anche nella Spagna
sotto il dominio degli Arabi, dove esse studiavano nella Università
di Cordova. A quel tempo la donna era nell’impero
Arabo-Maomettano assai più libera di quello che sia oggi in
Oriente, il che è dovuto a Maometto, il quale introdusse dei
sostanziali miglioramenti nella sua condizione sociale. Però
l’influenza asiatica, persiana e turca ha pregiudicato ed avvilito
più tardi la posizione della donna in Oriente. Nella storia della
civiltà in Oriente del Kremer, si possono leggere, a questo
proposito, delle interessanti comunicazioni.Anche a Bologna
ed a Palermo nel XII secolo vi erano donne che studiavano
medicina. Nota diA. Bebel.
90
educazione. Prima però che la ragione si faccia strada
in Germania, bisognerà tagliare ancora molte code.
Negli Stati Uniti alle donne è offerta occasione di distinguersi
nei campi più svariati della scienza e, fra gli
altri, specialmente anche in quello delle scoperte.
Per esempio, i giornali dell’America settentrionale
pubblicarono un elenco di inventrici, che non è per
nulla completo, dal quale elenco appare che gli oggetti
seguenti furono inventati e notevolmentemigliorati da
donne: un filatoio; un telaio rotatore, che fa un servizio
tre volte maggiore di un telaio ordinario; uno strumento
per sciogliere le catenelle; un manubrio per le
viti, a vapore; un apparato di salvataggio per gli incendi;
un altro per pesare la lana, macchina questa
delle più sensibili e che è di un valore inapprezzabile
nell’industria della lana; un serbatoio d’acqua portatile
per spegnere gli incendi; un sistema per applicare il
petrolio in luogo della legna e del carbone come combustibile
nellemacchine a vapore; unamolla perfezionata
da locomotiva; un segnale per gli scambi delle
strade ferrate; un sistema per riscaldamento dei vagoni,
senza fuoco; un feltro lubrificatore per scemare
l’attrito (nelle strade ferrate); una macchina da scrivere;
un razzo segnalatore per la marina; un telescopio
per esaminare le profondità marine; uno strumento
destinato a consumare il fumo; una macchina per
piegare la carta, sacchi, e parecchie altre invenzioni
non meno notevoli, utili e ingegnose. Dei perfezionamenti
vennero introdotti, segnatamente nelle macchine
da cucire, per esempio un ripiego per cucire le
vele e panni grossolani; un apparecchio per infilare
l’ago mentre la macchina è in moto; un perfezionamento
delle macchine da cucire le pelli, ecc. Quest’ultima
scoperta venne fatta da una signora che conduce
da molti anni una selleria a Nuova-York. Il telescopio
marino, inventato dalla signora Mather e perfezionato
da sua figlia, è una invenzione della massima
importanza, perché rende possibile di esaminare
la chiglia delle grandi navi, senza bisogno di metterle
all’asciutto. Mediante un tubo si può da bordo esaminare
la chiglia immersa, segnalare gli ostacoli che impediscono
la rotta della nave, la presenza delle torpedini,
ecc.
Oltre a questi vantaggi pratici, l’applicazione della
donna anche alla scienza fa presagire notevoli
progressi.
Fra le macchine, che menarono gran rumore così
in America come in Europa per la straordinaria complessità
dei loro congegni e per la loro costruzione
geniale, ne va ricordata una per la fabbricazione dei
sacchi di carta.
Molti, e fra questi anche dei meccanici distinti,
tentarono indarno fino ad ora di costruirla, ed è una
donna, miss Maggie Knight, che la inventò; e fu parimenti
questa signora che ne costruì una simile per
piegare i sacchi, e che diresse i lavori d’impianto ad
Amherst nel Massachusetts. Le donne tedesche non
fecero nulla di simile fino ad ora, perché? Perché si
cerca, quanto è più possibile, di tenerle in una condizione
di tutela, anzi, l’indirizzo degli studi dato alle
donne è tale che si crede cosa sconveniente accoglierle
nelle cliniche mediche e nelle sale di chirurgia,
come in quelle dei parti, insieme agli studenti. Gli uomini
non trovano scandaloso di fare studi e ricerche
sulle malattie delle donne, anche in presenza delle infermiere
e di altre malate, e non vi è quindi ragione al
mondo perché altrettanto non si lasci fare alle studentesse.
Il maestro poi può, col suo modo di insegnamento,
influire sul contegno degli uditori e delle uditrici.
Vi sono anche delle donne animate da grande
serietà di propositi e d’altrettanta forza di volontà, le
quali, negli studi cui si applicano, superano la maggior
parte degli uomini, come è confermato dalla testimonianza
di parecchi insegnanti, i quali istruirono
insieme uomini e donne. Lo zelo delle studentesse supera
generalmente quello degli studenti.
Finalmente anche le medichesse, una volta istruite
– se si vuol assolutamente ritenere necessaria la separazione,
punto naturale, dei sessi – potrebbero, lo si
ripete, far da maestre alle loro compagne.
Ma, a dire il vero, sono ben altri i motivi addotti
dai professori di medicina, e particolarmente dai professori
delle Università, per osteggiare le studentesse.
Essi credono con ciò di avvilire la scienza, la quale
potrebbe scapitare agli occhi della moltitudine indotta,
se si dimostrasse che anche cervelli femminili possono
comprendere una scienza che a tutt’oggi era
schiusa soltanto agli eletti del sesso maschile.
L’organismo della nostra Università è difettoso e
manchevole non meno di tutta la nostra coltura, checché
si dica in contrario.
Come nelle scuole popolari è rubato al fanciullo il
tempo più prezioso, per rompergli la testa con cose
che non sono in accordo né colla ragione né colla
scienza; come viene caricato di una zavorra, che nella
vita non può impiegare, e che anzi gli arresta il più
delle volte il progresso e lo sviluppo, così avviene
anche nelle nostre scuole superiori. Negli istituti preparatori,
la mente degli scolari viene ingombrata di
aride ed inutili nozioni e di imparaticci che assorbono
la maggior parte del loro tempo e della loro energia
intellettuale; e così può dirsi nelle Università. Poco di
buono e di utile viene loro insegnato in paragone del
superfluo e dell’antiquato.
Le lezioni sono sempre quelle stesse che si leggono
nei vecchi quaderni di collegio; sicché l’alto ufficio
dell’insegnamento diviene per molti quasi un mestiere
e gli scolari non hanno bisogno di molta perspicacia
per accorgersene.
L’idea formatasi della vita universitaria fa sì che i
giovani non prendano troppo sul serio gli studi e chi
vuol prenderli sul serio trova ragione di scoraggiarsi
nella pedanteria disgustosa dell’insegnamento dei professori.
La decadenza degli studi è un fatto universalmente
osservato nelle nostre Università e nelle scuole
superiori, ed è tale da porgere argomento di riflessione
anche alle persone di idee moderate. In stretto rapporto
con ciò sta la razza dei gingillini che fa i più
grandi progressi nel nostro secolo privo di caratteri, e
penetra sempre più nelle nostre scuole superiori. Il
buon animo fa le veci della scienza; essere “patriota”,
vale a dire un uomo che non ha opinioni sue, ma si
rivolge sollecito all’alto e si studia di scoprire ove spira
il vento per prosternarsi davanti a qualche nume, è
91
tenuto in maggior pregio di un uomo di carattere, di
un pensatore e di uno scienziato. Quando poi arriva il
tempo degli esami, in un paio di mesi si impara affrettatamente
ciò che è strettamente necessario per cavarsela.
Una volta poi superato l’esame felicemente,
entrati in un impiego od abbracciata una professione,
il maggior numero di questi studenti continua a lavorare
meccanicamente, quasi per mestiere, ma se ne
hanno a male e si offendono se chi non ha frequentato
le scuole superiori non li saluta col massimo rispetto
e non li considera e tratta come specie umana diversa
e più nobile della sua. Tutti, o quasi, i nostri
così detti alti impiegati, procuratori del re, giudici,
medici, professori, artisti, ecc. non sono che altrettanti
manuali che non sentono alcun bisogno di studiare,
paghi soltanto di pascersi alla greppia. Soltanto
chi ha delle aspirazioni scopre più tardi quante cose
inutili ha imparato e quante non ne ha imparate che
erano necessarie, ed incomincia per la prima volta ad
imparare davvero. Negli anni più belli della vita gli insegnarono
molte cose inutili e dannose, ed ha bisogno
di un secondo periodo per eliminarle e salire fino all’altezza
delle idee del tempo; allora soltanto egli può
diventare un membro utile della società. Molti non
varcano il primo stadio, altri si arrestano al secondo,
pochi soltanto hanno l’energia di raggiungere il terzo.
Senonché il decoro esige che le anticaglie e gli inutili
imparaticci restino, e poiché le donne, perché tali, sono
escluse dalle scuole e dagli istituti preparatori, così
tale circostanza serve di comodo pretesto per chiudere
ad esse le porte delle Università.
Nel 1870 uno dei più illustri professori di medicina
di Lipsia fece francamente ad una signora questa
confessione: “la istruzione classica non è punto
necessaria per comprendere la medicina, ma si deve
farne una condizione dell’ammissione agli studi della
medesima, perché non ne soffra la dignità della
scienza”.
In Germania l'opposizione contro la necessità degli
studi classici per intraprendere quelli della medicina,
va a poco a poco facendosi notevole. I prodigiosi
progressi delle scienze naturali richiedono che si consacri
ad essi lo studio fino dall’età giovanile, ma il
metodo della istruzione ginnasiale colla sua preferenza
data alle lingue classiche, – greco e latino – costituisce
un tale ostacolo che gli studenti arrivano all’università
senza conoscere nemmeno quegli elementi
delle scienze naturali che, per alcuni rami di studio
come, per esempio, la medicina, sono di una importanza
capitale. Contro questo sistema unilaterale di insegnamento
comincia finalmente a sollevarsi opposizione
anche fra i professori, come è dimostrato da
una dichiarazione pubblicata da quattrocento maestri
delle scuole superiori germaniche nell’autunno del
1890.
All’estero, nella Svizzera per esempio, si è già data
una importanza capitale allo studio delle scienze naturali
e si è permesso a chiunque, sebbene non fornito
della così detta istruzione classica, l’accesso agli studi
della medicina, purché dia prova di conoscere le
nozioni elementari necessarie delle scienze naturali e
delle matematiche; ed altrettanto avviene nella Russia
e negli Stati Uniti. Il prof. Bischoff di Monaco, per
non raccomandare alle donne lo studio della medicina,
adduce questo motivo: La rozzezza degli studenti.
Questo professore in altro punto – caratteristico anche
questo – del suo lavoro, così si esprime su questo
argomento: “Perché non si dovrebbe permettere
(come professore) ad una donnina interessante, intelligente
e graziosa di farsi dare una lezione sopra qualche
disciplina non insidiosa?” Un’idea che il signor de
Sybel condivide ed esprime così: “Pochi uomini furono
in grado di negare l’aiuto e la cooperazione loro ad
una scolara zelante ed amabile”. Guai a chi volesse
contraddire tali “ragioni” e idee. Verrà tempo in cui
non ci si darà pensiero né della rozzezza degli “studenti”
né dello spirito reazionario e del sentimentalismo
dei maestri; ma si farà quello che richiedono la
ragione e la giustizia.
I pregiudizi tradizionali, di cui sono malate l’Europa
e particolarmente laGermania, dominano assaimeno
nell’America del Nord. Qui molte donne esercitano la
medicina, insegnano, rendono giustizia, entrano negli
istituti per gli studi superiori, occupano posti importantissimi
negli uffici comunali e governativi, e rappresentano,
nel ramo dell'istruzione, il nerbo dell’esercito
degli insegnanti.
Il numero delle medichesse supera negli Stati Uniti
le 2000, fra le quali, quasi un centinaio, sono professori.
Nello Stato di Iowa, pochi anni or sono, vi erano
già 125 medichesse, e cinque avvocatesse. In complesso,
nelle scuole superiori dell’America settentrionale,
il numero delle studentesse supera le 18 mila.
Oltre che negli StatiUniti, la carriera degli studi è aperta
alle donne in Inghilterra, in Francia, in Italia, nella Spagna,
nella Svezia e Norvegia. A Londra, a New-York,
a Filadelfia ci sono scuole superiori per le donne che
intendono esercitare la medicina. Anche in Russia si
hanno, nei riguardi della donna, idee assai più liberali
che in Germania. Molte signore russe si dedicarono
con successo ai vari rami degli studi scientifici. In
Russia, lo zar permise, nel 1872, dopo molte insistenze,
la fondazione di una facoltà dimedicina per le donne.
I corsi della facoltà medica vennero frequentati da
959 studentesse nel periodo dal 1872 al 1882, e di
queste 281 fino al 1882, 350 fino al 1884 erano state
licenziate; di esse poi quasi un centinaio si recarono a
Pietroburgo. Fra le studentesse che frequentarono le
facoltà di medicina fino al 1882, 71 (e cioè il 9,0 per
cento) erano maritate; 13 (cioè l’1,6 per cento) vedove;
e 116 (15,9 per cento) quelle che andarono a marito
durante gli studi.La maggior parte di tali studentesse,
cioè 214, erano figlie di nobili e di impiegati;
138 erano figlie di commercianti e di grossi borghesi;
107 di militari, 59 di preti, ecc.; 54 appartenevano ai
ceti più bassi della popolazione.
Delle 281 dottoresse che avevano compiuto i loro
studi fino al 1882, 62 furono invitate da parecchi Sem-
(112) Semstwos, in russo zemstvo: erano come dei governatorati
locali ai tempi degli zar, una sorta di assemblee che
rappresentavano la nobiltà e la borghesia locale, abolite con la
rivoluzione d'Ottobre 1917.
92
stwos (112), 54 trovarono impiego nelle cliniche, 12
lavorarono in qualità di assistenti nelle scuole dimedicina,
e 46 si diedero ad esercitare privatamente la
medicina.E’ degno di nota il fatto che più del 52%
delle studentesse non conoscevano né il latino, né il
greco; il che non impedì loro di fare il proprio dovere
al pari degli uomini. Nondimeno i circoli governativi
in Russia erano punto favorevoli ad aprire alle donne
la via degli studi, finché il ghiaccio della indifferenza
non fu rotto dai grandimeriti che seppero farsi le donne
in qualità di medichesse durante la guerra russo-turca
del 1877-78.
Lo studio delle donne in Russia si diffuse notevolmente
fino dal principio del 1880, perché da allora
migliaia di scolare si dedicarono allo studio degli svariati
rami del sapere, ma considerando che in talmodo
si facevano strada idee più liberali, che minacciavano
di diventare pericolose per il dispotismo, le scuole di
medicina vennero soppresse con Ukase del 1° maggio
1885, dopo che già si era cercato con ogni sforzo
di rendere più grave e difficile la vita alle donne che
studiavano (113).
Le donne in Isvizzera hanno fatto pure notevoli
progressi nel ramo degli studi durante i due ultimi
decenni, frequentando specialmente le Università di
Zurigo e di Berna. Basilea ha precluso fino ad oggi
alle donne l’accesso agli studi, e Genf [Ginevra, NdR]
fu poco frequentata da esse. Nell’inverno del 1885-
86, 48 donne studiavano a Zurigo, 16 delle quali erano
svizzere, distribuite così: 1 agli studi legali, 28
alla medicina e 19 alla facoltà di filosofia. Nello stesso
periodo di tempo a Berna studiavano 57 donne,
13 delle quali erano svizzere, 42 studiavano medicina
e 15 filosofia. Le straniere erano russe generalmente;
ma anche la Germania vi dà un contingente
notevole. Nella primavera del 1878, una studentessa
russa sostenne a Berna gli esami, distinguendosi specialmente
nella matematica, per modo che la facoltà
di filosofia le conferì ad unanimità il diploma di dottore
a pieni voti.Altrettanto accadde alcuni mesi più
tardi ad una signora austriaca laureatasi in medicina
nella Università Bernese, e verso la fine del 1887 l’Accademia
delle Scienze di Parigi conferì alla signora
S. v. Kowalewsky il primo premio nelle matematiche.
Questa signora ebbe una cattedra di matematica
a Stoccolma.
In Germania, lo Stato non solo non ammise fino
ad ora le donne agli studi, ma anche nei pochi casi in
cui le impiegò, le trattò come una forza produttiva da
sfruttare, perché vengono pagate per le stesse prestazioni
assai meno dell’uomo.
Ora, siccome l’uomo, già nelle presenti condizioni,
si trova di fronte alla donna come davanti ad un
concorrente, la osteggia doppiamente se il suo lavoro
corre rischio di essere vinto e superato da un altro
lavoro più a buon mercato, d’onde la difficoltà delle
condizioni della donna.Aciò si aggiunga che ilmilitarismo
in Germania fa concorrere ogni anno agli impieghi
tanti sottufficiali fuori di servizio e tanti ufficiali
esclusi dall’esercito, che non vi è più alcun posto
libero per altri, e perciò le donne che vi trovavano
impiego, ne vennero per la maggior parte rimosse.
Nemmeno possono disconoscersi i gravi inconvenienti
derivati dall’eccesso di lavoro imposto dallo Stato e
dai privati alle donne, inconvenienti tanto più gravi,
nel caso che le operaie debbano compiere anche i doveri
domestici. Come la economia privata si trova in
conflitto colle esigenze create dalla vita a milioni di
donne, così le condizioni generali dell'economia pubblica
si trovano in conflitto con la dignità umana della
grande maggioranza.
Le donne danno prova ogni anno più di avere attitudini
e capacità quanto l’uomo, malgrado la trascurata
educazione, e di essere in grado di sostenere
la lotta coll’uomo in molti rami dell’attività umana.
Scrittrici ed artiste valenti non mancano, come non
mancano fra esse dei rappresentanti di altri elevati
uffici. Ciò porge argomento di rispondere ai reazionari,
che non si può negare ad esse l'eguaglianza giuridica.
E’ fuori di dubbio, che, nelle presenti condizioni
sociali, né le donne, né gli uomini hanno raggiunto,
a questo riguardo, la meta. L’insinuarsi che
fanno le donne con sempre maggiore energia negli
impieghi più elevati – il che riesce possibile soltanto
ad una minoranza – può alla fine esercitare la stessa
influenza che nel campo dell’industria.Anche in questi
uffici più elevati, la donna viene pagata proporzionalmente
meno dell’uomo, a misura che la sua concorrenza
fa aumentare l’offerta. Noi sappiamo di un
caso, in cui una donna doveva succedere nel posto
occupato prima da un insegnante, ma colla metà dello
stipendio. E’ una pretesa certamente vergognosa, ma
perfettamente giustificata dai principi dominanti nel
mondo borghese, e fu accettata per forza di circostanze.
E’ certo pertanto che per le donne non può
sorgere speranza d’un migliore avvenire, non rattristato
cioè dalla miseria, perciò che ad esse si aprono
le porte degli impieghi e degli uffici più elevati. Assai
più di questo si deve fare.
(113) Tempo nuovo, 1884; pag. 155 e segg.: Lo studio delle
donne in Russia. Nota di A. Bebel.
Quando un ceto od una classe è economicamente
e socialmente soggetta ad un’altra, questa soggezione
trova sempre la sua espressione nelle leggi del
paese. Le leggi non sono altro che la condizione sociale
di un paese tradotta ed espressa in un certo
numero di precetti giuridici, rispecchianti cotesta
condizione. Le donne considerate come sesso sog-
La posizione giuridica e politica della donna.
getto e dipendente, non fanno eccezione a questa
regola. Le leggi sono negative e positive. Negative
in quanto, nella distribuzione dei diritti, non accen93
nano agli oppressi come se essi non esistessero,
positive in quanto ne consacrano lo stato di soggezione
e sanciscono delle eccezioni.
Il nostro diritto comune è basato sul diritto romano
che considerava l’uomo soltanto come un essere
capace di possesso. Tuttavia l’antico diritto germanico,
che aveva della donna un concetto più dignitoso,
ha conservato in qualche modo la sua efficacia. Al
contrario, presso i popoli latini, il concetto romano
del diritto predomina anche oggi, particolarmente poi
nei riguardi della donna. Non è un caso che nella lingua
francese l’uomo e ilmarito vengano designati con
una stessa parola. Il diritto francese conosce come
uomo soltanto il marito. Era altrettanto a Roma, dove
si conoscevano cittadini romani e mogli di cittadini
romani, ma non si conoscevano cittadine. Sarebbe
superfluo aprire il libro variopinto dei molti diritti comuni,
specialmente tedeschi; pochi esempi basteranno.
Secondo il diritto comune germanico, la donna
trovasi da per tutto nella condizione di tutela rimpetto
all’uomo; il marito è il padrone ed a lui essa deve obbedienza.
Se disobbedisce, il diritto prussiano conferisce
al marito di più bassa condizione il diritto di punirla
con una pena afflittiva corrispondente.
Vi possono essere però anche uomini distinti ed
altolocati i quali usurpano ed esercitano tale diritto. E
siccome non sono determinati né la forza né il numero
delle bastonate, il marito rimane arbitro assoluto. Il
vecchio diritto della città di Amburgo sancisce: “E’
permesso al marito di infliggere una giusta punizione
allamoglie, ai genitori di punire i figliuoli, aimaestri di
punire gli scolari, ai padroni i servi”.Anche in Germania
si incontrano spesso disposizioni identiche. Secondo
il diritto comune prussiano, il marito può inoltre
prescrivere allamoglie quando debba smettere l’allattamento.
Quando occorra di pigliare dei provvedimenti
pei figli, è il marito quegli che decide. Morto il
marito, la moglie deve per lo più accettare un tutore
per i figli, viene dichiarata minore ed incapace a provvedere
da sola alla educazione della prole, anche nel
caso che essa sola ne curi il mantenimento col suo
patrimonio e colla sua attività. Generalmente, è il marito
l’amministratore della sua sostanza, la quale, in
caso di concorso, viene per lo più considerata come
sua e messa a disposizione dei creditori, se manca un
contratto precedente al matrimonio che le garantisca i
beni. Là dove è in vigore il diritto di primogenitura per
la proprietà immobiliare, la moglie non ne può entrare
in possesso, sebbene primogenita, quando vi sono
maschi e fratelli; allora soltanto acquista il diritto a
succedere quando non vi siano fratelli. Essa non può
esercitare i diritti politici che hanno di regola il loro
fondamento nella proprietà fondiaria, eccetto che in
alcuni casi, come in Sassonia, ove le ordinanze del
paese le accordano il diritto elettorale in quanto possiede,
ma non quello della eleggibilità. Se essa poi ha
un marito, tutti i diritti passano in lui. In Sassonia pare
che le donne siano anche eleggibili sotto certe condizioni,
perché nell’autunno del 1889, stando alle relazioni
dei giornali, tre donne furono elette consiglieri
comunali. Nella maggior parte degli Stati, la donna
può contrattare soltanto col consenso delmarito, tranne
il caso in cui si tratti di affare suo proprio, nella
quale ipotesi la nuova legislazione le consente di far
valere le sue ragioni anche senza l’assistenza del marito.
Però la donna è esclusa dai pubblici affari. La
legge federale prussiana proibisce agli scolari ed agli
apprendisti che non hanno raggiunto il diciottesimo
anno, nonchè alle donne, di far parte di società politiche
o di partecipare a comizi d’indole politica.Ancora
pochi anni or sono, le donne non potevano accedere
ai tribunali per assistere come uditori ai pubblici dibattimenti,
essendovi ordinanze che ne facevano loro
divieto. Una donna chemetta alla luce un figlio illegittimo
non ha diritto agli alimenti se essa ha ricevuto
doni da chi la fecondò durante il periodo della gravidanza.
Se si pronuncia la separazione, la donna deve
portare il nome del marito a perenne ricordo di lui,
fuorché nel caso che si rimariti.
Queste prove possono bastare. In Francia le cose
sono ancora peggio. Abbiamo già esposto come si è
risolta la questione della paternità in caso di prole illegittima.
A quella questione si collega l’altra, che la
donna in caso di adulterio da parte del marito non può
agire senz’altro per far pronunziare la separazione di
letto e mensa, perché l’adulterio deve essersi verificato
sotto gravissime circostanze. Al contrario, il
marito può chiedere subito la separazione.Altrettanto
avviene nella Spagna, nel Portogallo, e in Italia. Secondo
l’articolo 215 del codice civile, la moglie non
può comparire in giudizio senza il consenso del marito
e di due parenti a lei più prossimi, e ciò anche nel
caso che essa eserciti il commercio. Secondo l’art.
213, il marito deve proteggere la moglie, e questa gli
deve obbedienza. Il marito ne amministra i beni ecc.
Identiche disposizioni sono in vigore nella Svizzera
francese, per esempio nel Cantone di Waadt. Sul
concetto di Napoleone I relativamente alla posizione
della donna corre un motto caratteristico: “in primo
luogo non è francese una donna che può fare ciò che
le piace” (114).
La condizione giuridica della donna si è notevolmente
migliorata in Inghilterra sino dall’anno 1882
anche per effetto di una energica agitazione provocata
dalle donne nel paese e in parlamento. Per il passato
la donna inglese era la schiava delmarito il quale poteva
disporre a suo piacimento così della sua persona,
come della sua sostanza. Il marito era responsabile
dei reati commessi dalla moglie in sua presenza, perché
essa era considerata come assolutamente incapace.
Se essa recava danno ad alcuno, si giudicava come
se il danno fosse stato commesso dagli animali domestici
ed era il marito che doveva risponderne. Secondo
un sermone pronunciato nel 1888 dal vescovo I.N.
Wood nella chiesa di Westminster, ancora cent’anni
fa la donna non poteva sedersi a mensa né parlare
finché non era interrogata. Sopra il letto si appendeva
una buona frusta che ilmarito poteva adoperare quando
la sposa era di cattivo umore. Soltanto le figlie dovevano
ubbidire ai suoi comandi, i figli non vedevano in
lei che una serva. La donna venne parificata all’uomo
(114) Bridel: Puissance maritale. Nota diA. Bebel.
94
nei diritti civili per legge nell’agosto 1882.
Fra tutti gli Stati europei, quello ove le donne sono
trattate più liberamente è la Russia, e ciò si deve in
parte alle istituzioni comunistiche là ancora vive, in
parte, alla tradizione. Il comunismo è lo stato sociale
più favorevole alle donne, come è dimostrato da ciò
che abbiamo esposto sui tempi del diritto materno.
Negli StatiUniti acquistarono la piena eguaglianza giuridica
– almeno nella maggior parte degli Stati – e riuscirono
anche ad impedire che fossero introdotte le
leggi inglesi od altre sul meretricio (115).
La evidenza palmare della ineguaglianza giuridica
delle donne rimpetto agli uomini, ha fatto sorgere fra
quelle più progredite l’aspirazione all’acquisto dei diritti
politici allo scopo di raggiungere l’eguaglianza giuridica
mediante la legislazione. E’ il concetto stesso
che diede motivo anche alla classe operaia di promuovere
ovunque delle agitazioni per la conquista dei diritti
politici. Ora ciò sembra un diritto per la classe
degli operai, non può non essere tale per le donne.
Oppresse, poste fuori dalla legge, esse hanno non solo
il diritto, ma anche il dovere di difendersi e di far uso
di ogni mezzo che giovi a conquistare loro una posizione
più indipendente. E’ naturale che i reazionari
osteggino queste aspirazioni e questi sforzi. Esaminiamo
un po' con quale diritto.
La grande rivoluzione francese che distrusse tutto
il passato e sciolse le catene che inceppavano il pensiero
e la coscienza chiamò sulla scena anche le donne.
Molte di queste avevano già partecipato vivamente,
nei due ultimi decenni che precedettero lo scoppio
della rivoluzione, alla grande battaglia intellettuale che
si combattè violentemente nella società francese. Esse
accorrevano numerose alle discussioni scientifiche,
facevano parte dei circoli politici e scientifici e concorrevano
da parte loro ad apparecchiare la rivoluzione,
nella quale le teorie e le dottrine dovevano tradursi
in fatti. La maggior parte degli storici hanno preso
atto soltanto degli eccessi della rivoluzione travisandolimostruosamente
come usa sempre quando si tratta
di accusare il popolo e di destare raccapriccio, per
poter poi mascherar meglio le infamie dei potenti.
Cotesti storici hanno quando rimpicciolito, quando
passato sotto silenzio l’eroismo e la magnanimità di
cui hanno dato prova a quel tempo non poche donne.
Finché i vincitori scriveranno la storia dei vinti, sarà
sempre così.
Già nell’ottobre del 1789 centinaia di donne presentavano
all’assemblea nazionale una petizione nella
quale chiedevano “fosse ristabilita l’eguaglianza fra
l’uomo e la donna, libertà di lavoro e di occupazioni, e
collocamento in quegli uffici che fossero adatti alle
loro attitudini”.
Quando la Convenzione del 1793 proclamò i diritti
dell’uomo, le donne avvedute riconobbero che si trattava
soltanto dei diritti degli uomini, ai quali vennero
contrapposti da Olimpia de Gouges, da Luigia Lacombe
e da altre i “diritti della donna” in diciasette articoli
così giustificati davanti alla Comune di Parigi nel 28
brumaio (20 novembre 1793): “Se la donna ha il diritto
di salire il patibolo, deve avere il diritto di salire la
tribuna” (116). Naturalmente queste domande non
vennero esaudite. Quando la convenzione, di fronte
alla reazione europea, dichiarò “la patria in pericolo” e
chiamò tutti gli uomini atti alle armi affinchè accorressero
a difendere la patria e la repubblica, animose
donne di Parigi si offersero di fare quello che venti
anni più tardi fecero sul serio le donne prussiane contro
il dispotismo napoleonico, e cioè di difendere la
patria colle armi in pugno. Il radicale Chaumette (117)
si fece loro incontro gridando: “da quando mai è permesso
alle donne di rinnegare il loro sesso e di fare da
uomini? da quando mai vi è il costume di vederle abbandonare
le faccende domestiche, la cura dei figli
per scendere nelle piazze, arringare la folla, arruolarsi
nelle file dell’esercito, insomma per compiere i doveri
che la natura non ha imposto che all’uomo? La natura
disse all’uomo: sii uomo! La corsa, la caccia, l’agricoltura,
la politica, le applicazioni d’ognimaniera sono
privilegio tuo!Al contrario la natura disse alla donna;
sii donna! La cura dei tuoi bambini, la custodia della
casa, le soavi inquietudini della maternità, ecco le occupazioni
tue! Incaute, perché volete diventar uomini?
Non sono forse gli uomini divisi abbastanza? di
che cosa avete bisogno? In nome della natura, restate
ciò che siete, e ben lontane dall’invidiarci i pericoli di
una vita tanto procellosa, accontentatevi di farceli dimenticare
in grembo alle nostre famiglie, lasciando
riposare i nostri occhi sullo spettacolo inebbriante dei
nostri figli che le vostre tenere cure rendono felici”.
Le donne si lasciarono persuadere e se ne andarono.
Il radicale Chaumette riuscirà certo molto gradito
alla maggior parte dei nostri uomini che, del resto,
hanno di lui un sacro orrore. Ora crediamo anche noi
che sia una divisione di lavoro conveniente quella per
(115) Meretricio: la pratica della prostituzione.
(116) Olimpia de Gouges (pseudonimo di Marie Gouze,
1748-1793), drammaturga francese, visse durante la rivoluzione
francese partecipandovi nel club dei Girondini. Celebre per
la commedia intitolata “L’Esclavage des Noir ou l’heureux
naufrage”, scritta nel 1786, mentre nel 1788 ha pubblicato le
“Riflessioni sugli uomini negri”, contro la schiavitù.
E’ nota, in particolare, per aver scritto la “Dichiarazione
dei dirittti della donna e della cittadina” (1791), sulla traccia
della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, che in realtà non fu
accolta dal governo rivoluzionario, preceduta dalla Nécessité
du divorce, scritto nel 1790, rivendicando per l’appunto il
divorzio. Il 3 novembre 1793 fu ghigliottinata, come molti altri
membri del club dei girondini, perché si era opposta pubblicamente
all’esecuzione di Luigi XVI.
(117) Pierre-Gaspard Chaumette (pseudonimo Anaxagoras),
1763-1794, fu procuratore di Parigi durante la rivoluzione
; portaparola dei sans-coulotte, ha lottato per l’abolizione della
schiavitù.Nei confronti delle rivendicazioni femminili per l’eguaglianza
politica e sociale fra donne e uomini ebbe una posizione
nettamente reazionaria: si felicitò pubblicamente dell’esecuzione
di Olimpia de Gouge e di altre donne, accusandole di
voler andare “contro natura” invece di dedicarsi alla casa e ai
bambini.Membro del club dei Cordeliers, sostenitore della “decristianizzazione”
(il suo pseudonimo Anaxagoras lo riprese
dal filosofo greco che predicava l’ateismo), fervente partigiano
del Terrore nel 1793 dopo essersi opposto alla guerra e aver
sostenuto l’abolizione della pena di morte nel 1791-92, fu in
seguito arrestato e ghigliottinato per “cospirazione contro la
repubblica” e per aver “cercato di annientare ogni sorta di morale,
cancellare ogni idea di divinità e fondare il governo francese
sull’ateismo”. (vedi http://fr.wikipedia.org/wiki/Pierre-
Gaspard_Chaumette).
95
cui si lascia agli uomini la difesa della patria, alle donne
la cura della casa e del focolare. In Russia gli uomini
di tutti i villaggi vanno ad autunno inoltrato a
lavorare in opifici lontani, lasciando alle donne l’amministrazione
del comune e la custodia della casa. Del
resto, la chiacchierata del Chaumette non contiene che
delle frasi. Ciò che egli dice del lavoro faticoso del
contadino non regge, perché la donna non ebbe dagli
antichi tempi sino ad oggi la parte meno grave nella
coltura dei campi; e quanto alla corsa ed alla caccia,
si può obbiettare che queste applicazioni non sono
che un piacere per l’uomo, e la politica presenta pericoli
soltanto per coloro che vanno contro la corrente
perché, del resto, essa è fonte per gli uomini per lo
meno di altrettanto piacere, quanto di preoccupazioni.
E’ l’egoismo dell’uomo che parla in Chaumette,
ma egli parlava nel 1793.
Oggi le cose vanno un po' diversamente. Le condizioni
si sono mutate da allora, e di molto, determinando
anche unmutamento nella condizione della donna.
Maritata o no, essa ha un interesse nell’attuale
stato sociale e politico maggiore che non avesse in
passato. Essa non può rimanere indifferente se lo Stato
tiene ogni anno sotto le armi centinaia di migliaia di
uomini sani e vigorosi, se i Governi fanno una politica,
che favorisce o no la guerra, o quando si tratta di
imposte e di balzelli che si vogliono inasprire. Nemmeno
può esserle indifferente che le più urgenti necessità
della vita vengano rincarate da tasse, che favoriscono
l’adulterazione delle sostanze alimentari e
colpiscono tanto più duramente le famiglie quanto più
numerose esse sono, in un tempo in cui i mezzi di
sussistenza per la grande maggioranza sono assai limitati.
Anche ai sistemi educativi la donna è altamente
interessata non potendo esserle indifferente il modo
onde il suo sesso verrà educato in avvenire; e come
madre poi l’interesse è doppio.
Inoltre ci sono milioni di donne occupate in lavori
d’ogni maniera, le quali non possono non interessarsi
vivamente della nostra legislazione sociale. Le questioni
riflettenti la giornata di lavoro, il lavoro notturno,
il lavoro festivo e quello dei fanciulli, le mercedi e
il periodo del tirocinio, le misure di protezione nelle
fabbriche ecc.; riguardano la donna non meno che
l’uomo. Gli operai non hanno che una conoscenza
assai imperfetta, quando non è addirittura manchevole,
intorno allo stato di alcuni rami d’industria in cui le
donne sono occupate o esclusivamente o prevalentemente.
Gli imprenditori hanno tutto l’iteresse di tacere
gli inconvenienti ai quali essi dànno causa;ma l’ispezione
delle fabbriche non si estende ai rami d’industria
in cui sono occupate esclusivamente le donne;
ed è ancora troppo insufficiente, sebbene sia urgente
il bisogno di proteggere, specialmente in coteste industrie,
il lavoro delle donne.Vogliamo accennare soltanto
ai locali in cui, nelle nostre città più popolose, si
pigiano cucitrici, sarte, modiste ecc. Là donde nessuna
voce di protesta si leva, le visite e le ispezioni non
penetrano. Finalmente la donna è interessata come consumatrice
anche nelle leggi che regolano il commercio
e i dazi. Non v’è dubbio quindi che la donna ha
diritto di esercitare come legislatrice la sua influenza
sulle condizioni presenti. La partecipazione della donna
alla vita pubblica, darà a questa un impulso vigoroso
ed aprirà molti nuovi orizzonti.
Si obbietta che le donne non si intendono di politica,
che la maggior parte di esse non vogliono interessarsene,
né intendono di esercitare il diritto di voto.
Ciò è vero e non è vero. Pochissime donne, almeno in
Germania, osarono di chiedere anche l’eguaglianza
politica. Fino ad ora, soltanto la signora Hedwing
Dohm, per quanto sappiamo, si è fatta innanzi con
uno scritto energico (118).
L'affermazione che le donne presero fino ad ora
un debole interesse alla politica, non prova nulla. Se
esse non se ne curarono, ciò non prova che non possano
farlo; ed è notevole che nella primametà dell’anno
1860 si fecero valere contro il suffragio universale
cogli uomini le stesse ragioni che si adducono contro
il diritto di voto delle donne. L’autore di questo libro
apparteneva ancora nel 1863 a coloro i quali si pronunciarono
contro il suffragio universale in Germania,
al quale quattro anni più tardi egli dovette la sua
nomina a deputato.A mille altri accadde lo stesso, da
Sauli diventarono altrettanti Paoli (119). Vi sono pure
moltissimi i quali né esercitano i diritti politici, né intendono
di esercitarli, ma non è questa una buona ragione
per privarveli. Nelle elezioni in Germania il 40
per cento non va a votare, e cotesti astensionisti si
reclutano in tutte le classi, fra gli operai, come fra gli
scienziati. Ma di questo 60% che prende parte alle
elezioni, la maggioranza, secondo il nostro concetto,
vota come non dovrebbe votare se comprendesse i
suoi veri interessi, e non li comprende perché le manca
l’educazione politica, la quale, per altro, il 60%che
vota ha in grado maggiore del 40% che si astiene. Se
ne devono escludere però coloro che non accedono
alle urne perché non potrebbero votare liberamente,
secondo il loro convincimento, senza pericolo.
(118)MarianneAdelaide Hedwig Dohm, nata Schlesinger
(Berlino, 1831-1919), scrittrice e una delle prime femministe
tedesche; attribuì gli specifici comportamenti di genere ad influenze
culturali piuttosto che alla determinazione biologica.
Pubblicò parecchi saggi, commedie, racconti e articoli, in cui
costantemente rivendicava la piena parità giuridica, sociale ed
economica tra uomini e donne. Ardente pacifista, si oppose
come pochi altri intellettuali tedeschi alla prima guerramondiale
criticando il patriottismo sciovinista che imperversava in
Germania.
(119) Il riferimento è a Saulo di Tarso, passato alla storia
come Paolo di Tarso, cioè San Paolo. Saulo era il nome grecoebraico
(significava invocato, chiamato) datogli dai genitori,
Paolo è il nome latino che adottò dopo la sua "conversione" al
cristianesimo. Secondo gliAtti degliApostoli e la stessa testimonianza
di Paolo di Tarso nelle sue Lettere, Saulo, mentre da
Gerusalemme si recava a Damasco per reprimere le comunità
cristiane di quella città, fu colpito da una luce accecante, cadendo
a terra, e una voce (di Gesù Cristo) gli chiese: Saulo, Saulo,
perché mi perseguiti? Giunto a Damasco, rimase per tre giorni
cieco, senzamangiare né bere; soccorso e aiutato dalla comunità
cristiana in quei giorni fu, alla fine, battezzato dal capo della
comunità cristiana di Damasco,Anania. Da quel momento Saulo
di Tarso, persecutore dei cristiani, si converte in Paolo di
Tarso, missionario (apostolo) del credo cristiano tra gli ebrei e
le popolazioni del Mediterraneo orientale.
96
L’educazione politica non si forma col tenere lontane
le masse dai pubblici negozi, bensì col permettere
loro l’esercizio dei diritti politici. Nessuno diventa
maestro senza l’esercizio. Le classi dominanti vollero
conservare la grande maggioranza del popolo in uno
stato di incapacità politica, a tutto loro vantaggio. Fu
quindi compito delleminoranze di combattere energicamente
ed animosamente per gli interessi generali, di
scuotere l’inerzia della grande massa e di trascinarla
dietro a sé. Così è stato finora in tutte le grandi agitazioni,
e non deve quindi recar meraviglia e sconforto
che non sia altrimenti anche nella moderna agitazione
per il proletariato e per le donne. I successi ottenuti
dimostrano che gli sforzi e i sacrifici ebbero ricompense,
e l’avvenire ha in grembo la vittoria.
Quando le donne otterranno la parificazione dei
diritti cogli uomini, anche la coscienza dei doveri si
farà in loro più viva. Invitate a dare il loro voto, si
decideranno. Perché? Per chi? Comincerà allora un
periodo d’agitazioni che, ben lungi dal peggiorare i
rapporti fra uomini e donne, li miglioreranno. La donna
meno educata si rivolgerà naturalmente all’uomo
più educato, e ne seguirà uno scambio di idee, un
ammaestramento reciproco, e tale uno stato quale non
fu mai o assai di rado fra uomo e donna. Di qui ancora
nuove attrattive nella vita.Appianata sempre più la
differenza intellettuale e morale che porge così frequente
occasione a dissidi domestici e pone il marito
in conflitto coi suoi doveri con pregiudizio del pubblico
bene; creato della donna un essere non destinato
soltanto a servire da freno, ma un collaboratore animato
dalle stesse idee e dagli stessi sentimenti, la donna
sarà sprone per l’uomo nel compimento dei suoi
doveri, troverà naturale che parte del tempo disponibile
venga consacrato ai giornali e alla propaganda,
perché anche il giornale le serve di ammaestramento
e di passatempo, perché comprenderà essa la necessità
del sacrificio allo scopo di ottenere quello che
manca a lei, al marito ed ai figli – e cioè una esistenza
più degna dell’uomo.
In tal modo la mutua sollecitudine per il comune
bene, che è poi strettamente legata al benessere individuale,
avrà una influenza nobilitante e quindi effetti
del tutto contrari a quelli che la gente dalla vista
corta, ovvero i nemici di una convivenza basata sopra
la completa eguaglianza di tutti, vogliono presagire.
E questi rapporti fra i due sessi si faranno migliori
mano a mano che le istituzioni sociali sottrarranno
l’uomo e la donna alle cure materiali e all’eccessivo
lavoro. Qui, non altrimenti che in tutti gli
altri casi, l’esercizio e l’educazione porgeranno un
aiuto efficace; non si imparerà mai a nuotare se non
si va in acqua, come non si imparerà mai a parlare
una lingua straniera se non la si studia e se non ci si
esercita. Ciò si comprende da tutti, ma vi sono molti,
i quali non comprendono che ciò vale anche per
gli affari dello Stato e della società. Sono forse le
nostre donne più incapaci di quello che siano i negri
dell’America settentrionale ai quali venne riconosciuta
la piena eguaglianza politica? E deve una donna
intelligente non godere di quei diritti che godono l’uomo
più rozzo e ineducato o l’ignorante facchino della
Pomerania, ovvero un operaio della Polonia ultramontana,
soltanto perché il caso volle che costoro
nascessero uomini? Il figlio ha più diritti della madre,
dalla quale forse ereditò il patrimonio che lo fece
diventare quello che è. Strano in verità!
Inoltre noi in Germania non rischiamo più come i
precursori di cadere nel buio. L’America del Nord e
l’Inghilterra hanno già aperta la strada. In parecchi
Stati dell’America del Nord le donne hanno il diritto
elettorale al pari degli uomini e il risultato è ottimo.
Nel territorio diWyoming il diritto elettorale delle donne
venne messo alla prova già dal 1869. La seguente relazione
dà il miglior ragguaglio sull’effetto di questo
esperimento.
Ecco quanto scriveva il signor Kingmann dalla
città di Laramie nel territorio diWyoming al giornale
delle donne in Chicago (Women’s Journal) il 26 dicembre
1872:
“Sono già tre anni che nel nostro territorio le donne
acquistarono il diritto di voto nonché quello di concorrere
agli impieghi e agli uffici come gli altri elettori.
Durante questo periodo esse hanno eletto e vennero
elette a vari uffici, esercitando le funzioni di giurato
e di giudice di pace.
“Generalmente esse parteciparono a tutte le nostre
elezioni, e sebbene io creda che qualcuno di noi
non approvi in linea di principio l’ammissione delle
donne, ritengo che nessuno possa disconoscere che
questa ammissione all’esercizio del diritto elettorale
abbia esercitato una influenza educatrice. Essa fece
sì, che le elezioni procedessero calme e ordinate e
che nel tempo stesso i nostri tribunali fossero in caso
di impadronirsi di varie categorie di delinquenti che
erano rimasti fin qui impuniti.
“Quando, per esempio, il territorio fu organizzato,
non vi era quasi nessuno che non portasse il revolver
e non lo adoperasse al sorger della più piccola contesa.
Ricordo non pochi casi in cui un giurì composto
di uomini ritenne d’assolvere uno di quelli che avevano
sparato il revolver; ma con due o tre donne fra i
giurati questi si sono sempre uniformati all’istruttoria
dei Tribunali...”. Espone inoltre il signor Kingmann
che spesso le donne devono astenersi dal prendere
parte alla giuria a motivo delle loro occupazioni domestiche,
con vivo dispiacere dei giudici, ma quando
esse assumono una funzione, l’esercitano con molta
coscienza, prestano maggior attenzione all’andamento
della amministrazione della giustizia di quello che
gli uomini, anche se questi sono meno influenzati dagli
affari e da estranee occupazioni ed anche se sono
più scrupolosi in relazione alla loro responsabilità.
La presenza della donna fra i giurati e fra i giudici
ebbe anche questo effetto, che nelle sale di sessione
regnò più quiete e più ordine e gli uomini si comportarono
in modo più urbano e rispettoso; pareva che gli
spettatori fossero meglio vestiti e che le cause avessero
acquistato un carattere più dignitoso in ogni riguardo,
senza contare che venivano esaurite con maggior
speditezza.
Anche sulle elezioni pubbliche le donne avrebbero
esercitato la stessa influenza benefica, perché, mentre
prima le elezioni non avvenivano mai senza grossi
97
scandali, tumulti e violenze, con intermezzo di ubriachi,
assunsero, ammesse le donne, un carattere affatto
diverso. Le signore che venivano ad esercitare il
loro diritto elettorale erano trattate col più grande rispetto;
scomparivano gli importuni ed i chiassoni, sicché
le elezioni procedevano con la massima calma.
Inoltre le donne prendevano parte alle elezioni in numero
sempre crescente, e votavano non di rado in
senso contrario ai loro mariti, senza che ciò abbia mai
dato causa a nessun inconveniente.
Il Kingmann chiude la sua lunga lettera colle seguenti
notevoli parole: “Dichiaro altamente che mentre
vidi scaturire molti vantaggi e molto bene per la
vita pubblica dalmutamento della nostra legislazione,
non ho potuto scoprire né un male né un inconveniente,
malgrado tristi vaticini che gli avversari avevano
voluto trarre dall’ammissione delle donne alla
vita pubblica”.
Anche in Inghilterra, ove in un gran numero di
comuni le donne censite hanno il diritto di voto, non
si è mai verificato alcun inconveniente. Di 27.946
donne che avevano il diritto di voto in 66 Comuni,
presero parte alla prima elezione 14.415, e cioè più
del 50%. Di 166.781 uomini presero parte all’elezione
appena il 65%. Anche nel Cile le donne ottennero di
recente il diritto di voto. In Germania pure, per esempio
in Sassonia, le donne, eccezionalmente e sotto certe
condizioni, esercitano il diritto elettorale. Secondo le
ordinanze del paese la donna ha il diritto elettorale attivo
se è possidente e nubile. Nel caso poi che in un
comune vi sia una maggioranza di possidenti nubili,
queste potrebbero eleggere due terzi e fino a tre quarti
dei rappresentanti comunali, ma non potrebbero nominare
a consiglieri che degli uomini. Non appena la
donna va a marito, perde il diritto di voto, il quale
passa al marito; ma se l’immobile viene alienato, il
diritto viene perduto da entrambi. Dunque il diritto
elettorale non è personale, ma reale, in quanto cioè si
subordina al possesso. Ciò è molto istruttivo per la
moralità politica dominante e per il diritto vigente.
Uomo, tu sei nulla se non hai delle sostanze; intelletto
ed ingegno sono cose accessorie che di rado hanno
un valore.
Si dice altresì che il diritto di voto, se conceduto
alle donne, è pericoloso, perché la donna si lascia dominare
da pregiudizi religiosi e da idee conservatrici.
E’ verissimo; ma ciò dipende soltanto dalla sua ignoranza;
educatela, istruitela dunque in ciò che costituisce
i suoi veri interessi. Del resto si è voluto esagerare
l’influenza della religione nelle elezioni. Se la agitazione
reazionaria in Germania ebbe tanto successo,
ciò si deve unicamente al fatto che essa amalgamò
gli interessi sociali cogli interessi religiosi. Gli ultramontani
combattevano a gara coi socialisti democratici
per disvelare la corruzione sociale. Di qui la loro
influenza sulle masse. Finita la lotta per la civiltà, le
influenze del clero cattolico sulle masse va a poco a
poco scomparendo. Il clero è ormai costretto ad abbandonare
la sua opposizione contro i poteri dello Stato,
e, d’altra parte, questi sono costretti dal conflitto
sempre crescente fra le classi, ad avere riguardi alla
borghesia cattolica ed alla nobiltà, e ad osservare una
maggiore moderazione nel campo sociale.Ma con ciò
il clero và perdendo d’influenza sugli operai particolarmente
se, per riguardo ai poteri dello Stato ed alle
classi dominanti, li costringe ad approvare o tollerare
leggi ed azioni che sono in contrasto coll’interesse
della classe operaia. Il clero perde adunque la sua influenza
sociale e religiosa, ed altrettanto si dica per la
donna; perché quando essa apprenderà nei comizi e
dai giornali e imparerà per propria esperienza dove sta
il suo vero interesse, si emanciperà dal clero non meno
sollecitamente dell’uomo.
I nemici più fieri della concessione del diritto elettorale
alle donne sarebbero gli ecclesiastici, perché
quel diritto mette in questione il loro potere sull’ultimo
terreno, ove hanno esercitato fin qua incontestato
dominio. Non può essere poi una buona ragione, per
non concedere alla donna il diritto elettorale, la circostanza
che non se ne vedono subito effetti notevoli.
Che cosa direbbero gli operai, se i liberali volessero
abolire il suffragio universale – che torna loro molto
incomodo – perché giova ogni giorno più ai socialisti?
Il buon diritto non diventa cattivo solo perché chi ne
usa non ha ancora imparato a servirsene.
Si comprende da sé che il diritto passivo di elezione
deve andare unito al diritto attivo.
“Sarebbe bello vedere una donna alla tribuna del
Reichstag”, si grida. Noi ci siamo abituati a vedere le
donne perorare dalla tribuna nei loro congressi e nelle
loro assemblee, e nell’America settentrionale anche
dai pulpiti e sul banco dei giurati; perché dunque non
si dovrebbe ascoltarla anche a perorare dalla tribuna
del Reichstag? La prima donna che venisse in parlamento,
sarebbe senza dubbio tale che saprebbe imporsi.
Quando entrarono in parlamento i primi operai,
si credeva di poter motteggiarli, e si affermava che
essi si sarebbero ben presto accorti della pazzia che
avevano commesso.Ma i loro rappresentanti seppero
presto farsi rispettare al punto che oggi si teme che
essi siano per diventare troppi. Si ripetono stupidimotteggi
di questo genere: “Quanto sarà inestetica una
donna gravida, perorante dalla tribuna del Reichstag!”
Questi stessi signori però trovano perfettamente normale
che le donne gravide vengano impiegate in occupazioni
inestetiche, ove si calpesta e si perde dignità,
salute e moralità. Secondo noi è un uomo ben miserabile
quello che può far dello spirito sopra una donna
gravida. Quando pensasse soltanto alla madre sua che
fu gravida di lui, e alla donna sua pregnante, dalla quale
aspetta l’appagamento dei suoi più ardenti desideri,
dovrebbe sentirsi salire il rossore alle guance e ammutolire.
Se si badasse al piacere estetico che può
destare l’aspetto dei rappresentanti del popolo, vi sarebbe
più di qualche deputato il quale farebbe cattiva
prova. Eccovene uno straordinariamente corpulento,
il quale non deve già la pinguedine ai fini passeggieri e
importanti della natura, ma la deve ad una eccessiva
cura del proprio io, a scapito del carattere e della intelligenza.
La obesità è quasi sempre indizio di una
esistenza parassitica,mentre la gravidanza d’una donna
è indizio di salute fisica, e porge testimonianza del
coscienzioso soddisfacimento degli istinti naturali.Una
donna che partorisce, rende alla comunità almeno lo
98
stesso servizio di un uomo il quale difende colla sua
vita contro un nemico rapace la patria e il focolare.
Ma vi ha di più. La vita di una madre è in giuoco ad
ogni gravidanza; tutte le nostre madri hanno veduto in
faccia la morte ad ogni parto e molte fra esse non vi
sopravvissero. Il numero delle donne che muoiono di
parto o restano malate per le conseguenze di esso, è
verosimilmentemaggiore del numero degli uomini che
sul campo di battaglia muoiono o vengono feriti. Anche
per questo motivo la donna ha diritto alla piena
eguaglianza giuridica con l’uomo. Ciò sia detto specialmente
per coloro i quali adducono il dovere della
difesa della patria, incombente all’uomo, come un argomento
decisivo contro la donna. Si aggiunga che la
maggior parte degli uomini, nemmeno soddisfano a
questo dovere, per effetto dei nostri ordinamenti militari,
ed anzi per molti quel dovere non è che scritto
sui libri.
Tutte queste obbiezioni superficiali, sollevate da
chi nega l’attitudine della donna alla vita pubblica,
sarebbero trascurabili, se i rapporti dei due sessi fossero
naturali, se non esistessero antagonismi ingrossati
ad arte, e relazioni di padronanza e di servitù, ed
infine se non fossero socialmente separati già fino
dall’infanzia. E' al cristianesimo specialmente che si
deve cotesto antagonismo, per cui i sessi, costantemente
separati e tenuti nell’ignoranza l’uno dell’altro,
non possono avvicinarsi, intendersi e completarsi
a vicenda.
Uno dei compiti principali d’una società organizzata
razionalmente, deve essere quello di togliere questo
dissidio fatale e di reintegrare la natura nei suoi
diritti. Si comincia già nelle scuole a controperare alla
natura. Prima la separazione dei sessi, poi l’istruzione
sbagliata o assolutamente deficiente nelle materie che
riguardano l’uomo come essere sessuale. S’insegna,
è vero, in ogni scuola la storia naturale: il fanciullo
impara che gli uccelli fanno le uova e covano; egli
apprende anche quando comincia il tempo degli accoppiamenti:
che perciò sono necessari maschi e femmine,
che entrambi fabbricano il nido, covano ed han
cura dei nati. Egli impara altresì che i figli dei mammiferi
nascono vivi; ode parlare del periodo degli amori
e della lotta delmaschio per la conquista della femmina,
durante quel periodo; gli insegnano pure qual è il
numero ordinario dei nati e forse anche il periodo di
gestazione delle femmine, ma lo si tiene completamente
all’oscuro sull’origine del proprio sesso, che si
avvolge in un velo impenetrabile.
Quando poi il fanciullo cerca di appagare il suo
naturale desiderio di apprendere interrogando i genitori,
è raro ch’egli osi di rivolgersi al maestro, gli sballano
le frottole più sciocche, che non possono appagarlo
ed hanno una influenza tanto più funesta quando
un giorno egli arriva ad apprendere il modo ond’è
venuto al mondo. Sono pochi i ragazzi che non l’abbiano
imparato prima del dodicesimo anno. Si aggiunga
che in ogni piccola città e specialmente in campagna,
i fanciulli sono spettatori fin dai loro più teneri anni
dell’accoppiamento dei polli e degli animali domestici,
così nei cortili come sulla via e sui pascoli. I fanciulli
odono che il periodo degli amori, e l’atto della nascita
di vari animali domestici, sono fatti oggetto di importanti
discussioni da parte dei genitori, della servitù e
della famiglia. Tutto ciò fa nascere nel ragazzo il dubbio
che la spiegazione datagli dai genitori intorno alla
sua nascita non sia esatta. Arriva finalmente il giorno
in cui sa come e da chi nacque, ma lo viene a sapere
per vie completamente diverse da quelle per le quali
avrebbe acquistato quella stessa nozione se fosse stato
educato razionalmente. Il segreto del fanciullo produce
l’effetto di allontanarlo dai genitori e specialmente
dallamadre. Si ottiene dunque tutto il contrario di quello
che si voleva ottenere nascondendo scioccamente la
verità. Chi pensa alla fanciullezza propria e a quella di
suoi coetanei, sa quali conseguenze derivino da ciò.
Una signora americana scrive in un suo libro, fra l'altro,
che al figlio suo di otto anni, il quale continuamente
la interrogava sulla sua nascita, rispose manifestandogli
la sua vera origine, ritenendo immorale di
nascondergli la verità inventandogli delle frottole. Essa
racconta poi che il ragazzo l’ascoltò colla massima
attenzione e che dal giorno in cui egli apprese quali
cure e dolori egli cagionò a sua madre, le fu legato
con una tenerezza ed un rispetto prima inusitati, conservando
poi questo rispetto anche verso le altre donne.
L’autrice move dal concetto giustissimo, che soltanto
da una educazione conforme alla natura si possa
aspettare un miglioramento radicale e specialmente
un maggior rispetto dell’uomo per la donna (120).
Chi non ha pregiudizi verrà alle stesse conclusioni.
Da qualunque punto si parta per criticare le nostre
condizioni, si finisce sempre colmettere capo alla stessa
conclusione: essere necessaria una trasformazione
radicale delle condizioni sociali e, per mezzo di questa,
della posizione dei sessi. Siccome però la donna
abbandonata a se stessa, non raggiungerebbe la meta,
deve cercarsi degli alleati che si uniscano a lei nella
agitazione del proletariato, che è poi l’agitazione della
classe degli oppressi. Il ceto operaio ha già cominciato
da lungo tempo a combattere la tirannia delle classi
che comprende anche il predominio di un sesso sull’altro.
Questa fortezza rappresentata appunto dagli interessi
di classe deve essere circondata da ogni parte di
trincee e costretta alla resa con artiglierie di ogni calibro.
L’esercito combattente trova da ogni parte ufficiali
e le munizioni più adatte. L’economia pubblica e
le scienze naturali alleate con la critica storica, con la
pedagogia, coll’igene e colla statistica escono da varie
direzioni e porgono armi e munizioni.
Né la filosofia vuol rimanere indietro ed annunzia
nella “Filosofia della redenzione” delMainländer
la prossima realizzazione dello “STATO IDEALE”.
Ad agevolare la finale conquista dello Stato di classe
e la sua trasformazione, concorre lo scisma nelle
fila dei suoi difensori, i quali malgrado la comunanza
d’interessi contro il comune nemico, nella
lotta per la vita non cessano di combattere contro
(120)Womanhood: Its Sanctities and Fidelities by Isabella
Beecher-Hooker. Boston: Lee and Shepard, Publishesr. New
York: Lee Shepard and Dillingham, 1874. Nota diA. Bebel.
99
se stessi. Gli interessi di un partito sono in conflitto
cogli interessi dell’altro partito. Si aggiunga che
l’ammutinamento si fa sempre notevole nelle fila
dei nemici i cui combattenti, sangue del nostro sangue
e carne della nostra carne, se fino ad oggi combatterono
contro di noi e contro se stessi, lo fecero
o per malinteso, o per inganno altrui. E non ultimi a
disertare dalle fila degli avversari, sono uomini emminenti,
ed autorevoli, cui profondo sapere e alta
Il rapido sviluppo che la vita sociale ha preso negli
ultimi decenni in tutte le nazioni civili, sviluppo che
viene accelerato dai progressi in ogni campo dell’attività
umana, ha trasformati tutti i nostri rapporti sociali
per modo che ci troviamo oggi in uno stato di inquietudine,
di fermento e di decomposizione. Le classi
dominanti e gli individui sentono che il terreno vacilla
sotto di loro.
Un senso di malessere, di incertezza e di malcontento
si è impadronito degli uomini, così in alto come
in basso. Gli sforzi spasmodici che fanno le classi
dirigenti permettere fine a questo insopportabile stato
di cose, simanifestano inutili e insufficienti, e la poca
sicurezza che ne deriva concorre ad accrescere la inquietudine
ed il malessere. Non appena hanno introdotta
una trave sotto forma di qualche legge nel cadente
edificio, si scopre che altre ne sarebbero necessarie
in dieci altri punti. Perciò le classi dirigenti si
trovano sempre in conflitto fra loro per la varietà delle
opinioni e delle idee. Ciò che sembra necessario ad un
partito per acquetare e pacificare in qualche modo le
masse sempre più incontentabili, è considerato da un
altro partito come una debolezza imperdonabile e tale
da risvegliare soltanto il desiderio di concessioni ancora
maggiori. I governi – non soltanto in Germania –
oscillano come una canna al vento e mendicano protezioni
ed aiuti, senza di che non potrebbero esistere,
appoggiandosi ora ad un partito, ora ad un altro. Oggi
un partito è la incudine, l’altro il martello, e viceversa
domani l’uno demolisce ciò che l’altro ha costruito a
fatica. La confusione diventa sempre più grande e il
malcontento sempre più durevole; gli attriti crescono
e si moltiplicano, e in pochi mesi si esauriscono più
energie che prima in molti anni. Le esazioni, sotto forma
di gabelle e di imposte diverse, crescono a dismisura.
Inoltre i nostri uomini di Stato si cullano in una
grande illusione. Allo scopo di conservare il potere,
s’introducono preferibilmente e si elaborano quelle
forme di imposta e di gabella le quali non aggravano,
a loro avviso, le masse, perché queste nella loro ignoranza
meno se ne accorgono. Questo però è un grave
errore.
I poveri che devono sopportare questi pesi, non
solo ne comprendono la grande ingiustizia in conseguenza
della cresciuta educazione politica e intellettuale,
ma, nello stato miserevole della loro posizione,
Stato e Società
intelligenza spronano a sollevarsi sui piccoli interessi
di classe e sull’egoismo, ed a votarsi con la
mente accesa dal loro ideale alla redenzione della
umanità sofferente. Siccome ci sono ancora moltissimi
i quali non si accorgono che lo Stato e la
Società attraversano un periodo di trasformazione,
così è necessario dimostrarlo qui appresso, quantunque
ciò che vi era d’oscuro sia stato già eliminato
con quanto abbiamo scritto fin qua.
ne sentono tanto più sensibilmente la gravità quanto
più numerosa è la famiglia. Il rincaro dei generi di
prima necessità determinato dalle imposte e dai dazi
indiretti o da regolamenti che hanno lo stesso effetto
mentre profitta soltanto alla classe dei possidenti e
degli abbienti, rappresenta per la classe operaia non
altro che un aggravio ed una solenne ingiustizia e distrugge
in essa la fede nel sentimento della giustizia e
dei poteri costituiti. Né cangierà per nulla l’effetto finale
la circostanza che tale sistema di pubbliche imposte
serva a far quattrini. L’aumento delle spese è
tanto evidente che alla fine tutti se ne accorgono. Non
si possono togliere dalle tasche dei contribuenti centinaia
e centinaia di milioni senza che i proprietari di
queste tasche si accorgano di tale alleggerimento. Il
malcontento dei diseredati per la gravezza eccessiva
delle imposte dirette si rivolge contro lo Stato e per le
imposte indirette specialmente contro la società, perché
riconosce il male come sociale. Ecco il progresso.
“Quando gli dei vogliono rovinare un uomo, lo
fanno diventare cieco”.
Nei tentativi fatti per conciliare e comporre gli interessi
in conflitto, si accumulano organizzazioni sopra
organizzazioni, ma nessuna delle antiquate viene
tolta, come nessuna delle nuove introdotta; sicché tutto
si riduce ad espedienti che non riescono ad appagare
alcuno.Alle esigenze ed ai bisogni della civiltà sempre
crescenti e più vivi nel popolo si ha qualche riguardo
poiché non tutto può arrischiarsi, ma intanto
la via della civiltà viene seminata di vittime tanto più
numerose quanto più il nostro organismo politico è
invaso da per tutto da una folla di parassiti. Se non
che, non solo si conservano, ma anzi vanno sempre
estendendosi, per ragioni dei contrari, tutte le istituzioni
improduttive e quelle contraddicenti ai fini della
civiltà, e diventano poimoleste ed oppressive, quanto
l’intelletto più educato e più colto le dichiara superflue
ed inutili. Polizia, esercito, giustizia, carceri
sono organismi che vanno sempre più dilatandosi e
diventando perciò più dispendiosi; ed altrettanto si
dica di tutti gli organi amministrativi; ma non aumenta
perciò la sicurezza interna ed esterna, anzi
avviene tutto l’opposto.
Si è quindi venuto formando nei rapporti internazionali
dei singoli popoli uno stato di cose non conforme
a natura. Tutti i progressi della civiltà, l’aumento
degli scambi, il prodigioso sviluppo dei mezzi
100
di trasporto, le conquiste economiche e scientifiche
sono una prova dei rapporti sempre più intimi ed amichevoli
fra le nazioni. Ma a ciò contraddicono gli armamenti
militari che assunsero in tutti gli Stati d’Europa
mercè l’impiego di potenti mezzi materiali e di
energie intellettuali e fisiche, tali proporzioni che dieci
anni fa si sarebbero ritenute impossibili. Le scoperte e
le invenzioni in materia di strumenti di guerra si moltiplicano
quasi come quelle di qualunque altro ramo di
attività umana. Le armate ingrossano e si rinforzano
di anno in anno domandando per sé la partemigliore e
più vigorosa della nazione, e tutte le energie fisiche e
intellettuali vengono educate in modo da poter, occorrendo,
compiere il macello nel modo più perfetto
possibile. Questa condizione di cose in evidente contrasto
con tutto il resto della cultura, porge testimonianza
di ciò che vi è di innaturale nell’organismo e
nella costituzione delle classi dirigenti che sono l’origine,
la causa di tale stato. La paura dello scoppio
della guerra fra le classi che aspirano all’eguaglianza,
guerra che diventa ogni giorno più aspra, dà motivo
alle classi dirigenti di cercare in questi pazzi armamenti
e in queste rivalità nazionali un mezzo per impedire
allamateria infiammabile accumulata nell’interno
di prendere fuoco.Anche le rivalità commerciali per i
prodotti che non si possono collocare all’interno, esercitano
una grande influenza.
Se tale stato politico-militare dell’Europa condurrà
ad una catastrofe, questa trascinerà seco la
società borghese. L’ora della morte sarà allora suonata
per lei.
Anche un gran numero dei nostri comuni si trovano
in condizioni disperate, non sapendo oramai come
soddisfare le imposte, che si inaspriscono ogni anno.
Fra questi comuni vanno comprese le nostre grandi
città, formatesi rapidamente, e i centri industriali, ove
il rapido aumento della popolazione fa sorgere dei bisogni,
ai quali non si può soddisfare altrimenti che
coll’imposizione di nuove tasse e coi debiti. Scuole,
viabilità, illuminazione, fognatura, pozzi ed acquedotti;
educazione, polizia ed amministrazione, importano
spese che crescono ogni anno più. Inoltre le minoranze
bene organizzate, colle loro pretese, sono causa
di grossi dispendi ai comuni. Esse domandano istituti
superiori di educazione adeguata, specialmente nei
quartieri più eleganti, selciati ecc.
Ora, se la maggioranza della popolazione si duole
a buon diritto di queste preferenze, non si può disconoscere
che ciò dipende dalle odierne condizioni. Le
minoranze hanno in mano il potere, e se ne valgono
per soddisfare, a spese dell’umanità, il loro bisogno di
cultura. Contro questo cresciuto bisogno non vi è nulla
da opporre, perché rappresenta un progresso; il guaio
è che chi ne gode ed approfitta è principalmente la
classe abbiente, mentre tutti dovrebbero parteciparvi.
Un altro inconveniente sta in ciò, che spesso l’amministrazione
non è la migliore ed è costosissima. Gli
impiegati sono non di rado insufficienti, ovvero non
hanno intelligenza bastante per gli speciali bisogni del
servizio, che presuppongono spesso grande capacità.
I consiglieri comunali hanno tanto da pensare alla cura
dei loro interessi privati, che non possono dedicare il
tempo necessario al compimento dei loro doveri verso
la comunità; senza contare che il più delle volte
coteste cariche non servono che a favorire interessi
privati, con grave danno del pubblico. Le conseguenze
di tutto ciò ricadono sui contribuenti. La società
moderna non può pensare oggi a mutare radicalmente
questa condizione di cose, così da soddisfare tutti ad
un modo; essa è impotente a farlo, perché dovrebbe
distruggere se stessa. Aumentando sempre le imposte,
esse accrescono continuamente i malcontenti. In
pochi decenni i nostri comuni si posero in tale stato
da non poter soddisfare ai loro bisogni, nemmeno nelle
forme attuali dell’amministrazione e dei tributi. Pertanto
nella vitamunicipale, come in quella dello Stato,
si manifesta la necessità urgente di una nuova organizzazione,
perché i sistemi odierni conducono alla
bancarotta. Vedremo più avanti che cosa vi si deve
sostituire.
Così, in poche parole, si presentano le cose nella
vita dello Stato e dei comuni, che sono la immagine
tipica della vita della società.
* * *
Nella nostra vita sociale, la lotta per l’esistenza
assume proporzioni sempre più forti. La lotta di tutti
contro tutti è scoppiata violenta e viene condotta spietatamente,
quasi senza badare ai mezzi. Il motto: Levati
di là che vò star io ha, in pratica, la sua attuazione
nelle gomitate, nei pugni e nei pizzicotti. Il più debole
deve cedere davanti al più forte. Dove non può la
forza fisica, che qui si traduce nella forza del danaro e
del possesso, si adoperano imezzi più raffinati e indegni,
per raggiungere lo scopo. Menzogne, raggiri, inganni,
spergiuri, falsi, delitti atroci vengono commessi
per eliminare testimonianze incomode e rimuovere
gli ostacoli.
E come avviene in questa lotta per la vita che ognuno
affronta l’altro, così abbiamo classe contro classe,
sesso contro sesso, età contro età. Il vantaggio,
l’interesse, ecco l’unico regolatore dei sentimenti
umani, davanti al quale ogni altro riguardo deve cedere;
migliaia e migliaia d’operai e d’operaie vengono
lanciati sul lastrico quando l’interesse lo esige, e quando
han consumato l’ultima camicia e l’ultimo oggetto di
corredo, li aspetta la pubblica beneficienza o l’esilio
forzato. Viaggiano, per così dire, di paese in paese,
attraverso la campagna, e vengono considerati dalla
società «ONESTA» con tantamaggior paura e disprezzo,
quanto più la mancanza di lavoro ha mutato il loro
aspetto e demoralizzata la loro coscienza. La società
onesta non sa ciò che vuol dire aver dovuto rinunziare
per molti mesi ai più elementari bisogni dell’ordine
e della pulizia, girar di luogo in luogo collo stomaco
vuoto, e non raccogliere altro che antipatie mal celate
e disprezzo, appunto da coloro che sono le colonne
del sistema.
Si aggiunga che le famiglie dei coniugati vivono
nella più squallida miseria, la quale non di rado induce
i genitori disperati ai più orribili delitti sui loro figli e
sopra se stessi.
101
In questi ultimi anni accaddero casi raccapriccianti
di intere famiglie che si suicidarono (121). Donne e
ragazze sono spinte sempre più in braccio alla prostituzione;
il delitto e la demoralizzazione assumono le
forme più svariate, e ciò che prospera unicamente
sono le carceri, le case di pena o le cosidette “case di
correzione”, che non sono più capaci di contenere la
folla dei loro inquilini.
La Gazzetta di Lipsia del 19 aprile del 1878 contiene
un quadro, certo tenebroso, ma rispondente alla
verità sulla Focchelandia sassone, e mette in evidenza
la dissennatezza della società moderna, e poteva
essere riprodotto benissimo nell’autunno del 1890.
Ivi si dice:
“La miseria dei nostri tessitori non è una novità;
essa dipende non solo dalle sfavorevoli condizioni
generali del lavoro, ma anche dal fatto che il lavoro a
mano è sopraffatto dalla tessitura meccanica... Perciò
i nostri tessitori devono cercarsi un’altra occupazione,
e i vecchi, impotenti a procacciarsene un’altra,
non possono trovar aiuto che nell’assistenza pubblica.
Ma, oltre le persone che hanno bisogno di assistenza,
vi sono molte energie che, per mancanza di
lavoro di tessitura, se ne stanno, in tutto od in parte,
inerti. A queste bisogna procacciar lavoro e render
possibile che siano utili, e noi esprimiamo il desiderio
e la speranza che gli intraprenditori industriali, commossi
dalle presenti miserie, riflettano e vedano se le
forze atte e capaci al lavoro che abbiamo ancora –
perchè l’operaio della Focchelandia è assiduo e frugale
– possano essere vantaggiosamente impiegate nelle
loro imprese”.
Ecco un quadro del moderno sviluppo, le cui tristi
conseguenze i capi e gli operai delle varie industrie
hanno già imparato a conoscere. Non si dimentichi
però che il lavoro che, nei casi citati, l’operaio assiduo
e “frugale” della Focchelandia deve prestare ad
un altro intraprenditore, va perduto per un altro operaio.
Ecco il circolo vizioso in cui si aggira la società
moderna.
I delitti di ogni specie e il loro aumento sono in
strettissima relazione colle condizioni sociali; ma la
società non vuol sentirne parlare. Essa nasconde la
testa nella sabbia, come lo struzzo, per non dover riconoscere
la condizione di cose che la accuserebbero,
dando ad intendere a sé e agli altri che la colpa è
tutta della “pigrizia” e della “avidità di piaceri” dell’operaio
e dellamancanza del “sentimento religioso”.
E’ questo uno degli inganni del peggior conio; ovvero
una ipocrisia delle più ributtanti; ma che si ripete con
lamassima serietà. Quanto più sfavorevoli per la maggioranza
sono le condizioni sociali, tanto più numerosi
e gravi sono i delitti. La lotta per l’esistenza assume
la forma più violenta e più rude, e getta l’uomo in uno
stato, per cui l’uno scorge nell’altro un suo mortale
nemico. I vincoli sociali vanno allentandosi sempre
più (122).
Quelli che comandano, i quali, o non sanno andare
al fondo delle cose, o non vogliono andare, cercano,
mediante l’applicazione dimezzi coercitivi, di rendere
durevoli gli ultimi effetti di queste condizioni, ed anche
quelli nei quali si dovrebbe presupporre, in virtù
del loro sapere, mente più profonda, consentono in
tale sistema. Così il professor Häckel (123) trova perfettamente
normale che la pena di morte venga severamente
applicata; d’accordo in ciò con tutti i reazionari
di ogni tinta che più gli sono mortali nemici. Secondo
lui, i delinquenti incorreggibili ed i birbi devono
estirparsi come le male erbe che tolgono alla buona
pianta l’aria, la luce e il terreno. Se il professore Häckel
si fosse occupato un po’ anche dello studio della
sociologia, invece di coltivare solamente le scienze
naturali, avrebbe scoperto che tutti questi delinquenti
avrebbero potuto diventare membri utili alla società,
se questa avesse apparecchiato loro migliori condizioni
d’esistenza. Inoltre egli avrebbe scoperto che la
soppressione di un solo delinquente nella società avrebbe
tanto poco impedito il delitto stesso, e cioè la manifestazione
di nuovi fenomeni criminosi, come se da
un fondo si togliessero le male erbe, ma si omettesse
di distruggere le radici e il seme. Non sarà mai possibile
all’uomo di impedire in modo assoluto la formazione
di organismi nocivi, ma gli sarà possibilissimo
invece di migliorare l’organizzazione sociale che è
creazione sua in modo che essa faccia a tutti eguali
condizioni di esistenza, dia a ciascuno eguale libertà
di sviluppo, così che nessuno abbia più bisogno di
far tacere la fame o di appagare la brama di ricchezza,
ovvero la sua ambizione a spese degli altri. Studiate
le cause dei delitti ed eliminatele, allora anche il
delitto sparirà (124).
Coloro che vogliono eliminare i delitti togliendone
le cause, non possono certo servirsi di mezzi brutali
(121) Esponiamo un caso fra i molti. Lo scrivano sig. S. di
Berlino, di 45 anni, ammogliato con una donna ancora bella, di
39 anni, e padre di una figlia di 12 anni, è senza lavoro e vicino
a morir di fame. La moglie decide, consenziente il marito, di
prostituirsi. La polizia lo viene a sapere. La donna viene sottoposta
alla vigilanza della polizia. La vergogna e la disperazione
colpiscono la famiglia; e tutti e tre concordano di avvelenarsi e
nel 1° marzo 1883 danno esecuzione alla triste risoluzione.
Pochi giorni prima la nobiltà di Berlino diede dellemagnifiche
feste, per cui si spendettero centinaia di migliaia di lire.
Ecco le paurose antitesi della società moderna, eppure si dice
che noi viviamo «nel migliore dei mondi». Martin ha veduto
molte altre famiglie sacrificarsi per lamiseria, e troppi numerosi
casi furono narrati di suicidi come questo che abbiamo riferito,
così nelle piccole come nelle grandi città ed anche fuori di
Germania. Fenomeno questo caratteristico del nostro tempo e
una prova del punto cui siamo arrivati. Nota di A. Bebel.
(122) Già Platone riconobbe le conseguenze di questa condizione
di cose. Egli scrive: «Uno Stato diviso in classi, non è
uno, ma due; l’uno è formato dai poveri, l’altro dai ricchi, ed
entrambi, pur tendendosi sempre insidie, continuano ad abitare
insieme... La classe dominante non è alla fine in caso di far
guerra, perchè in tal caso essa deve servirsi della plebe; e
della plebe armata, questa classe dominante teme più assai che
dei nemici.» (Platone: «Lo Stato»).
EdAristotele dice: «Lamiseria generale è unmale, perchè è
quasi impossibile impedire che i miserabili siano causa di dissensioni
e disordini.» (Aristotele: «Politica»). Nota diA. Bebel.
(123) La storia naturale della creazione. Quarta edizione
migliorata, Berlino, 1873, pag. 155 e 156. Nota diA. Bebel.
(124) Lo afferma anche Platone nel suo «Stato»: «Il delitto
trova la sua origine nella mancanza di coltura, nella cattiva
educazione e organizzazione dello Stato». Egli conosceva la
natura della società meglio dei suoi dotti successori dopo ventitre
secoli. Ciò non è molto consolante. Nota di A. Bebel.
102
di soppressione. Essi non possono certo impedire alla
società di difendersi a suo modo contro i delinquenti,
ma è perciò che domandano tanto più insistentemente
la trasformazione della società dalle fondamenta, vale
a dire la eliminazione delle cause del delitto.
La ragione principale delle nostre condizioni sociali
è il sistema dell’economia capitalistica che costituisce
la vera base della società; tutti gli ordinamenti
sociali sono il frutto di cotesto sistema sul quale è
piantato l’intero edificio sociale e politico con la sua
luce e con le sue ombre e che influisce e domina sui
sentimenti e sulle idee. Il capitale costituisce la forza
direttiva dello Stato e della società, il capitalista è il
padrone dei non abbienti, la cui forza produttiva egli
compera come merce da impiegare e da sfruttare ad
un prezzo la cui altezza viene determinata, come quella
di ogni altramerce, dalla domanda e dall’offerta, ed
oscilla ora in più, ora in meno intorno alle spese di
produzione. Il capitalista però non compra la forza
produttiva per “volontà di Dio” e per fare un piacere
all’operaio, come egli va spesso dicendo, bensì per
ricavare dal lavoro dell’operaio un vantaggio che intasca
sotto forma d’interesse, di profitto, di rendita.
Questo vantaggio, spremuto dall’operaio, che in
mano dell’intraprenditore si cristalizza in capitale, pone
l’imprenditore in condizione tale da poter sviluppare
continuamente la propria impresa;migliorare i sistemi
produttivi ed impiegare nuove forze; d’onde la possibilità
di soffocare chi gli fa concorrenza avendo minori
capitali, alla stessa guisa che un cavaliere armato
di corazza può atterrare un fante inerme. Questa lotta
ineguale fra il grande e il piccolo capitale, si combatte
su tutti i campi dell’attività umana, ed anche la donna,
che è la forza produttiva più a buon mercato dopo
quella dei fanciulli, prende in questa lotta una parte
sempre più importante. La conseguenza di questa condizione
di cose è la sempre maggiormente accentuata
separazione fra una piccola minoranza di forti capitalisti,
e una grande folla di non capitalisti sul mercato
quotidiano dei diseredati maschi e femmine che offrono
le loro braccia. Il medio ceto versa in una condizione
sempre più difficile; un ramo d’industria dopo
l’altro, dopo essere stato fin qua in mano dei piccoli
industriali, viene assorbito dall’azione sfruttatrice del
capitalista. La concorrenza dei capitalisti fra loro li
costringe ad andar cercando continuamente nuovo
terreno da sfruttare. Il capitale gira come un leone
ruggente che va in cerca della preda da ingoiare. Le
piccole esistenze indipendenti, se vengono soprafatte,
e questa indipendenza non possono conservare in
un altro campo – ciò che diventa sempre più difficile
ed impossibile – vanno a far parte della classe dei salariati.
Tutti i tentativi fatti per impedire la rovina della
mano d’opera e del medio ceto mediante regolamenti
e leggi tolte dai ripostigli del passato, simostrano completamente
inefficaci; potranno bensì illudere per poco
questo o quello sulla sua posizione, ma di fronte alla
realtà dei fatti la illusione sparirà ben presto. Il processo
di assorbimento dei piccoli per opera dei grandi,
processo che si attua e svolge con la forza e la
inesorabilità di una legge naturale, salta in modo manifesto
e palpabile agli occhi di tutti. Così, a cagion
d’esempio, il numero delle caldaie a vapore è salito in
Prussia nel periodo che corre dal 1879 al 1888 (e perciò
in un’epoca che non fu molto prosperosa) da
32.411 a 45.575 e cioè del 40,6 per cento, e questo
aumento è dovuto esclusivamente alla grande industria.
Il consiglio dato da taluni di sottrarsi al pericolo
mediante una maggiore abilità e finezza artistica, ovvero
di aumentare la concorrenza mediante l’applicazione
di forze motrici, non è che una prova della profonda
ignoranza degli elementi in questione. Prima di
tutto anche l’industria artistica è diventata già un’impresa
eminentemente capitalistica, e lo diventa ogni
anno più. I sacrifizi finanziari, imposti dalla formazione
continua di progetti e modelli nella varietà dei gusti
e dei capricci dellamoda, sono di gran lunga superiori
alle forze di un uomo provvisto di piccoli capitali. Però
anche nell’industria artistica, la divisione del lavoro e
l’impiego di macchine e di strumenti tecnici raggiunse
tale grado di diffusione da renderne impossibile l’applicazione
senza grandi forze materiali. Quindi l’industria
artistica è già un’impresa sostanzialmente capitalistica
e la concorrenza che governa anche questo
campo dell’umana attività la spinge sempre più sulla
via delle grandi imprese a base di forti e grandi capitali,
che vengono poi amministrati e maneggiati con la
raffinatezza propria a simili intraprese. Ma al piccolo
capitalista non giova nemmeno l’impiego della forza
motrice. Finché questa può essere creata dal singolo,
può darsi che aiuti questo o quello a migliorare la sua
condizione, ma non appena essa diventa accessibile
per le comodità che presenta o per la sua convenienza
a un gran numero di concorrenti ovvero a tutti, allora
le imprese determinano siffatto aumento nella produzione
che l'abbassamento dei prezzi diviene inevitabile
e l’eccesso della produzione un male cronico; di guisa
che la condizione di cotesti industriali, lungi dal
migliorare, non fa che segnare un peggioramento. In
tal guisa quello che doveva tornar loro vantaggioso, si
ritorce a loro danno, e serve soltanto a favorire la
rovina dei piccoli. La piccola industria appartiene ad
un periodo sociale già tramontato, perché le sue condizioni
di esistenza sono oramai irremissibilmente distrutte.
Non vi è potenza terrena che possa salvare la
piccola industria od impedirne la caduta; non vi possono
essere che gli ignoranti o gli illusi i quali sostengano
il contrario. La prova più eloquente della condizione
delle nostre piccole industrie, sta nel fatto che,
alla morte di nove decimi di esse, si scopre l’eccesso
di debiti che ne gravano il patrimonio, tale da far cessare
nel maggior numero dei casi la procedura di fallimento
per deficienza di attivo. Per tale motivo la rovina
economica di molte persone di un distretto passa
inosservata, né viene registrata in altri distretti.
Quello che non è dalla concorrenza dei grandi
capitali, viene distrutto dalle crisi che scoppiano di
tempo in tempo, e si fanno sempre più frequenti,
lunghe e intense, quanto più si estende ed afforza la
grande produzione. Il pericolo della sopra produzione,
effetto della cieca produzione di massa, rende
più grave il pericolo delle crisi, alle quali dovrà soccombere
la debole forza di resistenza del piccolo e
del medio capitalista.
103
Le crisi scoppiano perché non esiste alcuna norma
permisurare in ogni tempo l’effettivo bisogno degli
acquirenti e la loro potenzialità di acquistare, dalla quale
dipende il consumo, su cui esercitano influenza una
infinità di ragioni, che il singolo produttore non è punto
in caso di controllare. Poi, vicino al singolo produttore,
ve ne sono altri moltissimi dei quali il singolo
ignora parimenti la potenzialità produttiva e l’influenza.
Ognuno però si sforza di mettere fuori di combattimento
tutti gli altri concorrenti con ogni mezzo –
quale il prezzo più mite, la grande réclame, il lungo
credito, l’invio di commessi viaggiatori, ed anche deprezzando
i prodotti dei suoi concorrenti, mezzo cotesto
che fiorisce specialmente in epoche di crisi. La
produzione generale è quindi affidata al caso e al calcolo
soggettivo dei singoli, con esito più spesso sfavorevole.
Ogni produttore deve spacciare una determinata
quantità di merci al di sotto della quale egli non potrebbe
durare; ma egli vuole spacciare una quantità di
merci molto maggiore, prima perché da ciò dipende
la sua maggiore entrata, poi perché egli ha la speranza
di trionfare dei suoi concorrenti e di restare padrone
del campo. Per un certo tempo lo spaccio delle sue
merci è assicurato ed è anzi in aumento; ciò basta per
indurlo a dare alla sua impresa proporzioni maggiori
ed a speculare sopra una produzione in massa. Senonché
le favorevoli condizioni del momento non seducono
lui solo, ma anche tutti i suoi concorrenti che,
al pari di lui, ci si mettono d’impegno. Di qui un eccesso
di produzione; i mercati inondati di merci, lo
spaccio arenato, i prezzi in ribasso, la produzione limitata.
Limitazione della produzione in un ramo d’industria
vuol dire diminuzione del numero degli operai,
abbassamento dei salari, limitazione del consumo.
Un ristagno della produzione e dello spaccio negli
altri rami di industria, è la conseguenza necessaria di
questo stato di cose. I piccoli industriali di ogni specie,
i commercianti, gli osti, i fornai, i macellai, ecc.,
che hanno per avventori gli operai, li perdono perdendo
quindi lo spaccio rimuneratore. Ora, siccome
un’industria porge il proprio materiale all’altra, l’una
dipende dall’altra, così una deve soffrire dei disastri
dell’altra. Il numero di quelli che sentono il contraccolpo
della crisi di un’industria va crescendo ogni dì
più.Molte obbligazioni contratte nella speranza di una
più lunga durata delle condizioni favorevoli, non possono
essere soddisfatte; e quindi aumento e inasprimento
di crisi. Una quantità enorme di merci, di strumenti
e di macchine perde quasi ogni valore. Le merci
si vendono a prezzi vili, e questo ribasso non solo
rovina i padroni della merce, ma anche molti altri, costretti
per ciò a vendere le loro merci ad un prezzo
inferiore a quello di costo.
Anche durante la crisi i sistemi di produzione vengono
continuamente migliorati, porgendo questo miglioramento
l’unica arma per combattere la concorrenza,
benché nasconda in se stesso la causa di nuove
e più disastrose crisi. Dopochè la crisi è durata
degli anni e l’eccesso della produzione è cessato a
poco a poco per effetto del ribasso dei prezzi, della
limitazione della produzione, della rovina dei piccoli
intraprenditori, la società comincia a riaversi a poco a
poco. Il bisogno aumenta e quindi anche la produzione;
si ricomincia adagio e con cautela prima, ma non
così quando le condizioni favorevoli accennano a perdurare.
Si vuol raccogliere ciò che si è perduto e si
spera di mettersi al sicuro prima che scoppi un’altra
crisi. Siccome però tutti i produttori sono animati dagli
stessi pensieri e ciascuno cerca di migliorare il sistema
di produzione per sopraffare gli altri, così si
affretta di nuovo la catastrofe con effetti ancora più
fatali. Molti vengono lanciati in alto come palle per
cadere di lì a poco, e da questa continua alternativa
deriva quella condizione angosciosa che si traversa in
ogni crisi. Le crisi si moltiplicano e si ripetono nella
stessa misura in cui aumenta la produzione e la concorrenza
non solo fra gli individui, ma anche fra i
popoli. La lotta per guadagnare avventori in piccolo e
quella che si combatte in grande per allargare la sfera
dello spaccio e del traffico, diventano sempre più violente
per finire poi in perdite enormi. Merci e provvigioni
si accumulano in quantità enormi, mentre la
massa degli uomini soffre la fame e la miseria.
L’autunno del 1890 ha dimostrato come sia giusto
ed esatto quanto abbiamo esposto. Dopo un lungo
periodo di depressione negli affari, durante il quale
però lo sviluppo dei grandi capitali fece continuamente
progressi, cominciò nel 1888 un movimento ascendente
nella nostra vita economica, stimolato non poco
dalle grandi trasformazioni e dalle forniture richieste
dall’esercito e dallamarina. Questo movimento continuò
nel 1889 e anche nel primo trimestre del 1890.
Durante questo periodo molte imprese sorsero in ogni
ramo di industria, altre assunsero più vaste proporzioni;
tutte poi raggiunsero nel loro assetto quella altezza
che era consentita dalle condizioni della tecnica,
ciò che giovò a far aumentare notevolmente la loro
produttività. Nelmodo stesso onde si è compiuto questo
sviluppo dei grandi capitali, aumentò anche il numero
delle imprese che passarono dalle mani dei singoli
capitalisti in quelle delle società per azioni, trasformazione
questa, alla quale è sempre legato un aumento
più o meno notevole negli affari e nei traffici.
Le nuove emissioni, che si sono compiute sul mercato
monetario e internazionale per effetto di questa trasformazione
non meno che per effetto dell’aumento
dei debiti pubblici, raggiunsero nel 1887 la somma di
quattro miliardi, nel 1888 di cinque miliardi e mezzo,
e nel 1889 di sette miliardi. D’altro lato, i capitalisti si
sforzavano di regolare i prezzi e la produzione mediante
unioni nazionali ed internazionali. Le cartelle,
fin d’allora, spuntarono dal suolo come funghi, lamaggioranza
degli imprenditori dei più importanti rami di
produzioni formarono dei sindacati, i quali determinarono
i prezzi e regolarono la produzione sulla base di
dati statistici precisi allo scopo di evitare l’eccesso
della produzione e il deprezzamento dei valori. Cominciò
così il regno delmonopolio dell’industria a vantaggio
dell’imprenditori ed a spese degli operai e dei
consumatori, quale non fu mai. Parve per poco che il
capitale avesse in mano il mezzo che gli assicurava
ovunque il dominio del mercato a danno del pubblico
ed a profitto suo.Ma la apparenza ingannava, le leggi
104
della produzione capitalistica si mostrarono più forti
dei più sagaci ed accorti difensori del sistema, i quali
credevano di poterla regolare. La crisi scoppiò; una
delle più grandi case del mondo precipitò trascinando
nell’abisso molte altre case di secondo e terzo ordine.
Tutte le borse e tutti i mercati di Londra, di Parigi, di
Vienna, di Berlino fino a Pietroburgo, Calcutta e New-
York ne furono scosse. Si ebbe così un’altra prova
della fallacia dei calcoli più prudenti, e della necessità
che la società borghese corra la sua sorte.
La condanna più severa di queste condizioni sociali
si trova in queste espressioni che si odono spesso
uscire dalla bocca della gente d’affari: «Ci sono troppi
concorrenti, una metà deve andare in rovina perché
l’altra metà possa vivere», il che vuol dire che ognuno
suppone e spera da buon cristiano-borghese che
chi va in rovina sia il suo concorrente. Lo stesso
cinismo si rende manifesto quando viene assicurato
con tutta serietà che nei filatoi della lana, per esempio,
ci sono in Europa almeno quindici milioni di fusi
di troppo, i quali dovrebbero sopprimersi per offrir
modo ai rimanenti di avere un sufficiente lavoro.
Dalla stessa fonte si assicura che il numero delle
nostre miniere di ferro e di carbone è il doppio di
quello che sarebbe necessario, e ciò allo scopo di
rendersi durevolmente utile un affare od un’impresa.
Di qui una pletora d’affari, di produttori, di istrumenti
di produzione e di “merci”; e tuttavia la grande
maggioranza si duole di mancare del necessario,
mentre potrebbe consumare vestiti, biancheria, mobili
migliori, abitare case più pulite, nutrirsi meglio
fisicamente ed intellettualmente e godere di più.Ma i
magazzini riboccanti di merci e di provvigioni sono
sbarrati per la maggioranza; si gettano anzi sul lastrico
centinaia di migliaia di operai rendendoli completamente
incapaci a consumare, perché la loro attività
è “superflua” al capitalista. Non è dunque manifesto,
che il nostro organismo sociale è assai infermo?
Come vi potrebbe essere “eccesso di produzione”
se si soddisfacesse ai bisogni di tutti? Non è
dunque la produzione in se stessa, ma la forma in
cui si produce e sopra tutto il modo della distribuzione
dei prodotti la causa di queste condizioni ed
antitesi inique.
* * *
Nella società umana tutti gli individui sono legati
insieme da cento fili, e tanto più quanto è più elevato il
grado di cultura di un popolo.
Se sopravvengono delle perturbazioni, queste si
fanno sentire dappertutto. Le perturbazioni nella produzione
influiscono sulla distribuzione e sul consumo,
e viceversa. La nota caratteristica della produzione
capitalistica è il concentrarsi della proprietà in
sempre minor numero di mani e in centri di produzione
sempre più vasti. Nella distribuzione si nota un
movimento affatto opposto: Il produttore che non
può più condurre vita indipendente, perché travolto
dal torrente impetuoso della concorrenza, nove volte
su dieci cerca con ogni sforzo di interporsi quale
commerciante fra il produttore e il consumatore prolungando
così la sua esistenza.
Di qui il fatto sorprendente dell’aumento straordinario
dei mediatori, dei commercianti, dei merciai,
dei sensali, degli agenti, dei locandieri ecc. La maggior
parte di questa gente, fra la quale si devono contare
anche donne come persone d’affari indipendenti,
conducono una vita affannosa ed incerta. Molti
sono costretti per vivere a speculare sulle più ignobili
passioni umane e a secondarle. Di qui il crescere
della più ributtante réclame specialmente in tutto ciò
che è rivolto a soddisfare il desiderio di godimenti e
di piaceri.
Non si può contestare ed è molto consolante, se
si guarda da un punto di vista elevato, che la tendenza
a godere la vita sia fortemente radicata nella società
moderna. Gli uomini cominciano a comprendere
che per essere uomo bisogna vivere dignitosamente,
ed essi manifestano tale bisogno in modo corrispondente
al concetto che si sono formati dei piaceri
e godimenti della vita. Senonché la società è diventata
nella forma della sua ricchezza molto più aristocratica
oggi che in qualsiasi epoca precedente.
La distanza fra il ricco e il povero oggi è più grande
d’una volta, mentre la società è diventata molto più
democratica nelle idee e nelle leggi (125).
La folla però aspira non solo teoricamente, ma
anche in pratica a maggiore eguaglianza, e siccome
non conosce ancora nella sua ignoranza la via che
conduce alla realizzazione di queste aspirazioni, così
cerca l’eguaglianza col tentare di mettersi alla pari
con quelli che sono più in alto, e col procurarsi in
qualche modo tutti i godimenti possibili. Ogni mezzo,
ogni artifizio di seduzione deve servire a coltivare
ed appagare coteste tendenze, e se ne vedono
spesso le conseguenze. La soddisfazione di un impulso
perfettamente onesto, fa traviare molti trascinandoli
spesso al delitto, mentre la società cammina
a modo suo, non potendo fare altrimenti senza mettere
a pericolo la sua stessa esistenza.
Il numero sempre crescente degli intermediari produce
anche altri inconvenienti. Sebbene codesta classe
lavori indefessamente, non è che una classe di parassiti,
improduttiva, e vivente del prodotto del lavoro
altrui non altrimenti che la classe degli imprenditori.
Conseguenza ineluttabile di ciò è il rincaro eccessivo
delle merci e delle cose necessarie alla vita,
tanto eccessivo da farne raddoppiare e moltiplicare
il prezzo che il produttore ne ritrae (126).
Se non è consigliabile né possibile un vero rialzo
(125) Il prof. Adolfo Wagner esprime l’identico concetto
nella sua opera: Compendio di economia politica, a pag. 361
ove dice: «La questione sociale è la contraddizione cosciente
fra lo sviluppo economico e il principio sociale della libertà e
della giustizia che sovrasta come ideale e si attua nella vita
politica». Nota di A. Bebel.
(126) Il dott. E. Sachs nel suo lavoro: L’industria domestica
in Turingia, riferisce fra altro che nel 1869 la produzione di
244 milioni e mezzo di stili aveva costato ai produttori da
122.000 a 200.000 fiorini, mentre il prezzo di mercato salì fino
a 1.200.000 fiorini, triplicando il prezzo ritratto dal produttore.
Qui nel produttore è compreso l’imprenditore che sfrutta a
sua volta l’operaio. Nota di A. Bebel.
105
nel prezzo delle merci per timore d’una limitazione
nel consumo, si rende artificialmente peggiore la
qualità delle merci, mercè la adulterazione dei generi
alimentari, l’alterazione dei pesi e delle misure, ottenendo
anche con ciò un profitto altrimenti non realizzabile.
Il chimico Chevalier riferisce per esempio
che fra i vari modi di falsificazioni dei generi alimentari
egli ne conosce 32 per il caffè, 30 per il vino, 28
per la cioccolata, 24 per la farina, 23 per l’acquavite,
20 per il pane, 19 per il latte, 10 per il burro, 9 per
l’olio d’oliva, 6 per lo zucchero ecc. La Camera di
commercio di Varsavia riferì nel 1870 che si commettono
frodi nella vendita di merci pesate alla lesta
nelle botteghe; dando per una libbra 24 o 26 mezze
once e rifacendosi così doppiamente della perdita
subita per effetto del deprezzamento della merce. Gli
operai e il popolino che devono acquistare le merci a
prestito si trovano in condizioni peggiori degli altri
perché devono tacere anche quando la frode è manifesta.
Il pessimo abuso della alterazione dei pesi è
specialmente notevole nei negozi di posteria. L’inganno
e la frode sono quindi indissolubilmente legati
a questa condizione, e costituiscono una necessità
sociale, come la prostituzione. Vi sono poi istituzioni
dello Stato, come quelle relative alle imposte indirette
e ai dazi, che sembrano fatte apposta per favorire
codeste frodi. Al contrario le leggi contro le adulterazioni
dei generi alimentari poco riusciranno a fare.
Prima di tutto è la lotta per la vita che rende necessario
l’impiego di mezzi sempre più raffinati, poi un
controllo severo non può essere fatto nelle attuali
condizioni. Vi sono Circoli molti influenti ed autorevoli
fra le classi dirigenti, interessati nelle frodi. Sotto
il pretesto che per scoprire le adulterazioni sono
necessari organi amministrativi complessi e costosi,
che recano imbarazzi al commercio onesto, ogni serio
controllo manca. Ma se queste leggi e questi regolamenti
si applicano davvero, allora si ha un notevole
rincaro nei prezzi dei prodotti non falsificati,
perché il prezzo più basso era possibile soltanto per
le merci adulterate.
Per togliere tali inconvenienti che colpiscono più
fieramente dappertutto e sempre la massa del popolo,
si è pensato alla fondazione di società di consumo.
Anche queste però giovano assai poco, vuoi
per la difettosa e costosa amministrazione, vuoi per
i tenui profitti che ne sono la conseguenza. In molti
casi esse diventano un nuovo mezzo per legare gli
operai a certe industrie sulle quali si fondano queste
società che non servono spesso ad altro che a
produrre una diminuzione nei salari. La fondazione
di queste società di consumo è prima di tutto un
sintomo che in larghissima cerchia si riconosce ciò
che vi è di difettoso e manchevole nel commercio,
in secondo luogo esse sono anche una prova della
sovrabbondanza del commercio e dei commercianti
principalmente (127). Certo questo ordinamento
sociale è il migliore che possa esistere senza il numero
straordinario di parassiti che compongono il
ceto commerciale, perché i prodotti arrivano in
mano dei consumatori per via diretta e cioè senza
bisogno dell’opera degli intermediari. C’è però connessa
l’altra questione, che cioè venga provveduto
nelle proporzioni le più grandiose ad una istituzione
comune per la tavola.
* * *
Quanto abbiamo esposto fin qui riguarda soltanto
i rapporti industriali e commerciali; non abbiamo ancora
toccato quelli della proprietà rurale.Ma anche la
campagna è già colpita dal progresso moderno. Le
crisi dell’industria e del commercio si fanno sentire
anche nelle campagne. Molta gente del contado è occupata
in tutto od in parte negli stabilimenti industriali
e commerciali, e tale occupazione va diffondendosi
sempre più perché i grandi proprietari trovano utilissimo
di far trasformare la parte principale delle rendite
del suolo, anche sui loro beni propri, in prodotti
industriali. Ora essi profittano delle alte tariffe dei trasporti
dei prodotti greggi, per es. delle patate per lo
spirito, delle barbabietole per lo zucchero, della frutta
per la farina o per la distillazione dell’acquavite, o per
la fabbricazione della birra, ecc.; hanno inoltre operai
più a buon mercato e più volonterosi che nella città, o
nei distretti industriali. Le abitazioni e le pigioni sono
assai meno care; le imposte e i dazi più bassi, perché
i proprietari di fondi nelle campagne sono, fino ad un
certo grado, legislatori ed esecutori ad un tempo, e
spesso anzi hanno in loro mano anche il servizio di
polizia. Con ciò si spiega il fenomeno, che il numero
delle cucine a vapore nelle campagne aumenta ogni
anno, e che l’agricoltura e l’industria si aiutano vicendevolmente.
E’ un vantaggio cotesto che intanto avvantaggia
il solo proprietario.
Non ci vuole molta perspicacia per riconoscere
che a misura che i grossi proprietari di fondi si trovano
in condizioni tali da poter migliorare il suolo appetiscono
il fondo del vicino, il quale rimpetto a loro si
trova nella stessa posizione dei piccoli industriali rimpetto
ai grandi.
La campagna però non si è sottratta all’influenza
della civiltà sino alle sue più remote contrade. Se il
figlio del contadino ritorna fino nel più lontano villaggio,
dopo tre anni passati nell’ambiente delle caserme
e delle città non troppo saturo di alta morale, non di
rado apportatore e propagatore di malattie veneree,
egli ha imparato a conoscere anche molte idee nuove
e a sentire i bisogni della civiltà, che vuol pure soddisfare.
La diffusione e il miglioramento degli scambi
risveglia anche nelle campagne cotesti bisogni. L’uomo
del contado impara dal commercio colla città a
conoscere ilmondo da un punto di vista del tutto nuovo
e seducente, nuove idee gli passano per la mente, ed
acquista la conoscenza dei bisogni della civiltà, che
gli erano prima completamente ignoti. Ciò lo rende
(127) Secondo la statistica delle professioni del 5 giugno
1882 v’erano allora inGermania nel trafficomercantile 386.157
impiegati principali, e 145.474 impiegati accessori, in complesso
531.631 impiegati. (La nota continua con questa frase:
“Nei primi erano occupate 705.906 persone”; ma non vi è
attinenza con la frase precedente, forse perché manca un pezzo...).
Nota di A. Bebel.
106
completamente malcontento della sua posizione. Le
esigenze sempre maggiori come si fanno sentire nello
Stato, nella provincia e nei comuni, così si fanno sentire
anche nelle campagne e nelle officine, e rendono
il contadino e l’operaio ancora più ribelle. Così la somma
complessiva delle spese occorrenti per provvedere
ai bisogni dei comuni e delle campagne in Prussia
da 8.400.000 talleri nel 1849, salirono già nel 1867
fino a 23.110.000. Il contributo dei comuni della città
e delle campagne, per provvedere ai bisogni della provincia,
dei distretti e dei comuni salì nello stesso periodo
da 16 milioni di talleri fino a 46 milioni.
La somma media delle spese locali per capo aumentò
da 2,96 a 7,05 centesimi e bisogna notare che
da allora l’aumento non si arrestò mai.
Ed anche i prezzi dei prodotti del suolo sono frattanto
rincarati, non però nella misura stessa delle imposte
e di molte altre spese. Il contadino non solo non
ritrae dal suo prodotto il prezzo che si paga in città,
ma ritrae perfino assai meno di quello che ne ricava il
grande possidente. Ilmediatore o il commerciante che
scorre le campagne in giorni determinati o in certe
epoche dell’anno, e di regola non fa che rivendere
come sensale, vuol guadagnarci; ma il raccogliere
molte piccole quantità gli riesce assai più faticoso e
molesto che non ritirare l’intero carico da un grosso
possidente. Ciò influisce sul prezzo. Si aggiunga che
il contadino e l’affittuale non sempre possono aspettare
il tempo in cui il prezzo del prodotto sul mercato
sia giunto al più alto limite. Egli ha impegni e pagamenti
da fare (affitti, interessi, imposte, prestiti da
rimborsare, ovvero debiti verso i bottegai e gli operai)
con scadenze fisse; quindi bisogna vendere anche
quando l’epoca è sfavorevole. Il contadino ha gravato
il suo fondo di ipoteche, per avere il denaro occorrente
alla coltivazione e al miglioramento agrario; ma
non c’è molto da scegliere fra i mutuanti, e quindi le
condizioni del mutuo non sono le più vantaggiose per
il mutuatario. Ci sono alti interessi da pagare e alla
fissata scadenza si è inesorabili; e basta un raccolto
poco abbondante o una speculazione sbagliata dalla
quale sperava di ritrarre un largo profitto, per metterlo
sull’orlo del precipizio.
Spesso il compratore dei prodotti del suolo è anche
il mutuante del capitale, per cui il debitore è completamente
in potere del creditore. Perciò i contadini
di tutte le borgate e dei distretti si trovano nelle mani
di pochi creditori, per esempio i nostri coltivatori di
luppolo e di tabacco, e i vinicultori nella Germania
meridionale; i coltivatori di legumi del Reno e i piccoli
possidenti della Germania media. I creditori ipotecari
li dissanguano lasciandoli stare sui loro poderetti di
cui appariscono, ma in realtà non sono proprietari.
Ma il capitalista trova spesso più utile e più comodo di
agire così, piuttosto che pigliarsi il terreno, amministrarlo
e venderlo. In tal modo nei libri catastali vi
sono molti che figurano come proprietari mentre non
lo sono. Certo rovina anche qualche grosso possidente,
per mala amministrazione o per essere capitato
in mano di un capitalista strozzino. Il capitalista s’impadronisce
del suolo, e, per trarne doppio profitto, lo
divide in lotti o porzioni, vendendole a parte a parte, e
realizzando in tal guisa un prezzo assai più alto di quello
che avrebbe altrimenti ritratto vendendo in blocco. Si
aggiunga che il capitalista ha la massima probabilità di
trarre più notevoli vantaggi da un maggior numero di
proprietà piccole e medie. E’ noto che nella città le
case con affitti più alti sono appunto quelle con abitazioni
molte e piccole. Il capitalista si attacca ad un
grande numero di piccoli poderi e li compera. Il benefico
capitalista è disposto a cedere verso piccoli acconti
più grandi appezzamenti di terra per impiegare il
resto del prezzo d’acquisto in mutui ipotecari ad alto
interesse ed estinguibili ratealmente. Ed è qui dove sta
il marcio. Se il piccolo possidente ha fortuna e riesce
mercè gli sforzi più estremi a ritrarre dal suolo una
rendita discreta od a trovar denari a più buon mercato,
allora egli può salvarsi; altrimenti le cose non possono
andare che nel modo già da noi descritto.
E’ una grande disgrazia per il piccolo possidente o
per l’affittuale se gli muoiono alcuni capi di bestiame;
se ha una figlia da marito, le spese per il corredo o la
dote gli aumentano i debiti e gli viene a mancare una
forza produttiva. Se è un figlio che piglia moglie, allora
questi vuol la sua parte del patrimonio. Spesso egli
deve trascurare ed omettere i necessari miglioramenti,
e se la gregge e la casa non porgono concime sufficiente
– ed è un caso assai frequente – allora la rendita
scema per impossibilità di acquistare gli ingrassi.
Non di rado gli mancano persino i mezzi di procacciarsi
miglior sementi; gli è negato l’impiego e l’uso
vantaggioso delle macchine, e non meno spesso è per
lui inattuabile la rotazione agraria quale è richiesta dalla
natura chimica del suo terreno. Né egli può profittare
dei vantaggi che la scienza e l’esperienza han saputo
ritrarre dagli animali domestici. Mancano a tal
uopo i pascoli, mancano le stalle, mancano gli ordinamenti
adatti. Vi sono quindi molte ragioni che, inducendo
i piccoli possidenti a far debiti, li gettano in
braccio o al capitalista che li strozza, ovvero al grosso
possidente che li opprime.
La affermazione che la crescente concentrazione
della proprietà fondiaria sia una semplice supposizione
perché vi sono più proprietari oggi che una volta,
non prova nulla contro quanto abbiamo esposto. Prima
di tutto si è già rilevato come figurino fra i proprietari
migliaia di persone che in fatto non lo sono
più; e poi bisogna considerare anche l’aumento della
popolazione e il frazionamento della proprietà che ne
è la conseguenza, specialmente nei casi di morte.
Cotesto frazionamento porta però in se stesso il germe
della morte per il proprietario, perché quanto più è
piccolo il suo possesso, tanto più difficile diventa la
sua esistenza. La libertà delle industrie ha aumentato
di molto il numero dei conduttori di piccole industrie,
ma sarebbe erroneo ritenere che ciò abbia contribuito
a creare maggior benessere. La concorrenza si è fatta
più accanita fra le industrie e ciò ne facilita ai grandi
capitalisti la distruzione e lo sfruttamento.
Se vi sono dunque due o tre proprietari là dove
prima ce n’era uno, ciò non vuol dire affatto che quei
due o tre stiano meglio di quello che prima stesse uno
solo.Anzi è vero tutto il contrario, per l’avversità delle
circostanze create dalla natura dei rapporti sociali.
107
Solo i grandi possidenti in particolar modo possono
acquistare i piccoli poderi per “arrotondare” i loro
possessi. I grandi magnati del capitale investono preferibilmente
i loro capitali nelle terre perché è il possesso
più sicuro e il suo valore sale, indipendentemente
dalla cooperazione dei proprietari, coll’aumento
della popolazione: l’Inghilterra porge l’esempio più
palpitante di questo continuo aumento di valore. Sebbene
ivi le entrate della terra siano diminuite negli ultimi
decenni per effetto della concorrenza internazionale
dei prodotti agrari ed animali, sebbene nella Scozia
più di due milioni di aree di terreno siansi trasformati
in parchi da caccia, ridotti quasi un deserto 4
milioni di acri in Irlanda, e limitata in Inghilterra la
superficie coltivata da 19.153.990 acri nel 1831 a solo
15.651.605 acri nel 1880, e cioè di 3.484.385 acri
trasformati in prati e pascoli. Malgrado tutto ciò, la
rendita del suolo continuò a salire notevolmente. L’importo
totale della rendita del suolo della proprietà fondiaria
calcolato in lire sterline, fu:
- in Inghilterra e nel paese di Galles di 41.177.200
nel 1857, di 52.179.381 nel 1875, di 52.179.381 nel
1880, con un aumento quindi di 11.002.381.
- in Iscozia di 5.932.000 nel 1857, di 7.493.000
nel 1875, di 7.776.919 nel 1880, con un aumento
quindi di 1.844.919.
- in Irlanda di 8.747.000 nel 1857, di 9.293.000
nel 1875, di 10.543.000 nel 1880, con un aumento
quindi di 1.796.700.
Il totale di tutti i paesi risulta dunque di 55.856.000
nel 1857, di 68.811.000 nel 1875, di 70.500.000 nel
1880, con un aumento sommato di 14.644.000.
E’ dunque un aumento del 26,2% in 23 anni, indipendentemente
dall’opera dei proprietari.
Alla tendenza all’accentramento della proprietà
fondiaria, fa contrasto la tendenza al frazionamento in
vicinanza delle grandi città e nei distretti industriali.
Qui la campagna si trasforma in ville o giardini e forma
oggetto della più sfrenata speculazione, dalla quale
di solito non è che il capitalista che sappia trarre
profitto. Non vi è dubbio che tutto questo processo
evolutivo pregiudichi gravemente ilmondo femminile
delle campagne. Le donne hanno sempre più davanti
a sé la prospettiva di diventare fantesche ed operaie
mal rimunerate in mano dei grandi possidenti, anziché
proprietarie ed acquisitrici. Per il loro sesso trovandosi
esposte ai capricci ed alle pretese illegittime dei
proprietari o dei loro impiegati, più di quello che siano
nelle industrie, in cui il diritto di possesso si esercita
spesso su tutta la persona, per cui in mezzo all’Europa
“cristiana” si è potuto costituire e sviluppare una
specie di economia da harem turchi.
La donna del contado è molto più isolata della donna
cittadina. Le autorità rappresentano per lei o chi le
dà lavoro od un suo buon amico; non ci sono giornali
ed una pubblica opinione sul cui aiuto essa possa contare,
e, la condizione degli operaimaschi versa in condizioni
di ancora più vergognosa dipendenza. Ivi il cielo
è alto e lo czar lontano.
Se non che la condizione della proprietà fondiaria
è della massima importanza per lo sviluppo di tutta la
nostra civiltà.
Dal suolo e dai prodotti suoi dipende in principal
modo l’esistenza di tutto il popolo. La proprietà non si
aumenta a piacere, ed è perciò che diventa tanto più
importante per tutti la questione sul modo di coltura e
sulle rendite che se ne trae.
Noi siamo già a tal punto, che è diventato ogni
anno indispensabile una notevole importazione di generi
alimentari, (pane e carne), i cui prezzi aumentano
ora assai più di una volta.
Qui però si presentano due importanti interessi in
conflitto quelli degli agricoltori e quelli degli industriali.
La popolazione industriale ha tutto l’interesse che i
prezzi dei generi necessari alla vita siano miti, perché
da ciò dipende non solo la loro prosperità come uomini,
ma anche come commercianti e industriali.
Qualsiasi rincaro dei mezzi di esistenza determina
o un peggioramento nella nutrizione di una gran parte
del popolo, ovvero un aumento tale dei salari e quindi
del prezzo dei prodotti dell’industria, che ne diminuisce
lo spaccio diventando più difficile vincere la concorrenza
dell’estero. Ma per l’agricoltura la quistione
è assai diversa.
Come l’industriale anche l’agricoltore vuol trarre
dal proprio lavoro il maggior profitto possibile essendogli
indifferente che questo profitto gli venga da un
prodotto ovvero da un altro.
Se l’importazione di cereali e di carni gli impediscono
di ritrarre dalla coltivazione dei cereali o dall’allevamento
del bestiame i prezzi sperati, ovvero i prezzi
necessari a rimunerarlo, egli abbandona la coltura
dei cereali e l’allevamento del bestiame, per raccomandare
al suolo la coltura di un altro prodotto che gli
sia profittevole. Pianta barbabietole per la produzione
dello zucchero, patate e grani per la distillazione dell’alcool,
invece di piantare frumento e grano per formare
pane; destina i terreni più feraci alla coltivazione
del tabacco, invece che a quella dei legumi ed al giardinaggio.
Inoltre si utilizzano migliaia di ettari di terreno
per il pascolo dei cavalli perché il prezzo di questi
è molto elevato in conseguenza del consumo che se
ne fa dagli eserciti. D’altra parte vi sono estese boscaglie,
che potrebbero facilmente rendersi fruttifere,
riservate per le cacce dei ricchi, specialmente in contrade
nelle quali si potrebbe dar mano ad atterrare duecento
o mille ettari di bosco per trasformarlo in terreno
coltivabile, senza che ciò influisca sinistramente
sullo sviluppo della umidità della regione così spogliata.
E per quanto riguarda l’umidità, la nuova scienza
forestale non accoglie l’opinione che i boschi abbiano
un’influenza decisiva sullo sviluppo della umidità.
Boschi e boscaglie attecchiscono e prosperano soltanto
là dove la natura del suolo non permette alcuna
coltura rimuneratrice, ovvero là dove essi servono a
dotare i paesi montuosi e le montagne di una coltura
economicamente profittevole e tale da impedire il rapido
deflusso delle acque.
Sotto questo punto di vista, vi sarebbero in Germania
ancora migliaia di chilometri quadrati di ottimo
terreno suscettibili di coltura. Ma a codeste trasformazioni
di coltura sono d’ostacolo così gli interessi
materiali di una burocrazia ben pagata, come gli interessi
vessatori dei grandi proprietari, i quali non vo108
gliono saperne di rinunziare al passatempo piacevole
della caccia.
Come si suddivide il terreno coltivato nelle aziende
diverse è riferito nella statistica delle professioni rurali
del 5 Giugno 1882 per la Germania:
Secondo ilKoppe nel nord-est dellaGermania sono
necessari almeno 6 ettari di terreni mediocri perché
una famiglia di contadini possa cavarsela, e per vivere
in una discreta agiatezza ne bisognano dai 15 ai 20.
Nel sud-ovest della Germania si calcolano da 3 ½ a 4
½ ettari di terreno fertile, per assicurare il mantenimento
di una famiglia. Questo minimo non viene raggiunto
da più di 4milioni di proprietà private, e soltanto
il 6% possiedono tanto terreno da poterci vivere in
uno stato di benessere. Sono necessari non meno di
3.222.270 operosi proprietari per esercitare insieme
coll’agricoltura anche l’industria e il commercio. Nella
spartizione del terreno coltivato vi è però questo di
caratteristico, che nei poderi aventi una superficie inferiore
ai 50 ettari, 3.747.677 ettari soltanto sono coltivati
a grano, mentre, nei poderi aventi una superficie
superiore ai 50 ettari, se ne contano invece 9.636.249.
Quindi l’1% della azienda comprendeva di suolo
coltivato a grano due volte e mezzo più dei rimanenti
99%.
I più grandi proprietari della Germania sono: i principi
Fugger eWied con quasi 110.000 ettari; il duca di
Ratibor, il principe di Löwenstein-Wertheim -Rochefort,
il principe Bentheim-Steinfurt, il duca di Leuchtenberg
con quasi 140.000 ettari; il principe Leiningen
con quasi 160.000 ettari; il principe Pless con
quasi 165.000 ettari; il duca di Talleyrand-Sagan con
quasi 200.000 ettari; il principe Salm-Salm con quasi
220.000 ettari; il principe Fürstenberg e duca di Braunschweig
(128) con quasi 275.000 ettari; il duca di
Thurn e Taxis con quasi 300.000 ettari; il duca di
Aremberg con quasi 320.000 ettari; il principe Wittgenstein
con quasi 1.230.000 ettari (129).
Questi 17 grandi proprietari della Germania hanno
quindi complessivamente 4.615.000 ettari, possedendo
quindi più di 1/9 della intera superficie del suolo
coltivato, che comprende 40 milioni di ettari circa.
Da ciò si può dedurre quale interesse abbiano questi
proprietari, non meno che le altre migliaia di grandi
possidenti della Germania, ai dazi sul bestiame, sui
grani e sul legname. L’accentramento della proprietà
fondiaria è dimostrata dal fatto, che negli anni 1837-
1867 le proprietà rurali da 30 a 300 iugeri diminuirono
nelle provincie orientali della Prussia e inWestfalia di
2.831.226 iugeri, e cioè dell’8%(130). Da allora l’accentramento
ha fatto indubbiamentemaggiori progressi,
come si rileva ovunque abita un grosso possidente.
L’acquisto delle piccole proprietà che lo circondano
cresce continuamente.
L’avidità del grosso possidente è insaziabile, e cresce
coll’estendersi della sua proprietà.
In Sassonia nel 1860, sopra 228,36 miglia quadrate
di proprietà privata, 942 terre signorili ne abbracciavano
da sole 43,24 e cioè quasi un quinto della
proprietà.Diverse sono le condizioni nelMecklenburg-
Schwerin. Sopra 244 miglia quadrate, il demanio e 7
conventi ne possedevano 107 e tre quarti, già allora;
654 i proprietari di terre signorili e 6 grandi agricoltori
ne possedevano complessivamente 103 ½, i territori
di 40 città e i beni camerali 26,45.
Sopra 15.685 proprietari, non vi erano più di 630
proprietà libere.
In Boemia la chiesa possiede più di 106.000 iugeri
(131), la proprietà feudale abbraccia 1.269 possessi
con 3.058.088 di iugeri di terreno, un terzo di tutto il
paese, mentre non paga che 4 milioni di fiorini di imposta
fondiaria sopra 14. Più della metà delle proprietà
dei fondi signorili appartiene a sole 150 famiglie, e i
soli poderi del principe Schwarzenberg abbracciano
più di 150.000 ettari. Sopra 260 miglia quadrate di
terreno boschivo, 200 sono di proprietà signorile. Sono
terreni incantevoli e vastissimi destinati alla caccia.
DallaBoemia e dalle provincie dellaGermania, delMar
Baltico ecc. gli uomini emigrano in massa quasi tutti
poverissimi, mentre il suolo resta incolto o quasi, perché
proprietà di un altro il quale ne ha abbastanza per
poter consumare la sua ricchezza fondiaria.Altri grandi
possidenti rendono superflua la manodopera mediante
l’introduzione delle macchine, ovvero la trasformazione
del suolo coltivabile in pascolo.
La relazione dell’Ispettore delle fabbriche di Braunschweig
per il 1881, dimostra in quale proporzione si
presenta la esuberanza delle “braccia” nella economia
e nell’industria agricola, constatando il fatto che, malgrado
il notevole aumento della produzione dello zucchero
il numero degli operai è scemato di più di 3000
unicamente per effetto dei migliorati sistemi di lavoro.
La diminuzione nel numero degli operai di campa-
(128) Dopo la sua morte, gran parte del di lui patrimonio
passò al Re di Sassonia. Nota di A. Bebel.
(129) «Auf friedlichem Wege», di Flürschein. Nota di A.
Bebel.
(130) Nuovo Tempo. Anno 1885, pag. 145. Nota di A.
Bebel.
(131) iùgero: unità di misura di superficie usata nell'antica
Roma, equivalente ad un rettangolo di 240 x 120 piedi romani,
ossia a circa 2.500 metri quadri.
Superficie
Aziende
agricole
Perc. sul
totale
inferiore ad 1 ha 2.323.316 44,03
da 1-5 ha 1.719.922 32,54
da 5-10 ha 554.174 10,50
da 10-20 ha 372.431 7,06
da 20-50 ha 239.887 4,50
da 50-100 ha 41.623 0,80
da 100-200 ha 11.033 0,21
da 200-500 ha 9.814 0,18
da 500-1000 ha 3.629 0,07
superiore a 1000 ha 515 0,01
Totale 5.276.344 100,00
109
gna simanifesta inmodo sorprendente nella Gran Bretagna.
Ivi il numero degli operai maschi e femmine
impiegati alla economia rurale raggiunse:
Da allora in poi si è verificata una diminuzione ancora
più sensibile nel numero dei lavoratori di campagna,
eppure la rendita è, in Inghilterra, più alta che in
Germania, in Francia, in Austria e nell’Ungheria. Secondo
il dottor O.I. Brock la rendita per acro (are
40,5, parentesi diA. Bebel) calcolata in litri 35,7 raggiunse
nel 1885:
Come si vede, la differenza nelle rendite fra la Gran
Bretagna e gli altri paesi è notevolissima e dimostra
ciò che si può ottenere con la coltura intensiva. Anche
in Ungheria il numero delle persone impiegate
nell’agricoltura è molto scemato, avendo raggiunto:
nel 1870 : 4.417.514
nel 1880 : 3.669.177
con una diminuzione, quindi, in 10 anni di 748.457
e cioè di più del 17%.
La proprietà passò nelle mani dei grandi magnati e
dei capitalisti, e lemacchine sostituirono l’uomo; perciò
le braccia furono “esuberanti”.
Questi fenomeni si presentano dappertutto nell’economia
rurale.
In Prussia la popolazione delle città crebbe, dal
1875 al 1885, del 20%; quella delle campagne solo
del 4,8%.
Nella Pomerania (132), ove si esercita principalmente
la industria agricola, la popolazione scemò in
questo periodo in ragione di 0,4%; nell’Hohenzollern
crebbe solo in ragione di 0,7%; nella Prussia occidentale
e nello Scleswing-Holstein del 2,3%; in Assia-
Nassau del 2,9%; nella Prussia orientale del 3,3%;
nell’Hannover del 3,4%; nella Slesia del 3,5%; a Posen
del 5,3%; nel Brandeburg del 5,7%; nella Sassonia
del 7,5%; nei paesi Renani dell’8,3%, e nellaWestfalia
dell’11,9%.
Ora poiché l’aumento medio della popolazione in
quel periodo raggiunse in Prussia il 10%, non fu che
nellaWestfalia ove l’aumento della popolazione rurale
abbia superato quello delle città; sarebbe quindi da
vedersi quanto abbiano contribuito a determinare questo
aumento i paesi industriali, e allora il risultato sarebbe
diverso. In tutto lo Stato di Prussia la parte della
popolazione delle città rispetto a quella complessiva
salì dal 34,2%al 37,3%; quella delle campagna discese
dal 65,8% al 62,7%.
E’ poi veramente sorprendente la diminuzione della
popolazione nella Prignizia orientale ed occidentale,
che nel 1865 contava 100 mila abitanti e nel 1885
87.000 soltanto.
Nel periodo di tempo che corre dal 1879 al 1888,
il numero delle caldaie a vapore e dei locomobili – e
quindi di quei motori che si applicarono specialmente
nella economia rurale – salirono in Prussia da 5.536 a
11.571, quindi un aumento del 109,7%.
Secondo la statistica delle professioni agricole per
il 1882, 5.276.344 aziende agricole non impiegavano
più di 391.746 macchine, e cioè il 7,5%; le 24.999
grandi aziende, con una superficie superiore a 100
ettari, ne impiegavano 20.558, e cioè l’82,25%; mentre
le 653.941 aziende di mediocre importanza, aventi
una superficie da 10 fino a 100 ettari, non ne impiegavano
che 246.131, e cioè il 37%.
Naturalmente sono le aziende più importanti quelle
che possono fare un conveniente impiego delle macchine.
Il lavoro intenso di queste, la coltivazione uniforme
di grande superficie di terreno non domandano al
contadino che poco tempo di occupazione, e quindi il
numero dei famigli viene ridotto al puro necessario
per il servizio del cortile e la cura del bestiame, e si
licenziano i braccianti appena compiuto il lavoro.
All’epoca dei raccolti vengono chiamati e invitati
da ogni parte, e per poco la domanda è eccessiva; ma
poi sono di bel nuovo licenziati. In tal modo si va
formando anche tra noi, come già in Inghilterra e più
ancora negli Stati Uniti, un proletariato che dà molto a
pensare. Guai se codesti braccianti domandano un
salario più alto per il tempo in cui trovano occupazione
e quando la domanda supera l’offerta. Si grida all’arroganza
e si licenziano: allora girano per il mondo
affamati, diventano vagabondi, bersaglio agli insulti,
tenuti lontani dalle case dai cani e consegnati, come
altrettanti “discoli” che non vogliono lavorare, alla
polizia perché li faccia chiudere in una casa di lavoro.
Bell’«ordine» davvero!
Lo sfruttamento della proprietà fondiaria per opera
del capitale mena anche per altra via allo stesso risultato.
Parte dei nostri possidenti trasse per molti
anni vantaggi favolosi dalla coltivazione delle barbabietole
e dalla produzione dello zucchero. I sistemi
doganali ne favorivano anche l’esportazione, per
modo che l’imposta sulle barbabietole divenne per
l’Erario quasi una finzione, perché i premi d’esportazione
per lo zucchero consumarono quasi l’introito
dell’imposta sulla barbabietola, Le imposte e i premi
1861 1871 Diminuzione
Uomini 1.833.652 1.328.151 505.501
Donne 376.797 186.450 193.127
Totale 2.210.449 1.514.601 698.628
Grano Orzo
Gran Bretagna 35,2 37,8
Germania 18,7 23,6
Francia 16,0 19,5
Austria 15,5 16,8
Ungheria 11,7 16,0
(132) Pomerania (in polacco: Pomorze) è una regione situata
nel nord della Polonia e della Germania sulla costa meridionale
delMar Baltico, tra i fiumi Vistola e Oder fino ai fiumi
Recknitz a ovest e Notec a sud. Le due città più importanti
sono Danzica e Stettino, entrambe attualmente città polacche.
110
d’esportazione dettero in questi ultimi anni i risultati
seguenti:
Se si detraggono dalla differenza in più le spese di
amministrazione, allora l’entrata si riduce a una quantità
piccolissima, che nell’anno finanziario 1889-90
fruttò, per esempio, 9 milioni soltanto.
I premi assicurativi ai fabbricatori di zucchero
per ogni due quintali di zucchero, superavano dimolto
l’imposta da essi pagata per la barbabietola, e si ponevano
quindi i fabbricanti in condizione di poter vendere
lo zucchero in quantità enormi a spese dei contribuenti
nazionali, e di estendere sempre più la coltura
della barbabietola.
I profitti toccati a quasi 400 fabbriche di zucchero
per effetto di questo sistema d’imposta, furono
calcolati nel 1889-90 a più di 31 milioni di marchi,
sicché ogni fabbrica avrebbe guadagnato 78.000 marchi
in cifra rotonda. Migliaia di ettari, coltivati fino
ad oggi a cereali, a patate ecc., furono destinati alla
coltura della barbabietola; le fabbriche si moltiplicarono,
altre stanno per sorgere, e la conseguenza necessaria,
inevitabile sarà un crac enorme.
La rendita elevata della coltivazione della barbabietola
esercitò una salutare influenza sul prezzo dei
terreni, che salì; d’onde l’acquisto dei piccoli poderi,
che proprietari, allettati dall’altezza dei prezzi, si
lasciarono persuadere a vendere.Mentre il suolo viene
così utilizzato a scopo di speculazione industriale, la
coltura dei cereali e delle patate su terreni di qualità
inferiore va limitandosi; di qui la necessità di importare
dall’estero i generi alimentari.
La domanda supera l’offerta. L’enorme importazione
di prodotti stranieri e la tenuità delle tariffe di
trasporto dalla Russia, dai Principati Danubiani, dall’America,
dalle Indie ecc., determina tali prezzi, per
cui gran parte dei possidenti nazionali, gravati come
sono da ipoteche e da imposte, con un suolo di poco
valore, un’azienda spesso male organizzata, e peggio
amministrata, non possono reggersi.
Si impongono dazi enormi sulle importazioni straniere,
il cui vantaggio non è goduto che dal potente,
mentre il misero non ne trae il minimo profitto, e che
aggravano enormemente la popolazione non agricola.
Il vantaggio di pochi è il danno di molti, la piccola
e media agricoltura va decadendo, né vi è per essa
erba da mangiare.
Si ammette generalmente che la condizione dei
piccoli agricoltori è andata sempre peggiorando durante
il periodo dei dazi protettori. Tutti i vantaggi
che il grosso possidente trae dai dazi alti, dai divieti
di importazione e dalle barriere doganali, lo pongono
in condizione di poter esercitare tanto più agevolmente
il monopolio sui piccoli possidenti, i quali,
producendo solamente tanto che basta a mantenere
sé e la famiglia, non ritraggono alcun profitto da coteste
misure.
Il numero stragrande di coloro i quali non producono
tanto che basti a mantenerli e uno sguardo alla
statistica delle professioni e della divisione delle terre,
mostra che la maggior parte dei possidenti e degli
agricoltori risente un danno diretto dal rincaro dei
generi alimentari, determinato dai dazi e dalle imposte
indirette. Se poi capita un cattivo raccolto, che
diminuisca ancor più la rendita delle terre, allora il
peso diventa ancora più intollerabile, ed anche il numero
di quelli che erano costretti a comperare i prodotti
diventa maggiore.
In nessun caso i dazi e le imposte indirette possono
migliorare la condizione sociale della maggioranza,
cioè far le cose a rovescio.
La completa rovina della piccola proprietà viene
quindi accelerata piuttosto che ritardata. La Baviera,
uno dei paesi più agricoli della Germania, fornisce
una prova tipica della condizione delle piccole proprietà.
Secondo l’Annuario del R. Ufficio di statistica
bavarese furono espropriati coattivamente in
Baviera:
nel 1885:
1.318 fondi della superficie di 11.457 ha
nel 1886:
1.348 fondi della superficie di 8.582 ha
nel 1887:
1.111 fondi della superficie di 7.935 ha
nel 1888:
1.514 fondi della superficie di 10.438 ha
Rimasero senza amministrazione per più o meno
lungo tempo:
nel 1885:
175 fondi con 1.118,6 ha di superficie
nel 1886:
169 fondi con 681,2 ha di superficie
nel 1887:
186 fondi con 1.037,5 ha di supeficie
nel 1888:
265 fondi con 1.622,3 ha di superficie
Quanto ai fondi fino a 10 ettari considerati piccoli,
da 10 a 100 ettari considerati medi, e da 100 in su
come grandi, le vendite all’asta si ripartirono così:
Rendita lorda
imposta sulla
barbabietola
Compenso per
lo zucchero
esportato
1885-86 113.125.100 90.076.600
1886-87 141.213.400 108.821.000
1887-88 118.387.600 105.568.000
1888-89 108.693.600 80.067.100
Marchi Marchi
Piccola
proprietà
Media
proprietà
Grande
proprietà
nel 1885 80,9 18,7 0,4
nel 1886 83,8 16,0 0,2
nel 1887 80,5 19,0 0,1
nel 1888 81,5 18,4 0,4
111
Se poi vogliamo sapere la parte della superficie
totale espropriata nel 1888, per esempio riferibilmente
ai diversi gruppi, troveremo per la piccola
proprietà il 40,7%, per la media il 55,7% e il 3,6%
per la grande possidenza. Di 1.514 fondi espropriati
nel 1888 avevano la superficie fino a 1 ettaro:
280; da 1 a 2 ettari: 128; da 2 a 3: 184; da 3 a 4:
128; da 4 a 5: 103; da 5 a 10 ettari: 307. Quindi il
61,6% di tutti i fondi espropriati è rappresentato
esclusivamente da minuscoli poderi da 1 a 5 ettari
di superficie; e appartengono alla categoria delle
perdite della piccola agricoltura. Viene in prima linea
il distretto governativo, dove è sviluppatissima
la proprietà parcellare, e cioè il Palatinato (133): il
52,9% di tutte le proprietà comprese in questo distretto
non superano in superficie 1 ettaro. I piccoli
viticultori, i coltivatori di tabacco, vanno in rovina
nel giocondo Palatinato; 77,3% dei fondi ivi
espropriati nel 1888 non superava in superficie 5
ettari. La percentuale più alta fra i fondi inferiori a
5 ettari soggetti ad espropriazione si trova nella
sede della coltura del luppolo e cioè nella Franconia
(134) media che ha il 71,1%, di cui il 29,8% di
fondi inferiori a 1 ettaro. Viene dopo la Svezia con
70,8%; poi un centro della industria casalinga, l’alta
Franconia, col 60%; poi la Franconia inferiore,
ove predomina la coltura della vite e del giardinaggio,
col 56,5%; la bassa Baviera col 54,1%, l’alta
Baviera col 53,1%, e l’alto Palatinato col 50%.
Nell’Austria Cisleitana (135), eccetto Vorarlberg e
la Dalmazia, la cifra dei terreni venduti all’asta nel
1874 fu di 4.720, che salì nel 1877 a 6.979, e nel
1879 a 11.272. I poderi erano più del 90%. Nel
1874 furono venduti all’asta nell’Austria Cisleitana
4.413 poderetti gravati ciascuno da un debito medio
di 3.136 fiorini per podere, ma nel 1878 i poderi
furono 9.090 con un debito medio ciascuno di
4.290 fiorini. La somma della inscrizione ipotecaria
rimasta esclusa per insufficienza del prezzo ricavato
dalle vendite fu nel 1874 di 4.679.753 fiorini,
cioè il 30,8% del debito totale; nel 1878 di
20.366.173 fiorini, e cioè il 52,2% del debito totale.
In Ungheria già nel 1876 le vendite all’asta di
immobili non furono meno di 12.000.
Finché il proprietario amministra e coltiva il suo
fondo, nell’era della “sacra” proprietà privata, è la
sua casa, è il suo diritto. Che importa a lui della
comunità e del suo benessere? Egli deve pensare a
se stesso e quindi: libera via. L’industriale fabbrica
anche figure oscene, stampa libri immorali, apre
stabilimenti per adulterare i generi alimentari. Tutto
ciò è dannoso alla società, perché calpesta la morale
e aumenta e diffonde la corruzione. Ma che
importa? Egli intasca danari più che non potrebbe
con immagini morali, con libri di scienza e colla
vendita onesta dei generi alimentari non adulterati.
L’industriale avido di lucro deve preoccuparsi soltanto
di non farsi scoprire dalla polizia, e allora egli
può esercitare tranquillamente il suo mestiere dannoso,
nella certezza di essere invidiato e rispettato
dalla società per il danaro che guadagna. Nulla può
meglio giovare a dimostrare il carattere del nostro
secolo quanto la Borsa e il suo traffico.
I prodotti della terra e dell’industria, i mezzi di
comunicazione, gli scambi, le condizioni climateriche
e politiche, la carestia e l’abbondanza, la miseria
e le disgrazie, debiti pubblici, scoperte ed invenzioni,
salute, malattie e morte di persone influenti,
guerre e voci di guerra trovate spesso
solo a tal uopo, tutto ciò ed altre cose ancora formano
oggetto di speculazione, e vengono utilizzate
a scopo d’inganno e di sfruttamento. I matadori
del capitale esercitano in questo campo l’influenza
più decisiva sullo stato della intera società
e accumulano favolose ricchezze, favoriti dalle
loro potenti relazioni e dai loro mezzi. Ministri e
Governi diventano in loro mano dei burattini, che
devono muoversi a seconda che essi, i matadori
delle Borse tirano i fili dietro le quinte. Lo Stato
non ha in suo potere la Borsa; è questa, al contrario,
che ha in suo potere lo Stato. Il ministro deve
ingrassare controvoglia la “pianta venefica” che
egli preferirebbe di sradicare mentre è costretto a
darle una nuova forza.
Tutti questi fatti, che si accumulano ogni giorno
più, col crescere dei mali, gridano vendetta,
come suol dirsi e richiedono pronti e radicali rimedi.
Ma la presente società si trova impotente davanti
a cotesti mali, come certi animali davanti alle
montagne, e gira continuamente come un cavallo
intorno al mulino senza aiuto e senza consiglio,
vera immagine del dolore e della stupidità.
Quelli che vorrebbero prestare aiuto sono ancora
troppo deboli; quelli che ne avrebbero il dovere
non sanno e non conoscono; quelli che potrebbero
non vogliono; essi si affidano alla forza e pensano
nella migliore ipotesi con madama Pompadour:
Après nous le déluge [famosa la frase di Luigi
XV:Dopo di me il diluvio, anche col significato:
dopo di me può crollare anche l’Universo! NdR].
Ma se il diluvio avvenisse finché essi vivono?
Ora ci si dice: giacché voi siete critici così valenti,
indicateci anche il rimedio, e presentate le
vostre proposte. E’ facile farle, ma possono essere
realizzate, allo stato presente delle cose, solo
(133) Palatinato (Plalz o Rheinplalz), regione storica della
Germania formatasi da un complesso di feudi appartenenti alla
casa di Franconia; il nome della regione è stato dato da Corrado,
fratello dell’imperatore Federico I, nominato principe dell’Impero
e “conte palatino sul Reno”, con sede inAquisgrana. Dopo
varie modificazioni territoriali, nel 1873 Palatinato renano e
Palatinato Superiore fecero parte del regno di baviera. Oggi la
regione il Palatinato è limitata al territorio alla sinistra del Reno.
(134) Franconia (Franken), regione storica della Germania
centro-meridionale, fra il Reno, la Fulda, il Meno e il Neckar;
faceva parte di un territorio della monarchia franca chiamato
Francia Teutonica.
(135) Dopo la guerra austro-prussiana del 1866, in cui l’impero
asburgico uscì sconfitto, i rappresentanti della “nazione
austriaca” e della “nazione magiara” ripresero le trattative per
giungere ad un accordo che venne firmato nel 1867 (Ausgleich),
secondo il quale lo Stato asburgico si divise in Cisleitana (Austria
e litorale austro-illirico) e Transleitana (Ungheria, Croazia
e Slavonia). Politicamente i due regni erano uniti, ma per le
questioni interne ciascuno agiva come entità statale separata.
112
col consenso e l’appoggio delle classi dominanti.
Ma è qui che s’incontra l’ostacolo: ogni progetto,
la cui realizzazione ferirebbe gli interessi materiali
di coteste classi ed anche solo minacciasse di
mettere in questione la loro posizione privilegiata,
viene da essi rabbiosamente combattuta e stimmatizzata
come un tentativo diretto a sconvolgere
l’attuale ordinamento politico e sociale. Non si
può curare però la società malata senza mettere in
questione gli interessi ed i privilegi delle classi dominanti,
e senza lasciarli definitivamente cadere.
“La lotta per la redenzione delle classi operaie
non è combattuta per ottenere privilegi e prerogative,
bensì per conseguire eguaglianza di diritti e
di doveri e per la eliminazione di ogni privilegio e
di ogni prerogativa”. Ne segue naturalmente che
con mezze misure e con piccole concessioni nulla
si fa, per quanto importanti possano parere in un
dato momento.
Finora le classi dominanti consideravano la
loro posizione non solo come perfettamente conforme
a natura, ma anche come sottintesa, la cui
legittimità e continuità nessuno potrebbe mettere
in dubbio, e perciò si comprende anche che esse
respingano e combattano sempre decisamente
qualsiasi progetto che metta in dubbio cotesta legittimità.
Le disposizioni di coteste classi in Germania,
si mostrano con la massima evidenza nelle
così dette riforme sociali. Tutti i progetti e le leggi
che mutano anche lievemente le basi del presente
ordine sociale e la posizione privilegiata delle
classi dominanti, li allarmano sommamente forse
perché potrebbe farsi appello alla loro borsa.
Montagne di carta vengono insudiciate e stampate,
ma infine non fanno che partorire un piccolo
topo.
Essi osteggiano con tale violenza le domande
più semplici e più naturali relative alla protezione
del lavoro, come se dalle concessioni fatte su
tale terreno dipendesse la esistenza stessa della
società.
Dopo lotte infinite vengono loro strappate alcune
concessioni, e allora essi si atteggiano in
modo da far credere quasi che abbiano dovuto rimetterci
una gran parte del loro patrimonio.
Non meno ostinata opposizione essi mostrano
le quante volte si tratti di riconoscere la eguaglianza
giuridica degli oppressi, e, per esempio,
nella questione della locazione d’opera di trattare
con essi come con eguali.
Questa opposizione anche per le cose più semplici
e contro le domande più naturali, conferma il
vecchio dettato sperimentale, che nessuna classe
dominante si può convincere per via di ragionamenti,
se la forza delle circostanze non la costringe
a cedere, ad arrendersi.
Questa forza consiste nel progresso della società
e nell’aumento della coltura che da questo
progresso deriva. Gli attriti di classe dei quali ci
siamo occupati allorché illustrammo e criticammo
le attuali condizioni diventano sempre più aspri ed
evidenti. Cresce quindi nelle classi oppresse e
sfruttate la coscienza della caducità dell’ordine attuale
di cose, alimenta in esse lo spirito di ribellione,
e con questo la pretesa di trasformare queste
condizioni e di renderle più umane. Questa coscienza
facendosi sempre più universale, conquista
a poco a poco la maggioranza della società
che è la più direttamente interessata a cotesta trasformazione.
Ma nella stessa misura che va crescendo e diffondendosi
nelle masse cotesta coscienza, decresce
la forza di resistenza delle classi dominanti,
la cui potenza riposa essenzialmente sulla ignoranza
degli oppressi. Questa reciprocità di effetti
è evidente, e quindi deve essere ben accetto tutto
ciò che essa affretta e facilita. I progressi della
economia capitalistica da un lato sono controbilanciati
dall’altro dalla crescente coltura del proletariato.
Quindi anche se per togliere le antitesi sociali
ci vogliono fatica, sacrifici e sangue, ciò non
è che questione di tempo, la cui soluzione dipende
da fattori ed elementi che sono al di fuori dall’influenza
di un individuo o di una classe, si raggiungerà
allorquando coteste antitesi sociali
avranno raggiunto quel punto più alto del loro sviluppo,
al quale si avvicinano rapidamente. Le norme
da osservarsi nelle singole fasi di sviluppo dipendono
dalle circostanze del momento ed è impossibile
predire quali norme saranno rese necessarie
da tali circostanze nei singoli casi. Se nessun
governo, nessun ministro, per quanto potente,
può predire che cosa le circostanze lo costringeranno
a fare nell’anno venturo, tanto meno
possono predirlo persone che, oltre essere prive
di qualsiasi autorità politica, non hanno a loro disposizione
verun strumento di governo.
Senza forza non si può creare nessun nuovo
diritto.
Perciò più avanti, nella trattazione sulle forme
della società dell’avvenire, potremmo procedere
solo in via di ipotesi e partire da premesse che
ammettiamo come già avverate.
Noi poniamo quindi per base che in un dato
momento del tempo tutti i mali e gli inconvenienti
da noi esposti arrivino a tale punto che, non
solo saranno visibili alla grande maggioranza
della popolazione, ma si faranno sentire così da
parere insopportabili, e tutta la società sarà dominata
da un desiderio così irresistibile di una
radicale trasformazione da farle parere come più
adatto a rispondere allo scopo l’aiuto più pronto
e sollecito. Ora, se è vero che tutti i mali sociali
senza eccezione trovano la loro sorgente nell’ordinamento
sociale, e si rendono più acuti nel sistema
di economia capitalistica, che riposa sullo
sfruttamento e sulla oppressione dell’uomo per
mezzo dell’uomo, e solo perciò il capitalista può
essere il padrone degli strumenti di lavoro, e cioè
della terra, delle macchine, dei mezzi di trasporto,
dei generi alimentari, se è vero tutto ciò è necessario
in prima linea trasformare questa proprietà
privata per via di una grande espropriazione in
proprietà sociale o collettiva (comunismo).
113
Espropriati gli strumenti di lavoro, la società crea
la nuova base. Le condizioni di vita e di lavoro per
entrambi i sessi: industria, agricoltura, traffico, educazione,
matrimonio, scienze, lettere ed arti, insomma
tutta l’esistenza umana si trasforma. L’ordinamento
politico come tale perde a poco a poco terreno.
Si è visto nella prima parte di questo lavoro come
si sia formato lo Stato. Lo Stato è il prodotto, la
risultante di una evoluzione sociale dalla forma primitiva
di associazione umana che riposava sul comunismo,
a quella ove a poco a poco si formò la
proprietà privata.
Col formarsi di questa, nel seno della società cominciano
necessariamente a sorgere interessi antagonistici,
i quali nel corso del loro sviluppo conducono
alle rivalità fra i vari ceti e fra le varie classi, degeneranti
a poco a poco in aperta inimicizia e in ostilità,
che minacciano la stabilità del nuovo ordinamento
sociale. Per impedire queste lotte di classe e difendere
la proprietà minacciata, è necessaria una organizzazione
che impedisca la oppressione al possesso e alla
proprietà e dichiari “leale” e “sacro” il possesso acquistato
in determinate forme. Codesta organizzazione
protettrice della proprietà è lo Stato.
E’ lo Stato che assicura mediante leggi il possesso
al proprietario, e respinge, chi attenta all’ordine costituito,
come giudice e i suoi vindice. Quindi l’interesse
dei poteri dello Stato è anche l’interesse dei proprietari
e viceversa. Lo Stato è dunque l’organizzazione
necessaria ad un ordinamento sociale fondato sul predominio
delle classi. Quando gli antagonismi di classe
cadranno collo sparire della proprietà privata, lo Stato
perderà non soltanto il diritto all’esistenza, ma anche
la possibilità di esistere. Lo Stato non è altro che la
organizzazione della forza per legittimare i vigenti sistemi
della proprietà e i rapporti sociali di dominio.
Lo Stato cessa quando si tolgono codesti rapporti
di soggezione, alla stessa guisa che la religione sparisce
quando vien meno la fede nel sopranaturale ovvero
nelle forze soprasensibili e trascendentali. Le
parole devono avere un significato, e quando lo perdono,
allora cessano di rappresentare dei concetti e
delle idee. Ebbene, salterà su ad opporre il lettore
intinto di pece capitalistica: “Tutto va bene, ma con
quali ragioni giuridiche la società giustificherà codesti
cambiamenti ?”.
La ragione giuridica è quella stessa che è stata sempre,
quando si è trattato di trasformazione e di cambiamenti,
cioè il bene generale.
La fonte del diritto non è già lo Stato, ma la società;
lo Stato non è che un commesso che deve amministrare
e misurare il diritto. La “Società” fu fino ad
oggi solo una piccola minoranza, che trattava però in
nome della società intera, e cioè del popolo, spacciandosi
per la “Società” come Luigi XIV si spacciava per
lo Stato: l’ètat c’est moi. Quando i giornali annunzia-
La Socializzazione della società
no: la stagione comincia, la Società fa ritorno alla città,
ovvero, la stagione sta per finire, la Società va in
campagna, non intendono, con tali espressioni, indicare
il popolo, bensì le poche migliaia di alto locati
che formano la “Società”, e che sono poi quelli stessi
che costituiscono lo “Stato”.
La folla è plebe, vile moltitudine, canaglia, “Popolo”.
Quindi anche tutto quello che lo Stato intraprende
a fare in nome della Società per il bene generale, fu
sempre vantaggioso specialmente alle classi dominanti,
nell’interesse delle quali furono fatte le leggi ed applicate
“Salus reipublicae suprema lex esto” (136), è notoriamente
un vecchio principio romano di diritto.Ma
chi costituiva la repubblica romana? Forse i popoli
soggiogati, i milioni di schiavi? No!, solo lo scarsissimo
numero di cittadini romani, e in primo luogo la
nobiltà che si faceva mantenere dai popoli soggiogati.
Quando la nobiltà e i principimedioevali usurparono
i beni pubblici, lo fecero “per amore del diritto” e
“nell’interesse del bene generale”, e noi abbiamo visto
più sopra che cosa si è fatto dei beni pubblici e delle
proprietà dei poveri contadini.
La storia degli ultimi cinque secoli è una storia di
continue rapine a danno delle proprietà pubbliche e
private, rapine commesse nei vecchi Stati civili dell’Europa
dalla nobiltà, e nell’Europa meridionale anche
dallaChiesa.Quando la rivoluzione francese espropriò
i beni della nobiltà e della Chiesa, lo fece “in nome
del bene generale” e sette milioni di piccole proprietà,
che rappresentano la forza della Francia borghese dei
tempi nostri, devono a codesta espropriazione la loro
esistenza. In nome del “bene generale” la Spagna strappò
più volte i beni della Chiesa, e l’Italia li confiscò
intieramente, applaudite dai difensori più zelanti della
“sacra proprietà”.
La nobiltà inglese ha spogliato per più secoli il popolo
irlandese e inglese, appropriandosi “legittimamente”
dal 1804 al 1831 non meno di 3.511.710 acri di
terreno “nell’interesse del bene generale”. E quando
nella gran guerra per la liberazione degli schiavi combattutasi
nel nord dell’America,milioni di schiavi, che
erano pur diventati proprietà dei loro padroni, furono
dichiarati liberi indipendentemente da qualsiasi risarcimento
verso i padroni, ciò avvenne sempre “in nome
del bene generale”. Tutto il nostro progresso borghese
è un continuo processo di espropriazione e di confisca,
per cui il fabbricante dissangua l’operaio, il possidente
dissangua il contadino, il commerciante dissangua
il negoziante e finalmente un capitalista dissangua
l’altro, cioè il più grande e il più forte opprime
il più piccolo e il più debole. E se noi diamo retta alla
borghesia, tutto ciò avviene “per il bene generale” o
“a vantaggio della Società”.
(136) Dal latino: la salvezza della repubblica deve essere la
legge suprema.
114
I Napoleonidi (137) “salvarono la Società”, nel
18 gennaio e nel 2 dicembre; e la “Società” li felicitò;
e se la società dell’avvenire si salva facendo ritornare
in sua mano la proprietà che essa ha creata,
essa compie opera ragionevolissima, perchè non si
tratta già di opprimere uno a vantaggio dell’altro,
bensì di assicurare a tutti eguali condizioni di esistenza,
e di rendere possibile a ciascuna una vita più
degna dell’uomo. E’ la misura più moralmente e altamente
corretta che la Società umana abbia mai presa.
Nella sua quarta lettera sociale indirizzata al signor
von Kirchmann, intitolata “Il Capitale”, Rodbertus
(138) dice a pag. 117:
“Non è una chimera la distruzione di ogni proprietà
fondiaria e capitalistica, bensì è concepibilissima
dal punto di vista della economia nazionale.Anche se
essa rappresentasse certamente il rimedio più radicale
per la Società, la quale, come si dirà fra poco,
soffre per l’aumento della rendita fondiaria capitalistica,
sarebbe pur sempre la sola forma atta a distruggere
il sistema della proprietà privata così della terra come
del capitale, forma la quale non interromperebbe neanche
un momento lo scambio e il progresso della
ricchezza nazionale”.
Che cosa ne dicono i nostri agrari di queste espressioni
di un uomo che appartenne una volta al loro
partito?
Ora osservando il modo con cui si sono formate
secondo una legge determinata le cose nei diversi rami
della attività umana, s’intende da sè come non si tratti
di segnare o stabilire dei confini insuperabili e delle
norme immutabili. Nessuno può oggi prevedere come
le generazioni future si organizzeranno e soddisferanno
ai loro bisogni. Nelle società come nella natura,
tutto passa, uno arriva e l’altro se ne va, il vecchio,
l’antiquato viene sostituito dal nuovo e vitale.
Si fanno e si applicano scoperte, invenzioni e miglioramenti
vari e molteplici dei quali nessuno può
comprendere la portata ed il valore e tali da trasformare
i sistemi della vita umana e la società. Qui pertanto
noi non possiamo trattare che lo sviluppo di
principi generali, la cui illustrazione emerge dalle premesse
e la cui applicazione si può distinguere solo
fino ad un certo grado. La società non fu finora un
essere automatico che si sia lasciato guidare dai singoli,
sebbene le apparenze abbiano potuto farlo credere
tale. “Si crede di comandare e si è comandati”.
Fu invece un organismo che si sviluppa secondo determinate
leggi immanenti, sottratto anche per l’avvenire
al capriccio ed alla volontà degli individui.
Quando la società arriverà a conoscere il segreto della
sua esistenza, essa avrà scoperto anche la legge del
suo sviluppo e la applicherà coscientemente per far
nuovi progressi.
* * *
Non appena la società si trova in possesso di tutti
gli strumenti del lavoro, l’obbligo del lavoro per tutti,
senza differenza di sesso, costituisce la legge fondamentale
del socialismo. La società non può esistere
senza lavoro e quindi essa ha il diritto che chiunque
vuol soddisfare ai propri bisogni lavori colle sue
capacità fisiche ed intellettuali per produrre. La stolta
affermazione che i socialisti vogliano oziare e abolire
il lavoro, un assurdo senza pari, si ritorce contro
gli avversari. Gli oziosi, i neghittosi non ci sono che
nel mondo borghese, perchè fanno lavorare gli altri
per sè.
Il socialismo consente per una volta coll’insegnamento
della Bibbia là dove questa dice: Chi non lavora
non deve mangiare. Senonchè il lavoro non è soltanto
lavoro e cioè attività in se stessa, ma anche lavoro
utile e produttivo. La nuova società richiederà che
ognuno compia un determinato lavoro industriale, commerciale,
agricolo per mezzo del quale egli possa creare
una determinata quantità di prodotti per la soddisfazione
dei suoi bisogni.
Senza lavoro nessun guadagno, nessun lavoro senza
guadagno.
Essendo però tutti obbligati a lavorare, tutti hanno
anche lo stesso interesse di conseguire tre condizioni.
In primo luogo: che il lavoro sia moderato, e cioè
non troppo soverchiamente intenso e lungo; in secondo
luogo: che il lavoro sia quanto è più possibile
gradito e alternato; in terzo luogo: che sia quanto è più
possibile abbondante dipendendo specialmente da ciò
la misura del guadagno.
Tutte queste tre condizioni dipendono dal modo,
dalla quantità, dalla qualità delle forze produttive impiegate
e dalle esigenze che la società impone per la
sua conservazione.
Ora, perché la società socialistica non si fonda per
vivere da proletari, ma per abolire il proletariato e per
render possibile a chiunque un’esistenza agiata, sorge
la domanda: fino a che punto la società spingerà le
sue pretese?
Per poterlo determinare, è necessario organizzare
un’amministrazione che abbracci tutti i rami dell’attività
sociale. I singoli comuni costituiscono una base
adatta a tal uopo, e nel caso che essi siano così grandi
da rendere difficile l’esame dei dettagli, si potrebbero
dividere in circoli.
Come già nella società primitiva, così ora nel più
alto grado di civiltà, tutti i cittadini di un comune maggiori
d’età senza differenza di sesso parteciperebbero
alle elezioni ed alle nomine delle persone di loro fiducia
alle quali si commetterebbero le amministrazioni.
A capo delle amministrazioni locali starebbe l’amministrazione
centrale – ben inteso nessun governo
che eserciti un’autorità e un potere dominante – ma
solo un collegio amministrativo che eseguisca. E’ indifferente
che quest’amministrazione centrale sia eletta
(137) Membri della dinastia di Napoleone, a partire da
Napoleone I. La data del 18 gennaio (1800) probabilmente
riguarda la fondazione della banque de France in grado di emettere
banconote, e la data del 2 dicembre è riferita al colpo di
Stato del 1851di Luigi Bonaparte col quale si chiuse la breve
vita della seconda Repubblica e si crearono le premesse per
l’instaurazione del Secondo Impero.
(138) Si tratta di Johann Karl Rodbertus, economista riformista
tedesco (1805-1875), nazionalista e monarchico, tra le
cui opere più note vi sono per l’appunto le “Lettere sociali a
von Kirchmann” del 1850-1851.
115
dal comune o dalle amministrazioni comunali. Non si
annetterà a tali questioni una grande importanza, non
trattandosi già di occupare posti che fruttino o speciali
onori o maggiori autorità o uno stipendio largo,
ma soltanto di cariche di fiducia, alle quali saranno
chiamati i più idonei siano maschi o femmine, che
saranno rimossi ovvero rieletti a seconda del bisogno
e del desiderio degli elettori; sono cariche che si assumono
soltanto temporaneamente.
Coloro che le occupano non acquistano quindi
la qualità di impiegati, non essendovi continuità di
funzioni e mancandovi una gerarchia per gli avanzamenti.
Da questo punto di vista, diventa indifferente anche
la questione se si debba istituire un grado intermedio
fra l’amministrazione centrale e le amministrazioni
locali, e cioè l’amministrazione provinciale.
Se lo si ritiene necessario, si istituisca, altrimenti
se ne faccia a meno. In tutto ciò, quello che decide è
il bisogno quale si manifesta nella pratica. Se il progresso
della civiltà ha resi superflui i vecchi ordinamenti,
si aboliscano senza tanto chiasso, non essendovi
alcun interesse personale a sostenerli, e se ne
istituiscano di nuovi.
Quest’amministrazione, dunque, che riposa sulla
più larga base democratica, è assai differente
dall’odierna.
Quante discussioni nei giornali e nei nostri parlamenti,
e quale cumulo di atti nelle nostre cancellerie,
per il più insignificante mutamento nell’amministrazione!
Ora ciò che importa è di determinare il numero e
la specie delle forze disponibili, il numero e la specie
degli istrumenti di lavoro, e quindi delle fabbriche, dei
laboratori, deimezzi di trasporto, della proprietà ecc.,
e la potenzialità di lavoro avuta fin qua. Inoltre deve
determinarsi la quantità delle provvigioni esistenti e la
misura dei bisogni nei vari articoli ed oggetti, durante
un certo periodo di tempo, necessario per il mantenimento
della società.
Quindi, come oggi lo Stato e le varie comunità
fanno ogni anno il loro bilancio, così questo si farà
per l’avvenire per tutti i bisogni sociali, senza escludere
i cambiamenti che fossero richiesti da nuovi e
più grandi bisogni.
In tutto ciò la parte più importante spetta alla statistica,
che diventa la scienza ausiliaria più importante
della società, porgendo essa la misura di ogni attività
sociale.
Anche oggi la statistica viene applicata largamente
a simili scopi.I bilanci dei regni, degli Stati e dei comuni
si fondano sopra un gran numero di dati statistici
raccolti ogni anno nei singoli rami amministrativi.
Una esperienza più lunga, ed una certa stabilità nei
bisogni normali, la rendono più facile.
Anche l’assuntore di una grande industria, come il
commerciante, è in grado di determinare con precisione,
in condizioni normali, il fabbisogno per il prossimo
trimestre e in qual modo deve regolare la produzione
e gli acquisti. Non sopravvenendo mutamenti
straordinari, egli può farvi fronte senza grandi difficoltà.
L’esperienza che le crisi sono prodotte dalla eccessiva
produzione, e cioè dall’essersi gettate sul
mercato mondiale un’immensa quantità di merci senza
conoscenza alcuna dei bisogni e delle condizioni
del traffico nei diversi articoli, ha indotto già da vari
anni i grandi industriali dei vari rami ad unirsi in società
per determinare da un lato i prezzi, e per calcolare
dall’altro il consumo giusta le fatte esperienze, e regolare
quindi la produzione. In conformità alla capacità
produttiva d’ogni singola industria ed a seconda
dello spaccio, si determina spesso quanto ogni singola
impresa può far produrre per i mesi sucessivi. Le
contravvenzioni vengono punite con una pena convenzionale
e col bando. Senonchè gli imprenditori non
stringono questi patti a profitto del pubblico, ma a
danno dello stesso e a vantaggio loro proprio. Il loro
scopo è quello di approfittare della forza di coalizione
per procacciarsi i più grandi vantaggi. Un simile regolamento
della produzione ha dunque per scopo proprio
tutto il contrario di quello che si propone un simile
regolamento nella società socialistica.
Mentre là l’interesse dell’imprenditore è la regola,
qui la regola è invece l’interesse della generalità. Si
produce per soddisfare i bisogni di tutti e non già per
procacciare dei grossi guadagni ai singoli col caro
prezzo.
Senonchè nemmeno il cartellomeglio organizzato
nella società borghese può scoprire e tener conto di
tutti i fattori. La concorrenza e la speculazione infuriano
anche sotto il cartello, e così si scopre all’improvviso
che il conto non torna, per cui l’edificio artificiale
rovina. Quelli che ne soffrono di più sono gli
operai i quali, sotto la stretta del cartello dei capitalisti,
mentre non possono approfittare delle circostanze
favorevoli, devono al contrario sopportare e pagare
a loro spese quelle sfavorevoli.
Non altrimenti che la grande industria, anche il
commercio ha statistiche diffuse. Le grandi piazze
commerciali e marittime presentano ogni settimana
prospetti sulle provvigioni di petrolio, caffè, cotone,
zucchero, cereali; statistiche spesso inesatte, perchè i
proprietari dellemerci sono personalmente interessati
a nascondere la verità. Tuttavia esse in complesso
sono discretamente sicure, e danno modo agli interessati
di vedere come si atteggerà il prossimo mercato.
Anche qui però penetra la speculazione, che delude
e rovescia ogni calcolo, rendendo impossibile fare
affari su dati positivi.
Come è impossibile regolare la produzione nella
società borghese rispetto alle migliaia di produttori
privati fra loro in conflitto, così è altrettanto impossibile
di regolare la distribuzione attraverso la speculazione
mercantile.
Ciò che vien fatto prova solo ciò che si potrebbe
fare, se sparissero gli interessi individuali e sola norma
direttiva fosse l’interesse generale. Una prova di
ciò è fornita, per esempio, dalle statistiche della rendita,
che vengono compilate ogni anno negli Stati civili
più progrediti, e permettono di determinare la quantità
del prodotto della rendita, la entità dei veri bisogni, e
la verosimiglianza dei prezzi.
Però in una società retta a sistema socialistico i
116
rapporti sono completamente disciplinati, perchè tutta
la società è organizzata. Tutto dunque procede secondo
un piano ben ordinato, e quindi è facile anche
determinare la misura dei vari bisogni. Se poi si fa
precedere qualche esperimento, allora tutto si compie
con la massima facilità. Quando poi si paragonino le
statistiche dei bisogni, compilate secondo le circostanze
e le categorie di lavoro nei vari periodi, con la
potenzialità tecnica e fisica della società, allora si conosce
quanta deve essere in media la durata del lavoro
quotidiano.
Se anche il singolo sceglie il terreno ove svolgere
la sua attività, il gran numero e la serietà degli impiegati
tien conto dei desideri più differenti. Se da una
parte vi è eccedenza e dall’altra mancanza di forze,
l’amministrazione provvede a ristabilire l’equilibrio.
Compito precipuo dei funzionari deve essere quello di
organizzare la produzione e di rendere possibile alle
varie forze di trovare impiego nel posto adatto. Quanto
più tutte le forze si esercitano a vicenda, le ruote
della macchina girano sempre meglio. Ogni industria
sceglie i suoi capi che devono assumere la direzione,
non già per fare gli aguzzini, come fanno oggi gli ispettori
e i capi delle fabbriche, ma per fare da compagni
i quali esercitano la funzione amministrativa loro commessa
in luogo di quella di produttori. Non è quindi
escluso che con un’organizzazione più perfetta e un
grado più alto di coltura, queste funzioni vengano alternate
in modo, che dopo un certo turno tutti, senza
distinzione di sesso, possano assumere per un certo
periodo quelle funzioni.
Cotesta organizzazione del lavoro, raccomandata
alla completa libertà ed all’eguaglianza democratica,
ove uno fa per tutti, e tutti per uno e che risveglia il
più alto sentimento di solidarietà, desterà anche negli
animi lo spirito di emulazione e nelle menti il genio
creativo, quali non si incontrano mai nel sistema economicomoderno.
Inoltre il singolo e tutti avranno l’interesse
reciproco, lavorando tutti per uno e uno per
tutti, che il lavoro sia buono e perfetto, e sollecitamente
finito, sia per risparmio di tempo, sia per impiegarlo
a produrre e a soddisfare bisogni più nobili.
Ciò darà occasione a tutti di pensare amigliorare, semplificare
ed affrettare il processo del lavoro.
L’ambizione di scoprire e trovare sarà grandemente
stimolata, e l’uno si studierà di porgere all’altro progetti
ed idee (139).
Avviene dunque tutto l’opposto di ciò che i fautori
del sistema borghese vanno affermando del socialismo.
Quanti inventori e scopritori la borghesia non ha
lasciato andare in rovina? Quanti non ne ha sfruttati
per poi metterli da una parte? Se in cima della società
borghese dovesse collocarsi il talento e l’ingegno, la
maggior parte degli imprenditori dovrebbe cedere il
posto ai loro operai, ai direttori di fabbriche, ai tecnici,
agli ingegneri, ai chimici ecc.
Sono questi, 99 volte su cento, gli scopritori, gli
inventori, imiglioratori, dai quali il capitalista ha tratto
profitto. Non si contano, tanto sono innumerevoli, le
migliaia di scopritori e inventori che rovinarono perché
non trovarono chi fornisse loro i mezzi materiali
per attuare le loro scoperte, e nemmeno si contano gli
scopritori e inventori oppressi sotto il peso della miseria.
Padrona delmondo non è già la gente dallamente
chiara e dall’intelletto acuto, bensì la gente fornita di
grandi mezzi materiali, con che non escludiamo che
qualche volta possano trovarsi in una sola persona,
una mente lucida e una borsa piena. L’eccezione non
fa che confermare la regola.
Ogni uomo pratico sa con quanta diffidenza gli
operai accolgono oggi qualsiasi miglioramento, qualunque
invenzione nuova. E ben a ragione, perché non
l’operaio ne trae vantaggio, ma chi lo impiega; egli
deve temere che la nuova macchina, il miglioramento
introdotto, lo gettino domani sul lastrico come forza
inutile e superflua. In luogo di godere di una invenzione
che fa onore all’umanità e deve recare un vantaggio,
egli non ha sulle labbra che parole dimaledizione.
E noi sappiamo per esperienza che non viene introdotto
qualche miglioramento nel sistema di produzione
fatto da un operaio, perché questi teme di raccoglierne
non già vantaggio, ma danno. E’ questa la conseguenza
naturale del conflitto degli interessi (140).
(139) La forza dell’emulazione che è stimolo così efficace
da far incontrare a chi la subisce ogni tipo di fatiche per riscuotere
la lode e la ammirazione degli altri, è, per esperienza, utile
ovunque gli uomini gareggino nel pubblico arringo [riunioni
pubbliche, NdR], ed anche quando si tratta di cose frivole dalle
quali il pubblico non trae alcun profitto. La emulazione però,
quando si possa fare per il bene generale, è una specie di concorrenza
che i socialisti non respingono. Stuart Mill: Economia
politica.
Noi vogliamo qui ricordare la grande scoperta del dottor
Koch [si tratta degli agenti patogeni di malattie infettive mortali
come l’antrace, la tubercolosi ecc., NdR]. Chi volesse sostenere
che il dott. Koch sia assiduamente applicato agli studi per
guadagnar denari coi risultati ottenuti, lancerebbe una accusa
ingiusta. Si può asserire senza esagerazione che le opere più
grandi, utili al bene generale, non furono compiute per mira
d’interesse, bensì per rendere un servizio alla società e per
soddisfazione personale.Anche questo è egoismo, ma di buona
lega e da tenersi in pregio, al quale chiunque rende di buon
grado tributo di riconoscenza. Lo scopo del nostro progresso è
questo, che ognuno possa essere utile a sè e alla società operando
il meglio, perchè la società ha il dovere di soddisfare ai
bisogni di ciascuno. Essa non negherà onore a chi se lo merita,
e questi vi troverà il premio più ambito. Nota di A. Bebel.
(140) Lo dice anche il de Thünen nel suo: Lo stato isolato:
«La ragione per la quale proletari ed abbienti stanno uno di
fronte all’altro in atteggiamento nemico e vi rimarranno irremovibilmente,
sta tutto nella opposizione di interessi, collo sparire
della quale soltanto, si potrà segnare la pace. Non solo il
benessere del suo padrone può aumentare, ma possono aumentare
anche di tempo in tempo le entrate nazionali per effetto
delle scoperte industriali, della apertura di nuove strade e linee
ferroviarie, emediante lo stringimento di nuove relazioni commerciali.
Ma nel nostro ordinamento sociale la posizione dell’operaio
rimane sempre la stessa, andando tutto l’aumento delle
entrate a beneficio esclusivo dei capitalisti e dei proprietari».
Quest’ultima proposizione non collima forse quasi letteralmente
colla sentenza pronunciata da Gladston nel Parlamento
inglese, ove nel 1864 dichiarò: «che il pazzo aumento
delle entrate e di potenza raggiunto dall’Inghilterra negli ultimi
20 anni, si è limitato esclusivamente alla classe abbiente». A
pag. 207 del citato lavoro del de Thünen si legge: «Il male sta
nel separare l’operaio dal suo prodotto».
E Platone nel suo «Stato»: «Uno stato diviso in classi non
è uno, ma due, uno è rappresentato dai poveri, l’altro dai ricchi
117
Questa opposizione d’interesse non c’è più in una
società eretta a sistema socialistico, ognuno spiega le
sue attitudini per giovare a se stesso, con che egli
giova ad un tempo a tutti. Oggi l’egoismo personale e
il bene generale sono spesso termini antitetici che si
escludono, mentre nella nuova società, tolta codesta
antitesi, l’egoismo personale e il bene generale armonizzano
e si fondono (141).
Gli effetti di un tale stato intellettuale emorale sono
evidenti. Aumenterà grandemente la produttività del
lavoro rendendosi possibile con ciò la soddisfazione
di più nobili bisogni.
Questa produttività però aumenterà grandemente
in particolar modo perché le energie lavoratrici non si
suddivideranno nelle centinaia dimigliaia e neimilioni
di piccole industrie, le quali producendo con strumenti
più imperfetti fanno necessariamente un enorme consumo
di forze, di tempo e di materiale.
Secondo la statistica delle professioni dell’anno
1882, vi erano nell’impero germanico 3.000.457 industrie,
nelle quali erano occupate 6.396.465 persone,
esclusi il commercio, il traffico, le locande e il
piccolo commercio. Di queste 3.005.457 professioni
principali, il 61,1%, era rappresentato da professioni
ove erano occupate solo 5 persone, e il 16,8% da
professioni che ne impiegavano da 6 a 50. Le prime
comprendono le piccole industrie le ultime comprendono
la media industria. Non può esservi però alcun
dubbio che tutte queste industrie, una volta riunite alle
grandi, potrebbero essere esercitate con molto maggiore
vantaggio in modo da moltiplicare la loro produzione.
Anche le grandi industrie, però, potrebbero essere
esercitate ancora più razionalmente di quello che
avviene adesso, salvo qualche eccezione, in modo da
coprire con una produzione complessiva un bisogno
molto maggiore, perfezionando e sviluppando tecnicamente
in date circostanze il sistema e le forme di
produzione.
Ciò che si possa guadagnare in tempo, mediante
una produzione fondata sopra una base più razionale
venne calcolato dal prof. Th. Hertzka (142) di Vienna
nel suo lavoro: “Le leggi del progresso sociale”.
Egli indagò quale dispendio di forze e di tempo è
necessario, per soddisfare i bisogni dei 22 milioni
della popolazione austriaca sulla scorta della produzione
oggi possibile.
Atal’uopo, il prof. Hertzka fece delle ricerche esattissime
sulla potenzialità di produzione delle diverse
industrie, traendone i suoi calcoli. Vi è compresa la
conduzione di 10 milioni e mezzo di ettari di suolo
coltivabile, e di 3 milioni di ettari di pascoli, che bastano
a fornire la produzione di prodotti agricoli e animali
per la popolazione suesposta. Inoltre il prof. Hertzka
comprese nel suo calcolo la fabbrica di abitazioni,
in modo che ogni famiglia occupi una casetta di
150 metri quadrati con 5 locali, funzionale per la durata
di 50 anni. Ne seguì che per l’economia agricola,
per la produzione delle farine e dello zucchero, per
l’industria del carbone, del ferro e delle macchine,
delle vesti e per l’industria chimica, sono necessarie
solo 615.000 forze lavoratrici, che potrebbero essere
operose per un anno secondo la media ordinaria del
lavoro giornaliero. Senonchè queste 615.000 teste non
formano che il 12,3%della popolazione austriaca atta
al lavoro, se si escludono tutte le donne e tutti gli
uomini che non hanno raggiunto i 16 anni e che hanno
varcato i 50.
Ma se fossero occupati tutti i 15 milioni di uomini
come i 615.000, bisognerebbe che ognuno di essi lavorasse
solo 36,9 giorni, cioè 6 settimane in cifra
rotonda, per allestire ciò che abbisogna a 22milioni di
abitanti. Se noi prendiamo 300 giorni di lavoro in luogo
di 37, ammesso che la giornata di lavoro sia oggi
di 11 ore, non sarà necessaria nella nuova organizzazione
del lavoro che un’ora e 3/8 di ora di lavoro al
giorno, per soddisfare i bisogni più urgenti. L’Hertzka
tien conto anche dei bisogni voluttuari delle persone
più colte, e trova che per soddisfarli sarebbero
necessari altri 315.000 operai su 22 milioni di abitanti.
Insomma, avuto riguardo ad alcune industrie insufficientemente
rappresentate in Austria, sarebbe necessario,
secondo l’Hertzka, un milione di operai e cioè il
20 per cento della popolazionemaschile atta al lavoro,
esclusa quella che non ha raggiunto i 16 anni o che ha
varcati i 50, per coprire in 60 giorni il bisogno complessivo
della popolazione.
Quindi se noi teniamo conto di tutta la popolazione
maschile atta al lavoro, dobbiamo conchiudere che
questa dovrebbe lavorare due ore e mezzo al giorno
in media (143).
Nessuno deve sorprendersi di codesto calcolo se
entrambi i quali, quantunque si tendano continue insidie, convivono
insieme.
La classe dominante non è in caso di dichiarare la guerra,
dovendo allora servirsi della folla della quale, se armata, cotesta
classe teme più assai che dei nemici».
Il Morelly nei suoi: Principi di legislazione, scrive: «La
proprietà ci divide in due classi e cioè in ricchi e poveri. Quelli
amano il loro patrimonio e non vogliono difendere lo Stato,
questi non possono amare la patria perchè la patria non dà a
loro che miseria. Ognuno però ama la sua patria nel comunismo,
perchè ognuno ne ritrae vita e felicità». Nota diA. Bebel.
(141) StuartMill nelmisurare i danni e i vantaggi del comunismo
nella sua economia politica scrive: «Nessun terreno può
essere più favorevole allo svolgimento di un tale concetto (che
cioè l’interesse del pubblico sia anche l’interesse del privato),
quanto è la società comunistica. Ogni emulazione, come ogni
attitudine fisica ed intellettuale che ora si affaticano a correr
dietro ad interessi particolari ed egoistici, domanderebbero
un’altra sfera d’azione e la troverebbero negli sforzi per la
prosperità generale. Nota di A. Bebel.
(142) Si tratta di Rheodor Hertzka, economista, scrittore e
giornalista austro-ungarico (1845-1924); tra i suoi lavori più
noti: Die Gesetze der sozialen Entwickelung (Les lois de l’évolution
sociale), Leipzig del 1886, citato da Bebel e Freiland.
Ein sociales Zukunftsbild (Terre-Libre. Une image sociale de
l’avenir) del 1890, che illustra una specie di utopia liberale.
(143) Che ne dice il signor Eugenio Richter di questo calcolo
di un economista nazionale?Nelle sue:Dottrine erronee, egli
mette in canzonatura la enorme abbreviatura di lavoro esposta
in questo mio scritto, determinata dal dovere generale di lavorare
e dalla più alta organizzazione tecnica dei sistemi di lavoro.
Egli cerca di abbassare la potenzialità produttiva della grande
industria e di gonfiare la importanza delle piccole industrie
per poter affermare che non si può effettuare la asserita maggior
produzione. Per far quindi credere impossibile il socialismo,
cotesti difensori dell’attuale ordine di cose devono discreditare
i pregi della loro stessa società. Nota diA. Bebel.
118
egli prende ad esaminare le condizioni sociali. Ora
ammettiamo che, esclusi gli ammalati e gli invalidi,
anche tutti gli altri uomini che hanno superati i 50 anni
possano lavorare per quella durata di tempo, ammettiamo
anche che i giovani inferiori ai 16 anni possano
in parte essere atti al lavoro, non meno che una grande
parte delle donne, quando queste non debbano occuparsi
delle faccende domestiche, della educazione
dei figli, e di allestire l’alimento ecc., in tal modo, o
codesta misura può essere ristretta ancora di più, o i
bisogni possono venire notevolmente aumentati. Nessuno
del pari vorrà sostenere che non vengano fatti
ancora progressi molto importanti e visibili nel perfezionare
i processi di lavoro che determinano a loro
volta nuovi vantaggi. In ogni caso resta a tutti i membri
della società tempo sufficiente per la educazione
artistica e scientifica ed anche per il riposo.
Inoltre deve notarsi che il comunismo socialistico
si distingue in molti altri punti essenziali dall’individualismo
borghese. Il principio dell’ a buon mercato e
cattivo che è e deve essere il criterio direttivo per una
gran parte della produzione borghese, perché il maggior
numero dei clienti non può comperare che merci
a buon mercato, questo principio cade. Non si produrrà
che l’ottimo, il quale perciò durerà di più e richiederà
tanto minor impiego di forze. La mania delle
mode che favorisce tanto il consumo e la dissipazione,
quanto il cattivo gusto o cesserà del tutto, o almeno
verrà limitata notevolmente. Si vestirà probabilmente
meglio e più convenientemente di oggi – notiamo
di passaggio che le mode di questi ultimi anni si
distinguono per la mancanza di gusto – ma non si
pretenderà più di introdurre una nuova moda ad ogni
stagione, pazzia questa che è strettamente legata alla
concorrenza delle donne fra loro, alla vanità, alla passione
del lusso e al bisogno di far mostra della propria
ricchezza.
Alla fine vi sono molti traffici e molte esistenze
che vivono di queste pazzie della moda e sono interessati
quindi a favorirle.
Di pari passo alle pazzie dellamoda nei vestiti vanno
quelle dell’architettura. Qui la eccentricità fiorisce
e prospera meravigliosamente. Stili che richiesero per
il loro sviluppo mezzo secolo almeno, e si formarono
presso i popoli più vari – non ci si contenta più degli
stili architettonici europei, ma si va a copiare anche
quelli del Giappone, delle Indie e della Cina – codesti
stili in un decennio e mezzo furono usati e abbandonati.
I nostri poveri artisti non sanno più dove cercare
modelli e disegni. Non hanno appena formato uno stile,
credendo di potersi rifare tranquillamente delle spese,
che salta fuori un nuovo stile, il quale domanda
nuovi sacrifici di tempo, di danaro e di energie.
La nevrosi del secolo si rispecchia in questa caccia
di una moda sull’altra e d’uno stile sull’altro. Nessuno
vorrà sostenere che questo stato di orgasmo sia
una prova che la società stia bene.
Anche in questo campo il socialismo renderà possibile
una maggiore stabilità e con ciò maggior tranquillità
e diletto e risparmierà tempo e forze.
Sennonché il lavoro deve farsi sempre più gradito.
A ciò provvedono istituti pratici di produzione bene
organizzati, la protezione del lavoro mediante la preservazione
da ogni pericolo, la eliminazione dei profumi,
delle esalazioni sgradevoli, insomma di tutte le influenze
moleste e nocive alla salute. Da principio la
nuova società produce servendosi degli strumenti tolti
alla vecchia. Questi però sono del tutto insufficienti.
Locali, strumenti e macchine disadatti ed avariati
dal lungo uso non bastano più né a quelli che domandano
lavoro, né alle loro esigenze in linea di comodità
e di convenienza.
E’ quindi urgentissimo il bisogno di costruire una
grande quantità di stabilimenti più spaziosi, più chiari
e più ariosi, bene arredati ed abbelliti. L’arte, la tecnica,
l’ingegno e la mano troveranno quindi un vasto
campo di operosità. Costruzioni delle macchine, fabbricazioni
degli strumenti, edilizia, assetto interno dei
locali, tutti questi rami dell’attività industriale hanno
l’occasione più propizia di esser messi alla prova. Ciò
che lo spirito inventivo dell’uomo può creare sia in
ordine ad abitazioni comode e piacevoli, sia in ordine
alla ventilazione, alla illuminazione, al riscaldamento,
sia infine in ordine agli stabilimentimeccanici e tecnici
ed alla pulizia, troverà applicazione ed attuazione
pratica.
Il risparmio di forze motrici, di riscaldamento, di
illuminazione, di tempo, e gli agi della vita e le comodità
del lavoro impongono l’accentramento di tutti gli
stabilimenti ed opifici in un punto determinato. In tal
modo le abitazioni vengono separate dalle officine e
dalle sale di lavoro, e liberate dallemoleste incomodità
a cui dà luogo la vicinanza degli stabilimenti industriali.
Codeste molestie però vengono con opportuni regolamenti
e misure d’ogni maniera limitate alminimo
e spesso tolte del tutto. E già la tecnica nel suo stato
presente ha trovato espedienti per eliminare completamente
i pericoli inerenti a determinate arti, come
quella dello scavo delle miniere per esempio. I disagi
inerenti al lavoro delle miniere possono essere eliminati
mercé un altro sistema di scavo, con una potente
ventilazione, con l’illuminazione elettrica, con l’abbreviare
le ore di lavoro, e con uno scambio frequente di
operai e simili. Non occorre un’intelligenza acuta per
scoprire misure protettive, tali che rendono, per es.,
impossibile le disgrazie nella costruzione delle fabbriche,
e gradito il lavoro in qualsiasi tempo. Per liberarci
dalla polvere, dal fumo, dalla fuliggine, dal puzzo,
la chimica e la tecnica sono già in grado di fornire
armi e rimedi adatti, e si otterrebbe anche l’intento se
gli imprenditori privati volessero impiegare imezzi necessari
per prendere gli opportuni provvedimenti. Gli
stabilimenti di produzione dell’avvenire, siano sopra o
siano sotto terra, saranno dunque diversi da quelli di
oggi, come il giorno è diverso dalla notte.
Tutti codesti ordinamenti non sono principalmente
che una questione di danaro per la economia privata
dei tempi nostri e cioè: l’industria può sopportarli?
e fruttano? Se non rendono, l’operaio deve andare in
rovina. Il capitale non si muove se non c’è guadagno.
La umanità non ha corso alla borsa (144).
(144) «Il capitale, dice il «Quarterly Reviever» fugge il
tumulto e la lotta, ed è di carattere timido. Ciò è verissimo, ma
119
La questione del profitto ha finito di rappresentare
la sua parte nella nuova società socialistica; non dovendosi
in questa aver riguardo che al benessere dei
suoi membri.
Ciò che giova a questi e li protegge, deve essere
introdotto; ciò che nuoce, deve cessare; certamente
nessuno deve essere costretto a prestarsi ad un giuoco
pericoloso. Se si mettono in azione delle imprese
pericolose, vi sono certamente dei volontari in quantità;
anzi tanto più, perché non si tratta mai d’imprese
che distruggono la cultura, bensì di imprese che la
promuovono.
L’enorme impiego di forze motrici, come delle
macchine e degli strumenti più perfezionati, la suddivisione
del lavoro e l’abile combinazione di tutte le
forze lavoratrici, faranno salire la produzione a tale
altezza, che le terre di lavoro necessarie per produrre
la quantità destinata a soddisfare ai bisogni della vita,
potranno ridursi moltissimo. Il capitalista allunga la
giornata di lavoro quando può, ed anzi, la fa salire
specialmente in epoche di crisi, quando si è vinta la
resistenza degli operai, allo scopo di poter vendere il
prodotto a più buon mercato, con lo spremere dall’operaio
un valore più alto. Nella società socialistica
il vantaggio di una produzione maggiore profitta ad
ognuno; la sua compartecipazione al prodotto cresce
coll’aumento della produttività del lavoro, e si abbrevia
la durata del lavoro necessario a fornirlo.
Fra le forze motrici poste in uso, quella della elettricità
sarà, secondo ogni apparenza, la forza che occuperà
in avvenire il primo posto. Già la società borghese
si sforza ovunque di servirsene. Quanto più si
estende e perfeziona, tanto meglio. L’azione rivoluzionaria
di questa, che è la forza più potente della natura,
spezzerà tanto più presto le catene del mondo
borghese e aprirà le porte al socialismo.Ma il profitto
più completo e l’applicazione più diffusa di questa
forza, non sarà possibile che nella nuova società.
Se si attua, anche solo in parte, l’idea che si è già
manifestata in ordine all’applicazione di codesta forza,
l’elettricità concorrerà come forza motrice, come
sorgente di luce e di calore, a migliorare la condizione
di esistenza della società umana. La elettricità si differenzia
da ogni altra forza motrice, anzi tutto perché
non ha bisogno di essere prodotta – ma si trova abbondantemente
in natura. Tutti i nostri corsi d’acqua,
il flusso, il riflusso delmare, il vento, se bene utilizzati,
sviluppano innumerevoli cavalli di forza. Coll’invenzione
delle cosidette batterie e degli accumulatori,
si è già fatto l’esperimento che si possono incatenare
grandi quantità di forze, le quali, come il flusso e riflusso,
il vento, i rivi montani non si hanno che periodicamente
e per dati luoghi e tempi. Ma tutte queste
invenzioni e scoperte non sono che un embrione, di
cui si può bensì intuire il completo sviluppo, ma non
predirlo.
I progressi che si è immaginato di fare mediante
l’elettricità hanno qualche volta del favoloso. Così un
tal signor Meems progetta una ferrovia elettrica, che
gareggia col vento, percorrendo 700 chilometri all’ora.
Ma non è solo il signorMeems a pensare così, perché
anche il professore Elihu Thomson di Lynn (nel Massachusetts)
(145) crede e dimostra possibile di costruire
deimotori elettrici che possono percorrere 260
chilometri l’ora, una volta che si rinforzino le strade
ferrate e simigliori il servizio di segnalazione.Ma vi è
di più. Lo stesso professore ritiene, d’accordo su questo
punto col Werner-Siemens (146), il quale espresse
lo stesso concetto nel Congresso dei naturalisti,
tenutosi a Berlino nel 1887, che mediante l’elettricità,
sia possibile di trasformare la materia prima in alimento.
Sarebbe questa una rivoluzione incompatibile colla
società borghese. Mentre una volta il Werner-Siemens
riteneva possibile di fabbricare artificialmente,
sebbene di qui a molto tempo, un idrato di carbone,
come forse lo zucchero e più tardi l’amido, suo stretto
parente, con che sarebbe possibile di “fare il pane
colla pietra”, il chimico dott. V. Meyer (147) sostiene
che sarà possibile di convertire le fibre legnose in una
fonte di nutrimento. E’ evidente pertanto che si va
incontro a sempre nuove rivoluzioni chimiche e tecniche.
Intanto il fisiologo E. Eiseler ha fabbricato artificialmente
lo zucchero, facendo quindi una scoperta
che il Werner-Siemens, appena 4 anni fa, non riteneva
possibile che “in un tempo lontano”.
Noi vediamo quindi aprirsi davanti all’avvenire
nuovi orizzonti di una produzione straordinariamente
copiosa, più buona e più varia, e d’una esistenza più
non è tutta la verità. Il capitale ha in orrore la mancanza di
guadagno, o i guadagni tenui, come la natura ha paura del vuoto.
Quando c’è un guadagno conveniente, il capitale diventa animoso.
Col 10 per cento sicuro, si può impiegarlo da per tutto,
col 20 per cento il capitale si fa vivo, col 100 per cento esso
calpesta tutte le leggi umane, per il 300 per 100 non v’è delitto
che non rischi, anche con pericolo della galera. Se i tumulti e le
lotte recano profitto, il capitale non manca di incoraggiarli».
CarloMarx: Il Capitale, II edizione, nota a pagina, 250. Nota di
A. Bebel.
(145) ElihuThomson (1853-1937), inventore americano di
origine inglese; tra le sue invenzioni il sistema di illuminazione
ad arco, la dinamo a 3 bobine, lo sacricatore magnetico per i
fulmini, il trasformatore di potenza. Fu tra i fondatori di diverse
società elettriche negli Usa, nel Regno Unito e in Francia.
(146) ErntWerner von Siemes (1816-1892), imprenditore
e ingegnere tedesco, fondatore con i fratelli della casa elettrotecnica
Siemens. Inventò un metodo per la galvanoplastica,
sviluppò una dinamo con sistema di autoeccitazione che diventò
un nuovo metodo per produre energia elettrica; la sua
industria Telegraphenbauaustalt Siemens & Halske, produttrice
dimateriale telegrafico, costruì la linea telegrafica tra l’Europa
e l’India (1868-1870) e ideò la prima linea telegrafica sotterranea
(difficile da sabotare in caso di geurra) e la prima linea
elettrica tramviaria a Berlino (1881). Imprenditore riformista
di avanguardia: dirigenti e dipendenti, da metà degli anni ‘50
dell’Ottocento ebbero contratti con premi di produzione; dagli
anni ‘60 introdusse un sistema premiativo basato sulle innovazioni
da parte dei dipendenti, cosa che facilitò la “fedelta” dei
dipendenti all’azienda; nel 1872 creò un fondo di garanzia pensionistica
e di salute dell’azienda; nel 1873 concesse l’orario
giornaliero di lavoro di 9 ore.
(147)ViktorMeyer, chimico tedesco (1848-1897), uno dei
maggiori chimici del suo tempo, si occupò a fondo di chimica
sia organica che inorganica. Effettuò la sintesi di acidi carbossilici,
sintetizzò i nitroalcani R-NO2, identificò il tiofene come un
contaminante del benzene, ma è noto, soprattutto, per aver
inventato nel 1878 un apparecchio per determinare il peso
molecolare di un liquido volatile o la densità del vapore.
120
agiata e più comoda.
Un bisogno che è profondamente radicato nella
natura umana, è quello della libertà di scelta e dimutamento
di occupazione. Allo stesso modo che un cibo
anche squisito finisce per dare nausea se lo si mangia
sempre, senza alternarlo con altri cibi, così avviene
anche di una determinata attività, quando si ripete ogni
giorno con la immutabilità di una macchina; quell’attività
si infiacchisce e si snerva.
L’uomo fa meccanicamente ciò che deve fare,
senza alte aspirazioni e senza compiacenze. In ogni
uomo però dormono attitudini e impulsi, che hanno
bisogno soltanto di essere destati e sviluppati per creare
le opere più meravigliose e per rendere l’uomo
veramente e completamente uomo.
Ora, per soddisfare a questo bisogno, di alternare
una occupazione all’altra, la società, retta a sistema
socialistico, porge l’occasione più propizia. L’aumento
straordinario delle forze produttive, unito ad una semplificazione
sempre maggiore dei processi di lavoro,
rende possibile una notevole limitazione nella durata
del lavoro, e facilita anche lo impratichirsi e l’addestrarsi
nei vari maneggi.
Oggi il vecchio sistema ha oramai fatto il suo tempo,
esiste ed è possibile ancora solamente in quelle
forme di produzione antiquate, che sono rappresentate
dalla piccola industria; ma, con lo sparire di questa
nella società nuova, spariranno anche tutte le istituzioni
e le forme che le sono proprie, per cedere il
posto alle nuove.
Ogni fabbrica ci mostra già quanti pochi operai
essa abbia, i quali seguano ancora la inclinazione sviluppatasi
nell’esercizio delmestiere. Gli operai hanno
attitudini più diverse e più eterogenee; poco tempo
basta per esercitarli in qualche ramo di lavoro, in cui
essi sono obbligati, dal sistema di sfruttamento oggi
dominante, a servire per un tempo eccessivamente
lungo, senza alcuna varietà e senza alcun riguardo alle
loro inclinazioni, e dove finiscono per diventare altrettante
macchine (148).
Questa condizione di cose sparisce sotto la nuova
organizzazione sociale. Rimane tempo ad esuberanza
per attendere ad altri mestieri e ad altre occupazioni
artistiche. Si fondano grandi scuole, provviste d’ogni
conforto e ordinate, dal punto di vista tecnico, inmodo
perfetto, ove giovani e vecchi possono apprendere
agevolmente qualsiasi arte o mestiere, ed esservi ammessi
senza alcuna fatica.Vi sono laboratori di chimica
e di fisica, rispondenti in tutto allo stato di queste
scienze, e non mancano insegnanti e maestri in abbondanza.
Resta ora da vedere quante attitudini e inclinazioni
sono state soffocate o almeno sviate e deformate dal
sistema di produzione capitalistico (149).
Quindi, non solo vi è possibilità di tener conto del
bisogno di alternare le occupazioni, ma è anzi scopo
della società di soddisfare questo bisogno nell’interesse
di tutti, poichè è da ciò che dipende l’armonico
perfezionamento dell’uomo. Non ci saranno più quelle
fisionomie che caratterizzano e contrassegnano la
professione, quali si incontrano nella nostra società,
consista questa “professione” nella ripetizione uniforme
di certi atti o nella crapula e nella poltroneria, o
nell’ozio forzato. Sono pochissimi oggi coloro i quali
hanno la possibilità di alternare le loro occupazioni, o
che le cambiano. Troviamo qua e là della gente favorita
da speciali circostanze, che si sottraggono alla
uniformità delle occupazioni quotidiane, e che, dopo
aver pagato il suo tributo al lavoro fisico, si rifanno
col lavoro intellettuale. Troviamo invece della gente
che lavora con la mente, la quale si occupa di esercizi
fisici, di qualche mestiere, del giardinaggio, ecc.
L’azione benefica di un’operosità che si fonde sull’alternativa
del lavoro fisico col lavoro mentale, è confermata
da tutti gli igienisti, ed è essa sola conforme a
natura; soltanto si presuppone che codesta alternativa
si eserciti misuratamente e sia in relazione colle
forze individuali.
Ora la società futura avrà dotti ed artisti d’ogni
genere e in quantità innumerevole, i quali dedicheranno
una parte del giorno al lavoro fisico, e la rimanente
consacreranno, a seconda dei gusti, allo studio e all’arte
(150).
Cesserà quindi l’antitesi fra il lavoro mentale e il
lavoro manuale, antitesi che le classi dominanti hanno
fatto apparire più profonda, per far credere che il lavoro
mentale, che esse devono a preferenza fornire, è
privilegio loro.
Da quanto abbiamo esposto fin qua ne segue anche
che nella società nuova saranno impossibili le crisi
e la mancanza di lavoro. Vedemmo che le crisi sono
l’effetto della circostanza che la produzione individualistica
e capitalistica, allettate dall’interesse personale,
e regolandosi, pigliando norme da questo, senza
(148) «La gran massa degli operai hanno così poca libertà
di scegliersi la professione e la dimora così in Inghilterra come
in tutti gli altri paesi, ed è in pratica così ostacolata da leggi
ferree e dal malvolere, come non può concepirsi sotto alcun
altro sistema, tranne quello della Schiavitù». John StuartMill.
Nota di A. Bebel.
(149) Un operaio francese, reduce da S. Francisco, scrive:
«Io non avrei creduto di essere capace di esercitare tutti i mestieri
che ho esercitato in California. Io ero fermamente persuaso
di non saper far altro che lo stampatore. Una volta entrato in
questo mondo di avventurieri, chemutanomestiere come cambiano
la camicia, ho fatto, in fede mia, come gli altri. Il lavoro
della miniera non essendo abbastanza rimuneratore, lo abbandonai
e venni in città, dopo fui tipografo, conciatetti, fonditore
di piombo, ecc. Dopo questa esperienza, d’essere buono a
tutto, mi sento meno mollusco e più uomo». Carlo Marx: Il
Capitale. Nota diA. Bebel.
(150) Di ciò che si può fare degli uomini quando il loro
sviluppo è favorito dalle circostanze, è una prova Leonardo da
Vinci, che era pittore distinto, celebre scultore, architetto e
ingegnere, eccellente maestro di architettura militare,musicista
e improvisatore.Anche Benvenuto Cellini era orafo celeberrimo,
distinto modellatore, buon scultore, maestro di architettura
militare, bravo soldato e musicista valente. Abramo Lincoln
era falegname, agricoltore, mastro di vascello, garzone di bottega
e avvocato, e salì fino al seggio presidenziale degli Stati
Uniti. Si può dire, senza esagerazione, che la maggior parte
degli uomini hanno un impiego non corrispondente alle loro
attitudini, perchè, non la libera volontà, ma la forza delle circostanze
aperse loro la via.
Più di qualche professore diventerebbe un valente calzolaio,
e più di qualche valente calzolaio diventerebbe anche un
valente professore. Nota di A. Bebel.
121
poter tutto abbracciare, getta sul mercato troppe merci,
determinando una pletora di produzione.
La natura dei prodotti nella produzione capitalistica,
considerati come merci che i loro possessori tendono
a scambiarsi fra loro, fa dipendere il loro consumo
dalla capacità d’acquistare del consumatore. Questa
capacità però è assai limitata per la grande maggioranza
della popolazione, la quale viene pagata per il
suo lavoro con un prezzo inferiore al merito, e non
trova occupazione ed impiego, se chi la impiega non
può ritrarre da essa un vantaggio.
Perciò capacità d’acquistare e capacità di consumare
sono due cose assai differenti nella società borghese.
Moltimilioni di persone hanno bisogno di nuovi
abiti, di scarpe, di mobili, di biancheria, di cibi e di
bevande, ma non hanno danari, e così restano insoddisfatti
i loro bisogni, vale a dire la loro capacità di
consumo. Ilmercato è riboccante dimerci, ma la massa
del popolo è affamata; essa vuol lavorare, ma non
trova alcuno che paghi il suo lavoro, perchè chi ha
danaro è d’avviso che non ci sia niente da “guadagnare”.
Muori, canaglia, rovinati, diventa vagabondo,
delinquente; io, uomo danaroso, non vi posso far nulla
perchè io non posso aver bisogno di merci, delle
quali non trovo un compratore. E costui ha perfettamente
ragione a suo modo.
Nella società nuova anche questa contraddizione
viene tolta, perchè questa società produce non già
“merci” da “comperare” e da “vendere”, bensì produce
lemerci necessarie a soddisfare i bisogni della vita,
le quali devono essere consumate, senza di che esse
non hanno alcuno scopo.
La capacità di consumo adunque non trova già,
come nella società borghese, il suo limite nella capacità
di acquisto dei singoli, ma soltanto nella capacità
produttiva della collettività.
Essendovi mezzi e tempo, ogni bisogno può essere
soddisfatto, e la capacità collettiva di consumo non
trova alcun altro limite che nell’essere satolla. Ma,
siccome nella nuova società non vi sono “merci”, così
non vi è neppure “denaro”. Il danaro è tutto l’opposto
della merce, e tuttavia è merce a sua volta! E’ la forma
sociale di equivalenza per tutte le altre merci.
Ma la società nuova non produce merci, bensì
soltanto oggetti necessari, valori d’uso, la cui creazione
richiede una certa misura di lavoro sociale. La
durata del lavoro, che è in media necessaria per fabbricare
un oggetto, è la sola misura alla quale bisogna
misurarlo per l’uso sociale. Dieci minuti di un lavoro
sociale in un oggetto, equivalgono dieci minuti di lavoro
sociale in un altro oggetto, nè più nè meno. Poiché
la società non vuole “guadagnare”, ma vuole soltanto
effettuare la permuta di oggetti della stessa qualità
e dello stesso valore d’uso, fra i suoi membri, e,
finalmente, poichè essa non ha punto bisogno di fissare
un valore di consumo, la società non fa che produrre
ciò di cui abbisogna. Se, per esempio, la società
trova che per avere tutti i prodotti necessari bisogna
lavorare tre ore al giorno, essa fissa a tre ore la durata
del lavoro (151).
Se la società cresce e i metodi di produzione migliorano
in modo che si possa coprire il bisogno in
due ore, allora la società limita la durata del lavoro
sociale a due ore. Se invece la collettività esige la
soddisfazione di bisogni più elevati di quelli che può
coprire, malgrado l’aumento del numero degli operai
e la più alta produttività dei processi di lavoro,
allora fissa codesta durata in 4 ore. Il suo paradiso è
il voler suo.
E’ facile calcolare la durata del lavoro sociale necessario
per creare ogni singolo prodotto (152).
Si mette in ragguaglio questa parziale durata del
lavoro con la durata intera. Qualche certificato, un
pezzo di carta stampata, oro o latta, attesta la prestazione
del lavoro, e pone il possessore in condizione di
barattare cotesti segni con oggetti necessari di ogni
specie (153). Se egli trova che i suoi bisogni sono
inferiori a ciò che egli riceve per la sua prestazione,
(151) Si pongamente che si suppone che tutta la produzione
sia organizzata e regolata in modo tecnicamente perfetto, e
che tutti lavorino. Con tale presupposto, una giornata di lavoro
di tre ore si presenta troppo lunga piuttosto che troppo
corta. Owen calcolava che bastassero due ore di lavoro per
l’epoca sua – primo quarto di questo secolo. Nota diA. Bebel.
(152) «La quantità di lavoro sociale celato in un prodotto
si può determinare senza bisogno di andare per le lunghe, perchè
l’esperinza quotidiana ce lo insegna. La società può calcolare
quante ore di lavoro si contengano in unamacchina a vapore,
in un ettolitro di grano dell’ultimo raccolto, in 100 metri
quadrati di panno. Non può quindi venirle inmente di esprimere
la quantità di lavoro contenuto nei prodotti (quantità a lei
nota in via diretta ed assoluta) in una misura soltanto relativa,
incerta, insufficiente, che era necessaria, prima, come ripiego,
in un terzo prodotto, non può venirle in mente, ripetesi, di
esprimerlo a questo modo anzichè nella sua misura adeguata,
naturale, assoluta, quella del tempo... Essa avrà da regolare il
piano di produzione secondo i mezzi e gli stromenti della produzione
stessa, fra i quali si contano specialmente gli operai.
Gli effetti utili dei vari oggetti di consumo bilanciati fra loro e
di fronte alla quantità di lavoro necessaria a produrli, determineranno
alla fine il piano. La gente fa gli affari suoi da sè senza
l’intervento del celebrato valore». Fr. Engels, Eugenio Dühring
– Rivoluzione della scienza. Nota diA. Bebel.
(153) Il sig. Eugenio Richter è così sorpreso dello sparire
del denaro – non si abolisce, ma sparisce da sè come superfluo,
una volta che ai prodotti del lavoro si tolga il carattere di merci
– è, ripetesi così sorpreso ci ciò, che vi consacra un capitolo
speciale nel suo libro sulle False Dottrine. Io non voglio convincerlo,
che è indifferente che il documento del lavoro previsto
sia un pezzo di carta stampata, oro o latta. Egli scrive: Ma
con l’oro rientrerebbe nello stato socialista democratico anche
il demone del presente ordine sociale – siccome il signor Richter
si ostina a non vedere non esservi, alla fine, che una
società socialistica e non un “Stato” socialista-democratico,
gran parte della sua polemica perderebbe qualsiasi base – perchè
l’oro ha un valore metallico indipendente, che può essere
facilmente conservato e che renderebbe possibile il possesso di
monete d’oro, per accumulare valori, per sottrarsi all’obbligo
del lavoro ed anche per prestare denari ad interesse.
Il signor Richter deve contare sulla imbecillità dei suoi lettori,
se egli antepone al nostro oro la latta. Il sig. Richter, il
quale non può liberarsi dall’idea capitalistica, non può nemmeno
comprendere che, non ci può essere «denaro» là dove non
c’è capitale, e che non ci può essere «interesse» dove manca il
capitale e il denaro. Il signor Richter è così infatuato dell’idea
del capitale, che non sa nemmeno concepire un mondo «senza
capitale». –Noi vogliamo sapere come ilmembro di una società
socialistica può «conservare» il suo certificato di lavoro, ovvero
cederlo ad altri e trarne un «interesse» ove anche gli altri tutti
possedono ciò che uno offre e di cui vive. Nota di A. Bebel.
122
allora egli lavora proporzionalmente meno. Vuole regalare
ciò che non ha consumato? Padronissimo; e
padronissimo anche di lavorare spontaneamente per
un altro, per fargli godere il “dolce far niente”, e di
dividere con lui il diritto ai prodotti sociali, se è così
minchione. Nessuno però può costringerlo a lavorare
a vantaggio di un altro; nessuno può trattenersi una
parte dei diritti che gli spettano per il suo lavoro. Se la
confezione di un vestito fino costa 20 ore di lavoro
sociale, ma egli non ne vuol impiegare che 18, può
averne uno per tanto. Ognuno può dunque tener conto
di tutti i desideri e di tutte le esigenze da soddisfare,
ma non a spese degli altri. Egli riceve quanto dà come
membro sano della società, nè più, nè meno, ed è
sottratto allo sfruttamento di un terzo.
“Ma, dov’è la differenza?” sentiamo chiederci: fra
gli operosi e gli infingardi? fra gli intelligenti e gli imbecilli?
Differenza non c’è, perchè non esiste più ciò
che noi intendiamo sotto questo concetto. Del premio
conferito all’operosità e delle pene inflitte alla pigrizia
avviene nella società borghese ciò che della posizione
occupata dalla intelligenza nella scala sociale. La società
chiama “poltroni” coloro soltanto che sono costretti
a vagabondare perchè licenziati dal lavoro, e
che diventano poi veri vagabondi, ovvero coloro i quali,
cresciuti sotto pessimi educatori, diventano corrotti.
Ma sarebbe offesa chiamare “infingardo” l’uomo danaroso,
il quale ammazza il tempo facendo niente o
gozzovigliando; perchè costui è un uomo “onorato”.
Abbiamo già detto però quale posizione sociale si
sia fatta oggi alla intelligenza. Ora come stanno le
cose nella società nuova? Siccome tutti lavorano sotto
le stesse condizioni di esistenza, e ciascuno attende
alle occupazioni che rispondono alle sue attitudini
naturali, anche le differenze fra prestazione e prestazione
saranno poco rilevanti (154). Anche l’atmosfera
intellettuale e morale della società, che stimola
ognuno a sorpassare l’altro, concorrerà ad uguagliare
le differenze. Se uno sente di non poter fare in un
dato campo ciò che fanno gli altri, allora egli sceglie
un altro terreno più adatto alle sue forze e alle sue
capacità.
Chi ha lavorato insieme con molti nelle grandi industrie,
avrà scoperto che, individui assolutamente
incapaci e inetti a un determinato lavoro, occupati in
un altro, sapevano eseguirlo inmodo perfetto ed esemplare.
Non vi è uomo normalmente organizzato il quale
non possieda questa o quell’attitudine ed anche parecchie
per le quali può rispondere alle maggiori esigenze,
una volta collocato nel suo vero posto.
Con quale diritto uno può domandare di essere
preferito all’altro? Se taluno ha matrigna la natura,
perchè non può anche malgrado tutta la buona volontà
fare quello che altri può, la società non può punirlo
per le colpe della natura. Se al contrario alcuno ebbe
da natura attitudini tali che lo fanno eccellere sugli
altri, la società non ha il dovere di premiare ciò che
non è suo merito personale. Se non che nella società
socialistica, bisogna considerare altresì che tutti hanno
eguali condizioni di vita e di educazione, che è reso
possibile ad ognuno di acquistare quelle nozioni scientifiche
che rispondono alle sue naturali disposizioni ed
in tal modo si scorgerà che non solo la cultura e la
capacità dei membri di una società socialistica supera
di molto quella di una società borghese, ma che è anche
più uniforme e nel tempo stesso più varia.
Quando Göthe nel suo viaggio sul Reno studiò la
Cattedrale di Colonia, scoprì fra gli atti relativi alla
costruzione del tempio che gli antichi architetti pagavano
gli operai soltanto in proporzione del tempo, volendo
ottenere un lavoro eccellente e coscenziosamente
eseguito. L’attuale società borghese vede in ciò una
anomalia. Essa ha introdotto il sistema del salario a
cottimo, per il quale gli operai sono costretti a un lavoro
eccessivo affinchè l’imprenditore possa regolare
poi tanto meglio l’abbassamento dei salari. Ma tuttavia
la esperienza insegna che cinque operai qualunque
della più diversa qualità dànno in media il prodotto
di cinque operai mediocri.
Come il lavoro materiale, così è ordinato anche il
lavoro intellettuale. Ogni uomo è il prodotto del tempo
e delle circostanze in cui egli vive. Un Göthe – per
restare nell’esempio sopra riferito – se fosse nato sotto
le stesse condizioni favorevoli di sviluppo nel quarto
secolo invece che nel decimo ottavo sarebbe diventato
invece di un celebre poeta e naturalista, un gran
padre della Chiesa rispetto al quale forse sant’Agostino
sarebbe rimasto nell’ombra.
Se Göthe nel XVIII secolo fosse nato non già da
un ricco patrizio di Francoforte, ma da un povero
calzolaio non sarebbe diventato ministro del Granduca
diWeimar,ma sarebbe rimastomolto probabilmente
calzolaio, e onesto calzolaio sarebbe morto. Se Napoleone
I fosse nato dieci anni dopo, non sarebbe mai
diventato imperatore di Francia. Senza la guerra del
1870-1871 Gambetta non diventava quello che è diventato.
Ponete un figlio di genitori intelligenti fra i
selvaggi e vi diventerà un selvaggio per quanto intelligente.
Perciò quello che uno è, è tale quale la società
l’ha fatto. Le idee non sono un prodotto del nulla, o
di una ispirazione dall’alto, ma un prodotto della vita
sociale e cioè dello spirito dei tempi. Un Aristotele
non poteva avere le idee d’un Darwin, e un Darwin
doveva pensare diversamente da unAristotele. Ognuno
pensa secondo lo spirito del tempo, cioè secondo
l’ambiente che lo circonda. Di qui il fenomeno che
uomini spesso tanto diversi hanno contemporaneamente
le stesse idee perchè vengono fatte contemporaneamente
in luoghimolto lontani gli uni dagli altri le
stesse invenzioni e le stesse scoperte, e di qui ancora
il fenomeno che un’idea espressa cinquant’anni fa, la
quale passò inosservata, ripetuta in forma conveniente
cinquant’anni più tardi commuove tutto il mondo.
L’imperatore Sigismondo poteva arrischiare nel 1415
di violare la promessa fatta a Husse e di farlo bruciare
a Costanza. Carlo V, sebbene fosse un fanatico molto
più grande, doveva lasciar andare tranquillamente
Lutero dal Reichstag aWorms. Le idee quindi sono il
(154) «Tutti gli uomini bene organizzati nascono con una
intelligenza quasi eguale, ma l’educazione, le leggi e le circostanze
li rendono differenti fra loro. Il ben inteso interesse
individuale si fonde coll’interesse collettivo o pubblico». HELVETIUS,
L’uomo e la sua educazione. Nota di A. Bebel.
123
prodotto della vita sociale. Senza la società moderna
non esisterebbero idee moderne. Ciò a noi sembra
chiaro ed evidente. Si aggiunga che nella società nuova
i mezzi necessari per l’educazione di ognuno sono
proprietà sociale, e quindi non può essere obbligata a
tributare onori speciali a ciò che ha fatto essa stessa e
che è prodotto suo proprio.
Questo relativamente alla qualità diversa del lavoro
fisico e mentale.
Ne segue altresì che non vi può essere nemmeno
differenza fra lavoro fisico “più elevato” e lavoro fisico
“più basso”, mentre oggi un meccanico, per es.,
crede di valere di più di un salariato che compie lavori
stradali e simili. Siccome la società non fa eseguire
che lavori socialmente utili, così ogni lavoro che ha
tale qualità, ha per la società eguale valore.
Se lavori sgradevoli e molesti non potendo eseguirsi
per mezzo dellameccanica o della chimica, vengono
trasformati mediante qualche processo in lavori
graditi – del che non può dubitarsi, se si tien conto
dei progressi fatti dalla meccanica e dalla chimica – e
non si potessero trovare le forze necessarie, allora
ognuno ha il dovere di prestare per turno l’opera sua.
Non ci si può vergognare di un lavoro utile, nè vi
può essere alcuno che ne raccolga disprezzo o disistima.
Ciò è possibile soltanto nelle nostre condizioni
ove il far nulla è considerato come sorte invidiabile, e
l’operaio è tanto più disprezzato quanto più duri, faticosi
e sgradevoli sono i lavori suoi e quanto più sono
necessari per la società. Si può ammettere che oggi il
lavoro sia pagato tanto peggio quanto è più molesto.
E le ragioni son queste, che per effetto della costante
rivoluzione dei processi produttivi, un numero esuberante
di forze, quali esercito di riserva, giacciono sul
lastrico, e che si adattano a darsi per denaro a lavori
più umili, ed, infine, che per questi lavori anche l’introduzione
di macchine per la borghesia “non è suscettibile
di rendita”. – Così, per es., lo scavo delle
pietre è notoriamente uno dei lavori peggio rimunerati
e più molesti. Ora sarebbe cosa da nulla, se si facesse
compiere il lavoro dalle macchine, come avviene negli
Stati Uniti, ma noi abbiamo una quantità così stragrande
di forze a buon mercato, che la macchina non
“dà rendita” (155). Pulizia stradale, espurgo di cloache,
trasporto di calcinacci, scavi d’ogni genere si
compiono anche nello stato presente del nostro sviluppo
coll’aiuto di macchine e di congegni meccanici
in modo che non conservano più alcuna traccia dei
disagi e delle molestie che oggi cagionano spesso agli
operai. Osservando bene, un operaio che vuota le cloache
per proteggere l’umanità da miasmi nocivi alla
salute, è un membro utilissimo della società, mentre
un professore che falsa la storia nell’interesse delle
classi dominanti, ovvero un teologo il quale cerca di
offuscare le menti con dottrine trascendentali sono
individui dannosissimi. La letteratura e la dottrina che
oggi ha impieghi e dignità rappresentano in gran parte
una Gilda, destinata e pagata a difendere e legittimare
l’autorità delle classi dirigenti per mezzo dell’autorità
della scienza, e ad alimentare i pregiudizi esistenti. Infatti
questa dottrina non è altro che una scienza ausiliaria,
un veleno delle menti, un nemico delle civiltà,
stipendiato perchè faccia l’interesse della borghesia e
dei suoi clienti (156). Uno stato sociale che renda impossibile
la più lunga esistenza di una Gilda così privilegiata,
farà opera redentrice.
D’altra parte la scienza pura è spesso congiunta
ad un lavoro grave e molesto, come per esempio un
medico che fa la sezione di un cadavere che si trova
in uno stato di putrefazione, ovvero quando opera una
parte purulenta del corpo; ovvero quando un chimico
fa l’analisi degli escrementi. Questi sono lavori spesso
non meno ripugnanti di quelli compiuti dai salariati
e dagli operai indotti, ma nessuno pensa a riconoscerlo.
La differenza stà in ciò, che un lavoro richiede un
lungo studio per essere fornito, mentre l’altro può essere
fornito da chiunque senza bisogno di studi profondi:
di qui la grande differenza nell’apprezzamento.
Ma in una società in cui le differenze oggi esistenti fra
“educato e non educato” spariranno perchè tutti potranno
raggiungere il più alto grado di istruzione, dovrà
sparire anche l’antitesi fra il lavoro del dotto e
dell’ingnorante e tanto più se si pensi che lo sviluppo
dellameccanica non conosce confini, per cui non possa
il lavoromanuale essere compiuto anche dalle macchine
o da processi tecnici. Si osservi lo sviluppo delle
nostre industrie artistiche, quali la xilografia, l’incisione
in rame ecc. Quindi, siccome i lavori più umilianti
sono spesso i più utili, anche il nostro concetto
sul lavoro gradevole o sgradevole come pure tanti altri
concetti della società moderna, è falso e superficiale,
e basato solo sulle apparenze.
* * *
Una volta che tutta la produzione della nuova so-
(155) «Se si dovesse scegliere fra il comunismo e tutte le sue
gradazioni, e le condizioni presenti della società con tutti i suoi
dolori e le sue ingiustizie, se l’istituto della proprietà privata
recasse come conseguenza necessaria, che il prodotto del prodotto
si giudica, come vediamo ora, quasi in ragione inversa del
lavoro – che la parte maggiore spetti a coloro che non hanno
lavorato, e una parte quasi eguale a coloro che hanno lavorato
soltanto di nome, e così via, mentre il compenso si restringe
nella stessa proporzione, in cui il lavoro è più faticoso e più
molesto, fino al punto che il lavoro che più stanca ed esaurisce
non può contare con certezza di guadagnare tanto che basti a
soddisfare i bisogni della vita; se, diciamo noi, si ponga l’alternativa:
questo o il comunismo, scegliete; tutte le difficoltà del
comunismo, così le grandi come le piccole, non sarebbero che
come una piuma sulla bilancia. JOHN STUART MILL: Economia
politica. IlMill si è adoperato lealmente a «riformare» la società
borghese e a ridurla alla «ragione».Ma indarno, s’intende.
E perciò egli ha finito per diventare socialista, come ogni
uomo d’ingegno il quale conosca lo stato delle cose. Egli non ha
osato però di riconoscerlo durante la vita, ma permise che fosse
pubblicato, lui morto, la sua autobiografia, che contiene la sua
professione di fede socialistica. Avvenne di lui quello che di
Darwin, il quale non volle essere riconosciuto come ateo, in vita.
E’ la commedia che la società borghese fa recitare amolti.
La borghesia fa le viste di affettare legalità, religione e
fede nell’autorità, perchè è su ciò che riposa una parte del suo
potere, ma in fondo essa ride di queste virtù. La borghesia è la
più ipocrita di tutte le società che siano mai esistite. Nota di
A. Bebel.
(156) La scienza rende servizi così alla ignoranza come
al progresso. – Buckle: Storia della civiltà inglese. Nota di
A. Bebel.
124
cietà è posta sopra tali basi, la società non produce
più “merci” ma soltanto oggetti di consumo per i suoi
immediati bisogni. Cessa quindi anche il commercio,
il quale può coesistere soltanto con una società che
riposa sulla produzione mercantile. Simobilizza quindi
per la produzione un immenso esercito di persone
d’ambo i sessi e di tutte le età (157). Entra quindi
nella produzione una grande armata di persone che
concorreranno a fabbricare gli oggetti necessari e renderanno
quindi possibile da un lato un maggiore consumo,
e dall’altro una ulteriore limitazione della durata
del lavoro socialmente necessario, persone che finora
vivevano più o meno da parassiti del lavoro degli
altri, e si affaticano spesso nella odierna società senza
trovare il modo di guadagnarsi la vita. Nella società
nuova costoro sono inutili come i negozianti, albergatori,
sensali,mediatori. Nella condizione loro si trovano
coloro che lavorano a mercede e i domestici, dei
quali ve ne erano in Germania, nel 1882, 400.000 in
cifra rotonda. In luogo di dozzine, centinaia e migliaia
di botteghe e di negozi d’ogni genere che oggi ogni
comune possiede in ragione della sua grandezza, sorgono
grandi magazzini, grandi ed eleganti bazar, depositi
di provvigioni, esposizioni che richiedono un
personale relativamente assai scarso. Questa trasformazione
rappresenta una rivoluzione di tutte le istituzioni
che funzionano fin qua. Tutto il movimento del
commercio moderno viene trasformatomediante l’accentramento
in una amministrazione incaricata della
distribuzione, la quale deve compiere funzioni semplicissime,
semplificate ancora più mediante l’accentramento
di tutte le istituzioni sociali.Anche tutto il sistema
dei trasporti subisce una totale trasformazione.
Telegrafi, ferrovie, poste, navigazione fluviale e
marittima, ed i veicoli, che servono di mezzo di trasporto
per la società borghese, diventano ora proprietà
sociale.
Il fatto che molte di queste istituzioni, come le
poste, i telegrafi e le ferrovie quasi tutte, sono oggi
governative, facilita la loro trasformazione in proprietà
sociale. Qui non ci sono da ferire interessi privati.
Se lo Stato continua a lavorare in questo senso, tanto
meglio. Queste industrie però, esercitate dallo Stato,
non hanno proprio carattere socialistico, come fu erroneamente
ritenuto. Sono semplicemente industrie
che vengono sfruttate dallo Stato con intenti capitalistici
come sarebbe se fossero esercitate da imprenditori
privati. Né gli impiegati, né gli operai hanno una
partecipazione qualunque ai guadagni, essendo trattati
dallo Stato né più né meno come li tratterebbe un
imprenditore privato; cosicché, se per esempio, negli
stabilimenti dellamarina imperiale, viene emanato l’ordine
di non ammettere al lavoro gli operai che hanno
superato i 40 anni, sarebbe questa una regola che può
sollevare gli operai contro lo Stato. Tali norme ed altre
simili che emanano dallo Stato quale assuntore di
operai, sono anche più dannose di quelle che emanano
da un imprenditore privato, perchè quest’ultimo
non è, alla fine, rispetto allo Stato che un piccolo imprenditore
e l’impiego che egli nega, può essere forse
assicurato da un altro. Lo Stato al contrario, come
quello che esercita come una specie di monopolio del
lavoro, può ad un tratto gettare nella miseria migliaia
di persone. Ora ciò si dice trattare non già con criteri
socialisti, ma puramente capitalistici, e i socialisti devono
protestare affinché le industrie oggi esercitate
dallo Stato non vengano considerate come industrie a
base socialistica e come la realizzazione delle aspirazioni
socialistiche.
Nel sistema socialistico non c’è chi dà lavoro e
chi è superiore agli altri, come non vi sono padroni e
soggetti, perché tutti sono in eguale posizione e tutti
hanno uguali diritti. Ora, siccome al posto di tutti i
milioni di produttori privati, di commercianti, d’intermediari
d’ogni specie, ci sono dei grandi stabilimenti
centrali, anche il trasporto dei prodotti assume una
forma diversa. I milioni di piccole spedizioni, che andavano
giornalmente ad altrettanti proprietari, diventano
oggi grandi e potenti trasporti che passano nei
depositi generali e nei centri di produzione.Anche qui
il lavoro viene enormemente semplificato. Come, per
esempio, il trasporto dei materiali greggi si forma in
modo infinitamente più semplice per una industria che
occupa mille operai, di quello che per mille piccole
industrie, che consumano solo la stessa quantità di
materiale greggio che viene consumata da un grande
stabilimento, così accentrando i luoghi di produzione
e distribuzione per tutti i comuni o per una gran parte
di essi si ottiene un risparmio ancora maggiore di tempo,
di lavoro, di materia, di trasporto e di stabilimenti
di produzione, e tutto ciò giova a tutta la società e
quindi anche al singolo.
La fisonomia dei nostri stabilimenti di produzione
dell’industria dei trasporti e specialmente delle nostre
abitazioni, verrà completamente mutata ed acquisterà
un aspetto molto più favorevole. Lo strepito, la folla,
il viavai delle nostre grandi città coi loro mille veicoli
d’ogni specie, viene modificata di molto e assume un
carattere molto diverso. La costruzione e la pulizia
delle strade, le comunicazioni degli uomini fra loro,
tutto un modo di vivere e di abitare subiranno una
grande trasformazione. Allora potranno attuarsi con
facilità e comodità precetti igenici che oggi non si
possono attuare senza grandi spese ed anche in tal
caso imperfettamente, e che ad ogni modo vennero
applicati soltanto per i quartieri più eleganti. Il “popolo”
non ne ha bisogno, egli deve aspettare finchè ci
sono i mezzi, i quali poi non si trovano mai.
Naturalmente il comunismo riceve la sua più grande
diffusione ed applicazione come lo comporta lo
stato della scienza. Siccome le vie di comunicazione
sono le vene che portano il sangue, e cioè lo scambio
dei prodotti in tutto il corpo sociale, servono di mezzo
alle relazioni personali e intellettuali degli uomini fra
loro, e sono il mezzo più adatto per portare ad un
uguale livello il benessere e la cultura di tutta la società,
così la estensione e la diramazione deimezzi più
perfetti di trasporto fino ai punti più remoti delle più
lontane provincie rappresenta una necessità e un ge-
(157) Secondo la statistica dell’anno 1882 erano occupate
inGermania nel commercio e nel traffico, escluse le locande e il
commercio al minuto, 1.570.318 persone che occupano inoltre
295.451 servi. Nota di A. Bebel.
125
nerale interesse sociale. Vi sono quindi anche in questo
campo della società nuova problemi che oltrepassano
di molto quelli che la società presente è in grado
di fare. Nel tempo stesso questo sistema di comunicazioni
perfezionato e diffuso nel più alto grado favorirà
il decentramento delle masse di uomini accumulate
dalle grandi città e dai centri industriali ed anche
dagli stabilimenti di produzione, su tutto il paese, e
sarà quindi utilissimo tanto per la salute quanto per le
esigenze morali e materiali della civiltà.
* * *
Anche la terra, come gli strumenti di lavoro e
della produzione nell’industria e nel traffico è materia
prima di ogni lavoro umano, e base di ogni esistenza
umana, della società. La società riprende nel
suo più alto grado di progresso ciò che le apparteneva
in origine. Noi vediamo come presso tutti i popoli
della terra arrivati a un certo grado di civiltà primitiva,
la proprietà della terra era comune e come cotesta
comunità di dominio ci sia anche oggi là dove
questi popoli esistono ancora. La proprietà comune
formava la base di ogni associazione primitiva, che
non sarebbe stata altrimenti possibile. Col sorgere e
con lo svilupparsi della proprietà privata e delle forme
varie di dominio connesse con tale sviluppo, anche
l’ultimo residuo di proprietà comune disparve sotto
le asperrime guerre che infierirono fino al presente,
e fu usurpato come possesso privato. Lo spoglio della
terra e la sua trasformazione in proprietà personale
formò, come vedemmo, la prima causa della servitù,
la quale è passata attraverso tutte le gradazioni
della schiavitù fino al “libero” salariato del secolo
XIX; finchè i servi, dopo migliaia d’anni di sviluppo,
tramuteranno anche la terra in proprietà comune.
L’aver riconosciuta l’importanza della terra per tutta
l’esistenza umana ha fatto sì che, in tutte le guerre
sociali del mondo, in India, nella Cina, in Egitto, in
Grecia, (Cleomene), a Roma (i Gracchi), nel medioevo
cristiano (sette religiose, guerra dei contadini),
nel regno degliAztechi e degli Inca, nelle rivoluzioni
sociali dell’era moderna, il possesso della terra fu la
prima e principale pretesa, ed anche oggi vi sono
uomini i quali trovano legittima la proprietà comune
del suolo – Adolfo Samter, il professore Adolfo Wagner,
il dott. Schäffle – pure essendo disposti a fare
le più grandi concessioni e ad accettare accomodamenti
in altro campo (158).
Dalla coltura e dal godimento della terra dipende
principalemnte il benessere della popolazione. E’ di
interesse generale che questa coltura si porti al più
alto grado possibile. Abbiamo già esposto in qual
modo questa coltura non è possibile e non può aver
luogo nel sistema della proprietà privata, né con le
grandi proprietà, né con le proprietà media e piccola.
Per trarre dalla terra il maggior utile possibile non
basta amministrarla separatamente, ma bisogna tener
conto dei fattori che sono più potenti di qualunque
gran proprietario e anche di qualunque potente
associazione, fattori i quali in date circostanze esorbitano
dai confini nazionali, e devono trattarsi con
criteri internazionali. La società deve, prima di tutto,
considerare la terra come un tutto, e quindi la sua
topografia, le sue montagne, le sue pianure, i suoi
boschi, fiumi, stagni, le sue paludi, le sue maremme.
Questa topografia, insieme con la posizione geografica,
che è immutabile, esercita certe influenze sul
clima e sulla natura del suolo. Ecco non solo un campo
vastissimo di attività, ma anche tale, sul quale si
possono tentare molte esperienze.
Quello che lo Stato fece fin qua in questo indirizzo,
è poca cosa.
Anzitutto egli impiega scarsi mezzi a scopo di coltivazione,
e trova poi, anche se volesse fare di più,
un ostacolo nei grandi proprietari privati, i quali hanno
oggi voto decisivo nella legislazione. Senza intaccare
profondamente la proprietà privata, non potrebbe
lo Stato moderno far nulla in tale campo. Ma la sua
esistenza dipende dalla conservazione della proprietà
privata dichiarata “sacra”, e quindi gli manca naturalmente
la forza e la volontà di procedere su questa
via. Per la società nuova si tratta di grandi ed estese
migliorie, di rimboschimenti e disboschimenti, di irrigazioni
e prosciugamenti, di cambiamenti di terreni,
di piantagioni, ecc.
Una questione importante nei riguardi della coltura
della terra, è pur quella di provvedere il suolo di
canali e di fiumi sistematicamente coordinati secondo
i principi della scienza.
La questione dei trasporti “più a buon mercato”
(158) Anche i papi e i padri della Chiesa non potevano
astenersi dal mostrarsi zelanti in senso comunistico nei primi
secoli in cui erano ancora vive le tradizioni del comunismo, e
questo esisteva ancora in più parti,ma lo spoglio della proprietà
comune aveva assunto grandi proporzioni. Il Sillabo del secolo
XIX non suona certo così, perché anche i pontefici romani sono
oggi soggetti, benché contro la loro volontà, alla borghesia, che
difendono col dichiararsi avversari del socialismo. Così papa
Clemente I, (morto nell’anno 102 dell’era nostra) disse: «L’uso
di tutte le cose deve essere in questo mondo comune a tutti. E’
un’ingiustizia dire: Questo appartiene a uno, questo è mio;
quello è di un’altro. Da ciò è derivato il conflitto fra gli uomini
». Sant’Ambrogio vescovo di Milano, che visse intorno al
374, diceva: «La natura dà agli uomini tutti i beni in comune;
perché Dio ha creato tutte le cose, affinchè tutti le godessero in
comune; e la terra diventasse proprietà comune. Quindi la natura
ha creato il diritto della comunione dei beni, e non fu che la
usurpazione che ha creato il diritto delle proprietà».
San Giovanni Grisostomo (morto nel 407) dichiarò nelle
sue omelie contro la scostumatezza e la corruzione di Costantinopoli:
«Nessuno chiami qualche cosa sua proprietà; noi la
abbiamo avuta daDio per goderla in comune, e ilmio e tuo sono
menzogne! ». Sant’Agostino (morto nel 430) si espresse così:
«L’esistenza della proprietà privata, ha dato causa ai processi,
alle inimicizie, alle discordie, alle guerre, alle sollevazioni, ai
peccati, all’ingiustizia, agli assassinii. D’onde derivano tutti
questi flagelli? Unicamente dalla proprietà.Asteniamoci quindi,
o fratelli, dal possedere una cosa in proprietà, o, almeno,
asteniamoci dall’amarla».
Papa Gregorio Magno dichiarò nel 600: “Dovete sapere
che la terra da cui siete nati e di cui siete fatti, è comune a tutti
gli uomini, e che quindi tutti i suoi prodotti devono appartenere
indistintamente a tutti”.
Ed uno dei moderni, San Zaccaria nei «Quaranta libri dello
Stato» dice: «Tutte le miserie contro le quali i popoli civili
devono lottare, riflettono la loro origine dalla proprietà privata
del suolo». Nota di A. Bebel.
126
sulle vie d'acqua, questione tanto importante per la
società moderna, non è presa in considerazione dalla
nuova società dal punto di vista della facilità dei trasporti
derivante dalla mitezza delle tariffe, perché la
società nuova non ha più il concetto del prezzo “caro”
e “mite”; ma tutto si riduce a poter fare – e quindi le
vie d'acqua devono considerarsi comodo mezzo di
trasporto, del quale si può profittare per il consumo
minimo di forze e di materiali. Il sistema fluviale e
quello della canalizzazione nei riguardi della sua influenza
sul clima, può avere importanza decisiva per
un completo sistema di irrigazione e di prosciugamento,
per fornire gli ingrassi e i materiali atti a migliorare
il terreno, come pure per il trasporto dei raccolti
ecc. L’esperienza insegna che i paesi poveri
d’acqua soffrono assai più il freddo e il caldo che
non i paesi ricchi di acqua, e quindi, per esempio, i
paesi vicini alle coste non conoscono le temperature
estreme ovvero non le conoscono che di passaggio.
Ora codesti estremi non sono vantaggiosi né alle piante,
né agli uomini. Un esteso sistema di canali sarebbe
quindi benefico, specialmente se coordinato alle
norme relative alla coltura dei boschi. Tale sistema
potrebbe poi servire, una volta aperti grandi bacini,
come collettore e serbatoio d’acqua, quando le acque
formate dalle nevi e dagli acquazzoni violenti
fanno gonfiare e straripare fiumi e torrenti. Sarebbero
quindi impossibili le innondazioni e la loro opera
devastatrice. Inoltre la superficie acquea, una volta
ampliata, renderebbe probabilmente, coll’aumento
dell’evaporazione, più regolari le piogge. Ove però
manca per qualche tempo l’acqua per la coltura delle
terre, pompe e macchine destinate a sollevare le
acque potrebbero facilmente condurle sui fondi.
Questa irrigazione artificiale trasformerebbe quindi
estese campagne, fino ad oggi poco o per nulla fruttifere,
in campagne ubertose. Là dove ora appena la
capra trova sufficiente nutrimento, e dove, nella migliore
ipotesi, dei pini intisichiti protendono al cielo i
magri rami, potrebbero prosperare copiosi raccolti e
trovare abbondante alimento una densa popolazione.
Così, ad esempio, non è che questione di spesa la
trasformazione della vasta e sabbiosa regione della
“Marca”, dello “spolverino del sacro impero germanico”
in un eden ubertoso. Sennonché né i grandi né
i piccoli proprietari della Marca possono intraprendere
i lavori necessari di miglioramento, le aperture
di canali, l’irrigazione, la mescolanza dei terreni ecc.,
e quindi vasti tratti di terreno rimangono incolti proprio
alle porte della capitale dell’impero, ciò che sarà
incomprensibile ai posteri.
D’altra parte verrebbero prosciugate e rese suscettibili
di coltura, mediante la canalizzazione, maremme,
paludi e stagni, così nella Germania settentrionale,
come nel sud della Baviera ecc. Inoltre codesti
corsi d’acqua potrebbero utilizzarsi per la piscicoltura
offrendo così una nuova e copiosa fonte
di alimentazione, e formando in estate altrettante stazioni
balneari per quei comuni che non sono bagnati
da un fiume.
Ecco alcuni esempi dell’azione esercitata dalla irrigazione.
Nelle vicinanze di Weissenfels, 7 ettari e
mezzo di prati bene irrigati producevano 480 quintali
di fieno, mentre 5 ettari di prato della stessa qualità
di terreno, ma non irrigati, non produssero che 32
quintali. I primi avevano dunque una rendita dieci
volte superiore a quella dei secondi. Vicino a Riesa,
in Sassonia, 65 acri di prato irrigatorio fecero salire
la rendita netta da 5.850 a 11.100 marchi. Le grosse
spese di irrigazione rendevano. Vi sono però ancora
in Germania, oltre la Marca, intere provincie il cui
suolo essenzialmente sabbioso dà una rendita discretamente
buona, se l’estate è molto umida.
Queste provincie, quando siano solcate da canali
ed irrigate e quando se ne migliori altrimenti la natura
del suolo, daranno in breve una rendita cinque,
dieci volte maggiore. La Spagna porge degli esempi
che la rendita di terreni bene irrigati superò di trentasei
volte quella delle terre non irrigate.
Dove sono i privati, dove gli Stati, i quali possano
fare ciò che è possibile e necessario? Se alla fine
uno Stato cede davanti alle proteste violente dei danneggiati
da lunga serie di calamità, come procede
adagio, con circospezione e cautela. Potrebbe parergli
già troppo se egli dovesse abbandonare a cuore
leggero l’idea di costruire delle caserme, per mantenere
alcuni reggimenti. E poi, se “si aiuta troppo”
uno, vengono gli altri a chiedere pure assistenze.
“Uomo, aiutati, che Dio ti aiuta”, dice il credo borghese.
Ognuno per sè, nessuno per tutti. Quindi non
passa anno, senza che non succedano parecchie volte
più o meno grandi inondazioni nelle provincie, negli
Stati per lo straripamento di fiumi, torrenti e rivi.
Vaste zone di suolo ubertoso sono portate via dalla
furia delle onde e coperte di sabbia, di pietre, di rovine.
Intere piantagioni di alberi da frutto, che impiegarono
decine di anni per crescere, sono sradicate e
divelte. Case, ponti, strade, argini vengono corrosi
dalle acque, le vie ferrate rovinate, il bestiame soffocato,
molte vite umane sacrificate, i miglioramenti
fatti alle terre e i prodotti distrutti e rovinati. Estesi
tratti della campagna esposta più di frequente al pericolo
d’innondazione, vengono coltivati assai poco
per evitare danni maggiori.
D’altronde il pericolo dell’inondazione viene aumentato
dallemodificazioni inadatte apportate nel corso
dei fiumi e torrenti principali per interessi unilaterali
nel “campo del commercio e del traffico”.
Cotesto pericolo è reso ancora più grave dal fatto
che sulle montagne, e specialmente per opera dei
privati, si abbattono i boschi. La distruzione insensata
dei boschi, distruzione consigliata dallo scopo
di trarre “profitto” è fatale per il clima, e si deve ad
esso la diminuzione della produzione nelle provincie
della Prussia e della Pomerania, nonchè nella Stiria,
in Italia, in Francia, nella Spagna ecc.
Le frequenti inondazioni sono la conseguenza della
distruzione dei boschi sulle montagne. Quelle del
Reno, dell’Oder, della Vistola sono dovute principalmente
alla devastazione dei boschi della Svizzera e
rispettivamente della Gallizia e della Polonia. Col disboschimento
delleAlpi Carniche, il clima di Trieste
e di Venezia deve essere notevolmente peggiorato.
Per gli stessi motivi devono averci perso in linea di
127
fertilità Madera, vaste regioni della Spagna, ed estesi
territori dell’Asia anteriore una volta così fertili ed
ubertosi.
S’intende che la società nuova non può risolvere
d’un tratto tutti questi gravi problemi; ma lo farà
colla maggiore possibile prontezza e col concorso di
tutte le forze, perchè suo unico compito è quello di
risolvere i problemi della civiltà senza tollerare ostacoli
e freni.
Questa società quindi creerà nel corso dei tempi
opere e problemi da risolvere, ai quali la società presente
non può volgere la mente senza che le vengano
le vertigini al solo pensarci. Il godimento e l’amministrazione
comune della terra si organizzeranno
nella società nuova assai meglio, sia con le norme
già designate, sia con altre simili.
Sennonché per altre vie si possono rialzare le rendite
del suolo. Vi sono oggi molte miglia quadrate di
terre coltivate a patate che vengono impiegate in
quantità enormi per la fabbricazione dell’acquavite,
che viene consumata quasi esclusivamente dai poveri.
L’acquavite è il solo eccitante che faccia dimenticare
le cure e le miserie della vita, e che essi
possano procurarsi. Ora, siccome questo consumo
d’acquavite non si farà più nella società nuova, così
la produzione delle patate e dei cereali a tale scopo e
quindi anche la terra e le forze lavoratrici saranno
rivolte a produrre un nutrimento più sano. Abbiamo
già esposto come la speculazione destini le nostre
terre più ubertose alla coltura della barbabietola da
zucchero. Il nostro esercito, la produzione, il traffico
e i trasporti, l’agricoltura, ecc. richiedono l’uso
di centinaia di migliaia di cavalli ed una superficie
corrispondente per l’alimentazione, il pascolo e l’allevamento
dei puledri. La trasformazione radicale
delle condizioni sociali e politiche metteranno a disposizione
una gran parte della superficie destinata a
quegli usi; e saranno quindi destinati a soddisfare ad
altri bisogni della civiltà.
Il regime della terra, dei boschi e delle acque è
oggi oggetto di discussione di una letteratura scientifica
assai copiosa; è tale materia questa che non
può restare senza discussione: il regime forestale,
l’irrigazione e i prosciugamenti, la coltura delle piante
di alto fusto, dei legumi e delle piante tuberose, la
coltura degli alberi da frutto e da fiori, da ornamento,
la coltivazione delle piante alimentari per l’allevamento
del bestiame, per le praterie, l’allevamento razionale
degli animali, dei pesci e dei volatili, e la vendita
dei loro prodotti, i concimi e gli ingrassi, lo spaccio
e il consumo delle scorie nell’economia e nell’industria,
l’analisi chimica delle terre e la sua applicazione
per questa o quella coltura, macchine ed attrezzi,
qualità delle sementi, abitazioni, condizioni
climateriche ecc., tutto ciò rientra nel campo delle
discussioni e delle ricerche scientifiche.
Non passa giorno senza che si facciano nuove
scoperte e nuove esperienze, e senza che vengano
segnalatimiglioramenti e progressi in questo o in quel
campo.
L’agronomia è diventata già dal tempo di von Liebig
(159) una scienza, e anzi una delle scienze principali
e più importanti, che raggiunse un grado d’importanza
tale che non pochi rami dell’attività umana
hanno raggiunto.Ma se noi mettiamo tutti questi progressi
in riscontro con lo stato reale della nostra agricoltura,
allora bisogna constatare che solo pochissimi
proprietari furono in grado di profittarne in giusta
misura, e fra questi non vi è certamente alcuno,
il quale non abbia cercato di fare il suo interesse personale,
senza riguardo al bene generale. La massima
parte dei nostri campagnuoli e ortolani, si può anzi
dire il 98% di essi, non è in grado di profittare di tutti
i possibili vantaggi, e in quanto ne profittano gli altri
dipende unicamente dalla loro volontà.
La nuova società trova pertanto in questo campo,
un terreno assai meglio preparato, così teoricamente
come praticamente, alla sua attività, sul quale
essa non ha che da organizzare e da cominciare per
ottenere risultati migliori di quelli ottenuti fin qua.
L’accentramento dell’industria una volta spinto
al suo più alto grado, produrrà già per se stesso grandi
vantaggi. Confini, strade per i pedoni e per i carri,
fra tutte le proprietà suddivise, apriranno nuovi campi
di azione e di lavoro: l’applicazione delle macchine è
vantaggiosa soltanto su grandi superfici; le grandi
macchine per la lavorazione del suolo, e gli aiuti che
porgono la chimica e la fisica, trasformeranno in fruttifere
le terre oggi sterili; e di tali campagne desolate
ve ne sono ancora dappertutto.
La concimazione dei campi applicata scientificamente
e aiutata da riforme radicali, la irrigazione e i
prosciugamenti faranno aumentare rilevantemente la
capacità produttiva di ogni paese; e la scelta accurata
delle sementi e la difesa contro le male erbe – un
campo questo ove si commettono oggi molti errori
– faranno aumentare ancora più le rendite.
Le semine, le piantagioni e fruttificazioni hanno
luogo naturalmente allo scopo di ottenere la più gran
copia di prodotti contenenti principi nutritivi. La coltura
delle piante da frutta, l’orticoltura e il giardinaggio
avrà uno sviluppo mai fino ad ora raggiunto, e
moltiplicherà considerevolmente la rendita. Quanti
errori e quante colpe si commettono impunemente
da noi in ordine alla coltura della frutta, basta a provarlo
un semplice sguardo ai nostri alberi fruttiferi i
quali si distinguono per l’assoluta mancanza delle cure
necessarie. Ciò vale anche per la coltura delle piante
da frutto nei paesi più rinomati per questa cultura,
per es. il Württemberg. L’accentramento delle stal-
(159) Justus von Liebig (1803-1873), chimico tedesco.
Migliorò l'analisi organica e contribuì in modo importante alla
chimica per l'agricoltura, alla biochimica e all'organizzazione
della chimica organica. Applicò all'agronomia la scoperta del
biologo elvetico Théodore de Saussure che scoprì che le piante
si nutrono di anidride carbonica tratta dall'aria e di sostanze
minerali tratte dal suolo. Teorizzò che il più importante degli
alimenti assorbiti dal suolo, il fosforo, doveva essere restituito
al terreno dato che non gli veniva fornito dai fenomeni atmosferici.
Molte altre furono le sue scoperte, dalla lamina d'argento
sul vetro per creare lo specchio alla preparazione artificiale
dell'acido tartarico, dall'uso dell'ozono per la sbiancatura dei
tessuti vegetali all'estratto di carne come alternativa economica
e nutriente della carne.
128
le, dei magazzini per le provigioni, delle concimaie,
degli stabilimenti per i foraggi, nelle quali istituzioni
si son fatti già i più grandi progressi, ma che solo
una minima parte dei coltivatori può applicare per
trarne profitto, aumenteranno di molto, se generalizzati,
la rendita dell’allevamento del bestiame, e renderanno
facile il procacciarsi un materiale tanto importante
per la concimazione. Ci saranno macchine
ed attrezzi della più alta perfezione e dei quali [la gran
parte] dei coltivatori moderni non si servono. La produzione
e l’uso dei prodotti animali, come il latte, le
uova, la carne, il miele, i peli, la lana, verranno disciplinati
scientificamente. Quali miglioramenti e
vantaggi si siano tratti dall’impiego del latte da alcune
grandi società è risaputo da tutti, e si fanno
tutti i giorni nuove invenzioni e miglioramenti nuovi.
Vi sono però cento altri rami dell’industria rurale,
ove si possono raggiungere gli stessi ed anche
più grandi vantaggi.
Nella lavorazione dei campi e nella raccolta si impiegheranno
grandi masse di lavoratori, traendo abilmente
profitto dalla temperatura, così come non è
ovunque possibile oggidì. Grandi asciugatoi ecc. renderanno
possibile la raccolta anche nelle condizioni
climateriche più sfavorevoli e risparmieranno quindi
le perdite oggi così frequenti.
Quali progressi nella coltura delle piante, degli alberi
da frutta e dei fiori renda possibile l’impiego del
calore artificiale e dell’umidità nei larghi loggiati protetti
dalle intemperie, è dimostrato dai nostri giardinieri.
I negozi di fiori delle nostre grandi città mettono
in mostra nel più rigido inverno una flora che
gareggia con quella dell’estate. La “vigna” artificiale
del direttore dei giardinieri signor Haupt a Brieg nella
Slesia, porge un esempio dei grandi progressi fatti
nel campo della coltura artificiale che facciamo, per
eccezione, seguire qui appresso una lunga descrizione
trascrivendola dal “Vossische Zeitung” del 27
settembre 1890.
Ecco cosa vi si legge:
“Sopra una superficie quasi quadrata di 500 metri
quadrati, cioè 1/5 di jugero, è costruita la casa di
vetro alta da 4 a 5 metri, le cui mura sono orientate
esattamente verso nord, sud, est, ovest. Nella direzione
da sud a nord si inalzano 12 file di doppie spalliere,
lontane m. 18 l’una dall’altra, le quali servono
nel tempo stesso di sostegno al tetto a superficie
piatta.
“In un’aiuola di terra, profonda m. 1,25, sopra
un rialzo dello spessore di 25 centimetri, entro il
quale si stende una rete di canali provvisti di altri
canali verticali per la ventilazione del suolo, aiuola
‘il cui letto è reso soffice, permeabile e fertile mediante
la calce e le muriccie, la sabbia, il concime,
le ceneri d’ossa e i sali di soda’, il signor Haupt
piantò a quella spalliera 360 magliuoli della vite che
danno i migliori vini del Reno, e cioè il Riessling, il
Trainer bianco e rosso, il Moscatello e il Borgogna
bianco e turchino.
“La ventilazione si ottiene, oltreché per mezzo di
molti fori nelle pareti laterali, mediante grandi coperchi
lunghi venti metri nel tetto, i quali possono venire
chiusi ed aperti da un apparecchio di ferro a leva,
munito di perno a vite e di un manubrio, e collocato
in qualunque luogo; 26 inaffiatoi, lunghi 1 metro e
25 centimetri, danno acqua alle viti, i quali inaffiatoi
sono alimentati da un acquedotto, da cui si staccano
dei tubi di gomma del diametro di 2 centimetri. Però
il signor Haupt introdusse un altro sistema veramente
ingegnoso e geniale per dare presto e bene acqua
alla sua “vigna”, e cioè: un generatore artificiale della
pioggia. In alto, sotto il tetto, ci sono quattro lunghi
canali di rame i quali, alla distanza di un mezzo metro,
sono forati sottilmente. I sottili getti d’acqua salendo
in su attraverso queste aperture incontrano dei
piccoli vagli rotondi di velo, e, passando attraverso
di essi, vengono polverizzati: ci voglion sempre parecchie
ore per spruzzare convenientemente mediante
i tubi di gomma, mentre basta aprire un grilletto per
spruzzare dall’alto per tutto l’ampio edificio una pioggia
rinfrescante e minuta sui pampini, sul terreno, e
sui sentieri. L’aumento della temperatura operato
senza riscaldamento artificiale dalle qualità naturali
dell’edificio, si fa salire fino a 8 a 10 gradi R. su
quelli dell’aria esterna. Per difendere, occorrendo,
le viti dalle insidie dei nemici, i pidocchi della vite,
basta chiudere i canali e aprire tutti i grilletti dell’acquedotto.
E’ noto che questo nemico non resiste all’azione
dell’acqua. Il coperto di vetro e le pareti proteggono
la vigna artificiale contro i temporali, il freddo,
il gelo e le piogge; contro la grandine, le reti di
filo metallico; contro la siccità, l’inaffiamento artificiale.
Il proprietario di tale “vigna” è il meteorologo
di se stesso, il quale può ridersela dei pericoli, dei
capricci dello “scetticismo” e delle crudeltà della
natura, che minacciano di distruggere i frutti delle
fatiche e dei sudori del viticoltore. Ciò che il signor
Haupt si attendeva è successo. I magliuoli prosperano
in un clima uniformemente caldo. I grappoli giunsero
a maturità e produssero già nell’autunno del 1885
un mosto il quale, per il contenuto zuccherino e per
il piccolo grado d’acidità, non la cede per nulla ai
mosti più prelibati dei vini del Reno. E non meno
ottimamente riuscirono le uve nel 1886 e nell’annata
del 1887 pure tanto sfavorevole. In questa superficie
si potranno fare circa 20 ettolitri di vino ogni
anno, quando le viti avranno raggiunto la loro completa
altezza di 5 metri, e ogni bottiglia di vino fino
non costerà più di 40 pfenning.
“Nessuna circostanza potrebbe sopravvenire, per
quanto è prevedibile, la quale impedisca che da una
industria, così perfettamente organizzata, si possano
ritrarre rendite altrettanto remuneratrici, anche in
una più vasta coltura.
“Non v’è dubbio che si possono costruire edifici
di vetro, simili a quello che si descrive, provvisti
dello stesso sistema di ventilazione, di irrigazione e
di inaffiamento, anche sopra una superficie più vasta
di quella che ha formato oggetto di questo esperimento.
“Anche in questi nuovi stabilimenti, la vegetazione
comincerà alcune settimane prima della vegetazione
all’aria aperta, e le viti saranno difese durante
la fioritura dai geli, dalle piogge e dal freddo, durante
129
il periodo dello sviluppo dei grappoli dalla siccità,
dagli uccelli e da altri nemici delle uve, nonchè dalla
umidità nel periodo della maturazione, ed infine dai
pidocchi delle viti per tutto l’anno, e i grappoli resteranno
appesi ai tralci fino a novembre e dicembre.
Nella relazione fatta alla società per promuovere la
coltura degli orti, dalla quale attinsi alcuni dati tecnici
per la presente descrizione, l’inventore e il fondatore
della vigna espresse nelle conclusioni queste seducenti
speranze per l’avvenire: Ora essendo possibile
questa coltura della vite in tutta la Germania, ed
anche nelle terre sterili, sabbiose e sassose (per esempio
su quelle pessime della Marca) possono essere
dissodate ed irrigate, così è manifesto il grande interesse
che per la coltura del paese presenta la ‘coltura
della vite sotto il vetro’. Io designerei questa coltura
col nome “Viticoltura dell’avvenire”.
“Allo stesso modo che il signor Haupt ha dato la
dimostrazione pratica che, camminando su questa
via, si possono ritrarre dalla vite delle uve bellissime
e sane, egli ha dimostrato anche qual vino eccellente
e gradito e quale liquido fino, codeste uve
possono dare, mercé una conveniente applicazione
del torchio.
“Dei bevitori e dei conoscitori più competenti e
più esperti di me, hanno tributato dopo un esame
rigorosissimo un elogio entusiastico al Riessling del
1888, al Traminer del 1889, al Moscatello ed al Borgogna
del 1888 torchiati dalle uve di questa vigna,
ed io profano, durante la mia visita a Brieg, ho trovato
motivo ed occasione di associarmi pienamente
a questo elogio.
“Inoltre può aggiungersi che la vigna lascia ancora
spazio sufficiente per praticarvi contemporaneamente
altre colture secondarie e intermedie, non
meno remuneratrici.
“Così il signor Hupt pianta sempre fra due orti
un rosaio, che presenta la più bella fioritura in aprile
e maggio, e alle pareti orientali e occidentali dei peschi
a spalliera, la cui pomposa fioritura in aprile deve
dare all’interno di codesto palazzo di vetro un aspetto
dei più vaghi e leggiadri.
“Possa codesto quadro seducente dell’avvenire,
sbozzato dal padrone e dal fondatore di questa
vigna, tradursi in realtà in un tempo non troppo
lontano, e possa così il vino generoso diventare
effettivamente la ‘bibita nazionale dei tedeschi’ accessibile
a tutti!
“Nulla si oppone seriamente che in avvenire si
beva dappertutto in patria, sia o no propizia la stagione,
l’umor della vite, ottimo sempre ed egualmente
generoso, e dove non era che un’arida landa, ora si
goda la sorgente della gioia”.
L’entusiasmo col quale il relatore descrive in uno
dei giornali più seri codesta “vigna” artificiale, prova
la profonda impressione in lui prodotta dall’opera dell’Haupt.
Nulla vieta però che stabilimenti simili ed
eguali vengano istituiti, soltanto in proporzioni maggiori,
per le colture più svariate, in modo che noi
possiamo procurarci il lusso di un doppio raccolto
per molti prodotti del suolo.
Tutte codeste intraprese sono oggidì sopratutto
questione di “reddito” e i loro prodotti non sono accessibili
che ai privilegiati della società, i quali possono
pagarli, mentre una società a base socialistica
non conosce altra questione eccetto quella delle forze
lavoratrici; quando queste ci sono, l’opera si compie
a vantaggio di tutti.
L’aumento della rendita fondiaria e la conservazione
del suolo in condizioni di produttività, dipende
principalmente da un buon concime, ed è perciò che
il produrlo e il conservarlo pare uno dei compiti più
importanti anche per la società nuova (160).
Il concime è per la terra precisamente quello che
è per l’uomo il nutrimento, ed anzi è tanto poco vero
che ogni concime ha per la terra la stessa importanza,
quanto è poco vero che ogni alimento è per l’uomo
egualmente nutriente. Bisogna dare al suolo quegli
stessi componenti chimici, che ha perduto per
effetto della raccolta, e bisogna poi dargli preferibilmente
tali componenti chimici in quantità maggiore,
quali sono richiesti nella coltura di una determinata
specie di piante. Perciò lo studio della chimica e le
sue applicazioni pratiche raggiungeranno una estensione
fino ad oggi sconosciuta.
Ora i rifiuti animali ed umani contengono in prevalenza
quei componenti chimici che sono adattatissimi
alla riproduzione dell’alimentazione umana. Si
deve dunque cercare di trarne il massimo profitto
possibile e di ripartirli convenientemente. E in ciò si
commettono oggi innumerevoli errori. Sono le città
specialmente e i centri industriali, che ricevono enormi
quantità di generi alimentari, quelli i quali non
danno alla terra che in minima parte i preziosi rifiuti
e le materie di scarto (161).
(160) Vi è una ricetta per rendere fruttiferi i campi ed eternamente
durevole la loro entrata. Se questa ricetta trova la sua
adeguata applicazione, essa sarà più rimunerativa di tutti quelli
che l’economia rurale si è mai procacciata; eccola: «Ogni agricoltore
che trasporta in città un sacco di grano, ovvero un
quintale di rape o di patate, ecc. dovrebbe riportare con sé dalla
città, come il Kuli cinese [detto all'inglese coolie, contadino
povero, NdR], altrettante e possibilmente anche più parti costitutive
dei frutti del suo campo, per restituirle a questo a cui
le ha tolte; egli non deve disprezzare una buccia di patata e un
gambo di paglia, perché dovrebbe pensare che manca la buccia
di una delle sue patate e un gambo delle sue spighe. Quello che
egli spende per questa importazione è poco, mentre la parte
investita ne è sicura, certo più che in una cassa di risparmio, e
nessun capitale gli nasconde una rendita più alta, perchè la
rendita del suo campo raddoppierà in dieci anni; produrrà più
grano, più carni e più cacio, senza impiegarci più tempo e più
lavoro; e non resterà più in angustie a motivo di quei nuovi
ignoti rimedi, che non ci sono, atti a conservare in altro modo
fruttifero il suo campo... Tutte le ossa, la fuligine, la cenere,
lavata o no, il sangue animale, i detriti e i rifiuti di ogni specie
dovrebbero essere raccolti in stabilimenti speciali e preparati
per spedirli a destinazione... I governi e le autorità di polizia
nelle città dovrebbero aver cura affinché, con opportuni regolamenti
sulle latrine e cloache, venga evitata la perdita di queste
materie. – LIEBIG: «Lettere chimiche». Nota diA. Bebel.
(161) “In Cina, ogni Kuli, che la mattina ha portato sul
mercato i suoi prodotti, riporta a casa la sera, due bigonce
cariche di concime appese a un bastone di bambù. Il pregio che
si dà al concime va tanto oltre, che ognuno sa ciò che un uomo
restituisce alla terra in un giorno, in un mese, in un anno, e il
cinese considera più che una scortesia se l’ospite nel lasciare
130
Ne segue, che tutti i fondi lontani dalle città e dai
centri industriali, che vi conducono ogni anno la massima
parte dei loro prodotti, sentono vivamente la
mancanza di materie d’ingrasso – poiché queste materie
di contenuto umano e animale esistente nei fondi
non bastano, consumando tale contenuto solo una
piccola parte del raccolto – e quindi subentra un sistema
di esaurimento che svigorisce il terreno, diminuisce
la rendita, e fa aumentare i prezzi delle materie
alimentari.
Tutti i paesi che esportano principalmente prodotti
del suolo, ma non ricevono di ritorno materie
d’ingrasso, a poco a poco si esauriscono necessariamente,
come l’Ungheria, la Russia, i Principati Danubiani,
l’America, ecc. E’ bensì vero che i concimi
artificiali, e specialmente il guano, rimpiazzano il
concime animale e umano, ma molti agricoltori non
possono procurarselo in quantità sufficiente, perchè
è troppo caro e, in ogni caso, sarebbe fare le cose a
rovescio trasportare il concime da lontano, mentre
si lascia andare a male quello che è vicino. Secondo
l’Heiden un uomo sano e adulto abbandona ogni anno
kg. 48,8 di escrementi solidi, e 438 kg. di escrementi
liquidi.
Questa materia rappresenta oggi, ammesso che
possa impiegarsi senza le perdite dipendenti dalla evaporazione
ecc., un valore di marchi 11,8. Ammettendo
che la popolazione della Germania sia di 48
milioni, e calcolando in media un valore degli escrementi
di un uomo in 8 marchi, si ha un totale di 348
milioni di marchi, che vanno in gran parte perduti
per gli agricoltori, data la mancanza di regolamenti e
la ignoranza assoluta del valore di questa materia.
Oggidì la difficoltà grave di trarne tutto il profitto
possibile, consiste nell’aprire adatti e vasti stabilimenti
collettivi, e nell’elevatezza delle spese di trasporto.
Oggi, per trasportare dalle città delle materie
di ingrasso, si spende di più che per trasportare il
guano dai luoghi d’oltre mare produttori di concime;
i quali luoghi vanno esaurendosi naturalmente nella
misura stessa che aumenta la domanda.
Le somme che si devono spendere oggi per il concime
sono enormi. La Germania spende ogni anno
dagli 80 ai cento milioni di marchi, mentre si spreca
certo nel paese quattro volte più (162).
Si rifletta che ogni uomo spreca annualmente in
materie di ingrasso poco meno di quello che è necessario
per concimare un campo sul quale possono
essere coltivati i mezzi di nutrimento sufficienti per
un uomo: ciò posto, è evidente che la perdita è enorme.
Una gran parte degli escrementi delle città s’immette
nei fiumi e nei torrenti, che perciò ne restano
inquinati ed appestati. Ivi finiscono anche i rifiuti delle
cucine, dei negozi e delle industrie; pur potendosi
impiegare allo stesso scopo vengono spesso sciupati
a cuor leggero.
La società nuova troverà anche in questo campo
i mezzi atti a raggiungere l’importante scopo. Ciò
che si fa oggidì, non è che un palliativo del tutto
insufficiente.Valgano d’esempio, le canalizzazioni dispendiose
della capitale Germanica, sul cui valore è
molto divisa l’opinione dei competenti. La società
nuova risolverà più facilmente questo problema, alla
fine col sopprimere a poco a poco le grandi città,
col decentramento della popolazione.
Nessuno considererà la formazione delle nostre
grandi città come un prodotto sano. Il presente sistema
industriale ed economico trae perennemente,
verso le città più popolose, grandi masse di popolazione
(163).
Là è la sede principale delle industrie e del commercio;
ivi mettono capo tutte le vie di comunicazione
e i mezzi di trasporto; ivi hanno residenza i
grandi signori, le autorità centrali, i comandi militari,
i tribunali. Là i grandi istituti educativi, le accademie
di belle arti, i luoghi di cultura, di passatempo, di
divertimenti, le adunanze, le esposizioni, i musei, i
teatri, le sale da concerto ecc. Molti vi sono chiamati
per ragione di impiego, molti altri dalle attrative dei
piaceri, ma più ancora dalla speranza di guadagnarsi
i mezzi di vivere agiatamente.
La formazione di queste grandi città fa, per dirla
simbolicamente, l’impressione di un uomo il volume
del cui ventre continuò a crescere, mentre le gambe
diventano sempre più magre, finchè non possono
più sopportarne il peso.
I paesi che fanno corona alle città assumono pure
carattere di città, ed è là dove si agglomera il proletariato.
I comuni poveri, senza risorse, devono appigliarsi
alle imposte come ad estremo rimedio, ma sencasa
sua, gli porta via un vantaggio, al quale egli crede gli dia
diritto la sua ospitalità... Il cinese raccoglie con cura ogni sostanza
vegetale e animale per trasformarla in concime... Basti
rammentare, per avere una idea esatta del valore degli avanzi
animali, che i barbieri raccolgono con gran cura e ne fanno
oggetto di commercio, i capelli e le barbe che tagliano e radono
ogni giorno da centinaia di milioni di teste; il cinese conosce
l’efficacia del gesso e della calce, e avviene spesso che egli
rinnovi l’intonaco delle cucine, al solo scopo di convertire il
vecchio in concime. – LIEBIG: «Lettere chimiche». Nota di A.
Bebel.
(162) Carlo Schober: Relazione sulla importanza delle materie
di rifiuto nei riguardi della economia rurale, comunale e
sociale ecc. Berlino 1877. Nota diA. Bebel.
(163) Secondo i risultati raccolti dalla statistica della popolazione
del 1 dicembre 1890, la Germania aveva 26 grandi città
con una popolazione superiore ai 100 mila abitanti. Nel 1871
non ne aveva che 8, con una popolazione relativamente inferiore.
Berlino contava nel 1871, 826 mila abitanti in cifra rotonda,
nel 1890 un milione 574 mila con un aumento quasi doppio.
Alcune di queste grandi città si videro costrette ad unire a sé
i paesi industriali di contro alle loro porte e che per la popolazione
formavano già per se stessi altrettante città; ciò ha determinato
d’un tratto l’aumento delle popolazioni nelle prime.
Così Lipsia dal 1885 al 1890 crebbe da 170.000 abitanti a
353.000; Colonia da 161.000 a 282.000; Magdeburgo da
114.000 a 201.000 ecc.
Nello stesso periodo di tempo anche il numero degli abitanti
delle altre città, che non avevano incorporato a se questi vicini,
segnò un aumento. Monaco, per esempio, da 270.000 abitanti
salì a 345.000;Breslavia da 299.000 a 335.000;Dresda da 246.000
a 276.000; Francoforte sulMeno da 154.000 a 180.000;Hannover
da 140.000 a 163.000; Düsseldorf da 115.000 a 146.000;
Norimberga da 115.000 a 142.000; Chemnitz da 111.000 a
139.000; e così via.Anche le città fra i 50.000 e i 100.000 abitanti
segnarono, in parte, lo stesso aumento della popolazione.
Nelle campagne, invece, le notizie sono molto diverse, come
risulta dalle cifre già in parte esposte. Nota di A. Bebel.
131
za risultati apprezzabili, perché, anche con le imposte,
molti bisogni rimangono insoddisfatti; finché,
avvicinatisi essi alla capitale e questa ad essi, ci cascano
dentro come casca dentro al sole un pianeta
che gli si è troppo avvicinato, senza che ciò giovi a
migliorare le loro condizioni di esistenza.
Queste condizioni si fanno anzi peggiori in conseguenza
dell’eccessivo agglomeramento di molta
gente nelle abitazioni.
Questo agglomeramento che la nostra civiltà rese
necessario e che concorse in qualche modo a formare
delle città altrettanti centri di rivoluzione, nella
società nuova non ha più ragione di essere. Esso cesserà
a poco a poco, allorché la popolazione passerà
dalle grandi città alle campagne a fondarvi nuovi
comuni che rispondano alle condizioni moderne e
ad esercitare insieme con l’agricoltura l’attività industriale.
Non appena la popolazione della città potrà, mercé
la trasformazione dei mezzi di trasporto e dei sistemi
di produzione ecc., trasferire in campagna tutto
il patrimonio della sua cultura, e vi troverà i suoi
musei, i suoi teatri, le sale di concerto, quelli di lettura,
le biblioteche, i circoli, gli istituti di educazione
ecc.; allora senza dubbio comincerà tosto ad esulare.
La vita avrà tutti i vantaggi e le agiatezze delle
grandi città, senza averne i danni. La popolazione
abiterà case più sane e più belle. La popolazione agricola
prenderà parte alle industrie, la popolazione industriale
prenderà parte all’agricoltura e all’orticoltura;
mutamento di occupazioni di cui pochi soltanto
possono permettersi il lusso, ed anche in tal caso,
solamente sotto condizioni di un lavoro eccessivamente
lungo e faticoso.
Qui pure, come dappertutto, il mondo borghese
prepara il terreno alla vagheggiata trasformazione,
perché la erezione di stabilimenti industriali nelle campagne
si fa d’anno in anno sempre più frequente.
Le sfavorevoli condizioni di esistenza delle grandi
città, il fitto caro, i salari più alti, costringono a
ciò molti imprenditori, e, d’altro lato, molti grandi
possidenti si vanno facendo industriali (fabbricanti
di zucchero, di birra, di carta, distillatori di alcool
ecc.). Nella società nuova, anche il concime e le immondizie
verranno facilmente restituite all’agricoltura,
massime con l’accentramento della produzione
e degli stabilimenti destinati ad allestire le materie
alimentari. Ogni comune forma intorno a sè una specie
di zona di coltura, ove esso si coltiva una gran
parte di ciò che è necessario a soddisfare i suoi bisogni.
La orticoltura e il giardinaggio, la più gradita
di quasi tutte le occupazioni pratiche, raggiungerà il
suo più alto sviluppo. La coltivazione dei legumi, della
frutta, dei fiori, delle piante da ornamento porgono
un campo inesauribile all’attività umana, ed è lavoro
questo eminentemente minuzioso, che esclude l’applicazione
delle grandi macchine.
Il decentramento della popolazione farà cessare
l’antagonismo da lungo tempo esistente fra la popolazione
della campagna e quella delle città.
Il contadino, questo ilota moderno, che, nella solitudine
della campagna, per così dire tagliato fuori
dal mondo, non partecipava al progresso della civiltà,
ora è un uomo libero poiché egli diventa un uomo
civile nel più alto grado (164).
Il desiderio una volta manifestato dal principe di
Bismarck, di vedere soppresse le grandi città, viene
appagato, ma in un senso molto diverso, da quello
da lui vagheggiato (165).
* * *
Se noi poniamo mente a ciò che abbiamo esposto
fin qua, troviamo che, abolendo la proprietà privata
degli strumenti di lavoro e di produzione e trasformandoli
in proprietà sociale, scompaiono a poco a
poco tutti i mali e gli inconvenienti che la società
moderna ci presenta.
Quando la società applica tutta la sua attività in
modo conforme al sistema vagheggiato, e la guida e
controlla, cessa da sè l’attività perturbatrice e dannosa
dei singoli o di classi intere. Come dallo sfruttamento
dell’uomo contro l’uomo, mediante il sistema
del salario, così ogni campo, è sottratto all’inganno
e alla frode, alla adulterazione dei generi alimentari
ed alla caccia alla borsa. L’atrio del tempio
di Mammona resterà vuoto, perchè i biglietti di Stato,
le azioni, le lettere di pegno, i certificati ipotecari
ecc. sono diventati cartaccia (166). La frase di Schiller
(167): “Il registro dei debiti sia distrutto, e pacificato
il mondo”, è divenuto realtà, e la frase biblica:
“Tu devi guadagnare il pane col sudore della fronte”
vale ormai anche per gli eroi della borsa, e i fuchi del
capitalismo.
Frattanto il lavoro che essi devono prestare come
membri della società aventi eguali diritti, non li op-
(164) Il prof. Adolfo Wagner così si esprime nell’opera
citata:Manuale dell’economia politica di Rau: «La piccola proprietà
privata forma una base economica che non può essere
sostituita da alcuna altra istituzione per una parte cospicua
della popolazione; crea un ceto di agricoltori indipendenti, i
quali hanno una posizione sociale-politica e funzioni proprie».
Se l’autore non è entusiasta ad ogni costo dei piccoli agricoltori
per amore dei suoi amici conservatori deve ammettere che cotesti
piccoli agricoltori sono la gente più disgraziata delmondo.
Il piccolo agricoltore nelle condizioni suesposte non è quasi
suscettibile di coltura più elevata, dovendosi ammazzare da
mane a sera in un lavoro faticoso; vive in realtà come un cane,
né gli resta il tempo di lavorare per raggiungere una posizione
più agiata e decorosa, diventando quindi un elemento che lungi
dal favorire la coltura, la arresta.
Chi ama il regresso, perchè ci trova il suo tornaconto può
essere contento che questo ceto sociale sopravviva, non mai
l’amico della civiltà. Nota diA. Bebel.
(165) Il principe di Bismarck tuonò nel «Parlamento della
Unione» di Erfurt del 1850 contro le grandi città «come i focolari
delle rivoluzioni», augurandosi che venissero rase al suolo.
Nota di A. Bebel.
(166) Con il termine "mammona" si intende dare il significato
di ricchezza terrena idolatrata.
(167) Friedrich (Johann Christoph) von Schiller (1759-
1805),medico, poeta, filosofo, drammaturgo e storico tedesco;
molti i suoi scritti di medicina, molte le poesie e i saggi storici,
ma è diventato noto soprattutto per alcuni drammi considerati
dei capolavori per l'epoca: nel 1800 scrive Maria Stuart, nel
1801 La pulzella d'Orléans, nel 1803 La sposa diMessina, nel
1804 il Guglielmo Tell.
132
primerà e la salute del corpo ci guadagnerà.
Non avranno più la preoccupazione per ciò che
possedono, quella preoccupazione che, secondo le
patetiche assicurazioni dei nostri industriali e capitalisti,
è più molesta e intollerabile, della incertezza del
meschino salario dell’operaio.
La febbre della speculazione che è causa di tanti
dolori e di tante rovine, e, quasi sempre, di inquietudine
nervose per i nostri sensali di borsa, saranno
risparmiate. L’assenza di pensieri per sè e per i posteri
sarà ora il loro destino, e se ne troveranno benissimo.
Abolita la proprietà privata e tolti gli antagonismi
di classe, cade a poco a poco anche lo Stato; la sua
organizzazione sparirà senza che ce accorgiamo.
“Lo Stato era il rappresentante ufficiale di tutta la
società, la sua sintesi in un corpo visibile, ma lo era,
in quanto era lo Stato di quella classe che per il suo
tempo rappresentava, essa stessa, tutta quanta la società.
(...). Ma, diventando alla fine effettivamente il
rappresentante di tutta la società, si rende, esso stesso,
superfluo.
“Non appena non ci sono più classi sociali da
mantenere nell'oppressione, non appena con l'eliminazione
del dominio di classe e della lotta per l'esistenza
individuale fondata sull'anarchia della produzione
sinora esistente,saranno eliminati anche le collisioni
e gli eccessi che sorgono da tutto ciò, non ci
sarà da reprimere più niente di ciò che rendeva necessario
una forza repressiva particllare, uno stato.
“Il primo atto con cui lo Stato si presenta realmente
come rappresentante di tutta la società, cioè
la presa di possesso di tutti i mezzi di produzione in
nome della società, è ad un tempo l'ultimo suo atto
indipendente in quanto Stato. (...)
“Al posto del governo sulle persone appare l'amministrazione
delle cose e la direzione dei processi
produttivi” (168).
Insieme allo Stato spariscono anche i suoi rappresentanti:
ministri, parlamenti, eserciti permanenti,
polizia e gendarmi, tribunali, avvocati e procuratori
del Re, impiegati carcerari, amministrazione delle
gabelle e dei dazi, insomma tutto il meccanismo politico,
caserme ed altri edifici militari, palazzi per la
giustizia e per l’amministrazione, carceri, ecc., aspettano
ora una destinazione migliore.Migliaia di leggi,
di ordinanze sono diventati carta straccia, senza altro
valore che per la storia. Le grandi e piccole battaglie
parlamentari, nelle quali gli oratori si figurano
di dominare e governare il mondo coi loro discorsi,
sono sparite, facendo posto ai collegi amministrativi
e alle delegazioni amministrative, le quali attenderanno
a migliorare i sistemi di produzione, a distribuire
e procacciare le provvigioni necessarie, a introdurre
le novità ed applicarle convenientemente all’arte, all’istruzione,
al commercio, ai processi produttivi ecc.
Tutte queste son cose pratiche, visibili e palpabili,
che ognuno guarda obbiettivamente, perchè ogni
interesse personale per lui manca.
Il singolo non ha un interesse che non sia interesse
della generalità, il quale consiste in ciò, che
tutto venga disposto e regolato nel modo migliore,
più opportuno e più vantaggioso per tutti.
Le migliaia dei vecchi rappresentanti dello Stato
si daranno a professioni più differenti; concorrendo
con la loro intelligenza e colle loro forze fisiche e
morali a moltiplicare la ricchezza sociale e gli agi
della vita. Non ci saranno in avvenire né crimini, né
delitti politici, e nemmeno reati comuni. I ladri spariranno,
collo sparire della proprietà privata, e ognuno
potrà, con un onesto lavoro, appagare, come tutti gli
altri, facilmente e comodamente i propri bisogni. Non
ci saranno più “disoccupati e vagabondi”, prodotto
di una società che riposa sulla proprietà privata; caduta
questa, anche essi cesseranno. Omicidi perché
se ne dovrebbero commettere? Nessuno può arricchire
a spese di un altro, e l’omicidio per odio o
vendetta dipende sempre più o meno direttamente
dalle presenti condizioni sociali.
Spergiuri, falsificazione di documenti, frodi, ricatti,
bancarotta fraudolenta? Manca la proprietà
privata, contro la quale e per la quale questi reati
possono venire commessi. Incendi? Chi dovrà procurarsi
questa soddisfazione dal momento che la società
gli toglie ogni motivo di rancore e di odio? Falsa
moneta! “Ahimè, il danaro è solo chimera”, e sarebbe
inutile affaticarsi per possederlo. Oltraggi alla
religione? Un assurdo, perchè si lascerà al “Dio onnipotente
e infinitamente buono” la cura di punire
chi lo offende, supposto che si disputi ancora sulla
esistenza di Dio. Adunque tutti i principi fondamentali
dell’ “ordinamento” presente diventeranno un
mito. I genitori ne parleranno ai figli, soltanto come
si parla dei tempi antichi, e i fanciulli scuoteranno il
capo, nè potranno comprendere tutto ciò. I racconti
delle persecuzioni di cui sono fatti bersaglio gli uomini
delle idee nuove, faranno loro quella stessa impressione
che noi riceviamo dall’apprendere che le
streghe e gli eretici venivano fatti bruciare.
Saranno dimenticati tutti i nomi dei “grandi uomini”
che allora si distinsero per aver perseguitate le
idee nuove e che ebbero le approvazioni dei loro ciechi
contemporanei. Noi non vogliamo oggi dire quali
saranno le riflessioni che lo storico dell’avvenire farà
sul presente, perché non siamo ancora nell’età felice
in cui l’umanità potrà, alfine, respirare liberamente.
Come dello Stato, così avverrà della religione. Non
verrà “abolita”; “Dio non verrà destituito”; “non si
strapperà la religione dal cuore della popolazione”,
come suonano le frasi onde si accusano oggi i socialisti-
democratici che hanno principi ateistici.
Questi tiri, noi socialisti-democratici li lasciamo
agli ideologi borghesi, i quali limisero alla prova nella
rivoluzione francese, ma senza risultati, perchè
naturalmente fallirono. Senza violenze e senza oppressioni
di qualunque natura esse siano, la religione
sparirà da sé a poco a poco.
La religione non è che il riflesso trascendentale
delle condizioni sociali. Nella misura in cui l’umanità
(168) Federico Engels: Il rovesciamento della scienza del
signor Eugenio Dühring, noto come AntiDühring, terza parte:
Socialismo, Edizioni Rinascita, Roma 1956, p. 305.
133
progredisce, la società si trasforma, e con essa anche
la religione.
Le classi dominanti cercano di conservarla come
strumento del loro potere, e ciò si esprime col noto
adagio: “Bisogna conservare la religione per il popolo”.
La religione diventa una importante funzione ufficiale
in una società che riposa sulla divisione di classe.
Si forma una casta, che esercita questa funzione
e rivolge tutta la sua acutezza a conservare e ampliare
l’edificio, perchè in tal modo cresce anche la potenza
e l’autorità sua.
Il feticismo dei gradi più bassi della civiltà, e dei
primi nuclei sociali, diventa la religione del politeismo
in un’epoca più progredita, e del monoteismo
in uno stadio di civiltà ancora più avanzato. Non sono
gli Dei che creano gli uomini, ma sono gli uomini
che si fanno i loro Dei, il loro Dio. “Lo creò a immagine
e somiglianza sua” (cioè dell’uomo) deve dirsi,
e non viceversa. Ma già il monoteismo si è risolto in
un panteismo universale. Le scienze naturali fecero
della “creazione” un mito, l’astronomia, la matematica
e la fisica fecero del “Cielo” una rappresentazione
dell’aria, dei “piccoli astri” della volta celeste
ove risiedono gli “angioletti” altrettante stelle
fisse e altrettanti pianeti, la cui natura esclude ogni
vita angelica.
La classe dominante che vede minacciata la sua
esistenza, si tiene stretta alla religione che rappresenta
il sostegno di ogni autorità, e per tale ritenuta
finora da tutte le classi dominanti (169).
Anche la borghesia non è credente, perché il suo
stesso sviluppo e la scienza moderna uscita dal suo
seno distrussero la fede nella religione e nella autorità.
La sua fede non è dunque che apparente, e la
Chiesa accetta l’aiuto della falsa amica, perchéessa
stessa ha bisogno del suo aiuto. “La religione è necessaria
per il popolo”.
Per la società nuova riguardi non ce ne sono più.
Il progresso umano e la scienza sono la sua bandiera,
alla quale essa resterà fedele. Se vi sarà ancora
alcuno che abbia bisogno di religione, lo appagherà
da se stesso. La società non se ne incarica. Per vivere,
il prete deve lavorare nella società, e poiché
anche il prete impara, verrà anche per lui il tempo in
cui comprenderà che il più che si debba essere è di
essere un uomo.
Costumatezza e morale han nulla a che fare colla
religione; i bachettoni e i sempliciotti attestano il contrario.
Morale e costumatezza servono ad esprimere
i principi che regolano i rapporti e le azioni degli uomini
fra loro, mentre la religione disciplina i rapporti
degli uomini con l’ente soprasensibile. Ma come la
religione, così anche il concetto della morale dipende
dalle condizioni sociali degli uomini. Il cannibale
considera sommamente morale il cannibalismo, i
Greci e i Romani consideravano morale la schiavitù;
i signori feudali del medio evo consideravano morale
la schiavitù e il vassallaggio; altamente morale è considerato
il sistema del lavoro salariato dei capitalisti
moderni, lo esaurire le donne col lavoro notturno, e
la demoralizzazione dei fanciulli mediante il lavoro
nelle fabbriche.
A quattro stadi di civiltà corrispondono quattro
diversi concetti della morale, uno più elevato dell’altro,
ma nessuno il più elevato. Lo Stato moralmente
più elevato è indubbiamente quello in cui gli uomini
sono uno di fronte all’altro in condizioni di libertà e
di eguaglianza, in cui l’alto principio morale: “Non
fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te
stesso” regola tutti i rapporti umani. Nel medio evo
valeva l’albero genealogico dell’uomo, oggi quello
che conta è che cosa possiede, nell’avvenire conterrà
l’uomo come uomo. E l’avvenire, è il socialismo
in azione.
* * *
Il defunto dott. Lasker tenne nel 1870 a Berlino
una conferenza, nella quale conchiuse: essere possibile
uno stesso livello di cultura per tutti i membri
della società.
Ma il dott. Lasker era antisocialista, un rigido fautore
della proprietà privata, e del sistema della produzione
capitalistica; mentre oggi la questione della
cultura è eminentemente quistione di denaro. Quindi,
in tali condizioni, è impossibile portare ad uno
stesso livello la cultura generale. Singoli individui
dotati di energia, i quali si trovano in una posizione
relativamente favorevole, possono procacciarsi, superando
gravi difficoltà e impiegando molta energia,
che pochi hanno, una cultura più elevata, ma non
altrettanto possono le masse, finchè sono oppresse
e soggette (170).
Nella società nuova le condizioni di esistenza sono
eguali per tutti. Bisogni e inclinazioni sono vari e differenti,
e rimarranno tali perchè codesta varietà trova
la sua parte nella natura umana, ma ognuno deve
vivere e svilupparsi in relazione alle condizioni di esistenza
eguali per tutti.
(169) Quello che ne pensassero gli antichi, è dimostrato
dalle seguenti citazioni: «Il tiranno, col qual nome si designava
nella Grecia antica ogni padrone assoluto, deve darsi l’aria di
prendere sul serio la religione. Poiché i sudditi temono meno da
tiranni così fatti un trattamento illegale, se essi credono di
riconoscere come religiosa e pia la loro condotta, avendo essi
l’assistenza dei numi». ARISTOTILE: Politica.Aristotile nacque
nell’anno 384 avanti l’era nostra a Stagira, inMacedonia, ed è
perciò conosciuto sotto il nome di «Stagirita». «Il principe
deve possedere le buone qualità umane, o, meglio ancora, deve
far credere di averle, deve far mostra di pietà e di religiosità.
Sebbene alcuni penetrino nell’animo suo, tacciono, perché la
maestà dello Stato difende e protegge il principe, il quale, in
virtù di questa protezione, può fare il suo interesse, lasciar
credere agli altri tutto il contrario.
«Il grosso dei sudditi lo riterrà sempre come un uomo onesto,
anche se tradì la fede e la religione, solo perché mostrò in
molte circostanze, di essere timorato di Dio. Del resto il principe
deve avere una cura speciale del culto e della chiesa».
MACCHIAVELLI nella celebre opera: Il principe, cap. 18.Macchiavelli
nacque il 1469 a Firenze. Nota diA. Bebel.
(170) «Condizione esterna necessaria allo sviluppo dello
spirito filosofico è un certo grado di coltura e di benessere...
Quindi noi troviamo, che si cominciò a filosofare solo presso
le nazioni che erano giunte a un certo grado di benessere e di
civiltà». TENNEMANN. Nota in BUCKLE, Storia della civiltà inglese,
vol. I, pag. 10.«Interessi materiali e interessi intellet134
La uniformità della uguaglianza, che si attribuisce
al socialismo, è una menzogna e un assurdo.
Anche volendola, essa sarebbe irrazionale, sarebbe
in contraddizione colla natura umana, e si dovrebbe
rinunziare a vedere la società svilupparsi secondo i
suoi principi. Se anche le riuscisse a sorprendere la
società e a costringerla a subire condizioni contrarie
a natura, in poco tempo queste condizioni, le quali
non potrebbero essere che catene, verrebbero spezzate,
ed essa sarebbe giudicata per sempre. La società
si sviluppa da sé per virtù di leggi immanenti, e
questa società agirà, non appena abbia conosciuto le
leggi del proprio sviluppo e di quello dell’umanità
(171).
Uno dei compiti precipui della società nuova sarà
quello di educare convenientemente la sua discendenza.
Ogni fanciullo, sia maschio o femmina, è il
benvenuto per la società, perchè in lui essa scorge la
possibilità della continuità sua e del suo sviluppo; e
quindi sente anche il dovere di provvedere con tutte
le sue forze al nuovo essere. Oggetto delle sue prime
cure deve essere quindi la madre. Abitazioni comode,
piacevoli vicinanze, istituti d’ogni specie, quali si
addicono allo studio della maternità, cura attenta per
essa e il bambino; ecco la condizione prima. S’intende
da sé che bisogna che il bambino venga allattato
dalla madre quanto è possibile e necessario.
Moleschott, Sonderegger, tutti gli igienisti ed i medici
sono d’accordo nell’affermare che nulla vale a
sostituire il nutrimento materno (172).
Fatti più grandi, li aspettano i coetanei ai comuni
giuochi, e sotto una comune vigilanza. Eccoci ancora
davanti al quesito di ciò che può farsi, secondo il
grado delle umane nozioni e della intelligenza, per lo
sviluppo fisico e intellettuale. Insieme colle sale per i
giuochi, abbiamo i giardini d’infanzia; poi l’insegnamento
dei primi elementi della scienza e dell’attività
umana, fatto per mezzo del giuoco. C’è il lavoro intellettuale
e fisico, collegato col nuoto, cogli esercizi
ginnastici e nel campo dei giuochi e col patinaggio.
Passeggiate, lotte agli anelli, ed esercizi per entrambi
i sessi si alternano e si completano. Deve formarsi
una razza sana, avvezza alle fatiche, e formalmente
sviluppata così di corpo, come di spirito. Poi di mano
in mano terrà dietro la preparazione alle diverse forme
di operosità pratica, o siano le fabbriche, l’orticoltura,
l’agricoltura, o, in generale, la tecnica dei
processi produttivi. Né verrà trascurata la educazione
nelle varie branche della scienza.
Nei sistemi educativi si preferirà quel processo
di miglioramento e di semplificazione che si segue
nei processi di produzione, e si determinerà in tal
modo la caduta di quei metodi e di quelle materie
d’insegnamento antiquati, inutili, ed anzi dannosi allo
sviluppo fisico e intellettuale, che oggi si seguono e
si insegnano. La conoscenza dei fenomeni naturali,
spiegati naturalmente, accenderanno negli animi il
desiderio d’imparare più di quello che possa accenderlo
un sistema di educazione nel quale una materia
di insegnamento fa i pugni con l’altra, con cui per
esempio da un lato s’insegna religione in senso ortodosso,
dall’altro s’insegnano le scienze naturali e la
storia naturale. Si fonderanno scuole, istituti, e si
applicheranno tutti i mezzi e gli strumenti di educazione
rispondenti all’alto grado di cultura della società.
Tutti i mezzi e gli strumenti di educazione, di
insegnamento, vesti, mantenimento, forniti dalla società
non verranno usufruiti dall’uno a danno dell’altro
(173).
Ecco un capitolo che fa andare su tutte le furie i
(171) Quando il signor Eugenio Richter continua a ripetere
nella sua opera «Dottrine erronee» la vecchia frase incriminata,
che i socialisti vogliono uno «Stato feudale» – i lettori del
nostro libro devono aver compreso chiaramente che non si può
parlare assolutamente di uno «Stato» – egli pretende che la
società si dia uno «Stato» od anche un coordinamento sociale,
che pregiudichi i suoi propri interessi. Ora non si può creare
ad arbitrio uno «Stato» nuovo, radicalmente diverso dallo Stato
precedente, nemmeno un ordinamento sociale nuovo, perché
ciò significherebbe disconoscere e rinnegare tutte le leggi
della evoluzione, secondo le quali Stato e società progredirono
fino ad oggi e progrediranno in avvenire. Il signor Eugenio Richter
e i suoi compagni di fede possono quindi consolarsi perché
se il socialismo ha quelle aspirazioni insensate e contrarie a
natura che gli attribuiscono, esso andrà a male, anche senza le
«Dottrine erronee» del sig. Richter.
Non meno deboli di tutte le altre obiezioni, sono le osservazioni
del signor E. Richter: Per uno Stato socialistico, egli
dice, come lo vorrebbero i socialisti, gli uomini dovrebbero
essere «angeli». Ora è noto che non ci sono angeli, e noi non ne
abbiamo bisogno. Da un lato gli uomini sentono l’influenza
delle circostanze, dall’altro le circostanze subiscono l’influenza
degli uomini, e quest’ultimo sarà il caso sempre più frequente,
quanto più gli uomini impareranno a conoscere la natura
della società, che essi stessi costituiscono, e convenientemente
con trasformazioni adeguate applicheranno la esperienza conquistata,
alla loro organizzazione sociale, ed ecco il socialismo.
Noi non abbiamo bisogno di altri uomini, bensì di uomini
più avveduti e più illuminati di quelli di oggi, e per farli tali, noi
agitiamo, signor Richter, e pubblichiamo delle opere come questa.
Nota di A. Bebel.
(172) A coloro i quali, come il sig. Richter, non possono
soffrire che le giovanimadri entrino in un istituto speciale, ove
esse trovano tutto ciò che solo i ricchissimi possono procacciarsi,
rammentiamo che oggidì tre quarti almeno degli uomini
nascono in condizioni le più primitive, tali che sono una vergogna
e un’onta per la nostra cultura e per la civiltà. E dell’ultimo
quarto delle nostre madri, solo una minoranza è in grado di
avere le cure o gli agi che devono assistere una donna in tale
stato. Del resto lamaternità delle donne delle classi più elevate
è caratterizzata dal fatto che esse fanno passare i doveri di
madre più presto che è possibile in una nutrice del ceto dei
proletari. Se, almeno, la nostra società volesse lasciare l’ipocrisia.
Nota di A. Bebel.
(173) CONDORCET nel suo progetto per la istruzione voleva:
«che la istruzione fosse gratuita, eguale, generale, fisica, intellettuale,
industriale e politica, ed avesse per meta la vera eguaglianza
di fatto».
Anche ROUSSEAU nella sua «Economia politica» disse: «La
istruzione deve essere pubblica, eguale e comune, e formare
l’uomo e il cittadino».Altrettanto afferma ARISTOTILE: «Lo Stato
non ha che uno scopo, e cioè di impartire a tutti i suoi
membri una medesima istruzione, e la cura di ciò è compito
dello Stato, non dei privati». Nota di A. Bebel.
tuali procedono dandosi la mano. Uno non può stare senza
l’altro. C’è fra entrambi lo stesso nesso, che fra il corpo e lo
spirito, separarli significa portare la morte». THÜNEN, «Lo
stato isolato».
La vita migliore, così per l’individuo in particolare, come
per lo Stato in generale, è quella in cui la vita è accompagnata
da beni esterni, così da diventare possibile un’operosa partecipazione
alle opere buone e belle. ARISTOTILE. «Politica».
Nota di A. Bebel.
135
nostri borghesi “uomini dell’ordine” (174). Voi, ci si
oppone, volete fare della scuola una caserma e togliere
ai genitori ogni influenza sui loro figliuoli. Ma
queste accuse sono infondate. Infatti, siccome i genitori
nella società dell’avvenire avranno a loro disposizione
molto più tempo di quello che hanno oggi
nel maggior numero dei casi, basti rammentare la
durata del lavoro che è dalle 10 alle 15 ore al giorno
per gli operai, per gli impiegati delle poste, delle ferrovie,
delle carceri e della polizia, e basti rammentare
la giornata di lavoro degli industriali, dei piccoli
agricoltori, dei commercianti, dei militari ecc., essi
potranno, volendo, dedicarsi alla educazione dei loro
figli così come è impossibile oggidì. Inoltre, i sistemi
educativi sono completamente nelle mani dei genitori,
perchè sono essi che dettano le norme e le
istruzioni che devono essere introdotte. Noi allora
viviamo in una società amministrata affatto democraticamente.
D’altra parte è certo che i ragazzi si trovano meglio
fra loro eguali, e imparano di più e giocano più
volentieri con essi educandosi reciprocramente. La
influenza dei fanciulli più grandi e più vecchi su quelli
più giovani e più piccoli è molto maggiore di quelle
che esercitano i genitori sui figli, come è chiaramente
dimostrato dal Fourier (175). I nostri avversari
parlano come se i genitori provassero piacere ad
avere i figlioli tutto il giorno in casa per educarli,
mentre la realtà è assai diversa. Quante difficoltà e
quanta fatica costi la educazione ed il mantenimento
di un figlio in una famiglia che non abbia che un
figlio solo, possono dirlo tutti quei genitori che si
trovano in questa condizione. Parecchi figli rendono
l’educazione più facile, ma in pari tempo è tanta la
fatica e il lavoro, che il padre, e specialmente la madre,
che ne sente più di tutti il peso, sono ben lieti
quando s’aprono le scuole e i figlioli rimangono fuori
di casa per una buona parte del giorno. Si aggiunga
che la maggior parte dei genitori non possono
educare i loro figlioli che in un modo limitato e imperfetto.
Alla maggioranza dei padri e delle madri
manca quasi il tempo di attendere alla educazione, i
padri a motivo dei loro affari, le madri per le faccende
domestiche, senza contare che ci sono anche dei
doveri sociali da soddisfare. Che se pur avessero
tempo sufficiente per dedicarsi alla educazione dei
figli ne mancherebbe loro, in moltissimi casi, la capacità.
Quanti genitori sono in condizione, anche se
ne avessero tutto l’agio, di tener dietro all’andamento
della educazione dei loro figli nella scuola e aiutarli
a fare a casa i compiti assegnati dal maestro? Pochissimi.
La madre che lo potrebbe fare più di tutti
nel maggior numero dei casi, manca della capacità
relativa, non essendo stata sufficientemente educata.
Inoltre i metodi insieme alle materie d’insegnamento
cambiano con tanta frequenza che queste
materie e questi metodi divengono estranei e ignoti
ai genitori.
Inoltre la casa è organizzata in modo così difettoso
e manchevole, che la grande maggioranza dei
fanciulli non vi trovano né la comodità, né l’ordine,
né la quiete necessaria per fare i loro compiti di scuola,
né uno svago adeguato. Spesso manca loro addirittura
tutto. La abitazione è angusta, ingombra; i fratelli
grandi e piccini si muovono in uno spazio ristretto,
il mobilio non basta e non offre la minima
comodità al fanciullo che ha voglia di lavorare. Non
di rado mancano la luce e il calore; i materiali di studio
e di lavoro, anche se ve ne sono, sono di pessima
qualità, e spesso perfino la fame tormenta i poveri
ragazzi togliendo loro la voglia di lavorare. Si
aggiunga, per completare il quadro, che migliaia di
fanciulli vengono distratti dai lavori domestici e industriali
d’ogni maniera, che ne amareggiano la giovinezza,
e li rendono incapaci a disimpegnare i loro
doveri di scolari. Non è raro poi che i fanciulli debbano
subire l’ostilità dei genitori, quando vogliono
pigliarsi il tempo per i loro compiti di scuola o per i
loro giuochi.
Insomma, gli ostacoli sono tanti che, se si volesse
passarli tutti in rivista, si dovrebbe stupirsi soltanto
che i giovani siano ancora tanto istruiti. Una
prova che la natura umana è sana e sente in sé lo
stimolo di progredire e perfezionarsi.
Anche la società borghese riconosce in parte questi
inconvenienti poiché facilita per quanto è possibile
l’educazione della gioventù. Essa introduce il principio
dell’istruzione gratuita, e qua e là provvede gratuitamente
anche ai mezzi di insegnamento, due cose
che, sino a pochi anni fa, il ministro dei culti di Sassonia
denunziava come “pretese socialiste e democratiche”
davanti ai deputati socialisti della Dieta provinciale.
In Francia, ove la istruzione popolare fa
grandi progressi, dopo un lungo periodo di trascuranza,
si è andati, almeno a Parigi, anche più in là,
accordando il nutrimento dei fanciulli a spese del
Comune, in modo che i poveri ricevano l’alimento
gratuito e i ragazzi delle famiglie agiate paghino un
piccolo contributo alla cassa comunale. Questo è già
un ordinamento pienamente socialistico, che fece
ottima prova con soddisfazione dei genitori e dei
ragazzi.
Ma nelle scuole si è fatto ancora di più, perchè si
è introdotto il sistema di fare i compiti assegnati per
casa in iscuola, sotto la vigilanza del maestro, essendosi
riconosciuta la insufficienza di quelli fatti nella
casa paterna. In questo ultimo caso, gli scolari più
ricchi hanno un vantaggio in confronto dei più poveri
non solo per la loro stessa condizione, ma anche
perché in casa questi ragazzi delle famiglie più
agiate sono aiutati dalle governanti e da precettori
privati. D’altro lato l’infingardaggine e la negligenza
è favorita nello scolaro appartenente a famiglia ricca
dal fatto che la ricchezza, il lusso e l’agiatezza dei
genitori gli fanno sembrare superfluo l’istruirsi, ed
anche dal fatto che gli vengono davanti agli occhi
degli esempi in linea di morale i più deplorevoli e tali
(174) Fra i quali c’è anche il signor Eugenio Richter nelle
sue «Dottrine erronee». Nota di A. Bebel.
(175) Vedi Carlo Fourier. Sua vita e sue teorie di Augusto
Bebel. – Edizione di J. H. W. Dietz, Stoccarda.
Nota di A. Bebel.
136
che finiscono per corromperlo. Chi ode e vede tutti
i giorni e tutte le ore come il rango, la condizione, il
danaro e la ricchezza vogliono dir tutto, si forma un
concetto singolare dell’uomo e dei suoi doveri, delle
istituzioni politiche e sociali.
Se non che a noi pare anche che la borghesia non
abbia alcun motivo di osteggiare il sistema della istruzione
comunistica della gioventù, poichè ha già introdotto
parzialmente tale sistema, sebbene in modo
mostruoso, anche per le classi privilegiate.
Ricordiamo i collegi dei cadetti e gli alunnati, i
seminari, le scuole per sacerdoti, i collegi per gli
orfani di militari, ecc. In questi istituti vengono
educati e preparati all’esercizio di una data professione
migliaia e migliaia di giovani appartenenti in
parte ai così detti ceti migliori della società, e vi ricevono
una istruzione unilaterale e sbagliata accompagnata
da una rigorosa clausura da convento. Inoltre
sono appunto imembri delle classi elevate, come medici,
preti, impiegati, proprietari di fabbriche, possidenti,
grandi agricoltori che abitano in campagna o
in piccoli paesi ove mancano istituti superiori di educazione,
quelli che mandano a pensione nelle città i
loro figli e non li vedono che all’epoca delle ferie,
quando pure li vedono.
E’ quindi un vero controsenso che i nostri contraddittori
censurino ed osteggino il sistema dell’educazione
comunistica della gioventù e vadano sulle
furie perché si allontanano i figli dai genitori, mentre
lo hanno già applicato ed introdotto, almeno in parte,
ma in modo pessimo, sbagliato, assolutamente falso
ed insufficiente, per i loro stessi figliuoli. Se si scrivesse
un capitolo sulla educazione dei fanciulli appartenenti
alle classi abbienti, impartita dalle nutrici,
dalle aie (176), dalle governanti e dai precettori domestici,
si getterebbe una luce sinistra sulla vita delle
loro case e delle loro famiglie, e si vedrebbe davvero
che anche qui regna l’ipocrisia dappertutto.
Il numero degli insegnanti deve aumentare in misura
corrispondente ai mutati sistemi di educazione,
che devono proporsi per scopo lo sviluppo fisico e
intellettuale e la educazione della gioventù, e in modo
speciale devono dar vita e vigore alle istituzioni per
l’educazione fisica, oggi ancora molto deficienti. Bisogna
curare la educazione dei rimessiticci (177) della
società almeno nella stessa guisa nella quale si provvede
nell’organismo militare alla educazione del soldato;
un sott’ufficiale istruisce al massimo 10 soldati
semplici. Se in avvenire si faranno istruire 10 scolari
da un maestro si otterrà ciò che si deve ottenere.
Anche l’insegnamento delle arti meccaniche in laboratori
perfezionati, nonchè quello della orticoltura e
dell’agricoltura formeranno parte essenziale della
istruzione della gioventù. Tutto ciò si saprà introdurre
ed applicare alternando convenientemente i
lavori, evitando l’applicazione eccessiva, e così si
perfezionerà al massimo possibile la educazione dell’uomo.
L’istruzione sarà inoltre comune ed eguale per
entrambi i sessi. La loro separazione è giustificata
soltanto nei casi in cui la differenza del sesso la renda
assolutamente necessaria. Questo sistema di educazione
una volta che sia bene disciplinato e sottoposto
a sufficiente controllo durerà fino all’età in
cui la società dichiara il giovane maggiorenne. Entrambi
i sessi sono allora pienamente capaci di compiere
in ogni direzione i doveri e di esercitare tutti i
diritti che la società impone e riconosce in tutti i suoi
membri adulti. La società può ora essere perfettamente
sicura di aver educato degli uomini vigorosi e
valenti e perfettamente sviluppati, uomini ai quali è
estraneo tutto ciò che non è umano e naturale, e che
conoscono non meno la natura propria e la propria
essenza che la natura e l’essenza della società della
quale essi fanno parte.
Spariranno le mostruosità che si fanno ogni giorno
più numerose in seno alla nostra gioventù e che
sono la conseguenza naturale della corruzione e della
decomposizione della società. La sguaiataggine, la
indisciplinatezza, l’immoralità, il desiderio di godere,
quali si notano nella gioventù dei nostri istituti
superiori di educazione, dei ginnasi, dei politecnici,
delle università, ecc., alimentati dallo sfacelo e dalla
perturbazione della vita domestica, la influenza perniciosa
della vita sociale, come l’eccessiva ricchezza
e l’eccessiva miseria, le letture che demoralizzano
col dare incentivi e stimoli agli appetiti, con i discorsi
ambigui della stampa periodica, cogli effetti
perniciosi dei sistemi di lavorazione nelle fabbriche;
la insufficienza delle abitazioni; la libertà e la indipendenza
assoluta in una età in cui l’uomo ha più
che mai bisogno di essere frenato ed educato a governare
se stesso, tutti questi ed altri mali saranno
evitati facilmente dalla società dell’avvenire, senza
impiegare perciò la violenza e la tirannia. Le istituzioni
sociali e l’ambiente le renderanno impossibili.
Come nella natura le malattie e la morte non colpiscono
che gli organismi in cui si verifica un processo
di decomposizione, che forma i malati, così
avviene anche nella società.
Nessuno può negare che tutto l’organismo delle
nostre scuole presenti inconvenienti gravi e pericolosi,
ed anzi che gli istituti e le scuole superiori ne
presentino più ancora che le inferiori. Una scuola
rurale è un modello di moralità in confronto al ginnasio;
una scuola femminile di lavoro per le fanciulle
povere è un modello di moralità in confronto a un
gran numero di distinti pensionati.
E la ragione non è difficile a scoprire. Nelle classi
superiori della società è spenta ogni aspirazione agli
alti intenti umanitari; queste classi non hanno più alcun
ideale.Mancando gli ideali e ogni nobile iniziativa
a imprese generose, queste classi si dànno in preda
alla dissolutezza alimentata da una brama smoda-
(176)Aia, vecchio termine per indicare la persona che nelle
famiglie signorili di un tempo si occupava dell'educazione dei
giovani (dallo spagnolo: ayo, e questo dal gotico: hagja, che voleva
dire custode).
(177) Rimessiticcio: di germoglio o ramo nuovo che rinasce
sul posto che ha subito un taglio,una recisione (dal verbo: rimettere,
mettere di nuovo). In questo caso si intendono
probabilmente i giovani scolari ripetenti o che hanno difficoltà
ad apprendere.
137
ta di piaceri e di godimenti, con tutte le loro fatali
conseguenze fisiche e morali. Come può la gioventù
cresciuta in mezzo a tale ambiente essere diversa da
quella che è? Il solo scopo che essa vede e conosce
è quello dei piaceri materiali senza misura e senza
limiti.
Perché dovrebbero affaticarsi se la ricchezza accumulata
dai genitori fa parere inutile ogni fatica? Il
maximum della cultura dei nostri figli della borghesia
consiste nel prendere ogni anno l’esame. Quando questo
è superato, credono di aver superato il Pelio e
l’Ossa (178), si vedono vicini all’Olimpo, e si sentono
Dei di secondo rango. Quando poi arrivano ad
avere in tasca una patente d’ufficiale della riserva,
allora la loro superbia e il loro orgoglio non ha più
confini. L’influenza che esercita questa generazione
nella maggioranza dei suoi membri, debole di carattere
e vuota di mente, ma pretenziosa e audace, permette
di designare questo periodo come il secolo dei
luogotenenti della riserva. La sua caratteristica è la
mancanza di carattere e di sapere compensata da
molte pretese: si è brutali e orgogliosi verso chi stà
in basso, e servili verso chi sta in alto.
Le figlie della nostra borghesia ricevono una educazione
da bambole e da donne di società, le quali
frenetiche per la moda passano di piacere in piacere
e infine sazie di noia soffrono di tutte le malattie immaginarie
e reali e, vecchie, finiscono per diventare
bacchettone, che stralunano gli occhi davanti alla
depravazione del mondo, e predicano l’ascetismo e
la religione.
Per le classi inferiori si tenta di limitare il livello
della istruzione; perchési teme che il proletario diventi
troppo astuto, si stanchi della sua condizione
sociale, e si ribelli ai suoi numi. Quindi anche nelle
questioni relative alla educazione e alla istruzione, la
società moderna cammina alla cieca come in tutte le
altre questioni sociali. Che fa essa? Invoca il bastone
e bastona, predica religione, astinenza e soggezione,
e fonda per gli elementi pessimi degli stabilimenti
di correzione sotto influenze pietistiche. Con
ciò la sua sapienza pedagogica è quasi esaurita.
La società nuova, dopo avere educato il suo rampollo
fino all’età designata giusta i principi suesposti,
può anche lasciare che ogni individuo pensi alla
sua cultura ulteriore. La società può essere sicura
che tutti profitteranno delle occasioni favorevoli per
far scattare e sviluppare i germi dell’istruzione ricevuta.
Ognuno fa quello a cui lo spingono le inclinazioni
naturali e il suo ingegno. Questo si dà a studiare
un ramo delle scienze naturali: antropologia, zoologia,
botanica, mineralogia, geologia, fisica, chimica,
scienze preistoriche, ecc.; quello si dà alle scienze
storiche, alla linguistica, all’arte, ecc. Altri diventa
musicista, altri pittore, un terzo scultore, un quarto
attore comico. Non ci saranno corporazioni di
artisti, come non ci saranno corporazioni di maestri
e di artefici. Mille ingegni brillanti, che restarono
soffocati fino ad oggi, si sveleranno e si faranno
valere, mostrando alla società quanto sanno e quanto
possono fare, ove si presenti l’occasione. Non vi
saranno più musicisti, attori, artisti e insegnanti di
professione, ma ve ne saranno molti di più per ispirazione
di talento e di genio. E le opere di costoro
supereranno quanto si fa oggidì in questi campi; le
opere dell’oggi nel campo delle industrie, della meccanica
e dell’agricoltura verranno superate da quelle
della società dell’avvenire. Vedremo quindi sorgere
per le arti e le scienze un’era, quale il mondo non
vide mai, e le creazioni sue risponderanno ai progressi
di quella civiltà.
Nientemeno che RiccardoWagner ha riconosciuto,
e manifestato già fino dal 1850 nel suo scritto:
“Arte e rivoluzione” quali trasformazioni subirebbe
l’arte e a quale vita nuova questa rinascerebbe se le
condizioni sociali fossero degne dell’umanità. Questo
scritto è notevole specialmente perchè comparve
subito dopo lo scoppio di una rivoluzione, alla
quale partecipòWagner, e per cui egli dovette fuggire
da Dresda. In tale scritto Wagner prevede chiaramente
ciò che è nascosto in grembo all’avvenire, e
si rivolge direttamente alla classe operaia, perché aiuti
gli artisti a fondare l’arte vera. Ecco ciò che egli
dice fra altro: “Se lo scopo della vita degli uomini
liberi dell’avvenire non sarà più quello di guadagnarsi
il pane, ma, mercè una fede nuova e viva, ovvero
mercè il sapere, sarà loro assicurato il pane verso il
corrispondente esercizio dell’attività naturale, quando
cioè, l’industria non sarà più la nostra signora,
ma serva nostra, allora noi faremo consistere lo scopo
della vita nella gioia dell’esistenza, e cercheremo
di creare i nostri figlioli in modo da renderli capaci
di godere effettivamente questa gioia. L’educazione
essendo la risultante dell’esercizio della forza
e della cura della bellezza fisica, diventerà puramente
artistica per l’amore tranquillo verso i bambini e la
gioia di perfezionare la bellezza, ed ognuno sarà davvero
sotto qualche rapporto un artista. La diversità
delle inclinazioni naturali condurrà le più varie e
molteplici attività a una inaspettata ricchezza! ” Ora
queste sono idee perfettamente socialistiche.
* * *
La vita sociale diventerà in avvenire prevalentemente
pubblica, e tale vuol essere già presentemente,
come vedemmo chiaramente quando esponemmo
il cambiamento subìto dalla posizione della donna
in confronto del passato.
La vita domestica si limiterà allo strettamente necessario,
mentre si farà largo campo ai bisogni della
socievolezza. Grandi e vasti locali di riunione per conferenze,
discussioni e per la trattazione di tutti gli
interessi sociali, sui quali in avvenire tutti saranno
chiamati a decidere sovranamente, sale di gioco, di
pranzo e di lettura, biblioteche, sale di concerto e
(178) Il monte Pelio e il monte Ossa si trovano in Tessaglia,
Grecia, vicino al monte Olimpo. Nella mitologia greca, i
giganti Oto e Efialte tentarono di dare l'assalto all'Olimpo e per
raggiungere la sua vetta - nella quale vi era la casa degli dei olimpi
- presero il Pelio sovrapponendolo all'Ossa, ma in vetta
all'Olimpo non ci arrivarono. Riferendosi a questo duemonti si
allude ad un enorme ma infruttuoso tentativo.
138
teatri, musei, palestre e piazze per i giochi, parchi e
passeggiate, bagni pubblici, istituti di educazione e
d’istruzione di ogni maniera, laboratori, ospedali per
malati e per gli infermi, e tutto ciò ordinato e arredato
nel miglior modo possibile, offriranno a ogni specie
di passatempo, all’arte e alle scienze frequenti
occasioni di arrivare al sommo della perfezione.
Come dovrà parere piccino, al confronto, il nostro
secolo tanto decantato! Questo scodinzolare intorno
ai potenti per ricevere grazie e favori, questa
viltà di caratteri che si piegano a leccare le zampe,
questa lotta accanita coi mezzi più odiosi e più bassi
per raggiungere un posto privilegiato. Di qui il poco
coraggio d’esprimere la propria opinione, di qui ancora
l’abito di nascondere le buone qualità che potrebbero
dispiacere, la mancanza di carattere e l’ipocrisia
così nelle idee come nei sentimenti. Quello che
eleva e nobilita l’uomo, e cioè il sentimento di sé, la
indipendenza e la incorruttibilità della coscienza, l’inflessibilità
del convincimento, la libera manifestazione
delle proprie idee e dei propri principi sono considerati
dalla nostra società come altrettanti difetti. Vi
sono qualità che rovinano immancabilmente chi ne è
dotato, se non si cura di soffocarle. Molti non sentono
la loro umiliazione perchè alla umiliazione sono
avvezzi. Il cane trova naturale di avere un padrone
che gli dia da assaggiare la frusta in un momento di
mal umore.
Anche la letteratura presenterà un aspetto profondamente
diverso, dati i mutamenti della vita sociale
che abbiamo dinanzi accennati. La letteratura
teologica, la quale presenta ilmaggior numero di pubblicazioni
letterarie nei cataloghi annuali, sparirà completamente
insieme alla letteratura giuridica; ed altrettanto
si dirà di tutte le produzioni che si riferiscono
alle istituzioni politiche, ed anche queste istituzioni
saranno sparite. Gli studi relativi avranno soltanto
un interesse storico. Non ci sarà più una pletora
di quelle produzioni letterarie frivole e vuote le
quali sono possibili soltanto colla corruzione del gusto,
col favore o col sacrificio che porta la vanità
dell’autore.
Dal punto di vista delle nostre presenti condizioni
si può dire già, senza esagerazione, che almeno quattro
quinti di tutta la produzione letteraria possono
sparire dal mercato senza che ne soffra menomamente
l’interesse della cultura. Così enorme è il numero
delle opere superficiali e dannose, o apertamente
vergognose.
Allo stesso modo saranno colpite le belle lettere e
il giornalismo. Non c’è nulla di più superficiale, di
più tristo, di più insipido della maggior parte della
nostra letteratura giornalistica. Se si dovesse giudicare
dal contenuto della massima parte dei nostri giornali
lo stato della nostra civiltà e dei nostri orizzonti
scientifici si troverebbe che siamo molto in basso.
L’operosità degli individui e lo stato delle cose viene
giudicato da un punto di vista che risponde ai secoli
passati, e sono additati dalla scienza già da gran tempo
come ridicoli e insostenibili. Una parte notevole dei
nostri letterati-giornalisti sono persone “che fallirono
alla loro vocazione”, ma il cui grado di cultura e
le cui pretese in linea di mercede corrispondono all’interesse
della borghesia per l’ “affare”. Inoltre
questi giornali, come pure la maggior parte dei fogli
letterari, nella parte riservata agli annunzi, hanno il
compito di favorire la reclame più oscena e di fruttificare
la moralità borghese; la parte riservata ai listini
di borsa in altro campo allo stesso interesse.
La produzione letteraria non è, in media, molto
migliore della letteratura giornalistica; qui si coltiva
specialmente il campo sessuale in tutte le sue superfetazioni,
e si rende omaggio ora alla rassegna superficiale,
ora ai pregiudizi più sciocchi e alla superstizione.
Scopo di tutto questo è di far apparire il
mondo borghese, malgrado tutti i difetti che in piccola
parte si ammettono, come il migliore dei mondi.
In questo campo vasto e importante, la società
dell’avvenire avrà da operare radicali trasformazioni.
Non ci saranno che la scienza, il vero, il bello, la
lotta delle idee per il meglio, e ad ognuno sarà offerta
l’opportunità di prendervi parte perché valente e
operoso.Allora egli non dipenderà più dal favore dei
librai, dall’interesse pecuniario e dal pregiudizio, ma
dal giudizio di uomini competenti e imparziali, che
egli stesso designerà e contro la cui decisione, ove
questa non gli garbasse, potrà sempre appellarsi al
pubblico. Ciò che non gli è possibile di fare oggi coi
redattori dei giornali, né coi librai, i quali non pigliano
consiglio che dal loro interesse personale. L’idea
che la lotta delle opinioni non possa combattersi in
una società retta a sistema socialistico, non può essere
divisa e sostenuta che da coloro, i quali considerano
il mondo borghese come il migliore dei mondi
e cercano, perché ostili al socialismo, di screditarlo
e di rimpicciolirlo. Una società che riposa sulla
completa eguaglianza democratica, non conosce oppressioni
e tirannie. Solo la completa libertà di opinione
rende possibile la continuità del progresso, che
è il principio vitale della società. Inoltre è una illusione
di rappresentare la società borghese come quella
che difende la libertà di opinione. I partiti che difendono
gli interessi di classe, non pubblicheranno che
quanto non pregiudichi questi interessi, e guai a colui
il quale osi fare dell’opposizione. Egli porrebbe il
suggello alla sua rovina, come sanno tutti coloro i
quali conoscono le nostre condizioni sociali. Non vi
è scrittore il quale non sappia come i librai non vogliano
lanciare dei lavori letterari che loro non convengono.
* * *
Siccome l’individuo deve educarsi completamente,
e questo deve essere lo scopo della connivenza
umana, così egli non deve essere legato alla gleba,
nella quale il caso lo fece nascere.
Egli può imparare dai libri e dai giornali a conoscere
gli uomini e il mondo, ma non arriva a conoscerli
mai profondamente. Ci vuole intuizione personale
e studio pratico. La società dell’avvenire deve
quindi rendere possibile a tutti ciò che è possibile a
molti nella società moderna, sebbene nella maggior
parte dei casi il pungolo del bisogno serva di eccita139
mento. La necessità di modificare tutte le relazioni
della vita è radicata profondamente nella natura
umana. Questa necessità corrisponde all’istinto del
perfezionamento che è immanente in ogni essere organizzato.
La pianta che sorge in uno spazio senza
luce si allunga e cerca la luce, come avesse coscienza,
che cade da qualche apertura. Altrettanto si dica
dell’uomo. E un istinto che è congiunto all’uomo, e
che è perciò un istinto naturale, deve essere appagato
secondo ragione.
Lo stato della società nuova non contrasta il soddisfacimento
di questo istinto di cambiamento, ma
anzi rende possibile che tutti giungano ad appagarlo.
I suoi scambi portati al loro più alto sviluppo lo facilitano,
e i rapporti internazionali lo provocano. Tutti
quindi potranno fare “i loro viaggi feriali”, né sarà
difficile organizzarli. Si potranno visitare paesi e regioni
straniere, spedizioni e colonizzazioni d’ogni genere
quando si agisca nell’interesse sociale.
Gli organi amministrativi della società dovranno
vegliare affinché non manchino le provviste destinate
a soddisfare tutti i bisogni della vita. Come ciò si
possa effettuare è facile dedurre dalle premesse. La
società regola la durata del lavoro secondo il bisogno,
rendendola ora più lunga, ora più corta, secondo
le sue esigenze e le stagioni che le fanno apparire
opportuno. In un dato periodo essa potrà dedicarsi
più alla produzione rurale e in un altro periodo alla
produzione industriale, disciplinando e dirigendo le
forze lavoratrici a seconda del bisogno. Essa potrà
ancora,mercé il perfezionamento delle istituzioni tecniche
e per effetto del lavoro collettivo, compiere
senza alcuna difficoltà imprese che oggi sembrano
impossibili.
Come la società assume sopra di sé la cura della
gioventù, così essa assumerà ancora quella dei vecchi,
dei malati e degli invalidi. Chi per qualunque circostanza
è diventato inabile al lavoro, ha diritto che
la società lo aiuti. Egli può essere sicuro che gli si
useranno tutte le cure, tutti i riguardi possibili; ospedali
e ricoveri che presentano tutto quello che la tecnica
e la scienza hanno saputo fare di meglio cercheranno
di restituirlo presto alla società sano e vigoroso,
ovvero gli renderanno meno triste la vecchiaia
se egli è vecchio e malaticcio. Non lo turberà
il pensiero che altri stiano aspettando la sua morte
per “ereditare” da lui; e nemmeno lo turberà il pensiero
di essere gettato da una parte come un limone
spremuto, se vecchio e privo di assistenza. Egli non
sarà abbandonato alla carità ed alla assistenza dei suoi
figlioli, né alla elemosina del pubblico. E’ un fatto
troppo noto quello della condizione nella quale si trovano
la maggior parte dei genitori che devono raccomandarsi
all’aiuto dei figli. E in quale guisa demoralizzante
agisce di regola sui figli, ed ancor più sui
parenti la speranza di “poter ereditare”. Quali abominevoli
passioni si risvegliano, quanti delitti vengono
provocati da questa speranza. Assassinii ed omicidi,
sottrazioni, ricatti, falsi giuramenti, estorsioni, ecc.
La società borghese non ha alcun motivo di andare
superba del suo diritto ereditario perchè a questo diritto
si deve una gran parte dei delitti che si commettono
ogni anno, mentre la maggioranza nulla ha da
lasciare in retaggio e nulla da ereditare (179).
Lo stato morale e fisico della società, i sistemi di
lavoro, le abitazioni, il modo di nutrirsi e di vestirsi,
la sua vita sociale, tutto concorrerà a impedire ed a
prevenire le disgrazie, le malattie precoci e le infermità
croniche. La morte naturale, lo spegnersi della
forza vitale diventerà sempre più la regola, e il convincimento
che il “Cielo” è sulla terra e che essere
morto significa aver finito, condurrà gli uomini a vivere
naturalmente. Gode di più chi gode più a lungo.
Questo sa bene apprezzare il clero che apparecchia
gli uomini per l' “al di là”, perché i preti in media
hanno vita più lunga degli altri.
Condizione prima d’un metodo di vita naturale è
il mangiare e bere. Vi sono degli amici del cosiddetto
“metodo di vita secondo natura” i quali spesso domandano
perchè i socialisti democratici restino indifferenti
davanti all’alimentazione vegetale. Questa
domanda ci porge motivo di trattare in poche righe
questo argomento. Il vegetarianismo, cioè la dottrina
che prescrive di nutrirsi di prodotti esclusivamente
vegetali, è diffuso specialmente in quei ceti, i quali
sono in grado di poter scegliere fra l’alimento vegetale
e l’alimento animale. Per la grandissima maggioranza
degli uomini tale questione oggi non esiste,
perché questa maggioranza è costretta a vivere secondo
i suoi mezzi la cui penuria la costringe in molti
casi a cibarsi esclusivamente o quasi di prodotti vegetali,
ed anzi perfino di quelli meno nutrienti. Per
una gran parte della popolazione operaia della Slesia,
della Sassonia, della Turingia e di tutti i distretti
industriali, il cibo principale è la patata. Il pane viene
in seconda linea, e la carne non si vede quasi
mai in tavola, e le rare volte che c’è trattasi di carne
di pessima qualità. Altrettanto può dirsi di una
gran parte della popolazione rurale sebbene essa allevi
il bestiame, perchè questa popolazione è costretta a
venderlo per soddisfare, col danaro che ne ritrae,
altri bisogni.
Per tutti questi vegetariani forzati una solida bistecca
e una buona coscia di castrato determinerebbe,
secondo noi, un miglioramento nella loro nutrizione.
Se la dottrina dei vegetariani mira a combattere
l’abuso dell’alimentazione animale, allora ha ragione,
ma ha torto se ne combatte l’uso, con ragioni
in parte troppo sentimentali. Per esempio, col dire
che il sentimento naturale vieta di uccidere gli animali
e di mangiare un “cadavere”. Ora il desiderio di
(179) L’uomo che è vissuto sempre da probo, onesto e
laborioso fino alla vecchiaia, non deve vivere in questa età della
carità né dei figli, né della società. Una vita indipendente priva
di preoccupazioni e di stenti è premio adeguato alla attività
continuata negli anni del vigore e della salute. Thünen: «Lo
Stato isolato».
Ma che cosa avviene oggi nella società borghese?Avviene
che il tanto celebrato ricovero per la vecchiaia e per gli invalidi
nell’impero germanico presenta un compenso assai gretto, come
ammettono anche i suoi più zelanti difensori. La sua assistenza
è ancora più insufficiente delle pensioni assegnate alla maggioranza
degli impiegati. Nota diA. Bebel.
140
una vita agiata e tranquilla ci costringe a dichiarare
guerra ad un gran numero di esseri viventi sotto forma
di insetti nocivi d’ogni genere e a distruggerli e
per non essere divorati noi dobbiamo pure uccidere
e distruggere delle bestie feroci. Lasciando vivere in
pace i “buoni amici dell’uomo” e cioè gli animali
domestici, questi buoni amici in pochi anni ci si getteranno
addosso in numero così grande che ci “divoreranno”
prendendoci il cibo. E’ falso anche affermare
che il cibo vegetale susciti miti sentimenti.
Nei miti indiani che si nutrivano di piante si è ridestata
“la bestia” quando la durezza dell’Inglese li fece
ribellare.
Coglie nel segno secondo noi il Sondegger quando
dice: "Non vi è un ordine di gradi della necessità
dei mezzi di nutrizione, ma vi è bensì una legge
immutabile per il miscuglio delle loro materie nutritive".
Certamente è giusto che nessun uomo possa cibarsi
soltanto di nutrimento animale, ma ben piuttosto
di cibi vegetali, dato ch'egli possa sceglierli opportunamente.
D'altra parte nessuno vorrà accontentarsi
di un dato cibo vegetale anche se questo fosse
il più nutriente. Così le fave, i piselli, le lenticchie in
una parola le piante leguminose sono le sostanze più
nutrienti di tutte, ma sarebbe spaventoso se dovessero
costituire il nostro esclusivo nutrimento. Così
Carlo Marx nel suo "Capitale" riferisce che i proprietari
di miniere del Cile costringono i loro operai a
mangiare per anni ed anni le fave, perché queste rinvigoriscono
e li rendono atti a portar pesi più di qualunque
altro cibo. Gli operai spesso rifiutano le fave,
sebbene esse nutrano; ma siccome non vien loro dato
altro, così sono costretti ad accontentarsene.
A mano a mano che la coltura si eleva, in lugo
della alimentazione quasi esclusivamente animale, che
è propria dei popoli dediti alla caccia ed alla pastorizia,
viene sostituendosi il cibo vegetale. La varietà
della coltura delle piante è indizio dimaggiore civiltà.
Si aggiunga che su una data superficie si può coltivare
molto maggiore sostanza vegetale nutritiva, che
non si possa produrre sulla stessa superficie di materia
animale mediante l'allevamento del bestiame.
Questo sviluppo dà al nutrimento vegetale una prevalenza
maggiore. Infatti il trasporto delle carni che
ci vengono importate da lontani paesi, e specialmente
dall'America meridionale e dall'Australia, è in pochi
anni quasi sparito per efftto del sistema borgehse
di sfruttamento; al contrario deve notarsi che il
bestiame non viene allevato soltanto soltanto per la
carne, ma anche per la lana, i peli, le setole, le pelli,
il latte, le uova ecc., e che questi prodotti animali
alimentano una quantità di industrie e soddisfano a
molti bisogni umani. Si aggiunga che molti cascami
non possono venire impiegati nell'industria e nell'economia
più utilmente di quello che si possa fare comn
l'allevamento del bestiame. D'altra parte il mare aprirà
in avvenire all'umanità la sua ricchezza inesauribile
in sostanze nutritive animali, assai più di quello
che abbia fatto fin qua. Quindi la dottrina dei vegetariani
non solo non è verosimile per la società avvenire,
ma non è neanche necessaria.
Se non che ora si tratta assai più di qualità che di
quantità, perché il molto non giova granché, specialmente
se il molto non è buono. La qualità però viene
notevolmente migliorata nella maniera con la quale si
allestisce il cibo. Quindi l'allestimento delle sostanze
alimentari deve essere regolato scientificamente,
né più né meno come qualsiasi altro ramo dell'attività
umana, se si vuole trarne tutto il profitto possibile.
Ci vogliono sapere e istituzioni speciali. Non c'è
bisogno di provare che le nostre donne, le quali devono
oggidì preparare il cibo non possiedono per lo
più questo sapere né lo possono avere. Se non che
ad esse mancano anche le istituzioni. Anche oggi si
costruiscono con la massima perfezione e secondo i
principi della scienza utensili da cucina e molti congegni
tecnici per allestire ogni maniera di cibi, come
possiamo persuadercene visitando le cucine bene organizzate
degli alberghi, le grandi cucine a vapore
delle caaserme, degli ospedali e specialmente delle
esposizioni culinarie. Con ciò si ottengono col minimo
impiego di forze, di tempo e di materiale, i risultati
più favorevoli. Questo è importante specialmente
per l'alimentazione umana. Quindi la piccola cucina
privata è, precisamente come un piccolo laboratorio,
uno stadio ormai superato, una istituzione per la
quale vengono sprecati e consumati insensibilmente,
tempo, fatica e materia. Quindi nella società dell'avvenire,
anche l'allestimento dei cibi diventerà una
istituzione sociale che funzionerà nel modo più conveniente
e vantaggioso per l'umanità. La cucina privata
sparirà, come è già sparita nelle famiglie le quali
di solito fanno bensì allestire il cibo dalla loro cucina
privata, ma hanno bisogno di quella degli alberghi o
di quella di cuochi privati, quando si tratta di dar da
mangiare a un numero maggiore di commensali e di
allestire cibi e pietanze per le quali esse e le persone
di servizio non hanno le cognizioni necessarie (180).
Il valore nutritivo dei cibi si eleva per effetto della
facilità di assimilarli; questa capacità di assimilazione
è decisiva (181). Non è che con la società nuova
ci si trovi in condizione di rendere possibile un
sistema di numtrimento che sia per tutti conforme a
natura.
Catone esalta l'antica Roma, perché fino al secolo
sesto di Roma (200 a. C.) c'erano bensì di quelli
che conoscevano l'arte medica, ma mancava l'occupazione
per coloro che trattavano soltanto i malati.
(180) Sulla abolizione della cucina privata il signor Eugenio
Richter nelle sue «Dottrine erronee» non è giudice competente.
Il signor Richter, a quanto sappiamo, non è ammogliato,
e quindi egli non può accorgersi della mancanza della propria
cucina, il che, se si deve giudicarne dalla sua corporatura, pare
gli faccia buon pro. Se il signor Richter fosse ammogliato e
avesse una moglie la quale dovesse occuparsi della cucina e
prestarvi le cure necessarie, mentre le signore delle classi abbienti
si fanno servire, e sarebbe da scommettere cento contro
uno, che la sua signora gli mostrerebbe rigorosamente quanto
sarebbe lieta se potesse essere liberata dalla schiavitù della
cucina, da un grande istituto comune bene organizzato destinato
ad allestire le vivande. Nota diA. Bebel.
(181) La capacità di assimilazione dei cibi è relativa all’individuo.
NIEMEYER: Igiene. Nota diA. Bebel.
141
La gente viveva con tale sobrietà e semplicità, che
ben di rado c'erano malattie da curare, e la morte per
decrepitezza era la forma più comune di andare all'altro
mondo. Appena quando la crapula (182) e
l'ozio, in breve la furfanteria da un lato, il bisogno e
l'eccessivo lavoro dall'altro, andarono crescendo, le
cose mutarono radicalmente. La crapula e la furfanteria
saranno impossibili in avvenire, come sarà impossibile
il bisogno, la miseria e la povertà. Ci sarà
abbastanza per tutti.
Anche Enrico Heine (183), che ebbe talora sentimenti
e principi socialisti, canta (Germania, Novelle
d’inverno):
Dà la terra abbastanza pan per tutti
I figlioli d’Adamo,
Dà rose e mirti e bellezze e piaceri;
Anco piselli abbiamo.
Si, non appena scoppiano le bucce
Ciascun può aver piselli,
Il cielo se lo tengano per loro
Gli angeli ed i fringuelli.
Trad. di G. C. SECCO-GUARDA.
“Chi mangia poco vive bene” (cioè vive a lungo),
disse l’italiano Cornaro (184) nel secolo XVI, come
viene riferito dal Niemeyer.
In fine anche la chimica saprà fornire nel futuro
nuovi e migliorati mezzi di nutrimento. Oggi di questa
scienza si abusa assai per compiere delle adulterazioni
e delle frodi; ma è evidente però che un alimento
chimicamente preparato e dotato di tutte le
qualità di un prodotto naturale raggiunge lo stesso
scopo. Il modo di procacciarselo poco importa, purché
in tutto il resto il prodotto risponda ad ogni esigenza.
Ora, se noi arriviamo ad avere oltre agli stabilimenti
centrali, destinati ad allestire il cibo, anche quelli
destinati alla pulizia, nei quali con un processo meccanico-
chimico si lava la biancheria, la si asciuga e
la si mette all’ordine, e se si ammette che oltre al
(182) Crapula: gozzoviglia, chiassosa e sfrenata baldoria
godereccia.
(183) Heinrich Heine (1797-1856), poeta tedesco. Il passo
che cita Bebel è ripreso dalla satira politica intitolata "Germania,
Novelle d'inverno" (Deutschland, einWintermarchen), una
delle sue opere di carattere politico più importanti nella quale
traspare l'influenza che ebbe l'amicizia stretta da Heine a Parigi
con CarloMarx.
(184)Alvise Cornaro (1475-1466), di nobile famiglia veneziana,
fu una delle figure più singolari del Cinquecento
padovano; si interessò di architettura, arte e letteratura. Qui
Bebel si riferisce al suo trattato "Della vita sobria" in cui esaltò
il metodo per raggiungere la "vecchiezza" in buona salute.
(185) «Senza servitù non vi è civiltà», proclama il professore
Treitschke in una polemica contro il socialismo. E’ certo
una novità il sentire che i nostri servi sono «portatori della
nostra civiltà». La testa professorale e dotta del sig. Treitschke
pensa del mondo borghese come pensava Aristotile ventidue
secoli fa del mondo greco.AdAristotile pareva impossibile che
la società potesse esistere senza schiavi.
Il signor Treitschke si preoccupa evidentemente, si lambica
il cervello per il lucido degli stivali e la pulizia dei vestiti,ma
oggi anche ciò non è più una questione «insoluta».
Intanto oggi più del novanta per cento provvede alla bisogna
da sé, e quindi anche l’altro per cento potrà provvedervi in
avvenire, senza contare che intanto si saranno inventate delle
macchine atte a far pulizia, di guisa che il signor professore non
avrà più bisogno di procurarsi un giovinetto che lo tragga d’impaccio.
In fine si tenga per fermo che nella società dell’avvenire
si dice: che il lavoro non disonora anche se esso consiste nel
pulire gli stivali come ha già imparato a conoscere anche qualche
ufficiale di antica nobiltà, il quale scappò per debiti in
America per diventare domestico o lustrascarpe.
riscaldamento centrale, alla illuminazione pure centrale,
ai condotti d’acqua fredda e calda ci siano anche
bagni sufficienti, e che così la biancheria come
i vestiti siano fabbricati in laboratori centrali, allora
tutta la vita domestica è trasformata e semplificata
radicalmente.
Il servo, questo schiavo degli umori “della
padrona” scompare, ma scompare anche la
“dama” (185).
142
LA DONNA NELL’AVVENIRE
In questo capitolo possiamo essere assai brevi,
perchè esso contiene semplicemente le conseguenze
che si traggono dalle premesse in ordine al posto
che occuperà la donna nella società futura, conseguenze
che ognuno può trarre da sè.
In questa società la donna è, così socialmente
come economicamente, del tutto indipendente, non
è soggetta più ad alcuna apparenza di tirannia nè
allo sfruttamento, trovandosi oramai di fronte all’uomo
libera ed eguale, padrona di sè e del suo
destino.
La sua educazione è uguale a quella dell’uomo,
eccetto là dove la differenza del sesso rende necessario
un trattamento speciale. Essa può sviluppare,
date le condizioni di esistenza conformi a natura,
tutte le sue forze e attitudini fisiche e morali, ed
esercitare la sua attività in quel campo che meglio si
addice e risponde alle sue inclinazioni, al suo talento
e ai suoi desideri. Essa è, date le stesse condizioni,
non meno capace ed abile dell’uomo. Operaia in qualche
industria o mestiere, di lì ad un’ora essa diventa
educatrice e maestra, per esercitare subito dopo
qualche arte od occuparsi di qualche scienza, per
compiere dopo ancora qualche funzione amministrativa.
Essa studia e si diverte, conversa con i suoi
simili o cogli uomini, come le piace e come l’occasione
le si presenta. In amore essa è libera di scegliere,
precisamente come l’uomo; chiede in matrimonio,
ovvero si fa chiedere, e stringe il vincolo
senza alcun altro riguardo che alla sua inclinazione.
Questo vincolo è un contratto privato senza l’intervento
di alcun funzionario, come fu contratto privato
il matrimonio fino agli ultimi anni del periodo
medioevale. Perciò il socialismo non viene a creare
in questa materia nulla di nuovo, ma non fa che ristabilire
in un grado più alto di civiltà e sotto forme
sociali nuove, ciò che vigeva generalmente nei primi
stadi della civiltà e prima che la proprietà privata
dominasse la società.
L’uomo deve essere in caso di poter disporre liberamente
del suo istinto più forte, come di ogni
altro istinto naturale.
La soddisfazione dell’istinto sessuale è questione
personale di ogni individuo, precisamente
come il soddisfacimento di qualunque altro istinto
naturale.
L’uno non deve rendere conto all’altro, e chi non
vi è chiamato non ci si deve immischiare. Intelligenza,
coltura, indipendenza, qualità che saranno
connaturali nella società dell’avvenire per virtù della
educazione e delle condizioni di allora, faciliteranno
e guideranno la scelta.
Se gli sposi non vanno d’accordo o per incompatibilità
di carattere o per antipatia di uno verso
l’altro, allora la morale prescrive di sciogliere un
vincolo che è diventato contrario alla natura ed alla
morale stessa.
Poichè uomini e donne sono eguali di numero, e
spariranno tutte le circostanze che condannarono
fino ad ora gran parte delle donne a rimanere nubili
o far mercato del proprio corpo, il mondo mascolino
non sarà più in grado di far valere ad arbitrio la
sua preponderanza. D’altro lato, il mutamento radicale
operatosi nelle condizioni sociali eliminerà molti
ostacoli e farà cessare molte perturbazioni che
oggi, come abbiamo visto, influiscono sulla vita coniugale,
e che così di frequente la amareggiano o la
rendono del tutto impossibile. Cotesti ostacoli e la
posizione contraria a natura fatta oggi alla donna
hanno condotto a questo, che anche quelle persone
le quali ritengono giustificata la piena “libertà”
di scelta nell’amore e, ove sia necessario, ritengono
giustificato il libero scioglimento del contratto,
nel resto non sono però disposte ad accettare tutte
le conseguenze per i mutamenti della nostra condizione
sociale, e vogliono rivendicare la libertà nei
rapporti sessuali soltanto a favore delle classi privilegiate.
Così, ad es. : la sig. Matilde Reichhardt-Stromberg
in una polemica contro le aspirazioni emancipatrici
manifestate dalla scrittrice Fanny Lewald
(186), così si esprime:
“Se voi (signora Fanny Lewald) volete la completa
eguaglianza giuridica della donna coll’uomo
nella vita sociale e politica, allora George Sand (187)
(186)Mathilde Reichardt-Stromberg (1823-1898), nota per
aver scritto una risposta a Fanny Lewald e alle sue “Lettere
pro e contro le donne”. Fanny Lewald, scrittrice tedesca (1811-
1889), di genitori ebrei, a 17 anni passato alla chiesa evangelica,
sostenitrice dell’emancipazione femminile in chiave progressista
borghese, aspirando ad equiparare la “libertà” delle donne
a quella degli uomini nei viaggi, nei rapporti sessuali, nei comportamenti
sociali.
(187)George Sand, scrittrice e drammaturga francese, pseudonimo
diAmantineAutore Lucile Dupin, femministamoderata,
partecipò al governo provvisorio del 1848 a Parigi espri143
deve aver necessariamente ragione nelle sue tendenze
emancipatrici, le quali non vanno niente più in là di
quelle che l’uomo ha posseduto da lungo tempo senza
contrasto. Imperocchè non vi è alcun motivo ragionevole
per impedire che non solo il cervello, ma
anche il cuore della donna partecipi a questa eguaglianza
e debba essere libero di dare e di prendere,
come l’uomo. Al contrario, se la donna deve, secondo
la natura sua, aver il diritto e poi anche l’obbligo
di fare ogni sforzo per vincere la gara coi titani
dell’altro sesso, se si vuol mantenere l’equilibrio,
essa deve pure avere anche il diritto di accelerare i
battiti del cuore, come le pare conveniente. Imperocchè
noi leggiamo tutti senza scandalizzarci, che
Göthe, per es., per non pigliare gli esempi che dai
sommi, andava a versare gli entusiasmi della sua
grande anima e a spegnere gli incendi della sua passione
non mai in braccio alla stessa donna. L’uomo
intelligente trova ciò naturale appunto perchè si tratta
di un’anima grande difficile da contentere, e solo il
moralista vi trova motivo di censura e di biasimo.
Perchè volete dunque burlarvi delle “grandi anime”
delle donne?... Ammettiamo per un momento che
tutto il sesso femminino sia costituito senza eccezione
da anime grandi come era quella di George
Sand; che ogni donna sia una Lucrezia Floriani (188),
i cui figliuoli furono tutti figli dell’amore, e che educò
questi figliuoli con non meno affetto e devozione
materna, che intelligenza e giudizio. Che ne sarebbe
del mondo? Non v’è dubbio che il mondo potrebbe
continuare ad esistere e progredire, come oggi, e
forse trovarsi meglio”.
L’autrice ritiene adunque che se ogni donna fosse
una Lucrezia Floriani, e cioè una delle anime grandi
come George Sand, la quale dipinse sè stessa in Lucrezia
Floriani, non debba esserle vietato “di accelerare
i battiti del suo cuore come le pare conveniente,
per mantenere l’equilibrio”. Ma perchè per “le grandi
anime” soltanto, e non anche per le altre che non
sono “anime grandi” e non possono diventare tali?
Noi non vediamo ragione di fare distinzioni. Se
un Göthe (189) e una George Sand, per citare due
sommi, potevano abbandonarsi agli impulsi del cuore
– si sono pubblicate sugli amori del primo, delle
vere biblioteche, che furono divorate avidamente con
una specie di estasi devota dagli ammiratori e dalle
ammiratrici del poeta – perchè disapprovare in altri
quello che fatto da quei grandi diventa oggetto di
una ammirazione estatica? Noi ammettiamo certamente
che questa libertà di scelta è impossibile esercitarla
nella società borghese – a ciò miravano tutte
le argomentazioni del presente scritto – ma la generalità,
una volta posta sotto identiche condizioni sociali,
eguaglianza di condizioni, della quale oggi godono
soltanto gli eletti, vuoi per potenza materiale,
vuoi per intelligenza, deve godere anche degli stessi
diritti e delle stesse libertà.
Ciò che fecero e fanno oggi mille altri, i quali
non possono mettersi a confronto col Göthe, senza
che per ciò ne scapiti il loro onore e la loro considerazione.
Basta avere una posizione rispettabile perchè tutto
vada da sè.Anzi le donne di quei ceti non subiscono
alcuna violenza, ma anche esse in complesso si
trovano in una condizione molto più sfavorevole; di
più oggi sono rare le donne che abbiano il carattere e
la coltura di una George Sand.
Malgrado ciò, le libertà che si sono prese Göthe
e la George Sand sono immorali dal punto di vista
della morale borghese, perchè violano le leggi morali
dettate dalla società e sono in contraddizione colla
natura del nostro stato sociale.
Ilmatrimonio forzato è ilmatrimonio normale della
società borghese, la sola unione “morale” dei sessi;
ogni altro vincolo sessuale, fra chiunque si stringa,
è immorale da questo punto di vista. Ciò va perfettamente.
Il matrimonio borghese è una conseguenza
della proprietà borghese, come abbiamo dimostrato
in modo inconfutabile.
Questo matrimonio essendo strettamente legato
col diritto ereditario richiede dei figli “legittimi” quali
eredi, viene conchiuso per averli e, sotto la influenza
delle condizioni sociali, viene imposto dalle classi dominanti
anche a coloro che nulla hanno da “trasmettere
per eredità” (190).
Ora siccome nella nuova società non c’è più niente
da lasciare in eredità, eccettochè si voglia considerare
come patrimonio ereditario di singolare valore
gli arredi domestici, così, anche per questo motivo,
il matrimonio coatto dovrà scomparire.
Con ciò è risolto anche il problema del diritto ereditario
che il socialismo non ha bisogno di “abolire”
perchè non vi può essere alcun diritto ereditario là
dove non esiste eredità privata.
La donna quindi è completamente “libera” e sicmendo
posizioni vicine al socialismo che però abbandonò col
tempo assumento posizioni moderatamente repubblicane; oppositrice
della politica temporale del papato. Fi contraria alla
guerra franco-prussiana nel 1870-1871,ma poi appoggiò Thiers
come capo del governo diVersailles mentre la Parigi socialista,
che Thiers voleva disarmare, insorgeva costituendo la Comune.
La Comune fu sconfitta, 30.000 comunradi furono massacrati
e Gerge Sand giustificò quel massacro!
(188) Lucrezia Floriani è un personaggio di un romanzo di
George Sand che porta lo stesso titolo.
(189) Göthe (Johann Wolfgang von Göthe), (1749-1832)
fu scrittore, poeta, drammaturgo tedesco che approfondì la
filosofia, la religione, l’arte e le scienze dal punto di vista di
diverse culture, oltre alla tedesca, l’inglese, la francese, l’italiana,
l’araba, l’ebraica. Estremamente prolifico, tra i romanzi più
noti: I dolori del giovane Werther e Le affinità elettive; tra le
opere teatrali più note: Ifigenia in Tauride, Faust, Torquato
Tasso; tra le poesie: Prometeo, L’apprendista stregone, Elegie
romane; tra i saggi: Teoria dei colori, Viaggio in Italia, La
metamorfosi delle piante.
(190) Il dottor Schäffle nella sua opera «Struttura e vita del
corpo sociale» dice: «Certo non è desiderabile che si rallentino
i vincoli matrimoniali col facilitare lo scioglimento dei matrimoni.
Perchè ciò contropererebbe ai compiti morali dell’umano
accoppiamento e sarebbe nocivo alla conservazione della
popolazione non meno che alla educazione dei figli».
A questo proposito osserviamo che noi riteniamo queste
idee non solo ingiuste e false,ma siamo assai inclinati a ritenerle
«immorali». Intanto il dottor Schäffle sarà d’accordo con noi in
questo, che non si può pensare cioè di introdurre in una società
infinitamente più colta e civile della nostra e di conservare in vita
ciò che urta contro i suoi principi morali. Nota diA. Bebel.
144
come le cure domestiche ed i figli, se ne ha, non
possono toglierle la libertà non potranno che moltiplicarle
il piacere.
Maestre, educatrici, congiunte, esse sono sempre
vicine quanto il bisogno lo richiede alla crescente
generazione femminile.
Può darsi che in avvenire ci siano uomini che
dicano come Humboldt (191): “Io non sono nato per
essere padre di famiglia, inoltre io ritengo il matrimonio
una colpa, e la procreazione un delitto”. E
che per ciò? La forza dell’istinto naturale provvederà
a mantenere l’equilibrio; noi non abbiamo punto
bisogno di preoccuparci nè della ostilità al matrimonio
d’un Humboldt, nè del pessimismo filosofico d’un
Mainländer (192) e d’un Hartmann (193), i quali nello
“Stato ideale” presentano all’umanità la prospettiva
dell’autodistruzione.
Noi siamo dell’opinione del sig. Francesco Ratzel,
il quale scrive, a buon diritto: “L’uomo non deve
considerarsi come una eccezione alle leggi naturali,
ma deve a queste leggi conformare le sue azioni ed i
suoi pensieri. Egli finirà col regolare tutta la sua
condotta e i suoi rapporti colla famiglia e collo Stato,
non già secondo i principi dei secoli lontani, ma
secondo i principi razionali di una scienza conforme
a natura. Politica, morale, principi giuridici che
oggi si inspirano alle idee più varie e disparate si
conformeranno alle leggi naturali, nient’altro. L’esistenza
degna dell’uomo, onde si favoleggia da migliaia
di secoli, diventerà finalmente un fatto compiuto”
(194).
Ora quest’epoca si avvicina a passi giganteschi.
La società umana ha percorso per migliaia di anni
tutte le fasi di sviluppo, per arrivare finalmente là,
donde è partita, cioè alla proprietà collettiva, all’eguaglianza
e alla fratellanza, non solo di tutti i gentili,
ma di tutti gli uomini. Ecco l’immenso progresso
che essa fece. Quello che la società borghese chiedeva
indarno, e in cui essa fallì, e doveva fallire, e
cioè nel fondare la libertà, l’eguaglianza e la fratellanza,
sarà attuato dal socialismo.
Ma questo ritorno della umanità al punto di partenza
della sua evoluzione avviene in un grado di civiltà
infinitamente più alto di quello, dal quale essa
prese le mosse. La società primitiva, organizzata per
gentes e per stirpi, aveva bensì comune la proprietà,
ma nella forma più rozza e nel modo più perfetto.
Nel corso dell’evoluzione il comunismo è stato abolito,
le gentes scomparvero, e finalmente tutta la società
si è atomizzata, ma nel tempo stesso aumentò
la forza produttiva della società e i bisogni si moltiplicarono,
e dalle gentes e dalle stirpi uscirono le
nazioni, creando una condizione di cose, che è in
stridente contraddizione coi bisogni di quasi tutta la
società, e fa ritenere che l’unico modo di togliere
codesta contraddizione, sia quello di trasformare con
base più ampia la proprietà e le forze produttive in
proprietà comune.
La società ripiglia quello che essa possedeva, ma
organizzata in modo da far rispondere tutta la sua
esistenza alle nuove condizioni produttive, così da
assicurare, per quanto è possibile, a tutti, quello che
prima non era che privilegio di pochi, o di classi.
Ora anche la donna riprende quel posto importante
che occupava nella società primitiva, per diventare
non già signora, ma eguale.
“Quando lo Stato avrà finito la sua evoluzione,
incomincerà una esistenza veramente umana. Sarà
ristabilita finalmente la uguaglianza primitiva. “Il
regime materno apre e chiude il corso delle cose umane,”
scrive Bachofen presagendo il futuro nella sua
opera sul “Diritto materno” tante volte citata nella
prima parte di questo scritto. E come il Bachofen
così anche il Morgan esprime il suo giudizio che,
nelle sue conclusioni, corrisponde perfettamente al
nostro, sebbene egli non avesse alcuna nozione del
socialismo.
Il Morgan scrive: “Da quando è cominciato il periodo
della civiltà la ricchezza è cresciuta enormemente,
le sue forme furono così diverse, il suo impiego
così esteso e la sua amministrazione così abile
nell’interesse dei proprietari che questa ricchezza è
diventata di fronte al popolo una forza invincibile.
Lo spirito umano resta allora sbigottito davanti alla
sua propria creazione.
“Ma tuttavia verrà il tempo in cui la ragione
umana vincerà la ricchezza, in cui essa stabilirà
tanto i rapporti dello Stato nei riguardi della proprietà
che esso protegge, quanto i limiti dei diritti
dei proprietari.
“Gli interessi della società prevalgono assolutamente
agli interessi privati ed entrambi devono essere
regolati e disciplinati in modo giusto ed armonico;
la caccia alla ricchezza non è lo scopo della
umanità se il progresso rimane nella legge dell’avvenire
come fu per il passato.
“Lo sfacelo e la dissoluzione sta minaccioso davanti
a noi come conchiusione di un periodo storico,
che ha per unico scopo la ricchezza; imperocchè questo
periodo storico contiene gli elementi della sua
propria distruzione.
“Democrazia nelle amministrazioni e nel Governo,
fratellanza nella società, eguaglianza di diritti,
istruzione generale inaugureranno il periodo della
nuova vita sociale, e faranno volgere le mire alla
esperienza, alla ragione ed alla scienza. Sarà una
risurrezione, ma sotto forma più alta, della libertà,
della eguaglianza, della fratellanza delle antiche
Gentes” (195).
(191) E’molto probabile cheA. Bebel si riferisca in questo
caso a Wilhelm von Humboldt (1767-1835), linguista, diplomatico
e filosofo tedesco, amico di Göthe e di Schiller.
(192) Philipp Mainländer (1841-1876), poeta e filosofo
tedesco. La sua opera più nota è Filosofia della Redenzione,
“forse il più radicale sistema pessimistico noto in tutta la letteratura
filosofica mondiale”, secondo il filosofo Theodor Lessing.(
193) Karl Robert Eduard von Hartmann (1842-1906), filosofo
tedesco noto soprattutto per la sua dottrina sul pessimismo;
la sua opera principale è stata Filosofia dell’inconscio.
(194) Citato nella «Storia naturale della creazione» diHückel,
IV edizione. Nota diA. Bebel.
(195) MORGAN: Ancient Society, pag. 552. Citato da ENGELS:
«L’origine delle famiglie». Nota diA. Bebel.
145
La esistenza degna dell’uomo non può essere soltanto
ilmodo di esistenza di un solo popolo privilegiato,
il quale, per quanto eccellente esso sia, non può da
sè nè fondare questo stato, nè conservarlo, essendo
esso il prodotto dell’azione complessiva che esercitano
le forze ed i rapporti internazionali. Sebbene l’idea
nazionale domini ancora da per tutto le menti, e venga
adoperata come mezzo di conservare l’attuale egemonia
politica e sociale, essendo questa possibile soltanto
nei limiti nazionali, noi ci troviamo già in pieno
internazionalismo.
Le convenzioni commerciali e marittime, le convenzioni
postali, le esposizioni internazionali, i congressi
di diritto internazionale e i regolamenti internazionali,
altri congressi ed alleanze scientifiche internazionali,
le spedizioni internazionali, tutti i nostri
commerci e traffici, ma particolarmente i congressi
operai internazionali, all’influenzamorale dei quali si
deve principalmente se ebbe luogo a Berlino nella primavera
del 1890, una conferenza internazionale per
discutere la legge relativa alla produzione del lavoro
e ciò dietro invito dell’impero germanico, tutto questo
ed altro prova il carattere internazionale che hanno
assunto i rapporti dei vari Stati civili, malgrado la
loro compattezza nazionale che viene sempre più
battuta in breccia. E già si parla per contrapposto
alla economia nazionale d’una economia mondiale,
annettendosi a quest’ultima la maggior importanza
dipendendo da essa il benessere e la proprietà delle
singole nazioni.
Lamassima parte dei prodotti di una nazione viene
cambiata colla produzione di altri paesi stranieri, senza
i quali noi non possiamo più vivere, e come un
ramo d’industria è danneggiato da un altro se uno dei
due è colpito da crisi, così la produzione nazionale di
un paese ne soffre assai se quella dell’altro si arresta e
ristagna. I rapporti dei singoli paesi diventano sempre
più intimimalgrado tutte le perturbazioni, come le guerre
e le discordie nazionali, perchè gli interessi materiali,
che sono più forti di ogni altro interesse, prevalgono
su tutto. Ogni miglioramento dei mezzi di trasporto,
ogni scoperta o miglioramento dei sistemi di produzione
per cui si abbassa il prezzo delle merci, rinvigorisce
questa intimità.
La facilità con la quale possono mettersi in contatto
persone che abitano paesi molto lontani, è un
nuovo fattore di relazioni e di corrispondenze. La
emigrazione e la colonnizzazione sono un’altra leva
potente.
Un popolo impara dall’altro e l’uno cerca d’arrivare
prima dell’altro e di emularlo. Insieme allo scambio
di prodotti materiali di ogni genere, si compie anche
lo scambio dei prodotti dello spirito così nella lingua
originale come nelle traduzioni. Per moltissimi
diventa una necessità imparare le lingue vive.
Senonchè nulla può giovar meglio, oltre i vantaggi
materiali, a eliminare le antipatie che imparare la lingua
e conoscere profondamente le produzioni letterarie
di un popolo straniero.
L’effetto prodotto da questo processo che si compie
nei riguardi internazionali è questo, che i vari popoli
comprendono sempre più di trovarsi nelle identiche
condizioni sociali.
Questa identità è tanto grande nelle nazioni civili
più progredite, che chi ha imparato a conoscere la
struttura sociale di un popolo conosce pure quella di
tutti gli altri, presso a poco come, in natura, negli animali
della stessa specie, lo scheletro nella sua struttura
è lo stesso, e si può ricostruire teoricamente tutto
l’animale sulla base di alcune parti dello scheletro.
Ne consegue ulteriormente che dove c’è una
stessa base sociale, anche gli effetti devono essere
identici.
Poche grandi ricchezze da un lato avranno per contrapposto
la miseria delle masse, la schiavitù del salario,
la dipendenza delle masse per effetto dello sviluppo
della meccanica, dall’altro il governo del popolo
esercitato dalla minoranza abbiente con tutte le sue
conseguenze.
Infatti noi vediamo che le stesse lotte di classe che
infuriano in Germania, perturbano tutta Europa e gli
Stati Uniti.
Dalla Russia al Portogallo, dai Balcani, dall’Ungheria
e dall’Italia, fino all’Inghilterra e la Germania, dappertutto
serpeggia il malcontento e si notano gli stessi
sintomi di agitazione sociale, di generale malessere e
di decomposizione. Diverse esteriormente nell’aspetto,
secondo il carattere della popolazione e la forma
della loro costituzione politica, in sostanza sono le stesse
dappertutto. Causa di ciò sono le profonde contraddizioni
sociali.
Ogni anno che passa le inasprisce, le fa penetrare
sempre più profondamente nel corpo sociale, finchè
un motivo, forse insignificante, determina l’esplosione
la quale fa sentire i suoi effetti con la velocità del
lampo su tutto il mondo civile.
La lotta della società nuova contro la società vecchia
è accesa, entrano in scena le masse e si combatte
con tale esuberanza di intelligenza, quali il mondo
non vide mai in nessuna lotta e quale non vedrà più
una seconda volta.
Imperocchè si tratta dell’ultima lotta sociale. Il
secolo XIX difficilmente passerà senza che questa
battaglia sia terminata.
Allora la società nuova si innalzerà sopra una base
internazionale, le nazioni si affratelleranno e si stenderanno
le mani per applicare la nuova costituzione a
tutti i popoli della terra (196).
Queste nazioni non saranno considerate dai popoli
stranieri come nemici che vogliono saccheggiare ed
opprimere, non come difensori di una fede straniera
che vogliono loro imporre, bensì come amici che vo-
L’internazionalismo
(196) L’interesse nazionale e l’interesse dell’umanità sono
oggi in conflitto; quando la società avrà raggiunto un grado più
alto di civiltà, questi interessi si concilieranno e saranno un
interesse solo. Thünen «Lo Stato isolato». Nota di A. Bebel.
146
Dal punto di vista internazionale, nel quale ora ci
troviamo, possiamo giudicare un’altra questione “palpitante”
quale è considerata quella dell’aumento della
popolazione. Se ne fa anzi una questione importantissima,
dalla quale dipenderebbe anche la soluzione di
tutte le altre questioni.
Molto si è disputato da Malthus (199) in poi intorno
alla legge che regola l’aumento della popolazione.
Nella sua celebre opera “Saggio sopra il principio della
popolazione”, che Carlo Marx chiama “un plagio
scolastico, superficiale e pretesco di Sir James
Stewart, di Townsend, di Franklin, di Wallace, ecc.”,
egli esprime il parere, che l’umanità tenda a aumentare
in progressione geometrica (1, 2, 4, 8, 16, 32, ecc.),
e che i prodotti alimentari aumentino solo in progressione
aritmetica (1, 2, 3, 4, 5, ecc.). Ne consegue
necessariamente che si determina presto una sproporzione
fra la popolazione e i mezzi destinati ad alimentarla,
sproporzione che conduce alla miseria e alla
morte. Quindi è necessario frenare la procreazione,
non maritarsi se mancano i mezzi sufficienti, perchè
altrimenti non vi sarà più posto per i venturi al “banchetto
della vita”.
La paura dell’eccesso della popolazione è antica
assai.Noi ne abbiamo già parlato quando abbiamo esaminate
le condizioni sociali della Grecia e di Roma e
quelle della fine delMedio-Evo.AncheVoltaire fu dominato
da questo timore e pubblicò nel primo quarto
del secolo XVIII una dissertazione in argomento.
Questa paura ricorre – e ciò è assai caratteristico
e deve essere notato – ricorre, lo ripetiamo, sempre in
quei periodi, nei quali uno stato sociale sta per rovinare
e sparire. Eccone la spiegazione:
Tutte quelle organizzazioni sociali che si svilupparono
fin qua riposano sul predominio di una classe
sull’altra, ma il mezzo più efficace per esercitare questo
predominio è il possesso della terra.
La terra passa dalle mani di un gran numero di
proprietari in quelle di un numero più piccolo, che la
sfrutta e coltiva in modo molto imperfetto. La grande
massa della popolazione nulla possiede, e la sua por-
Popolazione ed eccesso di popolazione
gliono educarli alla civiltà umana.
La colonizzazione che la società nuova imprenderà
nei paesi stranieri, nelle diverse parti della terra, per
esempio in Africa, si distinguerà in sè stessa e per i
suoi mezzi da quella d’oggi non meno di quello che
saranno distinte le due società nel loro organismo. Non
si impiegherà nè la polvere, nè il piombo, nè l’acquavite
nè la Bibbia, ma la missione civile si comincerà
con mezzi pacifici che ci faranno apparire alle popolazioni
selvagge non come nemici, ma come benefattori
e civilizzatori.
Gli esploratori intelligenti ed accorti sanno quanti
successi si ottengano per questa via.
Stretti i popoli civili in una grande federazione, allora
è giunto anche il tempo, in cui “tacciono per sempre
le tempeste della guerra” (197).
La pace non è un sogno, come credono i padroni
del mondo che girano in uniforme, e come vogliono
dare ad intendere agli altri.Allora sarà arrivato il tempo
in cui i popoli avranno conosciuto quali sono i
loro veri interessi e si studieranno di raggiungerli non
già con le guerre, colle discordie, e con armamenti
rovinosi, ma con tutto l’opposto, e cioè coll’intendersi
amichevolmente e col lavorare insieme per la
civiltà (198).
Così le ultime armi, come molte altre di quelle del
passato, andranno a finire nelle raccolte di antichità,
per attestare alle generazioni venture, che le generazioni
passate si lacerarono come belve feroci per migliaia
di anni finchè l’uomo trionfò della bestia. Le
generazioni venture realizzeranno senza fatica ciò che
ingegni eminenti pensarono a lungo in passato e tentarono
di risolvere senza potervi riuscire.
Una conquista del progresso ne chiamerà un’altra,
e additerà all’umanità nuovi ideali determinando
nuove e più alte conquiste della civiltà.
(197) Le sproporzioni enormi e la perfezione raggiunta
oggidì dagli strumenti di guerra fra tutti i «popoli civili» e
quelle anchemaggiori che raggiungeranno sotto lo stimolo della
concorrenza, porterà a questo risultato, che la prossima guerra
sarà anche l’ultima, perchè l’umanità non si adatterà più una
seconda volta a soffrire un altro macello e la guerra diventerà
impossibile per gli eccessi che essa produrrà. Inoltre la prossima
guerra, nel caso che scoppi, farà fallire lamaggior parte delle
grandi nazioni europee e rovinaremoltissimi privati, e determinerà
una guerra civile. Nota diA. Bebel.
(198) CONDORCET, per esempio, uno degli enciclopedisti
francesi del secolo scorso, ebbe l’idea di una lingua universale,
e difese anche la piena eguaglianza giuridica della donna. Più
tardi il già presidente GRANT disse in una allocuzione: «Siccome
il commercio, l’istruzione e la rapida trasmissione del pensiero
e delle cose per mezzo del telegrafo e del vapore, hanno tutto
trasformato, così io credo che Dio prepari il mondo a diventare
una nazione, a parlare una lingua, a raggiungere uno stato di
perfezione in cui non siano più necessari nè eserciti, nè flotte».
Non deve recar meraviglia che il buon Dio debba esercitare
la stessa azione eguagliatrice anche presso i sanguinari yankee.
L’ipocrisia od anche la limitazione delle idee in fatto di religione,
in nessun luogo è più grande che negli Stati Uniti. Quanto
meno l’autorità dello Stato opprime la massa, tanto più può
operare la religione. Perciò la borghesia sembra dappertutto
più devota là dove l’autorità dello Stato è più debole, e cioè
negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Belgio e nella Svizzera. Nota
diA. Bebel. Nicolas de Condorcet (Marie-Jean-Antoine-Nicolas
de Caritat, marchese di Condorcet) (1743-1794) era unmatematico,
economista, filosofo e politico rivoluzionario francese
vicino al partito dei girondini. Ulysses S. Grant (Hiram
Ulysses Grant) (1822-1885), generale unionista e politico statunitense,
fu il 18° presidente degli USA, dal 1869 al 1877.
(199) Thomas RobertMalthus (1766-1834), economista e
demografo britannico, nel 1798 pubblicò la sua opera principale,
Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo
sviluppo futuro della società. Da economista pubblicò nel 1815
anche il Saggio sulla rendita, in cui è descritta la teoria della
rendita differenziale, teoria già avanzata dallo scozzese James
Anderson nel 1777 e formulata anche da un altro economista
britannico, EdwardWest (1782-1828), contemporaneo diMalthus,
nel suo Saggio sull’applicazione del capitale alla terra.
147
zione di nutrimento dipende quindi dalla benevolenza
dei padroni. Dopo la organizzazione della società la
lotta per acquistare il possesso della terra assume determinate
forme e finisce sempre col far concentrare
questo possesso nelle mani della classe dominante. In
tali condizioni, ogni aumento della famiglia diventa un
peso per chi è rimasto danneggiato, compare il fantasma
dell’eccesso di popolazione, che diffonde lo spavento
nella stessa misura che la terra si riunisce in un
numero sempre minore di possidenti e perde in produttività
per effetto di trascurata coltura e di uno sfruttamento
che è destinato più che tutto a soddisfare i
capricci di chi la possiede. Roma e l’Italia non furono
mai così povere come nel tempo in cui tutto il
suolo del paese era nelle mani di poco più di 300 proprietari,
d’onde il motto: i latifondi rovinarono Roma.
Il suolo venne destinato a grandi parchi di caccia e a
giardini di delizie, tutto il resto spesso giaceva incolto,
perchè il coltivarlo per mezzo degli schiavi costava di
più che il farsi venire le biade dalla Sicilia e dall’Africa.
Tali condizioni di cose determinò la più vergognosa
speculazione.
Avendo quindi preferito il cittadino romano povero
e in gran parte anche la nobiltà, di rinunziare al
matrimonio e alla procreazione dei figli, si emanarono
quelle leggi che promettevano dei premi a chi prendeva
moglie e a chi procreava figli e ciò per impedire la
diminuzione costante del popolo sovrano.
Lo stesso fenomeno appare verso la fine del Medio-
Evo, dopo che la nobiltà, avendo nel corso dei
secoli tolta a molti contadini colla violenza e con l’inganno
la loro proprietà, ebbe in sue mani i beni dei
comuni, e quando i contadini si ribellarono e furono
vinti, la rapina continuò ancora di più estendendosi
anche ai beni della Chiesa.
Mai il numero dei ladri, dei mendicanti e dei vagabondi
fu più grande che nell’epoca che precedette e
susseguì la riforma. La popolazione della campagna
espropriata invase le città, ma anche qui le condizioni
della vita erano diventate, per le ragioni che abbiamo
già esposte, sempre più tristi, e da per tutto vi era
“eccesso di popolazione”.
Malthus compare sulla scena in quel periodo dell’industria
inglese in cui, per effetto delle nuove scoperte
di Hargreaves, diArkwright e diWatt (200) erano
avvenute delle grandi trasformazioni nella meccanica
e nella tecnica, delle quali si giovavano specialmente
le industrie della seta e del lino, e fecero restare
senza pane migliaia di operai di quelle industrie.
L’accentramento dei capitali e delle proprietà fondiarie,
assunse a quel tempo grandi proporzioni in Inghilterra,
e col rapido aumento delle ricchezze da un
lato, crebbe la miseria delle masse dall’altro. Le classi
dominanti, le quali hanno tutti i motivi di considerare
il mondo attuale come il migliore, dovettero necessariamente
cercare di spiegare in qualche modo questo
singolare fenomeno del pauperismo delle masse da un
lato e dell’aumento delle ricchezze e della prosperità
delle industrie dall’altro. E non vi poteva essere spiegazione
più comoda di questa, cioè di dare colpa dell’eccessivo
aumento di operai non già ai processi di
produzione capitalistica e all’accumularsi della terra
nelle mani dei Lord, ma alla eccessività della procreazione.
In tali condizioni col “plagio scolastico, superficiale
e pretesco” pubblicato da Malthus, fu data
un’espressione drastica ai segreti pensieri e ai desideri
delle classi dominanti, e fu giustificata la loro condotta
davanti alla società. Ciò spiega l’approvazione
enorme che il libro trovò da una parte, e la critica
violenta che trovò da un’altra. Malthus aveva detto in
buon momento alla borghesia inglese la parola giusta,
e perciò egli è diventato un grand’uomo, sebbene
il suo lavoro non contenga alcuna idea originale.
Ora le condizioni che dettero a Malthus occasione
di dare il grido d’allarme e di esporre la sua dottrina
brutale, perchè egli la rivolse alla classe operaia, aggiungendo
quindi al danno anche le beffe, non solo
non sono cessate, ma di mano in mano si sono fatte
più gravi, non solo nella patria di Malthus nel Regno
Unito,Malthus era scozzese, comeAdamo Smith, ma
anche in tutto il mondo, ove il sistema di produzione
capitalistica, il sistema di usurpazione e di sfruttamento
della terra, la servitù e la soggezione delle masse per
effetto dei progressi delle macchine e delle fabbriche,
gettò radici ed ha trovato diffusione. Codesto sistema
consiste, come vedemmo, nel separare l’operaio dai
mezzi del suo lavoro, siano la terra o gli strumenti, e
nel concentrarli nelle mani dei capitalisti. Esso crea
sempre nuovi rami d’industria, li sviluppa e concentra
e getta ancora sulla strada nuove masse di popolazione,
rendendole “sopranumero”. In agricoltura esso
asseconda e promuove il possesso dei latifondi con
tutte le sue conseguenze, come nell’antica Roma. L’Irlanda,
che è, a questo proposito, il paese classico in
Europa, il paese che subì più di tutti l’usurpazione,
aveva nel 1876, 884,4 miglia quadrate di prati e pascoli
– ma non più di 263,3 miglia quadrate di paese
coltivato, e la trasformazione dei campi in prati e pascoli
per le greggi e i buoi e in parchi da caccia per i
lord, aumenta ogni anno (201).
Inoltre le campagne irlandesi sono nelle mani di un
(200) James Hargreaves (1720-1778), tessitore e carpentiere
britannico, celebre per aver inventato la “spinning jenny”
(in italiano, giannetta) nel 1764, unamacchina filatrice a lavoro
intermittente e dotata di fusi multipli, che brevettò nel 1770.
Fu una delle grandi invenzioni tecniche nel settore tessile che
permise di ridurre drasticamente la manodopera aumentando
quindi la produttività capitalistica, contribuendo nello stesso
tempo ad aprire l’epoca della “rivoluzione industriale”.
Sir RichardArkwright (1732-1792), esperto di meccanica,
brevettò nel 1769 il filatoio automatico, macchinario col quale
il cotone grezzo veniva trasformato in filo, macchinario simile
alla giannetta.
James Watt (1736-1819), matematico e ingegnere scozzese.
Tra il 1764 e il 1768, con John Roebuck, costruisce un
modello di macchina a vapore (una pompa a pistone azionata
da un motore a vapore a condensazione interna). L’invenzione
consisteva nell’applicazione dell’energia trasmissibile con il
vapore, ossia nel trasformare l’energia chimica in energiameccanica.
Si usa ancora oggi, per gli autoveicoli, l’unità dimisura
stabilita da Watt e chiamata “cavalli vapore”. Nel sistema internazionale
di misura, il watt è l’unità di misura della potenza,
meccanica, elettrica o termica, ossia il rapporto tra unità di
energia (in joule, J) e unità di tempo (in secondi, S).
(201) Vedi il poema Irlanda di Ferdinando Freilingrath.
Nota di A. Bebel.
148
gran numero di piccoli fittaioli, i quali non sono in
grado di aumentare la produttività del suolo.
Perciò l’Irlanda presenta lo spettacolo di un paese
il quale dall’agricoltura, camminando a ritroso dell’evoluzione,
passa alla pastorizia. Perciò la popolazione
che al principio di questo secolo era di 8 milioni si è
abbassata fino a 5, e ancora questi 5 milioni sono di
troppo, e, come suol dirsi, “soprannumerari”.
La ribellione degli irlandesi contro l’Inghilterra si
spiega qui da sè, ma la lotta degli Home-Ruler (202)
varrà soltanto a creare una classe di possidenti irlandesi
senza poter portare al popolo irlandese la vagheggiata
redenzione.
E il popolo irlandese lo comprenderà quando gli
Home-Ruler metteranno in esecuzione i loro progetti.
Anche la Scozia presenta un quadro identico a quello
dell’Irlanda così nei riguardi del possesso come in
quelli della coltivazione del suolo (203).
Altrettanto ripetesi nell’Ungheria.
Un paese così ricco per feracità di suolo come
pochi altri in Europa è sull’orlo della bancarotta; la
sua popolazione è sovraccarica di debiti, in potere degli
strozzini e degli usurai, afflitta dalla povertà e dalla
miseria, sicchè ridotti, alla disperazione, gli abitanti
finiscono per emigrare in massa.
Ma la terra si è concentrata tutta nei moderni magnati
del capitale, i quali la sfruttano nel modo più
spaventoso, in guisa che fra breve tempo l’Ungheria
cesserà di essere un paese esportatore di grani.
Le cose procedono nello stesso modo anche
in Italia.
Anche in Italia l’unità politica della nazione ha favorito
potentemente come in Germania lo sviluppo
del capitale, ma i laboriosi contadini del Piemonte e
della Lombardia, della Toscana e della Romagna impoveriscono
sempre più e vanno pure in rovina.
Cominciano già a formarsi di nuovo paludi e maremme
là dove pochi decenni prima fiorivano dei magnifici
orti e prosperava il campo del piccolo colono.
Alle porte di Roma, nella così detta Campagna, giacciono
incolti migliaia di ettari di terreno, di quel terreno
che ai tempi di Roma antica era uno dei più feraci.
Le paludi lo infestano con esalazioni avvelenate dai
loro miasmi.
La popolazione romana ritrarrebbe dalla Campagna
una ricca sorgente di guadagno se, con l’impiego
di mezzi adatti, se ne operasse il prosciugamento e
una adeguata irrigazione, ma l’Italia soffre della mania
della grandezza, rovina sè e la popolazione in armamenti
militari e marittimi, ma non ha mezzi nè per
coltivare nè per rendere fruttifera la campagna romana.
La malaria, questa febbre terribile, prende in tutta
Italia proporzioni tali che il Governo seriamente impensierito,
fece fare un’inchiesta la quale dette il risultato
sconfortante che di 69 provincie 32 erano state
visitate dal morbo fatale, altre 32 ne erano già colpite
e 5 soltanto erano restate immuni.
Il morbo, prima conosciuto soltanto in campagna,
penetra anche nelle città, perchè il proletariato accumulandosi
sempre più numeroso, alimentato dalla popolazione
del proletariato delle campagne vi trova i
focolai d’infezione.
Questi fatti, collegati con quello che venne già accennato
in questo volume sugli effetti e sulle conseguenze
dei sistemi di produzione capitalistica, ci ammaestrano
che il bisogno e la misura della massa non
sono già la conseguenza della mancanza dei mezzi di
nutrizione e di esistenza, bensì la conseguenza della
ineguale distribuzione per cui gli uni hanno il superfluo,
mentre gli altri mancano del necessario, producendo
da un lato la distruzione e la dissipazione delle
provvigioni necessarie alla vita e facendo mancare
d’altra parte lo stimolo di guadagnarsene.
Le affermazionimalthusiane hanno quindi un senso
solo dal punto di vista del sistema di produzione
capitalistica, e chi muove da quel punto ha tutti i motivi
di difenderlo, altrimenti gli manca il terreno sotto i
piedi. D’altra parte la produzione capitalistica è di stimolo
alla procreazione, in quanto essa ha bisogno di
braccia che costino poco per le sue fabbriche. La procreazione
diventa per il proletario una specie di speculazione,
in quanto ilmantenimento dei figli gli costa
poco o nulla, guadagnandosi essi le spese del loromantenimento.
E’ una necessità anzi per il proletario di
avere molti figli, perchè in ciò sta la sicurezza per la
sua maggiore capacità di concorrenza (per esempio
nell’industria domestica). Certo questo è un sistema
detestabile perchè esso accresce il pauperismo degli
operai, e li rende superflui, dato che i fanciulli piglino
il loro posto nelle officine e negli stabilimenti.
Ora poichè la immoralità e i danni di questo sistema
sono evidenti ed aumentano coll’estendersi dell’economia
capitalistica, così si comprende come presso
i borghesi ideologi, e sono tali tutti gli economisti
borghesi, le idee malthusiane si facciano strada, e si
spiega anche come l’idea dell’eccesso della popolazione
acquisti anche in Germania sempre più credito
nella classe media.
Il capitale, come un’accusato innocente, si assolse
e il delinquente è l’operaio. Peccato che la Germa-
(202) Home-Rule: autogoverno in questioni locali, di una
città di una contea, senza ricevere il benestare da parte dello
Stato o del governo centrale, applicato tra il 1855 e il 1860.
Riguarda territori del Regno Unito, in particolare l’Irlanda e poi
la Scozia e il Galles. Gli Home-Ruler formano, per l’appunto,
quella classe di possidenti che concentreranno nelle proprie
mani, terreni, affari e poteri locali.
(203) I due milioni di campi che comprendono le regioni
fruttifere della Scozia, sono ridotti incolti e deserti. I pascoli
naturali di Elen-Filt sono fra i più lucrosi della contea di Perth,
la Deer Forest di Ben-Aulder era il fondo migliore di tutto il
vasto distretto del Badenoch, una parte del Black Mount Forest
era il pascolo più eccellente della Scozia per le pecore del
pelo nero.
Dalla estensione del suolo, reso incolto per appagare la
passione della caccia, si può formarsi un concetto del fatto che
esso comprenda una superficie molto maggiore della contea di
Perth. Quale perdita abbia subito il paese nei riguardi della
produzione per effetto di questa distruzione del suolo, si può
giudicare da ciò che la Deer-Forest di Ben-Aulder potrebbe
alimentare 15 mila pecore e che essa non ascende che alla 30ª
parte di tutta la superficie destinata a parchi da caccia della
Scozia... Tuttavia questa superficie è assolutamente improduttiva
– ed avrebbe potuto benissimo essere immersa nelle onde
del Mare del Nord». Carlo Marx: «il Capitale», 2ª edizione.
Nota di A. Bebel.
149
nia non abbia solo eccedenza di proletari, ma anche di
“intelligenze”; il capitale non è causa soltanto di un
eccesso di produzione di merci, di operai, di donne e
di fanciulli, ma anche di impiegati e dottori, come vedremo
più innanzi.
Una cosa sola nel mondo capitalistico non è “supranumeraria”
e cioè il capitale e chi lo possiede, il
capitalista.
Quindi se gli economisti borghesi sono malthusiani,
essi sono ciò che devono essere nell’interesse
della borghesia, solamente essi non devono attribuire
alla società retta a sistema socialistico le loro idee
borghesi.
Stuart Mill (204) dice, per esempio: “Il comunismo
è quella condizione di cose in cui l’opinione pubblica
si dichiarerà colla massima intensità contro questo
sistema di intemperanza egoistica. Ogni aumento
di popolazione, il quale peggiori la posizione, ovvero
inasprisca le pene e gli affanni della popolazione, produrrebbe
allora necessariamente degli inconvenienti
immediati e manifesti in ogni individuo della associazione
comunistica, i quali inconvenienti non potrebbero
allora essere attribuiti alla avidità ed alla cupidigia
di chi fornisce il lavoro, ovvero agli iniqui privilegi dei
ricchi.
“In circostanze così mutate, non potrebbe escludersi
che l’opinione pubblica facesse intendere la sua
disapprovazione, e, questa non bastando, che si reprimesse
con pene di qualche specie queste altre incontinenze
nocive alla comunità.
“Quindi non può assolutamente farsi alla teoria comunistica
il rimprovero, che essa favorisca l’eccesso
di popolazione, anzi questa teoria tanto più si raccomanda,
in quanto essa avrebbe la tendenza di ovviare
a questi inconvenienti”.
E a pag. 376 del “Manuale di economia politica”
di Rau, il professore Ad. Wagner (205) dice:
“Almeno in una società retta a socialismo comunistico
potrà essere assicurata la libertà del matrimonio
e la libertà della procreazione dei figli”.
I citati scrittori partono senz’altro dall’idea che la
tendenza all’eccesso della popolazione sia comune a
tutte le condizioni sociali. Entrambi però rivendicano
al socialismo la virtù di poter ristabilire l’equilibrio fra
la popolazione e imezzi di nutrimento, meglio di ogni
altra forma sociale.
Aconfermarli in questo concetto fondamentalmente
sbagliato intorno al rapporto fra la popolazione e il
nutrimento, e intorno al socialismo, è venuto loro un
soccorso dallo stesso campo socialistico. Questo soccorso
è contenuto nell’opera già citata di KARL KAUTSKY:
“L’influenza dell’aumento della popolazione sul
progresso della società” (206).
Kautsky si è allontanato già da lungo tempo dalle
idee espresse in questo lavoro, ma poichè questo riassume
egregiamente tutte le ragioni che militano a favore
dell’eccesso di popolazione, così noi ne approfittiamo
per esprimere il nostro parere contrario. Kautsky,
pur criticando Malthus, in fondo gli dà ragione.
Anch’egli parla, come Malthus, di una “legge per cui
la rendita del suolo diminuisce”, senza dirne il perchè.
Intanto egli la confuta in parte adducendo molti esempi,
che servono a dimostrare l’alto sviluppo di cui sono
suscettibili non solo l’agricoltura, ma anche i prodotti
del bestiame e gli animali domestici, se sottoposti a un
trattamento razionale. Egli non omette di segnalare che
la causa della rendita dipenda dalle insensate leggi della
proprietà che determinano la ripartizione dei prodotti,
e riconosce anche, che è un fenomeno proprio
di tutte le formazioni sociali che stanno per tramontare,
quello di lamentare l’eccessivo aumento della popolazione.
Tuttavia egli viene alla conclusione di consigliare
la società retta socialisticamente, a prendere
gli inizi là dove terminano altre forme sociali, colla
limitazione della popolazione. Consiglio questo, che
non è menomamente motivato.
Kautsky ritiene che la conoscenza “delle leggi della
popolazione sia condizione sine qua non per intendersi
sulla questione sociale” e si appella ad F. A. Lange
(207), il quale, secondo noi, ebbe un’eccessiva vene-
(204) Johnn Stuart Mill, filosofo ed economista inglese
(1806-1873). Noto per la sua etica utilitaristica (fondamento
della morale è la “regola aurea” dell’utlitarismo, che fa coincidere
il bene con la massima felicità del maggior numero di persone).
In politica, sostiene un’applicazione radiclae dei principi
di “libertà” attraverso un’organizzazione del potere politico
che colleghi le esigenze locali con quelle nazionali senza frustrare
i “diritti individuali”; perciò ritiene il parlamentarismo e
la democrazia come il miglior sistema di governo con il quale
correggere il sistema della proprietà privata al fine di diminuire
la sperequazione sociale; si battè anche per l’estensione del
voto alle donne. In economia, auspicò un liberismo temperato
che conciliasse il principio di proprietà e della libera produzione
con una certa giustizia distributiva, concependo come fenomeni
naturali i fenomeni della produzione e come fenomeni
storici, quindi dovuti all’intervento dell’uomo, quelli della distribuzione.
Marx, nel poscritto alla seconda edizione del primo
Libro del Capitale (1873) affermerà che in J. StuartMill “il
sincretismo anemico trovava la sua migliore espressione”. Tra
le sue opere più importanti, i Principles of political economy
che, nelle sue diverse edizioni dal 1848 al 1871, hanno risentito
dell’influenza di J.B. Say, W.N. Senior, R. Malthus, J. Rae e
dei socialisti francesi Saint-Simon, Fourier, Proudhomecc.
(205) AdolphWagner (Adolph Heinrich GotthilfWagner)
(1835-1917), economista tedesco influenzato dalle idee socialiste.
Aparte il suoManuale di economia politica, su cuiMarx
ha scritto un’aspra critica nelle sue Glosse marginali al Manuale
di economia politica di AdolphWagner, contenute in un
quaderno di estratti degli anni 1881-1882, A. Wagner era un
grande sostenitore dell’intervento dello Stato nell’economia
grazie al quale lo Stato avrebbe potuto “garantire una giustizia
sociale” a favore delle classi più deboli, ed è perciò che si
dedicò soprattutto al tema della finanza pubblica. le sue opere
maggiori: Scienza delle finanze, Economia sociale teorica.
(206) Karl Kautsky (1854-1938), politico e teorico marxista
fino al primissimi del Novecento, poi capo dell’opportunismo
secondinternazinalista ed acerrimo anticomunista. Lo scritto
al quale A. Bebel porta la sua giusta critica, è del 1880 ed è
intitolato: Socialismo e malthusianismo. L’influenza dell’aumento
della popolazione sul progresso della società; sembra
sia stato il suo primo scritto di una certa notorietà, in cui egli
apre molto alle idee di Malthus, soprattutto sul controllo delle
nascite come correttivo sociale alla “sovrappopolazione relativa”
della manodopera e quindi come strumento per moralizzare
e disciplinare il comportamento riproduttivo del proletariato
abbrutito da un carico di figli sproporzionato alle proprie
magre risorse.
(207) Friedrich Albert Lange (1828-1875), filosofo e sociologo
tedesco, sostenitore del socialismo riformista, influenzato
da Lassalle e sua volta influente su E. Bernstein. La sua
150
razione per Stuart Mill, del quale subì la influenza. Il
periodo dell’eccesso di popolazione è tanto vicino, secondo
Kautsky, che egli quasi inorridito domanda:
“Dobbiamo noi starcene colle mani in mano?” E’
un delitto di lesa umanità, voler rendere l’uomo felice?
La prostituzione, il celibato, le malattie, la miseria,
gli omicidi e tutte le calamità che affliggono il genere
umano, non si potranno mai evitare?”
E risponde col dire: “Rimarranno sempre, finchè
non si conosceranno le leggi della popolazione con
tutti i loro effetti”.
Finora ogni legge scoperta, perdette la sua “fecondità”,
perchè poi si cercò di regolarla e di renderla
innocua; altrettanto dovrebbe accadere anche nel caso
presente, dato che esista veramente una legge tanto
terribile. Kautsky, di fronte a questo “orrendo pericolo”
non consiglia, come Malthus, come San Paolo e
come i padri della chiesa, di astenersi dall’usare con
le donne, ma l’uso dei mezzi preventivi, perchè egli
riconosce pienamente la necessità di soddisfare l’istinto
sessuale. I nostri malthusiani credono che, se il popolo
migliorerà la sua condizione, la società si trasformerà
in una stalla di conigli e non conoscerà altro
compito più nobile, che quello di darsi alla dissolutezza
e alla procreazione dei figli. Non è certo un concetto
troppo elevato quello che hanno costoro della società
più civile e più colta.
Quando Virchow (208) citato da Kautsky dice:
“Siccome l’operaio inglese nella sua corruzione profonda,
nella mancanza del senso morale non conosce
alla fine che due fonti di piacere, e cioè, l’ebrezza e il
coito, così anche la popolazione della Slesia superiore
aveva rivolto fino a pochi anni fa tutti i suoi desideri e
tutte le sue aspirazioni a queste due cose. Il piacere
prodotto dall’uso delle bevande alcooliche e l’appagamento
dell’istinto sessuale la signoreggiavano completamente,
e ciò spiega chiaramente perchè la popolazione
sia cresciuta di numero, perdendo invece in
forza fisica e in moralità, e in ciò sono espressi e manifestati,
a nostro avviso assai chiaramente, l’indirizzo
e gli effetti che saranno conseguenza d’una maggiore
civiltà e d’una vita conforme a natura.
Anche la sentenza di Carlo Marx citata dal Kautsky
è da considerarsi come un’idea completamente
vera e generalmente esatta; la sentenza suona così:
“Non solo il numero delle nascite e delle morti, ma
anche il numero dei membri che compongono la famiglia
è, in realtà, in ragione inversa dell’altezza del
salario, e quindi della massa dei mezzi di sussistenza,
di cui dispongono le varie categorie di operai.
Questa legge della società capitalistica non avrebbe
senso fra le popolazioni selvagge ovvero anche fra
i coloni civilizzati. Essa ricorda la produzione rozza
delle specie animali individualmente più deboli e più
perseguitate”. E la nota relativa dettata dal Marx citando
il Laing, suona così: “Se tutto il mondo si trovasse
in condizioni favorevoli, esso sarebbe presto
spopolato”; quindi Laing segue come Malthus il concetto
opposto.
Anche Herbert Spencer (209) dice: “sempre e da
per tutto perfezionamento e capacità di moltiplicarsi
sono termini opposti e antitetici. Ne segue che l’evoluzione
ulteriore che l’umanità si aspetta, avrà verosimilmente
per conseguenza una diminuzione della sua
moltiplicazione”. Ora Kautsky non è dell’avviso che
migliorando il modo di esistenza e raggiungendo un
più alto grado di civiltà, si possa impedire la prolificazione,
anzi egli crede tutto l’opposto, e perciò vorrebbe
che si applicassero norme preventive. Esaminiamo
da vicino questa supposta legge della diminuzione della
rendita della terra, e vediamo poi che cosa ci dicono
la fisiologia e l’esperienza sulla procreazione.
Un uomo che fu ricco possidente e ad un tempo
un economista di valore, e quindi valeva più di Malthus
o per un verso o per l’altro, a proposito della
produzione agricola dice: “La produttività delle materie
greggie, e segnatamente dellematerie nutritive, non
sarà inferiore, in avvenire, alla produttività delle fabbriche
e dei trasporti...Ai giorni nostri la chimica agricola
comincia ad aprire all’economia rurale speranze
che condurranno certo a qualche errore, ma che, alla
fine, porranno in potere della società la creazione delle
materie alimentari, come è oggi in poter suo il fornire
quanti metri di panno le piaccia, purchè ci sia la
necessaria provvista di lana” (210).
opera principale è la Storia del materialismo e Critica del suo
significato attuale (1866).
(208) Rudolf Virchow (Rudolf Ludwig Karl Virchow)
(1821-1902), patologo, scienziato, antropologo e politico tedesco,
consieerato il medico più importante del XIX secolo.
Provò che le malattie non sorgono da organi o tessuti in generale,
ma nelle cellule; contribuì allo sviluppo delle discipline
dell’Igiene e dellaMedicina Sociale, sostenendo che le malattie
erano perlopiù causate da fattori socio-economici e politici.
Sulla base delle su ricerche, su incarico del governo prussiano,
sulle cause di una epidemia di febbre petecchiale in
Alta Slesia, riscontrò che le cause della malattia dovevano
essere cercate nelle spaventose condizioni di vita della popolazione
(costituita soprattutto da minatori e tessitori) e non,
come sosteneva la versione ufficiale, nel clima della regione.
Tra le molteplici iniziative che lo videro protagonista principale,
durante la guerra franco-prussiana contribuì alla costruzione
dei primi ospedali da campo. Tra i tanti campi in cui la
sua opera è riconosciuta internazionalmente è quello della
patogenesi della trombosi, e quello delle autopsie per le quali
definì una tecnica standardizzata per la loro esecuzione in
modo da dare a tutto il corpo eguale importanza.
(209) Herbert Spencer (1820-1903), filosofo britannico,
teorico del darwinismo sociale. Partendo da tre grandi
principi, dati per indiscutibili (indistruttibilità della materia,
continuità del movimento, persistenza della forza) Spencer
rileva che il compito principale della filosofia sia quello
di formulare una legge che li comprenda tutti, e tale legge è la
legge dell’evoluzione. La sua principale opera, Primi principi,
si occupa appunto di questa legge che per Spencer vale
sia per il mondo naturale (inorganico e organico) che per il
mondo sociale. Ritenendo la divisione del lavoro fondamentale
per l’evoluzione sociale, Spencer sosteneva il diritto di
libera associazione per ogni categoria sociale, intendeva la
politica come strumento per la realizzazione della volontà
dei cittadini e per la tutela della loro individualità; in economia
sosteneva il liberalismo economico e la cooperazione
volontaria, avversando quindi le concezioni socialistiche e
comunistiche, ma, nello stesso tempo, si illudeva che sostituendo
il modello di produzione basato sul lavoro salariato
col modello bastao sulle cooperative, i contrasti sociali si
sarebbero risolti.
(210) Rodbertus: A schiarimento della questione sociale.
Nota di A. Bebel.
151
Anche Liebig (211), altra autorità in questa materia,
è d’avviso che, “finchè ci sarà lavoro e materie
d’ingrasso in quantità sufficiente, la terra sarà inesauribile
e continuerà a produrre abbondantemente”.
La legge della diminuzione della rendita è quindi
un’idea malthusiana, che ai suoi tempi; quando la coltura
dei campi era poco sviluppata, poteva in qualche
modo giustificarsi, ma che oggi è contraddetta dalla
scienza e dalla pratica. La legge sarebbe piuttosto questa:
La rendita di un campo sta in ragione diretta del
lavoro umano (compresevi la scienza e la tecnica) e
delle materie d’ingrasso consumatevi. Di quale enorme
aumento sarebbe suscettibile la nostra rendita fondiaria
già allo stato attuale della scienza, se amministrata
collettivamente, abbiamo già visto più sopra, e
noi rinviamo colà i lettori. Se era possibile ai piccoli
possidenti francesi, nel corso degli ultimi 90 anni, di
quadruplicare la loro rendita, mentre la popolazione
non giungeva nemmeno a raddoppiarsi, così ben diversi
risultati sono da attendersi da una società amministrata
a sistema socialistico.
Indipendentemente da ciò, i nostrimalthusiani non
osservano che, nelle condizioni presenti, non deve
aversi soltanto riguardo al suolo che calpestiamo noi,
ma al suolo di tutto il mondo, cioè a una gran parte
dei paesi, i quali se fossero resi fecondi, darebbero
una rendita 20, 30 volte maggiore di quella che si
raccoglie dal nostro suolo di superficie eguale. La
terra è bensì posseduta, ma, tranne una parte piccolissima,
non è coltivata nè usufruita, come potrebbe
essere. Non solo la Gran Bretagna potrebbe produrre
assai più di quello che produce oggi, ma anche la
Francia, la Germania, l’Austria e ancora più gli altri
Stati Europei.
La Russia europea, prendendo per misura l’attuale
popolazione della Germania, potrebbe alimentare in
luogo di circa 90 milioni, quanti ne conta attualmente,
475. La Russia europea ha oggi circa 800 abitanti per
miglio quadrato, la Sassonia ne ha 11.000. Prendendo
per termine di confronto la popolazione della Sassonia,
la Russia europea potrebbe avere più di un miliardo
di abitanti, mentre la popolazione di tutto il mondo
non supera 1430 milioni di abitanti.
La obiezione, che la Russia ha estesissime regioni
che non possono essere coltivate utilmente a cagione
del suo clima, è giusta, ma la Russia ha specialmente
nel sud un clima e terreni così fecondi, quali la Germania
non ha certo. Inoltre, per effetto della densità
della popolazione e dell’estensione che ha per conseguenza
assunto la coltivazione del suolo – distruzione
dei boschi, di foreste, prosciugamenti, ecc. – furono
recatemodificazioni tali anche al clima, che è difficile
oggi misurarne gli effetti.
Ovunque l’uomo si è raccolto in grandi masse si
notano anche dei mutamenti climaterici. Oggi noi diamo
troppo poco peso a questi fenomeni, anche se
non si possono misurare in tutta la loro efficacia, perchè
non abbiamo alcuna occasione, e, allo stato delle
cose, nemmeno la possibilità di fare delle esperienze
in grande. Inoltre tutti i viaggiatori sono d’accordo
nell’affermare, che, per esempio, anche nelle regioni
più settentrionali della Siberia, ove la primavera, l’estate
e l’autunno si susseguono nel giro di pochi mesi, si
sviluppa improvvisamente una vegetazione rigogliosa
così da far stupire. Anche la Svezia e la Norvegia,
così poco popolate, attingerebbero una ricca sorgente
di alimentazione per un popolo numeroso dalle loro
immense foreste, dall’inesauribile ricchezza delle miniere,
dai loro fiumi, dalle loro coste marittime. Oggi
mancano gli uomini perchè nelle condizioni attuali non
si hanno i mezzi opportuni e le istituzioni atte a sfruttare
la ricchezza di quei paesi.
Quanto abbiamo detto del nord, acquista un’importanza
anche più grande per il sud dell’Europa; per
il Portogallo, la Spagna, l’Italia, la Grecia, i paesi Danubiani,
l’Ungheria, la Turchia, ecc. Un clima eccellente,
un suolo così ferace e rigoglioso, quale s’incontra
appena nelle più belle regioni degli Stati Uniti,
porgeva il più abbondante nutrimento a una moltitudine,
una volta sterminata, di popoli. Le infelici condizioni
politiche e sociali di quei paesi fanno sì che centinaia
di migliaia di contadini preferiscano di passare
l’oceano, piuttosto che stabilirsi in quei paesi molto
più vicini e più comodi. Quando le condizioni sociali e
i rapporti internazionali saranno ivi i migliori, ci sarà
bisogno di molti milioni di braccia per portare quei
vasti e fertili paesi a un grado di coltura più alto. Oggi,
e per lungo tempo ancora, in Europa, ci sono scopi
assai elevati da raggiungere in materia di coltura del
suolo, e quindi ci sarà da temere non già che ci siano
troppe braccia, ma invece che ce ne siano troppo poche.
E’ assurdo quindi, date tali circostanze, di temere
un eccesso di popolazione, e deve sempre tenersi
presente agli occhi che con la scienza e col lavoro le
sorgenti della produzione dei mezzi di nutrizione non
si inaridisconomai. Se dall’Europa passiamo alle altre
parti del mondo, si nota che la mancanza di braccia e
la eccedenza del suolo raggiungono un grado ancora
più alto. I paesi più fecondi e più fertili della terra
sono ancora completamente o quasi deserti, perchè a
renderli produttivi non bastano alcune centinaia o migliaia
di uomini, ma ci vogliono delle colonie di parecchi
milioni d’individui. Fra questi paesi, per esempio,
c’è l’America centrale e meridionale, che è quanto
dire una superficie di centomila miglia quadrate.
Carey (212) afferma che la valle dell’Orinoco, lunga
Johann Kark Rodbertus (1805-1875), economista e politico
tedesco, sostenne la teoria del lavoro come valore. Per Rodbertus
solo i beni che risultano prodotti dal lavoro umano sono
beni economici; lavoro umano al quale il capitalismo destina
solo una quota minima di produzione, quota che tende a diminuire
con lo sviluppo del sistema capitalistico, costringendo i
lavoratori ad acquistare quantità sempre minori di prodotti per
vivere, generando così le crisi di “sottoconsumo”. Rodbertus,
con la teoria di una sorta di “socialismo di Stato”, fu uno dei
principali rappresentanti del collettivismo integrale grazie al
quale risolvere le questioni sociali con soluzioni esclusivamente
legali. Sostanzialmente fu un conservatore monarchico.
(211) Justus von Liebig (1803-1873), chimico tedesco, ha
dato importanti contributi alla chimica per l’agricoltura, alla
biochimica e all’organizzazione della chimica organica. Vedi
nota nr. 156, pag. 241 del presente testo.
(212) Henry Carey, economista e politico americano (1793-
1879), protezionista e teorico dell’armonia fra le classi. Di lui
Marx fece una tagliente critica a proposito del suo Saggio sul
152
360 miglia, potrebbe fornire prodotti in tale quantità
da mantenere tutta la popolazione della terra. Anche
se ammettiamo soltanto la metà, ce ne sarebbe d’avanzo.
In tutti i casi la sola America del sud potrebbe
nutrire il multiplo della cifra che rappresenta l’attuale
popolazione della terra. Il contenuto nutritivo di un
terreno piantato a banani e quello di un altro terreno
della stessa superficie coltivato a frumento, sta come
133 a 1.
Mentre il nostro frumento oggi coltivato in terreno
favorevole dà un prodotto di 20, il riso, nel suo
paese d’origine, dà 80 a 100, il mais dà 250 a 300
della sua semente, e in alcune regioni come, per esempio,
nelle Filippine, si calcola che la rendita del riso
possa arrivare fino a 400 (213).
Inoltre per tutti questi mezzi di alimentazione si
tratta di renderli,mediante un conveniente allestimento,
più nutrienti che sia possibile. E la chimica troverà
in questo riguardo, come in tutte le questioni relative
alla nutrizione, un campo inesauribile, e, così ad esempio,
Liebig ci dimostra quale azione vantaggiosa esercita
la cottura del pane coll’acqua di calce sul valore
nutritivo del pane.
L’america centrale emeridionale, e specialmente il
Brasile, che è vasto quasi come tutta l’Europa – 152
mila miglia quadrate, con quasi 14 milioni di abitanti,
mentre l’Europa ha una superficie di 178 mila miglia
quadrate e una popolazione di quasi 330 milioni – è
paese di una fecondità rigogliosa, che forma l’ammirazione
e lo stupore di tutti i viaggiatori; e deve notarsi
che questi paesi sono anche ricchissimi di miniere e
dimetalli.
Ma questi paesi sono almeno fino ad oggi quasi
vergini per il mondo, perchè la loro popolazione è indolente
ed è troppo indietro, così per numero come
per coltura, per potere diventare padrona della natura.
Le scoperte degli ultimi anni ci hanno insegnato come
vanno le cose nell’interno dell’Africa.
D’altra parte, in Asia ci sono non solo estesissime
e fertili regioni che possono alimentare altri mille milioni
di uomini, ma il passato ci ha mostrato come la
mitezza del clima possa far trarre una alimentazione
abbondantissima dal suolo, anche in regioni quasi deserte,
purchè l’uomo intenda di introdurvi l’acqua benefica.
Colla distruzione degli uomini nelle guerre di
conquista, e colla insensata oppressione che i conquistatori
esercitarono sui vinti, gli acquedotti e le opere
di irrigazione caddero in ruina, e paesi di migliaia di
miglia quadrate si trasformarono in deserti di sabbia,
come nell’Asia, nell’Africa del nord, nella Spagna, nel
Messico, nel Perù. Ci vadano amilioni gli uomini civili,
e ci troveranno sorgenti inesauribili di ricchezza.
La palma prospera in modo meraviglioso, ed occupa
tanto poco spazio, che 200 alberi di datteri, coprono
appena la superficie di un iugero.
Il seme della dura dà in Egitto 3000 frutti, eppure
il paese è povero e perduto, non già perchè gli uomini
siano troppi, ma perchè si è sfruttato orribilmente il
suolo, in modo che il deserto và estendendosi sempre
più. Sono incalcolabili i risultati ottenuti dall’agricoltura
e dall’orticoltura nella media Europea.
Gli StatiUniti dell’america del nord, in ragione dello
stato attuale della produzione agricola, potrebbe nutrire
comodamente venti volte la popolazione attuale
(60 milioni), e cioè 1200 milioni; il Canadà potrebbe,
nella stessa ragione, non già 5 milioni, ma 500, ed ora
noi abbiamo l’Australia, le isole numerose, in parte
grandi, e per lo più straordinariamente feconde, del
grande Oceano e dell’Oceano Indiano, ecc.
Gli uomini moltiplichino, non già diminuiscano, è
questo il grido che si deve lanciare all’umanità in nome
della coltura. Non è già il numero degli uomini la causa
della miseria, ma le condizioni sociali e tutto il sistema
di produzione e di distribuzione dei prodotti.
Chi non sa che una serie di buoni raccolti fa abbassare
i prezzi dei generi alimentari in modo che una parte
notevole dei nostri piccoli e grandi agricoltori è cotasso
del salario (1835), contenuta alla fine del XX cap. del
Libro I, del Capitale: “Nel Saggio sul tasso del salario, uno di
suoi primissimi scritti economici, H. Carey cerca di dimostrare
che i diversi salari nazionali stanno in ragion diretta del grado di
produttività della giornata lavorativa nazionale, per concludere
da questo rapporto internazionale che, in genere, il salario sale
o scende come sale o scende la produttività del lavoro. Tutta la
nostra analisi della produzione del plusvalore prova l’assurdità
di questa illazione, anche se Carey avesse dimostrato la sua
premessa invece di affastellare un materiale statistico abborracciato
nel modo acritico e superficiale a lui proprio. Il più
bello è che, egli sostiene, le cose non vanno in realtà come
dovrebbero andare in teoria, perché l’intervento statale falsa il
naturale rapporto economico: dunque, il calcolo dei salari nazionali
dovrebbe farsi come se la parte di essi che finisce nelle
casse dello Stato sotto forma di imposte toccasse all’operaio
medesimo. Non dovrebbe il sign, Carey, approfondendo le sue
meditazioni, chiedersi se anche queste ‘spese dello Stato’ non
fossero per avventura ‘frutti naturali’ dello sviluppo capitalistico?
Il ragionamento è in tutto degno dell’uomo che prima ha
proclamato eterne leggi di natura e di ragione - il cui gioco
liberamente armonico non sarebbe turbato dall’intervento statale
- i rapporti di produzione capitalistici, per poi scoprire
che l’influenza diabolica dell’Inghilterra sul mercatomondiale,
un’influenza che, a quanto sembra, non nasce dalle naturali
leggi della produzione capitalistica, rende necessario l’intervento
statale, ossia la protezione ad opera dello Stato di quelle
stesse leggi di natura e di ragione: in altri termini, il sistema
protezionistico. Inoltre, egli ha scoperto che non già i teoremi
in cui Ricardo ecc. hanno formulato antagonismi e contraddizioni
sociali esistenti sono il prodotto ideale del movimento
economico reale, ma, inversamente, gli antagonismi reali della
produzione capitalistica in Inghilterra e altrove sono l’effetto
della teoria di Ricardo ecc.! Ha infine scoperto che è il commercio,
in ultima istanza, a distruggere le innate bellezze ed
armonie del modo di produzione capitalistico. Un altro passoavanti,
e forse scoprirà che l’unico inconveniente della produzione
capitalistica è lo stesso capitale. Solo un uomo così terribilmente
privo di senso critico e gonfio di una cultura de faux
aloi [ di cattiva lega, NdR] meritava, malgrado la sua eresia
protezionistica, di assurgere a fonte segreta della saggezza armonica
di un Bastiat, e di tutti gli altri ottimisti del liberoscambismo
di cui l’èra presente ci delizia” (K. Marx, Il Capitale,
Libro I, cap. XX, UTET, Torino 1974, pp. 723-724).
(213) Ecco alcune notizie desunte dal libro di Liebig «Lettere
chimiche» dalle quali si può rilevare fino a quale misura
potrebbe aumentare anche presso di noi il reddito dei prodotti:
«Il giornale di Dresda del 16 settembre 1858 annunzia come ci
viene comunicato da Eibenstock, che l’ispettore forestale di
quel paese ha fatto già da parecchi anni la prova felicemente
riuscita di piantare nell’autunno delle biade vernerecce. Trapiantò
poi nella metà di ottobre le pianticelle a ciò destinate, 1
moggio di semente sopra una superficie di 100 pertiche qua153
stretta a rovinare? Invece adunque di migliorare la
condizione dei produttori, la rende più triste.
E possono queste chiamarsi condizioni ragionevoli?
Per tener lontani da noi i prodotti di altri paesi, si
introducono altri dazi d’entrata sui grani, dazi che rendono
difficile l’importazione di biade straniere e fanno
aumentare il prezzo di quelle nazionali, perchè altrimenti
il contadino dovrebbe andare in rovina. Noi
adunque non manchiamo di mezzi di alimentazione,
ma piuttosto ne abbiamo troppi; come abbiamo pletora
anche di prodotti industriali. Come sonvi milioni
di individui che hanno bisogno di prodotti industriali
d’ogni genere, ma non possono appagarlo nelle condizioni
attuali della proprietà e dei guadagni, così ci
devono essere milioni di individui che mancano dei
mezzi necessari alla vita, perchè non possono pagare
i prezzi di costo, sebbene ci sia esuberanza di prodotti.
Ora noi torniamo a domandare: E possono queste
chiamarsi condizioni ragionevoli? Sarà difficile dare
ai posteri una spiegazione sufficiente della insensatezza
e irragionevolezza di tali rapporti. I nostri speculatori
di grani lasciano andare a male i prodotti, se il
raccolto è abbondante, sapendo che il prezzo aumenterà
progressivamente quando il prodotto mancherà,
e allora è il caso di aver paura dell’eccesso di
popolazione.
In Russia, nell’Europa meridionale e in molti altri
paesi del mondo, si guastano ogni anno migliaia di
quintali di grani, perchè mancano i magazzini sufficienti
e adattimezzi di trasporto.Milioni di quintali di
derrate alimentari vanno a male, perchè i sistemi del
raccolto sono imperfetti, ovvero perchè mancano le
braccia al momento opportuno. Si arriva persino a
dar fuoco ai magazzini od ai granai ricolmi, od anche
un’intera fattoria, perchè i premi di assicurazione fanno
aumentare il guadagno, e quindi per le stesse ragioni
per cui si fanno colare a fondo le navi con tutta la
ciurma (214).
Le nostre esercitazionimilitari rovinano ogni anno
molti raccolti. Le spese di una tattica che dura anche
pochi giorni soltanto, arrivano a centinaia di migliaia
di marchi, e la stima è notoriamente assai moderata,
mentre di tali tattiche ce n’è ogni anno, e grandi estensioni
di terreno vengono in tal modo sottratte ogni
anno alla coltivazione.
Non dimentichiamo però di ripetere, che a tutti i
fattori che fanno aumentare la nutrizione, si deve aggiungere
il mare la cui superficie totale sta alla superficie
della terra, come 18 a 7, e aspetta ancora che si
tragga da una così enorme abbondanza di nutrimento
tutto il profitto possibile.
Ci si apre quindi per l’avvenire un quadro che è
ben diverso da quello fosco che ci dipingono i malthusiani.
Chi può dire ove ci condurranno le cognizioni chimiche,
fisiche, fisiologiche ecc.?
Chi può misurare e predire quali imprese gigantesche,
l’umanità del secolo futuro manderà ad effetto,
per ottenere mutamenti radicali nelle condizioni climatiche
dei paesi e nel servirsene in ogni senso?
Già nella forma capitalistica della società moderna
noi vediamo compiersi opere, le quali parevano impossibili
e pazze appena mezzo secolo fa. Si tagliano
gli istmi e si congiungono i mari. I tunnels lunghi parecchie
miglia penetrando nelle viscere della terra uniscono
paesi e popoli divisi da alte montagne. Altri si
aprono sotto il fondo del mare, per abbreviare le distanze,
evitare pericoli e temporali.
E già si domanda se sia possibile di trasformare
parte del deserto del Sahara in un mare, e quindi in
feconde e rigogliose campagne migliaia dimiglia quadrate
di terreno sabbioso. La esecuzione dell’opera è
per la borghesia quistione di “reddito”. Dov’è quindi
un punto in cui alcuno potrebbe dire: “Fin qua e
non oltre?”.
Non solo quindi deve negarsi che ci sia una legge
per cui il reddito della terra diminuisce, ma noi vedemmo
che vi è esuberanza tale di terreni coltivabili
che potrebbe impiegare molte migliaia di uomini.
Vi è adunque non già pletora di uomini, ma troppa
scarsezza. L’umanità può ancoramoltiplicarsi, se vuole
essere giustificata in tutto.
Il suolo coltivato non è usufruito come potrebbe,
e mancano per tre quarti della superficie della terra
gli uomini che possono coltivarlo.
La esuberanza relativa della nostra popolazione, determinata
dal nostro sistema capitalistico a danno dell’operaio
e della società, apparirà invece troppo poca
in uno stadio di civiltà più progredito. Una popolazione
numerosa non sarà già un ostacolo, ma uno strumento
di progresso, così come sono condizioni necessarie
di progresso la sovrabbondanza della produzione
delle merci e delle derrate alimentari, la esuberanza
della terra, l’abolizione del matrimonio borghese
mediante l’ammissione delle donne e dei fanciulli
nelle fabbriche, l’espropriazione delle piccole industrie
drate, dando una produzione straordinariamente copiosa. Vi
erano piante che contenevano perfino 51 gambi con spighe, le
quali avevano perfino 100 grani». Liebig, che si convinse della
esattezza della notizia, aggiunge, che nei paesi ove non mancano
le braccia e il suolo è buono, non v’è dubbio che l’impresa
sia largamente rimuneratrice.
Quindi quando ci sono braccia e concime, e nessun sfruttamento
capitalistico, l’aumento dei prodotti salirà fino a una
misura che oggi sembra favolosa. Osserviamo per incidenza
che per effetto della introduzione di una macchina si aumenta
notevolmente quella rendita del suolo che consiste in grani, ma
notiamo che l’uso di questa macchina non è possibile che per i
grandi affittaiuoli, o per i grandi possidenti. Si dice anche, che
la coltivazione mista di frumento e segala, dà una rendita stupefacente.
I progressi in tutti i rami di economia rurale sono
tanti e così grandi, che anche i più grossi possidenti non possono
in pratica tenerci dietro. Nota di A. Bebel.
(214) Identiche condizioni dovevano esserci già al tempo
di S. Basilio, perchè egli così apostrofa i ricchi: «Infelici che
siete, che cosa risponderete voi al giudice divino?
«Voi coprite di tappeti la nudità delle vostre pareti, ma non
coprite di abiti la nudità dell’uomo! Voi adornate i cavalli di
preziose emorbide coperte e sprezzate il fratello vostro coperto
di cenci. Voi lasciate andare a male e consumare le vostre
biade nei granai o sul campo, e non volgete uno sguardo a
quelli che sono senza pane».
Il sermone non ebbe alcuna efficacia per i signori di quel
tempo, e non l’avrà in eterno, se non si cambiano le istituzioni
sociali, così che nessuno possa trattare ingiustamente il suo
simile.Allora il mondo si troverà bene. Nota diA. Bebel.
154
e della piccola possidenza. Si disconosce la natura
umana, quando si dice che gli uomini, una volta posti
in condizioni favorevoli, si guarderebbero dall’esporsi
ai pericoli della colonizzazione dei paesi tropicali.
Fino ad ora ogni ardita impresa ha trovato chi la
condusse a compimento. E’ un’istinto innato nell’uomo
quello per cui egli cerca di dimostrare la sua perfezione
con azioni ed opere nuove ed audaci, anzitutto
per appagare se stesso, poi per emergere sugli altri,
e cioè per ambizione.
Non sono mancati i volontari nelle guerre, come
non ne sono mancati per i viaggi di scoperte al polo
nord e al polo sud, e per le esplorazioni nell’interno
dell’Africa, ecc. La missione di civiltà, quale è voluta
dai paesi tropicali dall’America centrale e meridionale,
dall’Africa, dall’interno dell’India, e dall’interno dell’Asia,
ecc., non si può compiere dai singoli, bensì
dall’azione ben disciplinata e concorde di grandimasse,
e vi sono pronti, occorrendo, milioni di uomini,
onde anche i pericoli dell’impresa si attenuano e diminuiscono.
Veniamo ora alla seconda parte della domanda: Possono
gli uomini moltiplicarsi ad arbitrio, e ne sentono
la necessità?
Per dimostrare la straordinaria capacità che gli
uomini hanno di moltiplicarsi, i malthusiani amano di
appoggiarsi a casi anormali di singole famiglie e di
piccole popolazioni. Ma con ciò non si prova nulla.
Infatti a questi casi si possono contrapporre altri di
una completa sterilità ovvero di un aumento insensibile
di popolazione anche in condizioni di vita favorevolissime.
Spesso è sorprendente il vedere come scompaiono
rapidamente intere famiglie agiate. Sebbene gli Stati
Uniti versino in condizioni favorevolissime all’aumento
della popolazione, come nessun altro paese, e vi immigrino
ogni anno centinaia di migliaia di gente vigorosa,
tuttavia la popolazione di quel paese non fece
che raddoppiarsi in 30 anni. Nessun altro popolo della
terra aumentò in proporzione più alta in un periodo di
12 o 20 anni, come si vorrebbe sostenere. Fino ad ora
è provato, come fu già riferito da Virchow e da Marx,
che la popolazione aumenta più rapidamente, là dove
essa è più povera, perchè come Virchow dice a ragione,
l’unico loro diletto oltre quello del bere, è quello
del piacere sessuale. Come si è già detto, il basso
clero della diocesi di Magonza, si doleva, dopo che
Gregorio VII lo costrinse al celibato, che non avendo
esso altri diletti possibili come ne avevano i prelati,
non gli rimaneva che la donna come strumento di piacere
e di gioia.
Anche la mancanza di occupazioni svariate e di
passatempi è forse altra delle ragioni, per cui i matrimoni
conchiusi dai curati di campagna sono in media
tanto benedetti da numerosa prole.
Comunque sia, è innegabile che i nostri distretti
più poveri della Germania, come l’Eulengebirge della
Slesia, quello di Lausitz, di Erz e Fichtelgebirge, delle
foreste della Turingia, di Harz, ecc., sono i più densi
di popolazione, e si noti che coteste popolazioni si
cibano principalmente di patate. Inoltre è certo, che
nelle tisiche l’istinto sessuale si sviluppa con singolare
violenza, e spesso procreano figliuoli in uno stadio
di spossatezza e di debolezza in cui non si dovrebbe
più ritenere possibile la procreazione.
E’ una legge di natura, come è confermato anche
dalle citazioni surriferite di Herbert Spencer e di Laing,
di risarcire in quantità ciò che va perduto in qualità.
Così vediamo che gli animali superiori e più forti,
come i leoni, gli elefanti, i cammelli, ecc., mentre tutti
gli animali inferiori simoltiplicano inmodo prodigioso
e in ragione inversa del loro sviluppo, per es., i nostri
animali domestici, come il cavallo, la mucca in media
procreano pochi figliuoli, mentre altri animali inferiori,
come per es., tutte le specie di insetti, i pesci, ecc.,
i mammiferi più piccoli, come le lepri, i topi, i porci,
ecc., figliano in proporzione inversa del loro sviluppo.
D’altra parte, Darwin ha dimostrato che certi animali,
quando vengono allevati e addomesticati dall’uomo,
perdono la loro fecondità, come l’elefante per
esempio.
Con ciò sarebbe dimostrato che il cambiamento
del sistema di vita decide della maggiore o minore capacità
di moltiplicarsi. Ma sono appunto i darwiniani
quelli i quali condividono la paura dell’eccesso di popolazione,
ed è sui darwiniani che i nostrimalthusiani
moderni si appoggiano.
Noi abbiamo già dimostrato, che i nostri darwiniani
hanno la mano infelice ovunque essi applicano la
loro teoria ai rapporti umani, perchè in questo campo
essi procedono spesso empiricamente, e trasportano
senz’altro ciò che vale nel regno animale, nel regno
dell’umanità, senza avvertire che l’uomo conoscendo,
come meglio organizzato, le leggi naturali, può
governarle e giovarsene.
La teoria della lotta per la vita, la dottrina che i
germi di vite nuove sono molto più numerosi dei mezzi
di esistenza che potrebbe fornire la terra, sarebbero
applicabili sempre anche all’umanità, se gli uomini,
invece di scervellarsi e di chiedere soccorsi alla tecnica
per trarre profitto dall’aria, dalla terra e dall’acqua,
pascolassero come greggi, ovvero, come altrettante
scimmie, non facessero altro che soddisfare cinicamente,
impudenti e sfrenati, l’istinto sessuale. Notiamo
per incidenza, che sta in fatto, che l’istinto sessuale,
non è legato nelle scimmie a certe stagioni come
è in tutto il resto del mondo animale; prova evidente
della parentela dell’uomo e della scimmia. Ma se essi
sono parenti, non sono gli stessi esseri, e quindi non
si può collocarli sullo stesso gradino, e giudicarli alla
stessa stregua.
E’ innegabile che coi rapporti che si ebbero fino
ad ora tra proprietà e produzione, la lotta per la vita vi
fu anche tra gli uomini e che molti furono quelli che
non trovavano i mezzi di sussistenza; ma non è giusto
il dedurne che questo stato di cose deve esistere eternamente
per la sola ragione che è durato fino adesso.
Ed è qui che sbagliano i darwiniani, perchè essi studiarono
bensì la zoologia e l’antropologia, ma non la
sociologia, o per meglio dire si fecero acconciare una
sociologia per loro uso dai nostri ideologi borghesi; e
così vennero fuori i loro sofismi.
L’istinto sessuale dell’uomo è continuo, è il suo
istinto più prepotente e vuol essere soddisfatto, pena
155
la salute. E d’altronde è certo che questo istinto è
tanto più forte quanto l’uomo è più sano e più normalmente
sviluppato, allo stesso modo che il buon
appetito e la buona digestione sono condizioni indispensabili
per un corpo sano. Ma soddisfazione dell’istinto
sessuale e generazione o concezione sono cose
ben diverse. Questo è quindi un argomento essenzialissimo,
ma su di esso si esposero fino ad oggi le più
disparate teorie, e in ultima analisi a suo riguardo brancoliamo
ancora nel buio, e cioè principalmente perchè
durante una ventina di secoli si ebbe la più stolta
paura di occuparsi francamente e secondo natura delle
leggi della propria esistenza e del proprio sviluppo,
studiandole a fondo appena ora questo pregiudizio va
scemando e scemerà di più in avvenire.
Da una parte si emette la teoria che il maggior sviluppo
e lamaggiore attività intellettuale e sopratutto la
maggiore attività nervosa deprime l’istinto carnale e
diminuisce la facoltà generativa; ma altri oppugnano
questa teoria.Asostegno di essa si porta il fatto che le
classi più benestanti hanno in media prole meno numerosa,
senza che ciò si possa ascrivere unicamente
a sistemi preventivi, e d’altronde è verissimo che l’attività
intellettualemolto intensa attutisce gli stimoli sessuali;
ma è molto discutibile se la maggioranza degli
individui appartenenti alle classi più agiate esercitino
effettivamente tutta questa attività, e poi lo stesso effetto
producono anche le grandi fatiche fisiche. Ma
ogni eccesso di attività è dannoso all’uomo, e perciò
da condannarsi.
Al contrario altri affermano che il sistema di vita e
specialmente di nutrizione, oltre ad altre condizioni
fisiche hanno una grande influenza sull’attitudine procreativa
della donna, a somiglianza di ciò che succede
presso alcuni animali. E questo dev’essere un punto
molto decisivo.
L’influenza che determina sull’organismo di certi
animali il genere d’alimentazione si constata in modo
sorprendente nelle api, le quali con una semplice variazione
nel cibo si allevano a piacimento una nuova
regina. Quindi le api sono più avanti di noi nella conoscenza
delle leggi dello sviluppo fisico; probabilmente
presso di loro non c’è stato chi per due mila anni
abbia predicato che l’occuparsi dei segreti della generazione
è sconveniente e immorale.
Un esempio dell’importanza che ha in questo senso
anche sulla razza umana il sistema di nutrizione, ci
viene da persona che conosce molto a fondo l’Alta
Baviera. Essa ci assicura che là nella classe dei contadini
benestanti, classe che forse è la più sana, forte e
bella della Germania, è molto frequente il caso di matrimoni
sterili, cosicchè spesso adottano come propri
dei figli di povera gente: e là un cotale fenomeno è
attribuito al genere d’alimentazionemolto grassa e sostanziosa
dei contadini stessi la quale, come è noto,
consiste in massima parte di paste condite con molto
strutto, cibo che quella popolazione ha fama di saper
preparare molto squisitamente.
Si noti ora la singolare analogia che si riscontra
nelle piante, le quali bene spesso se generosamente
concimate vegetano bene e rigogliosamente, ma non
danno nè frutti nè seme.
Ma altri che conosce pure assai bene l’Alta Baviera,
ci fece notare che un’altra circostanza può contribuire
alla citata sterilità e cioè le relazioni sessuali precoci
(fuori delmatrimonio) che là sono assai frequenti
e che dall’opinione popolare non sono punto condannate.
Ora questi rapporti precoci sono doppiamente
eccitanti quando non si ripetono fra la stessa coppia,
ma ora con uno, ora con l’altro individuo, come pare
sia l’uso del paese, e tale eccitamento eccessivo ha
per conseguenza un intorpidimento della sensibilità che
impedisce la concezione. Questa dev’essere anche la
vera ragione per cui le prostitute hanno figliuoli di rado.
Si vede quanto questo campo è ancora aperto alle opinioni
e alle ipotesi più varie.
Che la qualità del cibo influisca sulla produzione
del seme virile e sulla fecondabilità dell’uovo della femmina,
non si può recare in dubbio, e quindi da essa
potrebbe anche essenzialmente dipendere la possibilità
d’aumento della popolazione, ciò che ci darebbe il
modo di regolarlo ove questa legge ci fosse ben nota.
Inoltre giova notare che c’è per la donna un periodo
nel quale è quasi nulla la sua attitudine al concepimento;
questo deve con sicurezza aver luogo soltanto alcuni
giorni prima o dopo la mestruazione. Osserviamo
infine che nella società dell’avvenire la condizione
della donna sarà ben diversa e che essa non si compiacerà
di dare alla luce un gran numero di figli, facendosi
di ciò come una missione, ma vorrà invece
godere la sua libertà e indipendenza e non già consumare
la metà o i tre quarti dell’età più bella in istato di
gravidanza o coi bambini al seno. Certamente vi sono
poche donne che non bramano aver figli, ma d’altra
parte la grandissima maggioranza ne desidera solo un
numero limitato. Tutti questi fatti ci condurranno al
punto da regolare la popolazione senza che i nostri
malthusiani trovino necessario di rompersi la testa a
vicenda, e d’altronde senza astinenze nocevoli alla
salute e senza ributtanti sistemi preventivi.
Secondo ogni probabilità la questione della densità
della popolazione sarà regolata nelmodo più semplice
non già da una ridicola paura che vengano a mancare
i mezzi di sussistenza, ma dal desiderio di benessere
degli stessi interessati. Perciò anche qui ha ragione
Carlo Marx quando afferma nel “Capitale” che ogni
periodo economico nello sviluppo dell’umanità ha la
sua legge speciale di popolazione.
Nell’assetto socialistico, nel quale soltanto può
essere veramente libera e sulla sua base naturale,
l’umanità procederà con coscienza nel suo sviluppo
secondo le leggi di natura. In tutte le epoche fino ad
oggi in riguardo alla produzione, alla distribuzione e
alla popolazione, l’umanità procedette senza conoscere
le proprie leggi e quindi senza coscienza; nella
nuova società essa andrà avanti con piena conoscenza
di queste leggi e regolarmente.
Il socialismo è la scienza applicata a tutti
i rami dell’attività umana con piena coscienza
e perfetta cognizione.
156
Quanto abbiamo scritto dimostra che il socialismo
si realizzerà senza “demolizioni” nè “ricostruzioni”
ma per semplice trasfomazione secondo le
leggi naturali. Tutti i fattori che entrano da una parte
nel processo di distruzione, e dall’altra in quello
di rinnovamento, operano come devono operare. Nè
l’ingegno d’un uomo di Stato, nè il furore dei demagoghi
potrà guidare il movimento. “Essi credono
di spingere e sono spinti”. Però a chi ben rifletta
a ciò che ha letto, non resterà dubbio alcuno che
noi non siamo vicini al punto “in cui il tempo sarà
compiuto”. La Germania ha nel suo sviluppo un
carattere particolare e che qui giova esaminare per
dimostrare che nel prossimo periodo di movimento
sarà essa che darà la spinta agli altri paesi.
In questo libro noi abbiamo varie volte accennato
a un eccesso di produzione come origine di
crisi. Questo eccesso consiste in ciò, che il sistema
borghese di produzione dà una quantità di merci
maggiore di quello che può smaltire la capacità
d’acquisto, che è lo stomaco del mercato. E’ questo
un singolare fenomeno del mondo borghese
che finora non si è mai avverato negli altri periodi
della civiltà.
Ma la società borghese non presenta soltanto eccesso
di produzione in fatto di merci e, per l’introduzione
dei sistemi manifatturieri, anche in fatto di
uomini, ma presenta pure un eccesso di produzione
quanto ad intelligenza, e questo provoca un inasprimento
della crisi, che finirà col costarle la vita.
La Germania è il paese classico in cui questo
eccesso di produzione in fatto d’intelligenza, di coltura,
che la società borghese non sà più come impiegare,
è salito al più alto grado. Uno stato di cose
che per secoli fu ritenuto come una sventura per lo
sviluppo del paese, ha contribuito essenzialmente a
questo fenomeno; e cioè la suddivisione in piccoli
Stati e il conseguente ostacolo alla formazione di
grandi capitali. La ripartizione in piccoli Stati ebbe
per effetto che la vita intellettuale della popolazione
fosse discentrata e si svolgesse più largamente,
che dappertutto si formassero dei piccoli centri
intellettuali, che esercitarono la loro influenza
sul territorio circostante. Le Corti numerose coi
loro governi esigevano a paragone d’un governo
unico e molto vasto un numero straordinario d’impiegati
per i quali era indispensabile una certa istruzione
superiore. Così sorsero le scuole superiori e
CONCLUSIONE
le università più numerose che in qualunque altro
paese d’Europa.
Anche la gelosia e l’ambizione dei vari governi
esercitarono influenza su questo sviluppo. Lo stesso
avvenne quando alcuni governi cominciarono a
precedere gli altri nell’istruzione obbligatoria. La
smania di non rimanere indietro allo Stato vicino,
condusse ad ottimi risultati. Il bisogno di intelligenze
aumentò, quando la maggiore educazione e avvedutezza
accompagnata dallo sviluppo materiale
della borghesia, destò nella cittadinanza il desiderio
di prendere parte alla politica, di assumere la rappresentanza
del popolo e di amministrarsi da sè.
Non si trattava che di piccole adunanze per piccoli
paesi e circoli, ma esse cooperavano a diffondere
l’educazione, e davano occasione ai figli della borghesia
di ambirvi un posto.
Come nelle scienze, così nelle arti. Nessun paese
d’Europa ha, in proporzione, tante scuole di pittura,
d’arte e tecniche, tanti musei, raccolte artistiche,
quanto la Germania.
Altri paesi potranno averne di più nelle loro capitali,
ma nessuna ne ha tante ripartite su tutto il
territorio come la Germania. In fatto d’arte sopra
tutti l’Italia.
Tutto questo sviluppo diede all’ingegno tedesco
una certa profondità, e la mancanza di grandi lotte
politiche determinò un certo modo di vita contemplativa.
Mentre altre nazioni lottavano per avere il
predominio sul mercato del mondo, e si dividevano
la terra e combattevano grandi battaglie politiche
interne, i tedeschi se ne stavano a casa sognando e
pensando. Ma questo sognare, sottilizzare e pensare,
favorito da un clima che rendeva necessaria la
vita domestica e l’assidua applicazione, generò la
filosofia tedesca, creò lo spirito critico e di osservazione,
per il quale i tedeschi cominciarono a distinguersi
quando si risvegliarono.
La borghesia tedesca cosciente di sè nacque nel
1848, mentre oggi essa è entrata in scena come un
partito politico indipendente rappresentato dai liberali.
Ed è qui che si mostrò chiaramente il carattere
dello sviluppo germanico. Non furono già i fabbricanti,
i negozianti, gli uomini di commercio e di
finanza quelli che pronunciarono la grande parola,
ma i professori, gli uomini di Stato liberali, gli scrittori,
i giuristi ed i dottori di tutte le facoltà. Erano
gli ideologi tedeschi, e perciò anche la loro opera
157
cadde.
La borghesia venne un tempo invitata a starsene
politicamente in riposo, ma essa approfittò di
questo periodo di riposo politico, per fare gli affari
suoi. Lo scoppio della guerra austro-italiana, il
principio della reggenza in Prussia stimolarono di
nuovo la borghesia a stendere la mano verso il potere
politico.
Cominciò il movimento degli unionisti nazionali.
La borghesia era già troppo sviluppata per poter
tollerare più a lungo i molti impacci politici che erano
ad un tempo economici; impacci rappresentati
dai dazi, dalle barriere commerciali, dalla limitata
libertà di movimento e fece mostra di diventare rivoluzionaria.
Il signor Bismarck conobbe la situazione e ne
trasse profitto a modo suo, per conciliare gli interessi
della borghesia con quelli del regno di Prussia,
a cui la borghesia non era ostile, perchè essa
temeva la rivoluzione e le masse. Ora sono cadute
le barricate, che ne avevano impedito fino ad oggi il
maggiore sviluppo materiale. Data la grande ricchezza
in carbone e in miniere che ha la Germania, e
data una classe operaia intelligente e frugale, la borghesia
prese in pochi anni uno sviluppo che deve
dirsi gigantesco, quale in nessun paese del mondo
si è compiuto in così breve tempo, tranne che negli
Stati Uniti.
Quindi avvenne che la Germania oggidì occupa
in Europa il secondo posto come Stato industriale e
commerciale, e aspira ad occupare il primo.
Ma questo prodigioso sviluppo materiale ha anche
il suo rovescio.
Il sistema di sbarramento ancora vigente fino
alla fondazione della Unità Germanica in quasi tutti
gli Stati tedeschi, aveva prolungato l’esistenza a un
gran numero di industriali e di piccoli possidenti.
Atterrate improvvisamente tutte le barriere protettive,
le classi medie si trovarono di fronte ad un
processo di sfrenata produzione capitalistica, e si
trovarono quindi in una condizione disperata.
Il periodo di prosperità al principio del 1860 fece
da prima sembrare meno grande il pericolo, ma diventò
tanto più sensibile, quando è scoppiata la crisi.
La borghesia profittò di questo periodo di prosperità
per svilupparsi, rendendo dieci volte più sensibile
la sua influenza colla enormità della sua produzione
e colle sue ricchezze. L’abisso fra gli abbienti
e i non abbienti si fece ancora più profondo.
Questo rapido processo di decomposizione e di
assorbimento, che si compie con sempre maggiore
celerità, favorito da una nuova crisi dopo il breve
periodo di prosperità alla fine del passato decennio,
l’aumento della ricchezza materiale da un lato, la
minore capacità di resistenza dall’altro, getta tutte
le classi della popolazione nella massima angustia.
Esse si vedono minacciate sempre più fortemente
nella loro posizione, e si vedono con certezza matematica
destinate un giorno a perire.
In questa lotta disperata ognuno cerca salvezza
nel cambiamento di professione ed impiego. I vecchi
non possono più farla, ma possono concederne
la facoltà ai loro figliuoli, e quindi si fanno i più
strenui sforzi e si impiegano tutti i mezzi possibili
per far occupare dai loro figliuoli e dalle loro figlie
i “posti” stabili, con reddito fisso, per cui non è
necessario un capitale d’impianto. Tali sono quasi
tutti gli impieghi governativi e comunali; l’insegnamento,
il servizio delle poste e delle ferrovie, l’amministrazione
governativa e comunale, i posti più
elevati della borghesia, al Comptoir, nei magazzini e
nelle fabbriche in qualità di magazzinieri, di chimici,
di tecnici, di ingegneri, ecc.; poi le cosidette
professioni liberali: avvocati, medici, teologi, scrittori,
artisti, architetti, ecc.
Migliaia e migliaia che avrebbero abbracciata la
carriera industriale, vanno ora in cerca di qualche
posto in quelle professioni, non essendoci più diversamente
la possibilità di una esistenza agiata e
indipendente. Tutto spinge agli studi. Scuole regie,
ginnasi, politecnici, ecc., crescono come funghi dal
suolo, e quelli esistenti sono invasi da una folla di
studenti; nella stessa proporzione cresce il numero
degli studenti nelle Università (215), il numero degli
scolari nei laboratori di chimica e di fisica, nelle
scuole d’arte, negli istituti industriali e commercia-
(215) Il numero degli studenti delle Università tedesche
ammontò in media per semestre:
Queste tabelle dimostrano che dal 1841-42 al 1871 il numero
degli studenti crebbe di poco, meno della popolazione,
ma poi d’un tratto, cominciò ad aumentare fino al 1886-87,
dalla qual’epoca il numero degli studenti crebbe sempre, ma a
poco a poco. Dal 1871 fino al 1888-89 questo numero aumentò
del 116 per cento. E’ interessante notare, che lo studio della
teologia scemò continuamente fino al 1881, ma poi aumentò
rapidamente, finchè nel 1888 raggiunse il punto culminante.
La ragione è questa, che l’offerta per tutti i posti crebbe in
misura tale, che difficilmente si poteva trovare impiego; e quindi
nell’ultimo decennio si decise per la teologia, che prima era
stata negletta;ma poi un’altra ragione può ravvivarsi nell’indirizzo
pio, che una parte della borghesia ha preso decisamente
per effetto della lotta di classe, sempre più ardente nell’ultimo
decennio. Nota diA. Bebel.
nell' anno
Teologi
protestanti
Teologi
cattolici
Giuristi
Medici
Filosofi
Totale
1841-42-1846 2117 1027 3467 1943 3072 11626
1846-47-1851 1798 1297 4061 1827 3046 12029
1851-52-1856 1751 1300 4169 2291 2840 12351
1856-57-1861 2374 1244 2789 2131 3499 12037
1861-62-1866 2437 1153 2867 2435 4392 13284
1866-67-1871 2154 982 3011 2838 4626 13611
1871-72-1876 1780 836 4121 3941 5896 16124
1876-77-1881 1961 682 5134 3734 8057 19568
1881-82-1886 3880 952 5034 6869 9123 25838
1886-87. . . . . . .4546 1178 5239 8450 8666 27828
1887 . . . . . . . . .4803 1232 5505 8685 8424 28455
1887-88. . . . . . 4632 1137 4810 8435 8450 28480
1888 . . . . . . . . .4835 1174 6106 8915 8204 29275
1888-89. . . . . . .4642 1207 6304 8886 8255 29294
158
li, negli istituti superiori di educazione d’ogni specie.
In quasi tutti i rami, senza eccezione, si nota
già oggi una pletora, una sovrabbondanza di studenti,
e il torrente ingrossa sempre più; si avanzano
sempre nuove domande per fondare ginnasi e istituti
superiori di educazione, per accogliervi il numero
dei candidati.
Autorità e privati sono disperati, e pubblicano
avvisi sopra avvisi ora per lo studio di questo, ora
di quel ramo.Anzi la teologia, che nel decennio precedente
minacciava di morire, trionfa per il numero
straordinario di studenti, e vede rioccupate le
sue prebende. “Io insegno a credere in diecimila
dei e diavoli, se si vuole, purchè vi sia un posto che
mi faccia vivere”, ecco la voce che si ode ripetere
da per tutto.
I ministri (di Prussia) ricusano di dare la loro
approvazione alla fondazione di nuovi istituti superiori
d’insegnamento “perchè quegli che ci sono
coprono ad esuberanza il bisogno che si ha di candidati”.
Questo stato di cose viene inasprito perchè la
lotta della concorrenza e della distruzione che la borghesia
combatte nel suo seno costringe una folla
dei suoi figliuoli a cercarsi una posizione che dia il
bisognevole in altre direzioni. Inoltre il grosso esercito
permanente colla sua armata di uffiziali, il cui
avanzamento diventa, dopo un lungo periodo di
pace, un serio inciampo, porta per conseguenza una
moltitudine di pensionati ancor vigorosi, i quali, favoriti
dallo Stato, trovano un posto in tutte le cariche
ufficiali. La folla di coloro che sono posti in
aspettativa delle più basse cariche dell’armata, portano
via il pane agli altri.
Si aggiunga, che il grosso esercito degli impiegati
regi, governativi e comunali di tutti i gradi avvia
e deve avviare i suoi figliuoli alle carriere e professioni
che abbiamo accennate.
Mancano da un lato le sostanze; dall’altro la posizione
sociale, l’educazione e le pretese di questi
ceti domandano che i loro figliuoli siano tenuti lontani
dalle occupazioni così dette più basse, i quali
sono pur tutti occupati in conseguenza del sistema
capitalistico.
Il sistema del volontariato di un anno, che concede
di prestare servizio militare in un anno invece
che in tre anni, a coloro che hanno un certo grado
di coltura e pagano una data quantità di danaro, aumenta
sempre più il numero dei candidati a tutti gli
impieghi e a tutti i posti.
Vi sono specialmente molti figli di agricoltori benestanti,
ai quali non piace più di ritornare al loro
paese per esercitarvi la professione paterna.
Per effetto di tutte queste circostanze, la Germania
ha un proletariato di dotti e di artisti più
numeroso assai di quello di qualunque altro paese
del mondo, un forte proletariato nelle cosidette professioni
liberali, che aumenta sempre più e che porta
l’agitazione e il malcontento, data la condizione
attuale delle cose, anche nei ceti più elevati della
società.
Lo spirito idealistico di questa gioventù viene stimolato
a esercitare la critica sull’attuale ordine di
cose e concorre ad affrettare l’opera di decomposizione.
Da ogni lato dunque quest’ordine di cose viene
assalito e minato.
Così la Germania ha assunto nella grande lotta
gigantesca che si combatterà nell’avvenire la parte
del duce, alla quale sembra predestinata per il
suo sviluppo ed anche per la sua posizione geografica,
come “il cuore dell’Europa”.
Non è un caso che siano tedeschi i duci, perchè
sono essi che hanno scoperto le leggi della evoluzione
della società moderna, e dettero una base
scientifica al socialismo considerato come la forma
della società dell’avvenire.
Primo di tutti CARLO MARX e FEDERICO ENGELS,
e dopo loro, che hanno gettato la scintilla fra le masse,
FERDINANDO LASSALLE.
E neppure è un caso che il movimento socialista
tedesco sia il più importante del mondo e che abbia
superato il movimento delle altre nazioni, e, specialmente
quello della Francia, la quale si arrestò ad
una specie di sviluppo semi-borghese; non è un caso
infine che i socialisti tedeschi siano i pionieri che
diffondono l’idea socialistica fra gli operai di tutto
il mondo.
Se Buckle (216) poteva ancora 25 anni fa sulla
base del suo studio intorno alle condizioni dello spirito
della coltura germanica scrivere, se poteva, ripetesi,
scrivere allora che la Germania ha un numero
grande di profondi pensatori, ma che non vi è
alcun altro paese in cui la distanza fra la classe dei
dotti e la massa del popolo sia così grande in Germania,
ciò non è più esatto al giorno d’oggi.
Si poteva dirlo finchè in Germania la nostra
scienza era quasi esclusivamente deduttiva, e si
limitava a quei circoli di eruditi che se ne stavano
lontani dalla vita pratica. Ma allorquando la Germania
venne economicamente rivoluzionata, al posto
della deduzione entrò nella scienza il metodo
induttivo.
La scienza diventò pratica, si comprese che essa
in tanto ha valore in quanto abbia relazione alla
vita umana, diventi un mezzo per la vita, ed a ciò
indusse appunto lo sviluppo della produzione capitalistica.
Conseguentemente tutti i rami della
scienza si sono nell’ultimo decennio democratizzati
in Germania. A ciò ha contribuito prima il gran
numero di giovani educati ed istruiti per le professioni
più elevate, poi la istruzione generale delle
masse, maggiore e più elevata in Germania che in
qualunque paese d’Europa, facilitò a queste masse
il godimento e la conoscenza di produzioni
scientifiche d’ogni specie. Finalmente contribuì efficaciemente
ad innalzare il livello intellettuale delle
masse l’agitazione socialistica colla sua letteratura,
coi suoi giornali, colle sue società, coi suoi
(216) Henry Thomas Buckle (1821-1862), storico e scacchista
britannico. La sua operamaggiore e che gli diede notorietà
internazionale fu History of Civilization in England (1857).
159
comizi, colla sua rappresentanza parlamentare e
colla critica esercitata con questo mezzo su tutti i
rami della vita pubblica. Le leggi d’eccezione nulla
sono riuscite a mutare: esse restrinsero forse
l’agitazione entro più angusti confini, e ne calmarono
forse la foga, mentre l’agitazione poteva
estendersi tanto meglio negli altri paesi.
Queste leggi però hanno soffocato il movimento
creando grandi animosità ed esasperazioni che
provocarono la esplosione. La caduta delle leggi di
eccezione non è che la conseguenza dello sviluppo
preso dal partito sotto coteste leggi, nonchè dello
sviluppo economico della nazione. L’agitazione procede
come deve procedere in date condizioni.
Così noi vediamo nell’ultimo quarto del secolo
XIX scoppiare d’ogni parte la grande lotta degli spiriti
che si combatte col massimo ardore. Oltre alle
scienze sociali, anche il vasto campo delle scienze
naturali, l’igiene, la storia della cultura ed anche la
filosofia formano l’arsenale dal quale vengono prese
le armi (217).
Da tutti i lati si attaccano le basi dell’attuale ordine
di cose, e si dànno i colpi più fieri contro le
basi della vecchia società.
Le idee rivoluzionarie penetrano anche nei circoli
più conservatori e mettono lo scompiglio tra le
fila dei nemici dell’uomo.
Artigiani e dotti, agricoltori ed artisti, commercianti
ed impiegati e qua e là anche qualche fabbricante,
insomma uomini d’ogni ceto fanno causa comune
cogli operai che formano il grosso della società
e che alla fine vinceranno. Tutti si aiutano e si
completano a vicenda.
Anche la donna viene invitata a non restare indietro
in questa battaglia che si combatte per la sua
redenzione. Tocca a lei dimostrare che essa ha occupato
il suo vero posto nella agitazione e nelle lotte
del presente e che essa è decisa a prendervi parte,
tocca agli uomini appoggiarla in questa lotta
contro i pregiudizi e i privilegi. Nessuno deprezzi la
sua forza e nessuno creda che non ci sia bisogno di
essa.
Per il progresso della umanità di nessuna forza
si può far senza per quanto debole essa sia. Gutta
cavat lapidem, ed anche la pietra più dura. Molte
gocce formano il ruscello, più ruscelli formano il
fiume e più fiumi il torrente.
Nessun ostacolo è forte abbastanza per arrestarlo
nel suo corso maestoso.
Così avviene anche nella vita della umanità; ovunque
ci è maestra la natura, operiamo tutti secondo
natura e la vittoria finale non ci potrà mancare. Questa
vittoria sarà tanto più grande, con quanto maggior
zelo ed energia ciascuno proseguirà per la sua
strada.
Il dubbio che, malgrado tutto il suo lavoro e la
sua fatica, non sia vicino il giorno di un nuovo e
più splendido periodo di civiltà, non deve far breccia
sull’animo del singolo nè, tanto meno, sviarlo
dal cammino percorso. Anche se noi non possiamo
determinare il modo delle singole fasi di sviluppo,
alla stessa guisa che non abbiamo la minima certezza
sulla durata della nostra vita, non dobbiamo
in un secolo come il nostro perdere la speranza di
vedere spuntar il giorno della vittoria.
Ogni giorno porge esempi nuovi che le idee che
noi sosteniamo vanno diffondendosi sempre più; in
tutti i campi di attività ferve l’agitazione ed il movimento
e si tende al progresso; l’alba di uno splendido
giorno già si avvicina; combattiamo adunque e
andiamo innanzi sempre, noncuranti del “dove” e
del “quando” saranno gettate le basi di una nuova
era di felicità.
Se noi cadremo durante la lotta per la redenzione
umana, altri ci sostituiranno e combatteranno
per noi.
Noi abbiamo la coscienza di aver fatto il nostro
dovere come uomini, siamo convinti che lo scopo
sarà raggiunto per quanto le forze nemiche del progresso
dell’umanità si difendano e riluttino.
F I N E
(217) Vedi: La filosofia della redenzione, di Mainländer,
1-2 vol. Nota di A. Bebel.
Il comunista, cas. post. 10835 - 20110 - Milano
www.pcint.org - ilcomunista@pcint.org
«Testi del marxismo rivoluzionario»
Sono già apparsi in questa collezione
In italiano
Leon Trotsky : Terrorismo e comunismo
In spagnolo
León Trotsky : Terrorismo y Comunismo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento