Una luce nel labirinto

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Non arrendersi mai.

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Non sottomettersi mai.

mercoledì 25 novembre 2020

Bebel, La donna e il socialismo.

LA DONNA E IL SOCIALISMO Testi del marxismo rivoluzionario 2 LA DONNA NEL PASSATO, NEL PRESENTE E NELL'AVVENIRE AUGUST BEBEL INDICE DELLE MATERIE Premessa. pag. 1 Prefazione all'undicesima edizione pag. 10 Introduzione pag. 11 La donna nel passato pag. 14 La donna nel presente pag. 40 L'istinto sessuale - matrimonio - freni e impedimenti al matrimonio. pag. 40 Altri freni e impedimenti al matrimonio. La proporzione numerica dei sessi. Sue cause e suoi effetti. pag. 56 La prostituzione è una istituzione sociale necessaria alla borghesia. pag. 67 La condizione della donna. Sua capacità intellettuale. Il darvinismo e le condizioni sociali. pag. 75 La posizione giuridica e politica della donna. pag. 92 Stato e società. pag. 99 La socializzazione della società. pag. 113 La donna nell'avvenire pag. 142 L'internazionalismo. pag. 145 Popolazione ed eccesso di popolazione. pag. 146 Conclusione pag. 156 1 La donna e il socialismo di August Bebel - Premessa - Esiste una «specifica questione femminile» per i marxisti? La risposta è sempre stata una e secca: No. Confermando i principi del marxismo rivoluzionario, il terzo congresso dell’Internazionale Comunista ribadiva, appunto, che non esistono questioni specificamente femminili, e che l’emancipazione della donna non può essere raggiunta se non attraverso la lotta dell’intero proletariato, femminile e maschile, per la rivoluzione comunista, per la dittatura del proletariato, per l’eliminazione delle basi economiche e sociali della società capitalistica che, attraverso l’oppressione salariale e familiare, dunque con questa doppia oppressione, ha appesantito la schiavitù delle donne in modo ancor più feroce rispetto alle società di classe precedenti. Per i marxisti non vi sono soluzioni storiche specificamente femminili al problema della donna nella società borghese. La soluzione dell’oppressione della donna non sta in particolari ricette giuridiche (eguaglianza per legge tra maschi e femmine, partecipazione democratica alla vita politica ecc.) come pretendono tutti i partiti e i movimenti democratici, né può essere il risultato di una particolare educazione della donna, e dei maschi, come pretendono i movimenti «femministi». Ciò non toglie che le rivendicazioni di parità salariale, eguaglianza giuridica, eliminazione di ogni discriminazione fra i sessi ecc., e rivendicazioni più specifiche che riguardano le condizioni di esistenza delle donne, riferite alla maternità, all’aborto e simili, facciano parte degli obiettivi immediati della lotta classista del proletariato; ma, per l’appunto, degli obiettivi immediati della lotta classista del proletariato, cioè di una lotta che non si ferma all’involucro giuridico della società borghese, ma punta molto più in alto, alla distruzione della sovastruttura politica e della struttura economica e sociale del capitalismo. Analizzando gli elementi strutturali e sovrastrutturali della condizione femminile nella realtà sociale del capitalismo e nella storia dello sviluppo delle forze produttive, dunque attraverso il materialismo storico e dialettico, ilmarxismo ha scoperto le vere cause storiche e materiali dell’oppressione della donna. «Secondo la concezione materialista – sostiene Engels nel suo «L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato» – il movente essenziale e decisivo al quale ubbidisce l’umanità consiste nella produzione e riproduzione della vita immediata, la quale, a sua volta, ha un duplice aspetto. Da un lato la produzione dei mezzi di esistenza, di tutto ciò che serve alla nutrizione, all’abbigliamento, all’abitazione, e degli attrezzi di lavoro di cui gli uomini necessitano; dall’altro la procreazione degli uomini stessi, la continuazione della specie. Le istituzioni sociali sotto le quali vivono gli uomini in un’epoca determinata e in un dato paese sono strettamente legate a queste due specie di produzioni, da un lato per il grado di sviluppo del lavoro, dall’altro per quello della famiglia» (1). Engels dimostra che la nascita della soggezione della donna non sta nel preteso egoismo del maschio o nella perdita di una supposta democrazia primitiva esistente nella società comunista primitiva che precedeva la formazione delle società divise in classi nel corso storico dello sviluppo delle società umane. La soggezione della donna nasce nel corso dello sviluppo delle forze produttive che ad un certo livello comporta il passaggio dal comunismo primitivo alla società classista. Con lo sviluppo della produzione e dei mezzi di produzione (concentrati in mano all’uomo non solo in ragione della forza fisica, ma anche perché non impegnato direttamente nella maternità e nell’allevamento della prole) il lavoro domestico perde gradualmente di importanza. «La stessa causa che, un tempo, aveva assicurato alla donna l’autorità nella famiglia, cioè la sua occupazione esclusiva ai lavori inerenti all’economia domestica, assicurava ora la prevalenza dell’uomo: il lavoro femminile della casa perde, da questo momento, valore in confronto al lavoro produttivo dell’uomo: il secondo è tutto, il (1) Cfr. F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Prefazione alla prima edizione del 1884, Ed. Fasani, Milano 1945, p. 13. 2 primo un accesorio insignificante» (2). L’inferiorità giuridica venne solo dopo questo grande passaggio, a riprova del fatto che i mezzi giuridici non rivoluzionano nulla, ma si limitano a istituzionalizzare quello che per una data società è già diventato un fatto o un’esigenza. La conseguenza, per imarxisti, è che la soggezione della donna finirà quando crollerà la barriera che la tiene schiava, ovvero la sua separazione dal lavoro produttivo sociale. Questa condizione storica (già sottolineata da Engels nell’opera che abbiamo citato) ha già cominciato a verificarsi sotto il capitalismo, rendendo possibile – ma senza attuarla – l’emancipazione femminile. L’oppressione della donna è iniziata a causa di fattori economico- sociali e terminerà a causa di fattori analoghi; ecco perché la rivoluzione dei costumi, la rivoluzione sociale non potrà mai avvenire attraverso i mezzi giuridici; ecco perché, data la fortissima resistenza dei fattori economico-sociali che garantiscono alla borghesia il predominio generale sulla società, è soltanto con la vittoria su quella fortissima resistenza che potrà aprirsi il corso di una una nuova organizzazione sociale nella quale venga superata la civilizzazione capitalistica, sapendo che «la base della civilizzazione è lo sfruttamento di una classe su di un’altra classe» e che «tutta la sua evoluzione si muove in una contraddizione costante. Ogni progresso della produzione è nel medesimo tempo un regresso della situazione della classe oppressa, vale a dire della maggioranza. Ogni beneficio per gli uni è necessariamente un male per gli altri; ogni grado di emancipazione raggiunto da una classe è un nuovo elemento di oppressione per l’altra. La prova più evidente ci è fornita dall’introduzione del macchinismo, i cui effetti sono oggi conosciuti da tutto il mondo» (3). La donna, nella società capitalistica, subisce una doppia oppressione, quella salariale (pari a quella che subisce il proletario) e quella domestica (inerente alla cura della casa e dei figli nell’ambito della famiglia). L’oppressione domestica è molto più antica di quella salariale, dato che quest’ultima appare solo con il capitalismo avendo esso costretto, ad un certo punto dello sviluppo della produzione, anche la donna proletaria (ed i suoi figli) ad entrare in concorrenza nella vendita della sua forza lavoro con la forza lavoro rappresentata dal proletario, dal «pater familias», da colui che, nella divisione dei compiti all’interno della famiglia monogamica, provvedeva al sostentamento dell’intera famiglia attraverso il suo salario, mentre la moglie doveva provvedere ai lavori domestici e all’allevamento dei figli. E’ un’altra delle contraddizioni di fondo della civiltà capitalistica: mentre l’inserimento della donna nella produzione sociale, e quindi nella vita sociale, rappresenta un effettivo progresso per il genere femminile rispetto alle società classiste precedenti, rappresenta nello steso tempo un ulteriore aspetto dell’oppressione della donna poiché, invece di liberarla dalle incombenze domestiche, si aggiunge ad esse. E’ interessante ricordare che la parola famiglia deriva dal latino: «non significa, inizialmente, l’ideale fatto di sentimentalismo e di discordia dell’odierno filisteo, né si applica dapprincipio, tra i Romani, alla coppia coniugale e ai suoi figli, ma ai soli schiavi. Famulus vuol dire schiavo domestico, e familia designa l’assieme degli schiavi appartenenti a uno stesso uomo. Ancora al tempo di Caio, la familia, id est patromonium (vale a dire la parte di eredità), era legata per testamento. L’espressione fu inventata dai Romani per designare un nuovo organismo sociale, il cui capo governava sulla donna, i figli e un certo numero di schiavi, secondo il potere paterno romano e col diritto di vita e di morte su tutti» (Engels, L’origine della famiglia ecc., cit. p.70). Questa forma di famiglia segna il passaggio, sottolinea Engels, dalmatrimonio sindiasmico (*) alla monogamia, e la donna è sottomessa senza riserva al potere dell’uomo; ed Engels continua: «L’esistenza della schiavitù a fianco della monogamia, la presenza delle giovani e belle prigioniere appartenenti corpo e anima all’uomo che le ha conquistate, costituiscono fin dall’origine il carattere specifico della monogamia, la quale è monogamia soltanto per la donna e non per l’uomo. Tale carattere permane ancora oggi» (p. 75). E ancora: «La monogamia non compare affatto nella storia come una sorta di riconciliazione tra l’uomo e la donna, e meno ancora come la forma più elevata della famiglia. Fa la sua comparsa in scena sotto la forma dell’assoggettamento di un sesso all’altro, della proclamazione di un conflitto tra i sessi fino a quel momento sconosciuto dalla storia anteriore» (p. 78). Tornando alla famiglia monogamica, essa, nella società borghese, rappresenta l’unità economica di base, anche al di là delle mille contraddizioni che la caratterizzano sia in termini di adulterio che di prostituzione. E’ d’altra parte un fatto che, in tutte le (*) Secondo Lewis H. Morgan, dal cui libro più famoso – Ancient Society or Researches in the Lines of Human Progress from Savagery, through Barbarism to Civilization, del 1877 – Engels prende le mosse per la sua opera L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, a tre forme principali di matrimonio corrispondono tre stadi principali di evoluzione umana. Allo stato selvaggio corrisponde il matrimonio a gruppi, alla barbarie il matrimonio sindiasmico, alla civiltà lamonogamia con i suoi complementi: l’adulterio e la prostituzione. Il matrimonio sindiasmico è l’unione a coppie: l’uomo aveva una moglie principale tra le sue innumerevoli spose, ed era per lei il marito principale tra tutti gli altri. (Vedi pp. 57-74, de L’origine della famiglia ecc., cit.). (2) Cfr. F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, cap. IX, Barbarie e civiltà, cit., p. 187. (3) Ibidem, cit., p. 204. 3 società divise in classi, il matrimonio è legato alle condizioni di classe degli interessati e quindi è sempre un matrimonio di convenienza, una unione in cui predominano generalmente gli interessi economici della coppia e delle famiglie di provenienza. Le leggi borghesi che governano il «diritto di famiglia» non hanno fatto altro che sistematizzare quanto era già in essere nelle società precedenti rispetto alla proprietà privata e al diritto di eredità. E sebbene le famiglie proletarie non abbiano in genere possedimenti da difendere e da trasmettere in eredità ai figli, ovviamente anch’esse devono rispettare gli ordinamenti giuridici che regolano l’intera società; e, nonostante l’evoluzione dei costumi e dei bisogni sociali abbiano spinto in molti paesi capitalisticamente avanzati i poteri borghesi a promulgare leggi che prevedono una certa «libertà» ed «eguaglianza» giuridica tra uomini e donne, resta estremamente radicata nella società la tradizionale supremazia maschile sul genere femminile. Cosa che si può constatare facilmente in ogni campo di attività economica e sociale, ma che gli stessi media borghesi sono costretti di tanto in tanto a denunciare (lo sfruttamento sistematico della prostituzione, i maltrattamenti delle donne in ambito domestico fino al loro assassinio, la diseguaglianza di trattamento economico nei posti di lavoro ecc.). Contro tutti gli aspetti che caratterizzano la soggezione della donna all’uomo nella società borghese si sono formati, nel tempo, e in seguito alla partecipazione delle donne alle rivoluzioni e alle lotte per «la libertà, l’eguaglianza e la fraternità», molti movimenti di protesta e di critica politica che hanno avanzato rivendicazioni – ed ancor oggi rivendicano – per la parità giuridica e pratica tra i due sessi in tutti gli ambiti della vita sociale.Ma come il marxismo ha sempre affermato, nella società divisa in classi antagoniste non sarà mai possibile, nemmeno nella repubblica democratica più avanzata, ottenere l’effettiva eliminazione di ogni discriminazione nei confronti della donna e di ogni sua soggezione all’uomo. La grande industria, come dicevamo, ha certamente aperto alle donne la via della produzione sociale e perciò la via alla vita pubblica e alla vita politica, ma questo in realtà vale quasi esclusivamente per le donne del proletariato. Le cose sono però messe in modo tale, come sottolinea Engels, «che la donna, se dà la propria attività al servizio privato della famiglia, rimane esclusa dal lavoro sociale e non può guadagnare; e se, al contrario, vuole prender parte all’industria pubblica e guadagnare per proprio conto, non è in condizioni di poter compiere i suoi doveri in famiglia. Ugual dilemma la donna incontra in tutte le branche del lavoro pubblico: in quello medico, come in quello dell’avvocato o nella fabbrica. La famiglia individuale moderna è basata sulla schiavitù domestica più o meno palese della donna, e la società moderna è una massa le cui molecole sono rappresentate appunto dalle famiglie individuali. L’uomo, ai giorni nostri, deve nella maggior parte dei casi guadagnare la vita per tutta la famiglia, cosa questa che gli concede una situazione preponderante che non ha affatto bisogno di essere convalidata dalle leggi. Egli è, nel corpo della famiglia, il borghese; la donna vi rappresenta il proletario» (L’origine della famiglia ecc., cit., pp. 87-88). Nei capitoli dedicati alla donna nel passato e nel presente del suo libro su La donna e il socialismo, Bebel non farà che dimostrare, con molteplici dati oggettivi e citazioni dai vari studiosi borghesi, esattamente quanto anticipato da Engels nel 1884, e prima ancora da Marx ed Engels nell’Ideologia tedesca del 1846. Da un vecchio manoscritto elaborato da Marx ed Engels contemporaneo all’Ideologia tedesca, Engels riporta, nell’Origine della famiglia ecc., questa frase: «La prima divisione del lavoro è quella che si compie tra l’uomo e la donna per la procreazione dei figli», ed aggiunge: «il primo antagonismo di classe che fa la sua apparizione nella storia coincide con lo sviluppo dell’antagonismo tra uomo e donna in regime monogamico, e la prima oppressione di classe con l’oppressione del sesso femminile da parte di quello maschile. La monogamia fu un grande progresso storico, ma contemporaneamente inaugurò, a lato della schiavitù e della proprietà privata, quest’epoca che si prolunga ai giorni nostri, nella quale ciascun progresso è nello stesso tempo un regresso relativo, dove la felicità e lo sviluppo degli uni si attuano a prezzo dell’infelicità e dell’oppressione degli altri. E’ una forma cellulare della società civile, nella quale possiamo studiare già la natura delle contraddizioni e degli antagonismi che si sviluppano pienamente in questa stessa società» (cit., pp.78-79). E’ lo sviluppo del capitalismo, come dirà Clara Zetkin nel suo discorso al congresso di Gotha, che ha «frantumato l’antica economia familiare che nel periodo pre-capitalista aveva garantito alla grande massa del mondo femminile un mezzo di sostentamento e un senso alla propria vita». Le macchine, il modo di produzione moderno, scavarono «la fossa alla produzione autonoma della famiglia, ponendo milioni, non migliaia, di donne di fronte al problema di trovare un nuovo mezzo di sostentamento, un senso alla propria vita (...) Milioni di donne vennero costrette a cercarselo fuori, nella società» (4). Ma la «questione femminile» si pone in modo ben diverso per le donne della grande borghesia, per quelle della media e piccola borghesia, e per le donne proletarie. Nella famiglia monogamica della società borghese, la donna è in ogni caso sottomessa all’uomo, poiché l’unione tra uomo e donna è decisa dal denaro, dal patrimonio. Le donne della grande borghesia (4) Cfr. C. Zetkin, L’apporto della donna proletaria è indispensabile per la vittoria del socialismo, Discorso tenuto al Congresso di Gotha del Partito socialdemocratico tedesco il 16 ottobre 1896, in La questione femminile e la lotta al riformismo, G. Mazzotta Editore, Milano 1972, p. 82. 4 «grazie al loro patrimonio, possono sviluppare liberamente la propria individualità, seguire le proprie inclinazioni» anche se «come mogli esse dipendono ancora dall’uomo. Lo strascico della tutela sessuale dei tempi antichi si è riversato nel diritto di famiglia (...) Là dove la donna non è più costretta ad assolvere i suoi doveri di moglie, madre e massaia, essa li riversa su personale di servizio stipendiato». La rivendicazione della donna della grande borghesia fa parte della lotta all’interno della stessa classe dominante, ed è una lotta «per l’abolizione di tutte le discriminazioni sociali», certamente, ma «fondate sul patrimonio» (5). Le donne della media e piccola borghesia, e ovviamente degli intellettuali borghesi, soffrono inmodo diverso della disgregazione della famiglia, perché nella misura in cui la produzione capitalistica procede nella sua marcia trionfante, «la media e la piccola borghesia vanno progressivamente incontro alla distruzione ». E a proposito degli intellettuali, Clara Zetkin chiarisce un aspetto fondamentale del loro ruolo nella società capitalistica: «il capitale ha bisogno di forze- lavoro intelligenti e scientificamente preparate e, in questo senso, ha favorito una sovrapproduzione di proletari del lavoro mentale determinando in tal modo un mutamento negativo della posizione sociale degli appartenenti alle professioni liberali, che nel passato era stata molto decorosa e redditizia. Nella stessa misura decresce però il numero dei matrimoni, in quanto, se da un lato le premesse materiali sono peggiorate, sono dall’altro accresciute le esigenze vitali del singolo (...) Il limite d’età per la creazione d’una propria famiglia viene vieppiù dilazionato (...) E così il numero delle donne nubili tra gli strati medio-borghesi è in continuo aumento. Le donne e le adolescenti di questa classe vengono ributtate nella società perché possano fondare un’esistenza che non procuri loro solo del pane, ma anche un soddisfacimento morale. In questi strati la donna non è equiparata con l’uomo in qualità di proprietà di beni privati; non è neppure equiparata in qualità di proletaria come avviene negli strati proletari; la donna di quelle classi medie deve innanzi tutto conquistarsi l’eguaglianza economica con l’uomo e lo può fare solo attraverso due rivendicazioni, quella di eguali diritti nella formazione professionale e quella di eguali diritti per i due sessi nella pratica professionale. Da un punto di vista economico, ciò non significa altro che la realizzazione della libertà di professione e della concorrenza tra uomo e donna. Il realizzarsi di questa rivendicazione scatena un contrasto d’interessi tra gli uomini e le donne della media borghesia e dell’intellighentsia. La concorrenza delle donne nelle libere professioni è la causa della resistenza degli uomini contro le rivendicazioni delle femministe borghesi (...) Questa lotta concorrenziale spinge la donna appartenente a questi strati alla richiesta di diritti politici al fine d’abbattere ogni barriera che ostacoli la sua attività economica» (6). Ma, per non far torto al movimento femminile borghese, Clara Zetkin riconosce che i motivi addotti non sono riconducibili soltanto al fattore economico. Sebbene costituisca il perno determinante delle rivendicazioni delle donne borghesi, vanno considerati anche l’aspetto morale e spirituale. «La donna borghese non chiede soltanto di guadagnarsi da vivere, ma anche una vita spirituale, lo sviluppo della propria personalità» e «partecipare allo sviluppo della cultura moderna», e cultura moderna vuol dire cultura borghese, nelle arti, nelle scienze, nell’istruzione attraverso cui la società borghese influenza e plasma le grandi masse a fini di conservazione. Per quanto riguarda la donna proletaria, la questione «femminile» si pone in modo completamente diverso, perché il capitale, nel suo iperfolle sviluppo, allarga lo sfruttamento della forza lavoro a tutti i componenti della famiglia proletaria, uomo, donna, fanciulli, e in tale processo la donna proletaria viene inserita nella vita economica grazie al fatto di rappresentare (7) «una forza-lavoro volonterosa che solo in rarissimi casi osa opporre resistenza allo sfruttamento capitalista» (e ciò vale ancor più per i fanciulli proletari). La donna proletaria è utilizzata, in tutto un primo periodo, in lavorazioni in cui si rendono necessarie l’abilità manuale e l’attitudine a ripetere senza stancarsi gesti e movimenti semplici ma di grande precisione (attitudine allenata nei lavori domestici, nella cura della casa e della prole); ma l’invenzione di macchinari più complessi che semplificano le mansioni lavorative degli operai ha reso possibile l’impiego di manodopera femminile anche in molte lavorazioni che in precedenza richiedevano l’impiego di forza muscolare e resistenza agli sforzi fisici che solo la manodopera maschile poteva garantire. E’ così che, a grande scala, il capitale ha aperto le fabbriche alle donne proletarie ma a salari più bassi di quelli riconosciuti agli uomini e a condizioni di lavoro spesso più umilianti approfittando della generale soggezione sociale di cui le donne soffrono nella società borghese; per di più le donne proletarie, oltre ad essere pagate peggio degli uomini, nel sistema capitalistico sono sottoposte costantemente a forme di ricatto sia sul piano economico, che morale e personale. E tutto ciò, se dal punto di vista sociale rappresenta un progresso perché le donne vengono in questo modo strappate alle quattro mura di casa e, volenti o nolenti, inserite nella vita economica, sociale e politica che in precedenza vedeva protagonisti soltanto gli uomini, allo stesso tempo rappresenta una concorrenza sleale, dato che la forzalavoro femminile costa meno, è più flessibile alle molteplici esigenze organizzative delle aziende e, in genere, oppone molto meno resistenza alla pressione del capitale. Certo, inserita nella vita economica della società, la donna proletaria porta a casa un sa- (5) Ibidem, pp. 83-84. (6) Ibidem, pp. 84-85. (7) Ibidem, p. 86. 5 lario contribuendo in questo modo all’economia familiare e, spesso, per periodi più o meno lunghi, rappresenta l’unico salario che entra in famiglia. Ma quello che appare come un modo per migliorare il benessere familiare e il futuro dei propri figli, e quello che appare come una indipendenza economica, in realtà non sono che un processo di asservimento ancor più pesante nei confronti dei capitalisti e della loro società. A differenza delle donne della grande borghesia e della media e piccola borghesia, la donna proletaria non si dibatte nella ricerca di una libertà professionale e nell’affermazione di una sua specifica attività economica, ma, costretta a dare il meglio delle sue forze e la maggior parte del suo tempo al capitalista che la sfrutta, deve arrabattarsi in qualche modo per ottemperare ai bisogni della casa e dei figli, bisogni ai quali non può più dedicarsi completamente; la famiglia, in quanto unità economica della società borghese, si disgrega e si pone storicamente il problema di una emancipazione generale non tanto dalle quattro mura di casa, ma dalla società capitalistica che opprime la donna sia fra le mura di casa che nei posti di lavoro e nella vita sociale. Le donne proletarie, nelle fabbriche e nei posti di lavoro, vivendo le condizioni di sfruttamento che vivono i proletari maschi, subiscono inevitabilmente anche l’influenza della lotta di resistenza quotidiana che i proletari conducono contro i capitalisti e possono appropriarsi pian piano dei mezzi e dei metodi della lotta proletaria. La lotta delle donne proletarie, proprio per la loro condizione materiale di lavoratrici salariate, «non può essere una lotta simile a quella che conduce la donna borghese contro l’uomo della sua classe; al contrario, la sua è la lotta insieme all’uomo della sua classe contro la classe dei capitalisti » (8), classe quest’ultima che è formata da uomini e donne della borghesia e che ha tutto l’interesse a difendere il modo di produzione capitalistico e la società eretta su di esso, ossia un modo di produzione basato sullo sfruttamento del lavoro salariato grazie al quale mantiene soggetta la grande maggioranza della popolazione costituita dalla massa dei lavoratori da cui estorce il plusvalore. Per la donna borghese, il problema che si pone è di entrare in concorrenza con l’uomo borghese conquistando le stesse prerogative e gli stessi diritti che a lui sono riconosciuti. La sua «emancipazione» consiste nella conquista di questi diritti e nell’affermazione della propria individualità, della propria professionalità. Per la donna proletaria il problema è di superare la condizione di lavoratrice salariata, ossia la condizione che la costringe a subire lo sfruttamento capitalistico per tutta la vita; esattamente lo stesso problema dell’uomo proletario. Perciò l’interesse della donna proletaria è quello di combattere «fianco a fianco con l’uomo della sua classe contro la società capitalistica» e, quindi, «l’obiettivo finale della sua lotta non è la libera concorrenza con l’uomo, ma la conquista del potere politico da parte del proletariato» (9). L’oppressione della donna nella società borghese è un’oppressione che riguarda tutte le donne, sia borghesi, sia medio e piccolo-borghesi, che proletarie. Ma tale oppressione non fa scomparire la divisione in classi contrapposte che caratterizza la società borghese, semmai ne accresce gli effetti negativi. La rivoluzione borghese ha certamente spazzato via l’impianto economico e politico-sociale delle società precedenti che caratterizzarono il Medio Evo, ma ha ereditato da quelle società due possenti fattori di conservazione: l’oppressione della donna e la religione. E per quanto la società borghese si democratizzi e si riformi, non eliminerà mai questi due grandi fattori di conservazione. Ciò è stato ampiamente dimostrato, d’altra parte, nei due secoli trascorsi dalla grande rivoluzione borghese in Francia. Dal punto di vista della legislazione statale, inmolti paesi sono state introdotte delle riforme in favore delle donne, nel diritto pubblico e in quello privato; ma, come la grandissima parte delle leggi borghesi, esse non hanno fatto che istituzionalizzare quel che già nella realtà sociale si era imposto praticamente. I temi, ad esempio, del divorzio e dell’aborto, che riguardano tutte le donne non importa a quale classe sociale appartengano – naturalmente non nelle stesse forme e con la stessa «libertà» e semplicità nei diversi paesi – dopo molte pressioni esercitate dai movimenti di protesta femminili, hanno trovato spazio nelle leggi anche di Stati, come l’Italia, in cui il peso reazionario della Chiesa ha impedito e impedisce ancor oggi la semplice e libera applicazione di quelle riforme. Ciò però dimostra che attraverso la via delle riforme borghesi, mantenendo saldo lo Stato borghese e il modo di produzione capitalistico che lo esprime, l’emancipazione della donna dalla doppia oppressione – quella domestica e quella salariale – non si raggiunge. Allo stessomodo l’emancipazione della donna, e tanto più l’emancipazione del proletariato tutto dall’oppressione salariale, non si raggiungono attraverso la via elettorale e parlamentare. Lenin, in un discorso del settembre 1919 alle operaie senza partito, sosteneva che: «ove esiste il capitalismo, ove si mantiene la proprietà privata della terra, delle fabbriche e delle officine, ove si mantiene il potere del capitale, resta immutata la posizione di privilegio degli uomini (...) in tutte le repubbliche democratiche si proclama l’uguaglianza, ma nelle leggi civili e nelle leggi che regolano la posizione della donna, cioè la sua posizione nella famiglia, il divorzio, noi scorgiamo a ogni passo lo stato di ineguaglianza e di inferiorità della donna e diciamo che si tratta proprio di una violazione della democrazia nei confronti degli oppressi» (10). La (8) Ibidem, p. 86. (9) Ibidem, p. 86. (10) Vedi Lenin, I compiti del movimento operaio femminile nella Repubblica dei Soviet (Discorso pronunciato alla IV Conferenza delle operaie senza partito della città di Mosca il 23 settembre 1919), in Opere, vol. 30, Editori Riuniti, Roma 1970, pp. 29-32. 6 stessa Clara Zetkin, in occasione delle tesi dell’Internazionale Comunista per il movimento comunista femminile, sottolineava che «L’esercizio del diritto di voto in tutte le sue forme, esteso a tutti gli adulti senza distinzione, costituisce la base del modo più perfezionato di dominio della classe dei possidenti, degli sfruttatori, predominio che il voto serve a nascondere alle masse attraverso il velo ingannatore dell’eguaglianza politica» (11), e concludeva, a proposito della necessità di eliminare le basi economiche della società borghese per aprire la via alla reale emancipazione non solo della donna, ma dell’umanità intera dalla società capitalistica: «Con l’abolizione della proprietà privata sui mezzi di produzione, il comunismo sopprime la causa dell’asservimento e dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, l’antagomismo fra il ricco e il povero, lo sfruttatore e lo sfruttato, il padrone e lo schiavo, come anche l’antagomismo sociale fra l’uomo e la donna» (12). Quanto all’oppressione domestica, Lenin ribadiva che: «Perché la donna sia completamente libera e realmente pari all’uomo, bisogna che i lavori domestici siano un servizio pubblico e che la donna partecipi al lavoro produttivo in generale. Allora essa avrà una posizione eguale a quella dell’uomo. Non si tratta certamente di abolire per le donne tutte le differenze concernenti il rendimento del lavoro, la sua quantità, la sua durata, le condizioni di lavoro, ma piuttosto por fine a quell’oppressione della donna che deriva dalla differente situazione economica dei due sessi. (...) Anche quando esiste una piena eguaglianza di diritti, quest’oppressione della donna continua in effetti a sussistere, perché sulla donna cade tutto il peso del lavoro domestico, che, nella maggior parte dei casi, è il lavoro meno produttivo, più pesante, più barbaro. E’un lavoro estremamente meschino che non può, neanche in minima misura, contribuire allo sviluppo della donna» (13). In verità, per i comunisti rivoluzionari, la «questione femminile» si poneva oggettivamente non solo per le rivendicazioni specifiche che riguardavano il riconoscimento da parte dello Stato di eguali diritti delle donne rispetto agli uomini sia nel pubblico che nel privato, ma in particolare rispetto all’obiettivo finale della lotta del proletariato per la propria emancipazione dal lavoro salariato. In questa prospettiva sia Lenin che l’Internazionale Comunista, come abbiamo ricordato all’inizio di questa introduzione, sottolineavano il rapporto intercorrente fra la posizione sociale e la condizione «umana» della donna, inserendo la questione femminile all’interno della questione sociale generale. Nelle Tesi sulla propaganda tra le donne, al terzo congresso dell’I.C. del 1921, ai punti 5 e 6 si legge: «5. Il 3° congresso dell’Internazionale Comunista conferma i principi fondamentali del marxismo rivoluzionario secondo i quali non esistono questioni ‘specifiche femminili’; qualsiasi rapporto dell’operaia col femminismo borghese, come qualsiasi appoggio che essa apportasse alla tattica delle mezze misure e dell’aperto tradimento dei socialcoalizionisti e degli opportunisti non farebbe che indebolire le forze del proletariato e, ritardando la rivoluzione sociale, impedirebbe allo stesso tempo la realizzazione del comunismo, cioè l’affrancamento della donna. Noi non perverremo al comunismo che attraverso l’unione nella lotta tra tutti gli sfruttati e non attraverso l’unione tra le donne delle due classi antagoniste. «Le masse proletarie femminili devono, nel loro stesso interesse, sostenere la tattica rivoluzionaria del Partito Comunista e prender parte il più attivamente e il più direttamente possibile alle azioni di massa e alla guerra civile in tutte le sue forme e in tutti i suoi aspetti, sia nel quadro nazionale che su quello internazionale. «6. La lotta della donna contro la sua doppia oppressione: il capitalismo e la dipendenza familiare e domestica, deve assumere, nella prossima fase del suo sviluppo, un carattere internazionale e trasformarsi in lotta del proletariato dei due sessi per la dittatura e il regime soviettisti, sotto le bandiere della Terza Internazionale» (14). Molti critici di Lenin e della Terza Internazionale sostengono che, data la sconfitta della rivoluzione comunista e della dittatura proletaria in Russia, e la sconfitta di tutto il movimento rivoluzionario del proletariato europeo e internazionale avvenuta nel periodo che va dalla prima alla seconda guerra mondiale; data la conversione a «U» che, attraverso lo stalinismo, si impresse all’economia russa e di tutti i paesi del cosiddetto «campo socialista», costruito nel secondo dopoguerra, verso il pieno capitalismo e, soprattutto, dato il crollo dell’URSS e il riposizionamento dei paesi dell’Europa dell’Est nell’area di influenza del capitalismo occidentale, le grandi prospettive rivoluzionarie declamate negli anni della vittoria bolscevica dal 1917 in poi crollarono finendo nel campo delle utopie irrealizzabili. Dissero: il «comunismo » fallì e l’unica via realmente percorribile rimane quella di sempre, quella delle riforme democratiche, delle conquiste passo passo, della propaganda di obiettivi effettivamente raggiungibili nei limiti della società esistente; ciò varrebbe per qualsiasi tipo di problema e, naturalmente, anche per quanto concerne la condizione di soggezione della donna. (11) Cfr. C. Zetkin, Le mouvement communiste féminin, Project de thèses pour le mouvement communiste féminin, in «L’Internationale Communiste», Gennaio 1921, p. 3396. (12) Ibidem, p. 3393. (13) Cfr. Lenin, I compiti del movimento operaio femminile ..., cit. p. 32. (14) Cfr. Manifestes, Thèses et Résolutions des Quatre premiers congrès mondiaux de l’Internationale Communiste, 1919-1923, Bibliothèque Communiste, Librairie du Travail, giugno 1934, Ristampa in facsimile, François Maspero, 1969, p.144. 7 E’ verità storica, ineccepibile: il movimento rivoluzionario comunista è stato sconfitto, e il suo primo bastione eretto in Russia è stato distrutto e smantellato, accelerando in questo modo il processo di sviluppo del capitalismo nella vastissima area euroasiatica nella quale si era imposta la vittoria bolscevica. E’ un fatto, peraltro, che negli anni dell’ascesa rivoluzionaria e della gestione della dittatura proletaria da parte del partito bolscevico di Lenin, non ancora corrotto dall’opportunismo e dal nazionalismo grande- russo, tutta una serie di interventi del potere comunista in Russia ha sopravanzato di gran lunga quanto, a quell’epoca, in centrovent’anni, è stato fatto nei paesi anche i più democratici del mondo. Lenin , nel 1919, scriveva: «A parole, la democrazia borghese promette l’eguaglianza e la libertà, ma di fatto persino la repubblica borghese più avanzata non ha dato alla metà del genere umano, quella costituita dalle donne, la piena eguaglianza giuridica con l’uomo, né l’ha liberata dalla tutela e dall’oppressione dell’uomo. La democrazia borghese è una democrazia fatta di frasi pompose, di espressioni altisonanti, di promesse magniloquenti, di belle parole d’ordine di libertà e di eguaglianza, ma tutto ciò, in effetti, dissimula la mancanza di libertà e di eguaglianza per i lavoratori e gli sfruttati (...). Non vi può essere e non vi sarà vera ‘libertà’ finché la donna non sarà liberata dai privilegi che le leggi hanno riconosciuto all’uomo, finché l’operaio non sarà liberato dal giogo del capitale, finché il contadino lavoratore non sarà liberato dal giogo del capitalista, del grande proprietario fondiario, del commerciante » (15). E, passando all’attacco, affermava: «In due anni, in uno dei paesi più arretrati dell’Europa, il potere sovietico ha fatto per l’emancipazione della donna, per la sua eguaglianza con il sesso ‘forte’, più di quanto abbiano fatto tutte le repubbliche avanzate, colte, ‘democratiche’del mondo intero in centrotrent’anni. Educazione, cultura, civiltà, libertà: a tutte queste parole altisonanti, in ogni repubblica borghese capitalistica del mondo corrispondono leggi inverosimilmente infami, disgustose, bestialmente brutali che consacrano l’ineguaglianza giuridica della donna per quanto riguarda il matrimonio e il divorzio, sanzionano l’ineguaglianza tra figli naturali e ‘legittimi’ e, attribuendo privilegi agli uomini, umiliano e offendono la donna. Il giogo del capitale, l’oppresione della ‘sacra proprietà privata’, il dispotismo dell’ottusità piccoloborghese, la cupidigia del piccolo padrone hanno impedito alle repubbliche borghesi più democratiche di toccare queste leggi vili e abiette. La repubblica sovietica, la repubblica degli operai e dei contadini ha spazzato via di colpo queste leggi, non ha lasciato pietra su pietra degli edifici costruiti dalla menzogna e dall’ipocrisia borghese» (16). E non si trattò soltanto di spazzar via le leggi; iniziò nel contempo l’organizzazione delle mense e delle lavanderie pubbliche, degli asili e delle scuole in un paese che aveva un’altissima percentuale di analfabetismo, e la partecipazione attiva delle donne proletarie e contadine alla vita politica pubblica e all’economia, in particolare nella produzione e nella distribuzione agricola e nel controllo dei rifornimenti alle città e all’esercito rosso impegnato nella lunga guerra contro le guardie bianche sostenute da tutti i paesi capitalisti occidentali allo scopo di distruggere e seppellire la prima grande vittoria del proletariato rivoluzionario. «Noi creiamo istituzioni, mense, nidi d’infanzia modello per liberare le donne dai lavori domestici. E il lavoro per organizzare tutte queste istituzioni toccherà innanzitutto alle donne» insiste Lenin (17), e nonostante le enormi difficoltà in cui versava la Repubblica dei soviet a causa delle distruzioni della guerra, e della guerra civile ancora in corso, le carestie e la generale arretratezza economica del paese, l’attitudine della dittatura proletaria è stata quella «che dovunque si presenta la benché minima possibilità, sorgono le istituzioni che liberano le donne dalla condizione di schiave domestiche». E’ certo che le prossime rivoluzioni proletarie, soprattutto se avverranno inizialmente in paesi capitalisticamente avanzati, non potranno che ampliare enormemente questo tipo di interventi attraverso i quali la partecipazione delle donne proletarie alla gestione sociale diretta dalla dittatura proletaria avverrà nella piena eguaglianza di quella maschile. * * * Nel 1891 usciva l’undicesima edizione dell’opera diAugust Bebel intitolata «La donna e il socialismo», sulla quale si basò la prima traduzione in lingua italiana. E’ questa edizione che noi utilizziamo nella presente ripubblicazione. Va precisato che nelle tredici puntate in cui abbiamo riprodotto nel nostro giornale, «il comunista», una gran parte di questo testo (18), siamo intervenuti soltanto nelle formulazioni lessicali che oggi, data l’evoluzione della stessa lingua scritta, appesantirebbero troppo lo scritto. Quanto alle note che accompagnano il testo, a quelle originali apposte da Bebel (segnalate come «Note di A. Bebel») abbiamo aggiunto di nostra iniziativa tutte le note che abbiamo ritenuto utili per una migliore comprensione di determinate parole, di certe locuzioni e dei molteplici autori citati da Bebel. L’interesse di questo testo è dato dal fatto che è praticamente l’unico testo coerentemente marxista con fini divulgativi che offre una trattazione insieme (15) Cfr. Lenin, Il potere sovietico e la situazione della donna, 6 novembre 1919, in Opere, vol. 30, cit., pp. 101-102. (16) Cfr. Lenin, Il potere sovietico e la situazione della donna, cit., pp. 102-103. (17) Cfr. Lenin, I compiti del movimento operaio femminile..., cit., p. 32. (18) Vedi «il comunista», nn. 111, 112, 114, 128, 129, 132, 133, 134, 135, 136, 137, 142 e 143, presenti in pdf anche nel sito www.pcint.org. 8 storica e politica delle società umane basata sulle scoperte antropologiche dei vari Bachofen, Morgan ecc. che verso la fine dell’Ottocento approfondirono lo studio delle organizzazioni sociali umane liberi dal condizionamento ideologico della religione e dai preconcetti scientifici che fino ad allora non avevano permesso indagini così puntuali, materialistiche e storiche. Naturalmente, come lo stesso Bebel afferma, il suo studio non avrebbe avuto la possibilità di concretizzarsi senza l’apporto decisivo di Engels e del suo «L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato». Per quanto, a più di centovent’anni di distanza e soprattutto nei paesi occidentali, siano cambiatimolto i costumi e le abitudini, tanto da far apparire le legislazioni vigenti molto più progressive del periodo in cui usciva lo scritto di Bebel, è indubbio che la donna soffra ancora dell’oppressione tipica della società divisa in classi e, come ribadiranno tutti i marxisti in tutti i tempi, in particolare di una doppia oppressione: l’oppressione da lavoro salariato (condizione che dialetticamente l’ha spinta verso un progresso sociale che prima le era vietato, l’indipendenza economica e la partecipazione alla vita politica) e da lavori domestici. L’emancipazione della donna da questa doppia oppressione, sosterrà Bebel alla pari di ogni marxista conseguente, non potrà vedere la luce se non attraverso la lotta che pone al centro la questione operaia: l’emancipazione della donna e l’emancipazione della classe operaia vanno di pari passo, non si possono realizzare se non insieme, attraverso una lotta che ha per obiettivo la rivoluzione della classe del proletariato, l’unica classe in grado storicamente non solo di porsi il problema di emancipare il genere umano da ogni tipo di oppressione – quindi anche l’oppressione della donna – ma anche di realizzare il passaggio storico necessario perché la specie umana raggiunga questo risultato. Il passaggio storico necessario consiste nella rivoluzione proletaria, nella conquista del potere politico, nella dittatura di classe del proletariato esercitata dal partito di classe, e quindi negli interventi dispotici che solo la dittatura proletaria è in grado di attuare al fine di distruggere tutto l’impianto sovrastrutturale politico, ideologico, culturale, amministrativo e la base economica della società capitalistica, dunque della società borghese. Lo scritto di Bebel contribuisce a comprendere i passaggi storici che le società umane hanno attraversato fino a raggiungere l’ultima società di classe storicamente possibile, cioè la società capitalistica, e a comprendere la necessità della distruzione di questa società perché la specie umana possa effettivamente passare dalla sua preistoria di classe alla società di specie, al comunismo. D’altra parte, come affermato più volte dai marxisti, la teoria del comunismo rivoluzionario non pretende di costruire un modello di società al quale ispirarsi per trasformare la società presente. «Il comunismo – scrivono Marx ed Engels ne L’Ideologia tedesca – per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente» (19). E Bebel segue con grandissima coerenza questo principio quando, nella terza parte del suo libro, dedicata alla donna dell’avvenire, riporta, concordando con essa, l’opinione dello zoologo, etnologo e geologo F. Ratzel (20) che scriveva: «L’uomo non deve considerarsi come una eccezione alle leggi naturali, ma deve a queste leggi conformare le sue azioni e i suoi pensieri. Egli finirà col regolare tutta la sua condotta e i suoi rapporti con la famiglia e con lo Stato, non già secondo i principi dei secoli lontani, ma secondo i principi razionali di una scienza conforme a natura. Politica, morale, principi giuridici che oggi si ispirano alle idee più varie e disparate si conformeranno alle leggi naturali, nient’altro. L’esistenza degna dell’uomo, onde si favoleggia da migliaia di secoli, diventerà finalmente un fatto compiuto». A questo Bebel si collega per affermare che: «La società umana ha percorso per migliaia di anni tutte le fasi di sviluppo, per arrivare finalmente là donde è partita, cioè alla proprietà collettiva, all’eguaglianza e alla fratellanza, non solo di tutti i gentili [appartenenti ad un’unica stirpe, NdR], ma di tutti gli uomini. Ecco l’immenso progresso che essa fece. Quello che la società borghese chiedeva indarno, e in cui essa fallì, e doveva fallire, e cioè nel fondare la libertà, l’eguaglianza e la fratellanza, sarà attuato dal socialismo. Ma questo ritorno dell’umanità al punto di partenza della sua evoluzione avviene in un grado di civiltà infinitamente più alto di quello dal quale essa prese le mosse». Nel corso dell’evoluzione il comunismo primitivo è stato superato da organizzazioni sociali meno rozze: «tutta la società si è atomizzata, ma nel tempo stesso aumentò la forza produttiva della società e i bisogni si moltiplicarono, e dalle gentes e dalle stirpi uscirono le nazioni, creando una condizione di cose che è in stridente contraddizione coi bisogni di quasi tutta la società, e fa ritenere che l’unico modo di togliere codesta contraddizione sia quello di trasformare con base più ampia la proprietà e le forze produttive in proprietà comune. La società ripiglia quello che essa possedeva, ma organizzata in modo da far rispon- (19) Vedi K.Marx-F. Engels, L’ideologia tedesca, 1845-46, in Marx-Engels, Opere complete, Editori Riuniti, Roma 1972, p.34. (20) Friedrich Ratzel (1844-1904), che nella traduzione italiana del libro di A. Bebel appare erroneamente come Francesco Ratzel, è stato uno zoologo, geologo ed etnologo tedesco dedicatosi all’antropogeografia; infatti la sua opera più nota è Anthropogeographie in cui analizza la diffusione dei gruppi umani sulla superficie terrestre in relazione alle caratteristiche del territorio. 9 dere tutta la sua esistenza alle nuove condizioni produttive, così da assicurare, per quanto è possibile, a tutto quello che prima non era che privilegio di pochi, o di classi. Ora anche la donna riprende quel posto importante che occupava nella società primitiva, per diventare non già signora, ma eguale». Quindi, la fine della società capitalistica e borghese non è la fine del progresso umano, è semmai la fine della preistoria umana, come affermava Engels, poiché la nuova società che nascerà dalla distruzione del capitalismo, delle sue leggi, del suo modo di produzione e delle sue sovrastrutture politiche, sociali e culturali, utilizzerà il progresso tecnico- industriale per rendere il lavoro umano necessario alla vita sociale come una gioia e non come una tragica necessità. E sarà proprio la condizione della donna nella società a segnare l’avanzata verso la società futura, verso il comunismo ossia verso la società di specie. Bebel afferma fin dalle prime righe della parte terza del suo libro: «In questa società la donna è, così socialmente come economicamente, del tutto indipendente, non è soggetta più ad alcuna apparenza di tirannia né allo sfruttamento, trovandosi ormai di fronte all’uomo libera ed uguale, padrona di sé e del suo destino. La sua educazione è uguale a quella dell’uomo, eccetto là dove la differenza del sesso rende necessario un trattamento speciale. Essa può sviluppare, date le condizioni di esistenza conformi a natura, tutte le sue forze e attitudini fisiche e morali, ed esercitare la sua attività in quel campo che meglio si addice e risponde alle sue inclinazioni, al suo talento e ai suoi desideri. Essa è, date le stesse condizioni, non meno capace ed abile dell’uomo. Operaia in qualche industria o mestiere, di lì ad un’ora diventa educatrice e maestra, per esercitare subito dopo qualche arte od occuparsi di qualche scienza, per compiere dopo ancora qualche funzione amministrativa. Essa studia e si diverte, conversa coi suoi simili o cogli uomini, come le piace e come l’occasione le si presenta. In amore essa è libera di scegliere, precisamente come l’uomo; chiede in matrimonio, ovvero si fa chiedere, e stringe il vincolo senza alcun altro riguardo che alla sua inclinazione (...) senza l’intervento di alcun funzionario (...). Il socialismo non viene a creare in questa materia nulla di nuovo, ma non fa che ristabilire in un grado più alto di civiltà e sotto forme sociali nuove, ciò che vigeva generalmente nei primi stadi della civiltà e prima che la proprietà privata dominasse la società». Dunque, la conclusione di Bebel non poteva che essere: «Nell’assetto socialistico, nel quale può essere veramente libera e sulla sua base naturale, l’umanità procederà con coscienza nel suo sviluppo secondo le leggi di natura. In tutte le epoche fino ad oggi in riguardo alla produzione, alla distribuzione e alla popolazione, l’umanità procedette senza conoscere le proprie leggi e quindi senza coscienza; nella nuova società essa andrà avanti con piena conoscenza di queste leggi e regolarmente. Il socialismo è la scienza applicata a tutti i rami dell’attività umana con piena coscienza e perfetta cognizione.» Ma tutto questo non avviene automaticamente, attraverso una graduale evoluzione delle società umane, né tantomeno può avvenire in modo pacifico. Come indica la storia di tutte le organizzazioni sociali che si sono succedute nel tempo finora, un nuovo modo di produzione, una nuova organizzazione sociale si sono imposte attraverso la violenza, attraverso una lotta che i gruppi umani legati da interessi materiali e di classe diversi ed antagonisti hanno condotto per affermare il proprio predominio sull’intera società. Non sarà diverso per la classe proletaria nei confronti della classe borghese. Ciò che sarà del tutto diverso, sarà il risultato finale della lotta di classe del proletariato, ma non la lotta per raggiungerlo. Il risultato finale sarà quello di una società senza classi, quindi senza antagonismi di classe e dalla quale saranno scomparse tutte le contraddizioni che caratterizzano la società capitalistica. La forza sociale rappresentata dai proletari, per diventare una forza propulsiva e rivoluzionaria, deve organizzarsi a quello scopo, riconoscendo l’antagonismo che li oppone alla classe borghese, e imboccando la strada obbligata della guerra di classe; obbligata, certo, perché la classe dominante borghese, per difendere il proprio dominio economico, sociale e politico, utilizza, come ha già fatto nel passato, qualsiasi tipo di violenza, di repressione e di oppressione; anche solo per difendersi dalla violenza borghese, le masse proletarie devono organizzare la loro forza anche nel campo della violenza di classe e farsi guidare da un partito che ne rappresenta gli obiettivi finali, il partito comunista rivoluzionario. Le battaglie si possono vincere e si possono perdere; le rivoluzioni possono vincere temporaneamente e perdere nel tempo a causa del loro isolamento, come è successo alla Comune di Parigi e alla Rivoluzione bolscevica. Ma la guerra di classe del proletariato vincerà perché il corso storico della lotta fra le classi porta, inevitabilmente, le grandi masse proletarie che costituiscono la maggioranza assoluta della popolazione mondiale, ad un certo punto a non sopportare più la tremenda e violenta pressione esercitata dalla classe borghese. Sarà una lotta per la vita o per la morte, per la sopravvivenza della società basata sullo sfruttamento sempre più bestiale della stragrande maggioranza della popolazione mondiale da parte di una piccola minoranza di privilegiati o per la sua definitiva eliminazione aprendo in questo modo la via alla nascita della nuova società di specie. Partito comunista internazionale (il comunista) 6 novembre 2016 10 Prefazione all'undicesima edizione L’accoglienza favorevole ch’ebbe questo libro inGermania dopo che potè venire pubblicato liberamente – dal principio delmese di febbraio dell’anno corrente ne furono venduti 26.000 esemplari – indica quanto sia vivo il bisogno di sapere, che, con quest’opera, si tentò di appagare. Le questioni in essa trattate sono oggi delmassimo interesse,ma ilmodo con cui gli avversari le trattarono, tentando di renderle oscure, doveva naturalmente ringagliardire questo acuto bisogno alle sorgenti. Con ciò si spiega non soltanto la enorme diffusione che presentemente trova in generale la letteratura socialista, ma anche il fatto che la massima parte delle copie di questo libro vennero comperate da oppositori dichiarati. Perme quest’ultimo fatto costituisce uno speciale successo, e a renderlo ancora più spiccato concorse un’altra circostanza, cioè il grande numero di scritti inviatimi da donne e uomini appartenenti al partito avversario, i quali provano che il libro è stato pienamente compreso. In non pochi di questi scritti i loro autori dichiarano, che dopo la lettura del libro divennero convinti fautori delle idee socialiste e che ormai si sarebbero consacrati alla loro realizzazione. Tali esperienzemettono di bel nuovo in sodo che le presenti condizioni della società produssero una fermentazione che preparò non pochi spiriti ad accogliere delle idee che poco tempo prima dagli stessi venivano respinte con sdegno. Le teorie trovano sempre eco solamente dopo che gli effetti di una serie di processi compiutisi nella vita sociale si fecero dolorosamente sentire.Allora gli spiriti sani vengono costretti ad osservare e giungono col pensiero a conseguenze che li rendono proclivi alle nuove teorie. Devo inoltre riconoscere che lamaggior parte dei giudizi della stampa chemi vennero sott’occhio, se anche procedenti da punti di vista contrari, si studiarono di essere positivi, e, generalmente, in questo caso, tentarono una confutazione obbiettiva. Un altro successo del libro sta in ciò: che esso comparve recentemente tradotto in lingua fiamminga, francese e spagnuola, che è annunziata la pubblicazione – aMilano – d’una traduzione italiana (1) e che altra si sta approntando in lingua czeca. Nutro speranza che l’agitazione favorevole alle idee esposte nel libro ed il desiderio degli avversari di conoscere più da vicino i fenomeni che commuovono l’epoca nostra, renderanno necessarie delle nuove edizioni. Berlino, fine d’agosto 1891. A. BEBEL. (1)Allude alla traduzione presente 11 INTRODUZIONE In questi ultimi decenni del nostro sviluppo, in tutti gli strati sociali si ebbero amanifestare un sentimento sempre più vivo e gagliardo e insieme una irrequietezzadell’animochesonoindizievidenticome la società sente che le manca il terreno sul quale è costituita. Una folla di questioni vennero a poco a poco a galla e intorno alla loro soluzione, in favore o contro di esse, si svolge la lotta. Fra queste, una delle più importanti, che attrae a sè inmodo speciale la generale attenzione, è la questione della donna. Con essa si tratta di determinare il posto che deve occupare la donna nel nostro organismo sociale, affinchè possa divenire non soltanto unmembroattivoevigorosonell’umanoconsorzio, conparità e pienezza di diritti,ma possa anche esercitare completamente le forze e le attitudini sue in qualsiasi direzione. Dal nostro punto di vista tale questione è intimamente collegata con quella che riguarda alla forma ed all’organismo che deve assumere la società umana per sostituire alla oppressione, alla spogliazione, al bisogno e allamiseria neimolteplici loro aspetti, l’umanità libera, la salute fisica e sociale dei popoli. E però la così detta questione della donna non è per noi che una faccia della questione sociale complessiva, che presentemente tiene agitati gli animi e le menti di tutti, e può soltanto con questa trovare la sua soluzione definitiva. Ci sembra tuttavia necessario dedicare uno studio speciale alla questione della donna, anzitutto perchè la posizione sua nella evoluzione sociale fu ed è affatto diversa di quella che ordinariamente si ammette, ed in secondo luogo perchè il problema sulla posizione presente e avvenire della donna tocca nelmodo il più diretto,per lomeno inEuropa, una grossametà della società umana, poichè in Europa il sesso femminile rappresenta più dellametà della popolazione. Tanto nella questione delladonna quantoin quella sociale vi sono diversi partiti, i quali la considerano e la giudicano ognuno dal suo peculiare punto di vista sociale e politico, e conseguentemente propongono imezzi idonei a risolverla.Gli uni sostengono, precisamente come nella questione sociale, la quale preoccupa di preferenza le masse operaie, che non v’esiste alcuna questione della donna, la cui posizione e per oggi e per l’avvenire è determinata dalla sua vocazionenaturale «che la destina adessere sposa e madre e la circoscrive entro i limiti delle pareti domestiche. Tutto ciò che esce da questi limiti o visibilmente non ha una strettissima connessione coi suoi doveri domestici non la riguarda». I fautori di simili idee hanno, come si vede, una pronta risposta e credono con essa di avere risolto il problema. E’ vero che oggi milioni di donne non sono in condizione di adempiere la loro rivendicata «vocazione naturale» quali massaie domestiche, generatrici di figli ed educatrici, e ciò permotivi dei quali ci occuperemo diffusamente in seguito; è vero che ad altri milioni questa vocazione in gran parte manca, poichè per esse il matrimonio è un giogo, una schiavitù, e devono trascinare la loro vita fra gli stenti e lamiseria!Ma di tutto ciò quei sapienti non si affannano gran fatto, come non si affannano di quelli innumerevolimilioni che devonoesaurirsi nell’adiempiere inmodo innaturale e di gran lunga superiore alle loro forze le più svariate occupazioni allo scopo di sostentare la loromiserabile esistenza. Ma dinanzi ad una così poco piacevole realtà cotesti saggi chiudono gli occhi e gli orecchi con tanta premura come dinanzi ai bisogni del proletariato, consolando loro stessi e gli altri col dire che fu sempre così e che così sarà sempre. Non vogliono punto saperne del diritto della donna di prendere parte alle conquiste della coltura, per giovarsene e rendere più facile emigliore la sua esistenza e sviluppare le sue attitudini intellettuali e fisiche e volgerle a suo vantaggio al pari degli uomini.Quando poi sentono che la donna deve essere indipendente anche economicamente per poter esserlo fisicamente e intellettualmente, affinchè non debba più dipendere dal «beneplacito»e della «grazia»dell’altro sesso, allora escono addirittura dai gangheri. La loro ira si accende e vi tiene dietro un torrente di lamentele sulla «perversità dei tempi» e sulle «deliranti aspirazioni emancipatrici». Costoro sono i filistei del sessomaschile e femminile, che non sanno uscire dalla stretta cerchia dei pregiudizi. Appartengono al genere della nottola, che si trova dovunque regni l’ombra e grida spaventata non appena un raggio di luce rompa le tenebre ad essa gradevoli. 12 Vi sono poi degli altri i quali non chiudono assolutamente gli occhi e le orecchie davanti ai fatti di così grande eloquenza; essi ammettono che in complesso le donne si siano trovate soltanto un secolo fà in una condizione così triste come oggi, in paragone allo stato dello sviluppo generaledella coltura, e che perciò sia necessario ricercare i mezzi atti a migliorarelelorocondizionifinoaquandoessedevono provvedere da loro stesse al loro sostentamento. Ma ritengono che il problema sociale sia risolto per quelle donne che sono entrate nel porto del matrimonio. Partendo da questa premessa, costoro chiedono che alla donna siano aperti tutti i campi dell’attività per i quali sono adatte le forze e le attitudini sue, affinchè possa entrare in concorrenza coll’uomo. Coloro che vanno un pò più in là esigono che questa gara non rimanga semplicemente circoscritta entro i limiti delle consuete occupazioni e professioni più basse, ma si estenda anche a quelle più elevate, entri cioè nel campo delle arti e delle scienze. Egli esigono che le donne vengano ammesse in tutti gli istituti di educazione più elevati, e inmodo speciale alle Università, che finora, nella maggior parte dei paesi, tengono chiusi i loro battenti in faccia ad esse. La loromira principale tende ai diversi rami d’insegnamento, allamedicina e agli impieghi dello Stato (poste, telegrafi e certi rami del servizio ferroviario), per i quali ritengono chele donne abbiano un’attitudine particolare, forti delle prove basate su risultati pratici che vennero già raggiunti, specialmente negli Stati Uniti, mediante l’impiego delle donne. Una piccolaminoranza di costoro spingono le loro esigenze fino a chiedere per la donna anche i diritti politici. La donna, come individuo e come cittadino, vale quanto l’uomo, e gli uomini sfruttano un privilegio, fin qui goduto, dimanipolare esclusivamente da per loro la legislazione a tutto loro vantaggio, ponendo per tutti i riguardi la donna sotto tutela. Ciò che per altro merita di essere notato in tali tendenze, che noi venimmo qui brevemente riassumendo, si è che esse non escono dai confini dell’odierno ordinamento sociale. Nessuno si è dato cura di chiedersi se, raggiunto una volta lo scopo, basti a migliorare radicalmente la condizione e la posizione della donna.Non si pensò – o vi fu illusione – che, entrata in discussione la illimitata ammissione delle donne nelle professioni e nelle industrie, lo scopo è realmente raggiunto e trova la spinta la più vigorosa, da parte delle classi dirigenti, nel loro proprio interesse;ma che, date le presenti condizioni sociali, tale ammissione porta con sè una recrudescenza ancora più aspra nel campo della concorrenza delle forze lavoratrici, donde la conseguenza necessaria d’una diminuzione delle entrate di ambidue i sessi, sia che si tratti dimercede o di stipendio. La mancanza di precisione e di chiarezza degli intenti riesce pure evidente da ciò, che la “questione della donna” venne fin qui trattata quasi esclusivamente dalle donne delle classi più elevate, le quali non hanno presente che la stretta cerchia delle donne in cui esse vivono, e sostanzialmente fanno valere le loro pretese soltanto per queste. Ora è del tutto indifferente per la grande massa che qualche centinaio o qualche migliaio di donne delle travagliate classi medie, giunte ad un più elevato grado di coltura, riescano ad esercitare la praticamedica o cacciarsi nella carriera degli impieghi e vi trovino una posizione tollerabile o bastevole ai lorobisogni. Questo non porta alcunmutamento nella condizione complessiva delle donne. Con ciò non vengono eliminate, nè la tirannia esercitata su esse dagli uomini, nè la dipendenza materiale della immensamaggioranza delle donne, nè di conseguenza la loro schiavitù, derivante dal sistemamatrimonialemoderno o dalla prostituzione. Dunque la questione non viene punto risolta. Con simili palliativi, in generale, la condizione delle donne resta tale e quale, e quindi è naturale che la loromaggioranza non ne sia entusiasta.D’altro canto, aspirazioni simili a quelle cui testè accennammo, vengono vivissimamente avversate nel mondomaschile da quei circoli influenti, che ravvisano nell’ammissione delle donne ai posti meglio rimunerati o più decorosi una spiacevole concorrenza a loro ed ai loro figliuoli.Eperciò vi si oppongono, usando di tutti i mezzi, anche deimeno leciti ed onesti, come l’ha già provato l’esperienza. Nè trovano punto a ridire finchè le donne affluiscono a tutte le cosidette professioni più basse, anzi trovano che la cosa procede regolarmente, e favoriscono il movimento, che in fondo rinvilisce le forze lavoratrici. Ma se la donnamostra di voler occupare delle posizioni sociali più elevate ed ufficiali, allora principia la loro opposizione. Anche lo Stato, influenzato da costoro, è poco disposto, come lo hanno dimostratole già fatte esperienze, ad ammettere le donne al suo servizio, e meno che meno poi ai posti più elevati, per quanto la loro abilità le possa rendere pienamente idonee. Lo Stato e le classi più elevate hanno abbattuto ogni barriera che siopponeva alla concorrenza della classe operaia, ma, per ciò che concerne le professioni più alte, si studiano d’innalzarle. E si risente una curiosa impressione al vedere con quale accanimento dotti e impiegati,medici e giuristi si difendono, se “i nonchiamati”minaccianodi rovesciarle. E tra “i non chiamati” quelle che stanno in prima linea, sono, agiudiziodi questi circoli, ledonne.Essi si considerano volentieri come i “favoriti daDio” e ritengonoche ilmatrimonio intellettuale, che credono di possedere, sia assolutamente un privilegio cui 13 non devono attentarsi di stendere la mano nè l’uomo comune, nè, sopratutto, la donna. Se adunque questo lavoro non avesse altro scopo se non quellodi dimostrare l’uguaglianza giuridica della donna di fronte all’uomo sul terreno della società odierna, io lo abbandonerei. Ma si tratta invece di trovare la via per giungere alla soluzione del problema, il quale è complesso, poichè non tende soltanto a parificare giuridicamente la donna all’uomo, ma anche a renderla economicamente libera e da lui indipendente e, per quanto possibile, a lui uguale nella educazione intellettuale.Ora, siccome la completa soluzione di esso, dati gli attuali ordinamenti sociali e politici, è altrettanto impossibile quantola soluzione della questione operaia, così la via che conduce a risolvere la questione della donna sarà quella stessa che ci condurrà a risolvere la questione operaia.Ambedue le questioni sono di primo ordine e la loro soluzione è della massima importanza per ilgenerale sviluppointellettuale dell’umanità, poichè la loro soluzione involve sopratutto quella dell’esistente questione sulla coltura. Qui è necessario ch’io faccia una dichiarazione. Colorochedividono imiei sentimenti,i socialisti, è certo che condivideranno questimiei principi,ma non posso affermare altrettanto in quanto ai mezzi coi quali intendo si debbano efficaciemente applicare. I lettori, e tra questi specialmente gli avversari, voglianoperciòconsiderarequantovadoad esporre come mie vedute personali, e rivolgere gli eventuali loro attacchi soltanto contro la mia persona. Dal cantomio esprimo unicamente il desiderio che siano onesti nell’assalirmi, che non svisino le mie parole e che tralascino la calunnia. La maggior parte dei lettori riterranno che questa sia cosa intesa e naturale. Ma io, forte di una lunga esperienza di molti anni, so come una gran parte deimiei avversari intendano l’onestà politica, e perciò dubito molto che i più tra essi vogliano seguire la mia raccomandazione. Eglino faranno ciò che la loro natura li costringe a fare. Io trarrò in questamia dissertazione tutte quelle conseguenze, fossero pure le più estreme, che i risultati, ottenuti con la scorta dei fatti, mi permetteranno di trarre. 14 La donna e l’operaio già da lungo tempo hanno questo di comune: che ambedue sono oppressi, e che l’oppressione, malgrado i cambiamenti di forma cui andò soggetta, permane sempre. Se esaminiamo la storia, vediamo che tanto la donna quanto l’operaio sono giunti soltanto da poco tempo ad acquistare la coscienza della loro condizioni servile; ma la donna meno dell’operaio, poiché essa di regola si trova in una condizione inferiore a lui e da lui stesso fu ed è considerata e trattata come un essere inferiore. La schiavitù sociale, che perdura per una lunga serie digenerazioni,finisce coldiventareun’abitudine.L’eredità e l’educazione fanno sì che ambedue le parti la considerino una cosa “secondo natura”. E perciò ancor oggi la donna sopporta la sua condizione subordinata come una cosa che va da sé, naturale, e costa non poca fatica a persuaderla che è indegna di lei e che deve energicamente adoperarsi per ottenere nella società una posizione pari a quella dell’uomo sotto tutti i rispetti. Ora, poiché tanto la donna quanto l’operaio si trovano in parecchi riguardi in una condizione sociale simile ed ambedue sono oppressi, la donna ha un diritto di priorità di fronte all’operaio. La donna è il primo essere umano che cadde in servitù, e fu schiava prima ancora che lo schiavo esistesse. Tutte le oppressioni sociali hanno la loro radice nella dipendenza economica dell’oppresso dall’oppressore. In questa condizione si trova la donna dai tempi più remoti fin o ad oggi. Per quanto risaliamo col pensiero ad indagare nella società umana, troviamo quale prima forma di consorzio umano l’orda. Benché l’Honnegger ritenga nella sua Storia generale della coltura, che ancora oggi si trovano nella poco esplorata Borneo degli individui selvaggi, che vivono isolatamente, e quantunque anche ilDeHügel affermi che nelle selvagge regionimontuose delle Indie furono scoperte delle coppie diuomini che, simili alle scimmie, s’arrampicavano sugli alberi, non appena si muoveva loro incontro, tuttavia non abbiamo nozionipiù precise su questi fenomeni, iquali, quand’anche venissero accertati, non servirebbero ad altro che a confermare le congetture e le ipotesi sulla origine e sullo sviluppo della razza umana. Si deve ammettere senz’altro che là dove nacquero uomini, essi derivarono da coppie separate;ma si deve anche ammettere che, non appena formatosi un più grosso numero di quelli che uscirono da uno stesso ceppo, si organizzarono sotto forma di orde, per soddisfare, mercé gli sforzi comuni, ai bisogni ancora primitivi dell’esistenza e dell’alimentazione, e per di- LA DONNA NEL PASSATO fendersi altresì contro il loro comune nemico, le fiere. Questo stato selvaggio, sul quale non possiamo in nessunmodo avere delle prove più attendibili, è venuto in ogni caso a confermare indubbiamente quello che abbiamo appreso intorno ai vari gradi di cultura delle popolazioni selvagge ancora esistenti, ovvero conosciute nei tempi storici. Se l’uomo non è venuto al mondo perfetto come un essere di più alta cultura, come insegna ilmito biblico, per ordine di un creatore, egli ha dovuto percorrere in un processo evolutivo, lento ed infinitamente lungo, i più svariati stadi, per salire a poco a poco all’attuale grado di cultura, dopo periodi alternati di regresso e progresso, e dopo continuedifferenze coi suoi simili in tutte le partidelmondo e in tutte le zone. E mentre grandi e numerosi popoli e nazioni raggiungono i più alti gradi della cultura in una parte della terra, vediamo altripopoli e razze vivere nelle più diverse parti del globo nei più diversi gradi di sviluppo intellettuale, i quali ci danno così un’immagine del nostro stesso passato e additano la via che l’umanità la percorso durante la sua evoluzione. Una volta fissati i punti di vista comuni, perché generalmente riconosciuti giusti, secondo i quali lo studio della cultura deve istituire le sue ricerche, avremo una immensa serie di fatti, i quali getteranno nuova luce sulle relazioni degli uomini nel passato e nel presente, e molti avvenimenti, che oggi non comprendiamo e che, giudicando superficialmente, ci sembrano irragionevoli ed anche immorali, appariranno naturali e spiegabili. Il velo che avvolgeva la storia più remota dello sviluppo della nostra razza, fu squarciato dalle ricerche che i signoriMorgan e Bachofen (1) esposero nelle loro opere, e si fece la luce sui fatti e risultati, che furono poi coordinati, sistemati e storicamente provati da Federico Engels (2). (1) Vedi Ancient Society, or Researches in the Lines of Human Progres from Savagery through Barbarism to Civilisation, By LewisMorgan, London,Mcmillan et Comp., 1877 – la traduzione comparve a Stoccarda per i tipi di I. H. Dietz sotto il titolo: La Società primitiva. Ricerche sul progresso dell’umanità dall’epoca selvaggia attraverso la barbarie fino alla civiltà. Completo in circa 11 fascicoli. L’Autorità materna. Studio sulla ginecocrazia dell’antichità secondo la sua natura religiosa e giuridica, di I.l. Bachofen, consigliere d’Appello in Basilea, Stoccarda ediz. Di Krais e Hoffmann. 1861. (Nota di A. Bebel) (2) L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato. In aggiunta agli studi di Lewis H. Morgan, di Federico Engels, Stoccarda 1879. (Nota diA. Bebel) 15 La narrazione nella forma chiara e limpida di cui Engels ha vestito la sua opera magistrale, gettò luce vivissima sopramolti avvenimenti e fenomeni, fino ad oggi completamente incomprensibili ed in parte apparentemente assurdi, della vita dipopoli edinazionivarie nel rispettivo grado di sviluppo intellettuale, ed ora appena possiamo gettare uno sguardo entro l’edificio che la società umana ha costruito nel corso del tempo. E subito ci avvediamo che le nostre idee sul matrimonio, sulla famiglia, sul comune, sullo stato, riposavano tutte su concetti assolutamente falsi, i quali ora si presentano come immagini fantasiose, poiché vi manca ogni fondamento di verità. Ma quanto abbiamo detto e dimostrato intorno al matrimonio, alla famiglia, al comune, allo stato, vale specialmenteper lamissione e la posizionedella donna, alla quale nei diversi periodi di sviluppo era assegnato un posto, per quanto importante, altrettanto vario; un posto che differisce sostanzialmente da quello che oggi si proclama come «sempre esistito». Morgan, confortato in ciò da Engels, divide la preistoria dell’umanità in tre periodi principali: stato selvaggio, barbarie e civiltà, e suddivide ognuno dei primi due in tre gradi: inferiore, medio e superiore, caratterizzati da mutamenti e miglioramenti diretti a procacciarsi i mezzi di sussistenza. Perciò Morgan è indotto giustamente a vedere, nelle trasformazioni subite in certi periodi da tutto l’organismo dei popoli mediante i progressi nel processo di produzione, dunque nell’acquisto dei mezzi di sussistenza, il momento principale dello sviluppo della cultura. Riassumendo, il periodo dello stato selvaggio forma nella scala della cultura l’infanzia della schiatta umana, durante la quale essa vive in parte sugli alberi e si nutre principalmente di frutti e di radici, ma incomincia pure a parlare il linguaggio articolato. Sul gradinomedio comincia a cibarsi degli animali più piccoli (pesci, gamberi ecc.) e a impiegare il fuoco. Si fabbricano armi, anzitutto mazze e lance, e con ciò inizia la caccia ed anche la guerra con le orde e tribù vicine. In tale periodo compare anche l’antropofagia, che oggi è in vigore ancora presso alcune tribù e popolazione dell’Africa centrale, dell’Australia e della Polinesia. Il grado superiore dello stato selvaggio è caratterizzato dal perfezionamento delle armi ad archi e frecce; comincia la tessitura amano, il lavoro dei canestri a trecce di corteccia o di giunchi, la costruzione di strumenti e utensili di pietra levigata, e quindi la lavorazione del legno per la costruzione di canotti e capanne. Le forme della vita sono già divenute quindi più svariate e gli strumenti e imezzi, che vengono usati per procacciarsi un più copioso nutrimento, consentono la sussistenza di più grandi associazioni umane. Morgan stabilisce, come principio del primo grado dellabarbarie, l’introduzionedelle stoviglie.Piùtardi si addomesticano e si allevano gli animali, e siottiene con ciò la produzione della carne e del latte, pelli, corna e peli, per servirsene nei modi più vari. A poco a poco comincia la coltura delle piante, all’ovest delmais, all’est quella di quasi tutte le specie di biade conosciute, ad eccezione del mais. Il periodo intermedio dell’epoca della barbarie importa all’est l’addomesticamento sempre più esteso degli animali, all’ovestla colturadellepiantealimentari, mediante l’inaffiamento artificiale. Comincia pure l’uso dei mattoni asciugati al sole e delle pietre nella costruzione degli edifici.L’addomesticamento e l’allevamento degli animali richiede la formazione di mandrie e porta alla pastorizia, alla quale si collega un ulteriore perfezionamento dell’agricoltura. Di qui gli inizi di unamaggiore stabilità di dimora e la graduale scomparsa dell’antropofagia. Finalmente, il grado ultimo dello stato di barbarie comincia dalla fusione deiminerali di ferro e dalla scoperta dell’alfabeto. Si inventa il vomero di ferro, che rende possibile una coltura estensiva; si adoperano la scure e la zappa di ferro, che facilitano il disboscamento. La lavorazione del ferro sviluppa poi molte altre energie che danno alla vita un aspetto del tutto diverso. Gliutensilidi ferro agevolano la costruzione delle case, delle navi e dei carri; con la lavorazione dei metalli cominciano le arti e i mestieri; la tecnica delle armi si perfeziona, le città si circondano di mura. Sorge l’architettura come arte. Mitologia e poesia acquistano, con la scoperta dell’alfabeto, ilmezzo di conservarsi e di diffondersi. E questo nuovo aspetto della vita si svolge e getta le basi delle trasformazioni sociali inmodo speciale in Oriente e nei paesi che fanno corona al mare Mediterraneo, soprattutto in Egitto, in Grecia e in Italia. Furono questi paesi che, nel corso dei secoli cooperarono efficacemente allo sviluppo della civiltà in Europa e in tutto il mondo. Ma lo sviluppo della schiatta umana, durante i periodi dello stato selvaggio e della barbarie, aveva anche rapporti sociali di razza suoi caratteristici, che si distinguono notevolmente da quelli dei tempi posteriori. Bachofen e Morgan hannos seguito le tracce di questi rapporti con acute investigazioni; Bachofen, studiando profondamente tutte le opere degli antichi e moderni per scoprire la natura dei fenomeni che nel campo della mitologia, della leggenda e della storia ci sembrano tanto strani, e tuttavia hanno così grande affinità coi fenomeni e gli avvenimenti dei tempi posteriori e in parte con quelli di oggi;Morgan, passando 10 anni fra gli Irochesi che ancora risiedono nello Stato di New York, e facendovi osservazioni onde attinse cognizioninuove e inaspettate intorno alle relazioni sociali, di famiglia e di affinità delle razze cosìdette indiane, sulla cui base appena le osservazioni altronde raccolte ricevettero delucidazioni e spiegazioni giuste. Entrambi, Bachofen e Morgan, scoprirono, ciascuno alla sua maniera, che, a fondamento delle relazioni fra i sessi nelle antiche popolazioni estinte, come in altre ancora esistenti, ma rimaste indietro nello sviluppo della cultura, sta un sistema di famiglia e di parentela che è completamente diverso dal nostro, che viene tanto volentieri rappresentato ed è considerato in vigore da lungo tempo e perciò naturale, ma che costituiva indubbiamente il principio fondamentale dello sviluppo intellettuale dei nostri predecessori. Quando Morgan viveva fra gli Irochesi esisteva colà una particolare forma di matrimonio monogami16 co, facilmente risolvibile da entrambe le parti, che egli designa col nome di “famiglia accoppiata”. Ma egli trovò anche che le designazioni per il grado di parentela, come padre,madre, figlio, figlia, fratello, sorella, sebbene a nostro avviso non possa esservi dubbio di sorta sul loro uso, erano assai diverse. L’Irochese chiama figliuoli e figliuole suoinonsoltantoipropri,ma anche quelli di tutti i suoi fratelli, i quali lo chiamano padre. Viceversa la donna Irochese chiama figliuoli e figlie suoi non solo i propri nati, ma anche tutti quelli delle sue sorelle,daiqualiviene chiamatamadre.All’incontro chiama i figli dei suoi fratelli, nipoti, e questi la chiamano zia. I figli di fratelli si chiamano fratelli e sorelle, e altrettanto i figli di sorelle.Al contrario i figli di una donna e quelli di suo fratello si chiamano reciprocamente cugini e cugine. Ne viene la strana conseguenza che ladesignazione dellaparentelanon si regola nel nostro senso secondo il grado, ma secondo il sesso del coniugato. Se non che, questo sistema di parentela è in pieno vigore non solo presso tutti gli Indiani d’America, gli aborigeni dell’India, le stirpi druidiche del Dekan e quelle Gauresi dell’Indostan, ma, giusta le ricerche di Bachofen, tali relazionidi famiglia esistettero in origine dappertutto, come esistono indubbiamente anche oggi pressomolte popolazioni dell’altaAsia e dell’Asia posteriore, dell’Africa e dell’Australia. Se poi, di fronte alle ricerche di Morgano e Bachofen, si esaminano quelle sulle popolazioni selvagge e barbare ancora esistenti, allora si vedrà che quello che Morgan trovò fra gli Irochesi e Bachofen, sia pure con cognizioni non completamente esatte, presso moltissime popolazioni dell’antichità, è un organismo sociale che costituì, in nodo eguale o simile, la base diogni sviluppo umano su tutta la terra. Ma le ricerche di Morgan rivelarono ancora altri fatti interessanti.Mentre la famiglia degli Irochesi è in una inesplicabile contraddizione con le designazioni della parentela da essi usate, si scopre poi che ancora nella prima metà di questo secolo [del 1800, nrd] era in vigore nelle isole Sandwich (Hawaii) una costituzione famigliare, corrispondente di fatto al sistema di parentela che presso gli Irochesi non esisteva che di nome,ma il sistema diparentela vigente adHawaii, non corrispondeva poi alla forma di famiglia allora di fatto esistente, bensì accennava ad una forma di famiglia più antica, ancor più primitiva, ma scomparsa. Là tutti i figli di fratelli e sorelle erano senza eccezione fratelli e sorelle, e quindi non erano considerati soltanto come figli comuni della loromadre e delle sue sorelle, ovvero del padre e dei suoi fratelli, ma come figli di tutti i fratelli e sorelle dei loro genitori, senza nessuna diversità. Il sistema di parentela in uso ad Hawaii corrispondeva dunque ad un grado di sviluppo ancora al di sotto della forma di famiglia esistente in realtà. Vi era dunque questo di caratteristico: che ad Hawaii, come presso gli Indiani dell’America settentrionale, rispettivamente vigevano due diversi sistemi di parentela che non corrispondevano più allo stato reale, ma sono superati da una forma più alta. Morgan dichiara ciò là dove dice: «La famiglia è l’elemento attivo, essa non è mai stazionaria,ma progredisce da una forma più bassa ad una più alta nella misura stessa che la società sale da un gradino più basso ad uno più alto. Invece i sistemi di parentela sono passivi; e notano soltanto a lunghi intervalli di progressi che la famiglia ha fatto nel corso del tempo, e un radicale mutamento sentono soltanto allora quando la famiglia si è radicalmente mutata». I fautori dello statu quo sostengono con singolare predilezione e pertinacia il concetto, da loro affermato vero e intangibile, che fino dai tempi antichissimi la forma della famiglia fu identica a quella d’oggi e che tale deve continuare affinché la cultura generale non corra nessun pericolo. Se non che, questa opinione, dopo le scoperte di Morgan, è evidentemente falsa e insostenibile, come noi, con altri argomenti, dimostreremo più innanzi. La forma di una costituzione di famiglia esistente in un’epoca determinata non può essere disgiunta dalle condizioni sociali dell’epoca; essa corrisponde ai bisogni ed al grado di cultura dei singoli periodi e simutano nella stessa misura che si mutano le basi dei rapporti sociali tra gli uomini e le loro condizioni di vita. Oggi, dunque, lo studio delle origini storiche non permette che si revochi più in dubbio il fatto, che nei tempi in cui lo sviluppo si trovava ad un livello infimo, i rapporti fra i due sessi erano del tutto diversi da quelli dei tempi meno remoti, e che dovettero sorgere a formarsi delle condizioni, le quali, esaminate alla stregua delle idee moderne, sembrano mostruose, un vero pantano di scostumatezza. Ma, come ogni grado di sviluppo sociale dell’umanità ha le sue proprie condizioni di produzione, così ha pure il suo codice morale, il quale non è altro che lo specchio del suo stato sociale. E’morale quanto è usanza, ed usanza è soltanto ciò che risponde alla più intima essenza, cioè ai bisogni di un’epoca determinata. Morgan, Bachofen e tutti quelli che si sono maggiormente addentratinello studio delle origini storiche, vennero alla conclusione che nel grado più basso dello stato selvaggio dell’umanità il commercio sessuale nelle singole razze era costituito in modo che ogni donna apparteneva ad ogni uomo e del pari ogni uomo apparteneva ad ogni donna, cosicché non vi era alcuna differenza di età e di nascita, ma una generale mescolanza (promiscuità). Dunque, tutti gli uomini sono poligami e tutte le donne vivono in poliandria. I figliuoli sono comuni a tutti. Sussiste non solo comunanza di donne e di uomini, ma anche comunanza di figli. Stradone riferisce (66 anni prima della nostra êra) che, presso gliArabi, i fratelli usavano coricarsi con le sorelle e con la propria madre. Del resto va notato per incidenza, che lamoltiplicazione degli uomini non sarebbe stata altrimenti possibile chemediante l’incesto, ovunque è ammessa come per esempio nella Bibbia, la discendenza da una sola coppia.Anzi la Bibbia, su questo punto scabroso, cerca di cavarsela alla bell’emeglio,ma non lo può fare se non ammettendo delle cose che stanno in contraddizione con la sua dottrina della creazione di una prima e unica coppia. Morgan ammette che da questo stato generale di promiscuità sessuale si sia sviluppata ben presto una forma più elevata di rapporti sessuali, che 17 egli designa col nome di parentela di sangue. Qui i gruppi che si trovano in relazione sessuale sono divisi per generazioni, in modo che tutti gli avi e le ave, il marito e la moglie, come i loro figliuoli e i discendenti da questi, formano, entro i confini della famiglia, un circolo di coppie comuni. Qui, dunque, all’opposto della primitiva forma di famiglia, in cui esiste generale promiscuità sessuale, senza distinzione di età, abbiamo il fatto che una generazione è esclusa dal commercio sessuale con l’altra. Ma codesto commercio permane tra fratelli e sorelle, cugini e cugine di primo e secondo grado e di grado più remoto. Tutti costoro sono bensì l’uno dell’altro sorella e fratello,ma sono anche l’uno verso l’altromaschio e femmina.Aquesta forma di famiglia corrisponde un rapporto di parentela uguale a quello che esisteva, benché soltanto di nome, nella prima metà del nostro secolo [l’Ottocento,Ndr] adHawaii.All’incontro, giusta il sistema di parentela indo-americano, fratello e sorella non possono essere mai padre e madre dello stesso figliolo; mentre lo possono giusta il sistema di Hawaii. La famiglia basata sulla consanguineità può essere stato il sistema vigente ai tempi di Erodono presso iMassageti, a proposito dei quali Erodono scrive: «Ciascuno sposa una donna, ma tutti possono usarne». Erodono verte in errore nella prima proposizione, perché quanto egli dice poi esclude l’idea della monogamia. Egli continua: «Non appena un maschio si è invaghito di una donna, appende la sua faretra sul davanti del carro e si unisce tranquillamente a lei…Poi pianta in terra il bastone, come segno ed immagine dell’opera sua…. Il concubito è esercitato pubblicamente » (3). Lo stesso si narra dagli antichi scrittori degli Etiopi e degli Indiani. In Egitto, ove per migliaia di anni usarono identiche costumanze, il cane, quale simbolo di questa forma delle relazioni sessuali, era oggetto di religiosa venerazione.Dell’accoppiamento all’aperto è fatta menzione anche nella Bibbia (2 Versetto di Samuele, 20 e segg.), doveAhitofel consigliaAssalonne, insorto contro David, di giacere coram populo con le concubine del re, per esprimergli così l’assunzione del comando e dei diritti dell’uomo; consiglio posto in atto da Assalonne sul tetto di casa sua. Alla famiglia costituita a base di consanguineità succede, secondo Morgan, una terza forma più elevata, che egli chiama famiglia Punalua. In questa è vietato l’accoppiamento non soltanto tra genitori e figli, ma anche tra fratelli e sorelle.Questa comincia dunque con l’esclusione dei fratelli e delle sorelle carnali, e precisamente da parte materna. La prova della paternità è impossibile là dove una donna ha più mariti. La paternità è puramente una finzione; essa riposa, come Goethe fa dire a Federico, «soltanto sulla buona fede». Se essa è spesso dubbia nella monogamia, èmanifestamente impossibile nella poliandria,mentre la discendenza dallamadre è indubbia e indiscutibile.Quindi, fin da principio si stabilì che la discendenza dalla madre valesse quale norma e criterio per la discendenza. Siccome poi tutte le trasformazioni radicali nei rapporti sociali si compiono lentamente, così anche il trapasso dalla famiglia a base di consanguineità alla famiglia Punalua, ha richiesto un lungo periodo di tempo e fu interrotto da molti regressi che si possono notare anche in tempi molto più avanzati. L’occasione esterna immediata che favorì lo sviluppo della famigliaPunalua (Punalua vale compagno, compagna) può essere stata la necessità di suddividere il numero molto ingrossato deimembri della famiglia, per poter pretendere nuovi terreni per il pascolo o per l’agricoltura. E’ anche verosimile che col graduale sviluppo della cultura si cominciasse, un po’ alla volta, a comprendere il danno e la sconvenienza del concubito tra fratelli e sorelle; d’onde seguì che l’aumentata popolazione rese possibile una limitazione che, fino allora, con una popolazione più esigua, s’era imposta da se stessa. E’ anche possibile che l’allevamento dellemandrie abbia fatto conoscere alle genti della stessa razza il danno delle relazioni incestuose. Che si avessero importanti esperienze nell’allevamento del bestiame già nei tempi remoti è provato dal modo in cui Giacobbe seppe accoccarla (4) a Laban, suo suocero, provvedendo nel proprio interesse alla nascita di agnelli e capre chiazzate che gli sarebbero toccate in eredità (Libro I diMosè, cap. 29, vers. 33 e segg.). Quindi,nella famigliaPunalua si formò l’unione nei sessi in modo che una o più serie di sorelle di una famiglia si sposavano con una o più serie di fratelli di un’altra famiglia. Le sorelle germane o le cugine di primo e secondo grado e di grado anche più lontano, erano dunque le donne comuni dei loro comuni uomini i quali non potevano essere i loro fratelli. I fratelli germani (5) o i cugini di vario grado erano imariti comuni delle loro donne comuni, le quali non potevano essere le loro sorelle. Cessato l’incesto, la nuova forma della famiglia portò indubbiamente ad un più rapido e vigoroso sviluppo delle razze, e procurò a quelle che accettarono questa forma di unione domestica un vantaggio su quelle che avevano conservato il vecchio sistema di relazioni. E qui è opportuno rilevare che in origine le differenze fisiche e psichiche fra uomo e donna erano molto meno spiccate di quelle della società moderna. In quasi tutte le popolazioni selvagge o barbare, le differenze nel peso e nel volume del cervello sono minori che presso i popoli inciviliti. Presso le prime, anche nella forzamuscolare e nell’agilità le donne stanno dipoco aldi sotto degliuomini.Edi ciò abbiamo una prova non solo nella testimonianza di antichi scrittori sui popoli che appartenevano al diritto materno, ma lo provano altresì le condizioni esistenti presso la popolazione degliAscianti nell’Africa occidentale e l’esercito delle Amazzoni del re del Dahomey. Si possono citare anche i giudizi diTacito sulle donne deiGermani (6). I rapporti di parentela risultanti dall’unione fami- (3) Bachofen: Il diritto della madre (Nota di A. Bebel). Concubito significa accoppiamento. 4) Accoccarla a qualcuno: fargli danno, fargli qualche scherzo. 5) Fratelli germani, sorelle germane: nati dagli stessi genitori. 6) In questo caso, significa: della Germania, tedeschi. 18 gliare testé descritta, la famigliaPunalua, erano dunque i seguenti: i figlidelle sorelle dimiamadre sono figliuoli suoi, e i figli dei fratelli di mio padre sono suoi figli, e tutti insieme sono miei fratelli e mie sorelle. Invece i figli dei fratelli di mia madre sono di lei nipoti, e i figli delle sorelle di mio padre sono nipoti di lui, e tutti insieme sonomiei cugini emie cugine. Inoltre, imariti delle sorelle di mia madre sono anche suoi mariti e le moglidei fratellidimio padre sono anchemogli sue,ma le sorelle di mio padre e i fratelli di mia madre sono esclusi dalla comunione della famiglia, e i loro figliuoli sono cugini e cugine miei (7). Col progredire della cultura cessa il commercio sessuale tra fratelli e sorelle e va cessando a poco a poco anche tra i collaterali più lontani per parte di madre. Si forma invece un nuovo sistema basato sulla consanguineità, quello della Gens, che nel suo organismo primitivo è costituito da una serie di sorelle carnali più lontane insieme ai loro figli e ai loro fratelligermani o più remoti per parte di madre. La Gens ha una progenitrice dalla quale derivano le discendenti femminili per generazioni.Ma i mariti di queste sorelle non possono essere più i fratelli delle loro spose, anzi non appartengono più nemmeno allo stesso gruppo di parentela oGens delle loromogli, bensì a quello delle loro sorelle.All’incontro, i figli di questimariti entrano nel gruppo della famiglia delle madri loro, perché la discendenza si regola dalla madre. La madre è il capo della famiglia, da cui il «diritto materno» che costituisce la base dei rapporti di famiglia e di eredità. «Il Licio, interrogato sulla sua famiglia – dice Erodono – enumera le madri di sua madre. Le figlie ereditano». In quel tempo si parla di matrimonium, non di patrimonium, di mater familias non di pater familias, e il paese natìo si chiama paese materno. Come in precedenti forme di famiglia, anche laGens sibasava sulla comunione dei beni e si reggeva a sistema da economia comunistica. La donna conduce e guida questa comunione di famiglia, gode quindi anche di una grande reputazione tanto in casa quanto negli affari della stirpe; è arbitra e giudice, provvede ai bisogni del culto ed è sacerdotessa. Il frequente apparire di regine e principesse nell’antichità, la loro decisiva influenza anche là dove regnano i loro figli, per es., nell’antica storia dell’Egitto, è la conseguenza del diritto materno. Anche la mitologia assume in quel periodo carattere preponderantemente muliebre: Demetra, Cerere, Latona, Iside, ecc. La donna è ritenuta inviolabile, ilmatricidio è il più grave di tutti i reati, e chiama tutti gli uomini a vendicarlo. La vendetta di sangue è lo sfogo dell’offesa recata all’onore e agli interessidella famiglia e della stirpe.La difesa delle donne e della casa materna, stimola gli uomini ad atti delmassimo valore.Gli effetti del diritto materno, della ginecocrazia, si manifestarono in tutti i rapporti socialidegli antichipopoli, presso ibabilonesi, gliAssiri, gliEgiziani, iGreci prima delperiodo eroico, le popolazioni italiane al tempo della fondazione di Roma, gli Sciti, i Galli, gli Iberi e i Cantari, i Germani di Tacito, ecc. La donna ebbe allora nella famiglia e nella vita pubblica una posizione che poi non riuscìmai più ad occupare. Sotto il regime della ginecocrazia regnava generalmente uno stato di relativa pace. Le relazioni erano ristrette, primitivo il metodo di vita. Le singole stirpi vivevano possibilmente separate le une dalle altre, rispettando i confini.Ma se una stirpe veniva assalita da un’altra, gli uomini erano obbligati alla difesa cui gagliardamente cooperavano le donne. Erodono narra che presso gli Sciti le donne prendevano parte al combattimento; e la giovinetta non avrebbe potutomaritarsi senza aver ucciso un nemico. E’ noto dalle descrizioni di Cesare e di Tacito qual posto prendessero al combattimento le donne dei Germani. Ma anche nellaGens esse esercitavano, a seconda delle circostanze, un dominio rigoroso, e guai all’uomo che fosse stato troppo pigro o troppo inetto a prestare l’opera per il generale sostentamento. Gli si chiudevano le porte in faccia, ed allora, o tornava fra la sua Gens in cui difficilmente trovava cordiale accoglienza, o si recava presso un’altraGens verso di luipiù indulgente. Che questo carattere di vita famigliare esista ancor oggi nell’interno dell’Africa, ebbe a constatarlo, con sua grande sorpresa, Livingstone, come narra nel suo libro: Missionary travels and researches in southern Africa. London, 1857. Allo Zambesi si imbatté nei Balorda, una razza di neri belli e vigorosi, che attendono all’agricoltura, e vi trovò la conferma delle relazioni fatte dai Portoghesi che a lui sulle prime parvero incredibili; e cioè che le donne vi godevano una posizione affatto privilegiata. Siedono a Consiglio; un giovane che si fa sposo deve passare dal suo villaggio in quello della sposa ed obbligarsi a provvedere di legna da ardere per la madre della sposa e per tutta la vita; ma, in caso di separazione, i figli restano di proprietà della madre. La moglie, dal canto suo, deve provvedere al nutrimento delmarito. Sebbene scoppiassero di quando in quando dei litigi fra uomini e donne, Livingstone rilevò che gli uomini non si ribellavano,mentre imariti che avevano ingiuriato le loro donne venivano puniti in una maniera dolorosa, e cioè col digiuno. «Il marito – narra Livingstone – viene a casa per mangiare, ma una moglie lo manda dall’altra, ed egli finisce col non ricevere nulla da alcuna. Stanco ed affamato, si arrampica su di un albero nel punto più popoloso del villaggio, e dice con voce lamentosa: Udite, udite! Io credevo di aver sposato delle donne, ma esse sono per me delle streghe! Io sono celibe, non ho neppure una donna! Vi par giusto per un signore come me?». Se una, a sfogo della sua ira, passa a vie di fatto contro un uomo, viene condannata a portare sulla schiena suomarito dalla corte del capo fino a casa sua. Ementre fa la strada col suo carico, gli altrimariti la insultano e la beffeggiano, laddove d’altro lato le donne la incoraggiano gridandole: «Trattalo come merita; fagli ancora ciò che gli hai fatto». A mano a mano che la popolazione aumenta, si forma una serie di gentes costituite da sorelle, che alla loro volta danno vita a gentes di figlie. Di contro a queste appare la gens della madre, come fratria. Più 7) Cfr F. Engels: L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (Nota diA. Bebel). 19 fratrie costituiscono la tribù. Tale organizzazione sociale è tanto solida da formare la base dell’organizzazione militare dei vecchi stati, ancora quando l’antica costituzione gentilizia era già disciolta. La tribù si divide in altre tribù e tutte hanno la stessa costituzione e in ognuna delle quali si trovano ancora le vecchie gentes.Ma la costituzione gentilizia si scavò da se stessa la fossa, col proibire imatrimoni fra sorelle e fratelli e tra parenti per parte di madre, fino ai più lontani. Per effetto dei rapporti reciproci, sempre più stretti, fra le singole gentes, il divieto dimatrimonio fra le varie gentes discendenti per parte di madre diventa alla lunga inattuabile e cade da sé.Altri rapportiminano in misura ancora più grave la costituzione esistente e le danno l’ultimo colpo. Finché la produzione dei mezzi necessari all’esistenza era piccola e si appagava di soddisfazionimolto modeste, l’attività dell’uomo e della donna era in sostanza la stessa. Cresciuta la divisione del lavoro, non solo si divisero le funzioni ma anche i guadagni. La pesca, la caccia e l’allevamento del bestiame richiedevano cognizioni speciali e la costruzione di strumenti e utensilidivenneropreferibilmente attività caratteristica degli uomini. L’agricoltura allargò di molto la cerchia delle attività e creò una copia di beni da bastare ai bisogni più elevati di quel tempo. L’uomo che, in tale periodo di sviluppo, eccelleva per operosità, diventò il vero padrone e signore di queste fonti di ricchezza, che a loro volta formavano la base del commercio il quale creò nuovo rapporti e mutamenti sociali. Aumentati la popolazione e il bisogno di più estesi possessi per i pascoli e per l’agricoltura, cominciarono le razzie e le lotte per il possesso dei fondi e dei terreni migliori, e il bisogno di braccia per lavorarli e costruirvi. E quanto più grande era il numero di queste forze, tanto maggiore diventava la ricchezza dei prodotti e delle mandrie. Queste lotte condussero alla schiavitù dei vinti e al ratto delle donne. Gli uomini divennero schiavi e ledonne furono applicate ai lavorio divennero un oggetto di piacere per i vincitori. E con ciò furono introdotti contemporaneamente due elementi nella vecchia costituzione gentilizia, che con la stessa non si accordavano più. Inoltre, a mano a mano che si manifestano delle differenze tra le singole attività e che cresce il bisogno di strumenti, utensili, armi ecc., sorge l’arte meccanica, che prende uno sviluppo a sé e si emancipa dall’agricoltura. Si forma quindi una popolazione cittadina, dedita preferibilmente alle arti, vicino a un’altra popolazione dedita all’agricoltura e con interessi del tutto opposti.Con ciò ilprincipio unitario della vecchia costituzione gentilizia venne distrutto. Sopraggiunge un altro momento. Secondo il diritto materno, e cioè fintanto che la discendenza si calcolava soltanto in linea femminile, era costume che i gentili che erano fra loro imparentati ereditassero dai loro defunti compagni gentili. Il patrimonio restava alla gens. I figli del padre defunto non appartenevano alla sua gens, ma a quella della madre; e perciò essi non potevano ereditare dal padre, la cui sostanza, dopo la sua morte, ritornava alla sua gens. Col nuovo stato di cose, i beni del padre, che era padrone di mandrie e di schiavi, di armi e provvigioni, operaio o commerciante, non passavano, dopo la sua morte, ai figli,ma ai suoi fratelli e sorelle, e ai figli delle sorelle, oppure ai successori di queste. I figli, poi, non pigliavano nulla. L’urgenza di mutare un simile stato di cose era quindi vivissima, e fu mutato. Ne derivò una condizione di cose, che non era ancora la monogamia, ma le si avvicinava; ne derivò, cioè, la famiglia accoppiata. Un determinato uomo viveva insieme ad una determinata donna, e viceversa, e i figli nati da questa relazione erano i loro figlioli. Queste famiglie accoppiate simoltiplicarono da un lato perché gli impedimenti almatrimonio, dipendenti dalla costituzione gentilizia, rendevano più difficili i connubi; dall’altro perché le ragioni economiche sopraccennate facevano apparire desiderabile questa forma di vita domestica. La vecchia costituzione gentilizia fu seppellita e divenne assolutamente impossibile. Le tenne dietro la caduta del dirittomaterno, che segnò pure la caduta del predominio della donna. Ildiritto delpadre venne a pigliare ilposto deldiritto materno; in luogo della famiglia accoppiata venne poi lamonogamia, che aveva lo scopo di creare degli eredi per il patrimonio privato, che nel frattempo si era venuto accumulando. Poi l’uomo si arrogò il diritto di aggiungere alla legittima moglie tante concubine quante le sue condizioni gli consentivano di mantenere, e i figli di queste concubine furono trattati come legittimi, quando la moglie legittima o principale era sterile. Atale riguardo troviamo due passi importanti nella Bibbia.Uno è nel Libro I diMosè, capitolo 16, versetti 1 e 2: «Sarah, moglie di Abramo, non gli partoriva figlioli; ma essa aveva una fantesca egiziana, di nome Agar. Ed essa disse ad Abramo: Il Signore mi ha fatta sterile: accoppiati con lamia fantesca; eAbramo obbedì alla voce di Sarah». L’altro passo meritevole di osservazione si legge nel Libro I di Mosè, capitolo 30, versetto 5 e seguenti ove è detto: «Rachele, vedendo che non dava figlioli a Giacobbe, invidiò sua sorella e disse a Giacobbe: Creami dei figli, se no iomuoio.MaGiacobbe si adirò con Rachele e disse: Io non sono Dio, il quale ti ha negato il frutto del ventre. Ma essa soggiunse: Vedi, eccoti Bilha,mia fantesca; accoppiati con essa, affinché partorisca sul mio grembo ed io ancora avrò progenie da lei. E gli concesse quindi in moglie Bilha, sua serva, e Giacobbe giacque con essa». Si vedano, inoltre, i passi della Bibbia sulla poligamia dei re di Giudea, David, Salomone ecc. Anche la visita della regina di Saba a Salomone è caratteristica per le relazioni sessuali di quel tempo.Consacrata la soggezione e la servitù della donna, questa divenne oggetto di disprezzo e di abiezione. Il diritto materno significò comunismo; il diritto paterno significò origine e predominio della proprietà privata, e ad un tempo oppressione e servitù della donna. È difficile, e quasi impossibile, dimostrare particolareggiatamente in quale modo si sia compiuto tale 20 mutamento.Ma è certo che la prima grande rivoluzione che si compì in seno all’umanità, come non si effettuò contemporaneamente presso le civiltà antiche, così non si è compiuta dappertutto esattamente allo stesso modo. Ed è anche certo che i Greci, e fra questi gli Ateniesi, furono i primi, fra i popoli antichi, che fecero imperare i diritto del maschio. Engels ammette che questa grande rivoluzione si sia effettuata in modo del tutto pacifico e che, concorrendo le condizioni tutte favorevoli alla consacrazione del diritto nuovo, non ci fu bisogno che di un semplice voto delle gentes per sostituire il diritto del padre a quello dellamadre. Bachofen è di parere diverso; egli narra, sulla scorta di molte notizie, più o meno degni di fede, raccolte dagli antichi scrittori, che le donne opposero una vigorosa resistenza a questa trasformazione sociale, e specialmente le leggende del regno delleAmazzoni, che si ripetono con molteplici variazioni nell’antica storia dell’Asia e dell’Oriente e vengono a galla anche nell’America del Sud, furono indizio ed effetto della lotta delle donne contro il nuovo ordinamento. Ma di ciò non vogliamo occuparci. È certo soltanto che le antiche costumanze e abitudini e gli usi della cultura che vi si collegavano dominarono gli spiriti ancora per molti secoli ed erano ancora praticati dopo che se ne era perduto il vero significato che con gran fatica soltanto si riesce a penetrare. Come il cristianesimo adattò a quasi tutte le sue più grandi solennità gli usi religiosi e le solennità pagane, ma sapendo vestirle di un significato nuovo e ad esso conveniente (rammentiamo soltanto la festa di Jul degli antichi Germani, alla quale venne sostituito il Natale cristiano), così esistono presso i diversi popoli costumi e usanze che nell’origine loro ricordano il tempo del diritto materno, senza che fino a poco tempo fa se ne avesse alcuna idea. AdAtene, dove l’antico dirittomaterno dovette far posto assai presto e, a quanto sembra, violentemente, al diritto paterno, questo mutamento è assai evidente, e tutto il loto tragico di esso è dato in modo sorprendente nelle Eumenidi (8) di Eschilo. L’antefatto è il seguente: Agamennone, re diMicene,marito di Clitennestra, per volere dell’oracolo sacrifica sua figlia Ifigenia propiziando la sua spedizione di Troia. Lamadre si ribella contro il sacrificio della figliola e, durante l’assenza diAgamennone, giace con Egisto che essa tratta come marito. Quando Agamennone ritorna a Micene, dopo molti anni di assenza, viene ucciso daEgisto, istigato da Clitennestra.Oreste, figlio diAgamennone e di Clitennestra, vendica, per suggerimento diApollo e diMinerva, l’assassinio del padre, uccidendo sua madre ed Egisto. Le Erinni perseguitano Oreste. Esse rappresentano l’antico diritto.Apollo e Minerva, la quale, secondo il mito, è priva di madre perché balzò armata dal cervello di Giove, difendono Oreste e quindi l’areopago (9) è chiamato a pronunciare una decisione. Ne segue una disputa in cui entrambi i principi, cozzanti l’uno con l’altro, vengono espressi con grande calore drammatico. Erinni: Te al matricidio addusse Il fatidico nume ? Oreste: E di mia sorte Io non mi lagno. Erinni: Altro dirai, se avverso Ti coglierà de' giudicanti il voto. Oreste: Fidato io stommi. A me soccorso il padre Manderà dalla tomba. Erinni: Oh ! ben ne' morti Fidato sta quei che ha la madre ucciso! Oreste: Rea di due colpe era colei. Erinni: Di quali ? A' giudici lo spiega. Oreste: Essa al marito, E col marito al padre mio diè morte. Erinni: Ma tu vivi frattanto: ella or va sciolta D'ogni giudicio. Oreste: E mentre viva ell'era, Perchè tu allor non l'agitasti in fuga ? Erinni: Dessa comune non aveva il sangue Con l'uom che uccise. Oreste: Ed io di sangue avvinto Son con la madre mia ? Erinni: Com' ella dunque Te nudria nel suo ventre, o parricida ? Il carissimo sangue della madre Rinneghi, abborri ? (10). Le Erinni dunque non riconoscono alcun diritto del padre e dell'uomo, per esse esiste soltanto il diritto dellamadre.Ad esse riesce indifferente cheClitennestra faccia uccidere il marito; ma domandano la punizione dell'uccisore dellamadre.Apollo al contrario muove da un principio diverso; egli, per incarico di Giove, indusse Oreste, per vendicare l'assassinio del padre, al matricidio e difende l'atto suo davanti ai giudici dicendo: Altra pur anco Dirò ragione, e come vera, attendi. – QUELLA CHE MADRE APPELLASI, DEL FIGLIO NON E', NON E' GENERATRICE: dessa E' del feto nutrice. E' l'uom sooltanto Generator: serba la donna a lui, Come ad ospite suo, l'accolto germe, Se un Iddio nol diserta. E di ciò prova Io presterò, che aver può figli un padre, Senza la madre: testimon qui presso 8) Eumènidi o Erinni. Divinità greche della vendetta e severe custodi del cosiddetto “ordine naturale”. I romani le chiamarono Furie. 9) Areopago, in greco “Colle diAres”, che si trova a Nord Ovest dell’acropoli diAtene e che diede nome ad un’assemblea di antiche origini con funzioni di consiglio e di tribunale; assemblea che giudicava dei delitti di sangue, sorvegliava l’amministrazione dello stato, custodiva le leggi e la morale pubblica con anche attribuzioni religiose.Ares era il dio della guerra, che i romani chiamaronoMarte. (10) Traduzione di Felice Bellotti. Tomo II, Milano 1821. Società Tip. dei classici italiani (Nota di A. Bebel). 21 Ne sta la figlia dell'olimpio Giove, Non nelle cieche tenebre dell'alvo Surta e nudrita; e nondimen tal prole, Qual niuna diva partoria giammai (11). Perciò, secondo Apollo, il diritto prevalente é quello della generazione; mentre sino allora era considerato come tale il sangue e la sostanza che la madre dà al figliuolo. Le Erinni così rispondono a questa opinione nuova diApollo: Antiche leggi Tu così distruggesti, addormentando Antiche dive (12). I giudici si apprestano a sentenziare; metà di essi sta per il vecchio diritto, l'altra metà per il nuovo; sicchè minaccia parità di voti. Allora Minerva, per parte sua, prende dall'altare una pallina per il voto, e mentre la depone nell'urna esclama: Fine imporre al giudizio a me s'aspetta; Ed io questo mio voto a pro' d'Oreste Aggiugnerò. – MADRE IO NON EBBI, E IN TUTTO (FUOR CHE STRINGERMI A NOZZE) io favoreggio Fervidamente il viril sesso, e tutta Del padre io son; nè più stimar la morte Potrei di donna che il marito uccise, Marito insieme e suo signor. Se quindi Pari i voti saran d'ambe le parti, Vinca Oreste col mio (13). Trionfa ilnuovo diritto: ilmatrimonio colpadre alla testa ha vinto e sopraffatto la ginecocrazia (14). Un'altra leggenda narra la caduta del diritto della donna nel modo seguente: Sotto il Regno di Cecrope accadde in Atene un doppio prodigio. In uno stesso tempo spuntò dalla terra un olivo, e in un altro luogo sgorgò dell'acqua. Il re, spaventato, mandò a Delfi a interrogare l'oracolo intorno al significato di questi avvenimenti. E la risposta suonò così: L'olivo significaMinerva, l'acqua significa Nettuno, e spetta ora ai cittadini decidere da quale delle due divinità essi vogliono denominare la città loro.Cecrope raccoglie ilpopolo in assemblea ove avevano diritto divoto uomini e donne: iprimivotarono perNettuno, le donne perMinerva, e siccome avevano la maggioranza di un voto, così vinseMinerva. Nettuno, salito in ira, fece inondare dal mare le terre degli Ateniesi. Per calmare la collera del Nume, gliAteniesi inflissero alle loro donne tre specie di pene: dovevano perdere il diritto di voto; i loro figliuoli non dovevano più portare il nome della madre, ed esse stesse non dovevano più essere chiamate Ateniesi (15). Ilpassaggio daldiritto dellamadre a quello delpadre si compì dappertutto come in Atene, a parte quelle diversità negli accessori derivanti dallo sviluppo della cultura dei singoli popoli, ma i ricordi del passato, e lo dimostreremo più avanti, continuavano a manifestarsi in certe pratiche. Dal momento che cominciò a prevalere la discendenza dal padre, l’uomo impose alla donna una rigorosa continenza nelle relazioni con gli altri uomini, non volendo riconoscere per suoi i figli di un estraneo. La donna viene sempre più confinata nelle pareti domestiche; le vengono assegnati nella casa determinati locali dove deve vivere lontana dal contatto con gli uomini che la casa stessa frequentano. Già l'Odissea accenna a questa trasformazione nei costumi. Telemaco così rimprovera alla madre Penelope la presenza sua fra i Proci e le dà i seguenti ordini: Or tu risali Nelle tue stanze, ed ai lavori tuoi, Spola e conocchia, intendi; e alle fantesche Commetti, o madre, travagliar di forza. Il favellar tra gli uomini assembrati Cura è dell'uomo, e in questi alberghi mia PIU CHE D'OGNI ALTRO; però ch'io qui reggo (16). Tale costruzione, inGrecia, a quel tempo era ormai generale. Vediamo infatti i Proci, che finalmente sono stanchi delle temporeggiatrici lusinghe e si sono accorti dello scaltro mezzo messo in opera da Penelope per guadagnar tempo, si rivolgono a Telemaco per bocca di Antinoo, che così di esprime: ........ Dal patrio tetto La tua madre allontana, e a lei comanda Che qual più le talenti, e le proponga Il genitor, scelga fra noi lo sposo (17). La libertà della donna e il suo intervento nella vita pubblica sono dunque sparite. Se essa esce di casa, deve coprirsi per non destare le concupiscenze di un altro uomo. In Oriente, dove per l’effetto del clima caldo, le passioni sessuali sonomolto ardenti, tale sistema di clausura è spinto fino agli estremi.AncheAtena, fra i popoli antichi, può, al riguardo, servire d’esempio. La donna dorme bensì colmarito,ma con lui non pranza, non lo chiama col suo nome ma con quello di “signore”: essa è la sua serva. Non poteva presentarsi in nessun luogo a viso scoperto, e per via andava sempre velata ed abbigliata con molta semplicità. Se commettevaqualche infedeltà, giusta la legge diSolone, doveva espiare la sua colpa con la perdita della libertà o della vita. Il marito poteva venderla come schiava. Ma, allora e in seguito, la bisogna procedeva ben diversamente inAtena per gli uomini. Siccome l’uomo rispetto alla procreazione di eredi legittimi– un bisogno reclamato come necessario dalla proprietà privata – imponeva alla donna una continenza rigorosa, non era (11) Traduzione citata (Nota di A. Bebel). (12) Traduzione citata (Nota di A. Bebel). (13) Traduzione citata (Nota di A. Bebel). (14) Stadio della società primitiva i cui la donna godeva di un assoluto predominio nella vita sociale e politica della comunità. (15) Bachofen: Il diritto materno (Nota di A. Bebel). (16) Pindemonte: Odissea, Tomo I, Lib. I, pag. 19. Ediz. Verona 1822 (Nota di A. Bebel). (17) Odissea. Canto II (Nota di A. Bebel). 22 per nulla disposto ad imporla anche a se stesso. Di qui l’origine delle Etère (18), donne che eccellevano per ingegno e bellezza, e preferivano la vita libera e il libero amore alla schiavitù del matrimonio. In ciò quell’epoca non trovava assolutamente nulla di abominevole, perché il nome e la fama di una parte di queste etère, che si trovavano in relazioni intime con gliuominipiùillustridellaGrecia, epigliavanoparte alle loro dotte conversazioni come ai loro banchetti, giunse fino a noi,mentre inomidelle spose legittime andarono in gran parte dimenticati.Ricordiamo in prima linea la celebre etèra Aspasia, che fu più tardi concubina di Pericle; Frine, il cui nome nel nostro tempo serve a definire una determinata specie di donne, Laide di Corinto, Gnatea ecc. Ma non ci si fermò alle etère che avevano a che fare soltanto con uomini eminenti. Fattosi acuto il desiderio di donne venali, eccoci alla prostituzione, sconosciuta sotto le condizioni antiche. Già intorno all’anno 504 prima dell’êra nostra, Solone, il primo che diede forma concreta alle nuove condizioni giuridiche, aprì inAtene pubbliche case di tolleranza, onde fu celebrato da un contemporaneo con queste parole: «Gloria a te, Solone! Tu comperasti pubbliche donne per la salute della città che è piena di giovani vigorosi, i quali, senza la tua savia istituzione, si sarebbero abbandonati amoleste persecuzioni delle migliori classi di donne». Di tal guisa una legge dello stato riconobbe come conformi a diritto naturale per gli uomini, atti che, compiuti dalla donna, erano considerati come biasimevoli e, sotto certe condizioni, anche delittuosi. E’ notorio che anche oggi non pochi uomini preferiscono la compagnia di una bella peccatrice alla compagnia della loro legittima sposa, e fra essi ci sono perfino dei «sostegni dello Stato» e delle «colonne dell’ordine» i quali debbono vegliare sulla «santità del matrimonio e della famiglia». Demostene, il grande oratore, precisa nella sua arringa controNeera la vita di famiglia degli uomini di Atena, là dove dice:«Noi sposiamo la donna per averne figli legittimi e per possedere in casa una custode fedele; manteniamo delle concubine per nostro uso quotidiano e le etère per i godimenti dell’amore». La moglie era dunque una semplice macchina da figlioli; un cane fedele che custodisce la casa. Il padrone viveva secondo il suo bon plaisir, a suo talento. Platone nel suo “Stato” chiede la comunione della donna e la procreazionedei figli regolata dalla selezione naturale, tuttavia la donna è soggetta all’uomo, è semplice mezzo allo scopo della moltiplicazione di una razza vigorosa. Aristotele ha idee più civili. La donna, secondo la sua “Politica” deve poter scegliere liberamente, ma essere sottoposta all’uomo; col diritto però di «dare un buon consiglio». Tucidide esprime un’idea che ha le approvazioni di tutti imoderni filistei.Egli dice chemerita lode la sposa della quale fuori di casa non si dica né bene né male. Naturalmente, con tali principi il rispetto per la donna doveva diminuire sensibilmente. Ma sopravvenne anche il timore dell’eccesso di popolazione, ed allora, per evitare l’accoppiamento con la donna, si chiese a mezzi contro natura l’appagamento degli appetiti erotici. Gli stati della Grecia erano costituiti per la maggior parte soltanto dalle città con limitato territorio, il quale non poteva più procurare la consueta alimentazione oltre una data quantità dipopolazione. Il timore dell’eccesso di popolazione indusse quindiAristotele a consigliare agli uomini di tenersi lontani dalle donne e a godere i fanciulli. Prima di lui Socrate aveva magnificato la pederastia come segno di una civiltà più alta. E a questa rendevano omaggio gli uomini più ragguardevoli della Grecia, e la stima per la donna decadde sempre più. Ci furono perciò case di prostituti, come di prostitute. In tale atmosfera sociale, Tucidide, sopra citato, poté dire della donna che è più perfida della procellosa onda del mare, delle fiamme del fuoco, dell’acqua che scende impetuosa dalla montagna. «Se v’è un Dio che inventò la donna, ovunque esso sia, sappia ch’egli è lo scellerato autore delmassimo dei mali» (19). Come Socrate fu il glorificatore della pederastia, così Saffo di Lesbo, indotta forse dall’esempio del sesso maschile, cadde nell’estremo opposto, diventò la poetessa dell’amore tra donne, che dalla patria sua fu chiamato amore lesbico. Mentre in Atene e in quasi tutta la Grecia vigeva il diritto paterno, Sparta, la rivale diAtene, si reggeva a sistema di diritto materno; regime che pareva straniero anche agli altri popoli della Grecia. Il dialogo seguente illustra il fatto. Un greco forestiero domanda ad uno spartano quale pena dovrebbero subire a Sparta gli adulteri.Al che lo spartano: “Straniero, da noi non ci sono adulteri”. Lo straniero: “Ma se ce ne fosse uno?”. “Allora, risponde lo spartano, egli deve dare in pena un bue tanto grosso che possa colla testa raggiungere il Taigeto e abbeverarsi all’Eurota”. E alla risposta piena di stupore del forestiero: “Come è possibile che ci sia un bue così enorme?”, lo spartano replica ridendo: “Nella stessa guisa ch’è possibile che a Sparta via sia un adultero!”. Perciò la coscienza delle donne spartane a quel tempo si trova espressa in quella fiera risposta che la moglie di Leonida dà a una straniera quando questa le dice: “Voi spartane siete le sole donne che comandino agli uomini!”; risposta che suona: “Noi siamo anche le sole donne che mettano al mondo degli uomini”: La libera condizione fatta alla donna sotto il regime del diritto materno, ne accrebbe bellezza, la fierezza, la dignità e l’indipendenza. Tutti gli scrittori concordano nel ritenere che, all’epoca della ginecocrazia, gli accennati pregi adornavano la donna in grado eminente. La condizione di dipendenza che subentrò più tardi, riuscì necessariamente dannosa (18) Etèra, nell’antica Grecia, era una donna non sposata o destinata al matrimonio, colta e raffinata, ben distinta dalla prostituta che in genere era schiava. Le Etère erano numerose soprattutto adAtene e Corinto, in genere di origine straniera ed erano sottoposte al pagamento di una tassa. Godevano di una libertà negata alle donne sposate o promesse in matrimonio, avevano relazioni sociali soprattutto con uomini importanti della società. (19) Leon Richter, La femme libre (Nota di A. Bebel). 23 a queste doti e trova anzi la sua più evidente espressione nella diversità degli abbigliamenti nei due periodi. L’abito della donna dorica cadeva sciolto e leggero dalle spalle, lasciando libere le braccia e scoperta la coscia; è l’abbigliamento della deaDiana dei nostri musei. L’abito ionico, invece, copriva l’intera figura e impediva la libertà dei movimenti. L’abito fino ad oggi pare risponda al concetto di conservare la donna schiava, timida e codarda, perciò fisicamente indifesa. L’uso degli Spartani di lasciar andar nude le ragazze fino alla pubertà – ciò che il clima del paese consentiva – secondo l’opinione di un antico scrittore contribuì principalmente a produrre in essi il gusto per la semplicità e la cura dell’aspetto esterno; e non vi era assolutamente nulla, secondo le idee di quel tempo, che offendesse il pudore o destasse la voluttà. E’ noto per antica esperienza che la naturale nudità eccita meno i sensi che un artificiale scoprimento. Tuttavia gli usi e i costumi dell’epoca in cui vigeva il diritto materno, si conservarono ancora a lungo dopo che il diritto paterno vi si era sostituito. Ed è una reminescenza dei liberi rapporti sessuali predominanti al tempo del diritto materno, l’ingresso che facevano ogni anno le donzelle babilonesi mature almatrimonio nel tempio diMilitta [eraAfrodite presso gli assiri e i babilonesi, come Venere presso i romani, ndr], per offrire il fiore della loro verginità alle irrompenti schiere degli uomini. Allo stesso modo veniva scarificato a Serapi di Menfi e nel tempio diAfrodite a Corinto, ove dovevano essere presenti costantemente mille ragazze (Ierodule). Lo stesso avveniva inArmenia in onore della deaAnaiti, e a Cipro in onore diAstarta. Questo dovere di sacrificare la loro castità veniva imposto alle vergini in pena all’offesa recata alla gran madre della naturaMatuta con l’esclusività delmatrimonio. Aveva lo stesso significato l’acquisto che facevano le vergini libiche della loro dotemediante l’abbandono di se stesse. In accordo col diritto materno, esse erano sessualmente libere finché nubili, e gli uomini trovavano tanto poco scandaloso tale mezzo d’acquisto della dote, che preferivano come sposa quella che era stata più desiderata. Lo stesso avveniva ai tempi di Erodoto presso i Traci. «Essi non custodivano le fanciulle, ma lasciavano ad esse piena libertà di congiungersi con chi a loro piacesse. Le spose invece venivano da essi rigorosamente custodite; e le comperavano dai loro genitori contro ragguardevole corrispettivo». Ed identiche condizioni esistono anche oggi nelle isoleMarianne, Filippine e della Polinesia, e inoltre, secondo il Waitz, presso diverse tribù africane. Nelle Baleari ed ancora in epoca non tanto remota, vigeva il costume – che racchiudeva in sé il concetto del diritto di tutti gli uomini sulla donna, di lasciare, nella notte delle nozze, tutti gli uomini della stessa tribù presso la sposa, uno dopo l’altro in ordine di età; per ultimo veniva lo sposo che, d’allora in poi, la prendeva nel suo esclusivo possesso quale moglie. Questo costume subì una nuova trasformazione presso altri popoli nel senso che i sacerdoti o i capi tribù (re) quali rappresentanti di tutti gli uomini della stessa, godevano di questo privilegio verso la sposa. Così a Malabar vengono noleggiati i Patamari (sacerdoti) affinchè colgano per i primi il fiore verginale delle spose... Il gran sarcedote (Namburi) è obbligato a rendere questo servizio al re (Zamorin) in occasione del suo matrimonio, e il re lo paga con cinquanta fiorini d'oro (20). Nell'interno dell'India ed in parecchie isole del Grande Oceano sono ora i sacerdoti, ora i capi tribù (re), che si sottopongono a questo ufficio (21). Lo stesso avviene in parte nella Senegambia, dove pure il capo della tribù esercita lo stesso ufficio ricevendo in compenso un dono. E’ certo, dunque, che anche l’ius primae noctis (il diritto della prima notte) ha la stessa origine nel medioevo cristiano, come sostiene Engels. Il signore, che in questa tradizione medioevale rappresenta il capo tribù, esercita in nome degli uomini della sua razza il diritto che una volta spettava a costoro. Ma su di ciò diremo più diffusamente in seguito. Noi troviamo nelle tribù brasiliane e sud-americane delle reminiscenze del vecchio diritto materno in certe particolari usanze – le quali devono essersi conservate anche presso i Baschi che, per molti rispetti, ancor oggi presentano il tipo di un popolo di costumi e di usi antichissimi – specialmente in quella che, in luogo della puerpera, si ponga in letto il marito che si comporta come una partoriente e si fa assistere dalla puerpera. Ciò significa che il padre riconosce il neonato come suo, ed affinchè cosi per lui come per gli altri non ci sia il benchè minimo dubbio sulla legittimità del figlio, finge che anche l'atto del parto sia opera sua. Con lo sparire della antica gens e col sorgere del predominio dell’uomo, sorge pure vicino allamoglie legittima, come già notammo, la concubina, ilmatrimonio per compera e per ratto. Ora la donna non è soltanto una generatrice di eredi e uno strumento di piacere per l’uomo, ma anche, permutate condizioni sociali, una forza lavoratrice apprezzabile. La figlia della casa diventa un oggetto di commercio. L’uomo che se ne invaghisce deve pagare un prezzo che è vario a seconda delle usanze e dello stato sociale del paese. Matrimonio per compera fu, per esempio, l’acquisto di Lea e Rachele, figlie di Labano, fatto da Giacobbe (22). Giacobbe ne pagò il prezzo prestando servizio in casa di Labano per alcuni anni e fu, come è noto, ingannato dallo scaltro Labano il quale, invece di Rachele gli diede prima Lea, la maggiore, costringendolo a servirlo per altri sette anni prima di (20) K. Kautsky: L'origine del matrimonio e della famiglia. Kosmos, 1883 (Nota di A. Bebel). (21) Mantegazza: L'amore nella umanità (Nota di A. Bebel). (22) Giacobbe, uno dei padri dell’ebraismo, patriarca come Abramo e Isacco. Le sue vicende sono narrate nel primo libro della Bibbia, la Genesi. 24 concedergli la seconda sorella. Qui noi vediamo due sorelle spose ad un tempo di un uomo, ciò che secondo le idee dei nostri giorni costituirebbe una relazione incestuosa. A Giacobbe viene anche promesso in dote una parte dei prossimi nati della mandria; egli riceverà, così decide l'egoista Labano, le pecorelle screziate, che, giusta l'esperienza, costituiscono il numero minore, Labano quelle di un solo colore. Ma questa volta il più scaltro fu Giacobbe. Come aveva ingannato Esaù sul diritto di primogenitura, così ingannava ora Labano sulle agnelle. Egli aveva studiato il darwinismo molto prima di Darwin; apparecchiò, secondo narra la Bibbia, dei bastoncelli artificialmente screziati e li piantò presso l'abbeveratorio; la loro vista continua aveva sulle pecore pregne l'efficacia di farle partorire in maggioranza delle agnelle screziate. Per tal modo Israele fu salvato dalla scaltrezza di un suo patriarca. Presso gli Ostiachi della Siberia, il padre vende anche oggi, come ai tempi di Giacobbe, il costume, che l'uomo, il quale desidera una ragazza, entri al servizio dei futuri suoceri e sconti il prezzo pattuito lavorando. Il matrimonio a base di compera non è ancora sparito nemmeno fra noi; esso anzi regna, benché sotto forme simulate, nella società borghese peggio che mai. Il matrimonio a base di denaro che è usato generalmente fra le nostre classi dirigenti non è altro che il matrimonio per compera. Un simbolo dell’acquisto della proprietà sulla donna è pure il regalo di nozze che, in tutti gli stati civili, si fa ancora oggi dallo sposo alla sposa. Con questo mezzo il prezzo non viene pagato ai genitori, ma alla sposa. Accanto al matrimonio per compera esisteva il matrimonio per rapina. Il ratto delle donne era in uso durante tutta l’antichità, e si ripete presso quasi tutti i popoli arrivati a un certo grado di cultura. L’esempio storico più noto di ratto di donne è quello della Sabine operato dai romani;ma anche le tribù di Giuda si servirono del ratto; ad esempio i Beniaminiti, che rapirono le figlie di Silos (23). La Bibbia specialmente fornisce una grande copia dimateriale storico per i rapporti sessuali qui descritti fra Giudei, come pure fra le popolazioni entrate con essi in relazione. Là soprattutto dove mancavano donne, come presso gli antichi romani, l’acquistarne per mezzo del ratto era cura importante, e tale era pure là dove vigeva la poligamia, come in Oriente (24). Qui specialmente durante il dominio degli arabi dal VII al XII secolo dell’êra nostra, aveva preso una larga diffusione. Anche il ratto si è conservato simbolicamente fino ad oggi, per es. presso gli Araucani del Chili meridionale.Mentre gli amici dello sposo negoziano col padre della sposa, lo sposo si avvicina pian piano sul suo cavallo alla casa, tenta di ghermire la sposa, la getta sul cavallo e fugge con essa nel bosco vicino. Donne, uomini e fanciulli cercano di impedire la fuga con grida e clamori. Quando lo sposo ha raggiunto con la sposa il folto del bosco, il matrimonio si considera conchiuso. Ciò vale anche quando il ratto avvenne contro la volontà dei genitori. Il folto del bosco è la stanza nuziale; quando ci si è posto il piede, il matrimonio è conchiuso. Benché lontanamente, ricorda però ancora il tempo del ratto delle donne, il costume presso di noi vigente dei viaggi di nozze; la sposa viene rapita al focolare domestico. Viceversa, lo scambio dell’anello ricorda la servitù della donna all’uomo e la catena che a lui la lega. In origine era assai radicato a Roma il costume che la sposa ricevesse un anello di ferro, come segno che essa era legata all’uomo. Più tardi questo anello fu d’oro, appena il cambio dell’anello valse a significare il vincolo reciproco. L’antica unione domestica delle gentes aveva dunque perduto terreno per effetto dello sviluppo delle condizioni della produzione e del formarsi della proprietà privata, mentre le antiche idee rimasero in vigore ancora per qualche tempo. Quando dalla gens si passò al diritto paterno, l’eguaglianza giuridica della donna venne da principio ancora riconosciuta, ma l’incalzare di sempre nuovi elementi determinò la cessazione dell’antico stato di cose. Con la fondazione della vita delle città, si operò la separazione dell’agricoltura dall’industria. L’erezione di case e di pubblici edifici, la costruzione di navi, la produzione di strumenti, utensili e armi, il sempre maggiore perfezionamento delle arti dello stovigliaio e della tessitura, posero a poco a poco le basi di una speciale classe di artigiani, i cui interessi non avevano più alcun punto di contatto con quelli della vecchia costituzione gentilizia, ma anzi non di rado erano con essi in conflitto. L’introduzione della schiavitù, l’ammissione degli stranieri a far parte dello Stato erano altri elementi che rendevano impossibile la vecchia costituzione gentilizia, risvegliando degli interessi e aprendo degli orizzonti che richiedevano un nuovo ordine di cose. Il passaggio del diritto ereditario del ramo paterno nei figli diede vita ad una condizione di cose che si trovava nel più stridente contrasto con gli antichi costumi, e non avrebbe potuto affermarsi se non con l’intervento di una potente autorità. Ne conseguì che le nuove condizioni nei rapporti del possesso, l’antitesi fra agricoltura e industria, fra padroni e schiavi, fra ricchi e poveri, fra debitori e creditori, resero necessario un ordinamento giuridico che, da un parte, era molto complicato, dall’altra, poteva essere applicato solo mercé l’impiego di determinati mezzi coercitivi. Per tale modo nacque lo Stato, che fu il prodotto necessario delle antitesi sorte nel nuovo ordinamento sociale e degli interessi opposti, e che nelle sue varie forme è una immagine fedele di quel dominio di classe che poi si è venuto formando con l’evoluzione. Sotto il regime del diritto materno, non v’era alcun diritto scritto. Le relazioni erano semplici e (23) Cfr. Il Libro dei giudici, capitolo 21, vers. 20 e segg. (Nota di A. Bebel). (24) Salomone, giusta il Libro dei re, capitolo XI, aveva non meno di 700 mogli e di 300 concubine (Nota diA, Bebel). 25 sacri gli usi; nel nuovo ordinamento, invece, il diritto scritto fu la prima necessità, e fu anche una forza. Questo nuovo diritto trovò fino da allora la sua più chiara espressione in Roma. Roma si costituì a stato fin da principio; proprietà privata e predominio degli uomini formarono la base della sua esistenza. Ciononostante, i cittadini romani per dimostrare la purezza e la inattaccabilità della loro origine, si chiamarono dalle loromadri sabine:Quiriti, ed anchemolto più tardi furono chiamati col nome di Quiriti nei comizi e in senato. Populus Romanus significava il complesso dello stato, ma populus romanum quiritum esprimeva la cittadinanza e l’origine. Frattanto la donna perdeva appunto a Roma i suoi diritti agnatizî (25). Nella gens imperava il diritto paterno, i discendenti per parte di donna erano esclusi dall’eredità. I figli ereditavano come eredi naturali; se questi mancavano, ereditavano i parenti in linea maschile, e, se non ce n’erano neppure di questi, ereditavano i gentili. Per effetto del matrimonio, la donna perdeva il diritto di eredità sul patrimonio del padre e su quello dei fratelli di lui; essa usciva dalla propria gens; e perciò né lei né i suoi figli potevano ereditare dal padre e dai fratelli di questi. La quota ereditaria andava altrimenti perduta per la gens paterna. Frattanto la divisione per gentes, fratrie (26) e tribù formò ancora per parecchi secoli la base dell’organismo militare romano e dell’esercizio dei diritti civili. Anche nel culto religioso, Cerere, la dea della fertilità, era la protettrice della plebe Romana. Nel tempio di Cerere venivano depositate la cassa del comune, le deliberazioni del senato e le leggi, e sotto la protezione sua si riuniva il comune. Gli avvenimenti di Atene e di Roma, dopo che la donna, per lo stabilirsi del diritto paterno e del matrimonio, fu spogliata dei suoi diritti, si ripeterono nell’identica guisa ovunque la proprietà privata divenne la base del nuovo ordinamento sociale. Il possesso della terra e degli strumenti di lavoro fece sorgere anche il bisogno della proprietà, ovvero del diritto di disporre degli uomini che permetteva al proprietario di godere e aumentare la sua proprietà. La moglie, quale procreatrice di eredi legittimi, che diverranno poi i sostegni della proprietà, è la prima vittima di questa caccia alla proprietà e al diritto di disporre delle persone. Essa diventa, come tante altre cose, proprietà dell’uomo che ne dispone liberamente; può tenerla a suo piacere o ripudiarla,maltrattarla o proteggerla. Ne seguiva che la fanciulla appena abbandonata la casa paterna, rompeva con questa ogni relazione; la sua vita poteva dirsi divisa in due parti nettamente distinte: la prima nella casa paterna, la seconda in quella delmarito. Questa assoluta separazione dalla casa paterna veniva da Greci espressa simbolicamente con il bruciare dinanzi alla casa del marito l’adorno carro che gli conduceva la sposa e i di lei beni. In modo diverso procedettero le cose in quei paesi e in quelle regioni, sterili per natura, ove l’alimentazione della popolazione presentava speciali difficoltà. Così ad esempio presso i popoli dell’altipiano del Tibet, ove si è introdotto la poliandria, eccezione fatta per i capi. Qui tutti i fratelli di una famiglia hanno una donna soltanto. Qui l’infanticidio è frequente, e diviene una specie di legge naturale, poiché fra le popolazioni a regime di poliandria [ relazione matrimoniale di una donna con più uomini] i nati maschi prevalgono, e così viene in certa guisa perpetuata la condizione esistente. La poliandria è in vigore anche fra gliAlaiti e gli Esquimesi, dunque nei paesi della zona glaciale, all’opposto della poligamia che si incontra specialmente nei paesi a clima caldo. Ma, nonostante lo sviluppo della proprietà privata, rimase in vigore, ancora per lungo tempo, la proprietà più o meno comune della tribù, della comunità o dello stato; così in Roma come fra i germani, gli Slavi, ecc. Generalmente erano proprietà comuni i boschi, le acque e i pascoli, mentre il terreno coltivabile veniva di quando in quando diviso in lotti secondo il numero dei capi di famiglia. Ma per effetto dei mutati rapporti ereditari le figlie erano escluse dalla ripartizione. Si teneva conto soltanto dei figli. Perciò le figlie rappresentavano un valore minore, e quindi la nascita d’un figlio veniva considerata con un occhio diverso di quello con cui si guardava la nascita d’una figlia. Soltanto fra gli Incas del Peru e presso alcune altre popolazioni la figlia riceveva un mezzo lotto (27). D’altra parte, presso le popolazioni che, come i Germani, si reggevano già nei tempi storici a monogamia, un’altra istituzione condusse a gravi inconvenienti. L’usanza che i figli ricevessero dalla comunità il loro lotto non appena maritati, indusse spesse volte i padri a maritare i loro figlioli ancora minorenni, di dieci o dodici anni, a donne puberi.Ma siccome in tali condizioni una vera vitamatrimoniale era impossibile, il padre, abusando della autorità paterna, subentrava al figliolo in qualità dimarito (28). Vedremo subito a quale degenerazione delle condizioni di famiglia ciò dovesse condurre. La «castità dei rapporti» nel matrimonio dei nostri maggiori è una mera favola, come è favola molto di ciò che si narra di quei tempi. La figlia, finché restava nella casa paterna, dove- (25) Agnatizio: relativo all’agnazione, ossia la legame di parentela da parte deimaschi, cioè tra i discendenti dello stesso padre, e tenuto conto della sola linea maschile. (26) Fratria: nell’antica Grecia era l’associazione dei membri di famiglie discendenti dallo stesso capostipite, con fini di tutela della vita, dei beni, dell’onore dei componenti. Imembri della fratria combattevano insieme in guerra e avevano culti propri; con l’affermarsi dello Stato, la fratria mantenne funzioni religiose. (27) Cfr. Laveleye, L’origine della proprietà. Traduzione del dottor Bücher (Nota diA. Bebel). Emile de Lavelaye, economista belga, esponente del socialismo cristiano, scrisse diverse opere, tra cui Propriété et ses formes primitives, Alcan, Paris 1891. (28) Cfr. Laveleye, L’origine della proprietà, cit.(Nota di A. Bebel). 26 va guadagnarsi col lavoro il proprio sostentamento; quando essa abbandonava la casa per andare sposa non poteva pretendere più nulla e diventava come straniera di fronte alla propria famiglia Tale stato di cose esisteva nell’India, in Egitto, in Grecia, a Roma, in Germania, in Inghilterra, nel regno degli Atzechi e degli Incas, ecc. E tale si conserva anche oggidì nel Caucaso, in molte regioni della Russia e dell’India dove si èmantenuta l’antica comunione di famiglia sulla base della discendenza dal padre. Se il defunto non lasciava figli o figli di fratelli, il suo patrimonio non ritornava alla figlia,ma alla comunità. Non è che più tardi che spetta alla figlia il diritto ereditario sui mobili di casa, sull’armento, o che le viene concesso un corredo; e più tardi ancora essa acquista il diritto di ereditare beni immobili. Nei primi secoli dopo la fondazione di Roma, le donne romane erano quasi spoglie d'ogni diritto. Trovavansi nell'identico stato di oppressione che in Grecia. Le cose mutarono a poco a poco soltanto più tardi, ed esse acquistarono maggiore libertà, se non giuridicamente, almeno socialmente. Ciò per Catone il vecchio era argomento di lagni: se ogni padre di famiglia procurasse, secondo l'esempio dei maggiori, di tenere la sua donna nella debita sommissione, evidentemente non ci sarebbe da preoccuparsi tanto di tutto il sesso (29) Sotto il governo imperiale [di Roma], la donna acquistò il diritto di ereditare, ma rimase sempre minorenne e di nulla poteva disporre senza il tutore. Finché viveva il padre, la tutela era esercitata da lui, anche se la figlia era maritata, oppure egli le nominava un tutore. Morto il padre, entrava come tutore il più prossimo parente maschio, anche se incapace come agnato. Il tutore aveva il diritto di incaricare della tutela, quando gli piacesse, un terzo a lui benvisto. La donna romana davanti alla legge non aveva volontà propria; soltanto l’uomo aveva il diritto di domandare la separazione. Cresciuta la potenza e la ricchezza di Roma, presero il posto dell’antica severità di costumi i vizi e la dissolutezza. Roma diventò il centro della crapula (30) e della raffinatezza dei sensi. Crebbe il numero dei postriboli e di pari passo si diffuse sempre maggiormente tra i maschi l’amor greco. Vi fu un’epoca in cui a Roma il numero degli uomini che si prostituivano era più grande di quello delle donne che si dedicavano alla prostituzione. I pervertimenti sessuali e le dissolutezze crebbero così a Roma come in tutto l’impero a un punto tale, da formare un pericolo per l’esistenza dello Stato. Divorzio e sterilità divennero generali fra le classi dominanti. Gli eccessi e il libertinaggio degli uomini provocarono un eguale comportamento anche fra le donne, e per sfuggire alle pene severe comminate dalle leggi contro l’adulterio della donna, le dame romane si vendicavano facendosi iscrivere nei registri degli edili, ai quali spettava la vigilanza sulla prostituzione. Il libertinaggio, le guerre civili e il sistema dei latifondi causarono un tale aumento di celibi e una sì grande diminuzione di nascite, che il numero dei cittadini e dei patrizi romani scemò notevolmente; perciò nell’anno 16 a.C. l’imperatore Augusto emanò la cosiddetta legge Giulia (31) che premiava la prolificazione e comminava delle pene contro il celibato dei cittadini e dei patrizi romani. Il numero crescente degli schiavi e degli stranieri e la diminuzione dei cittadini romani destò la massima inquietudine. Chi aveva figli, aveva pure la preferenza in confronto di coloro che non ne avevano o dei celibi. A questi ultimi non spettava alcuna eredità, eccetto quella dei loro prossimi parenti; chi non aveva figli poteva ereditare soltanto la metà; il resto andava allo Stato. Su ciò Plutarco osserva: «i Romani non si maritavano per avere eredi, ma per ereditare ». Più tardi la legge Giulia venne ancora inasprita. Tiberio prescrisse che nessuna donna, il cui nonno, padre o marito fosse stato cavaliere romano, potesse vendersi per denaro. Le donne maritate che si facevano iscrivere sul registro delle prostitute dovevano venire bandite dall’Italia come adultere. Naturalmente per gli uomini non c’erano le stesse pene. Nell’epoca imperiale il matrimonio veniva conchiuso in diverse forme. La prima, e più solenne, aveva luogo davanti al gran sacerdote, alla presenza di almeno 10 testimoni, e gli sposi, in segno del vincolo, mangiavano insieme una focaccia composta di farina, sale e acqua. La seconda forma era la «presa di possesso», che si considerava come avvenuta quando una donna, consenziente il padre o il tutore, conviveva per un anno sotto il tetto del marito insieme a lui. La terza forma era una specie di compera reciproca, onde gli sposi si scambiavano delle monete e la promessa matrimoniale. Presso i Giudei, il matrimonio era già consacrato dalla religione fin dai primi tempi, ma la donna non aveva il diritto di scelta; era il padre che le fissava lo sposo. Si legge nel Talmud (32): «Quando tua figlia è in età da marito, dona la libertà ad un tuo schiavo e maritala a lui». Presso gli Ebrei il matrimonio era considerato come un dovere (Crescete e moltiplicate). Perciò la razza ebrea, malgrado tutte le persecuzioni ed oppressioni, è aumentata sempre. Gli Ebrei (29) Laveleye: L'origine della proprietà (Nota di A. Bebel). (30) Crapula: gozzoviglia. (31)Augusto, il figlio adottivo di Cesare, apparteneva per adozione alla Gens Iulia; di qui il nome di Giulia dato alla legge (Nota di A. Bebel). (32) Talmud: raccolta di trattati giuridici e religiosi che costituiscono l’esegesi della Mishnach, alla luce dell’halakhah e dell’haggadah. E’ raccolto in due redazioni: il Talmud palestinese, risalente ai secoli IV-V, in aramaico occidentale e il Talmud babilonese, di più vasta diffusione, in aramaico orientale, risalente al secolo V. Arricchito di commenti, costituisce testo base dell’ebraismo ortodosso. La Mishnach è la legge orale ebraica, formatasi attraverso il lavoro, di esegesi della Bibbia nell’ambito delle scuole rabbiniche e codificata da Rabbi Giuda (o Giuda il Santo, sec.II-III) nell’accademia di Bet Shearim in Galilea, che elaborò materiale di precedenti raccolte. Essa è composta di 63 trattati, divisi in sei sezioni (preghiera e 27 sono i nemici giurati del maltusianismo (33). E Tacito così ne parla: «Fra loro regna una tenace coesione e una premurosa liberalità, ma provano un odio ostile contro tutti gli altri. Non mangiano, non dormono con nemici e, sebbene estremamente sensuali, si astengono dall’accoppiarsi con donne straniere… ma fanno aumentare la popolazione. E’ per essi peccato l’uccidere uno dei nati dopo la morte del padre: e tengono per immortali le anime di coloro chemorirono in battaglia o giustiziati.Di qui l’amore alla moltiplicazione e il disprezzo della morte». Tacito odia e aborre gli Ebrei, perché disprezzando la loro religione paterna (la religione dei gentili), ammassano doni e tesori. Li chiama “gli uomini più malvagi” ed un “popolo abominevole” (34). Mentre gli Ebrei sotto la signoria romana furono obbligati a stringersi sempre più fortemente gli uni agli altri, ementre nel lungo periodo di persecuzione che da allora, e quasi per tutto ilmedio evo cristiano, ebbero a soffrire, si rafforzò quella vita intima di famiglia che può servire di esempio alla odierna società civile, nella società romana si compiva il processo di decomposizione e dissoluzione. Alla dissolutezza che spesso confinava con la pazzia, si contrappose, come altro estremo, la più rigorosa continenza. L’ascetismo assunse le forme religiose che prima aveva assunto il libertinaggio, e il fanatismo più entusiastico gli faceva propaganda. La crapula e la lussuria avevano rotto ogni freno, e formavano il più crudo contrasto col bisogno e la miseria deimilioni e milioni che Roma conquistatrice aveva tratti in Italia da tutti i paesi del mondo allora conosciuto. Tra questi c’era anche un numero sterminato di donne che, divise dal focolare domestico, dai genitori o dal marito, strappate ai figli, versavano nella più profonda miseria e tutte anelavano al riscatto. E in condizioni di poco migliori si trovavano innumerevoli donne romane; sicché avevano le stesse aspirazioni e qualunquemutamento nella loro condizioni sarebbe stato per esse il benvenuto. Oltre a ciò la conquista di Gerusalemme e del regno di Giuda per opera dei romani, ebbe per effetto la distruzione di ogni indipendenza nazionale, e produsse fra le sette ascetiche di quel paese dei visionari che annunziavano l’avvento di un nuovo regno che avrebbe apportato a tutti libertà e felicità. Sorse il Cristianesimo. Esso personificò l’opposizione contro ilmaterialismo bestiale dominante fra i grandi e i ricchi dell’impero romano, rappresentò la ribellione contro il disprezzo e l’oppressione delle masse; ma cadde nell’estremo opposto, predicando l’ascetismo. Sorto in un tempo che non riconosceva alcun diritto alla donna, considerandola sotto un falso aspetto come l’origine prima dei visi dominanti, esso predicò il disprezzo della donna. Nelle sue inumane dottrine insegnava l’astinenza e la mortificazione della carne. Ma colle su frasi ambigue relative a un regno celeste e ad uno terreno, trovò un sottosuolo fecondo nel terreno paludoso dell’impero romano. La donna, come tutti i miseri, sperando nella sua redenzione, lo abbracciò subito con fervore. Tuttavia fino ad oggi si può dire che non si è compiuto nel mondo nessun importante movimento a cui anche le donne non abbiano partecipato attivissimamente come combattenti e come martiri. Coloro quindi chemagnificano il cristianesimo come una grande conquista della civiltà, non dovrebbero dimenticare che furono appunto le donne alle quali esso va debitore di una gran parte del suo successo. Il loro zelo per la conversione fu di grande efficacia nell’impero romano nei primi tempi del cristianesimo, e fra i popoli barbari nel medio evo, e per loro mezzo i più potenti vennero convertiti. Ricordiamo fra le altre Clotilde, che indusse Clodoveo, re dei Franchi, ad abbracciare il cristianesimo; e Berta, regina di Gand, e Gisella regina d’Ungheria, che lo introdussero nei loro Stati. Si deve pure all’influenza della donna la conversione del duca di Polonia e dello czar Iarislao e di molti altri grandi. Ma il cristianesimo ricompensò male la donna. Esso nelle sue dottrine dimostra per essa lo stesso disprezzo che le dimostrano tutte le religioni dell’Oriente; le impone di essere la serva obbediente dell’uomo cui, anche oggidì, essa deve promettere obbedienza davanti all’altare.Vediamo come la Bibbia ed il cristianesimo parlano della donna e del matrimonio. Già nella storia della creazione viene imposto alla donna di essere sottomessa all’uomo. Nella scena del paradiso. È la donna che seduce l’uomo ed ha la colpa della cacciata dal paradiso. Si vede che i libri di Mosè furono scritti in un tempo in cui l’uomo era già diventato padrone. I dieci comandamenti dell’antico testamento sono rivolti all’uomo; soltanto nel nono comandamento la donna viene nominata insieme ai servi e agli animali domestici, e l’uomo viene avvertito di non lasciarsi tentare né dalla donna del prossimo, né dal suo servo, né dalla sua domestica, né dai buoi né dagli asini, e da tutto ciò che il prossimo possiede. Qui dunque la donna appare come un oggetto; essa era un brano di proprietà che l’uomo acquistava o contro una somma di denaro o contro prestazione di servizi. Gesù, che appartiene a una setta che si era imposta il più rigoroso ascenorme di agricoltura, ricorrenze, matrimonio, diritto civile e penale, culto, norme sulla purità). Halakhah, in ebraico significa “via, norma”. Nella tradizione ebraica costituisce la parte normativo-giuridica contenuta nella Torah (in ebraico “legge, insegnamento”, costituita dai primi cinque libri della Bibbia, o Pentatéuco - Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) e codificata nel Talmud; applicata inmaniera vincolante a tutti gli aspetti della vita del singolo e della collettività, costituisce la base dell’ortodossia pratica ebraica. Haggadah, in ebraico significa “racconto”. Nella letteratura rabbinica, l’insieme di racconti, parabole, proverbi e simili a scopo edificante, derivante dalla tradizione orale e incorporato nel Talmud. (33) Maltusianismo: teoria ispirata da T. R. Malthus – economista britannico, pastore anglicano, 1766-1834 - secondo la quale per assicurare il benessere dell’umanità sarebbe necessario applicare misure di controllo delle nascite esercitato con la continenza. (34) Tacito, Storie, libro 5. (Nota di A. Bebel). 28 tismo (astinenza) e l’autoevirazione (35), interrogato dai suoi discepoli se fosse bene pigliar moglie, risponde: «Non tutti comprendono la parola,ma soltanto quelli ai quali è dato; imperocché vi sono evirati che così uscirono dall’utero materno, ve ne sono di quelli che vennero evirati dagli uomini; altri poi si sono evirati da sé per ottenere il regno dei cieli» (36). L’evirazione dunque, stando a queste parole, è opera gradita a Dio e la rinunzia all’amore e al matrimonio è un’opera buona. E Paolo che può essere chiamato più che lo stesso Gesù il fondatore del cristianesimo e che fu il primo a dare caratteri internazionali a questa dottrina e la sottrasse alle sette giudaiche, predicava: «Il matrimonio è una condizione infima; maritarsi è bene, ma non maritarsi è meglio», …«Vivi nello spirito e resisti agli stimoli della carne…». «Coloro che furono guadagnati da Cristo, hanno mortificato la loro carne insieme alle loro passioni e ai loro appetiti». Egli stesso seguì le sue dottrine e non contrasse matrimonio. Quest’odio contro la carne e l’odio contro la donna, che viene rappresentata come la seduttrice dell’uomo (veggasi la scena del Paradiso). In questo senso predicavano gli apostoli e i padri della chiesa ed in questo senso operò la Chiesa in tutto il medio evo, creando chiostri e introducendo il celibato dei preti, ed anche oggi essa conserva lo stesso indirizzo. La donna, secondo il cristianesimo, è la impura, la seduttrice che portò il peccato nel mondo e trasse l’uomo a rovina. Perciò gli apostoli e i padri della Chiesa considerarono sempre ilmatrimonio soltanto come un male necessario, come oggi si considera la prostituzione. Tertuliano esclama: «Donna tu dovresti sempre menar vita misera, e triste, con gli occhi pieni di lagrime di pentimento, per far dimenticare che fosti tu a condurre in rovina il genere umano. Donna! tu sei la porta dell'Inferno!». S. Girolamo dice: «Il matrimonio è sempre un peccato; tutto ciò che si può fare è di scusarlo e santificarlo» – perciò se ne fece un sacramento della chiesa. Origene dichiara: «Il matrimonio è qualche cosa di impuro e di irreligioso; stromento di piaceri sensuali » e per resistere alla tentazione si evirò. – Tertulliano: «Il celibato deve essere preferito quand'anche il genere umano perisca». S. Agostino: «I celibi risplenderanno in cielo come lucenti stelle, mentre i loro genitori che li procrearono somiglieranno ad astri senza luce». S. Eusebio e S. Gerolamo concordano nell’affermare che l’espressione della Bibbia: «Crescete e moltiplicatevi» non risponda più ai tempi e la donna cristiana non se ne debba curare. Si potrebbero citare ancora cento dei più illustri luminari della chiesa i quali insegnavano allo stesso modo e predicando di continuo diffusero quei principi contrari alla natura sulle questioni sessuali e sull’accoppiamento fra i due sessi, che pure è un precetto naturale e il ,cui adempimento costituisce uno dei doveri più importanti del compito della vita. L’odierna società è ancora gravemente malata di queste dottrine, e se ne rimette solo a rilento. San Pietro apostrofa le donne energicamente così: «Donne, siate obbedienti all’uomo». San Paolo scrive agli Efesi: «L’uomo è il signore della donna, come Cristo della Chiesa», e ai Corinti: «L’uomo è l’immagine e la gloria di Dio, e la donna è la gloria dell’uomo». A questa stregua ogni minchione d’uomo può tenersi migliore della donna più distinta, e infatti in pratica anche oggi è così. San Paolo alza pure la sua voce autorevole contro una più elevata educazione ed istruzione della donna, dicendo: «Non si permetta a una donna di educarsi od istruirsi, essa deve ubbidire, servire e stare tranquilla». Tali dottrine non erano proprie soltanto del cristianesimo. Come questo è unamiscela di giudaismo e di filosofia greca, e questa ha a sua volta le proprie radici nelle più antiche civiltà degli Egizi, deiBabilonesi, degli Indi; così la posizione subordinata fatta dal cristianesimo alla donna era stata comune ad ogni antica civiltà umana. Ogni rapporto di dominio contiene la degradazione dei dominati. E questa posizione subordinata della donna si è conservata fino ad oggi in Oriente, ove la civiltà non raggiunse che un mediocre sviluppo, più assai che nella cristianità. Non fu il cristianesimo che migliorò a poco a poco la condizione della donna, ma la civiltà progredente dei paesi occidentali, malgrado il cristianesimo. Il cristianesimo non ha proprio nessun merito se oggi la condizione della donna è più elevata di quella che era al tempo della sua origine. Esso, nei riguarda della donna, ha solamente, nolente o costretto, rinnegato la sua vera natura. I fanatici della «missione redentrice del cristianesimo », in questo caso come in molti altri riguardi, sono certo di diverso avviso. Essi sostengono che il cristianesimo ha redento la donna dall’antica servitù, e si appoggiano soprattutto sul culto di Maria madre di Dio sorto più tardi nel cristianesimo, culto che serve per il sesso femminile come tale. Al contrario la chiesa cattolica, che fino ad oggi di questo culto ebbe cura, dovrebbe protestare decisamente. I santi e i padri della Chiesa già citati, e dei quali sarebbe agevole riferire molti altri brani, e tra essi i primi e i più grandi collettivamente e individualmente, si mostrano avversari della donna e del matrimonio. Il Concilio diMacon, che discusse nelVI secolo la questione se la donna ha un anima o non l’ha, si esprime sfavorevolmente sulla intelligenza della donna. L’introduzione del celibato ad opera di papaGregorio VII (37), il furore di una parte dei riformatori, 35) Mantegazza, L’amore nell’umanità (Nota di A. Bebel). Probabilmente si tratta di Paolo Mantegazza, Gli amori degli uomini, 2 voll.,Milano 1886. (36)Matteo [evangelista]: cap. 19, ver. 11 e 12 (Nota diA. Bebel). (37) Fu un provvedimento del quale i parroci, fra gli altri, della diocesi di Magonza si dolsero in questi termini: Voi vescovi e abati possedete grandi ricchezze, una tavola principe29 e specialmente di Calvino e dei riformatori della chiesa scozzese e dei preti contro i «piaceri della carne», e soprattutto il «Libro dei libri», la Bibbia nelle sue numerose espressioni sfavorevoli alla donna e all’uomo, insegnano il contrario. La chiesa cattolica introducendo il culto diMaria poneva, con astuto calcolo, il suo proprio culto della dea, in luogo del culto pagano delle dee, che esisteva presso tutti i popoli tra i quali si diffuse il cristianesimo. Maria fece le veci di Cibale,Militta,Afrodite, Venere, Cerere ecc. dei popoli meridionali; di Edda, Troia ecc. dei popoli germanici; solamente essa venne idealizzata spiritualmente e cristianamente. Le popolazioni primitive, fisicamente sane, rozze ma incorrotte, che nei primi secoli della nostra era, come flutti immani s’avanzarono dall’Est e dal Nord, e inondarono il floscio impero romano dove il cristianesimo a poco a poco dominava da signore, resistettero con tutte le forze alle dottrine ascetiche dei predicatori cristiani, e questi bene o male dovettero tenere conto di queste nature sane. I Romani si accorsero con stupore che i costumi di quei popoli erano molto diversi dai costumi loro. Tacito riconobbe tale fatto, esprimendosi sui tedeschi così: «I loro matrimoni sono rigorosissimi, e nessuna usanza è più encomiabile di questa, perché essi sono quasi i soli barbari che si appagano di una donna; di adulterî non si ode parlare quasimai; e se avvengono sono puniti subito, giudici gli stessi mariti. Il marito caccia fuori del villaggio la moglie adultera, coi capelli tagliati, ignuda, davanti ai parenti; perché l’offesa recata alla costumatezza non trova indulgenza. Una donna infedele non trova alcuno che la soccorra né per pregi di bellezza, di gioventù o di ricchezza. Ivi nessuno ride del vizio, né il sedurre o l’essere sedotto vi è considerato come un’occupazione della vita. I giovani si ammogliano tardi e quindi conservano le loro forze; anche le fanciulle non vanno a marito troppo presto, e quindi fiorenti di giovinezza e fisicamente robuste si accoppiano ad uomini egualmente forti, della stessa età, e il vigore trapassa di padre in figlio». Non bisogna dimenticare che Tacito ha dipinto le condizionimatrimoniali degli antichiGermani a troppo rosei colori e senza conoscerle forse abbastanza intimamente, allo scopo di additarle ad esempio ai Romani. E’ vero che l’adultera veniva punita severamente presso i Germani, ma non era lo stesso per l’adultero. Ai tempi di Tacito la gens era ancora in fiore fra i Germani. Egli stesso, al quale dovevano apparire strani e incomprensibili – dato il progresso dei rapporti domestici fra i romani – la vecchia costituzione gentilizia e i suoi principi, egli stesso narra stupito che presso i Germani il fratello della madre considerava il nipote come un figliuolo, ed anzi alcuni ritenevano che il vincolo di sangue fra zio materno e nipote fosse più sacro e stretto di quello fra padre e figlio, sicché tutte le volte che si chiedevano gli ostaggi, il figlio della sorella rappresentava una garanzia maggiore di quella che poteva offrire il proprio figliuolo. Su di che Engels osserva: Se dai compagni di una gens veniva dato il figlio in garanzia delmantenimento di una promessa e se egli, per effetto della violazione del patto da parte del padre, restava vittima, il padre non doveva intendersela che con se stesso. Ma se era il figlio di una sorella che veniva sacrificato, allora restava offeso il più sacro diritto gentilizio. Il più prossimo parente gentilizio, obbligato a proteggere primo d’ogni altro il fanciullo o il giovane, era colpevole della suamorte; egli o non doveva darlo in pegno o doveva tenere il patto (38). Del resto, ai tempi di Tacito, il diritto materno aveva già, secondo Engels, ceduto il posto al diritto paterno. I figli ereditavano dal padre; mancando i figli ereditavano i fratelli e gli zii paterni e materni. L’ammissione del fratello della madre, malgrado il diritto paterno, dipendeva da ciò, che l’antico diritto era sparito appena da poco. Il ricordo di questo diritto antico fu il motivo per il quale a Tacito parve che il rispetto dei Germani verso il sesso femminile riuscisse pressoché incomprensibile ai Romani. I Tedeschi si distinguevano anche per quell’invincibile coraggio che, secondo le osservazioni di Erodoto e di altri antichi scrittori, animava tutti gli uomini che si reggevano a diritto materno. La difesa delle donne è per essi tutto ciò che di più nobile ed elevato si conosca; il pensiero che le loro donne cadessero prigioniere o schiave è il più spaventoso che essi possano concepire e li spinge alla più viva resistenza. La donna è per essi sacra e inviolabile; il suo consiglio ha un valore speciale e perciò anche le donne sono sacerdotesse o profetesse. Ai tempi di Tacito i Tedeschi avevano già dimore fisse; la ripartizione del suolo aveva luogo ogni anno e continuava pure a sussistere la comproprietà dei boschi, delle acque e dei pascoli. Il loro regime di vita era ancora semplicissimo; la loro ricchezza principale il bestiame; i loro abiti, molto primitivi, consistevano in rozzimantelli di lana, in pelli di animali; le donne e gli ottimati (39) avevano sottovesti di lino. La lavorazione deimetalli era in uso soltanto presso le tribù che abitavano troppo lontano per l’importazione dei prodotti dell’industria romana.Negli affari di piccola importanza giudicava il consiglio dei capi; nei più gravi l’assemblea del popolo. I carpi erano elettivi, ed anzi erano per lo più di una stessa famiglia,ma il passaggio al diritto paterno favorì l’ereditarietà delle cariche e condusse alla fine alla fondazione di una nobiltà, dalla quale derivò più tardi la dignità reale. Come inGrecia e aRoma, così anche inGermania, con l’introduzione e col crescere della proprietà privata, con lo sviluppo delle arti e del commercio e col mescolarsi di razze e popoli diversi, la gens scomparve. In luogo suo venne una confederazione o unione di comunità, il consorsca, sontuosi equipaggi di caccia; noi poveri preti, per nostro conforto, non abbiamo che una donna. La continenza sarà una bella virtù, ma in verità essa è dura e molesta. Yves Guyot: Le teorie sociali del cristianesimo, II edizione, Parigi (Nota diA. Bebel). (38) Engels: Le origini della famiglia, ecc. (Nota di A. Bebel). (39) Ottimate, nel mondo classico, era il cittadino potente per nobiltà, dignità o ricchezza materiale. 30 zio delleMarche (40) che per molti secoli formò l’organizzazione democratica di un libero stato di contadini, fino a che esso soggiacque a poco a poco nelle lotte coi principi, con la nobiltà e con la chiesa, cadde in stato di sudditanza e servitù e segnò il formarsi del feudalesimo. Nella comunione delle Marche, capo supremo della famiglia era il legittimo signore; venivano dietro di lui i membri di sesso maschile. Le donne, le figlie e le nuore erano escluse dal consiglio e dal governo. Erano passati i tempi in cui le donne avevano la direzione degli affari delle tribù, fatto questo che aveva sorpreso altamente Tacito e che egli riferisce con parole di aborrimento e di disprezzo. La legge salica (41) nel V secolo dell’era nostra abolì espressamente la successione ereditaria del sesso femminile quanto all’eredità patrimoniale della famiglia, e lo spirito di questa legge dominò per secoli. Ogni membro della Marca aveva diritto, come dicemmo poc’anzi, ad una parte dei fondi comuni. Quando un giovane simaritava riceveva il suo lotto di fondi e se gli venivano dei figli acquistava nuovamente il diritto ad una porzione di terreno. Vigeva pure generalmente il costume che i giovani sposi ricevessero speciali concessioni per la fondazione della loro famiglia, per esempio un carro di legna di faggio e la legna per la casa. I vicini prestavano la loro opera volonterosi per le condutture e per digrossare legnami e nella costruzione degli attrezzi domestici ed agricoli. Nascendo una figlia, i genitori di lei avevano diritto ad un carro di legna; se il neonato era invece maschio, a due carri. Da ciò si vede che la donna valeva soltanto la metà del maschio. La conclusione delmatrimonio era semplice. Non si trattava di un rito religioso, bastava la dichiarazione delle due volontà e il matrimonio era conchiuso non appena la coppia era entrata nel letto nuziale. L’usanza che ilmatrimonio, per essere valido, abbisognasse di un atto della chiesa, sorse soltanto nel IX secolo e non fu che nel XVI secolo che il matrimonio fu dichiarato dal Concilio di Trento un sacramento ecclesiastico. Col sorgere dello Stato feudale, la condizione sociale di un gran numero di queste comunità peggiorò. I capitani vittoriosi si erano impadroniti di grandi possessioni che sino allora erano del popolo, ed alla loro volta le diedero in dono a quelli del loro seguito, agli schiavi, ai servi, aglio emancipati, tutti per lamaggior parte di origine straniera. In tal modo i capitani si crearono una nobiltà di corte e di toga che dipendeva dalla loro volontà e prestava loro aiuto nell’attuazione dei loro progetti. Siccome la formazione di un grande impero quale i re Franchi avevano attuato, dimostrò insufficiente anche dal punto di vista politico la vecchia costituzione gentilizia, così al posto del consiglio dei capi subentrarono i sottocondottieri dell’esercito e la nuova nobiltà. La gran massa dei contadini liberi, possessori di fondi, fu fiaccata e depressa dalle continue guerre di conquista e dalle discordie dei grandi, cosicché si trovarono nell’impossibilità di soddisfare più oltre all’obbligo di costituire l’esercito. Successero in loro luogo le genti addette al servizio dei grandi, che miravano a salire e che, per lo più, erano stati contadini; questi ultimi, incapaci di opporre resistenza ai continui saccheggi, si erano posti sotto la protezione dei grandi o della Chiesa, che aveva capito che sarebbe divenuta in pochi secoli una potenza considerevole. Ma, dopo che essi ebbero affidata la proprietà loro ai protettori, la ricevettero di ritorno da essi soltanto sotto forma di beni livellari (42), con l’obbligo della prestazione di tasse e servizi che un po’ per volta assunsero le più svariate forme e che diventarono nel corso del tempo sempre più numerose e opprimenti. Soggezione e schiavitù guadagnarono in estensione. Il signore si arrogò a poco a poco la facoltà di disporre quasi illimitatamente dei suoi servi e schiavi; a lui spettava ora il diritto di costringere almatrimonio ogni uomo di diciotto anni e ogni donna di quattordici. Egli poteva prescrivere all’uomo lamoglie, alla donna il marito. Eguale diritto aveva sulle vedove e sui vedovi. Aveva anche il cosiddetto jus primae noctis (43), al quale poteva rinunciare contro pagamento di una data tassa che rivelava già col nome la sua natura (bocca del letto, scellino della camicia, tributo della vergine, tassa del grembiule, ecc.). Questo diritto della prima notte venne discusso più volte. Può darsi che per alcuni sia molto incomodo, perché esisteva ancora in un’epoca che vienemagnificata volentieri come esemplare sotto l’aspetto del cosiddetto buon costume e della pietà. Si è già visto che questo jus primae noctis è l’ultimo avanzo di una usanza che si collega al tempo del diritto materno, quando tutte le donne di una gens erano le mogli di tutti gli uomini della stessa gens. Con la scomparsa della gens, continua a mantenersi l’uso di abbandonare la sposa agli uomini del consorzio domestico la notte del matrimonio; ma il diritto va limitandosi nel corso del tempo e passa alla fine nel capo della stirpe o nel sacerdote, come pratica dio un atto religioso; ma si conserva poi dai feudatari come espressione del loro potere sulle persone (40) LaMarca, a partire dal periodo carolingio – dalla metà del sec. VIII alla fine del sec. X – era un territorio che per la sua posizione di confine era sottoposto ad una particolare giurisdizione; era affidata a un funzionario con poteri civili e militari, detto marchese, la cui carica inizialmente temporanea, finì col diventare irrevocabile ed ereditaria. (41) La legge salica era una raccolta di consuetudini giuridiche dei franchi salii (gli antichi franchi), la cui prima compilazione risale ai tempi di Clodoveo (466-511), remerovingio. Era essenzialmente una raccolta di norme di carattere penale, ma è nota soprattutto per la particolare disposizione che escludeva le donne dalla successione della proprietà fondiaria, dalla quale fu derivato il principio che escludeva le donne dalla successione dinastica al trono. (42) Livello: era detto un contratto agrario, adottato diffusamente appunto nel Medio Evo, per il quale una terra veniva concessa in godimento per un certo periodo di tempo e a determinate condizioni. Bene livellare: bene, in questo caso la terra, sottoposto a contratto agrario livellare. (43) Il diritto del signore di giacere la prima notte di matrimonio con ogni donna, dai quattordici anni in su, appena maritata. 31 e viene esercitato a loro talento o effettivamente, ovvero vi rinunziano contro prestazioni in natura o in danaro. Sugenheim(44) nota che l'jus primae noctis come diritto generalmente esercitato dal signore feudale, derivava dal fatto che il signore dovea dare il consenso al matrimonio. E fu per questo che, secondo lui, a Bèarn tutti i primogeniti di un matrimonio in cui era stato esercitato l'jus primae noctis, erano liberi. Più tardi codesto diritto si poteva affrancare mediante una tassa. A questa ci tennero tenacementa, secondo Sugenheim, i vescovi diAmiens, fino al principio del quindicesimo secolo. Nella Scozia, re Malcom III lo rese parimenti affrancabile mediante il pagamento di una tassa, ma in Germania durò ancora più a lungo. Giusta il catasto del monastero svevo di Adelberg dell'anno 1496, gli schiavi domiciliati a Börtlingen si affrancavano in questo modo dal diritto in questione: lo sposo, mediante prestazione di una data misura di sale; la sposa, mediante il pagamento di una libbra e sette scellini in danaro o di una scodella così capace da potervisi sedere dentro. Altrove le spose dovevano pagare al signore a titolo di riscatto, tanto cacio o burro in proporzione del peso e del volume del loro deretano; altrove ancora esse dovevano dare una seggiola elegante di cordovano, anche questa così capace da contenere precisamente quella parte del corpo umano (45). Welsch, trattando del tribunale supremo d'appello bavarese, dice che l'obbligo del riscatto dell'jus primae noctis vigeva inBaviera anche nell'ultimo secolo (Dello stabilimento e della liberazione daipesi fondiari a carico dei contadini con ispeciale riguardo alla Baviera, al Wüttemberg, a Baden, all'Assia, Prussia ed Austria, Landshut 1848. Non ci può essere dubbio alcuno che il cosiddetto diritto della prima notte non solo fu praticato durante tutto il Medio Evo, ma anche nell’epoca moderna, e fece parte del codice feudale. In Polonia, i nobili si arrogavano il diritto di violare ogni ragazza che loro piacesse, e facean dare cento colpi di bastone a chi se ne doleva (46). Osserviamo di passata che questo stato di cose è in vigore ancor oggi all'E. e al S. E. d'Europa; informino l'Ungheria, la Transilvania e i Principati Danubiani. NelMedio Evo imatrimoni si facevamo nell’interesse del padrone, perché i figli che ne nascevano diventavano suoi dipendenti come i genitori loro, aumentavano le sue entrate con l’aumento della manodopera. Fu appunto perciò che i signori ecclesiastici e civili favorirono i matrimoni dei loro sudditi. La cosa prendeva un altro aspetto per la Chiesa nei casi in cui essa mirava a venire in possesso a titolo di legato (47), ponendo impedimenti almatrimonio, del paese e degli abitanti. Ciò però riguardava quasi esclusivamente quelli fra i liberi che erano in più basso stato, la cui condizione era divenuta nel corso del tempo sempre più insopportabile, per le circostanze già da noi accennate e che, seguendo spesso i suggerimenti e i pregiudizi religiosi, cedevano i loro beni alla Chiesa, cercando protezione e pace entro le mura dei conventi. Altri proprietari di fondi che si sentivano troppo deboli per opporsi alla potenza dei grandi signori, si raccomandavano alla protezione della Chiesa contro prestazione di certe corresponsioni e servigi. Ma accadeva spesso che i loro discendenti incontrassero per tale via la stessa sorte a cui i loro antenati volevano sottrarsi e cadessero in potere della Chiesa, ovvero questa se ne facesse dei proseliti per imonasteri per poter più tardi impadronirsi dei loro beni. Le città fiorenti avevano nei primi secoli il massimo interesse a favorire l’incremento della popolazione, facilitando quant’era possibile la conclusione di matrimoni. Ma col tempo le circostanze mutarono. Non appena le città si sentirono potenti e sorse una classe di lavoratori istruiti ed organizzati, crebbe l’ostilità contro coloro che venivano a stabilirvisi, poiché in essi si vedevano soltanto dei concorrenti molesti. Con l’aumentare della potenza della borghesia simoltiplicarono le restrizioni e gli ostacoli elevati contro i neo-arrivati. Tasse di famiglia elevate, esami diMaestro dispendiosi, limitazione in ogni arte ad un certo numero di Maestri e lavoranti, costrinsero migliaia di persone alla servitù, ad una vita fuori del matrimonio e al vagabondaggio. Equando passò il tempo della prosperità delle città e cominciò quello della loro decadenza, le idee limitate di quel tempo fecero sì che aumentassero gli ostacoli contro la formazione della famiglia e l’indipendenza. Si aggiunsero poi altre cause di demoralizzazione. La tirannia dei signori crebbe di decennio in decennio; ciò spinse molti loro sudditi a mutare la loro vita di miseria colmestiere delmendicante, del vagabondo o del bandito; il che era favorito dai grandi boschi e dal pessimo stato delle vie di comunicazione. Oppure si facevano lanzichenecchi (soldati mercenari) che si vendevano a chi più pagava e offriva più ricco bottino. Si formò così un numeroso proletariato di bricconi maschili e femminili che divenne una vera piaga sociale. La Chiesa contribuì in buona fede alla corruzione generale. Vi era già nel celibato dei preti la causa precipua delle dissolutezze sessuali, e queste furono favorite dalle continue relazioni con Roma e l’Italia. Roma non era soltanto la capitale della cristianità e la residenza del papato,ma fedele al suo passato del tempo dell’impero era divenuta pure la nuovaBabele, l’alta scuola europea della scostumatezza, e la corte papale la sua sede principale. L’impero, cadendo, aveva lasciato all’Europa cristiana i suoi vizi più che le virtù. I primi erano stati specialmente coltivati in (44) Storia della abolizione della schiavitù e della servitù in Europa (Nota di A. Bebel). (45)Memminger, Stälin ed altri:Descrizione degli uffici del Württemberg. Fasc. 20 (Podesteria di Göpingen). Hormayr: I bavaresi orientali. Nota a pag. 38.Vedi Sugenheim: Storia della abolizione della schiavitù, ecc., pag. 360 (Nota diA. Bebel). (46) Sugenheim: Storia della abolizione della schiavitù, ecc. (Nota di A. Bebel). (47) Legato: funzionario inviato, per incarico temporaneo, a rappresentare uno Stato o un sovrano; oggi, solo a proposito dell’ambasciatore pontificio. 32 Italia, e di là penetrarono in Germania, in specie per effetto delle relazioni col clero. Questo, smisuratamente numeroso, formato di uomini vigorosi, i cui bisogni sessuali venivano aumentati straordinariamente dalla vita indolente e dissoluta, e che era tratto a soddisfarli, a motivo del celibato obbligatorio battendo una via contro natura, portò la scostumatezza in tutte le classi sociali e costituì nelle città e nelle campagne una vera peste per la moralità del sesso femminile. I conventi di frati e di monache spesso non erano differenti dai bordelli che in questo solo, che cioè la vita vi era ancor più sfrenata e dissoluta e molti delitti, specialmente gli infanticidi, potevano restare tanto più facilmente occulti in quanto che nei conventi la giurisdizione veniva esercitata soltanto da coloro che erano a capo di questa corruzione. I contadini cercavano di porre le loromogli e le loro figliuole al sicuro dalle seduzioni dei preti col non accettare alcuno come «padre spirituale» il quale non si obbligasse a prendere una concubina. Circostanza questa che determinò un vescovo di Costanza ad imporre ai parroci della sua diocesi una tassa speciale detta di concubinaggio. Tali condizioni spiegano il fatto che nelMedio Evo, che ci viene rappresentato dalla cecità degli scrittori romantici come pio e costumato, per esempio nel 1414, ci fossero a Costanza in occasione del Concilio ivi tenuto, non meno di 1500 meretrici. Questo stato di cose però non si presenta soltanto alla caduta del medio evo, ma esisteva già molto prima, ed era causa incessante di lagnanze e di leggi.Una di queste, dell'anno 802, suona così: «I conventi di monache devono essere rigorosamente custoditi: allemonache è vietato assolutamente di andar vagando, ma devono essere guardate colla massima diligenza, nè devono vivere in contese e dispute fra di loro, nè disobbedire e contravvenire alle maestre e alle badesse. Se esse poi sono soggette ad una regola claustrale devono assolutamente osservarla. Esse non devono fornicare, ubbriacarsi, desiderare la roba d'altri, ma vivere nella costumatezza e nella temperanza. Nessun uomo deve entrare nel convento eccetto che per la messa; e in tal caso egli deve andarsene tosto finita». Un'ordinanza dell'anni 869 stabilisce: «Se i preti mantengono più donne o spargono il sangue di cristiani o di gentili o infrangono le regole canoniche, devono esser privati del sacerdozio, perchè sono peggiori dei laici». Ma la condizione delle donne andò sempre più peggiorando anche per il motivo che, oltre agli ostacoli di ogni maniera che rendevano difficile la costituzione della famiglia e ilmatrimonio, il loro numero superava di molto quello degli uomini. E di questo devono considerarsi come cause particolari le guerre e le sfide, come pure i pericoli che presentavano a quel tempo i viaggi commerciali, la maggiore mortalità negli uomini in conseguenza dell’intemperanza e della crapula e la maggiore mortalità dipendete da questo sistema di vita per effetto di molte malattie pestilenziali che infuriarono nel corso di tutto ilMedio Evo. Nel periodo dal 1326 al 1440 si contarono 32 pestilenze; dal 1400 al 1500 quarantuno; dal 1500 al 1600 trenta (48). Schiere di donne giravano per paesi come ciurmatrici, cantatrici, suonatrici, in società con gli studenti e i chierici, inondando le fiere e i mercati e trovandosi dovunque c’erano adunanze di popolo e solennità. Nelle truppe dei soldati mercenari v’erano speciali reparti formati da donne, le quali disimpegnavano diversi uffici a seconda della bellezza e dell’età, giusta il carattere del tempo governato a maestranze e corporazioni, mentre fuori di questa cerchia non avrebbero potuto darsi a nessuno a scanso di pene severe. Nei campi esse dovevano trascinare coi carri fieno, paglia e legna, riempire tombe, stagni e fosse e aver cura della pulizia: negli assedî dovevano riempire con frasche, fastelli e fasci d’arbusti le fosse per facilitare l’assalto, aiutare a collocare in posizione le artiglierie o se queste affondavano in strade impraticabili aiutare a trasportarle. Per ovviare in qualchemodo allamiseria di queste donne si istituirono inmolte città le cosiddette case di Dio, dipendenti dall’amministrazione cittadina, dove esse erano tenute a condurre una vita onesta. Ma né il numero di questi istituti né imolti conventi erano in condizione di accogliere tutte quelle che avevano bisogno di soccorso. Siccome, giusta le idee del Medio Evo, nessun mestiere, fosse anche il più spregevole, poteva essere esercitato senza regole determinate, così fu organizzata a sistema di corporazione anche la prostituzione. In tutte le città v’erano postriboli, regalia cittadina o del sovrano, ed anche dellaChiesa, la cui rendita netta andava nelle casse rispettive. In questi postriboli le donne avevano una padrona scelta da esse, la quale doveva vigilare sopra la disciplina e l’ordine, ma soprattutto curare gelosamente che le concorrenti non costituite a corporazione guastassero il mestiere. Queste, se sorprese, venivano perseguitate con accanimento e punite giudizialmente. I bordelli godevano di una protezione speciale: gli schiamazzi in loro vicinanza venivano puniti più severamente. Le iscritte nella corporazione avevano pure il diritto di prendere parte, ordinate in corteo, a quelle processioni e solennità alla quali intervenivano le maestranze, e non di rado sedettero allemense dei principi e dei consiglieri. Per altro, non mancarono, specialmente nei primi tempi, violente persecuzioni contro le meretrici ad opera di quegli stessi uomini che esse mantenevano col loro mestiere e col loro denaro. Così Carlo il Grosso ordinò che una prostituta dovesse esser trascinata nuda sulmercato e flagellata mentre egli stesso "re ed imperatore cristianissimo" aveva non meno di sei donne in una volta, ed anche le sue figliuole, sull'esempio del padre, non furono specchi di virtù. Anzi esse con la loro condotta procurarono al padre parecchie ore spiacevoli e gli portarono in casa parecchi figli naturali.Alcuino, amico e consigliere di Carlo il Grosso, rese attento il suo scolaro sulle "colombe incoronate che volano di notte attraverso il Palatinato" parole intese a designare le (48) Dr. Carlo Bücher: La questione della donna nel medio evo, Tübingen (Nota diA. Bebel). 33 figlie dell'imperatore. Gli stessi comuni, che organizzarono ufficialmente ilmeretricio, che lo presero sotto la loro protezione e accordarono alle sacerdotesse di Venere ogni maniera di privilegi, punivano nel modo più crudele e inumano quelle che cadevano vittima della seduzione. Le infanticide, che uccidevano per disperazione il frutto del loro amore, subivano generalmente la pena di morte più dolorosa, mentre nessuno alzava la voce contro il seduttore. Forse egli sedeva tra i giudici quando si pronunciava in confronto della sua vittima la condanna di morte. Ciò del resto avviene anche oggidì (49). A Vürzburg, nel medio evo, il lenone giurava davanti almagistrato "che sarebbe stato fedele alla città e che avrebbe fatto ingaggiare donne". Lo stesso avveniva a Norimberga, a Ulm, a Lipsia, a Colonia, a Francoforte ed altrove.AUlm, dove nel 1537 furono chiusi i bordelli, le Maestranze chiesero nel 1551 la loro reintroduzione "per impediremaggiori abusi".Lo Stato, a proprie spese, metteva a disposizione d'illustri stranieri delle meretrici. Quando re Ladislao entrò in Vienna nel 1452, il Magistrato della città gli mandò incontro una deputazione di donne le quali, avvolte in leggieri veli, lasciavano vedere la bellezza delle forme, e Carlo V nel suo ingresso a Brügge fu salutato da una deputazione di ragazze ignude. Simili fatti succedevano allora assai spesso senza suscitare grande scandalo. La fantasia romantica e la gente astuta per calcolo hanno cercato di dipingere ilmedio evo comemorale, costumato ed animato da una specie di culto e di venerazione per la donna. A ciò diede credito in particolar modo l'epoca dei trovatori in Germania dalla fine del XII fino al XIV secolo. Il servizio d'amore della cavalleria, che la cavalleria francese, italiana e tedesca impararono a conoscere daiMori in Ispagna e in Sicilia, viene addotto come una prova dell'alta considerazione in cui era tenuta la donna in quel tempo.Ma in questo proposito è necessario fare qualche osservazione. Anzitutto la cavalleria formava soltanto una esigua parte della popolazione, e rispettivamente anche le donne dei cavalieri rappresentavano una proporzione assai esigua delle donne in generale; in secondo luogo soltanto una piccola parte della cavalleria disimpegnava il vero servizio d'amore; in terzo luogo la vera natura di cotesto servizio d'amore fu esagerata e misconosciuta oppure svisata a bello studio. Il tempo in cui esso fioriva era anche quello del peggiore diritto del più forte, in cui, almeno nel contado, tutti i freni dell'ordine erano rotti, e la cavalleria si abbandonava sbrigliatamente al saccheggio, ai furti e alle estorsioni. Che un'epoca come questa, in cui dominava la forza brutale, non fosse favorevole allo sviluppo di sentimenti miti e poetici, si capisce agevolmente. E' più razionale l'opposto. Fu un tempo cotesto che contribuì a distruggere quant'era possibile quel rispetto che forse esisteva verso il sesso femminile. La cavalleria contava nelle sue file, così nel contado come nelle città, della gente per lo più rozza ed incolta, la cui passione predominante consisteva nel combattere, nel bere smodatamente e soddisfare nel modo più sfrenato gli appetiti carnali. Tutti i cronisti di quel tempo non sanno narrare abbastanza delle violenze di cui si rese colpevole la nobiltà nel contado ed in ispecie nelle città, ove essa, costituita a patriziato, ebbe nelle mani il governo fino al XIII e in parte fino al XIV secolo, senza che i maltrattati avessero i mezzi di farsi rendere giustizia. Infatti la giovine nobiltà occupava lo scabinato, e nel contado il diritto di rendere giustizia spettava al signore, ovvero al cavaliere, all'abate o al vescovo. E' quindi impossibile che la cavalleria con tali costumi ed abitudini abbia avuto in generale un culto speciale per le sue proprie donne e figliuole, e le abbia levate a cielo come una specie di esseri superiori, e meno ancora che abbia nutrito questo rispetto per le donne e figliuole dei cittadini e dei contadini, contro le quali la nobiltà nutriva il più profondo disprezzo. Finchè questo servizio d'amore fu esercitato non vi fu che una piccolissima minoranza della cavalleria la quale fosse sinceramente entusiasta della bellezza delle donne; non di rado però veniva esercitato da uomini, i quali, come Ulrico di Lichtentstein, non potevano disporre dei loro sensi, e nei quali il misticismo cristiano e l'ascetismo avevano stretto un vero connubio coll'innato piacere sensuale. Altri, più sobri,miravano a intenti più positivi.Ma in complesso quel servizio d'amore, era la deificazione delle amanti a spese della moglie legittima, una specie di eterismo cristianizzato, come quello esistente al tempo di Pericle e da noi già descritto. Infatti la scambievole seduzione delle mogli era nel medio evo un servizio d'amore che la cavalleria praticava di frequente, come oggi avviene in alcuni ceti della nostra borghesia. Tanto diciamo sul "romanticismo" del medio evo e il suo rispetto per la donna. V’era certo nel conto in cui nel Medio Evo si tenevano apertamente i piaceri sessuali, il riconoscimento che l’istinto naturale radicato in ogni uomo sano e maturo, ha il diritto di essere soddisfatto e rappresentava la vittoria della natura sull’ascetismo cristiano. D’altra parte però si capisce che di questo riconoscimento e di questo soddisfacimento fruiva solamente una delle parti, che l’altra era invece trattata diversamente come se anch’essa non potesse e non dovesse avere gli stessi stimoli ed istinti, e la più lieve infrazione delle leggi della morale emanate dagli uomini veniva punita con lamassima severità. I rapporti sociali e politici ristretti e limitati com’erano, entro i quali si aggirava il piccolo borghese del Medio Evo, (49) Leon Richer nel suo libro – la femme libre – riferisce il caso di una fantesca che fu condannata a Parigi per infanticidio dal padre del suo proprio figlio, un avvocato in fama di uomo pio, che sedeva fra i giurati. Ma vi è di più. L'uccisore era stato lo stesso avvocato ed essa era completamente innocente, come l'eroica fanciulla ebbe a confessare soltanto dopo la sua condanna (Nota diA. Bebel). 34 gli facevano dettare norme altrettanto piccine e ristrette anche in rapporto alla posizione della donna. Ed il sesso femminile, per effetto della continua oppressione e della speciale sua educazione, si era così immedesimato nelle idee di chi lo dominava, che trovava tale condizione naturalissima e normale. Non ci furono anche milioni di schiavi che trovavano naturale la schiavitù e non si sarebbero redenti a libertà se i liberatori non fossero sorti dalla classe stessa dei fautori della schiavitù? I contadini prussiani non hanno forse chiesto di essere lasciati in servitù quando nel 1807 furono proclamati liberi dalla legge di Stein, poiché diversamente «chi avrebbe provveduto a loro in caso di malattia o nella vecchiaia»? E non è lo stesso anche oggi dell’agitazione operaia? Quanti lavoratori non vi sono anche oggi i quali si lasciano influenzare e guidare come pecore dai loro sfruttatori? L’oppresso ha bisogno di chi lo stimoli e lo animi; perché glimanca la forza e la capacità dell’iniziativa. Così è stato della schiavitù, del famulato (50) e della servitù; così è stato ed è nell’agitazione del proletariato dell’epoca moderna, e così è anche nella lotta per la libertà e l’emancipazione della donna, lotta intimamente connessa con quella che si combatte dai proletari. Persino nella lotta della moderna borghesia, comparativamente in condizionimigliori, per la sua emancipazione, i primi ad aprire la breccia furono oratori nobili ed ecclesiastici. Quali che fossero i vizi e gli errori che ilmedio evo riteneva conformi alle leggi di natura, è in ognimodo cosa certa che possedeva una sensualità sana derivante dalla natura stessa del popolo, vigoroso e amante del lieto vivere, che il cristianesimo non poté soffocare, come è certo che almedio evo erano ignoti gli ipocriti pudori, le debolezze e le mascherate libidini del nostro tempo che si vergogna e rifugge dal chiamare le cose col loro nome e di parlare con linguaggio naturale delle cose che sono naturali. Il medio evo non conosceva nemmeno quella anfibologia piccante onde si avvolge e nasconde quanto non si vuol dire apertamente per un pudore derivante da mancanza di schiettezza e di moralità, e rende con ciò più grave il pericolo, perchè simile linguaggio seduce, ma non appaga, lascia intravedere, ma non parla chiaramente. I nostri divertimenti di società, i nostri romanzi e i nostri teatri sono pieni di queste ambiguità piccanti e l'effetto ne è palese. Questo spiritualismo, che non è lo spiritualismo del filosofo trascendentale, ma quello di Roué, che si nasconde sotto la veste dello spiritualismo religioso, oggi esercita una grande influenza. La sana sensualità delmedio evo trovò il suo classico interprete in Lutero (51). Qui noi non abbiamo a che fare con Lutero riformatore quanto con Lutero uomo. Ed è qui appunto che la schietta e forte natura di Lutero si manifestò in tutto il suo vigore, fu la natura che lo costrinse ad esprimere senza riguardi il suo bisogno di amare e godere. La sua posizione di vecchio sacerdote romano gli aperse gli occhi, facendogli comprendere in pratica, per sua propria esperienza, quanto vi era di contrario alle leggi di natura nella vita deimonaci e dellemonache. Di qui il calore ond'egli combattè il celibato dei preti e deimonaci.Le sue parole valgano anche oggi per tutti quelli i quali credono di poter peccare contro la natura, e ritengono di potere conciliare coi loro principi di morale e di costumatezza, gli ostacoli con cui le istituzioni della società e dello stato impediscono amilioni di esseri di raggiungere i fini della natura. Lutero diceva: «Una donna non può, senza una speciale grazia, far senza di un uomo, come non può fare a meno di mangiare, di dormire, di bere e di altri bisogni naturali.Alla sua volta anche l'uomo non può stare senza una donna. E la ragione è questa: che è profondamente radicato in natura il bisogno di generare dei figli, come è quello del mangiare e del bere. «Perciò il signore ha fornito il corpo di membra, di vasi, di liquidi e di tutto ciò che serve a tale scopo. Ora chi vuole opporsi e non lasciar fare quel che la natura comanda, che fa egli se non impedire che la natura sia natura, che il fuoco bruci, l'acqua bagni, e l'uomo mangi, beva e dorma?». E nel sermone sulla vita matrimoniale egli dice ancora: «Come non è in mio potere che io non ia uomo, così non è in tuo potere che tu stia senza uomo, poiché non dipende dal libero arbitrio e da un calcolo, ma è cosa necessariamente naturale che ogni maschio debba avere una femmina e ogni femmina debba avre un maschio». Senonché Lutero non si esprimeva così energicamente soltanto per la vita coniugale e per la necessità dell'accoppiamento sessuale,ma neppure ammetteva che matrimonio e chiesa avessero qualche cosa di comune. Egli si fondava perciò interamente sull'anti- (50) Famulato: la condizione del servo nella Roma antica; nel Medio Evo indicava il contratto di lavoro e di servizio. Si usa ancora oggi per indicare la condizione o l’entità delle persone di servizio. (51)Martin Lutero, 1483-1546, noto riformatore religioso tedesco. Di origine contadina, fattosi monaco agostiniano studiò teologia e nel 1513 divenne professore a Wittenberg. La prima stesura organica del suo pensiero riformatore è contenuta nelle Novanticinque tesi che lui stesso affisse sulla porta della chiesa di Ognissanti aWittenberg in cui egli impugnava la pratica delle indulgenze promossa nel 1517 dall'arcivescovo di Magdeburgo per la fabbrica di S. Pietro in Roma. Nella religione cattolica l'indulgenza era la remissione totale o parziale delle pene temporali dovute a Dio da parte dell'uomo che ha peccato. L'indulgenza è concessa attraverso un atto giurisdizionale ecclesiastico sia ai vivi, a titolo di assoluzione, che ai morti a titolo di suffragio a condizione di preghiere o opere buone da parte dei fedeli. Tale pratica andò incontro ad una degenerazione, nel secolo XV, quando le indulgenze erano concesse dalla chiesa cattolica in cambio del versamento di denaro, degenerazione contro cui si scagliò Lutero. I principali fondamenti teologici del luteranesimo sono l'affermazione della sola possibilità di salvezza nella grazia che fu dono della fede indipendentemente dalle buone opere, il riconoscimento della Bibbia come unica base delle norme di fede del credente e la garanzia della corretta interpretazione della Bibbia grazie all'assistenza dello Spirito Santo; ne discende il non riconoscere la legittimità della chiesa e dei suoi concili, mentre il luteranesimo è strutturato in comunità guidate da un pastore che ha il compito della predicazione della parola di Dio (attraverso la Bibbia) e l'amministrazione degli unici sacramenti riconosciuti, il battesimo e la santa cena. 35 chità, la quale considerava ilmatrimonio come un atto di libera volontà dei contraenti in cui la chiesa non c'entrava per nulla.Dice Lutero: «Sappi, dunque, che il matrimonio è come ogni altra funzione umana. Come io posso mangiare, bere, dormire, camminare, cavalcare, contrattare e parlare coi pagani, giudei, turchi ed eretici, così posso altresì unirmi con essi in matrimonio. E non badare alle leggi dei pazzi che lo vietano [corsivo di Bebel, ndr]. I pagani sono uomini e donne creati da Dio, né più né meno di san Pietro, san Paolo e santa Lucia; taci, dunque, cattivo e falso cristiano». Lutero si dichiarava contrario, al pari d'altri riformatori, a qualsiasi limitazione delmatrimonio e volle permettere anche il secondo matrimonio dei divorziati, al che la chiesa era riluttante (52). Egli andò tanto oltre da permettere ad una delle parti di appagare le sue voglie fuori del matrimonio, anche quando il matrimonio non era sciolto, solamente per soddisfare la natura a cui nessuno può resistere. Come si vede, tale concetto del matrimonio è quello stesso che se ne aveva nell'antichità e che si riprodusse più tardi all'epoca della rivoluzione francese. Anzi Lutero è andato ancora più in là, proclamando principi che provocheranno il più vivo sdegno di una gran parte "degli uomini e delle donne onorevoli" del nostro tempo, che si fanno belli delle penne di Lutero e nel loro pio zelo si appellano alla sua autorità. Nel suo trattato "Sulla vita coniugale" (Jena 1522, II, p. 146) ecco quanto, fra altro, si legge: «Se una donna atta al matrimonio, sposando un uomo impotente, non può prendere apertamente altro marito e non vuol agire contro le regole dell'onore, dovrebbe dire allo sposo suo: vedi, mio caro, tu non ne hai colpa, ingannastime e ilmio giovine corpo, hai posto anche in pericolo l'onore e l'anima; in faccia aDio non vi è onore fra noi due; permettimi dunque che io contragga matrimonio in famiglia col tuo fratello o col tuo più prossimo amico, mentre tu conservi il nome perchè i tuoi beni non vadano ad altri eredi, e lasciati a tua volta ingannare da me, come tu senza volerlo mi hai ingannata». L'uomo, prosegue Lutero, ha l'obbligo di permetterlo. Se egli non vuole, la donna ha il diritto di fuggir via da lui, di recarsi in un altro paese e di sciegliersi un altro. Per converso, se la donna non vuol soddisfare l'obbligo coniugale, l'uomo ha il diritto di giacersi con un'altra, dopo avere però avvertita la prima (53). Sono, come si vede, idee così straordinariamente radicali quelle sviluppate dal grande riformatore da parere immorali ai tempi nostri così ipocritamente pudibondi. I brani fin qui citati dei discorsi e delle opere di Lutero intorno al matrimonio sono particolarmente importanti anche per questo, che le idee che vi sono espresse stanno in assoluto contrasto con quelle oggi dominanti nella chiesa e nel clero protestante. La democrazia sociale può a buon diritto appellarsi a Lutero nella lotta che ha da combattere col clero, a Lutero, che, nella questione delmatrimonio, parte da un punto di vista del tutto razionale. Ma Lutero ed i riformatori andarono in tale questione anche più in là per ragioni soltanto di opportunità e per compiacenza verso quei principi che vi si trovavano implicati con la propria persona e dei quali cercavano di guadagnarsi e conservare la protezione o la benevolenza. Filippo I, langravio di Assia (54), amico della Riforma, aveva, oltre la legittimamoglie, una amante, la quale non voleva acconsentire alle sue voglie che sotto la condizione ch'egli la sposasse. Il caso era scabroso. Una separazione dalla moglie avrebbe prodotto grave scandalo, e il matrimonio di un principe cristiano con due donne sarebbe stato un fatto inaudito e avrebbe suscitato scandalo nonminore. Tuttavia Filippo, spinto dalla passione, si decise per quest'ultimo passo. Ora si trattava soltanto di dimostrare ch'esso non era in contrasto colla Bibbia ed ebbe il consenso dei riformatori e specialmente di Lutero e Melantone (55). Il langravio avviò le prime pratiche con Butzer (56) che si dichiarò d'accordo nel piano e si impegnò di guadagnarvi Lutero eMelantone. Butzer motiva la sua opinione in questo senso: possedere più donne ad un tempo - egli dice - non è contrario al vangelo di S. Paolo, che pure ha fatto menzione di molti che non avrebbero acquistato il regno di Dio, non fa alcuna menzione di quelli che hanno due donne; inoltre S. Paolo dice che «il vescovo deve avere una donna e lo stesso i servi». Ora, se fosse stato necessario che ognuno avesse una donna, egli lo avrebbe prescritto e vietato di averne di più. Questi erano sofismi, ma Lutero e Melantone si unirono a lui e approvarono il doppiomatrimonio avendo anche la prima moglie del langravio consentito al secondomatrimonio di lui a condizione che egli «soddisfacesse verso di essa ai doveri coniugali ancora più di prima» (57). Del resto la questione della ammissibilità della bigamia aveva cagionati dei gravi pensieri a Lutero già prima, allorchè cioè si discuteva sull'autorizzazione da concedersi ad EnricoVIII d'In- (52) Dott. Carlo Hagen: Condizioni della religione e della letteratura in Germania al tempo della Riforma (Nota di A. Bebel). (53) Ib. loco cit., op. cit., pag. 234 (Nota di A. Bebel). (54) Langravio, dal tedesco Land, paese, territorio, e Graf, conte.Nel periodo carolingio, era il titolo dei conti delle regioni interne (Alsazia, Assia e Turingia), mentre quelli delle terre di confine erano detti "mangravi". (55) Filippo Melantone, 1497-1560, umanista e riformatore tedesco; professore di lingue antiche a Tubinga e aWittenberg, nel 1519 aderì almovimento di riforma della chiesa avviato daMartin Lutero. Successivamente tese a conciliare le posizioni del luteranesimo con quelle della chiesa di Roma. (56) Butzer (Bucero) Martin, 1491-1551, riformatore tedesco, ex-domenicano, scomunicato dalla chiesa di Roma, nel 1523 si trasferì a Strasburgo dove per 25 anni continuò la predicazione riformatrice che influenzò notevolmente anche Calvino; tentò la conciliazione tra le varie correnti riformatrici (Zwingli, Ecolampadio, Capito, Kolb, Zell) e il cattolicesimo; riparato poi in Inghilterra, presso l'arcivescovo di Canterbury, dove trovò l'apprezzamento anche del re Edoardo VI, e finì i suoi giorni come professore di teologia a Cambridge, dover contribuì alla stesura del Book of Common Prayer, il libro delle funzioni religiose anglicane. (57)Giansenio: Storia del popolo tedesco, 1525-1555 (Nota diA. Bebel). 36 ghilterra per un matrimonio doppio, come risulta da una lettera del gennaio 1524 indirizzata al signor Brink, cancelliere sassone, al quale egli scriveva: «non potere egli, Lutero, opporsi certo in massima alla bigamia perchè non contraddicente alla sacra scrittura (58); ma ritenerla dannosa se avvenga fra cristiani, i quali dovrebbero astenersi da cose anche lecite».E dopo le nozze del langravio, avvenute effettivamente nel marzo del 1540, egli scriveva (10 aprile) in risposta ad una lettera di ringraziamento di lui: «Vostra Grazia sia tranquilla per il consiglio che le abbiamo dato, sul quale desideriamo venga serbato segreto. Altrimenti anche i rozzi contadini (che vogliono imitare l'esempio del langravio) potrebbero addurre ragioni forse altrettanto ed anche più gravi, a combattere le quali si durerebbe troppa fatica». Meno difficile doveva riuscire a Melantone l'aderire al secondomatrimonio del langravio, avendo egli già scritto in precedenza ad Enrico VIII, che "ogni principe ha il diritto di introdurre nelle sue terre la poligamia". Tuttavia il secondo matrimonio del langravio suscitò nel suo stesso paese tanto rumore e fece tale impressione, che nel 1541 egli fece diffondere uno scritto ove difendeva la poligamia, sostenendo che non era in opposizione alla Scrittura (59). Non si viveva più nel nono secolo, in cui le tradizioni ancora fresche delle condizioni precedenti rendevano tollerabile senza scandalo la poligamia. I rappoprti sociali erano frattanto notevolmente cambiati; non solo la costituzione gentilizia era tramontata da un pezzo, ma anche il consorzio delle Marche aveva dovuto cedere alla potenza della nobiltà, dei principi e della chiesa, ed era sparito,meno pochi residui, che dopo l'esito infelice della guerra dei contadini [1525, ndr] fuorno pure completamente distrutti. La proprietà privata era divenuta il fondamento generale della società.Vicino alla popolazione agricola era cresciuta una classe di operai forte, guidata dal suo interesse di ceto e corrispondentemente organizzata. Il commercio aveva assunto grandi proporzioni, e creò una classe di mercanti che mediante le ricchezze, lo splendore esterno della loro posizione e la potenza materiale destò l'invidia e l'inimicizia della nobiltà che affondava sempre più nell'ignavia e nella miseria. In tali condizioni, la monogamia era divenuta la sola base naturale dei rapporti sessuali, e un passo come quello del langravio d'Assia urtava contro la morale e gli usi dominanti, che sono sempre l'espressione delle condizioni economiche del tempo.Al contrario, si trovavano benissimo con la prostituzione, come istituzione complementare necessaria della monogamia, e la tolleravano senza restrizioni. Mentre Lutero riconosceva che la soddisfazione dell'istinto sessuale era un precetto di natura, significava ciò che gli uomini di quel tempo pensavano e pretendevano apertamente per loro, ma egli, anche mediante la Riforma che metteva capo all'abolizione del celibato dei preti e alla soppressione dei conventi, mirava a porgere a deimilioni la possibilità di disciplinare l'istinto naturale sotto forme legittime.Altri milioni rimanevano certo ancora esclusi a causa dell'esistente ordinamento della proprietà e delle sue leggi. Ma la Riforma rappresentò appunto la prima protesta della borghesia grassa, colpita in sul nascere, contro la lega degli stati feudali nella chiesa, nello stato e nella società; tendeva a sciogliere i vincoli imposto dal diritto delle corporazioni, della corte e della chiesa, all'accentramento della vita dello stato, alla semplificazione della vita della chiesa scialacquatrice, a togliere damolti posti uomini infingardi ed oziosi collocandoli in professioni pratiche.Abolita la forma feudale della proprietà e degli impieghi, doveva prenderne il posto la forma borghese della proprietà libera, cioè in luogo della protezione sociale corporativa di piccoli circoli chiusi, doveva spiegarsi la libera lotta delle forze individuali fra loro concorrenti. Lutero fu nel campo religioso il rappresentante di queste aspirazioni borghesi. Combattendo per la libertà del matrimonio, egli non poteva ammettere che ilmatrimonio civile come si è sviluppato inGermania solo ai tempi nostrimediante la legge sulmatrimonio civile e la legislazione civile ad esso legata, la libertà di domicilio, la libertà dell'industria e la libertà di connubio. Quanto, con ciò, sia mutata e migliorata la condizione della donna, vedremo poi. Intanto le cose non avevano ancora fatto molto cammino al tempo della Riforma. Siccome, giusta i precetti e le norme dei riformatori, molti poterono contrarre matrimonio, così, d'altra parte, vennero perseguitati ferocemente i rapporti sessuali liberi.Avendo il clero cattolico mostrato una grande rilassatezza contro gli eccessi sessuali, così ora il clero protestante, dopo avere bene provveduto a se stesso, inveiva tanto più energicamente contro di essi. Venne dichiarata guerra ai lupanari, e furono chiusi come «antri di Satana»; le prostiture vennero perseguitate come «figlie del Diavolo» e ogni donna la quale commettesse un «passo falso» veniva posta alla berlina come sentina di ogni nequizia. Dal piccolo borghese gioviale del medio evo che viveva e lasciava vivere, sorse un cittadinuzzo bigotto, rigido e tetro, che risparmiava il più possibile, affinché i grossi borghesi suoi successori potessero vivere nel nono secolo tanto più spensieratameante e scialacquare di più. L'onesto cittadino dalla cravatta rigida, dalle idee piccine, dalla morale povera, fu il prototipo della società. Lamoglie legittima, alla quale specialmente la sensualitàmedioevale tollerata dalla chiesa cattolica non era piaciuta, andava pienamente d'intesa con lo spirito puritano del protestantesimo. Ma sopravvennero altre circostanze, le quali, come influirono sinistramente sulle condizioni generali inGermania, influirono pure sinistramente sulla condizione della donna. La trasformazione dei rapporti della produzione, del credito e del commercio, che si fecero sentire spe- (58) Ciò non solo è rigorosamente esatto, ma è spiegabile, quando si pensi che la Bibbia risale ad un tempo in cui la poligamia era assai diffusa fra i popoli dei paesi occidentali ed orientali (Nota di A. Bebel). (59) Giovanni Giansenio: Storia del popolo tedesco, 1525- 1555; vol. III (Nota di A. Bebel). 37 cialmente in Germania in seguito alla scoperta dell'America e alla via di navigazione alle IndieOrientali, produsse anzitutto una grande reazione nel campo sociale. La Germania cessò di essere il centro del commercio e del traffico europeo. La Spagna, il Portogallo, l'Olanda, l'Inghilterra presero a vicenda il primo posto e l'ultima lo conservò fino ai nostri tempi. L'industria e il commercio dellaGermania decaddero.Nel tempo stesso la Riforma ecclesiastica aveva distrutto l'unità politica della nazione. La Riforma fu il manto sotto il quale il principato cercò di emanciparsi dall'impero. D'altra parte, il principato sottomise la nobiltà, colmando di favori - per raggiungere più facilmente lo scopo - le città alle quali prodigò diritti e privilegi d'ogni maniera. Oltre a ciò non poche città, in vista dei tempi sempre più torbidi, si diedero spontaneamente ai principi. Ma di ciò la conseguenza ultima fu questa, che la borghesia spaventata dalla diminuzione dei suoi guadagni, innalzò barriere sempre più alte per difendersi dalla poco gradita concorrenza. Ottenne in tal modo che le condizioni a suo favore si rassodassero maggiormente, ma la miseria aumentò. In seguito, la Riforma provocò le guerre e le persecuzioni religiose che servirono sempre a mascherare gli scopi politici ed economici dei principi; guerre e persecuzioni che infuriarono in Germania, se pure con delle interruzioni, per più d'un secolo e finirono per fiaccarla del tutto con la guerra dei trent'anni (60). La Germania era divenuta un immenso cimitero, un campo pieno di rovine. Paesi e province devastate, centinaia, migliaia di città e villaggi arsi e distrutti, molti di essi scomparsi per sempre. In altri la popolazione fu ridotta di un terzo, d'un quarto, d'un quinto, perfino di un ottavo e di un decimo. Commercio, traffico, industria non solo languirono in questo lungo periodo, ma rovinarono così da non potersi riavere che stentatamente. Una gran parte della popolazione era demoralizzata e disavvezza da ogni disciplinata operosità. Se, durante le guerre, erano gli eserciti mercenari che saccheggiavano, spogliavano, profanavano e trucidavano trascorrendo la Germania da un capo all'altro, taglieggiando e atterrendo egualmente amici e nemici, dopo le guerre erano i malandrini e le schiere dei mendicanti e dei vagabondi, le quali gettarono lo spavento e l'angoscia nelle popolazioni, e impedirono od arrestarono il normale sviluppo dell'industria, del commercio e dei traffici. E specialmente per il sesso femminile era spuntata un'epoca di miseria e di patimenti. Il disprezzo per la donna aveva fatto grandi progressi in questo tempo di dissolutezza; la generale mancanza di guadagni pesava enormemente sulle sue spalle.Al pari dei vagabondi le donne popolavano a migliaia le strade e le foreste e riempivano le case dei poveri e le carceri dei principi e delle città.Atutte queste sofferenze e tribolazioni si aggiunse l'espulsione violenta di molte famiglie di contadini operata da una nobiltà affamata. Questa aveva dovuto, fino dai tempi della Riforma, piegarsi sempre di più sotto il giogo dei principi, e con gli impieghi di corte e i gradimilitari era aumentata la sua dipendenza, per cui andava ora cercando di risarcirsi dei danni recati dai principi, rubando il doppio o il triplo dei beni dei contadini. I principi, durante e dopo la Riforma, avevano preso dimira il ricco patrimonio della chiesa, che si appropriarono in un numero infinito di jugeri di terreno (61). Il principe elettore Augusto di Sassonia, ad esempio, fino allo scorcio del secolo XVI aveva sottratti allo scopo che avevano in origine, non meno di trecento beni ecclesiastici (62) e come lui fecero i suoi fratelli e cugini e gli altri principi protestanti. La nobiltà ne imitò l'esempio cacciando dalle loro case i contadini tanto liberi che schiavi ed arricchendosi coi beni loro sottratti. Lemal riuscite sollevazioni dei contadini nel secolo XVI vi porsero il migliore pretesto. Una volta riuscito il tentativo, non mancavano ragioni per andare più innanzi in modo egualmente violento. Ma dove questo sistema non andava in nessun modo, si mettevano in opera ogni sorta di cavilli, di vessazioni, di sofismi – e in ciò il diritto romano, che nel frattempo (60) La guerra dei Trent'anni, fu un conflitto combattuto nell'Europa continentale dal 1618 al 1648, ebbe origine in Boemia in seguito a contrasti tra l'impero cattolico e i principi protestanti che assunsero aspetti religiosi. La guerra ben presto si trasformò nello scontro tra i Borbone e gliAsburgo per il dominio sull'Europa continentale. Questa guerra conobbe diverse fasi in cui si coinvolsero tutte le poteze europee dell'epoca. Una prima fase (boemo-palatina) vide le forze dell'imperatore cattolico Ferdinando II di Boemia ottenere l'alleanza della Spagna e del papato, sconfiggere i principi boemi sollevatisi contro l'assolutismo politico e religioso dell'imperatore, ed estendere il conflitto ai principati tedeschi protestanti. I nobili boemi sconfitti furono espropriati e le loro proprietà date a una nuova nobiltà straniera di confessione cattolica (spagnola, tedesca e italiana). In questo modo gli equilibri furono spostati a favore degliAsburgo che estesero i loro domini fino al Baltico. La seconda fase della guerra vide l'entrata in campo di Cristiano IV di Danimarca che non poteva accettare l'espansione degliAsburgo, ma fu sconfitto. Immediatamente si aprì la fase svedese della guerra, con Gustavo II Adolfo di Svezia che si mise a capo della coalizione dei principi protestanti tedeschi contro l'imperatore; alleato con la Sassonia e con la Francia, penetrò in Germania fino in Baviera, sconfisse l'esercito imperiale, ma fu ucciso in battaglia; gli imperiali ripresero la controffensiva e, sostenuti sempre dalle truppe spagnole, sconfissero a loro volta gli svedesi e i loro alleati tedeschi. La Germania fu distrutta continuamente ed enormemente immiserita a causa delle continue guerre degli eserciti europei sul suo territorio. La Francia, potenza emergente, non poteva accettare il predominio asburgico a scala europea, e così si apre la fase francese della guerra (1635-1648); i francesi sconfissero gli imperiali e i loro alleati spagnoli; gli svedesi invasero nuovamente Boemia e Baviera, l'imperatore dovette riconoscere la sconfitta e accettare la perdita dell'egemonia sugli stati tedeschi. La Francia estese i suoi confini ad est impossessandosi dell'Alsazia e accrescendo il suo ruolo nella politica europea; la Svezia stabilì il suo predominio sulle coste tedesche del Baltico mentre l'indipendenza della Svizzera fu sancita definitivamente. La Spagna risultò indebolita ma proseguì la sua guerra contro la Francia fino al 1659; sconfitta, dovette cedere alla Francia i territori pirenaici del Rossiglione e della Cerdagna, e i territori confinanti con le Fiandre, sullaManica, come l'Artois. (61) Jugero: unità di misura di superficie usata nell'antica Roma, equivalente a un rettangolo di 240x120 piedi romani, ossai a circa 2.500 metri quadri. (62) Giansenio: Storia del popolo tedesco, volume III (Nota di A. Bebel). 38 s'era generalmente naturalizzato, offriva un comodo appoggio – per comperare i contadini o cacciarli e arrotondare i possessi della nobiltà. Interi villaggi, mezze province vennero in tal modo atterrati. Per citare soltanto alcune cifre, di 12.543 poderi di contadini soggetti alla nobiltà, cheMecklemburgo possedeva ancora all'epoca della guerra dei trent'anni, ne esistevano soltanto 1213 nell'anno 1848.Nella Pomerania dal 1628 andarono in rovina più di 12.000 poderi di contadini.La trasformazione compiuta nell'economia rurale durante il secolo XVII fu un altro stimolo ad intraprendere la espropriazione dei poderi dei contadini ed in ispecie a convertire in possedimenti della nobiltà gli ultimi avanzi del territorio comune. Venne introdotta l'economia libera la quale permetteva che in certe epoche si mutasse il sistema di coltivazione dei fondi. Terreni da biade vennero tramutati temporaneamente in pascoli artificiali, favorendo con ciò l'allevamento del bestiame, il quale a sua volta, fu causa della diminuzione delle braccia [da lavoro, ndr]. Con ciò divenne quindi sempre più grande l'esercito dei mendicanti e dei vagabondi, e i decreti succedevano ai decreti per diminuirne il numero con l'applicazione di pene severissime. Némigliore aspetto presentavano le città.Un tempo le donne erano state ammesse nei più svariati rami dell'industria, sia in qualità di operaie, sia quali imprenditrici. C'erano, per esempio, delle pellicciaie a Francoforte e nelle città della Svevia, delle fornaie nelle città Renane, delle ricamatrici d'insegne e delle cintolaie a Colonia e a Strasburgo; delle correggiaie a Brema, delle cimatrici a Francoforte, delle conciatrici aNorimberga, delle filatore e battiloro aColonia (63). Ora invece esse venivano sempre più rifiutate. L'abolizione del culto cattolico così fastoso, aveva gravemente danneggiato, ed anzi rese impossibili, moltissime industrie, e specialmente le artistiche, e perciò privato del pane un grande numero di operai e operaie. E, come avviene sempre, quando rovina una determinata condizione sociale, i suoi difensori prendono dellemisure che finiscono per aggravare ilmale. Sorto il timore ridicolo di un eccesso di popolazione tutti gli sforzi più energici tesero ad impedire che aumentasse il numero delle persone indipendenti e dei matrimoni. Sebbene città una volta fiorenti, come Norimberga, Augusta, Colonia ed altre, scemassero di popolazione fin dal secolo XVI, perché il commercio ed i traffici avevano cercato altre vie, e sebbene la guerra dei trent'anni avesse spopolato la Germania in modo spaventoso, tuttavia non vi era città, non vi era corporazione che non fosse in angustia per l'aumento dei suoi addetti; nè andavano meglio le cose per i soci delle corporazioni allora esistenti.Gli sforzi dei prìncipi assoluti, per aumentare la popolazione dei loro paesi in parte spopolati, non poterono resistere a cotesta corrente più di quello che a suo tempo le leggi romane che premiavano imatrimoni non abbiano impedito la diminuzione del numero dei cittadini romani. Luigi XIV stabilì delle pensioni per quei genitori che avessero dieci figli; pensioni che venivano aumentate se i figli salivano a dodici. Un suo generale, il maresciallo di Sassonia, andò anche più in là, proponendo di permettere i matrimoni per la durata di soli 5 anni. Federico il Grande scriveva quindici anni più tardi nello stesso senso: «Io considero gli uomini come una mandria di cervi nel parco di un gran signore, ai quali non incorre altro obbligo che quello di popolare il parco e riempirlo» (64). Federico scriveva queste parole nel 1741. Più tardi egli ha spopolato assai il «parco di cervi» con le sue guerre. In tale stato di cose la condizione delle donne era insopportabile al di là di ogni immaginazione. Escluse dalmatrimonio come «istituto provvidenziale », impossibilitate di appagare i loro istinti naturali, tenute il più possibile lontane dai guadagni per effetto del peggioramento delle condizioni sociali, perché non facessero concorrenza ai maschi che avevano già paura di se stessi, dovettero viveremiseramente disimpegnando servizi e lavori bassissimi, pagate in modo irrisorio. Siccome però l'istinto naturale non si lascia soffocare e una parte del sesso maschile viveva in condizioni simili, così sorsero i concubinaggi malgrado tutte le vessazioni poliziesche, e il numero dei figli naturali non fumai così grande come in quel tempo in cui sotto la forma della cristiana semplicità dominava il «regime paterno» dei principi assoluti. La donna maritata viveva ritiratissima; il numero dei suoi lavori e delle sue funzioni era così grande che da coscienziosa massaia essa doveva restare al suo posto da mane a sera per compiere i suoi doveri; ciò che le era possibile soltanto mercè il concorso e l'aiuto delle figlie. Poiché non aveva da sbrigare solamente le faccende domestiche quotidiane, a cui anche oggi la massaia borghese deve accudire, ma un'infinità di altre dalle quali oggi la donna è liberata completamente per effetto dello sviluppo e del progresso delle industrie.Allora doveva filare, tessere e imbiancare le tele; curare la biancheria e confezionare i vestiti; cuocere il sapone, fabbricare candele, fabbricare la bitta; era insomma né più némeno dellaCenerentola; unica ricreazione l'andare in chiesa la domenica. Imatrimoni si contraevano solamente fra persone dello stesso ceto sociale; lo spirito di casta rigido e ridicolo regnava dappertutto; e non tollerava trasgressioni. Le figlie venivano educate nello stesso spirito, tenute in casa in clausura severissima, la loro educazione intellettuale era affatto nulla, e non andava al di là delle pure faccende domestiche. Aciò si aggiunga una sequela di formule vuote che dovevano fare le veci dell'educazione e dell'intelligenza, e rendevano tutta l'esistenza, specialmente quella delle donne, un vero automatismo. Così lo spirito della Riforma degenerò nella peggiore pedanteria, e si cercò di soffocare nell'uomo le (63)Dr. C. Bücher: La questione della donna nel medio evo (Nota di A. Bebel). (64) Karl Kautsky: L'influenza dell'aumento della popolazione sul progresso della società (Nota diA. Bebel). Lo scritto di Kautsky, del 1880, è in italiano in un'unica edizione esistente, intitolato: Socialismo e Malthusianismo. L'influenza dell'aumento della popolazione sul progresso della società, F.lli Dumolard,Milano 1884. 39 sue più naturali inclinazioni e le espansioni della vita sotto un viluppo di regole e di abitudini, proclamate «rispettabili», ma che erano letali allo spirito. Nelle campagne e anche nelle cittàminori si erano mantenute, durante tutto ilmedio evo, usanze proprie e caratteristiche, che scomparvero sotto il puritanesimo rigido, nemico del piacere, che dominò tutto il periodo dellaRiforma. Fra queste c'erano delle solennità che ricordavano le antiche condizioni del tempo del dirittomaterno; e possono quindi trovaremenzione a questo punto. Tali feste venivano preparate tutti gli anni dalle donne tra loro, e gli uomini ne erano esclusi del tutto. Se fosse comparso un uomo, male gliene sarebbe incolto.Tali feste, in uso specialmente nei paesi della Germania meridionale e occidentale, sede delle vecchie razze, stando a quanto narrano i contemporanei, dovevano essere, di regola, molto allegre e sbrigliate, ed avevano ed hanno evidentemente lo stesso significato dei Saturnali romani. Questi ultimi ricordavano la tradizione popolare del tempo di Saturno, in cui, giusta la leggenda, regnavano gioia e pace generali, libertà e uguaglianza tra gli uomini. In tali giorni, che occupavano a Roma un'intera settimana, tutte le classi diventavano eguali, gli schiavi erano pari ai padroni, i quali giungevano fino a servirli durante i banchetti e gli altri sollazzi popolari. Evidentemente anche i Saturnali ricordavano il tempo del diritto materno, magnificato come un tempo di pace, di tranquillità e di giustizia.Asimili ricordi servivano pure le feste femminili preaccennate, sebbene il senso caratteristico ne fosse andato perduto. Come il papato lasciò sopravvivere i Saturnali romani sotto forma di carnevali, così la chiesa cattolica nulla ebbe ad opporre contro quella festa femminile. Il papato, che guarda sempre con attento occhio le antiche usanze del popolo, se ne giovò nell'interesse proprio. Così anche nel carnevale cristiano, lo schiavo, il servo, prima che cominciasse la lunga quaresima fino alla settimana di passione, diventava per tre giorni padrone di sé. Era permesso a tutto il popolo di godere fino alla sazietà tutti i piaceri, di cui aveva libera scelta; di dileggiare e profanare le disposizioni e i decreti dell'autorità e le cerimonie della chiesa. Anzi il clero si lasciava andare quasi al punto di prestarsi al gioco e di tollerare e favorire profanazioni, che in ogni altro tempo avrebbero avuto per conseguenza le più severe pene da parte dell'autorità religiosa e civile. E perché no? Il popolo, che si sentiva padrone per così breve tempo e si riposava in questo giubilo del cuore, provava della riconoscenza per tale libertà, e diventava tanto più arrendevole, rallegrandosi al pensiero della festa che si sarebbe rinnovata l'anno prossimo. Altrettanto avvenne della festa femminile a cui si è accennato. Lo spirito ascetico puritano dei tempi che seguirono la Riforma la soffocò. (65) Reazionari pedanti si aspettavano il naufragio della morale e dei costumi da queste disposizioni. Ketteler, vescovo di Magonza, ora defunto, si doleva già sin dal 1865, e quindi prima che la nuova legislazione avesse preso piede, «che la demolizione dei freni imposti alla conclusione dei matrimoni importava la dissoluzione del matrimonio, essendo ormai possibile ai coniugi di separarsi a piacere». E' questa una confessione preziosa la quale prova che i vincoli morali del matrimonio sono oggidì così deboli, che solo la forza può tener uniti i coniugi. Il fatto che i matrimoni, oggi naturalmente più numerosi, producevano da un lato un rapido aumento di popolazione, e che, d'altro lato, il sistema industriale svolgentesi gigantesco nella nuova era creò incongruenze d'ogni maniera, un tempo ignote, fece apparire di nuovo lo spettro dell'eccesso di popolazione. Gli economisti borghesi conservatori e liberali tirano la stessa fune. Noi dimostreremo il vero significato di tali timori e ne additeremo le ragioni.Anche il prof.A.Wagner appartiene a coloro i quali si crucciano al pensiero dell'eccessiva popolazione, e domandano limitazione e freni alla libertà deimatrimoni, in ispecie fra gli operai. Questi contraggono matrimonio troppo presto comparativamente al medio ceto sociale. Ora questo ceto profitta e si vale preferibilmente della prostituzione, e se si nega all'operaio il matrimonio, anch'egli userà la prostituzione. Ma allora si taccia, e non si mandino alte grida sulla "rovina dellamorale" e non si facciano lemeraviglie se le donne, che hanno gli stessi istinti e stimoli dell'uomo, cercano di appagarli con relazioni "illegittime". (Nota diA. Bebel). Con l'espandersi del commercio mondiale, col poderoso sviluppo deimercati, le artimanuali furono sconvolte; sorse la manifattura e da essa la grande industria.Anche la Germania, per effetto delle guerre religiose e della sua impotenza politica, uscita dalla sua miseria, rimasta indietro per tanto tempo nel suo sviluppo materiale, fu spinta, alla fine, nella corrente del progresso generale. Le macchine, l'uso delle scienze naturali nei processi di produzione, nel commercio e nel traffico, distrussero gli ultimi avanzi delle vecchie istituzioni. I privilegi delle corporazioni, il vincolo personale, i diritti di fiera e di bando e tutto ciò che vi era connesso furono messi tra i ferri vecchi. Siccome a soddisfare il crescente bisogno di braccia non bastava l'uomo,ma si rendeva necessaria anche l'opera della donna, così le condizioni divenute insopportabili dovettere cadere, e caddero. Questo momento, ch'era da gran tempo una necessità, si maturò quando laGermania raggiunse la propria unità politica. La borghesia, sorta nel frattempo, pretendeva il libero svolgimento di tutte le forze sociali a profitto dei suoi interessi capitalistici, che in quelmomento erano anche, fino a un certo grado, gli interessi della generalità. Di qui la libertà delle industrie, la libertà di domicilio, l'abolizione delle limitazioni al matrimonio e tutta la legislazione che viene caratterizzata con una parola come la legislazione liberale della borghesia (65). 40 L'istinto sessuale - Il matrimonio - Freni e impedimenti al matrimonio Platone ringraziava gli dei perché gli avevano elargito otto benefici. Egli considerava come primo beneficio di averlo fatto nascere libero anziché schiavo; come secondo beneficio quello di essere nato uomo e non donna. Concordi in queste idee sono probabilmente tutti gli uomini, e moltissime donne dichiarano che avrebbero desiderato poter nascere uomini. In questo vicendevole concetto si rispecchia la posizione reale del sesso femminile. Prescindendo affatto dalla questione se la donna è oppressa come proletaria, essa è oppressa quasi generalmente come donna nel mondo moderno della proprietà privata. Per essa esistono una infinità di vincoli e di impedimenti ignoti all'uomo, che la impacciano ad ogni passo.Molte cose permesse all'uomo, sono negate a lei; molti diritti sociali e molte libertà che sono goduti dal primo, costituiscono un errore o un delitto se esercitati da essa. La donna soffre come ente sociale e nella sua qualità di donna, ed è difficile dire in quale di queste due qualità essa soffra di più. Fra tutti gli istinti naturali che l'uomo possiede, quello carnale è, insieme coll'instinto di mangiare per vivere, il più forte. L'istinto di propagare la specie è l'espressione più potente della «volontà di vivere» ed è radicata profondamente nell'uomo normalmente sviluppato, e l'appagarlo, all'epoca della maturità, costituisce una condizione essenziale per il suo benessere fisico e morale. Aveva perfettamente ragione Lutero quando, come abbiamo già ricordato, diceva: «Chi vuol resistere agli stimoli naturali e non vuol lasciar fare quel che la natura vuole e deve, che cosa fa egli se non impedire alla natura di essere natura, al fuoco di bruciare, all'acqua di bagnare, all'uomo di mangiare, di bere, di dormire?». Sono parole queste che si dovrebbero scolpire sulle porte delle nostre chiese, nelle quali si predica tanto volentieri contro «i peccati della carne». Nessun medico e nessun fisiologo può significare con maggiore precisione la necessità di soddifare il bisogno di amore che si desta nell'uomo sano mediante l'istinto carnale. E' un precetto dell'uomo verso se stesso, che deve osservare rigorosamente, se vuole svilupparsi in modo normale e sano, di non lasciare inerte alcun membro del suo corpo e di non negare il proprio soddisfacimento ad alcuno stimolo naturale. Ognimembro deve compiere la funzione alla quale venne destinato dalla natura, quando non si voglia che venga guastato l'intero organismo. Perciò le leggi dello sviluppo fisico dell'uomo devono essere studiate e seguite con non minore cura delle leggi dello sviluppo intellettuale. L'attività psichica dell'uomo è l'espressione della costituzione fisica dei suoi organi. La perfetta salute della prima è intimamente connessa con la salute della seconda. La perturbazione di una parte deve produrre una perturbazione anche sull'altra. Le cosiddette passioni animali non occupano un gradino più basso delle cosiddette passioni morali, perché così le une come le altre sono l'effetto dello stesso organismo complessivo ed esercitano una vicendevole influenza. Ciò vale tanto per l'uomo quanto per la donna. Ne segue che la conoscenza delle proprietà fisiche degli organi sessuali è altrettanto necessaria quanto quella degli organi che producono l'attività psichica, e che l'uomo deve averne la stessa cura. Egli deve comprendere che gli organi e gli istinti radicati in ogni uomo, i quali costituiscono una parte essenzialissima della sua natura, e che anzi lo dominano interamente in certi periodi della vita, non devono essere oggetto dimistero, di un falso pudore e di una completa ignoranza. Ne segue ancora che la conoscenza della fisiologia e dell'anatomia, e quella degli organi della generazione e delle loro funzioni negli uomini e nelle donne dovrebbero essere altrettanto diffuse quanto quelle di ogni altro ramo del sapere umano. Corredati di nozioni precise sulla nostra natura fisica, guarderemmo con occhio del tutto diverso molte cose. Si imporrebbe da sé la questione di rimuovere gli inconvenienti sui quali oggi la società passa sopra tacendone con sacro terrore, ma che si incontrano in quasi tutte le famiglie. Del resto, il sapere è considerato dappertutto come una virtù, come lo scopo più degno di ogni sforzo e più umanamente bello, ma non così è considerata la scienza di ciò che è in stretta relazione col carattere e la salute del nostro Io, e coi principi d'ogni sviluppo sociale. Kant dice: «Uomo e donna formano appena insieme tutto l'uomo; un sesso completa l'altro». Schopenhauer dichiara: «L'istinto sessuale è l'espressione più perfetta della volontà di vivere e per conseguenza la concentrazione di ogni valore». E altrove: «L'affermazione della volontà di vivere si concentra nell'atto generativo, che è di quella l'espressione più pronunciata. Concorde in ciò, dice Mainländer: «Il centro di gravità della vita umana sta nell'istinto sessuale. Esso LA DONNA NEL PRESENTE 41 solo assicura la vita all'individuo, la vita che egli vuole sopra ogni altra cosa... L'uomo non consacra a nessun'altra cosa maggior serietà di quello che all'atto generativo, e in nessun altro affare condensa e concentra così energicamente». E prima di tutti questi, Buddha diceva: «L'istinto carnale è più acuto dell'uncino, con cui si dominano gli elefanti selvatici; è più ardente del fuoco, è come una freccia, che vien piantata nello spirito dell'uomo (66). Tale essendo l'intensità dell'istinto sessuale non c'è da stupirsi se l'astinenza sessuale all'epoca della maturità influisca in tale modo nell'uno e nell'altro sesso sul sistema nervoso e su tutto l'organismo umano, da generare le massime perturbazioni e aberrazioni, e, in date circostanze, anche la demenza e la morte. «L'accoppiamento dei sessi è una delle grandi leggi della natura; l'uomo e la donna ci sono soggetti al pari degli altri esseri, e non possono passarci sopra, specialmente nell'età matura, senza che il loro organismo ne soffra più o meno» (67). Debay cita fra le molte malattie cagionate dall'inazione degli organi sessuali, la satiriasi, la ninfomania, l'isterismo, la catalessia, la pazzia, e dimostra inoltre che il celibato esercita sulle facoltà intellettuali, specialmente della donna, un'influenza così dannosa, che nei manicomi il numero delle ragazze mentecatte supera di gran lunga quello delle donne maritate. Nello spedale della Salpetrière a Parigi, sopra 1726 pazze vi erano 1276 ragazze. Intorno al danno tutto particolare che deriva alla donna dall'astinenza sessuale, anche il Busch nella sua opera: «La vita sessuale della donna dal punto di vista fisiologico, patologico e terapeutico » si esprime, tra l'altro, così: «L'astinenza fu considerata in ogni tempo come specialmente dannosa al sesso femminile, ed è un fatto che così l'eccesso come l'astinenza influiscono sinistramente nello stesso grado sull'organismo della donna, facendone sentire più forti e intensi gli effetti che nel sesso maschile». A seconda dellamisura in cui gli istinti e le manifestazioni della vita nei sessi danno l'impronta allo sviluppo dell'organismo e dell'intelligenza e si estrinsecano nella forma e nel carattere, l'individuo è più perfetto, sia egli uomo o donna. Ogni sesso allora raggiunge la più alta perfezione di se stesso. Negli uomini costumati, dice Klencke nel suo libro «La donna come moglie» la violenza degli appetiti sessuali è posta sotto la guida dei principi morali dettati dalla ragione, ma non sarebbe possibile anche alla libertà più illimitata il far tacere del tutto le esigenze della conservazione della specie, esigenze insite nella normale costituzione organica di entrambi i sessi. Se uomini e donne non soddisfano a questo dovere verso la natura nel corso della vita, non può dirsi che ciò sia l'effetto di una resistenza liberamente voluta anche se questa resistenza si gabelli come tale, ovvero si chiami, per illudere se stessi, libero-arbitrio, bensì la conseguenza di ostacoli e illazioni sociali, che soffocarono il diritto naturale e lasciarono attutire gli organi; imprimendo a tutto l'organismo il tipo del rattrappimento, dell'antitesi sessuale così nell'aspetto come nel carattere, e suscitando con lo squilibrio nervoso morbose condizioni e tendenze tanto nello spirito quanto nel corpo. L'uomo assume aspetto e carattere femmineo, e le donne aspetto e carattere maschile, perché l'antitesi sessuale non si realizzò giusta il piano della natura; l'uomo è rimasto unilaterale, e non raggiunge il perfezionamento di se stesso e il punto più alto della sua esistenza. E il dottor Elisabetta Blackwall scrive nel libro «L'educazione morale del giovane in relazione al sesso »: «L'istinto sessuale esiste come condizione indispensabile della vita e come fondamento della società ». E' una delle forze più vigorose della natura umana. Tutto può sparire, questa no. Anche non sviluppata, anche senza formare oggetto del pensiero, codesto istinto necessario che è, si può dire, il fuoco centrale della vita, costituisce la salvaguardia naturale contro ogni possibilità di distruzione. La scienza esatta concorda quindi colle idee dei filosofi e col sano concetto dell'uomo, espresso da Lutero. Ne segue che ogni essere umano ha il diritto non solo di soddisfare, ma anche quello di poter soddisfare ed anzi di dover soddisfare quegli istinti che sono intimamente connessi con la sua più intima essenza, e che costituiscono anzi l'essere suo. Se ciò viene impedito o reso impossibile da leggi o pregiudizi sociali, ne seguirà un arresto di sviluppo nella vita dell'individuo e quindi una stagnazione e un regresso. Quali ne siano le conseguenze lo sanno i nostri medici, i nostri ospedali, i manicomi e le carceri, anche tacendo del turbamento recato ad una infinità di famiglie. Alcuni fatti e giudizi addotti ed espressi da uomini competenti lo provano ancora di più. Il dottore in medicina Hegerich, il traduttore del "Saggio sopra la popolazione" diMalthus, si esprime così, sulle conseguenze della violenta soppressione dello stimolo sessuale nelle donne: «Riconoscendo con Malthus il valore della astinenza virtuosa, debbo tuttavia, come medico, fare la dolorosa osservazione che la astinenza delle donne, che negli stati nostri è addirittura una virtù superiore, ma che non è perciò meno un delitto contro natura, viene spesso pagata colle più terribili malattie. Così come è certo una paura fantastica il paventare le tristi conseguenze della continenza dell'uomo e di un certo modo affine di soddisfazione dell'istinto sessuale, è altrettanto certo che la virtuosa astinenza delle donne non offre uno scarso contingente causale alla origine di terribili metamorfosi del petto, delle ovaie e dell'utero. Questimali sono quasi i più tormentosi di tutti, perchè traendo origine da sistemi che sono meno connessi ai punti centrali della vita individuale, indeboliscono presto i malati. Le vittime infelici di questi mali, per lo più donne distinte che trionfarono, malgrado una lotta accanita con un temperamento bollente, presentano facilmente lo spettacolo più ributtante di tutti. Sul suo letto si affligge la giovinetta abbandonata, la vedova anzitempo...!». Egli (66) Mainländer: Filosofia della redenzione, vol. II, 12 Saggio (Nota diA. Bebel). (67)Dott.A.Debay: Igene e fisiologia delmatrimonio.Parigi 1884. Citato: «Nel libero regno» di Irma L. Troll-Borostyani, Zurigo 1884. 42 nota poi come gli incomodi e le malattie suddescritte, si manifestino specialmente nelle monache. Le seguenti cifre ci insegnano come soffrano uomini e donne se l'istinto sessuale viene compresso, e come anche un matrimonio mal fatto sia preferibile al celibato. In Baviera nel 1858 sopra 4899 mentecatti, 2576 e cioè il 53% erano uomini, 2323 cioè il 47% erano donne. Gli uomini quindi erano rappresentati più delle donne. Ma, nel totale, il numero dei non coniugati d'ambo i sessi era rappresentato dall'81%, quello dei coniugati soltanto dal 17%, del 2%non si conosceva lo stato civile. Ciò che attenua di un poco questa spaventosa proporzione è il fatto che un numero non minore di mentecatti fino dalla giovinezza si trovava fra i non coniugati. Nell'Annover, secondo un calcolo fatto nell'anno 1856, la proporzione dei dementi appartenenti ai diversi ceti della popolazione era di un pazzo su 457 non coniugati, di uno su 564 vedovi, e di uno su 1316 coniugati. In Sassonia, sopra un milione di celibi, si contano 1000 suicidi, e 500 soltanto sopra un milione di ammogliati. Fra le donne, che danno un contingente di suicidi molto inferiore a quello degli uomini, si ebbero 260 suicide su un milione di nubili, e 125 soltanto su un milione di maritate. Consimili risultati presentano molti altri stati. Il numero delle suicide è straordinariamente grande nelle età dai sedici ai ventun anni, ciò che si deve attribuire specialmente al non soddisfatto stimolo sessuale, alle amarezze e afflizioni amorose, alle occulte gravidanze ed ai tradimenti degli uomini. Le stesse cause producono, come già misero in rilievo parecchie delle ricordate autorità mediche, anche la pazzia, ed anzi una proporzione molto sfavorevole per i non coniugati. Il professor Krafft-Ebing, uno dei più insigni psichiatri, si esprime così sulla condizione della donna ai tempi nostri, considerata come sesso: «Una causa non ultima della pazzia nelle donne si trova nella loro posizione sociale. La donna, che per natura sente più dell'uomo gli stimoli sessuali, almeno in senso ideale, non conosce alcun altro onesto soddisfacimento di tale bisogno all'infuori del matrimonio (68). «Soltanto con questo essa può provvedere. Il suo carattere si è formato attraverso infinite generazioni seguendo questo indirizzo. La fanciulla fa già da madre con la sua bambola. La vita moderna colle sue cresciute esistenze offre sempre minori speranze a soddisfarlo per mezzo del matrimonio. Ciò vale specialmente per i ceti più elevati in cui i matrimoni sono più rari e più tardivi. «Mentre l'uomo, perché più forte per le sue maggiori facoltà fisiche e intellettuali, e la sua libera posizione sociale, si procura senza fatica, il soddisfacimento sessuale o trova facilmente un equipollente in qualche occupazione che assorbe tutta la sua attività, queste vie sono chiuse alle donne nubili dei ceti più elevati. Ciò conduce scientemente o inconsciamente al malcontento di sé e degli altri, ed a insidie morbose. Per un po' si cercherà un compenso nella religione,ma inutilmente. Dal fanatismo religioso, con o senza masturbazione, si sviluppano una quantità di sofferenze nervose fra le quali non sono rari l'isterismo e la pazzia «Solo con ciò si comprende il fatto che la maggiore frequenza nella pazzia delle donne nubili si nota nell'età dai 25 ai 35 anni, e cioè nell'età in cui scompare la floridezza e svaniscono le speranza della vita, mentre negli uomini la pazzia si sviluppa più frequentemente dai 35 ai 50 anni, e cioè in un'età in cui sono più gravi le esigenze nella lotta per l'esistenza. «Non è certo un caso che col cresciuto celibato la questione della emancipazione della donna sia venuta sempre più all'ordine del giorno. Io la considererei come un indizio urgente delle condizioni sociali della donna che diventano sempre più incompatibili col progrediente celibato, come indizio della legittima pretesa che sia procacciato alla donna un equivalente di ciò a cui essa stessa è tratta da natura, e che le moderne condizioni sociali le negano» (69). Il dott. H. Ploss nella sua grande opera "La donna nella natura e nell'etnologia" (70) esaminando gli effetti del mancato appagamento dell'istinto sessuale nelle donne nubili, scrive: «E' degno della massima osservazione, non solo per il medico, ma anche per l'antropologo, che vi è un mezzo efficacie e infallibile di frenare od arrestare questo processo di avvizzimento (nelle vecchie zitelle) non solamente nel suo progresso, ma anche di restituire la già perduta floridezza, se non nel primitivo splendore, almeno in grado notevole; solo è peccato che le nostre condizioni sociali ne permettano e rendano possibile l'uso soltanto in casi rarissimi. Codesto mezzo consiste in un commercio sessuale regolare e ordinato. Non è raro vedere che in una ragazza già sfiorita e vicina allo stato di avvizzimento, se le si offre l'occasione di maritarsi, poco tempo dopo le nozze le forme le si arrotondano, torna il roseo colore alle guancie e gli occhi riacquistano il primitivo loro splendore. Il matrimonio è quindi la vera fonte della giovinezza per il sesso femminile. La natura ha le sue leggi fisse, che esigono il loro diritto con una severità inesorabile, ed ogni vita praeter naturam, ogni metodo di vita contro natura, ogni tentativo ad adattarsi a sistemi di vita che non corrispondono a quelle leggi, non può passare senza lasciare traccie visibili di degenerazione nell'organismo, vuoi dell'animale, vuoi anche dell'uomo». A riprova degli effetti che ilmatrimonio e il celibato esercitano sul sentimento, adduciamo anche le cifre seguenti: Nel 1882 c'erano in Prussia sopra ogni (68) Si dirà che oggi, entrati nel terzo millennio, grazie al progresso civile, almeno nei paesi più sviluppati, la donna ha più "libertà" nell'onesto soddisfacimento del bisogno sessuale, cosa che può fare senza doversi per forzasposare o incorrere ad ostracismi sociali che la emarginano nei gironi delle donne scostumate e di malaffare. Ciò non toglie che la condizione sociale della donna nella società capitalistica resti comunque vincolata alle forme del matrimonio previste dalle leggi e ai pregiudizi, radicati da infinite generazioni, sulla famiglia. (69) Richard Freiherr von Krafft-Ebing, psichiatra e neurologo tedesco (1840-1902), fu autore di Psychopathia sexualis (1886) - da cui con ogni probabilità è tratto il brano citato da Bebel -; questo è stato il primo tentativo di studio sistematico di tutti i comportamenti sessuali devianti. (70) Vol. II, Lipsia 1887 (Nota di A. Bebel). 43 10.000 abitanti di stato civile uguale 33,2 dementi maschi celibi; 29,3 donne nubili; dementi maschi maritati solo 9,5; donne 9,5; dementimaschi vedovi 32,1; donne 25,6. E' quindi certissimo che la mancata soddisfazione dell'istinto sessuale esercita la più sinistra influenza sulla costituzione fisica e psichica degli uomini e delle donne, e non possono essere considerate come sane quelle condizioni sociali, le quali vietano e impediscono un soddisfacimento normale di costesto istinto. Sorge ora il quesito: La società moderna ha dato soddisfazione alle pretese avanzate dagli uomini e specialmente dal sesso femminile per un sistema di vita razionale? Ovvero: Può essa soddisfarle? E, in caso negativo, sorge la domanda: Come possono tali esigenze essere appagate? «Il matrimonio è la base della famiglia, la famiglia è la base dello stato, ciò che colpisce il matrimonio, colpisce la società e lo stato, e rovina entrambi»; così vanno gridando i difensori dell'ordine odierno. Ora la monogamia è assolutamente uno dei principi più importanti della società civile, ma se codesto matrimonio a base di monogamia, che è un portato dell'ordinamento industriale borghese, sia anche quello che risponde pienamente allo scopo dello sviluppo dell'umanità, è un'altra questione. Dimostreremo che il matrimonio basato sul sistema borghese della proprietà è un matrimonio più o meno forzato, porta con sé molti inconvenienti e deformità e spesso non raggiunge completamente od anche non raggiunge affatto il suo scopo. Dimostreremo inoltre che esso è per giunta una istituzione sociale, di cui moltissimi non possono profittare, e che un matrimonio basato sul libero amore, pur essendo il solo rispondente ai fini della natura, non può essere per la generalità. Riguardo al matrimonio odierno, Stuart Mill, che non può essere sospetto di comunismo, esclama: «Il matrimonio è la sola vera schiavitù che la legge conosca ». Giusta le idee già riferite di Kant, soltanto uomo e donna insieme formano l'uomo. Il sano sviluppo della specie umana riposa sulla unione normale dei sessi. L'esercizio naturale dell'istinto sessuale è una necessità per un vigoroso sviluppo fisico e psichico dell'uomo e della donna. Ma poiché l'uomo non è un animale, per il completo soddisfacimento del suo più energico ed impetuoso istinto non gli basta il semplice appagamento del senso; egli esige anche l'attrattiva intellettuale e l'armonia coll'essere col quale si accoppia. Se codesto accordo non c'è, l'accoppiamento è puramente meccanico, e tale unione si dice, a buon diritto, immorale. Esso non basta alle più elevate pretese dell'uomo, le qualimirano a nobilitare intellettualmente, nel mutuo affetto di due esseri, un rapporto che riposa su leggi puramente fisiche. L'uomo superiore esige che la forza d'attrazione dei due sessi duri anche dopo la copula, ed estenda la sua efficacia nobilitante anche all'essere vitale che nascerà dall'accoppiamento (71). I riguardi e i doveri verso i discendenti non meno che la gioia che essi procacciano, rendono durevole la relazione amorosa di due esseri in tutte le forme sociali. Ogni coppia che vuole entrare in relazioni sessuali durevoli, e quindi contrarrematrimonio, dovrebbe proporsi il quesito, se le qualità fisiche e morali di entrambi si adattano a tale unione. Ma perché la risposta possa riuscire imparziale, è necessario in primo luogo: l'esclusione di ogni interesse estraneo, che non abbia a che fare col vero scopo dell'unione, che consiste nell'appagamento dell'istinto sessuale e nella riproduzione di se stesso, nella riproduzione della razza; in secondo luogo, un certo grado di perspicacia per frenare la passione cieca. Ora, poiché ambedue le condizioni, come proveremo più innanzi, nella società presente vengono a mancare in moltissimi casi, così ne deriva che il matrimonio moderno è molto lontano dal raggiungere il suo scopo, e che perciò esso non può considerarsi né «santo» né «morale». Naturalmente non si può provare statisticamente la quantità dei matrimoni che vengono oggidì conchiusi con idee assai differenti da quelle esposte. Le parti sono interessate a far apparire agli occhi del pubblico il matrimonio diverso da quello che è. In questa materia specialmente domina una tendenza all'ipocrisia, quale, in misura uguale, non si incontra in alcuna società primitiva.Anche lo stato, quale rappresentante di questa società, non ha interesse di istituire delle indagini anche solo per prova, perché il risultato di esse potrebbe diffondere una curiosa luce intorno alla stessa opera sua. Le massime osservate dallo stato in ordine di matrimonio delle grandi categorie dei suoi impiegati e servitori, non comportano l'applicazione di una norma che egli stesso dichiara necessaria. Il matrimonio, per raggiungere il suo scopo naturale, dev'essere una unione, e in ciò consentono anche gli idealisti borghesi, di due esseri per scambievole amore. Questo movente però si presenta schietto oggi in pochissimi casi.Dallamaggior parte delle donne il matrimonio viene considerato come una specie di istituto di collocamento, in cui esse devono entrare a qualunque costo. Viceversa, anche un grande numero di uomini considerano ilmatrimonio dal solo punto di vista dell'affare, e tutti i vantaggi e i danni vengono accuratamente calcolati e pesati soltanto sotto un aspetto materiale. Ed anche nei matrimoni non determinati da bassi motivi egoistici, la cruda realtà reca tanto turbamento e tanta dissoluzione che in ben pochi casi si realizzano le speranze concepite dagli sposi nel loro giovanile entusiasmo e nel bollore della passione erotica. Ciò è naturale. Se si vuole che il matrimonio assicuri agli sposi una convivenza soddisfacente, bisogna che insieme al vicendevole amore e alla stima reciproca, si accoppi la sicurezza dell'esistenza materiale, e quella quantità di mezzi per le necessità e le comodità della vita, che credono indispensabile di avere per sé e i loro figliuoli. Le gravi cure e la lotta aspra per l'esistenza sono il primo chiodo per la bara della felici- (71) L'accordo e i sentimenti per cui due sposi si avvicinano, esercitano indubbiamente una influenza decisiva sull'effetto dell'accoppiamento e imprimono al carattere del nascituro determinate proprietà. Dott. Elisabetto Blackwall: La educazione morale del giovane in relazione ad sesso. Si veda anche: Affinità elettive, di Goethe, il quale descrive in modo evidente l'effetto del sentimento (Nota di A. Bebel). 44 tà coniugale. Le preoccupazioni diventano tanto maggiori, quanto più feconda si mostra la comunione coniugale, e quindi quanto più ilmatrimonio raggiunge il suo scopo naturale. E qui è notevole un fatto. Il contadino che si compiace di ogni vitello che la giovenca gli partorisce, che conta con soddisfazione il numero dei porcellini che una troia gli reca, e narra, compiacendosene, l'avvenimento ai suoi vicini, questo medesimo contadino si fa cupo quando sua moglie gli regala un altro rampollo, che viene ad aumentare il numero - che non può essere grande - di quelli che egli crede di potere educare e mantenere senza soverchie cure, e ancora più cupo, se il neonato ha la sventura di essere una femmina.Che poi, non soltanto i matrimoni, ma anche le nascite siano dipendenti dalle condizioni economiche, è dimostrato dal numero delle nascite in Francia. Quivi prevale nelle campagne il sistema parcellare. Il suolo, sbocconcellato e frazionato oltre misura, non basta più a nutrire il suo padrone. Di fronte a codesta illimitata divisione del suolo, permessa dalla legge, il contadino francese ben di rado dà la vita a più di due figli, donde il celebre sistema dei due figli che si è elevato in Francia ad una vera istituzione sociale e che mantiene quasi stazionaria la popolazione con grande spavento dei capi dello stato, e che in molte province, anzi, ne segnala una rilevante diminuzione. Il risultato è questo, che il numero delle nascite in Francia decresce continuamente. Su 1000 donne, solo 99 sono feconde, mentre in Germania 151. Nel 1814 le nascite in Francia raggiunsero la cifra di 994.100, nel 1876 soltanto di 966.700 con una maggiore densità di popolazione. In media, le nascite in Francia, sopra circa 1000 abitanti nel periodo dal 1873 al 1876, furono ogni anno: 26,2-26; dal 1876 al 1879: 25,5-25,2; dal 1881 al 1885: 24,9-24,1; dal 1886 al 1888: 23,9. In quest'ultimo periodo invece, l'Inghilterra presenta su 1000 abitanti in media 32,9 nascite, la Prussia 41,27 e la Russia 48,8. In Francia adunque diminuisce di continuo il numero delle nascite. Il fatto addotto che la nascita di un uomo, come i regligiosi dicono «immagine di Dio», viene in molti casi calcolato ad un tasso inferiore a quello di un animale domestico, dimostra la condizione iniqua in cui ci troviamo. Ed è specialmente il sesso femminile che ne soffre. Per certi riguardi le nostre idee sono poco diverse da quelle degli antichi popoli barbari e di alcuni di quelli che vivono anche oggi. Se là le ragazze sopranumerarie spesso venivano e vengono ammazzate, noi non le uccidiamo più perché siamo troppo civilizzati. Ma esse sono trattate spesso da paria nella società e nella famiglia. L'uomo, più forte, le opprime da per tutto nella lotta per l'esistenza; e dove esse tuttavia accettano la lotta spinte dall'amore per la vita, vengono rabbiosamente perseguitate dal sesso forte come concorrenti moleste. In ciò i diversi ceti del sesso maschile non fanno alcuna differenza. Se operai dalla vista corta esigono che sia assolutamente proibito il lavoro alle donne (la domanda venne presentata nel 1877 al congresso operaio francese, ma fu respinta a grande maggioranza) una tale crudeltà d'anino è da scusare, poiché tale pretesa può esser giustificata dal fatto indiscutibile che con la crescente introduzione del lavoro femminile, la vita domestica degli operai cade completamente in rovina, rendendo così inevitabile la degenerazione della specie. Tuttavia il lavoro delle donne non si può vietare, perché centinaia di migliaia di donne sono costrette al lavoro industriale e ad ogni altro lavoro non domestico, non potendo esse altrimenti campare la vita. La stessa donna maritata è costretta a prendere parte alla lotta della concorrenza, perché spesso accade che i guadagni del marito non bastano più da soli a mantenere la famiglia (72). Ciò accade in grado molto minore nelle nostre classi cosiddette elevate; eppure esse si oppongono con viva gagliardia e col massimo astio alla concorrenza femminile. Certo la società moderna è più colta d'ogni altra. La donna è collocata più in alto; anche le sue occupazioni sono molto diverse e più degne, ma il concetto sui rapporti dei due sessi è rimasto in fondo essenzialmente lo stesso. Il professor Lorenzo de Stein nel suo lavoro: "La donna nel campo dell'economia nazionale", scritto che, sia detto per incidenza, corrisponde poco al suo titolo ed alle concepite aspettative, fa un quadro poeticamente abbellito del matrimonio odierno, quale dovrebbe essere in ipotesi;ma anche in questo quadro apparisce la posizione subordinata della donna di fronte al "leone" uomo. Egli scrive fra altro: «L'uomo vuole un essere che non solo lo ami, ma che lo comprenda; vuole una creatura alla quale non solo batta il cuore per lui, ma la cui mano gli accarezzi la fronte, che al suo apparire irradi la pace, l'ordine, il mite impero sopra sè stesso e le mille cose alle quali giornalmente attende; egli ha bisogno di un essere che diffonda intorno a tutte queste cose quell'inesprimibile profumo di femminilità che è il calore vivificante della vita domestica». In questo apparente panegirico della donna, si cela la sua umile posizione e il più basso egoismo dell'uomo. Il professore dipinge arbitrariamente la donna come un essere vaporoso, il quale, provvisto delle necessarie nozioni aritmetiche pratiche per mantenere in equlibrio il bilancio dell'economia domestica, e nel resto leggiadra come una dolce primavera, pende dalle labbra del padrone di casa, il leone imperante, gli legge negli occhi ogni desiderio, e colla piccola mano bianca gli accarezza la fronte che egli, il "signore della casa", forse corruga sulle proprie sciocchezze. Insomma il professore de Stein dipinge una donna e un matrimonio come su cento se (72) «Il sig. E., un fabbricante, mi comunica che ai suoi telai meccanici adibisce esclusivamente personale femminile; dà la preferenza alle donne sposate, specie se con famiglia che, per il suo sostentamento, dipende da loro; esse - dice - sono molto più attente e docili che le donne nubili, e costrette ad una estrema tensione delle forze per ottenere i mezzi di sussistenza necessari. Così le virtù, le autentiche virtù del carattere femminile, vengono pervertite a suo danno - così, quanto vi è di morale e di dolce nella natura femminile è trasformato inmezzo della sua schiavitù e delle sue sofferenze» (Ten Hours' Factory Bill. The Speech of Lord Ashley, 15thMarch, Londra, 1844, p. 20); questo brano, che viene ripreso in nota da Bebel, è citato in una nota daMarx ne Il Capitale, Libro I, cap. XIII,Macchine e grande industria. Cfr. K. Marx, Il Capitale, Libro I, UTET, Torino 1974, p. 538. 45 ne trova e se ne può trovare uno solo. Dei tanti matrimoni disgraziati e del disaccordo fra il dovere e il potere, del grande numero di donne che non possono mai pensare per tutta la vita a contrarre matrimonio, deimilioni che devono affaticarsi come bestie da soma da mane a sera per guadagnare il misero pane quotidiano, di tutto ciò il dotto professore nulla vede, nè sa. A tutte queste disgraziate la cruda realtà toglie il colorito poetico più facilmente di quello che lamano il pulviscolo colorito dalle ali della farfalla.Uno sguardo ad esse avrebbe distrutto il quadro poeticamente inspirato del professore e gli avrebbe guastato il concetto. Le donne che egli vede costituiscono soltanto un'esigua minoranza, e noi dubitiamo che anche esse siano all'altezza dei loro tempi. Spesso si dice che la pietra di paragone della coltura di un popolo, è la posizione che occupa la donna. Sia pure, ma proveremo poi che la nostra tanto celebrata coltura non è ancora molto avanzata. Nel suo lavoro: "La schiavitù della donna" (il titolo esprime il concetto che l'autore ha in generale della posizione attuale della donna) Stuart Mill sentenzia così: «La vita degli uomini è diventata più casalinga. Il progresso della civiltà impone all'uomo maggiori vincoli verso la donna». Ciò è giusto solo condizionatamente. Può darsi che sia vero, là dove esistono tra uomo e donna rapporti coniugali sinceri e leali, ma si può dubitare seriamente che possa applicarsi anche solo ad una forte minoranza. Ogni uomo ragionevole stimerà già per sè stesso utile che la donna, dalla ristretta sfera dell'attività domestica, entrando più nella vita, si avvezzi alle tempeste che la travagliano. Perciò all'uomo possono esser imposti nuovi vincoli, ma non tali che lo opprimano. all'incontro deve ancora ricercarsi se la nostra vita moderna non ha introdotto nel matrimonio fattori che lo guastano e perturbano più di prima. Certo anche prima, là dove la donna possedeva delle sostanze, venivano conchiusi matrimoni più per riguardi materiali che per amore e inclinazione; ma non vi sono esempi dimatrimoni contratti, come oggi, in un modo così cinico, come un pubblico mercato, per semplice mira di speculazione e per denaro. Oggi il traffico dei matrimoni nelle classi abbienti – per le classi non abbienti non ha alcun significato – si fa spesso con tanta impudenza da far parere un vero scherno la frase continuamente ripetuta sulla «santità » del matrimonio. Ciò, del resto, ha, come ogni cosa, il suo discreto fondamento. In nessun tempo, come nel presente, è diventato più difficile alla grande maggioranza degli uomini di sollevarsi ad un benessere corrispondente alle idee della generalità; ma in nessuna epoca, come in questa, ha predominato la tendenza ad un'esistenza più degna dell'uomo ed al godimento della vita. E diventa tanto più doloroso non raggiungere lo scopo propostosi, in quanto tutti credono di dover godere gli stessi diritti. Formalmente non vi è alcuna distinzione di ceti e di classi. Il concetto democratico dell'eguaglianza nel diritto di godere, ha risvegliato in tutti il desiderio di tradurre in realtà questa parificazione di diritti.Ma lamaggioranza non ha ancora compreso che l'eguaglianza nei godimenti è possibile soltanto allorquando coesiste la parificazione dei diritti e l'uguaglianza delle condizioni sociali di esistenza. Invece l'idea dominante e l'esempio dall'alto insegnano ai singoli di valersi di ogni mezzo che, senza comprometterli, lo conduce, secondo il loro intendimento, alla meta. Così la speculazione dei matrimoni per danaro è diventata un mezzo per salire. La sete dell'oro, possibilmente di molto oro, da un lato, e la brama di gradi, titoli e dignità dall'altro, trova il proprio reciproco soddisfacimento, specialmente negli strati cosiddetti più elevati della società. Qui ilmatrimonio viene per lo più considerato come un semplice affare, come un legame convenzionale, che i contraenti apparentemente rispettano, mentre, nel resto, ognuna delle parti opera assai spesso secondo le proprie inclinazioni.Aimatrimoni per politica, nelle più alte sfere, accenneremo soltanto per esaurire l'argomento.Anche in questimatrimoni, di regola, ed anzi per l'uomo assai più che per la donna, ha perdurato tacitamente il privilegio di compensarsi secondo il capriccio ed il bisogno, e senza danno, fuori del matrimonio (73). Ci fu un tempo in cui, presso i sovrani, il sistema di tenere una maitresse era buon genere, e ogni principe doveva mantenerne almeno una; era, in certo modo, un attributo principesco. Così, secondo lo Scherr, Federico Guglielmo I (1713-1740) teneva relazione, almeno in apparenza, con la moglie di un generale, e tutta l'intimità (73)A questo proposito non può non venire inmente quanto scritto nel Manifesto del partito comunista di Marx-Engels, quando nel II capitolo Proletari e comunisti, si affronta l'argomento della famiglia borghese: «Abolizione della famiglia!Anche i più estremisti si riscaldano parlando di questa ignominiosa intenzione dei comunisti. Su che si basa la famiglia attuale, la famiglia borghese? Sul capitale, sul guadagno privato. Una famiglia completamente sviluppata esiste soltanto per la borghesia: ma essa ha il suo complemento nella coatta mancanza di famiglia del proletario e nella prostituzione pubblica. «La famiglia del borghese cade naturalmente col cadere di questo suo complemento ed entrambi scompaiono con la scomparsa del capitale (...). «Tutta la borghesia ci grida contro in coro:ma voi comunisti volete introdurre la comunanza delle donne. Il borghese vede nella moglie un semplice strumento di produzione. Sente dire che gli strumenti di produzione devono essere sfruttati in comune e non può naturalmente farsi venire in mente se non che la sorte della comunanza colpirà anche le donne. Non sospetta neppure che si tratta proprio di abolire la posizione delle donne come semplici strumenti di produzione. «Del resto non c'è nulla di più ridicolo del moralissimo orrore che i nostri borghesi provano per la pretesa comunanza ufficiale delle donne fra i comunisti. I comunisti non hanno bisogno di introdurre la comunanza delle donne; essa è esistita quasi sempre. I nostri borghesi, non paghi di avere a disposizione le moglie e le figlie dei loro proletari, per non parlare neppure della prostituzione ufficiale, trovano uno dei loro divertimenti principali nel sedursi reciprocamente le loro mogli. In realtà, il matrimonio borghese è la comunanza delle mogli. Tutt'al più ai comunisti si potrebbe rimproverare di voler introdurre una comunanza delle donne ufficiale e franca al posto di una comunanza delle donne ipocritamente dissimulata. Del resto è ovvio che, con l'abolizione dei rapporti attuali di produzione, scompare anche quella comunanza delle donne che ne deriva, cioè la prostituzione ufficiale e non ufficiale» 46 consisteva in questo, che egli andava tutti i giorni a passeggio con lei per un'ora nel cortile del castello. In ogni grande metropoli vi sono determinati giorni ed ore in cui le classi elevate si riuniscono precisamente allo scopo di promuovere la conclusione di sponsali e di matrimoni. Coteste adunanze vengono chiamate assai propriamente "la borsa del matrimonio". Siccome la speculazione e il traffico vi rappresentano la parte principale, non vi sono esclusi l'inganno ed il raggiro. Ufficiali carichi di debiti, ma che possono presentare un vecchio titolo di nobiltà; Roué, indeboliti dalla debauche, che vogliono rifare nel porto matrimoniale la salute rovinata, ed hanno bisogno di una donna che li curi; fabbricanti che si trovano sul limite della bancarotta e spesso della galera; commercianti e banchieri che vogliono essere salvati; infine, tutti quelli che cercano rapida fortuna coll'aumento della ricchezza, si trovano colà, vicino ad impiegati che mirano ad un avanzamento, ma che intanto sono poveri in canna, come avventori, e contrattano del pari, sia che la sposa sia giovane o vecchia, bella o brutta, sana o ammalata, educata o incolta, pia o frivola, cristiana o ebrea. Un celebre uomo di Stato sentenziava: «il matrimonio fra un cristiano H. ed un'ebrea St. è molto raccomandabile » (74). L'immagine tolta a prestito dalla stalla dei cavalli, trova, come insegna l'esperienza, viva approvazione negli alti circoli della nostra società. Il danaro compenza tutti i difetti, e serve di contrappeso a tutti i vizi. Il codice penale germanico (§§ 180 e 181) punisce severamente il ruffianesimo, ma se i genitori, i tutori, i parenti fan da mezzani ai loro figli, pupilli o congiunti perché sposino un uomo o una donna che non amano, ma solo per viste d'interesse o d'ambizione, non vi è nessuna autorità dello stato che li colpisca, benché sia un reato. Molte agenzie organizzate dimatrimoni, mezzani e mezzane d'ogni genere vanno a far bottino e cercano i candidati e le candidate per il «santo vincolo delmatrimonio». Simili agenzie sono lucrose, in ispecie quando lavorano per i membri dei ceti elevati. A Vienna, nel 1878, vi fu un processo penale per veneficio contro una mezzana, che fu condannata a 18 anni di lavori forzati, e nel quale venne assodato che l'ambasciatore francese a Vienna, conte di Banneville, pagò a codesta donna, a titolo di senseria, per avergli procurata la moglie, ventidue mila fiorini.Altri sensali dell'alta aristocrazia furono pure compromessi gravemente in quel processo. Evidentemente certi organi dello stato protessero la donna per molti anni nella sua tenebrosa e delittuosa industria. Perciò non vi poteva esser dubbio sui complici.Anche della capitale dell'impero germanico si narrano le stesse storie. Un oggetto affatto speciale dei trafficanti di matrimoni sono da parecchi anni, per la nobiltà europea bisognosa di danaro, le figlie ed eredi della ricca borghesia nord-americana, le quali dal canto loro hanno bisogno di quel rango e di quelle dignità, che non ci sono nella loro patria. Una parte della stampa germanica nell'autunno del 1889 ha, con una serie di pubblicazioni, posto in luce coteste imprese. Secondo tali pubblicazioni, un cavaliere d'industria di nobile lignaggio, dimorante in California, si era raccomandato in qualità d'agente di matrimoni nei giornali tedeschi ed austriaci e aveva ricevuto delle offerte le quali mostrano a sufficienza quali idee sulla "sanità" delmatrimonio e sul suo lato "etico" dominano nei relativi circoli. Due ufficiali prussiani della guardia, ambedue appartenenti, come essi affermano, alla più antica nobiltà prussiana, dichiarano che sono disposti ad entrare in trattative di matrimonio e narrano anche sinceramente di avere un debito complessivo di più di 60.000 marchi. Poi soggiungono testualmente: «S'intende da sè che noi non possiamo anticipare denari: voi riceverete il vostro compenso dopo il viaggio di nozze. Soltanto raccomandateci a delle signore verso le cui famiglie non possa essere sollevata alcuna eccezione. Sarebbe pure desiderabile fare la conoscenza di signore di un aspetto quanto più possibile garbato ed attraente. Se richiesti, consegneremo i nostri ritratti ai vosti agenti che ci daranno delle informazioni più precise, e ci mostreranno le fotografie. Noi consideriamo tutto l'affare come una cosa d'onore (!), e naturalmente esigiamo lo stesso da voi. aspettiamo tosto una risposta per mezzo del vostro agente locale nel caso ne abbiate uno». Berlino, Friedrichstrasse, 107, 15 dicembre 1889 Barone von M... , Arturo von W... Anche un nobile austriaco, Carlo barone de M., di Göding in Moravia, afferrò l'occasione, e volendo pescare una ricca sposa americana, inviò all'ufficio di S. Francisco la lettera seguente: «Secondo un'inserzione letta nei giornali locali, voi conoscete delle signore americane che desiderano prender marito. Io mi metto a vostra disposizione, ma vi avverto che non possiedo alcuna sostanza. Sono però di una nobiltà antichissima (barone), 34 anni, scapolo, fui ufficiale di cavalleria e presentemente sono impiegato in costruzioni ferroviarie. Mi fareste cosa gradita se mi lasciaste vedere una o più fotografie, che, sulla mia parola d'onore, mi impegno di restituirvi. Se avete bisogno del mio ritratto ve lo manderò. In attesa di una pronta risposta su questo proposito, mi segno colla massima stima». Göding, Moravia, in Austria, 29 novembre 1889. Vostro Carlo barone de M... Un nobile tedesco, giovane, Giovanni de H., scrisse da Londra che era alto 5 piedi e 10 pollici, che apparteneva ad una antica famiglia nobile, e che era nella carriera diplomatica. Egli confessò che il suo patrimonio, per effetto di infelici scommesse alle corse dei cavalli, era quasi sfumato e si trovava perciò nella necessità di prendere una ricca sposa per colmare il deficit. Egli era disposto anche ad intraprendere tosto un viaggio agli Stati Uniti "dove era stato (74) Vedi: Il principe Bismark e la sua gente, del Busch (Nota di A. Bebel). 47 già due volte e dove aveva molti amici". Il cavaliere d'industria sopra accennato affermava che, oltre molti conti, baroni, ecc., s'erano annunziati come candidati al matrimonio anche 3 principi e 16 duchi.Ma non i nobili soltanto, bensì anche i borghesi aspiravano alle ricche americane. Un'architetto di Lipsia voleva una sposa che fosse non soltanto ricca, ma bella e colta. Un giovane proprietario di fabbriche diKehl, sul Reno, scriveva ch'egli sarebbe stato pago di sposare una donna che avesse 400.000marchi soltanto, promettendo anticipatamente di farla felice. Noi crediamo che questi esempi basteranno a provare quali ragioni ha la nostra ipocrita società di combattere le tendenze della democrazia sociale, le quali mirano a distruggere il matrimonio. Le pagine degli annunzi di quasi tutti i nostri giornali sono diventate oggi altrettante agenzie di matrimoni. Chi, sia esso uomo o donna, non trova subito ciò che gli conviene, affida i bisogni del suo cuore a più giornali conservatori o a quelli moralmente liberali, i quali, a un tanto la riga, si adoperano affinché le anime che vanno d'accordo si trovino e s'incontrino. Con la raccolta di un solo giorno da un numero dei più grandi giornali si riempiono intere pagine, d'onde scaturisce anche il fatto interessante, che, mediante l'annunzio, si cerca di conquistare come mariti perfino degli ecclesiastici. In certi casi, vi è chi si offre di passar sopra anche ad un errore di gioventù, purchè la donna cercata sia ricca. Insomma il pervertimento morale di alcune classi della nostra società non può meglio essere posto alla berlina che con questo sistema di richieste matrimoniali (75). Il ruffianesimo è arrivato ad un punto tale, che qua e là le autorità furono indotte a procedere con avvertimenti e minaccie contro i più noti mezzani. Così il podestà di Lipsia nel 1876 pubblicò un manifesto in cui richiamava l'attenzione sulla illegittimità ed invalidità della mediazionematrimoniale esercitata per mestiere e invitava le autorità di polizia a denunciare le eventuali contravvenzioni. Del resto, lo stato che certe volte si mostra così zelante custode dell'ORDINE e della MORALITA' – per esempio contro i partiti a lui molesti – prende raramente occasione a procedere seriamente contro tali eccessi ed abusi. Stato e chiesa colla loro «santità del matrimonio» rappresentano anche per altri rispetti una parte molto amena. L'impiegato dello stato o il sacerdote cui corre l'obbligo di conchiudere i matrimoni, può essere fermamente persuaso che la coppia che gli sta davanti fu unita per opera di arti le più vergognose, vedere chiaramente che i coniugandi non armonizzano menomamente né per età né per qualità fisiche e morali; può quindi la sposa avere vent'anni e lo sposo settanta o viceversa, può essere la sposa giovane, bella, geniale, lo sposo vecchio, deforme, brontolone; tutto ciò non dà pensiero ai rappresentanti dello stato o della chiesa, né su ciò hanno da interloquire; il vincolo matrimoniale viene «benedetto» e per parte della chiesa di regola con tanta maggior pompa, quanto è più copiosa la mercede per «l'atto santo». Ma se dopo qualche tempo si scopre che tale matrimonio, come tutti prevedevano, e la vittima infelice più spesso è la donna, è disgraziato, e una delle parti si decide alla separazione, allora stato e chiesa, i quali non domandarono prima se il vincolo si stringe per vero affetto e per impulso naturale e morale, ovvero per mero egoismo, allora, ripeto, stato e chiesa vanno a gara nel sollevare le più gravi difficoltà. Essi non credono loro obbligo di segnalare, prima del matrimonio, quanto v'è di evidentemente innaturale e perciò altamente immorale nella unione. Solo di rado si riguarda come motivo sufficiente di separazione l'incompatibilità morale; richiedendosi di solito prove palpabili, prove che disonorano e avviliscono sempre una parte davanti alla opinione pubblica; altrimenti non si pronuncia la separazione (76). Il divieto opposto dalla chiesa cattolica al divorzio, concesso soltanto con speciale dispensa del papa, dispensa che si ottiene difficilmente, eccetto il caso di semplice separazione di letto e mensa, rende ancora peggiore la condizione triste e insopportabile di tutte le popolazioni cattoliche. E' però caratteristico per l'epoca nostra il fatto che, sebbene anche l'osservatore il più superficiale debba riconoscere che mai come ora i matrimoni infelici furono così numerosi, (ciò che dipende da tutto il nostro sviluppo sociale), tuttavia il nuovo progetto per un codice civile per la Germania innalza nuovi ostacoli contro la risoluzione del vincolo matrimoniale. Onde riceve nuova conferma la vecchia esperienza, che una società in dissoluzione cerca di illudersi sul suo stato con mezzi artificiali e con misure coattive. Nel decadente impero romano si cercava di favorire i matrimoni e le nascite mediante premi dello stato. Nell'impero germanico, che si trova sotto una simile costellazione come già il corrotto impero dei Cesari, si cerca d'impedire coattivamente la risoluzione di numerosi matrimoni. Il risultato sarà lo stesso qui come là. Vi sono in tal modo esseri che restano insieme incatenati contro loro volontà per tutta la vita. Una parte diventa schiava dell'altra ed è costretta a subire gli abbracci più intimi e le carezze per "dovere matrimoniale". Carezze e accoppiamenti che essa forse aborrisce più ancora degli insulti e del cattivo trattamento. Dice bene ilMantegazza: «Non vi è maggior tortura di quella che costringe un essere umano a lasciarsi accarezzare da una persona che non ama" (77). Ed ora noi domandiamo: questo matrimonio (e ve ne sono senza fine) non è peggiore della prostituzione? La prostituta è almeno fino a un certo punto libera di sottrarsi al suo turpe mastiere, e, se non vive in (75) Bebel scrive questo nel 1891, ma a più di cent'anni di distanza la situazione non solo non si è ridimensionata, ma è ulteriormente degenerata sviluppandosi non solo nei mezzi a stampa ma anche attraverso le nuove tecnologie, come il web. (76) In molti stati civili, oggi, la separazione tra coniugi e il divorzio sono previsti e regolati da leggi apposite. Nonostante ciò, la situazione reale rende la separazione e il divorzio impraticabili per una parte notevole della popolazione proletaria proprio per ragioni economiche, le stesse ragioni che sono alla base del matrimonio borghese. (77) La fisiologia dell'amore (Nota diA. Bebel). 48 postribolo, ha il diritto di rifiutare il prezzo dell'abbracciamento di colui che per qualsiasi motivo non le piace. Ma una donna maritata deve consentire alle voglie delmarito anche quando avesse mille ragioni di odiarlo e aborrirlo. In altri matrimoni conchiusi con mira speciale di vantaggimateriali, le condizioni sono un pò meno cattive. Ci si accomoda, si trova un modus vivendi, si accetta come immutabile il fatto compiuto, perchè si ha paura dello scandalo, o ci sono i figliuoli a cui si deve aver riguardo – sebbene siano appunto i figliuoli che vanno a soffrire per il contegno freddo e insensibile dei genitori, freddezza e insensibilità che non c'è bisogno prorompano in aperta ostilità, in contese ed alterchi – ovvero perchè si temono danni materiali. L'uomo, il quale è spesso la pietra dello scandalo nel matrimonio, come è provato dalle cause di divorzio, sa rifarsi altrove, conscio della sua sovranità. La donna può traviare assai più raramente; anzitutto perché è per lei più pericoloso per ragioni fisiche, come parte che concepisce; poi perché ogni passo fuori del matrimonio le viene imputato come delitto, che né il marito né la società le perdonano. La donna si decide alla separazione solo nei casi più gravi di infedeltà maritale o di seri maltrattamenti, perché essa deve considerare il matrimonio prevalentemente come un istituto di mantenimento. Essa trovasi il più delle volte in una posizione materialmente non libera, e, come separata, in una posizione anche socialmente non invidiabile. Nondimeno, se il numero delle domande di separazione da parte delle donne cresce continuamente, – in Francia, per es., su 100 domande di separazione, 88 sono di donne (78) – bisogna dire che questo è un sintomo della gravità deimali coniugali onde la donna è oppressa. Il numero sempre crescente delle separazioni pronunciate in quasi tutti i paesi, è molto significativo. In Prussia vennero risolti giudizialmente: nel 1883 3577 matrimoni " 1884 3856 " " 1885 3902 " " 1886 3808 " A Berlino nel 1884, 754 dei quali 238 per adulterio, 210 per malvagio abbandono, 36 per maltrattamenti; 44 per pazzia, 9 per malattia, 17 per ingiurie gravi. Per mutuo consenso ne furono risolti 163; e per volontà unilaterale 10. Non è quindi una grande esagerazione, se un giudice austriaco, secondo un articolo della "Gazzetta di Francoforte" del 1878 esclamò: «Le istanze per scioglimento dimatrimonio sono tanto frequenti come quelle per rottura dei vetri delle finestre». La incertezza sempre crescente dei guadagni, la difficoltà sempre maggiore di raggiungere una posizione bastantemente sicura nella lotta economica di tutti contro tutti, non offrono alcuna speranza che cessi o diminuisca codesto traffico matrimoniale nel vigente sistema sociale. Devono, al contrario, crescere ed aumentare i mali matrimoniali, perché il matrimonio è intimamente connesso colle odierne condizioni della proprietà e della società. La crescente corruzione del matrimonio da una parte, e la impossibilità dall'altra permoltissime donne di poter contrarre matrimonio dimostrano la insensatezza di frasi come queste: La donna deve limitarsi alle faccende domestiche, e compiere la sua missione di padrona di casa e di madre. Al contrario, la corruzione sempre necessariamente crescente, i maggiori ostacoli – malgrado che lo stato lo abbia facilitato – la pratica delle cognizioni carnali fuori del matrimonio, devono aumentare la prostituzione e tutta la serie dei vizi contro natura (79). Nelle classi abbienti la donna non di rado si abbassa, come nell'antica Grecia, al solo ufficio di procreare figli legittimi, di custodire la casa e di aver cura del marito quando lo colpisce qualche malattia. Il marito conserva ed alimenta per suo diletto, per soddisfare il suo bisogno di amare, cortigiane ed etère – oggi chiamate ganze (80) – delle cui eleganti abitazioni si potrebbero fare nelle grandi capitali i più bei quartieri della città. Oltre a ciò le relazioni matrimoniali contro natura conducono ad ogni sorta di delitti, come l'uxoricidio ed alla creazione artificiale dimaniaci. Gli uxoricidi si consumano specialmente in tempi di coléra più spesso di quanto generalmente si creda, perchè i sintomi del coléra corrispondono spesso a quelli dell'avvelenamento. Ma la commozione generale, la quantità dei morti e il pericolo del contagio rendono meno sollecite le ricerche, anzi le accennate circostanze necessitano che i cadaveri vengano rapidamente trasportati e seppelliti. Nelle classi che non possono permettersi il lusso dimantenere una ganza, si ricorre ai pubblici luoghi di piacere, alle sale da concerto e da ballo, ai postriboli. L'aumento della prostituzione è un fatto ovunque riconosciuto. Se avviene lo scioglimento delmatrimonio nei ceti medio ed alto della società perché fatto per denaro, o a motivo di eccessi d'ogni genere, dell'ozio, della crapula, collegati ad un corrispondente alimento dello (78) Domande di separazione di letto e mensa presentate in Francia: Dal 1856-1861 in media per anno dalle mogli 1729, dai mariti 184 Dal 1861-1866 in media per anno dalle mogli 2135, dai mariti 260 Dal 1866-1871 in media per anno dalle mogli 2591, dai mariti 330 Bridel: Puissance Maritale (Nota diA. Bebel) (79)Anche il dottor Carlo Bucher lamenta nell'opera citata la decadenza del matrimonio e della vita domestica; condanna il lavoro femminile nelle industrie e domanda il ritorno sul terreno più proprio alla donna dove essa soltanto crea valori, casa e famiglia. Egli chiama dilettantismo gli sforzi degli odierni amici delle donne e, infine, egli spera che si rientri tosto in carreggiata; ma non è in grado di additare una via che riesca a condurre all'intento. Le condizioni del matrimonio come la posizione di tutto il mondo femminile non sono l'effetto dell'arbitrio, ma il prodotto naturale del nostro sviluppo sociale. Lo sviluppo della civiltà dei popoli non commette errori, né traccia circoli viziosi, ma si compie ed obbedisce a leggi immanenti. E' compito di chi studia tale civiltà di scoprire queste leggi e sulla base di esse insegnare la via di togliere i mali presenti. (Nota diA. Bebel). (80) Oppure amanti, mantenute. 49 spirito e dell'intelligenzamediante rappresentazioni teatrali frivole, musica voluttuosa, lettura di romanzi immorali ed osceni, e pitture dello stesso genere, anche negli infimi strati sociali agiscono nello stesso senso queste ed altre ragioni (81). La possibilità che il salariato si elevi ad una posizione indipendente è, oggi giorno, tanto lontana che non viene neppure tenuta in considerazione dalla grande massa degli operai. Per il salariato, dunque, il matrimonio per denaro è impossibile, come è impossibile per la donna del suo ceto. Di regola, egli si decide al matrimonio per affetto verso una donna, ma non di rado conta anche sul guadagno che essa è in condizione di fare, ovvero sulla aspettativa che i figli si facciano valere presto come strumenti di lavoro e provvedano così da sè alle loro spese. Non mancano però motivi perturbatori anche per il matrimonio degli operai. Una più copiosa prole dimezza la forza produttiva della donna o la toglie del tutto ed aumenta le spese. Le crisi commerciali, l'introduzione di nuove macchine o di migliorati sistemi di lavoro, le guerre, i trattati commerciali e doganali poco favorevoli, le imposte indirette, insomma tutto ciò che perturba o muta la vita economica e industriale, diminuisce più o meno e per un tempo più o meno lungo il guadagno del lavoratore, se pur talvolta non lo getta sul lastrico. Questi rovesci di fortuna amareggiano e inaspriscono la vita domestica, poiché non passa giorno ed ora che la moglie o i figliuoli non domandino ciò che è strettamente necessario; e non sempre il marito può appagare tali richieste. Spesso, per disperazione, egli cerca conforto nelle bettole, consumando in pessima acquavite l'ultimo soldo; ed allora le contese e gli alterchi non hanno più fine. La rovina del matrimonio e della vita domestica sta qui. Osserviamo un altro quadro. Marito e moglie si recano al lavoro: i figli sono abbandonati a se stessi, oppure dati in custodia ai fratelli maggiori, che hanno anch'essi estremo bisogno di vigilanza e di educazione. Si ingoia in fretta il cosiddetto pranzo, ammesso che i genitori abbiano il tempo di poter andare a casa (ciò che in moltissimi casi è impossibile per la brevità del riposo e per la lontanaza dello stabilimento dall'abitazione); stanchi ed affaticati ritornano entrambi a casa la sera. Invece di una abitazione graziosa ed amena, trovano una dimora angusta e malsana, priva di aria, luce e d'ogni più indispensabile comodità. Il crescente bisogno di abitazioni e le turpitudini che derivano dalla loro scarsità sono uno dei lati più tenebrosi del nostro ordinamento sociale e causa di molti mali, dimolti vizi e dimolti delitti. E questo bisogno di abitazioni si fa in tutte le città e in tutti i centri industriali ogni anno maggiore e si diffonde sempre più coi suoi incovenienti nei diversi strati sociali, tra i piccoli industriali, impiegati, maestri, commercianti ecc. La moglie dei lavoratori tornando a casa alla sera stanca ed affaticata deve di nuovo far tutto da sè; lavorare accanitamente e a rompicollo per allestire almeno il più necessario. I figli piangenti e schiamazzanti vengono posti a letto in tutta fretta; la donna siede a cucire ed a rattoppare fino a tarda notte. Manca il sollazzo e il conforto dello spirito pur tanto necessari. Ilmarito è spesso incolto ed ignorante, la donna ancora di più; quel poco che si hanno da dire è presto esaurito. Il marito va all'osteria a ricercarvi il diletto che non trova a casa; beve, ed anche quel poco che gli basta è già molto per le sue condizioni. Talvolta ha il vizio del gioco che fa tante vittime anche nelle classi più elevate, e perde dieci volte di più di quello che egli spenderebbe bevendo. Frattanto la moglie a casa siede crucciata, dovendo lavorare come una bestia da soma; per lei non v'è risposo né ristoro; il marito gode la libertà che gli ha fornito il caso di essere nato uomo. Di qui le discordie, che se poi la moglie è meno ligia ai suoi «doveri», tornando la sera a casa stanca del lavoro, cerca una legittima ricreazione; allora l'economia sparisce e la miseria diventa doppiamente maggiore. Davvero che noi viviamo nel «migliore dei mondi». Per tutte queste circostanze, ilmatrimonio del proletario si guasta sempre più. Anche le epoche più favorevoli al lavoro esercitano la loro influenza dissolvente, perché costringono il proletario a lavorare la domenica e in ore straordinarie e gli tolgono il tempo che ancora gli rimaneva per la famiglia. In moltissimi casi per recarsi allo stabilimento si deve consumare una mezzora ed anche un'ora: approfittare del riposo delmezzogiorno per recarsi in famiglia è impossibile; egli si alza alla mattina per tempo quando ancora i figliuoli dormono profondamente e torna a casa soltanto a tarda sera quando essi si trovano nuovamente nello stesso stato. Mille altri, e specialmente coloro che lavorano nelle costruzioni delle grandi città, restano assenti tutta la settimana a causa della gran distanza e tornano a casa soltanto alla fine della medesima, oppure la domenica; ed è in tali condizioni che la vita domestica deve prosperare. Inoltre il lavoro delle donne e dei fanciulli va sempre più prevalendo specialmente nell'industria tessile, che permette di servirsi con poca spesa nei telai a vapore e nelle macchine da fusi della mano della donna e dei fanciulli. Là si è quasi invertito il rapporto dei sessi e dell'età. Donne e ragazzi vanno alla fabbrica, mentre il marito, rimasto senza occupazione, se ne sta non di rado a casa per accudire alle faccende domestiche. L'ammissione della donna in tutte le occupazioni industriali oggidì è in vigore dappertutto. La società borghese, che dà continuamente la caccia al profitto e al guadagno, ha riconosciuto già da gran tempo quale eccellente oggetto da sfruttare sono le operaie, le quali si contentano molto più facilmente degli uomini senza averne le pretese; onde il numero degli uffici e delle occupazioni in cui le donne trovano impiego come operaie va crescendo sempre più. La diffusione e i miglioramenti dellameccanica, la semplificazione dei processi di lavoro dipendente da una sempre maggior divisione dello stesso, la crescente concorrenza che si fanno i capitalisti e i diversi paesi industriali entrati in lotta nelmercato mondiale favoriscono questo sempre crescente impiego del lavoro femminile che è un fenomeno egualmente notevole in tutti i moderni stati industriali. nella stessa misura che cresce il numero (81) E oggi si possono aggiungere foto, film, programmi televisivi, siti internet ecc. 50 delle operaie, aumenta anche la concorrenza per gli operai maschi. Un ramo d'industria dopo l'altro, una branca di lavoro dopo l'altra vengono occupati dalle operaie che vanno più o meno incalzando e scacciando i lavoratori maschi. Molte dichiarazioni nelle relazioni di una parte degli ispettori delle fabbriche e i dati statistici sull'impiego delle donne confermano quanto si è detto. Pessima è la condizione delle donne in quei rami d'industria nei quali sono impiegate in numero preponderante come, per esempio, nell'industria dei vestiti e della biancheria. Le ricerche sui salari delle operaie impiegate nelle fabbriche di biancheria e nel ramo confezioni, ordinate nel 1886 dalla Dieta hanno messo in luce che le mercedi di queste operaie sono spesso così meschine da constringerle a vendere se stesse. La maggior parte delle prostitute si reclutano fra le operaie impiegate nelle industriemal pagate. Il nostro stato cristiano, il cui «cristianesimo» si cerca quasi dappertutto invano là dove dovrebbe essere applicato e che si trova invece dove è superfluo e pernicioso, questo stato cristiano tratta precisamente come il borghese cristiano; ciò che d'altronde non reca meraviglia a chi sa che lo stato cristiano non è che il commesso della nostra borghesia cristiana. Difficilmente lo Stato si decide a promulgare delle leggi che limitino inmisura normale il lavoro delle donne e proibiscono del tutto il lavoro dei fanciulli, né a concedere a molti dei suoi impiegati il pieno riposo domenicale, né una durata normale di lavoro, perturbando così considerevolmente la loro vita di famiglia. Gli impiegati alle poste, alle ferrovie, alle carceri e così via devono spessissimo lavorare molto al di là del tempo tollerabile, e la loro mercede sta in ragione inversa delle loro prestazioni. Ma questa oggi è dappertutto una condizione normale, che anche la maggioranza trova finora perfettamente regolare. Inoltre, poichè gli affitti sono troppo alti in proporzione dellemercedi e delle rendite dell'operaio, del basso impiegato e del piccolo borghese, così essi devono restringersi fino al massimo possibile. Si prendono a pigione i così detti dormitori per uomini e per donne e non di rado si raccolgono uomini e donne insieme.Vecchi e giovani vivono in uno spazio ristrettissimo senza distinzione di sesso, talvolta confusi insieme nel più intimo contatto, e andandosene quindi il pudore e la moralità avvengono fatti raccapriccianti. L'aumento tante volte lamentato della spudoratezza e della rozzezza nella gioventù, si deve soltanto alle condizioni del nostro sistema industriale col quale è in stretta relazione la povertà delle abitazioni. E quale effetto può avere il lavoro industriale sui fanciulli? Certamente il più pernicioso che si possa immaginare tanto dal lato fisico quanto dal lato morale. L'impiego sempre crescente anche delle donne maritate porta le conseguenze le più fatali, specialmente per le gravidanze e per i parti, e nei primi mesi di vita del bambino, durante i quali egli riceve l'alimento materno. Durante la gravidanza si manifestano molte malattie, che operano in modo pernicioso tanto sul feto quanto sull'organismo dellamadre, aborti, nascite precoci e natimorti.Ma di ciò tratteremo più avanti. Quando il bambino è nato, la madre è costretta a ritornare il più presto possibile alla fabbrica per impedire che il suo posto venga occupato da un'altra concorrente. Le conseguenze immancabili per i neonati sono: cura trascurata, alimentazione disadatta, totale mancanza di nutrimento; vengono rimpinzati di oppiati perché rimangano tranquilli. Le conseguenze di ciò sono: un numero stragrande di morti, di infermità e di mali; in una parola: degenerazione della razza. I fanciulli crescono perlopiù senza aver goduto l'amore materno o paterno e senza aver provato dal canto loro vero affetto per i genitori. Così nasce, vive e muore il proletario. E lo stato «cristiano», questa società cristiana si meravigliano dell'aumento della rozzezza, dell'immoralità e del delitto! Quando sul principio del 1860 nei distretti cotoniferi inglesi, molte migliaia d'operaie dovettero cessare dal lavoro in consegunza della guerra di liberazione degli schiavi nell'America settentrionale, i medici fecero la sorprendente scoperta, che, malgrado la grande miseria della popolazione, la mortalità dei fanciulli diminuiva. La ragione era semplicissima. I fanciulli godevano cure più solerti e il nutrimento della madre, che non avevano mai goduto nei migliori tempi del lavoro. E lo stesso fatto fu constatato dai medici durante la crisi dell'America settentrionale, a New-Jork, nel Massachussett nell'anno 1870; la generale mancanza di lavoro costrinse le donne a riposare, ma lasciò ad esse il tempo di aver cura dei figli. Identiche osservazioni fece il dott. de Rechenberg studiando la condizione dei tessitori della Zitavia in Sassonia, come egli dimostrò in una pubblicazione dell'estate del 1890. Nella industria domestica, che i teoretici romantici rappresentano tanto idilliacamente, le condizioni della vita di famiglia e della morale non sono punto migliori. Qui, mentre la donna è incatenata al lavoro da mane a sera insieme almarito, i figli vengono impiegati fino dalla tenera età allo stesso lavoro.Agglomerati nel più ristretto spazio immaginabile, vivono insieme il marito, la moglie ed i figli, ragazzi e ragazze fra i cascami del lavoro, le esalazioni e i fetori più sgradevoli, privi della più indispensabile nettezza.All'ambiente per l'abitazione e il lavoro corrispondono le stanze da letto. Sono, di solito, canili oscuri, senza ventilazione, i quali accolgono la notte un certo numero di persone che riunite anche soltanto in parte dovrebbero ritenersi come altamente malsane. Insomma sono tali condizioni da far accapponare la pelle a chi è abituato a un'esistenza degna dell'uomo. La crescente lotta per la vita costringe spesso uomini e donne ad azioni e tolleranze da cui altrimenti aborrirebbero. Così nel 1877 fu constatato a Monaco che fra le prostitute iscritte e vigilate dalla polizia, non meno di 203 erano mogli di operai e di artigiani. E quante mogli esercitano per bisogno questo vergognoso mestiere, senza assoggettarsi al controllo della polizia, controllo che offende e ferisce profondamente il sentimento del pudore e la dignità umana! L'esperienza insegna che gli alti prezzi dei cereali per un anno solo influiscono sulla diminuzione dei matrimoni e delle nascite, come vi influiscono ancor 51 più perniciosamente le lunghe cirisi e il generale peggioramento delle condizioni economiche che sono indissolubilmente connesse al nostro sistema economico. Ciò è provato luminosamente dalle statistiche matrimoniali dell'impero germanico.Nel periodo dal 1861 al 1870, sopra 1000 persone del ceto medio ci furono 8,5 matrimoni; nel periodo dal 1871 al 1880, 8,6; e nel periodo dal 1881 al 1888 soltanto 7,8. Nel 1872, cioè nell'anno del risorgimento economico e dopo la guerra, furono conchiusi 423.000 matrimoni,malgrado una fortissima emigrazione, ma nel 1879, in cui la crisi raggiunse il suo più alto culmine, diminuirono fino a 335.133, malgrado l'aumento della popolazione. Da allora il numero deimatrimoni cominciò a salire a poco a poco e cioè: nel 1882 . . . . . . . . 350.457 nel 1883 . . . . . . . . 352.999 nel 1884 . . . . . . . . 362.596 nel 1885 . . . . . . . . 368.619 nel 1886 . . . . . . . . 372.326 nel 1887 . . . . . . . . 370.659 nel 1888 . . . . . . . . 376.654 Adunque nel 1888 il numero dei matrimoni era ancora notevolmente inferiore a quello dei matrimoni conchiusi nel 1872, sebbene nel frattempo la popolazione fosse aumentata di sei milioni.Anzi nel 1875, il numero dei matrimoni fu ancor più elevato che nel 1888, perchè salì a 386.746. In Francia si vide lo stesso fenomeno. Nel 1884 si conchiusero 289.555 matrimoni; nel 1886 soltanto 283.193. Del pari scemarono le nascite. Un quadro identico, se non più desolante, presentano i dati statistici degli altri stati europei. Ecco le relative cifre. Sopra 10.000 persone si sposarono: Queste cifre sono interessanti per molti aspetti: prima di tutto esse dimostrano che negli Stati sopra indicati il numero dei matrimoni è in diminuzione. Come la Germania, anche gli altri Stati presentano al principio del 1870 la cifra più elevata di matrimoni; cifra che si abbassa poi subito rapidamente. La semi barbara Ungheria è ancora in condizioni più favorevoli; sfavorevolissime al contrario sono quelle dell'Irlanda, che , tra tutti i paesi, ha le cifre più basse. La cacciata della popolazione irlandese dal suolo e la proprietà sempre più concentratasi nelle mani dei lord trova la sua spiegazione più luminosa in quelle cifre. La condizione delle mercedi ha quindi una decisiva influenza sul numero dei matrimoni, e poiché quella condizione è complessivamente sfavorevole fino dalla metà del 1870, non v'è da meravigliarsi della diminuzione del numero di matrimoni. Ma non sono soltanto le condizioni dei salari, bensì anche le condizioni della proprietà che agiscono sui matrimoni, come si è già visto in Irlanda. L'Annuario del 1885 di Schmoller, fascicolo 1°, dà alcune comunicazioni sulla statistica della popolazione del regno di Württemberg, dalle quali risulta evidentemente che, col crescere della grande proprietà, il numero dei mariti dell'età dai 25 ai 30 anni diminuisce, e quello dei celibi fra i 40 e i 50 cresce. Nell'anno Olanda Svizzera Austria Francia Italia Belgio Inghilterra 1873 171 152 188 178 159 156 176 1874 168 166 181 167 153 152 170 1875 167 179 171 164 168 145 167 1876 165 162 165 158 163 142 166 1877 162 157 150 150 154 149 157 1878 155 147 152 151 142 135 152 1879 153 138 155 152 150 136 144 1880 150 137 152 149 140 141 149 1881 146 136 160 150 162 142 151 1882 143 135 164 149 157 140 155 1883 142 136 157 150 161 136 154 1884 144 136 157 153 164 136 151 1885 139 138 152 149 158 136 144 1886 139 137 155 149 158 134 141 Media 153 147 161 155 156 141 156 Nell'anno Scozia Irlanda Dannimarca Norvegia Svezia Ungheria 1873 155 96 162 145 146 226 1874 152 92 164 153 145 214 1875 148 91 170 157 140 218 1876 150 99 171 154 141 198 1877 144 93 161 151 137 182 1878 134 95 148 146 129 187 1879 128 87 147 135 126 205 1880 132 78 152 133 126 182 1881 139 85 156 128 124 198 1882 140 86 154 134 127 203 1883 140 85 154 132 128 205 1884 135 91 156 137 131 201 1885 129 86 151 133 133 – 1886 124 84 142 131 – – Media 139 89 156 141 133 202 (1) (1) Neue Zeit.. anno 1888, pag. 239. Edit. I. H. W. Dietz, Stoccarda. 52 Non vi può quindi essere dubbio che il frazionamento delle proprietà favorisce i matrimoni, rendendo possibile l'esitenza a un maggior numero di famiglie mentre la grande proprietà li ostacola e favorisce il celibato. Quelle cifre dunque dimostrano che non sono cause morali, ma soltanto cause materiali quelle che danno il tracollo alla bilancia, e che così il numero dei matrimoni, come tutto lo stato morale, dipendono unicamente dalle basi materiali della società. Inoltre, la paura della miseria, la preoccupazione di non poter educare i figli secondo il loro stato spingono le donne di ogni classe ad atti che non sono in armonia né con gli scopi della natura, né sempre col codice penale. Fra tali atti si annoverano i molteplici mezzi per impedire il concepimento o, se questo ebbe luogo pur contro volontà, la soppressione del feto immaturo, l'aborto. Si ingannerebbe a partito chi volesse sostenere che questi mezzi sono adoperati soltanto dalle donne leggere e senza coscienza; al contrario, sono le donne più fedeli al loro dovere quelle che, per sottrarsi al dilemma di respingere il marito, e di dover soffocare violentemente l'istinto naturale, ovvero per la paura che il marito tràvi, come forse ne avrebbe desiderio, preferiscono correre il pericolo di servirsi di mezzi abortivi. Vi sono anche delle donne, specialmente nei ceti più elevati, le quali per nascondere un fallo, ovvero perché male comportano gli incomodi della gravidanza, del parto, dell'allevamento, o per timore di perdere più presto i loro vezzi e quindi di scapitare nella considerazione presso lo sposo o gli uomini in genere, commettono tali azioni penalmente imputabili e trovano a caro prezzo medici e levatrici pronti a venire loro in aiuto. Nella primavera dell'anno 1878 in un sontuoso palazzo di Nuova York si tolse la vita una signora che aveva esercitato a memoria d'uomo tale impudico mestiere sotto gli occhi della polizia e dei giudici; ma finalmente la Nemesi, in seguito ad indizi per lei gravissimi, minacciava di schiacciarla. Quella donna, malgrado la sua vita dispendiosa, lasciò morendo un patrimonio che fu calcolato ad oltre un milione emezzo di dollari.Aveva la sua clientela esclusivamente nei più ricchi circoli di Nuova York. La cronaca scandalosa di quasi ogni grande città, anche della Germania, narra avvenimenti consimili. Simoltiplicano, anche per il numero crescente delle offerte racchiuse nei nostri giornali, i luoghi e gli stabilimenti in cui alle donne maritate e nubili della classe abbiente viene data la possibilità di aspettare nella massima segretezza la conseguenza dei passi falsi. La paura del soverchio aumento di prole in proporzione al patrimonio ed ai mezzi di alimentazione eressero ad un vero sistema le norme repressive, che qua e là sono divenute veramente una calamità pubblica. Così è un fatto notorio che in tutte le classi della società francese venne introdotto il sistema dei due figli. In pochi paesi civili del mondo imatrimoni sono relativamente tanto numerosi come in Francia, ed in nessun paese, quanto in Francia, il numeromedio delle nascite è più esiguo, né più lento l'aumento della popolazione. Il borghese, come l'abitante delle piccole borgate, come il contadino, seguono questo sistema, e l'operaio francese va ad ingrossare la corrente. In parecchie regioni della Germania pare che le condizioni del possesso favoriscano un identico stato di cose. Conosciamo una deliziosa contrada del sud-ovest della Germania, ove nel giardino d'ogni podere è piantato un albero così detto Sabina, di cui la parte essenziale, convenientemente preparata, si adopera come mezzo abortivo. E' poi sorprendente il vedere come si estende e diffonde in Germania quella letteratura, la quale tratta dei mezzi 'per la sterilità facoltativa e li raccomdanda. Naturalmente sempre sotto la bandiera fino a 5 da 5 a 20 oltre 20 ammogliati nell'età dai 25 a 30 anni non ammogliati nell' età dai 40 ai 50 anni Podesteria suprema di Neuenburg 79,6 20,4 0,0 63,6 4,4 Stoccarda orientale 78,9 17,7 3,4 51,3 8,1 Stoccarda meridionale 67,6 24,8 7,6 48,6 8,7 Stoccarda settentrionale 56,5 34,8 8,8 50,0 10,0 Selva nera 50,2 42,2 7,6 48,6 10,1 Neckar superiore 43,6 40,3 16,1 44,3 10,8 Passaggio ad oriente 39,5 47,6 12,8 48,7 10,0 Nord-est, tranne il nord di Hall 22,2 50,1 27,7 38,8 10,6 Alb Svevo 20,3 40,8 38,8 38,8 7,5 Alta Svevia settent 19,7 48,0 32,3 32,5 9,7 Da Hall ad oriente 15,5 50,0 34,5 32,5 13,8 Regione del Lago di Costanza 14,2 61,4 24,4 23,5 26,4 Alta Svevia media e meridionale 12,6 41,1 46,3 30,0 19,1 Percento degli uomini Percento della proprietà in ettari 53 della scienza e con la mira rivolta al pericolo minaccioso dell'eccesso di popolazione. Quanto accade in Francia si ripete anche in Transilvania presso la Sassonia. Nell'intento di mantenere uniti i loro grandi possessi per non frazionare soverchiamente i patrimoni e conservare la razza con una certa misura, procurano possibilmente di avere poca discendenza legittima. E però gli uomini cercano la soddisfazione degli stimoli sessuali più spesso fuori del matrimonio, e con ciò si spiega il fatto, onde gli etnologi si sorprendono, dei biondi zingari e dei rumeni dal tipo spiccatamente germanico, nonché dei tratti caratteristici che altrimenti si notano assai di rado in quest'ultimo popolo, e cioè la attività e il risparmio. Perciò i Sassoni della Transilvania, sebbene siano immigrati in gran numero già fin dalla fine del secolo XII, oggi sono aumentati appena di 200.000 anime. In Francia invece, dove per usarne sessualmente non vi sono razze straniere, il numero degli infanticidi e delle esposizioni d'infanti (82) è in notevole aumento, favoriti entrambi anche dal divieto sancito dalla legge civile della ricerca della paternità (83). La borghesia francese, comprendendo bene quale crudeltà essa commetteva rendendo per legge impossibile alla donna tradita di rivolgersi per gli alimenti al padre del figlio suo, cercò di renderle meno disagiata la posizione, fondando gli istituti per gli esposti. Il sentimento paterno, secondo la nostra famosa «morale» non esiste per il figlio illegittimo, esiste soltanto per gli eredi legittimi. Mediante gli istituti per gli esposti, i neonati dovrebbero venire privati anche della madre. Essi vengono al mondo come orfani. La borghesia fa educare emantenere i suoi figli illegittimi a spese dello stato come fossero «figli della patria». Una magnifica istituzione.Ma ad onta degli ospizi per gli esposti ove la cura è difettosa e i bambini muoiono in massa, gli infanticidi e gli aborti aumentano in Francia in una proporzione molto maggiore della popolazione. In Germania si è già sulla via di emulare i francesi. Le disposizioni di un progetto di codice civile per l'impero germanico relativamente alla condizione giuridica dei figli illegittimi contengono principi che sono in stridente contrasto col diritto più umano fino ad oggi in vigore. Secono il progetto, la fanciulla tradita, anche se la sua illibatezza fosse stata piena, sedotta sotto promessa dimatrimonio o indotta da un'azione delittuosa a tollerare l'amplesso del seduttore, non ha verso di questo che il diritto alla rifusione delle spese del parto e al mantenimento per le prime sei settimane dalla nascita del figlio, ed anche ciò entro i limiti dello stretto bisogno. Solo in alcuni dei più gravi delitti contro il buon costume può essere assegnato alla donna sedotta un corrispondente risarcimento in una misura arbitraria, anche indipendentemente dalle prove di un danno patrimoniale (§ 728). Ma il figlio illegittimo non può in questo caso pretendere dal seduttore della madre che gli alimenti strettamente necessari, e solo fino al suo quattordicesimo anno di età. Il figlio però non può elevare alcuna pretesa verso alcuno se anche altri ebbe rapporti carnali con la madre durante il periodo del concepimento. Giusta imotivi di quel progetto spetta al figlio querelante fornire la prova che tali rapporti non si verificarono. Il Menger del quale seguiamo le idee esposte nel suo trattato «Il diritto civile e il proletariato» (Tubinga 1890) (84) muove a buon diritto contro queste disposizioni l'acerbo rimprovero che giovano soltanto ai benestanti scostumati che si fanno seduttori delle ragazze incoscienti, e spesso tratte a fallire per miseria, lasciando privi di ogni protezione le povere cadute e i loro figli del tutto innocenti, spingendoli anzi ancor più nella miseria e nella depravazione. Il Menger ricorda inoltre le disposizioni del codice provinciale prussiano. Secondo quelle disposizioni, una donna nubile e illibata ovvero una vedova fecondata deve essere risarcita e soddisfatta secondo lo stato e il patrimonio di chi la fecondò. Soltanto la somma del risarcimento non può superare il quarto del patrimonio del seduttore. Spetta però al figlio illegittimo il diritto al mantenimento e all'educazione in confronto del padre, senza riguardo se la madre fosse donna illibata o meno, in proporzione di quanto può costare l'educazione di un figlio legittimo a persone del ceto contadinesco o della comune borghesia. Infine, se il commercio carnale illegittimo ebbe luogo verso promessa di futuro matrimonio, il giudice, giusta gli articoli del prefato codice prussiano, deve riconoscere nella donna violata il diritto di portare il nome, grado e rango di chi la fecondò, come pure tutti i diritti di una maritata separata per colpa del marito e il figlio illegittimo ha, in tal caso, i diritti stessi dei figli nati da valido matrimonio. Si può a buon diritto essere curiosi di vedere se verranno adottate in un codice civile per la Germania delle disposizioni completamente reazionarie ed ostili alle donne. Il criterio cui si ispira la nostra legislazione è il regresso. Davanti alle corti d'assise di Francia si svolsero dall'anno 1830 all'anno 1880, 8563 processi per infanticidio salendo da 471 che erano nell'anno 1831 fino a 980 nell'anno 1880. Nello stesso periodo vennero sottoposti a giudizio più di 1032 casi di aborto e precisamente nel 1831 oltre 41, oltre 100 nel 1880. Naturalmente i casi di aborto che giungono a conoscenza della giustizia sono pochissimi, quelli cioè che portano per conseguenza (82) Le esposizioni dei bambini si usavano negli orfanotrofi; il sistema della "esposizione" serviva per offrire a famiglie benestanti,ma impossibilitate a procreare, una scelta di bambini da adottare. (83) L'art. 340 del codice civile suona: La ricerca della paternità è vietata; invece l'art. 341 stabilisce: La ricerca dellamaternità è ammessa. E' questa una legge che esprime nel modo più vergognoso la ingiustizia verso la donna sedotta e cresima un privilegio per i seduttori; naturalmente sotto il pretesto di impedire col timore la scostumatezza della donna. I tentativi fatti per cancellare l'art. 340 andarono finora a vuoto (nota diA. Bebel). (84) Vedi Antonio Menger, professore di Diritto presso l'Università di Vienna, Il diritto civile e il proletariato. Studio critico sul progetto di un codice civile per l'impero germanico, F.lli Bocca Editori, Torino 1894. 54 o malattie gravi o la morte. Negli infanticidi la popolazione della campagna è rappresentata dal 75%, negli aborti le città dal 67%. Siccome nelle città le donne hanno maggiore facilità di procurarsi i mezzi per impedire le nascite, così molti casi d'aborto e relativamente pochi di infanticidio. Nelle campagne invece la proporzione è invertita. Questo è il quadro che la società moderna offre riguardo ai suoi rapporti più intimi. E' molto diverso dalla pittura che ne fanno i poeti e i visionari, ma ha il vantaggio di essere vero. Noi dobbiamo per altro aggiungere a questo quadro alcune altre importanti pennellate. Ogni qualvolta sorge la questione intorno alle attitudini intellettuali di entrambi i sessi - questione che discuteremo ancora più innanzi - non ci possono essere dispareri sul punto che nel presente il sesso femminile in media è inferiore al sesso maschile intellettualmente. Balzac, che non fu punto amico delle donne, afferma: “La donna che ha ricevuto una cultura maschile possiede effettivamente le qualità più splendide ed efficaci per fare la felicità propria e quella di suo marito”; e Göthe, che conosceva certo molto bene gli uomini e le donne del suo tempo, si esprime mordacemente nel suo “GuglielmoMeister” (Confessioni di una bella anima) (85): “Si gettò il ridicolo sulle donne dotte, e non si vollero soffrire nemmeno le donne istruite, probabilmente perché si ritenne scortesia di far arrossire tanti uomini ignoranti”, ma quei due giudizi, oggi, per la generalità, non valgono. La differenza esiste e deve esistere perché la donna è quale l’hanno fatta gli uomini suoi padroni. L'educazione della donna è stata generalmente trascurata ancora più di quella del proletario, e ciò che oggi si dà di meglio a questo riguardo, da tutti i lati è ancora insufficiente. Noi viviamo in un’epoca nella quale cresce in tutti i ceti ed anche nella famiglia il bisogno dello scambio di idee, e qui la trascurata cultura della donna si dimostra un grave errore e si vendica sull’uomo. La base della cultura intellettuale nell’uomo dovrebbe formarsi almeno, secondo quanto si afferma, sebbene troppo spesso non si raggiunga e molte volte non posssa essere raggiunto lo scopo impiegandovisi mezzi disadatti, la base, ripetiamo, della cultura dell’uomo dovrebbe formarsi con lo sviluppare l’intelligenza, con l’acuire il pensiero, con la diffusione della scienza positiva, col rendere ferma la volontà, in una parole con l’esercizio delle funzioni intellettuali. L’educazione della donna, al contrario, per elevata che sia, si limita principalmente al sentimento, ad una educazione puramente formale dello spirito per cui si eccita la irritabilità nervosa e si riscalda la fantasia, ad esempio mediante la musica, le belle lettere, l’arte, la poesia. Questo è l’indirizzo più sbagliato e più malsano che si poteva seguire: esso rivela che le forze, che devono costituire il grado di cultura della donna, si fanno guidare soltanto dai suoi innati pregiudizi sulla natura del carattere femminile e sulla posizione limitata che occupa la donna nella vita. Ciò che manca alla donna non è già il sentimento e la fantasia che eccita il sistema nervoso, né il sapere a base di apparenza e di spirito: per questi aspetti il carattere della donna si è sviluppato ed affinato anche troppo, così da aumentare il male.Ma se la donna, al posto di un sentimento sovrabbondante, che spesso diventa poco sincero, possedesse maggiore acutezza di giudizio e più esatta capacità di pensare; al posto di una soverchia eccitabilità e timidezza, coraggio fisico e fermezza di carattere; se al posto di una cultura puramente formale e a base di spirito, per quanto estesa, e in questa condizione si trova solo una esigua minoranza, acquistasse la conoscenza del mondo, degli uomini e delle forze della natura, allora si troverebbero molto meglio così essa come l’uomo. In generale si è alimentato fin qua nella donna smisuratamente quella che si chiama la vita del sentimento e dell’anima, mentre si è arrestato, negletto ed oppresso il suo sviluppo intellettuale. Donde una vera ipertrofia del sentimento e dell’anima, e la facilità di cedere alla superstizione e ai raggiri dei furbi, sicché può dirsi un terreno sempre disposto a fecondare qualsiasi ciarlataneria religiosa o d’altro genere, e uno strumento molto docile per ogni reazione. Gli uomini se ne dolgono, perché ne soffrono anch’essi; ma non pensano a cangiamenti, perché di pregiudizi anch’essi ne hanno fin sopra i capelli. Data codesta condizione intellettuale della donna, è chiaro che essa consideri il mondo ben altrimenti che gli uomini; donde una ricca sorgente di dissidio tra i due sessi. La partecipazione alla vita pubblica oggi è diventata uno dei più essenziali doveri dell’uomo; né la cosa muta se molti uomini tale dovere non comprendono. Ma diventa sempre più fitta la schiera di coloro i quali riconoscono che la vita pubblica e le istituzioni sue sono intimamente collegate ai rapporti privati dei singoli; che il bene e ilmale degli individui e delle famiglie dipendono assai più dalle istituzioni pubbliche e dai pubblici ordinamenti che non dagli atti e dalla condizione personale dei privati, perché comprendono che, rispetto a quellemancanze inerenti allo stato delle cose e che ne determinano la condizione, è addirittura impotente qualsiasi sforzo dei singoli. (85) Il “GuglielmoMeister”, di Goethe, è un romanzo composto da due parti, WilhelmMeisters Lehrjahre (1796;Anni di apprendistato di GuglielmoMeister) e WilhelmMeistersWanderjahre (1829;Anni di peregrinazioni di GuglielmoMeister), precedute dal frammento Wilhelm Meisters theatralische Sendung (1776; La missione teatrale di Guglielmo Meister), scoperto solo nel 1910. Nei Lehrjahre, in cui Goethe trasfuse la Sendung, il tema del teatro, rispetto all’opera precedente, come pure gli elementi autobiografici sono fortemente ridotti; Guglielmo comprende che il teatro è soltanto una tappa del suo sviluppo e la sua educazione, al di là dei sogni giovanili, verrà d’ora in poi condotta da una società segreta, la Torre. L’esperienza religioso-estetica del giovane Goethe è sintetizzata nell’inserto Bekenntnisse einer schönen Seele (Confessioni di un’anima bella). NeiWanderjahre si vede Guglielmo approdare a un’utopistica “provincia pedagogica”, dove l’individuo viene educato a una forma di rinuncia e ad aprirsi all’incipiente era della tecnica e alla prevedibile ascesa delle masse (http:// www.sapere.it/enciclopedia/). 55 E poichè la lotta per l’esistenza esige sforzi ancora maggiori di una volta, così per il soddisfacimento di tutte queste esigenze richiede dall’uomo uno spazio di tempo che diminuisce sensibilmente quello che è stato consacrato alla donna. Questa, al contrario, non può comprendere, per effetto della sua educazione e del modo di considerare il mondo e la vita, che le cure rivolte dall’uomo agli interessi pubblici abbiano altro scopo che non sia quello di associarsi al suo simile, di sciupare denaro, tempo e salute, di procurarsi nuove preoccupazioni, cose, queste, che non fanno che preoccuparla. Di qui le discordie domestiche. L’uomo viene posto non raramente nell’alternativa: o di rinunciare a prestare l’opera sua a favore della generalità e di sottomettersi alla donna, il che non lo rende soddisfatto, ovvero di rinunziare ad una parte della pace coniugale e delle gioie domestiche, se egli dà la preferenza alle esigenze del bene generale, che egli sa strettamente connesso col benessere proprio e con quello dei suoi. Se egli poi intende persuadere la donna, allora urta contro uno scoglio pericoloso, ma ciò accade ben di rado. Di solito, il marito crede che alla moglie non importi o che non comprenda ciò che egli vuole, e quindi non si prende la briga di istruirla. “Tu non puoi comprendere ciò”, è questa la risopsta stereotipata ogni qualvolta la donna si duole o stupisce che il marito la lasci completamente all’oscuro. Il vero è che le donne non arrivano a comprendere, perché primi a non capire sono gli uomini. Ora la donna comprende che l’uomo ha bisogno forse di un pretesto per uscire di casa, allo scopo di soddisfare il suo bisogno di svago, bisogno che spesso non corrisponde a più alte esigenze, ma che non può venir appagato in casa, e da ciò deriva un altro motivo di dissidi coniugali. Queste differenze di educazione e di idee, che cominciano a delinearsi anche al principio del matrimonio, quando la passione è ancora viva e palpitante, si accentuano con gli anni e diventano poi tanto più sensibili con l’intiepidirsi ed estinguersi degli appetiti e col bisogno sempre crescente che venga ad occuparne il posto e a farne le veci l’armonia intellettuale. Ma, indipendentemente dal fatto se l’uomo ha un concetto dei doveri del cittadino e se li compie, egli si pone in continuo contatto coi più disparati elementi e con le più differenti idee, soltanto per effetto delle sue funzioni e del diuturno contatto col mondo esterno: egli vive quindi in un’atmosfera intellettuale che allarga, anche prescindendo dall’opera sua, il suo orizzonte. Egli non fa che commettere dei furti intellettuali, mentre alla donna, occupata da mane a sera nelle cure domestiche, manca il tempo di istruirsi, pure avendone l’attitudine e l’inclinazione, ed intellettualmente si esaurisce. Tutta la miseria domestica in cui vivono presentemente il maggior numero delle mogli è mirabilmente ritratta, suo malgrado, da Gerardo Di Amyntor nelle “Postille al libro della vita”. Ivi, fra l’altro, si legge nel capitolo “Punture mortali di zanzare”: “Non gli avvenimenti terribili, che non mancano per alcuno, e recano qui la morte dello sposo, là la rovina morale di un figlio prediletto, qui consistono in una lunga e grave malattia, là nel naufragio di un disegno caldamente accarezzato; non questi avvenimenti rovinano la freschezza e la forza della donna, ma le piccole cure d’ogni giorno, che consumano a poco a poco il suo organismo. (...) Quanti milioni di ottime madri di famiglia sciupano il loro coraggio, le rosee guance e la loro fossetta biricchina, nelle cure domestiche, finché diventano altrettante mummie aggrinzite e diseccate. L’eterna nuova domanda: Che cosa si deve mangiare oggi?, la necessità sempre, che sempre si ripete, di pulire, di battere, di spazzolare, di spolverare, è la goccia continua che consuma a poco a poco, ma con effetto certo, lo spirito e il corpo. Il focolare è il luogo dove si trascinano i magri bilanci fra l’entrata e l’uscita, e dove si fanno le riflessioni più scoraggianti sul rincaro dei mezzi di sussistenza e sulla sempre maggiore difficoltà di procurarsi il denaro necessario. Sull’altare fiammeggiante ove fuma la zuppiera, vengono sacrificate gioventù e ingenuità, bellezza e buonumore, e chi riconosce nella cuoca vecchia, incurvata e dalle occhiaie incavate, la sposa una volta fiorente, spiritosa, pudicamente civettuola, seducente, adorna la fronte della corona di mirto! Già agli antichi era sacro il focolare, e vicino ad esso venivano posti i lari e i numi tutelari – lasciate che anche noi manteniamo sacro il focolare sul quale le nostre donne virtuose e fidate muoiono di lenta morte per rendere piacevole la casa, per imbandire la mensa e conservare sana la famiglia...". E’ questo il conforto che la società borghese offre alla donna, che si consuma miseramente nell’attuale ordine di cose. Nelle donne, che per la loro condizione pecuniaria e sociale sono più libere, prevale di regola una educazione falsa, imperfetta e superficiale, connessa con le qualità femminili caratteristiche trasmesse per legge ereditaria. Esse si intendono soltanto di tutto ciò che è esteriorità, si danno cura soltanto delle frivolezze e dell’abbigliamento, e cercano di occuparsi e soddisfare le loro voglie nel rendersi schiave delle loro passioni lascive che sempre maggiormente le invadono. Non si danno alcun pensiero né si prendono punto a cuore i figliuoli e la loro educazione, ma li abbandonano piuttosto, per quanto è possibile, alle cure della nutrice e della servitù, per affidarli più tardi ai collegi. Vi sono dunque molteplici e svariate ragioni che perturbano l’odierna vita matrimoniale e che permettono in ben pochi casi vengano raggiunti anche parzialmente gli scopi del matrimonio. Né è possibile conoscere e misurare l’estensione di queste condizioni, perché ogni coppia, specialmente nelle classi sociali più elevate, si studia di stendervi un velo. 56 La condizione della donna, quale fu da noi illustrata, impresse in lei qualità caratteristiche tali che, trasmesse per eredità di generazione in generazione, si svilupparono sempre più completamente. Gli uomini ci si fermano di preferenza, dimenticando però che ne sono essi stessi la causa e vi concorrono con la loro condotta. Fra queste caratteristiche della donna, tante volte censurate, sono da annoverarsi la loquacità e il pettegolezzo, la tendenza a non finire mai di chiacchierare delle cose più insignificanti, la preoccupazione e la cura di tutto ciò che è esteriorità, la passione per gli abbigliamenti e la civetteria, e la conseguente inclinazione per tutte le pazzie della moda; inoltre la facilità di invidiare e di essere gelose delle loro compagne. Queste qualità si rendono manifeste generalmente nella donna, fino dalla sua prima età sebbene in gradi diversi. Sono quindi disposizioni naturali, ereditate e sviluppate ancor più dal sistema d’educazione. Chi fu educato irrazionalmente non può educare altri razionalmente. Volendo chiarire le cause del nascere e dello svilupparsi delle qualità buone e cattive dei sessi, od anche di popoli interi, si deve usare lo stesso sistema, consultare le stesse leggi che vengono applicate dalle moderne scienze naturali nelle ricerche sull’origine e sulla formazione dei generi e delle specie e sullo sviluppo delle proprietà caratteristiche del mondo organico: quelle leggi, dunque, che dal nome del loro scopritore vengono chiamate preferibilmente di Darwin e si sviluppano dalle condizioni materiali d'esistenza, dall’ereditarietà e dall’adattamento e rispettivamente dall’allevamento e dalla educazione. L’uomo non può sfuggire alle leggi che valgono per tutti gli esseri viventi nella natura (86), l’uomo non sta fuori dalla natura, ma, considerato dal punto di vista fisiologico, non è altro che l’animale più perfettamente sviluppato. Ma l’uomo ammette ciò ancor meno di tutto il resto. Gli antichi, già moltemigliaia di anni or sono, avevano, su molte cose umane, idee molto più razionali, sebbene non conoscessero la moderna scienza naturale e – l’importante sta in ciò – applicavano praticamente i loro principi basati sull’esperienza. Si sente magnificare spesso con ammirazione entusiastica la bellezza e la forza degli uomini e delle donne della Grecia, ma non si osserva che non era soltanto la clemenza del clima e l’incanto della natura del paese che influiva sullo sviluppo della popolazione, ma che si doveva alle massime di educazione fisica e morale introdotte dallo stato fra i liberi, allo scopo di accoppiare la bellezza fisica, la forza e l’agilità all’elasticità, all’acutezza dell’intelligenza. E se della donna, in paragone dell’uomo, fu assai negletta l’educazione intellettuale, ciò non avvenne nei riguardi dello sviluppo fisico (87). Altri freni e impedimenti al matrimonio. La proporzione numerica dei sessi. Sue cause e suoi effetti. A Sparta, per esempio, ove si andò più innanzi che altrove nell’educazione fisica di ambedue i sessi, fanciulli e fanciulle andavano nudi per via fino alla pubertà e si esercitavano in comune in esercizi corporali, in giuochi e lotte. Lo spettacolo della nudità del corpo umano e il trattamento naturale di ciò che è naturale ebbe il vantaggio di non produrre quello stimolo sessuale che oggi viene suscitato artificialmente fin dalla giovinezza mediante la separazione delle relazioni fra i due sessi. La perfezione fisica di un sesso e la funzione dei suoi organi speciali non era un segreto per l’altro sesso. Non vi potevano essere dubbi. La natura rimaneva natura. Un sesso gioiva della bellezza dell’altro. L’umanità deve tornare alla natura e alle relazioni naturali dei sessi, gettando lontano da sé imalsani principi spiritualistici intorno alla natura umana oggi dominanti, creando sistemi di educazione rispondenti al nostro grado di civiltà e introducendo una rigenerazione fisica e intellettuale. Noi siamo dominati ancora da molti scrupoli, specialmente intorno all’educazione della donna. E’ considerato come eresia e certo come “contrario alla femminilità” il dire o pretendere che anche la donna deve avere vigore fisico, coraggio e ardimento, sebbene nessuno possa negare che la donna così fatta potrebbe difendersi da molte ingiustizie e sottrarsi a molti dispiaceri. Invece la donna viene, quanto possibile, arrestata nello sviluppo fisico, precisamente come in quello intellettuale, al che contribuisce notevolmente la irrazionalità degli abiti. Questi non solo arrestano la donna in modo gravissimo nel suo sviluppo fisico, ma la rovinano addirittura; eppure sono ben pochi i medici che osino alzar la voce, sebbene tutti sappiano quali pregiudizi derivino dalla foggia dell'abbigliamento. Il timore di dispiacere alla paziente li induce a tacere, quando non ne accarezzano i capricci. La foggia moderna del vestire impedisce inoltre alla donna il libero impiego delle sue forze e suscita quindi in lei il sentimento dell’impotenza e della debolezza. Questo abbigliamento è poi anche inmodo speciale pericoloso per chi la avvicina, perché la donna in casa e per la via sembra proprio una produttrice ambulante di polvere. Finalmente ad impedire lo sviluppo della donna concorre la rigorosa separazione dei sessi nella società e nella scuola,metodo questo che risponde perfettamente ai principi spiritualistici che il cristiane- (86)Vedi il giudizio diKrafft-Ebing (nella nota 69, pag. 67). (87) Platone nel suo “Stato” domanda: che le donne siano educate come gli uomini, ed esige nei reggitori del suo stato ideale una selezione fatta con molta cura; riconoscendo perciò l’efficacia della selezione anche per lo sviluppo degli uomini. Aristotele pone come principio fondamentale dell’educazione: “prima deve essere formato il corpo, poi l’intelletto” (Aristotele, “Politica”). Nota diA. Bebel. 57 simo ci ha profondamente radicato nell’animo rispetto a tutto ciò che riguarda la natura umana. La donna che non sviluppa le sue attitudini fisiche, che, storpiata nella cultura di quelle intellettuali, si aggira entro una sfera di idee molto ristrette, ponendosi in relazione soltanto con le sue conoscenze più prossime, non può elevarsi dal comune e dal mediocre. Il suo orizzonte intellettuale abbraccia sempre le più meschine faccende domestiche, le relazioni di parentela e ciò che ne dipende. Di qui un alimento alle conversazioni inutili sulle cose più insignificanti, di qui anche favorita la più viva tendenza alla ciarla poichè le doti di fantasia in lei vive fanno ressa per essere provate ed esercitate. E quindi l’uomo, addolorato spesso da dispiaceri e tratto alla disperazione, maledice perché egli, “signore della creazione”, ne fu pure causa precipua. Ora, poichè la donna in tutte le fasi della sua esistenza è tratta, dalle nostre condizioni sociali e sessuali, al matrimonio, tutto ciò che vi si riferisce forma naturalmente una parte essenziale delle sue aspirazioni e dei suoi discorsi. Per essa, fisicamente più debole e soggetta per uso e per legge all’uomo, la lingua costituisce l’unica arma che può adoperare, ed essa naturalmente se ne vale. Lo stesso avviene della sua passione per gli adornamenti e per la civetteria che raggiunge la sua più spaventosa intensità nei capricci della moda tante volte deplorati, trascinando spesso nella miseria e nell’imbarazzo padri e mariti senza che essi possano porvi un riparo efficace. Tutto ciò si spiega molto facilmente. La donna costituisce per l’uomo prima di tutto uno strumento di piacere; economicamente schiava, essa è costretta a vedere nel matrimonio il suo mantenimento, essa dipende dunque dall’uomo e diventa una parte del suo patrimonio. La sua condizione è resa ancor più disgraziata dal fatto che il numero delle donne supera generalmente quello degli uomini. Di ciò parleremo in un altro capitolo. Per questa sproporzione sale la concorrenza delle donne fra loro, concorrenza resa maggiore da un certo numero di uomini che per varie ragioni non prendono moglie. La donna è costretta, quindi, a entrare in lotta con le sue compagne e a sfoggiare i suoi vezzi e le sue attrattive per vincerle e conquistarsi ilmarito. Chi pensi che tutte queste disuguaglianze durarono per il corso di innumerevoli generazioni, non si meraviglierà che questi fenomeni, giusta le leggi dell’eredità naturale e dell’evoluzione, abbiano attinto la loro ultima forma alle stesse cause continuamente operanti. Da ciò ne viene che forse in nessun’altra età la lotta della donna per la conquista dell’uomo fu mai tanto accanita come nel presente e, in parte per le cause già da noi accennate, in parte per altre cause che illustreremo più avanti, aumentò molto più di prima il numero delle donne che cercano marito in confronto degli uomini che cercano moglie. Infine, le difficoltà di una esistenza comoda e le esigenze sociali spingono molto più di una volta la donna verso il matrimonio, come ad un “istituto di mantenimento”. Gli uomini si compiacciono di tale stato di cose, e ne traggono profitto. Si addice alla loro superbia, alla loro vanità, al loro interesse la parte del più forte e del dominatore, e in questa parte il padrone è, come tutti i padroni, difficilmente accessibile al ragionamento. Tanto più, poi, le donne hanno interesse di agitarsi per conquistare una posizione che le liberi da questo stato di avvilimento e di degradazione. Le donne non possono illudersi che l’uomo le aiuti ad uscire dalla loro condizione, nel modo stesso che gli operai hanno a sperare poco dalla borghesia. Si consideri, inoltre, quali doti caratteristiche crea la lotta per la conquista di una posizione privilegiata anche in altri campi, per esempio in quelli dell’industria quando gli imprenditori si trovano uno di fronte all’altro, quali mezzi indecorosi e vigliacchi come l’odio, l’invidia, lamaldicenza, si impiegano nella lotta e risulterà chiarissimo il fatto che nella lotta di concorrenza della donna per la conquista dell’uomo si formano qualità perfettamente identiche. Ne consegue che le donne, in media, si sopportano meno degli uomini; e che anche le migliori amiche vengono facilmente a contesa tra loro non appena si tratti della considerazione in cui sono tenute dall’uomo, delle loro prerogative personali e così via. Di qui anche la conferma del fatto che due donne incontrandosi per la prima volta si guardano generalmente come due nemiche e con una sola occhiata scoprono reciprocamente se l’altra ha sfoggiato un colore stridente o disposto con poco buon gusto un velo, o commesso qualche altro peccato mortale di tal fatta. Negli sguardi di entrambe si può leggere il giudizio che l’una fa dell’altra, come se l’una volesse dire all’altra: “Io ho saputo però abbigliarmi meglio di te, per attirare su di me l’attenzione”. Anche l’intensitàmaggiore delle passioni nella donna, la quale trova nella Furia la sua espressione più odiosa, ma si manifesta anche nell’abnegazione più alta e nel sacrificio di sè – basti pensare alla virtù eroica con cui le madri e le vedove derelitte provvedono ai loro figli – anche questa maggiore intensità di passione ha la sua base essenziale nel metodo di vita e di educazione perché tutto è in lei diretto a favorire la vita del sentimento. Con gli effetti di un’educazione intellettuale sbagliata, vanno di pari passo quelli meno importanti di un’educazione fisica sbagliata o difettosa, in relazione allo scopo della natura. Tutti i medici sono d’accordo su questo, che la preparazione della donna alle funzione di madre e di educatrice lascia quasi ancor tutto a desiderare. “Si esercitano i soldati nelmaneggio delle armi e gli operai nell’uso dei loro strumenti; ogni impiego o ufficio esige i suoi studi; anche per il frate c’è il noviziato. Soltanto la donna non riceve alcuna istruzione in ordine ai suoi gravi doveri di madre” (88). Nove decimi delle ragazze che hanno occasione di maritarsi si sposano ignorando quasi completamente (88) La missione del nostro secolo. Uno studio sulla questione della donna di Irma de Troll-Borostyani, Presburgo e Lipsia (Die Mission unseres Jahrhunderts. Eine Studie über die Frauenfrage. Heckenast, Preß-burg 1878). E’ un libro scritto con brio, vigore e con esigenze abbastanza avanzate. Nota di A. Bebel. 58 ciò che voglia dire maternità e i loro doveri nel matrimonio. Il già accennato orrore insormontabile che hanno le madri di parlare alle figlie già sviluppate delle importanti funzioni sessuali, le lascia nell’ignoranza più crassa dei doveri che esse hanno verso se stesse e verso il futuro consorte. “La fanciulla, entrando nella vitamatrimoniale, calca un terreno a lei completamente straniero; essa se ne è formata a modo suo un quadro fantastico, attinto per lo più dai romanzi, spesso non molto edificanti, e che rispondono alla realtà come un pugno negli occhi” (89). Sulle mancanti nozioni di economia, tanto necessarie allo stato odierno delle cose, se anche la moglie viene esonerata da parecchi lavori che prima eseguiva, si ritiene sufficiente un cenno di sfuggita. E’ un fatto indiscutibile che molte donne, spesso non per colpa loro, ma per effetto di cause sociali generali, entrano nella vita coniugale senza avere le nozioni più elementari dei doveri domestici, ciò che costituisce un motivo sufficiente di dissapori. Un’altra ragione che allontana molti uomini dal matrimonio, consiste nello sviluppo fisico di molte donne. Educazione sbagliata, tristi condizioni sociali (sistema di vita, abitazione, impiego), creano esseri femminili non adatti ai doveri fisici del matrimonio. Sono deboli, anemiche, eccessivamente nervose. Di qui i difficili ciclimestruali, lemalattie dei vari organi che si collegano ai fini della generazione e arrivano fino all’incapacità di procreare e di allattare, od anche al pericolo della vita. Invece di una compagna sana e vivace, di una madre feconda, di una sposa che adempie i suoi doveri domestici, l’uomo ha vicino a sè una donna malata, eccitabile, che ha sempre bisogno del medico e che non può sopportare né il più leggero soffio di vento né il rumore più lieve. Non vogliamo diffonderci su tal punto; ogni lettore – e tutte le volte che diciamo lettore si intende anche lettrice – può completare il quadro da sè, perché ognuno può attingere molti altri esempi dalla cerchia delle sue conoscenze. Medici esperti assicurano che oltre una metà di donne maritate, specialmente nelle città, si trovano in condizioni più o meno anormali. Tali unioni possono essere infelici secondo il grado dei mali e il carattere dei coniugi; e nell’opinione pubblica danno diritto all’uomo di permettersi delle libertà extraconiugali, la cui conoscenza produce nella donna la più viva eccitazione. Talvolta sono le esigenze sessuali, molto diverse nell’una e nell’altra parte, quelle che porgono occasione a profondi dissidi, senza che sia possibile, per riguardi d’ogni genere, la desiderata separazione. Vi sono dunque molteplici e svariati motivi che rendono la moderna vita coniugale, in un gran numero di casi, assai diversa da quella che deve essere, cioè l’unione di due esseri di sesso diverso i quali si appartengono per vicendevole amore e stima; e che soltanto insieme costituiscono, secondo l’espressione scultorea di Kant, tutto l’uomo. Perciò è troppo poco insegnare che le aspirazioni emancipatrici della donna saranno soddisfatte con l’avviare la donna al matrimonio, che nelle nostre condizioni sociali – come dimostreremo anche più avanti – va sempre più snaturandosi e corrompendosi e risponde sempre meno al suo scopo, ma è atroce scherno il dire che si vuol avviare la donna verso il matrimonio, avviamento che la maggioranza degli uomini applaude, quando tanto i consiglieri quanto i fautori più loquaci nulla fanno per procurare alla donna un marito. Schopenhauer, il filosofo, intende la donna e la sua posizione come la intende un borghesuccio. Egli dice: “La donna non è chiamata a grandi opere. Ciò che la caratterizza non è l’azione ma la passione. Essa paga il debito della vita coi dolori del parto, con la cura per i figli, con la soggezione all’uomo.Alei sono negate le manifestazioni più vigorose della forza e del sintimento. La sua vita deve essere più tranquilla e più oscura di quella dell’uomo. La missione della donna è quella di educatrice e allevatrice dei bambini, perché bambina essa stessa, rimane per tutta la vita una grande bambina, una specie di grado intermedio fra il fanciullo e l’uomo, il quale è il vero padrone... Le ragazze vanno educate alla vita domestica e alla soggezione... Le donne sono i filistei più convinti e più incorreggibili”. Schopenhauer, quando giudica la donna, non è un filosofo, ma è egli stesso uno dei filistei più convinti. Il filosfo deve – e in ciò sta la sua importanza – approfondire le cose più di quello che abbia fatto Schopenhauer, il quale si arresta soltanto alla superficie. Di più, Schopenhauer non fu mai ammogliato; e quindi da parte sua egli non ha contribuito a far sì che una donna soddisfacesse ad un compito maggiore di quello che egli assegna alle donne. Ed eccoci al rovescio della medaglia, che non è certamente il più bello. Tutti sanno che molte donne non si sposano perché non possono farlo. Il costume vieta ad esse la scelta e la domanda, e perciò devono lasciarsi scegliere. Se non vi è alcun aspirante, la donna va ad ingrossare le fila di quelle infelici che vennero meno allo scopo della vita e cadono in miseria, quando non sono esposte anche allo scherno. Pochissimi conoscono la ragione di questa disuguaglianza dei sessi, e ne conoscono anche meno la vera importanza. La maggior parte ha questa risposta (89) Alessandro Dumas figlio narra nel libro Les femmes qui tuent et les femmes qui votent, 1880, (http:// www.assemblee-nationale.fr/ histoire/femmes /citoyennete_ politique_ revolution. asp) di un prete cattolico altolocato che gli aveva comunicato che su cento delle più giovani pastorelle che si erano maritate, almeno 80 sono venute a dirgli un mese dopo il matrimonio che erano disilluse e si dolevano di aver presomarito. Ciò è verosimile. La borghesia francese volterriana trova che non è in disaccordo con la sua coscienza il far educare le figlie nei conventi; partendo dall’idea che una donna ignorante si può guidare più facilmente di una donna educata. Di qui conflitti e disinganni.Anche Laboulaye (Edouard-René Lefebvre de Laboulaye, politico e scrittore francese, ideatore della costruzione della Statua della Libertà donata nel 1886 dalla Francia agli Stati Uniti d’America e posta all’entrata del porto di New York, inizialmente contrario ma poi sostenitore del governo Thiers,massacratore dei comunardi parigini, scrisse Recherches sur la condition civile et politique des femmes depuis les Romains jusqu’à nos jours, 1843) consiglia di conservare le donne in una certa ignoranza perché “il nostro impero è distrutto, se l’uomo viene riconosciuto”. Nota diA. Bebel. 59 sulle labbra: Nascono troppe ragazze, e alcuni concludono che deve essere introdotta la poligamia, se è vero che lo scopo della vita della donna è il matrimonio. Quelli che sostengono che nascono più donne che uomini sono male informati. E quelli poi che, dovendo ammettere che il celibato è contro natura e, considerando il gran numero delle donne nubili pensano che in tal caso la poligamia, bene o male, deve essere introdotta, svisano la vera natura delle condizioni. La poligamia non solo ripugna ai nostri costumi, ma contribuisce, sotto tutti i rapporti, a scemare la dignità della donna, ciò che non impedisce allo Schopenhauer nella sua disistima e nel suo disprezzo per essa, di dichiarare che: “Per il sesso femminile in generale la poligamia è un beneficio”. Molti non si ammogliano, credendo di non poter mantenere convenientemente una donna e i figli che nasceranno da essi; pochi soltanto potrebbero mantenere una seconda donna, e fra questi vi sono molti che ne mantengono due, una legittima e una illegittima. Costoro, privilegiati per censo, non si astengono dal fare il piacer loro né per virtù di legge, né per riguardi morali.Anche nei paesi orientali, ove la poligamia è riconosciuta dalle leggi e dai costumi, pochissimi hanno più di una moglie. Si parla tanto dell’influenza demoralizzante della vita degli harem turchi. Ma si dimentica che essa è possibile ad una parte insignificante della popolazione, e quasi esclusivamente alla classe dominante, mentre la gran massa del popolo vive a sistema dimonogamia, né più né meno degli europei. Nella città di Algeri, sullo scorcio del 1860, su 18.282 matrimoni, non meno di 17.319 erano con una donna soltanto, 888 con due mogli e 75 soltanto con più di due. Costantinopoli, la capitale della Turchia, non potrebbe presentare risultati notevolmente diversi. Fra la popolazione agricola turca è ancora più spiccato il rapporto a favore della monogamia. In Turchia, come presso di noi, si ha riguardo in prima linea agli interessi materiali, i quali costringono la maggioranza del sesso maschile a contentarsi di una moglie. Che se pure queste condizioni fossero favorevoli per tutti gli uomini, la poligamia non si potrebbe tuttavia introdurre, perché allora mancherebbero le donne. Il numero quasi eguale – in condizioni normali – dei rappresentanti dei due sessi, spinge dappertutto alla monogamia. Poiché i dati seguenti dimostrano come entrambi i sessi si distribuiscano numericamente sulla terra, così sono da tener ferme le conclusioni che formuleremo fra poco. Le tavole sono desunte dal giornale dell’ufficio di statistica di Berlino per il 1889, in cui il barone de Fircks pubblicò un lavoro sotto il titolo: “La distribuzione della popolazione per sesso specialmente in Prussia” (90). Non si ebbero comunicazioni sulla distribuzione dei sessi nella repubblica diAndorra, a Monaco, a S. Marino, nel Montenegro e nella Turchia europea. Il Fircks presenta poi una raccolta di tavole relative alla popolazione totale della terra distribuita per sesso, in cui per una popolazione di 760.328.614 persone i dati sono basati sulle statistiche esistenti, mentre per 522.681.076 persone i dati vengono presentati con un calcolo approssimativo. Questi calcoli si fondano però sui risultati forniti da singole popolazioni delle regioni esaminate e vengono applicati per analogia alle altre popolazioni per le quali mancano i dati sulla distribuzione numerica dei sessi. In complesso con tale metodo si getta uno sguardo relativamente esatto, in ordine alla distribuzione per sessi, su 1.283.009.690 persone, cioè sull’88,5% della popolazione della terra. Eccone i risultati: (90) Si tratta con ogni probabilità di Arthur Freiherr von Fircks (1838-1900), che era consigliere governativo presso l’Ufficio di Statistica di Berlino (Königlich Preußischen Statistischen Bureau). Popolazione complessiva Maschile Femminile I. EUROPA 334.463.910 3.407.218 dei quali verificati per dati positivi 329.687.722 3.167.718 e calcolati aprossimativ. 4.776.188 237.5 II. ASIA 815.655.931 16.103.304 dei quali verificati per dati positivi 328.989.264 7.853.304 e calcolati aprossimativ. 486.666.667 8.250.000 III. AFRICA 27.168.743 1.154.215 dei quali verificati per dati positivi 10.358.743 179.215 e calcolati aprossimativ. 16.750.000 975.000 IV. AMERICA 102.005.593 1.163.260 dei quali verificati per dati positivi 87.517.372 993.760 e calcolati aprossimativ. 14.488.221 169.500 V. AUSTRALIA 3.546.725 302.549 dei quali verificati per dati positivi 3.546.725 302.549 VI. OCEANIA 228.788 36.138 dei quali verificati per dati positivi 228.788 36.138 TOTALE 1.283.009.690 15.352.248 dei quali verificati per dati positivi 760.328.614 5.720.248 e calcolati aprossimativ. 522.681.076 9.632.000 Eccedenza della popolazione 60 (1) Comprese le isole dei mari britannici e i soldati e marinai che si trovano lontani dal paese. (2) Compresa l'Islanda e Feroe. (3) Compreso Gotland. (4) Compresa la guarnigione delle navi da guerra che si trovano fuori delle acque territoriali, ma esclusa la gente della marina mercantile che si trova lontana dalla patria. (5) Compreso Madera e le Azzorre. (6) Compreso le Baleari e le Canarie. (7) Compresa la Corsica. (8) Comprese le isole. (9) Compresa la Rumelia orientale. Il risultato, dunque, è questo, che dei 1283 milioni di individui in cifra tonda della cui distribuzione per sesso si possono fornire notizie in base alle cifre o ai calcoli, 649 milioni e mezzo sono maschi e 633 milioni e mezzo circa sono femmine. Il sesso maschile supera il sesso femminile di oltre 15 milioni. Di tutte le parti del mondo, la sola Europa è quella in cui il sesso femminile supera il maschile, e precisamente di 3.407.218 individui. Che su ciò abbia un’influenza decisiva l’emigrazione è dimostrato, per esempio, dal numero della popolazione dell’America del Nord che aveva, secondo l’ultima statistica della popolazione, 937.743 femmine in meno su 54.906.407 abitanti.Anche inAustralia, al 31 dicembre 1887, l’eccedenza della popolazione maschile su quella femminile raggiungeva la cifra di 302.549 persone, ossia l’8,5% della popolazione complessiva. Ora, poichè la popolazione emigrante è composta degli individui più sani e vigorosi e prevalentemente di uomini, i corrispondenti strati della popolazione femminile devono appunto soffrirne immensamente. Sulla sproporzione dei sessi influiscono poi in modo notevole anche le guerre, come è dimostrato dal Fircks esaminando le oscillazioni che si manifestarono durante il corso di questo secolo nella proporzione numerica di entrambi i sessi in Francia ed Totale persone Maschi Femmine Totale persone Su 1000 1 2 3 4 5 6 7 Gran Bretagna e Irlanda (1) 1881 35.241.482 17.254.109 17.987.373 + 733.264 + 21 Dannimarca (2) 1880 2.052.704 1.006.982 1.045.722 + 38.740 + 19 Norvegia 1875 1.806.900 876.362 930.138 + 53.376 + 30 Svezia (3) 1886 4.717.189 2.290.340 2.426.849 + 136.509 + 29 Finlandia 1885 2.203.358 1.081.911 1.125.447 + 39.536 + 18 1. Nord-Europa ed Isole 46.021.633 22.510.104 23.511.529 + 1.001.425 + 22 Lussemburgo 1885 213.283 107.142 106.141 - 1.001 - 5 Belgio 1886 5.909.975 2.951.300 2.958.675 + 7.375 + 1 Noerlandia 1879 4.012.693 1.983.167 2.029.529 + 46.365 + 12 Lichtenstein 1880 9.124 4.625 4.499 - 126 - 14 Impero Germ.(4) 1885 46.861.016 22.938.976 23.922.040 + 983.064 + 21 Svizzera 1880 2.846.102 1.394.626 1.451.476 + 56.850 + 20 Austria 1880 22.144.244 10.819.737 11.324.507 + 504.770 + 23 Ungheria 1880 15.738.468 7.799.276 7.939.192 + 1 39.916 + 9 2. Europa Centrale 97.734.905 47.998.846 49.736.059 + 1.737.213 + 18 Portogallo (5) 1888 4.550.699 2.175.829 2.374.870 + 199.041 + 44 Spagna (6) 1887 16.622.175 8.125.862 8.496.313 + 370.451 + 22 Gibilterra 1881 18.381 8.640 9.741 + 1.101 + 60 Francia (7) 1881 37.405.290 18.656.518 18.748.772 92.254 + 2 3. Europa Occidentale 58.596.545 28.966.849 29.629.69 662.847 + 11 Russia e Polonia 1883 e 1880 85.836.013 42.557.298 43.278.715 721.417 + 8 4. Europa Orientale 85.836.013 42.557.298 43.278.715 721.417 + 8 Italia (8) 1881 28.459.628 14.265.383 14.194.245 - 71.138 - 2 Bosnia ed Erzeg. 1881-85 1.336.091 705.025 631.066 - 73.959 - 55 Serbia 1886 1.970.032 1.007.485 962.547 - 44.938 - 23 Bulgaria 1881 2.982.949 1.519.953 1.462.996 - 56.957 - 19 Grecia 1879 1.979.561 1.046.526 939.035 - 101.491 - 51 Cipro 1881 186.173 95.055 91.158 - 3.857 - 21 Rumenia (9) 1859-60 4.424.961 2.276.558 2.148.403 - 128.155 - 29 Malta 1886 159.231 78.460 80.771 + 2.311 + 15 5. Sud-Europa ed Isole 41.498.626 20.988.405 20.510.221 - 478.184 - 12 Eccedenza in + ovvero in – PAESI della popolaz. fem. Anno al quale i dati si riferiscono Stato della popolazione 61 in Prussia. Nel 1801, e cioè dopo la fine della rivoluzione e prima della serie di guerre, l’eccedenza della popolazione femminile su quella maschile raggiungeva in Francia il 26,6‰. Questa eccedenza si abbassò a 16,4 fino al 1806, ma nel 1821 risalì di nuovo a 28,6 dopo le grandi stragi delle guerre napoleoniche. Nel 1831 raggiunse il 20,6‰; nel 1841 il 12,4; nel 1846 il 9,0 e nel 1851 soltanto il 6,0. Dopo la guerra d’Oriente, l’eccedenza risalì all’8,2 abbassandosi nel 1861 a 2,6 e nel 1866 ad 1,0 – vi era dunque quasi la stessa proporzione fra i sessi – ma l’eccedenza della popolazione femminile salì ancora dopo la guerra franco-prussiana e i tumulti della Comune, nel 1872, a 3,8. Immediatamente dopo le guerre napoleoniche, l’eccedenza del sesso femminile sul sesso maschile in Prussia fu di 8‰; si abbassò a 6 nel 1824, a 4 nel 1831, a 2 nel 1837, e così si è rimasti fino al 1852. Ma nel 1854, in conseguenza dell’aumento dell’emigrazione, l’eccedenza crebbe fino al 4 e raggiunse, nel 1867, dopo la guerra dello Schlesvig- Holstein e quella austro-germanica, il 9,6; nel 1872, dopo la guerra franco-prussiana, salì a 15,8, crescendo fino al 18,8 nel 1885, specialmente per effetto dell’aumento dell’emigrazione. Quale influenza abbia nel rapporto numerico dei diversi paesi e regioni del globo, oltre le guerre e l’emigrazione, la diversità delle razze (influenza che il Fircks ammette) si può difficilmente dimostrare, mancando gli estremi sufficienti. Quanto all’Europa, che più da vicino ci riguarda, sono evidenti le ragioni dell’eccedenza numerica del sesso femminile. L’eccedenza di quasi 1 milione di uomini negli Stati Uniti, che corrisponde perfettamente a quella delle donne nell’impero germanico, dimostra l’influenza esercitata dall’emigrazione su questa proporzione numerica dei due sessi. Negli Stati Uniti vi erano 937.743 uomini in più, in Germania invece erano in più 988.876 donne. La statistica della popolazione dell’anno 1885 ha fornito degli schiarimenti sul rapporto dei sessi in generale, come anche per classi di età, in particolare nell’impero tedesco. Al 1° dicembre del 1885 si contavano in Germania 46.855.704 abitanti presenti in luogo, di cui 22.933.664 erano maschi e 23.222.040 erano femmine. Il sesso femminile dunque superava di 988.376 teste quello maschile. E’ poi interessante vedere la proporzione reciproca dei due sessi nelle varie classi di età. Su 100 maschi vi furono nell’età: sotto 5 anni : 99,5 femmine da 5 a 10 anni : 99,9 femmine da 10 a 15 anni : 100,0 femmine da 15 a 20 anni : 101,4 femmine da 20 a 25 anni : 103,6 femmine da 25 a 30 anni : 104,8 femmine da 30 a 40 anni : 105,4 femmine da 40 a 50 anni : 107,1 femmine da 50 a 60 anni : 111,6 femmine da 60 a 70 anni : 115,6 femmine da 70 a 80 anni : 118,7 femmine oltre 80 anni : 128,7 femmine L’eccedenza quindi del sesso femminile comincia, come dalla tavola sopra scritta, fra i 15 e i 20 anni, aumentando rilevantemente col crescere dell’età. La tavola dimostra che gli uomini, nonostante prevalgano per numero nelle nascite, non solo danno un contingente di morti più forte tra i giovani, ma in media non raggiungono l’età delle donne. Così in Germania, al 1° dicembre 1885, vivevano in età dai 70 agli 80 anni: 478.112 maschi e 567.468 donne. Il sesso maschile fu più numeroso del sesso femminile soltanto inWestfalia e nei Paesi Renani (inWestfalia 100 maschi e 96,5 femmine, nei Paesi Renani 100 maschi e 99,8 femmine) – Del resto, prevaleva dappertutto il sesso femminile; a Berlino 108,2 femmine su 100 maschi; a Brema 108,4; a Hohenzollern 109,6; aWaldeck 110,3; e nella Slesia 110,6. Nel regno di Sassonia, secondo le statistiche della popolazione del 1° dicembre 1885, su 1000 maschi vi erano 1063 femmine, e precisamente nelle città 1043, nelle campagne 1071. E’ però importante lo stabilire in quale proporzione si trovino fra loro i neonati maschi e le neonate femmine, come pure gli illegittimi e i nati morti. Nel periodo dal 1872 al 1888, per il quale facciamo i calcoli ad intervalli di 6 in 6 anni, relativamente a 4 anni abbiamo questi risultati: Il numero di neonati maschi su 100 neonati femmine oscillò in questo periodo di tempo fra 105,9 e 106,2. Nei nati morti si manifesta una lenta e continua diminuzione, ciò che probabilmente si deve ai soccorsi più efficaci e più solleciti che si prestano ora alle partorienti. Nacquero dunque più maschi che femmine, ma viceversa i primi morirono in numero maggiore delle seconde, come risulta già dalle cifre suesposte, e precisamente nella seguente proporzione. Morirono cioè nel: fanciulli fanciulle illegittimi nati morti fanciulli illegittimi nati morti 1872 871.438 820.786 150.645 66.19 106,2 8,90 3,91 1878 918.301 866.775 154.629 70.647 105,9 8,66 3,96 1884 924.120 869.821 170.688 68.359 106,2 9,51 3,81 1888 940.917 887.461 169.645 66.972 106,0 9,28 3,66 (1) (1) Annuario di statistica per l'Impero Germanico, 1889. N A T I di cui Sopra 100 fanciulle vi sono Anno Di 100 nati sono (214) esserci perchè che voi al giudice «Voi delle vostre abiti la i cavalli e sprezzate di cenci. consumare o sul campo, a quelli Il sermone per l’avrà in istituzioni possa trattare Allora Nota di 62 A Parigi nel 1882, su 31.828 nati maschi vi furono 30.753 nati femmine, e quindi su 100 femmine, 103,5 maschi. Ma la mortalità sotto i 15 anni colpì 191 fanciulli e 156 fanciulle per 1000. In tutta la Francia, su 1000 nati maschi vi sono 942 nati femmine. Una differenza veramente notevole fra i sessi si manifestò a Parigi nel numero dei morti per tisi, fra i quali nel 1877 vi furono 4.768 maschi e soltanto 3.815 femmine. La ragione di questa maggiore mortalità dei maschi – mortalità che mena più strage nelle città che nelle campagne – deve ricercarsi nel sistema di vita più nocivo alla salute e più licenzioso. Secondo ilQuételet (91), muoiono più uomini nell’età dai 18 ai 21 anni che donne nell’età dai 18 ai 25 anni. Una seconda ragione è questa: che gli impieghi e le occupazioni degli uomini (fabbriche, navigazione, commercio) presentano maggiori pericoli che non presentino le occupazioni della donna. Il motivo poi del maggior numero di maschi nati morti deve ricercarsi nella maggiore difficoltà della nascita e del parto per essere la loro testa, in media, più grossa di quella delle donne, per cui essi risentono della debolezza dell’organismo materno più delle bambine (92). Il fatto sorprendente della generale eccedenza nelle nascite degli uomini sulle donne si è cercato di spiegarlo con ciò: che la maggiore probabilità della nascita di un maschio dipende dal fatto che l’uomo in media ha sulla donna il vantaggio di un numero maggiore di anni, della forza e dell’energia. La nascita dei bambini, si dice, è tanto più frequente quanto è maggiore la differenza d’età fra uomo e donna, sebbene un uomo vecchio di fronte ad una donna giovane si trovi in una posizione svantaggiata. Si potrebbe dunque fissare la norma: che la natura più forte influisce sul sesso del bambino. Da quello che abbiamo esposto si può dedurre con sicurezza che, se la donna raggiungesse un migliore sviluppo fisico e intellettuale mediante un’educazione e un sistema di vita più conformi alla natura, il numero dei morti e la mortalità dei bambini decrescerebbe. Ne consegue poi, d’altro canto, che con il rinvigorirsi delle forze intellettuali e fisiche della donna e per effetto della scelta corrispondente in relazione all’età dell’uomo, diventa possibile e, in condizioni normali, verosimile di regolare il numero delle nascite di entrambi i sessi. Si è visto che in Europa la emigrazione e il militarismo esercitano un’influenza notevole sull’eccedenza del sesso femminile in confronto al sesso maschile. L’obbligo del servizio militare spinge spesso i giovani ad emigrare negli anni più belli della vita. Il numero degli emigrantimaschi supera inGermania quello delle femmine di circa 10-15 mila persone ogni anno. Nel 1889, secondo i documenti ufficiali sulla leva, di 1.149.042 uomini soggetti alla leva nell’impero tedesco rimasero disertori 42.127; 110.552 mancarono senza giustificazione alla chiamata, 19.139 furono condannati per essere emigrati senza permesso e 14.299 erano ancora sotto processo per questo titolo. Sono cifre che non hanno bisogno di commenti. Ma le donne comprenderanno quanto interesse abbiano per loro anche i nostri sistemi militari e politici. Se il periodo di servizio militare debba essere prolungato o accorciato e quindi l’esercito ingrossato o diminuito; se si debba seguire una politica pacifica o bellicosa, se il trattamento dei soldati è umano o inumano, e quindi se il numero delle diserzioni e dei suicidi nell’armata cresce o diminuisce, son tutte questioni che interessano tanto la donna quanto l’uomo. L’uomo può sottrarsi a queste condizioni molto più facilmente della donna.Ma per la donna cresce quindi il pericolo che essa non possa raggiungere i suoi fini naturali. Fra le cause che rendono ancor più grave la differenza numerica dei sessi a vantaggio della donna, deve comprendersi anche il numero degli infortuni nell’industria; numero che aumenta in ragione diretta dei progressi della meccanica. A questi infortuni anche il sesso femminile reca il suo contingente, trovando esso sempre maggiore accesso in ogni ramo d’industria. Secondo la statistica delle assicurazioni contro le disgrazie accidentali nell’anno 1888, il numero dei morti per effetto di infortuni raggiunge la cifra di 3692, rispetto a 3270 dell’anno precedente; mentre la cifra di quelli che, in seguito ad accidente, rimasero inabili al lavoro, fu di 2216 contro 3166 dell’anno precedente. Il numero di queste persone, che sono rese completamente inabili al lavoro, intanto deve prendersi in considerazio- (91) Lambert-Adolphe-JacquesQuételet, 1796-1874, astronomo e statistico belga. Approfondisce le sue conoscenza in materia statistica durante la collaborazione alla pubblicazione dei dati del censimento della popolazione del 1829 in Belgio. In diversi congressi di statistica promuove e difende l’idea di una statistica scientifica basata sul calcolo delle probabilità, fino a creare nel 1867 (in occasione del congresso tenutosi a Firenze) una sezione speciale per tale problema. Nel 1869, ristampa La physique sociale (opera del 1835, considerata il suo principalie scritto di statistica), nel quale cerca di studiare l’uomo con il calcolo delle probabilità, cercando lemeccaniche che regolano il comportamento fisico, intellettuale e morale non dei singoli individui ma di un ipotetico uomo medio. (92) E’ notevole che le donne delle popolazioni selvagge o semibarbare partoriscano con una estrema facilità e perlo più subito dopo il parto ritornino alle consuete loro occupazioni. Anche le donne del basso ceto sociale che lavorano accanitamente, e specialmente le donne della campagna, partoriscono con molta minore difficoltà delle donne dei ceti più elevati. Nota di A. Bebel. Maschi Femmine Su 100 femmine maschi morti 1872 651.675 609.244 107,0 1878 644.965 583.635 110,5 1884 663.792 608.066 109,2 1888 627.985 581.812 107,9 (2) (2) Annuario statistico per l'Impero Germanico, 1889. 63 ne in quanto generalmente esse muoiono più presto. Il numero delle donne rimaste vedove in seguito a disgrazia accidentale fu di 2406 nel 1888. Fra i morti e quelli resi del tutto inabili al lavoro, c’era anche un piccolo numero di donne, sul quale non esistono dati più precisi. Ma ancora più che nell’industria, la vita dell’uomo trova nemici che la insidiano e colpiscono specialmente nei paesi marittimi. Non abbiamo dati più precisi, ma i grandi pericoli che presentano quei lavori sono provati dal grande numero di vedove fra le popolazioni che vivono dell’industria marittima. L’isola di Eligoland [situata nelMare delNord, nota ora come isola Helgoland, NdR] contava, secondo la statistica, il 2 dicembre 1890, 953 abitanti maschi e 1133 femmine, quindi una forte sporporzione dei sessi, la quale è tanto più rilevante quando si ammette che una parte della popolazione maschile, al momento in cui si è proceduto al calcolo, fosse assente. Mano mano che le condizioni sociali vanno essenzialmente migliorando, si rinvigorisce l’intelligenza, cresce il valore della vita umana e diminuisce la mortalità dei bambini. I pericoli delle macchine, delle miniere ecc., vengono evitati quasi del tutto per mezzo di misure protettrici, e lo stesso accade per l’industria marittima. Invece in quest’ultimo campo oggi si procede in modo imperdonabile. A tutti è noto, in Inghilterra, il fatto – diffuso per opera del signor Plmsoll – che verso la metà del 1870 molti proprietari di navi, assicurate ad altissimo premio per la delittuosa avidità di lucro, benché inette alla navigazione, le sacrificavano senza scrupolo alcuno insieme alla ciurma al più lieve sinistro marittimo, per intascare il premio assicurativo. Queste navi sono le cosiddette navi-feretro, che neppure in Germania sono sconosciute. Nell’anno 1881, per esempio, il vapore Braunschweig che apparteneva alla ditta Rocholl e C. di Brema, affondò presso Eligoland. La nave era scesa in mare in perfette condizioni di navigabilità. La stessa sorte toccò, nel 1889, al vapore Leda della stessa ditta, il quale vapore, appena sceso in mare, si arenò davanti alle foci dell’Elba. La nave era assicurata per 50.000 rubli presso il Lloyd Russo; al capitano se ne erano fatti sperare 8500 se l’avesse condotta salva a Odessa, e questi pagava al pilota l’alto nolo di 180 marchi al mese. L’ufficio marittimo decise: il sinistro era stato causato dalle condizioni di innavigabilità del piroscafo Leda e per l’inettitudine sua a far rotta per Odessa.Al capitano fu ritirata la patente di navigazione; ma per le leggi imperanti, i colpevoli non poterono essere colpiti. E chi sa quante navi colano a fondo in alto mare senza che sorga appunto per ciò un accusatore! Le misure di protezione per la salvezza dei naufraghi sulle coste sono ancora troppo difettose e insufficienti, essendo tali istituzioni appoggiate quasi esclusivamente alla beneficienza privata. E’ poi veramente sconfortante il vedere come si provvede al salvataggio dei naufraghi sulle coste lontane dei paesi stranieri. Una Società che si prefiggesse l’unico e nobile scopo di promuovere il bene di tutti, migliorerebbe la navigazione generale e gli interessi del commercio marittimo in modo che questi disastri diverrebbero molto rari. Ma l’odierno sistema economico, fondato sulla rapina, considera gli uomini come numeri per fare grossi guadagni e annienta spesso una vita umana quando ha in vista la possibilità di ricavarne anche un lieve profitto. Altre ragioni che ostacolano i matrimoni sono anche le seguenti. Ad un numero notevole di uomini è fatto divieto dallo Stato di contrarre liberamente matrimonio. Si stralunano gli occhi per la immoralità del celibato imposto al clero cattolico, ma non si ha una parola di biasimo per il molto maggior numero di soldati che al celibato sono condannati. Non solo gli ufficiali devono avere il consenso dei loro superiori, ma altre gravi limitazioni li vincolano nella libera scelta della donna, perché costei deve possedere una certa sostanza che non sia irrilevante. Così l’ufficialità austriaca dal 1879 ha ottenuto un “miglioramento” sociale a spese del sesso femminile. L’ufficiale, come candidato almatrimonio, è salito di prezzo; il capitano vale 8000 fiorini, se oltrepassa i trent’anni, mentre il capitano al di sotto di questa età sarà merce rarissima, specialmente nell’avvenire e in nessun caso lo si potrà avere per meno di 30.000 fiorini di dote. Perciò una “signora capitanessa” (come si scrive da Vienna alla Gazzetta di Colonia), che oggi è talvolta oggetto di compassione per le sue compagne del ceto bancario o governativo, può tenere più alta la testa, sapendosi da tutti che essa ha “da vivere”. La posizione sociale dell’ufficiale austriaco non era fino ad ora ben definita, a parte la maggiore capacità personale, la cultura e la dignità del rango, perché da unlato delle persone ragguardevoli vivevano all’ombra dell’imperatore, dall’altro molti ufficiali tiravano innanzi non senza umiliazione, e specialmente perché le famiglie di molti poveri ufficiali versavano spesso in condizioni lacrimevolissime. L’ufficiale che voleva prendere moglie, se aveva superato i 30 anni, doveva provare di possedere un patrimonio di 12.000 fiorini, ovvero una rendita annua di 600, ed anche con questa piccola rendita, che a malapena gli permetteva di vivere in modo convenevole al suo stato, talvolta si chiudeva un occhio e si accordavano facilitazioni. Piange il cuore nell’esaminare le nuove ordinanze per imatrimoni degli ufficiali, di una eccessiva severità: un capitano sotto i 30 anni deve presentare d’ora in poi una cauzione di 30.000 fiorini; se supera i 30 anni, di 20.000; un ufficiale dello statomaggiore fino al colonnello, di 16.000, con questo però che una quarta parte soltanto degli ufficiali dell’esercito può prender moglie senza speciale grazia e, quanto alla sposa, si esige che essa abbia condotto una vita illibata ed occupi una posizione conforme al suo stato. Ciò vale per gli ufficiali dell’esercito e per i medici militari. Per gli altri impiegati militari, col grado di ufficiali, le nuove disposizioni sono più miti, ma sono ancor più rigorose per gli ufficiali dello stato maggiore generale. Questi in avvenire non potranno più pigliar moglie; il capitano effettivo dello stato maggiore generale, che non ha compiuto 30 anni, ha bisogno di una cauzione di 36.000 fiorini; se ha superato i 30 anni, di 24.000. 64 Abbiamo quindi una prova palmare di come lo Stato intenda il matrimonio. Il ceto dei sottufficiali è sottoposto alle stesse condizioni proibitive; ci vuole il consenso dei superiori, consenso che viene accordato molto difficilmente e in misura molto limitata. L’opinione pubblica è d’accordo generalmente nel ritenere che non sia consigliabile il matrimonio ai giovani che non abbiano raggiunto i 24 o 25 anni – 25 anni è anche l’età che il codice civile dell’impero considera come età maggiore per l’uomo - e ciò perché, di regola, a questa età si acquista la indipendenza civile. L’opinione pubblica trova ragionevole e corretto che l’uomo prenda moglie a 18 o 19 anni e la donna prenda marito a 15 o 16 anni soltanto, quando si tratti di persone che versano in condizioni favorevoli, e non hanno bisogno di acquistarsi una posizione indipendente, per esempio, persone appartenenti a famiglie principesche. Un principe può essere dichiarato maggiorenne e tenuto pienamente capace di governare l’impero più vasto, il popolo più numeroso anche a 18 anni. I poveri mortali soltanto acquistano la capacità di amministrare da sè il loro patrimonio all’età di 21 anni.Questa diversità di pareri intorno all’età nella quale può permettersi il matrimonio dimostra che la opinione pubblica giudica del diritto al matrimonio soltanto pigliando norma dalle condizioni sociali e che i suoi princìpi non hanno nulla a che fare né con l’uomo considerato come ente naturale, né con i suoi istinti. L’istinto naturale non si lega a determinate condizioni sociali né alle idee e ai pregiudizi che ne derivano. Quando l’uomo raggiunge la maturità, l’istinto sessuale si fa sentire in lui con tutta quella violenza che lo contrassegna appunto per uno degli istinti più gagliardi; esso è, si può dire, l’incarnazione della natura umana ed esige imperiosamente soddisfazione sotto pena di grandi sofferenze fisiche e morali. L’epoca della maturità varia col variare dell’individuo, del clima e del sistema di vita. Nella zona torrida, le donne raggiungono, di regola, la maturità tra i 9 e i 10 anni e non è raro il caso di vedere delle donne che in tale età portano già sulle braccia il primo rampollo, ma a 25 o a 30 anni sono già avvizzite. Nella zona temperata la donna è matura fra i 14 e i 16 anni, in alcuni casi anche più tardi; si avverte però che questa maturità sessuale è diversa nelle donne della campagna e della città. Nelle ragazze sane e robuste delle nostre campagne che si agitano e lavorano fin dalle prime ore del mattino, il periodo delle mestruazioni comincia più tardi di quello delle nostre ragazze della città molli, nevrotiche, etèree. Là la maturità sessuale si compie di regola normalmente con rari disturbi, qui lo sviluppo normale è una eccezione; appaiono fenomani morbosi d’ogni genere che formano la disperazione del medico impedito com’è da usanze e pregiudizi a proporre e introdurre quei rimedi che soli ed unici potrebbero giovare. Chi non sa quanto spesso i nostri medici sono costretti di dichiarare alle signore delle città – così spesso clorotiche, asmatiche e nervose – che il mezzo più radicale per vincere tali disturbi è, insieme ad un cambiamento nel metodo di vita, il matrimonio? Ma come si può mettere in pratica un tale mezzo? Insuperabili difficoltà si oppongono alla realizzazione di tale progetto, né si può far colpa ad un uomo se egli esita a sposare un essere che è una specie di cadavere ambulante e che corre il pericolo di morire al primo puerperio. Ciò vale a dimostrare una volta di più dove bisogna cercare il cambiamento: e cioè in una educazione completamente diversa che riguardi tanto il lato fisico quanto il lato morale dell’individuo, in un sistema di vita e di lavoro del tutto diverso, il che è possibile soltanto in condizioni sociali completamente mutate. Questo contrasto fra l’uomo considerato come ente della natura, e l’uomo considerato come ente sociale (contrasto non accentuatosi mai tanto come oggi) è causa di tutti questi innnumerevoli e dannosi inconvenienti. Esso genera una infinità di malattie sulla cui natura noi non vogliamo addentrarci, ma che colpiscono soprattutto il sesso femminile. Anzitutto perché il suo organismo è strettamente legato alle funzioni generative più che non sia l’organismo dell’uomo, e di queste funzioni subisce l’influenza (ritorno regolare dei corsi), in secondo luogo perché la donna incontra i più grandi ostacoli per soddisfare in modo naturale i propri gagliardi istinti. Tale contrasto fra i bisogni naturali e i vincoli sociali conduce ad atti contro natura, a vizi segreti, ad eccessi che finiscono col rovinare del tutto gli organi più deboli. Questo soddisfacimento degli stimoli per vie non naturali specialmente nel sesso femminile non è un mistero per alcuno e viene anzi favorito da parecchi anni nel modo il più spudorato sotto gli occhi dell’autorità. La réclame più o meno dissimulata di certi prodotti che vengono raccomandati nei giornali più diffusi, specialmente nella parte riservata agli annunzi dei giornali di amena lettura che penetrano nell’interno delle famiglie, viene anzitutto presa in considerazione. Tale réclame è calcolata principalmente sulla base di ciò che può spendere quella parte di società che si trova in migliori condizioni; poichè il prezzo di questi prodotti è così elevato che una persona non bene provvista non è quasi in condizione di sborsarlo. Di pari passo con tali annunzi scandalosi si raccomanda ad ambedue i sessi l’acquisto di figure oscene (specialmente di intere collezioni di fotografie), di poesie altrettanto oscene e di opere di prosa, il cui titolo è atto di per sè ad eccitare gli stimoli sessuali e a provocare l’intervento della polizia e delle autorità giudiziarie. Ma queste hanno troppo da fare con la democrazia- sociale che rovina “cultura, costumi, matrimonio e famiglia”. Una parte notevole della nostra letteratura romantica lavora nello stesso senso. E’ quindi da stupirsi che in tali condizioni sociali, le intemperanze e i pervertimenti sessuali non si facciano sentire nel modo il più acuto e il più pernicioso, né assumano il carattere di una vera malattia sociale. La vita indolente e lasciva di tante donne delle classi agiate, la sovraeccitazione del sistema nervoso causato dall’uso dei più raffinati profumi, il pascersi eccessivamente di un certo genere di poesia, musica e teatri; di tutto ciò insomma che si chiama “godimento 65 artistico” e viene coltivato in certe nature come i fiori in una serra, viene considerato dal sesso femminile, che soffre specialmente di ipertrofia di sentimento e di sovraeccitazione nervosa, come un mezzo eccellente di piacere e di educazione, favorisce smisuratamente gli stimoli sessuali e conduce necessariamente ad eccessi. Nella povera gente che attende a occupazioni faticose, sono segnatamente quelle di natura sedentaria quelle che favoriscono gli ingorghi sanguigni negli organi del basso ventre e, con la pressione degli organi anali, provocano gli stimoli sessuali. Una delle occupazioni più pericolose in questo rapporto è quella relativa alle macchine da cucire tanto diffusa oggidì. Essa produce effetti così funesti, che anche l’organismo più robusto, dopo 10 o 12 ore di lavoro al giorno, in pochi anni si fiacca e si esaurisce completamente. Anche il lavorare per lunghe ore in locali riscaldati ad alta temperatura, per esempio nelle raffinerie di zuccheri, nelle tintorie, stamperie di stoffe, il lavoro notturno alla luce del gas in luoghi pieni di gente, fors’anco nella promiscuità dei sessi, favoriscono oltre misura gli stimoli sessuali. Con ciò abbiamo determinata un’altra serie di fenomeni che provano luminosamente quanto vi è di irrazionale e di malsano nelle nostre condizioni odierne. Ma questi mali radicati profondamente nelle nostre condizioni sociali non si migliorano coi sermoni morali o con i palliativi che i ciarlatani e le ciarlatane sociali e religiosi hanno sempre alla mano. La scure deve colpire il male alle radici. Bisogna procurare di creare metodi di vita, di occupazione e di educazione sani, e la soddisfazione naturale degli istinti sani e naturali. Non vi può essere altra soluzione. Per l’uomo non esistono certi riguardi che esistono per la donna. La sua sovranità gli consente piena ed intera libertà di scelta in fatto d’amore, almeno finchè ostacoli sociali non gliela impediscano. Il carattere del matrimopnio considerato come un istituto di ricovero, l’eccedenza del sesso femminile e gli usi vietano alla donna di manifestare la volontà sua; essa deve aspettare che la si cerchi e, quindi, adattarsi. Di regola, quando l’occasione le presenta uno che la manterrà, essa la coglie di buon grado; perché quell’uno la salva dall’abbandono e dalla proscrizione sociale che tocca alla grama esistenza delle “vecchie zitelle”, e spesso guarda con disprezzo quella fra le sue sorelle che, avendo serbato tanto senso di dignità da non vendersi al primo venuto in una specie di prostituzione coniugale, preferisce di battere sola lo spinoso cammino della vita. Ma l’uomo che vuole appagare mediante il matrimonio il bisogno d’amare, è stretto da vincoli sociali. Egli deve chiedersi prima di tutto: puoi tu nutrire una donna e i nascituri; ed anzi puoi tu farlo senza quella preoccupazione angosciosa che è la distruttrice della tua felicità? Quantomigliori sono le sue intenzioni relativamente almatrimonio, quanto più idealmente egli lo intende, quanto più è fermo nel proposito di sposare una donna soltanto per amore, con tanta maggiore serietà l’uomo deve rivolgersi tale domanda. Per molti la risposta affermativa, nelle attuali condizioni dell’industria e della proprietà, è impossibile; e perciò preferiscono rimanere celibi.Altri meno coscienziosi non guardano tanto per il sottile. Vi sono migliaia di giovani del ceto medio i quali raggiungono relativamente tardi una posizione indipendente e corrispondente alle loro pretese, ma non sono in grado di mantenere una donna “in modo conforme al suo stato” se non quando essa ha un patrimonio proprio. Prima di tutto molti di questi giovani hanno un concetto della cosiddetta “vita conforme al proprio stato” che non corrisponde alle loro rendite; e poi, per effetto della falsa educazione della massima parte delle donne, devono prepararsi a sentire dalle proprie mogli avanzare delle pretese che superano di gran lunga le loro forze. Le donne bene educate e discrete nelle loro esigenze sono assai rare; si tengono indietro e non si trovano mai là dove si è soliti di cercare la moglie. Le donne che gli uomini incontrano sono spesso quelle che cercano di conquistare l’uomo con lo splendore dell’apparenza esterna, ovvero quelle che vogliono nascondere dietro a un lusso fittizio i difetti fisici o la condizione economica per ingannare qualcuno. E adoperano mezzi di seduzione d’ogni maniera e con tanto maggiore zelo quanto più invecchiano e hanno bisogno di maritarsi in fretta. Quella che riesce a conquistare un uomo è ormai siffattamente avvezza agli spettacoli, alle ciarle, allo sfarzo e ai piaceri dispendiosi, che non può farne senza anche durante il matrimonio.Allora si apre una voragine per imariti ed è perciò che molti preferiscono di non prendere il fiore che vi fiorisce all’orlo e non può essere preso senza pericolo di rompersi il collo.Allora fanno da soli il loro cammino cercando il piacere e il diletto sotto la salvaguardia della loro libertà. Secondo E. Ansell, l’età in cui le persone “indipendenti e di condizioni civile” contrassero matrimonio in Inghilterra nel periodo dal 1840 al 1871, fu in media di anni 29,95 circa, ma per queste classi l’età del matrimonio si è nel frattempo elevata di quasi un anno. L’età del matrimonio poi, secondo le varie professioni, nel periodo dal 1880 al 1885 fu in media: nei minatori di 23,56 anni, negli operai delle fabbriche di tessuti di 23,88, nei calzolai e sarti di 24,42, negli operai scelti di 24, 85, nei giornalieri di 25,06, nei commessi di negozio di 25, 75, nei commercianti al minuto di 26,17, nei coloni e loro figli di 28,73, nelle persone “indipendenti” e “civili” di 30,72. Si vede da queste cifre che la condizioni sociale ha un’influenza essenziale nelmatrimonio e si può a buon diritto dire che laddove cause sociali ritardano i matrimoni o li rendono del tutto impossibili, ivi si cerca il soddisfacimento degli istinti per vie non naturali. Nelle classi inferiori e meno provvedute molti ostacoli e impedimenti almatrimonio dipendono dal fatto che le ragazze devono adattarsi a fare da operaie o bottegaie per mantenere sè e non di rado anche la famiglia; e perciò non hanno tempo né agio di dedicarsi all’educazione domestica. Spesso poi avviene che anche la madre non è in condizione di dare alla figlia le necessarie istruzioni essendo essa medesima chiamata, non di rado, fuori 66 di casa e tanto lontano dalla famiglia a causa dei lavori cui deve attendere. Il numero degli uomini che per tutte queste ragioni sono tenuti lontani dal matrimonio, cresce in proporzione spaventosa. Secondo le statistiche dell’anno 1885 su 1000 uomini fra i 20 e gli 80 anni vi erano quasi 1070 donne e, calcolandosi che almeno il 10% degli uomini non prenda moglie, su 100 donne soltanto 84 circa avrebbero speranza di maritarsi. Però questa proporzione diventa ancor più sfavorevole per alcune classi e per alcune regioni. Sono appunto i cosiddetti ceti ed impieghi più elevato quelli nei quali gli uomini più raramente si ammogliano, sia perché le esigenze delmatrimonio sono troppo grandi sia perché gli uomini di tali ceti possono altrimenti godere. Inoltre, la condizione della donna è particolarmente sfavorevole nei luoghi in cui dimorano molti pensionati con le loro famiglie, ma pochi giovani. Ivi il numero delle donne che non trovano marito sale al 20 o al 30%. La mancanza di candidati allo stato coniugale colpisce al massimo grado quelle donne che per la loro educazione e per la loro posizione sociale sono abituate ad avere pretese più elevate, ma che non possono offrire se non la loro persona all’uomo che tende al patrimonio. Esse non si adattano ad un uomo di condizione inferiore, anzi lo sdegnano. Ciò riguarda particolarmente la grossa schiera delle donne di quelle famiglie che vivono di stipendio fisso, socialmente rispettabili, ma sprovviste di beni di fortuna. La vita delle donne di questo ceto è relativamente la più triste di quella di tutte le loro compagne di dolore. I pregiudizi sociali le costringono a restare lontane da una infinità di occupazioni ove potrebbero forse procacciarsi una posizione più tollerabile. E’ a favore di questo ceto che sono rivolti massimamente gli sforzi delle cosiddette associazioni femminili per elevare il lavoro femminile ecc. sotto il protettorato di distinte dame. E’ un lavoro di Sisifo come quello delle società fondate sul principio dell’individualismo che devonomigliorare la posizione degli operai. Si può ottenere qualche successo in piccolo, ma è impossibile ottenere dei successi in grande. Inoltre, quell’eminente protettorato ha lo svantaggio di esercitare una pressione morale che soffoca ogni sforzo di radicali trasformazioni e condanna come crimine di alto tradimento qualsiasi dubbio sulla bontà dei principi della nostra organizzazione politica e sociale. Se gli operai durarono fatica a sottrarsi alla tutela delle classi dirigenti, maggiori difficoltà ancora toccheranno alle donne. Finora, questa specie di associazioni femminili rimasero per fortuna immuni dalle cosiddette tendenze distruttrici, e perciò non hanno veruna importanza per la effettiva emancipazione della donna. E’ difficile precisare il numero delle donne che devono rinunziare alla vita coniugale per effetto delle circostanze da noi riferite più sopra.Accenniamo ad alcuni dati: In Iscozia, sullo scorcio dell'anno 1860, il numero delle zitelle che avevano passati i 20 anni raggiunse il 43 per cento delle donne della stessa età, e vi erano 110 femmine su 100 maschi. In Inghilterra, intendasi l'Inghilterra vera e propria, eccettuato il paese di Galles, c'erano in più sugli uomini a quel tempo 1.407.228 donne in età dai 20 ai 40 anni, e 359.966 vecchie zitelle che avevano varcato i 40. Su 100 donne, 42 non erano maritate. In Austria nel 1880 si contavano su 100.000 uomini in relazione alle donne in età da marito: coniugati e non coniugati Uomini : 35.533 64.467 Donne : 34.152 65.848 Dei non coniugati in età sotto i 24 anni, su 64.467 uomini ve ne erano 38.552, su 65.848 donne ve ne erano di nubili 31.316. A Berlino, l'eccedenza delle donne nel 1875 fu di 4.452, nel 1880 di 36.672, nel 1885 di 51.331 e quindi un notevolissimo aumento nell'eccedenza, malgrado una guarnigione di 20.565 uomini. Quale sia stato l'andamento dei matrimoni in Prussia, dal 1831 al 1888, è dimostrato dalla seguente statistica: su 100.000 persone si maritavano in media ogni anno: dal 1831 al 1835 : 1849 dal 836 al 1840 : 1803 dal 1841 al 1845 : 1829 dal 1846 al 1850 : 1737 dal 1851 al 1855 : 1675 dal 1856 al 1860 : 1762 dal 1861 al 1865 : 1726 dal 1866 al 1870 : 1605 dal 1871 al 1875 : 1896 (1) dal 1876 al 1880 : 1596 dal 1881 al 1885 : 1592 dal 1886 : 1635 dal 1887 : 1612 dal 1888 : 1624 La cifra elevata dei matrimoni conchiusi nel periodo dal 1871 al 1875 si spiega con gli ostacoli sollevati dalla guerra 1870-71 e specialmente colla straordinaria prosperità del periodo dal 1871 al 1874. In generale però il numero dei matrimoni è andato scemando. Che ne dicono coloro i quali respingono gli sforzi onde le donne studiano di emanciparsi e di conquistare la parificazione dei diritti, e vogliono relegarle nel matrimonio e nella vita domestica? Non è certamente cattiva volontà da parte delle donne se moltissime tra esse non si sposano, ed è stato poi illustrato a sufficienza che cosa in fondo sia la felicità coniugale. Ora, che avviene di queste vittime delle nostre condizioni sociali? La vendetta della natura offesa e ferita si estrinseca negli uomini e nelle donne nei tratti caratteristici della fisionomia e dell’animo; per cui si distinguono in tutti i paesi e sotto tutti i climi (1) Questo periodo superato soltanto da quello 1816-1820, in cui furono conchiusi in media 2128 matrimoni. La cifra elevata dell'ultimo periodo si spiega cogli ostacoli che la guerra per l'indipendenza aveva frapposti al matrimonio. 67 le cosiddette vecchie zitelle e i vecchi scapoli, documento dell’influenza perniciosa che esercitano sull’organismo umano gli istinti naturali soffocati e compressi. Si afferma che uomini eminenti, come Pascal, Newton, Rousseau, per questo motivo ebbero a soffrire negli ultimi anni della loro vita gravi disturbimentali e morali. La cosiddetta ninfomania delle donne, come le numerose forme dell’isterismo, sgorgano dalla stessa fonte. Degli insulti isterici è causa anche il malcontento dipendente dall’unirsi ad un uomo che non si ama, il che è spesso causa di sterilità. La prostituzione è una istituzione sociale necessaria alla borghesia Se il matrimonio rappresenta un lato della vita sessuale della società borghese, la prostituzione ne rappresenta un’altro. Ilmatrimonio è il diritto della medaglia, la prostituzione ne è il rovescio. Gli uomini che non trovano soddisfazione nel matrimonio, si gettano in braccio alla prostituzione. Chi per qualche ragione deve rinunziare al matrimonio, cerca generalmente di appagare i suoi istinti nella prostituzione. Le condizioni per il soddisfacimento di cotesti istinti sono incomparabilmente più favorevoli per gli uomini che, volenti o nolenti, vivono nel celibato, o ai quali il matrimonio non dà quanto prometteva, che non lo siano per le donne. Gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi hanno considerato l’uso della prostituzione come un privilegio a loro spettante per diritto. E sono quegli stessi uomini che vigilano severamente e più severamente condannano tutte le donne, che, vivendo fuori della sfera delle prostitute, commettono una colpa. Le donne hanno gli stessi istinti dell’uomo, ed anzi in certe epoche della vita (quella dei corsi ad esempio), cotesti istinti si fanno sentire in esse con maggiore violenza. Ma di ciò gli uomini non si preoccupano. Abusando della loro condizione di padroni le costringono a soffocare i loro più gagliardi istinti e fanno dipendere dalla loro castità la reputazione sociale e ilmatrimonio.Non può esprimersi inmodo più drastico e ributtante la dipendenza della donna dall’uomo, che mediante queste diversità di concetti e di giudizi intorno alla soddisfazione di uno stesso e medesimo istinto, a seconda del sesso. Per il celibe le condizioni sono inmodo particolare favorevoli. La natura non fa che segnalare nella donna la conseguenza dell’atto generativo, l’uomo oltre il piacere, non ha nè pene nè corre alcun rischio. Questa posizione vantaggiosa di fronte alla donna ha causato nel corso della evoluzione quella dissolutezza nelle esigenze sessuali per cui si distingue una parte notevole degli uomini. E poichè ci sono mille cause che impediscono la forma legittima del soddisfacimento del bisogno sessuale, o lo fanno raggiungere solo in parte, ne consegue il sistema di appagare i sensi in forme e per vie non naturali. La prostituzione diventa quindi un’istituzione sociale necessaria alla società borghese com’è necessaria la polizia e l’esercito stanziale, la chiesa, gli imprenditori. ecc. Dimostreremo come non abbiamo esagerato. Abbiamo già esposto come l’antichità greca e romana considerasse la prostituzione, come la ritenesse necessaria e la organizasse.Abbiamo pure esposto quali concetti ne ebbe il medio evo cristiano. Anche Sant’Agostino, che dopo S. Paolo è la colonna più salda del cristianesimo, anche Sant’Agostino che pur predicava l’ascetismo, non potè astenersi dall’esclamare: “Sopprimete le meretrici, e la violenza delle passioni metterà tutto a soqquadro”. Anche il Concilio eclesiastico Provinciale diMilano del 1665 si espresse nello stesso senso. Udiamo ora ciò che dicono i moderni. Il Dott. F. S.Hügel nella sua “Storia, statistica e regolamenti della prostituzione in Vienna” dichiara: “Il progresso della civiltà dà alla prostituzione forme meno ributtanti; ma la prostituzione non sparirà che collo sparire del mondo”. Con ciò certamente è detto molto, ma è certo anche, che deve consentire col D. Hügel soltanto chi non sa riflettere sull’avvenire della forma borghese della società; chi non sa quale trasformazione cotesta società deve proporsi, per raggiungere uno stato normale e sano. Perciò anche il D. Wichern, il pio noto direttore della Casa Rauhen diAmburgo, è d’accordo col Dottor Patton di Lyon, col D.William Tait di Edimburgo e col D. Parent-Duchatelet di Parigi, celeberrimo per gli studi sulla prostituzione e sulle malattie degli organi sessuali, nel dichiarare: “La prostituzione non si può estirpare, perchè è intimamente legata alle istituzioni sociali”, e tutti invocano che venga regolata dallo Stato. Nessuno di cotesti signori pensa che si debbano cambiare le istituzioni sociali, se sono esse la causa della prostituzione, perchè la loro deficienza di studi economici e i preconcetti derivanti dalla loro posizio- Questa nei suoi tratti principali è la vita coniugale dei nostri tempi, ne sono questi gli effetti. Concludendo: Il matrimonio dei tempi nostri è una istituzione legata strettamente alle attuali condizioni sociali, dalle quali ne dipende la vita e la morte. Tali essendo le condizioni della società, è impossibile trasformare il matrimonio in modo da fargli perdere i suoi lati oscuri e vani riescono gli sforzi diretti a tale scopo. La società borghese né può dare al matrimonio una forma conveniente, né provvedere ai celibi in modo soddisfacente. 68 ne sociale, fanno parere loro impossibile tale mutamento. Il “Giornale ebdomadario di medicina” che si pubblica a Vienna, dell’anno 1863, N. 35, domanda: Che altro rimane al gran numero di celibatari, volenti o nolenti, per soddisfare il bisogno naturale, fuorchè il frutto proibito di Venere Pandemia?” e conchiude: “se la prostituzione è una necessità, ha diritto alla esistenza, alla protezione e all’impunità da parte dello Stato”, e il D. Hügel si dichiara su questo punto perfettamente d’accordo. Il medico di polizia di Lipsia Dottor I. Kühn nel suo libro: “La prostituzione nel secolo XIX, dal punto di vista della polizia sanitaria” si esprime così: “La prostituzione non è solamente un male tollerabile, ma necessario; perchè protegge la donna dalla infedeltà (che soltanto gli uomini hanno diritto di commettere A. B.) e la virtù (intendi, la virtù femminile, perchè gli uomini non sentono il bisogno di averne A. B.) dagli insulti (sic) e dalle insidie”. Come si vede, le poche parole ora citate del D. Kühn caratterizzano luminosamente il crasso egoismo degli uomini. E’ questo il punto di vista di un medico della polizia, il quale, per salvare l’umanità da dolorose malattie, si sacrifica alla vigilanza della prostituzione.Nello stesso senso si esprime il dottor Eckstein che successe al dottor Kühn nella carica di medico della polizia a Lipsia nel dodicesimo giorno della fondazione della società fra proprietari di case e di fondi urbani avvenuta nella estate del 1890 a Magdeburgo. Gli onesti possessori di case volevano sapere come potessero tenere in freno molte meretrici che abitavano nelle loro case. Il dottor Eckstein insegnò del pari che la prostituzione è un male necessario e che nessun popolo e nessun culto ne furono senza. Uno speciale interesse presenta il D. Fock, il quale in un articolo del “Giornale trimestrale per la tutela della pubblica igiene” Volume 20°, fasc. 1°, sotto il titolo “La prostituzione nei riguardi etici e sanitari” considera la prostituzione come “un corollario inevitabile delle nostre istituzioni civili”. Egli teme un eccesso di produzione se tutti gli uomini atti a generare si maritano, quindi ritiene importante di regolare la prostituzione con leggi dello Stato. Egli trova naturalissimo che lo Stato vigili e disciplini la prostituzione, e si prenda la cura di provvedere delle meretrici non infette da sifilide. Egli si pronuncia per la vigilanza più severa “su tutte le donne segnalate per vita licenziosa”. Anche delle ricche? Naturalmente egli non pensa ad invigilare anche sugli uomini che mantengono le prostitute e rendono possibile la loro esistenza. Inoltre il D. Fock esige una tassa sulle prostitute e l’accentramento della prostituzione in vie e in quartieri speciali. Perchè non si potrebbe riorganizzare anche la prostituzione in un’epoca come la nostra in cui è prevalente la tendenza all’associazione? Era quindi esagerata la nostra affermazione che la prostituzione è oggidì una istituzione sociale necessaria, come la polizia, come gli eserciti permanenti, come la chiesa, come gl’imprenditori ecc.? In Germania la prostituzione non è permessa, organizzata e invigilata dallo Stato come in Francia: vi è tollerata soltanto. I postriboli ufficiali dov’erano vennero chiusi e soppressi mediante deliberazioni del Consiglio federale. Per conseguenza nella seconda metà del 1870 furono presentate al Reichstag molte petizioni, in cui si invocava il permesso di riaprire i postriboli, perchè il vizio infieriva tanto più sfrenatamente, recando come conseguenza un aumento spaventoso delle malattie sifilitiche. Una commissione parlamentare incaricata di studiare e riferire sulla quistione, della quale commissione facevano parte anche dei medici, deliberò di passare le petizioni al Cancelliere dell’impero affinchè le prendesse in considerazione, per il motivo che il divieto dei postriboli produceva degli effetti pericolosi per la morale e la salute della società e specialmente della vita domestica. Queste prove possono bastare. Esse confermano che anche per la società moderna, l’abolizione della prostituzione è una sfinge, il cui enigma essa non riesce a spiegare, ritenendo una necessità il tollerarla e invigilarla per mezzo dello Stato, per evitare mali maggiori. La nostra Società, che va tanto superba della sua moralità, della religiosità, della sua civiltà e della sua cultura, deve quindi permettere che la scostumatezza e la corruzione rovinino il suo corpo come un lento veleno. Ma da ciò qualche altra considerazione si ricava. Ed è questa: lo Stato cristiano dichiara ufficialmente, che la presente forma del matrimonio non è soddisfaciente, e che l’uomo ha il diritto di procurarsi un soddisfacimento illegittimo del suo istinto sessuale. La donna non maritata non conta nello Stato come individuo se non in quanto essa si abbandona alle voglie illegittime dell’uomo, in quanto, cioè, essa si prostituisce. E la vigilanza esercitata dagli organi dello Stato sulla prostituzione non concerne anche l’uomo che va in cerca delle prostitute, (ciò che pure sarebbe ragionevole, se il controllo medico dovesse avere significato ed ottenere qualche successo), mentre l’eguale applicazione della legge ai due sessi come atto di giustizia non può essere nemmeno accennata, ma colpisce soltanto la donna. Codesta protezione dell’uomo rispetto alla donna per mezzo dello Stato indica la vera natura dei rapporti tra i due sessi; sembra che il sesso più debole siano gli uomini, e il sesso più forte le donne; pare che la donna sia la seduttrice, e l’uomo, il povero e debole maschio, il sedotto. Il mito della seduzione fra Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre continua ad agire ed influire sulle idee e sulle leggi nostre e dà ragione al cristianesimo: “La donna è la grande seduttrice, il vaso del peccato”. Che gli uomini non si vergognino di questa parte indegna e malinconica che si fa loro rappresentare! Egli è certo che gli uomini si adattano e compiacciono di fare la parte del “debole” e del “sedotto” senza nemmeno protestare allorquando questa seduzione li tocca da vicino nel modo più evidente e si estrinseca in un fatto serio. Ciò è dimostrato dagli avvenimenti occorsi nella 69 ricorrenza della festa di tiro a segno nell’estate del 1890 a Berlino, avvenimenti che alla fine porsero occasione a 2300 donne di sfogarsi in una petizione al primo borgomastro della capitale dell’impero: “Permette, di grazia Ill. Signore” – dicono nella petizione – che noi del tiro federale tenuto questo anno a Pankow dal 6 al 13 Luglio rammentiamo quello che fu divulgato nelle provincie mediante le relazioni della stampa e di altre comunicazioni su cotesta festa. Le notizie che abbiamo apprese con rammarico e sdegno si riferiscono fra altro agli spettacoli di quella festa: “Primo araldo tedesco, il più insigne cantante del mondo”. “Cento signore e quaranta signori”. Inoltre piccole baracche (Tingeltangel) e bersagli, dai quali delle donne eccessivamente sfacciate si gettavano sugli uomini. Inoltre dei “concerti molto liberi” di cui le Kellerine assai poco vestite invitano impudentemente e sfacciatamente con un sorriso seduttore lo studente di ginnasio, il padre di famiglia, il giovane e l’uomo maturo al riposo riparatore.... Però la “Signora” seminuda che invita alle visite nei “Segreti di Amburgo o una notte in S. Paulo” avrebbe potuto essere ben a ragione messa da una parte per ragioni di polizia. E allora un grido d’orrore (ciò che gli ingenui e le ingenue provinciali riescono appena a concepire trattandosi della capitale dell’impero), e il dir della gente: Che la Direzione delle feste avrebbe dovuto permetterle di impiegare come cantiniere molte ragazze senza paga in luogo dei camerieri.... “Noi donne tedesche come spose, madri e sorelle abbiamo tante occasioni di mandare i nostri mariti, figli, figlie e fratelli a Berlino a servizio della patria, e quindi preghiamo umili e fiduciose la S. V., affinchè valendosi della sua grande autorità ed influenza, quale primo magistrato della capitale, voglia ordinare un’inchiesta sopra simili indegnità, ovvero emanare quelle disposizioni che la S. V. riterrà più adatte allo scopo e tali che non facciano in verun caso temere il ritorno di quelle orgie, e specialmente anche in occasione della festa commemorativa della vittoria di Sedan, che è imminente.... (!!!)”. L’idea della società che lo Stato debba invigilare sulla prostituzione, per preservar gli uomini dalle malattie, ingenera naturalmente in essi la credenza, di essere garantiti per sempre da qualsiasi contagio, e questa opinione favorisce la prostituzione in grande estensione. Se ne ha una prova in ciò che dovunque la Polizia agì con maggiore rigore contro le prostitute non iscritte, il numero delle malattie sifilitiche aumentò notevolmente, e gli uomini divennero più scapati ed incauti. E’ fuor di dubbio che nè l’erezione di istituti di prostituzione controllati dalla polizia, (case di tolleranza, bordelli) nè il controllo ordinato poliziescamente e la visita medica non dà pure una qualche sicurezza e garanzia contro il contagio venereo. Anzitutto la natura di codesta malattia è spesso tale che non si lascia sempre riconoscere facilmente; in secondo luogo essa richiede molte visite ogni giorno, anche quando tale sicurezza ci sia. Ora codeste visite ed esami così frequenti e ripetuti costando danari non sono alla portata delle donne, delle quali stiamo trattando. Dove debbono sbrigarsi dalle 50 alle 60 prostitute in un’ora, la visita non è che una farsa, e il numero d’una o due visite alla settimana è del tutto insufficiente. Ma poi il successo di questa precauzione naufraga per ciò che gli uomini, i quali comunicano il germe della malattia da una donna all’altra, non sono punto molestati. Una prostituta, che almomento della visita è trovata immune, viene contaminata in quella stessa ora da un uomo affetto da male venereo, e comunica a una schiera di clienti il germe del contagio fino al giorno della visita, ovvero fino al dì in cui s’accorge di essere malata. Quindi il controllo non è soltanto illusorio; ma riesce a questo, che le visite obbligatorie per opera di medici maschi invece che per opera di donne, offendono e feriscono il senso del pudore, anzi lo sopprimono. E’ questo un fenomeno che fu constatato da molti dei medici incaricati di esercitare il controllo sulle prostitute; le quali poi fanno ogni sforzo per sottrarvisi. Un altro effetto di codeste disposizioni poliziesche è questo, che più che difficile è reso assolutamente impossibile alla prostituta di ritornare ad un onesto lavoro. Una donna che è caduta sotto il controllo della polizia, è perduta per la società; il più delle volte essa in pochi anni si riduce a completa miseria. Quanto poco giovi il controllo della polizia è dimostrato da un esempio parlante desunto dall’Inghilterra. Ivi nel 1866 fu emanata una legge che rifletteva i luoghi dove le truppe di terra o di mare tenevano guarnigione. Ora durante il periodo dal 1860 al 1866, cioè prima della legge, i casi meno gravi di sifilide erano discesi da 32,68% a 24,73%, e dopo 6 anni dalla promulgazione della legge e cioè nel 1872 il numero dei malati era ancora di 24,26%; e cioè nemmeno di 1/2 % più basso di quello del 1866; mentre poi la media di 6 anni (1866-1872) era più elevata di 1/16 % in confronto di quella del 1866. Perciò una commissione d’inchiesta, nominata espressamente nel 1873 per indagare e studiare gli effetti della legge, conchiuse concordemente col dire: “che le visite periodiche a quelle femmine che usano casualmente col personale dell’esercito e della flotta non hanno determinato la più piccola diminuzione nei casi di malattia” e raccomandò l’abolizione delle visite periodiche. Senonchè le visite a cui erano sottoposte le donne produssero su queste effetti ben diversi da quelli prodotti sulle truppe; nel 1866 sopra 1000 prostitute vi furono 121 casi di malattia; nel 1868, quando cioè la legge era in vigore da due anni, le malattie salirono a 202, scemarono poi a poco a poco, ma il numero dei casi di malattia nel 1874 sorpassava quella del 1866 ancora di 16. I casi di morte delle prostitute crebbero poi sotto l’impero di codesta legge in misura spaventosa. Nel 1865 su 1000 ne morirono 9,8; nel 1874 ne morirono 23 su mille. Il Governo inglese verso la fine del 1860 tentò di estendere la legge, che rendeva obbligatoria la visita, a tutte le città inglesi; ma tutto ilmondo femminile dell’Inghilterra gli si ribellò levandosi a rumore. Si considerava la legge come un’offesa a tutto il sesso; 70 ed a ragione. L’Habeas Corpus, quella legge fondamentale che protegge il cittadino inglese dagli arbitrii polizieschi, sarebbe stata abolita per le donne, se quel tentativo fosse riuscito; ad ogni funzionario di polizia rozzo, vendicativo o spinto da altri più bassi impulsi, sarebbe stato permesso di insultare la donna più onesta, per il solo sospetto che essa sia una prostituta, mentre la scostumatezza degli uomini non solo non sarebbe stata molestata, ma avrebbe trovato nella legge protezione ed alimento. Sebbene l’interessamento dimostrato dalle donne inglesi perchè il loro sesso venisse rispettato, le esponesse facilmente alla sinistra interpretazione e alle sprezzanti osservazioni di uomini e donne dal corto intelletto, non si trattennero dal ribellarsi con grande energia contro la introduzione di questa legge che veniva a degradarle.Nei giornali e negli opuscoli, uomini e donne illustrarono il prò ed il contro; se ne parlò in Parlamento, e infine si riuscì ad impedire la estensione della legge, che poi più tardi venne abolita. La polizia tedesca possiede ovunque un tale potere, ed i casi di Berlino, Lipsia e di altri luoghi caduti nel dominio del pubblico dimostrano che l’abuso o i “malintesi” nell’esercizio di questo potere sono facilissimi, senza che fra noi una opposizione energica protesti contro simili enormità. Dice bene la signora Guillaume-Schack a proposito di queste “cautele protettrici” dello Stato a favore degli uomini: “A che insegniamo ai nostri figli di stimare le virtù e la costumatezza, se lo Stato dichiara la scostumatezza un male necessario? Se lo Stato al giovane che non è ancora giunto a maturità, a trastullo delle sue passioni, presenta la donna bollata dall’autorità come una merce? L’uomo malato e infetto da lue venerea, per quanti che, lo diciamo ad onore della donna, si dànno al turpe mestiere per bisogno o perchè abbandonati da chi li sedusse, non è molestato mai; ma guai alla donna malata che non si assoggetta subito alla visita e alle cure del medico. Le città in cui ha sede una guarnigione, le Università, ecc., affollate di gioventù sana e vigorosa, sono i focolari della prostituzione e dei suoi morbi pericolosi, che di là sono portati fino ai più remoti angoli del paese, diffondendo ovunque la corruzione e la rovina.Altrettanto si dica delle città marittime. “Tu sarai colpito per il tuo peccato nei tuoi discendenti fino alla terza e quarta generazione”. Questo passo della Bibbia si riferisce nel vero significato della parola agli uomini dissoluti colpiti ed infetti da contagi venerei. Il veleno sifilitico nei suoi effetti è il più tenace e il più difficilmente estirpabile di tutti i veleni.Anche dopomolti anni di perfetta salute, e quando il guarito crede sparito da lungo tempo ogni traccia del male, spesso se ne riproducono gli effetti nella donna, nei figliuoli (93). Una parte dei ciechi nati deve questa loro sventura alle colpe dei padri, che si sono comunicate nei loro effetti alle mogli e da queste ai bambini.Molti bambini cretini o mentecatti devono la loro infelicità alle stesse cause, e l’epoca nostra presenta troppi esempi di quante sciagure ed affanni può essere causa l’inoculazione della più piccola stilla di sangue sifilitico. Nella misura stessa in cui gli uomini volenti o nolenti rinunziano almatrimonio cercando l’appagamento dell’istinto sessuale nella dissolutezza, aumentano anche le occasioni che la determinano. I grossi profitti di tutte le imprese che contano sulla scostumatezza, inducono la gente poco scrupolosa ad adescare e accaparrare avventorimediante l’allettamento delle sensualità più raffinate. Quindi si tien conto dei bisogni e delle esigenze di ogni classe di clienti e della materiale abilità delle donne che offrono i loro servigi. Se i postriboli delle capitali potessero svelare i loro segreti, si troverebbe che le loro abitanti, sebbene non conoscano spesso i genitori e sappiano appena scrivere il loro nome, ma sono tanto più adorne di seduzioni fisiche, trovansi in intimi rapporti colle persone più altolocate, e cogli uomini più eminenti per intelligenza e coltura. Si vedrebbero allora ministri, alti graduati dell’esercito, consiglieri intimi, deputati, giudici, ecc., andare e venire insieme a rappresentanti dell’aristocrazia del sangue, della finanza, del commercio, dell’industria; uomini che di giorno e nella società si atteggiano seriamente a “difensori e custodi dellamorale, dell’ordine, del matrimonio e della famiglia” e sono a capo degli istituti di beneficienza cristiana e delle associazioni per la “soppressione della prostituzione”. La nostra società borghese somiglia ad un grande comitato carnevalesco, in cui ognuno porta con dignità la maschera ufficiale, per poter poi servire tanto più sfrenatamente alle passioni ed agli istinti,mentre esteriormente tutto assume in lui aspetto di morale, di religione, di costumatezza. In nessun’epoca come in questa l’ipocrisia è stata maggiore. Il numero degli augurii diventa ogni giorno più grande. L’offerta delle donne di “facili” costumi cresce ancora più rapidamente della domanda. Le condizioni sociali sempre peggiori e più difficili, il bisogno, la seduzione, le attrattive di una vita esteriormente splendida e apparentemente libera, reclutano un gran contingente di candidate in tutte le classi della società. Un romanzo di HansWachenhusen (“Ciò che divora la strada”. Romanzo sociale in tre volumi. A. Hofmann e Comp., Berlino), descrive in modo assai caratteristico le condizioni della capitale dell’impero germanico. L’autore si esprime così relativamente allo scopo del suo romanzo: “il mio libro parla in particolar modo delle vittime appartenenti al sesso femminile e del crescente deprezzamento di esso, per effetto della irrazionalità delle nostre condizioni sociali e civili, della propria colpa, della trascurata educazione, del bisogno del lusso, e dell’offerta sempre crescente e spensierata sul mercato della vita. Tratta della crescente eccedenza delle donne, che rende ogni giorno disperato ciò che nasce, e privo di speranze ciò che cresce.... Io scrivo, come un pro- (93) Negli spedali inglesi nel 1875, fra i fanciulli ivi curati, l’1,4%erano infetti damalattie veneree ereditate; e su 190 casi di morte, a Londra uno si doveva a tali malattie; in tutta l’Inghilterra 1 su 159, e negli asili di mendicità della Francia 1 su 160,5. Nota di A. Bebel. 71 curatore dell’impero riassume la vita di un delinquente, per dimostrarne la colpa. Se dunque nel romanzo si vuol trovare qualche cosa d’immaginario, l’opposto della verità, allora quanto segue non è, in questo senso, un romanzo, ma un vero quadro della vita senza ritocchi”. Ora, le condizioni di Berlino non sono nè migliori nè peggiori di quelle di ogni altra capitale. Non si distingue facilmente se Pietroburgo greco-ortodossa, o Roma cattolica, o Berlino cristiano-germanica, o Parigi pagana, o Londra puritana, o Vienna dedita ai piaceri della vita, più somigliava all’antica Babilonia. Identiche condizioni sociali generano gli stessi fenomeni. “La prostituzione ha le sue leggi scritte e non scritte, le sue fonti ausiliarie, i luoghi ove si recluta (varions resorto), dalla più misera capanna al più splendido palazzo, i suoi gradi dal più basso al più raffinato ed elevato, i suoi divertimenti speciali, i luoghi pubblici di convegno, la sua polizia, i suoi ospedali, le sue carceri e la sua letteratura” (94). – “Noi non solenniziamo più in primavera la festa di Osiride, i baccanali e le orgie dell’India; ma a Parigi e nelle altre grandi città ci si abbandona nell’oscurità della notte e dietro i muri degli edifici pubblici e privati ad orgie e baccanali che la penna più audace non si attenta di descrivere” (95). In tali condizioni, il commercio della carne umana ha assunto delle proporzioni enormi, promosso e favorito su vasta scala e con un’organizzazione perfetta, di rado osservata dalla polizia, nei centri della civiltà e della cultura. Un esercito di sensali, di agenti, di transporteurs di ambo i sessi si incarica della bisogna con lo stesso sangue freddo, come si trattasse di una mercanzia qualunque. Si falsificano le carte di ricognizione, e si foggiano certificati contenenti una descrizione precisa della qualità delle singole “partite”, che vengono consegnate ai transporteurs per essere messe in vendita. Il prezzo si regola, come per ogni altra mercanzia, secondo la qualità, e vengono assortite e spacciate le singole categorie secondo il gusto e le esigenze della clientela nei diversi luoghi e paesi. Coi raggiri più astuti si cerca di eludere la vigilanza e gli agguati polizieschi, e non di rado si impiegano delle grosse somme per far chiudere gli occhi ai custodi della legge.Alcuni di questi casi vennero constatati a Parigi. La Germania ha il vanto speciale di fornire di donne il mercato di mezzo mondo. Pare che una parte delle donne germaniche nel recarsi in altri paesi siano animate dalla tendenza innata nei tedeschi di viaggiare; sicchè esse provvedono alla prostituzione internazionale, recandovi un contingente superiore a quello che vi rechino le donne di qualsiasi altro popolo. Donne tedesche popolano gli harem dei turchi come i postriboli dell’interno della Siberia, fino a Bombay, Singapore e New York. Nel suo libro di viaggi: “Dal Giappone alla Germania, attraverso la Siberia”, l’autore W. Joest si esprime così sul proposito del traffico delle ragazze tedesche: “Spesso ci si sdegna ed irrita nella nostra Germania, tanto morale, per il commercio degli schiavi, che qualche principe negro dell’Africa occidentale fornisce ed esercita, ovvero delle condizioni loro nel Brasile e a Cuba, mentre dovremmo pur ricordarci della trave nell’occhio, perchè in nessun paese del mondo si fa tale traffico di schiave bianche, e da nessun paese se ne fa tanta esportazione, quanta se ne fa dalla Germania e dall’Austria”. La strada che le ragazze prendono si può seguire con precisione. Da Amburgo fanno rotta per l’America del sud, Bahia, Rio Janeiro ne ricevono una parte, ma la maggior parte è destinata aMontevideo e BuenosAires, mentre il resto va per lo stretto di Magellano fino a Valparaiso. Un’altra corrente viene indirizzata verso l’Inghilterra o l’America del nord, ma qui però, non potendo essa far concorrenza al prodotto indigeno, si distribuisce e biforca nelMissisipi fino a NuovaOrléans e al Texas, ovvero fino alla California. Di là si provvede alla Costa fino a Panama, mentre Cuba, le Indie occidentali e il Messico ritirano quanto loro abbisogna da Nuova Orléans. Sotto la qualifica di “Boeme” altre schiere di ragazze tedesche scendono in Italia e di là arrivano adAlessandria, a Suez, a Bombay, a Calcutta fino a Singapore, e verso Hong Kong fino a Shanghai. Le Indie olandesi e l’Asia orientale, e specialmente il Giappone, sono cattivi mercati, perchè l’Olanda non tollera nelle sue colonie donne bianche di questo genere, e nel Giappone le ragazze del paese sono abbastanza vezzose e a buon mercato; e poi la concorrenza americana da S. Francisco non favorisce il traffico. La Russia si provvede dalla Prussia orientale, dalla Pomerania e dalla Polonia. La prima stazione è per lo più Riga. Vi convengono i commercianti di Pietroburgo e di Mosca e di là spediscono la merce in gran quantità a Nischnii-Nowgorod fino oltre gli Urali, ad Irbik e Krestofsky, fin dentro alla Siberia; io incontrai a Tascita, per esempio, una ragazza tedesca mercanteggiata in tale modo. Questo enorme traffico è organizzato perfettamente, tenuto vivo per mezzo di agenti e viaggiatori, e se il ministero degli esteri dell’impero tedesco volesse chiederne notizia ai suoi consoli, si compilerebbero delle tavole statistiche molto interessanti”. Anche da altre parti si levano lamenti, ciò che porse occasione al Reichstag germanico di prendere nella sessione 1882-1883 la deliberazione di sollecitare il cancelliere dell’impero ad unirsi all’invito promosso dall’Olanda di limitare e sopprimere questo vergognoso traffico. Venne anche nel frattempo pattuito un accordo, ma il successo favorevole di queste misure è per molte ragioni assai dubbio. Quanto al numero delle prostitute, difficilmente si può calcolarlo, e precisarlo poi è impossibile. La polizia è in grado di determinare in via approssimativa il numero di quelle donne per le quali il meretricio costituisce la fonte principale di rendita, ma non riesce a determinare il numero assai più grande di quel- (94) Dott. Elisabeth Blackwall: The moral education. Nota diA. Bebel. (95)Mantegazza: L’amore nell’umanità. Nota diA. Bebel. 72 le per le quali il meretricio è una fonte soltanto parziale di profitti. Ad ogni modo codeste cifre anche approssimative, sono veramente spaventevoli. Secondo l’Oettingen, il numero delle prostitute in Londra già verso la fine del 1860 fu calcolato ad 80.000. A Parigi il numero delle donne sottoposte alla vigilanza della polizia, raggiunse la cifra di poco più di 4.000; ma il numero di tutte le prostitute, secondo una statistica pubblicata dal Consiglio municipale di Parigi nel 1889, fu determinato in 120.000. A Berlino, le prostitute soggette al controllo della polizia sono circa 3.000; ma, secondo l’Oettingen, già fin dal 1871 le prostitute note o le donne sospette ammontavano a 15.065; essendosi però nel 1876 fatta una retata di 16.198 donne per contravvenzione ai regolamenti sulla polizia dei costumi, così non esagera chi calcola che il numero delle prostitute di Berlino sia almeno di 40 o 50 mila. Ad Amburgo nel 1860, 1/9 delle donne che avevano passato i 15 anni erano prostitute, ed a Lipsia vi erano a quel tempo 564 donne invigilate dalla polizia; ma il numero di quelle che vivevano principalmente ed esclusivamente della prostituzione si calcolava in 2.000. Numero che frattanto si è notevolmente accresciuto. D’onde si vede che vi sono degli interi eserciti di donne che considerano la prostituzione come un mezzo di sussistenza e vi è per conseguenza un numero corrispondente di vittime mietute dalle malattie e dalla morte. Lo scoppio delle crisi economiche determinano di dieci in dieci anni un notevole aumento delle prostitute in tutte le grandi città e nei centri manifatturieri. La concentrazione dell’industria, cioè lo sviluppo e il miglioramento della meccanica, rende sempre più acuta la tendenza della produzione capitalistica a far senza dei lavoratori adulti, e di occupare in loro vece dei ragazzi e ragazze. Così nel 1861 in Inghilterra, per non citare che un esempio, nelle industrie disciplinate dal bill sulle fabbriche, il numero delle donne impiegatevi era di 308.278 contro 467.261 maschi. Ma nel 1868, in cui il numero complessivo dei lavoratori di queste industrie era salito a 857.964, quello delle donne raggiunse la cifra di 525.154 contro 332.810 maschi soltanto. Le “braccia” femminili erano dunque aumentate in sette anni del numero enorme di 216.881; quello dei maschi era scemato di 134.551. Ma da allora il numero delle donne impiegate nelle industrie crebbe considerevolmente, come dimostreremo più avanti. Se scoppiano delle crisi, com’è fatale nel mondo borghese, allora le donne disoccupate cercano spesso la loro salvezza nella prostituzione, ed una volta cadutevi, per lo più si rovinano. Giusta una lettera del vigile, signor Bolton, in data 31 ottobre 1865, indirizzata ad un ispettore di fabbriche, il numero delle ragazze prostitute per effetto della crisi sul cotone scoppiata in conseguenza della guerra per la liberazione degli schiavi nell’America settentrionale, era aumentato più che negli ultimi 25 anni (Carlo Marx: “Il capitale”. II ediz., pag. 480). Ora le malattie moltiplicantisi con la prostituzione producono gli effetti più desolanti e perniciosi. In Inghilterra nemorirono dal 1857 al 1865 più di 12.000 persone, delle quali non meno del 69% erano bambini al disotto di un anno, vittime della tabe ereditaria. S. Holland calcolava già allora che il numero delle persone colpite ogni anno dal contagio nel regno Unito ammontava ad 1.652.500. Il dottor Parent-Duchatelet ha compilato una statistica interessante intorno alle cause che spingono le donne alla prostituzione, statistica che porge notizie di 5.000 prostitute; 1.440 di queste si diedero a siffatto mestiere per miseria, 1.250 erano senza genitori e senza mezzi, e quindi egualmente bisognose; 80 si prostituivano per nutrire i loro poveri e vecchi genitori, 1.400 erano concubine abbandonate dagli amanti, 400 sedotte da ufficiali e soldati e ragazze trasferitesi a Parigi, 250 erano abbandonate dagli amanti in stato di gravidanza. Queste cifre sono molto eloquenti. La paga corrisposta alla maggior parte delle operaie, è così meschina da non bastare al loro sostentamento e ad avviarle sul cammino della prostituzione per ritrarne un altro pò di guadagno. Le prostitute si reclutano per lo più tra quei mestieri in cui le operaie sono pagate male, ed anzi in molti negozi sono mal retribuite appunto perchè si calcola che troveranno degli “amici” che le provvederanno del necessario. Una gran parte delle artiste di teatro, le cui spese di abbigliamento sono enormemente sproporzionate al loro stipendio, è costretta a ricorrere ad impure fonti di guadagno (96) e lo stesso accadde per molte ragazze che si collocavano nei negozi come venditrici e simili. Vi sono tuttavia degli impresari così infami i quali adducono come scusa della tenuità della mercede la protezione degli “amici”. Nell’autunno del 1889 un giornale operaio di Sassonia riferiva su cotesti fatti notizie che li posero in piena luce. “Una signora giovane ed educata, costretta per lungo tempo alla inazione per effetto di una malattia polmonare, non appena guarita cercò di collocarsi comechè si fosse; essa era governante... al momento non riuscì trovare nulla di adatto; perciò decise occupare quel qualunque posto le venisse offerto; e si presentò quindi ai signori N. N. La signorina parlava bene parecchie lingue, ed avrebbe quindi potuto essere accolta, ma la mercede di 30 marchi al mese le parve troppo esigua, per poter vivere. N. ne fece parola al signor N. e questi le rispose che le sue fantesche non avevano percepito mai una mercede tanto elevata, ma, tutt’al più, 15 o 20 marchi; ma che se la cavavano ergregiamente perchè ciascuna aveva la buon’anima di qualche amico che la soccorreva. Anche il signor X. si espresse con lei nello stesso senso. S’intende che la signorina non si allogò nè presso l’uno nè presso l’altro”. Conosciamo di scienza nostra parecchi casi di giovani signore, che sapevano più lingue e s’intendevano di ragioneria, alle quali venne offerto e paga- (96) A Berlino nell’autunno del 1890 si è constatato ufficialmente che un’artista non inabile, fu scritturata in un teatro ben noto a 100 marchi al mese; mentre le spese per l’abbigliamento ammontavano a 1.000 marchi. Il deficit doveva quindi essere coperto da «un amico». Nota di A. Bebel. 73 to per un impiego commerciale la mercede di 30 marchi al mese, proprio una mercede da affamati, che viene assorbita quasi tutta dalle spese di guardaroba. Cucitrici, sarte, modiste, bottegaie, operaie di ogni industria, a migliaia, si trovano in tali condizioni. Chi dà lavoro e i suoi impiegati, commercianti, padroni di fabbriche, possidenti, ecc., che hanno alla loro dipendenza delle donne, considerano come una specie di privilegio di vederle schiave del loro capriccio e delle loro brame. I nostri pii conservatori amano di rappresentare nei riguardi morali le condizioni della campagna come una specie di idillio per contrapposto alle grandi città e ai distinti industriali. Chiunque conosce tale condizione sa che ciò non è vero; e viene confermato da una relazione che un possessore di fondi di Sassonia presentò nell’autunno del 1889, sulla quale le gazzette provinciali di quel paese diedero i seguenti ragguagli: “GRIMMA. Il feudatario dottorWächter di Röcknitz ha tenuto poco fa in un’assemblea diocesana che ebbe luogo in questa città, una conferenza sopra la scostumatezza nei nostri Comuni rurali, la quale conferenza non dipinge a rosei colori le condizioni locali del distretto. Il conferenziere in questa occasione riconobbe pubblicamente, che spesso anche chi dà lavoro, e perfino gli ammogliati, sono in relazioni troppo intime coi loro dipendenti di sesso femminile e il frutto di tali relazioni verrebbe sottratto agli occhi del mondo con un delitto o tacitato con una somma di denaro. Sfortunatamente purtroppo non si può nascondere che la scostumatezza sia penetrata nelle campagne non soltanto ad opera di ragazze che hanno succhiato il veleno nelle città fungendovi da nutrici, e per opera di giovani che lo hanno succhiato durante il servizio militare, ma purtroppo per opera delle classi colte, degli amministratori dei beni feudali e degli uffiziali in occasione di servizio militare. Giusta la relazione del dottorWächter ci sono ben poche ragazze della campagna le quali all’età di 17 anni non siano già cadute”. E ciò si comprende chiaramente. Lo jus primae noctis dei signori feudali del medio evo continua anche oggi a sussistere sotto altra forma. I figli delle nostre classi abbienti e colte considerano in gran parte come loro diritto il sedurre le figlie del popolo per poi abbandonarle. Le figlie del popolo credule, ignare della vita ed inesperte, per le quali non vi sono gioie nè amicizie, tanto più facilmente cadono vittime della seduzione che si presenta ai loro sguardi sotto una forma affascinante e luminosa. I disinganni, la miseria ed alla fine il delitto ne sono la conseguenza. Il suicidio o l’infanticidio ripetono principalmente la loro origine da queste cause. I numerosi processi per infanticidio presentano un quadro assai fosco ed istruttivo. La donna sedotta, vilmente abbandonata, gettata senza soccorsi nella disperazione e nel disonore commette degli eccessi: uccide il frutto delle sue viscere, vien sottoposta a processo, condannata o ai lavori forzati o al patibolo. Il seduttore che è il vero assassino se ne va impunito, o sposa forse poco dopo la figlia di una famiglia onesta ed agiata e diventa un uomo onorato, pio e un bravo cittadino. E vi sono parecchi che avendo così macchiata la sua coscienza ambiscono a dignità e ad onori. La bisogna andrebbe ben diversamente se le donne potessero far valere la loro voce nell’opera di legislazione. La legislazione francese con spietata aberrazione, interdice, come si disse, la ricerca della paternità, ma deve aprire gli ospizi per gli esposti. La deliberazione della Convenzione del 28 giugno 1793 suona così: La nation se charge de l’education physique et morale del enfants abandonnés. Desormais, ils seront designes sous le seul nom d’orphelins. Aucune autre qualification ne sera permis. Ciò era comodo per gli uomini, senza comprometterli nè pubblicamente, nè rimpetto alle loro donne. Si eressero quindi in tutte le provincie dello Stato ospizi di orfani e di trovatelli, il cui numero raggiunse nel 1883 la cifra di 130.945; sicchè sopra dieci nati, uno solo era legittimo.Ma siccome questi bambini non ricevevano le cure necessarie, la loro mortalità andò man mano aumentando. Nel primo anno di vita ne morirono il 59%, cioè più della metà; fino al 12° anno ne morirono il 78%; sicchè di 100, 22 soltanto raggiungevano un’età superiore al dodicesimo anno. Altrettanto avviene in Austria e in Italia, dove la società “umanitaria” fondò pure questi istituti di infanticidio. “Ici on fait mourir les enfants” è questa la frase che un monarca deve aver usato quale motto adatto da iscriversi sulla porta di cotali istituti. La storia non diceva che l’uomo abbia cercato di scemare le uccisioni in massa di questi piccoli esseri mercè una maggior cura e protezione. In Prussia, dove non ci sono istituti per i trovatelli, in sul principio del 1860 dei figli legittimimorirono nel primo anno di età 18,23%; degli illegittimi 33,11%; quasi il doppio dunque dei legittimi, benchè il numero degli illegittimimorti a quell’età sia assai meno elevato di quello che si riscontra negli ospizi francesi. A Parigi di fronte a 100 figli legittimi ne morirono di illegittimi 193, e nel contado anzi 215. La statistica italiana presenta il quadro seguente. Sopra 10 mila nati vivi, ne morirono: di legittimi nel 1° mese di vita 1881: 751 - 1882: 741 - 1883: 724 - 1884: 698 - 1885: 696 dal 2° mese al 12° 1881: 1027 - 1882: 1172 - 1883: 986 - 1884: 953 - 1885: 1083 di illegittimi nel 1° mese di vita 1881: 2092 - 1882: 2045 - 1883: 2139 - 1884: 2107 - 1885: 1813 dal 2° mese al 12° 1881: 1387 - 1882: 1386 - 1883: 1486 - 1884: 1437 - 1885: 1353 La differenza nella mortalità fra i nati legittimi e gli illegittimi si fa notevole specialmente nel primo mese di vita, in cui la mortalità degli illegittimi è, in media, tripla in confronto della mortalità dei legitti74 mi. La cura deficiente durante la gravidanza, la difficoltà del parto, e la pessima cura di esso, ne sono le cause evidenti. I maltrattamenti e la famosa “fabbrica di angioletti” concorrono ad aumentare il numero delle vittime. Il numero dei nati morti è per gli illegittimi doppio in confronto dei nati morti legittimi, principalmente per il motivo che le madri cercano di far morire il bambino durante la gravidanza. Gli illegittimi che sopravvivono si vendicano con la società per il maltrattamento loro usato, col fornire un contingente straordinariamente grande alle criminalità. Dobbiamo dire brevemente anche di un altro male causato da cotesto stato di cose. L’eccesso di piaceri è ancora più dannoso della astinenza.Anche senza malattie veneree vere e proprie, l’abuso rovina l’organismo, producendo impotenza, sterilità, dolori al midollo spinale, imbecillità, oppure indebolimento intellettuale e molti altri malanni. Ci vuole misura e temperanza nei godimenti sessuali, come ce ne vuole nel mangiare, nel bere e in tutti gli altri bisogni umani. Ma la gioventù non sa essere misurata. Di qui il grande numero di giovani vecchi appunto nelle classi sociali più elevate. Il numero dei Roués giovani e vecchi è enorme e tutti sentono il bisogno di eccitamenti speciali perchè sazi e indeboliti dagli abusi. Gli uni si danno ai godimenti contrari a natura dei tempi antichi della Grecia, gli altri cercano l’eccitamento nell’abuso dei ragazzi. Le così dette “professioni liberali” esercitate per lo più dai membri delle classi più elevate non danno che il 5,6% alla criminalità, ma nei delitti di libidine sopra fanciulli danno il 12,9%; percentuale che sarebbe anche più elevata se quelle classi non avessero moltissimi mezzi per coprire e nascondere il delitto, onde il maggior numero rimane ignorato. Dei progressi morali nel paese civile per eccellenza, in Inghilterra, fanno prova i numeri della seguente tabella: E’ tale uno spaventoso aumento che si può conchiudere e persuadersi che la società inglese è fisicamente e moralmente corrotta e guasta. Ecco il numero dei condannati in Germania per il titolo di libidine e stupro negli anni 1882-1888: Anche in Germania dunque i delitti contro il buon costume sono in aumento, sebbene in proporzione meno elevata che in Inghilterra. La Dannimarca ha la miglior statistica sulle malattie veneree e sul loro sviluppo. A Copenhagen le malattie veneree con speciale riguardo alla sifilide si svilupparono nella seguente misura: Nel personale della flotta il numero delle malattie veneree durante l’accennato periodo è aumentato del 122,4%; e nell’esercito del 227%. (V. “Le malattie veneree in Dannimarca” del dottor Giesing Genf, 1889). Come vanno le cose a Parigi? Dal 1872 al 1888 il numero delle persone curate per malattie veneree negli spedali del Mezzogiorno, di Lourcine e di Saint Louis raggiunse la cifra di 118.223, di cui 60.438 malati di sifilide, e 57.795 di altri morbi venerei. Inoltre il numero di quelli che domandarono di essere accolti nelle cliniche dei tre ospedali sovraccennati raggiunse in media la cifra di 16.385 venerei (97). Si vede adunque che, per effetto delle nostre condizioni sociali, si contraggono dei vizi e si commettono dissolutezze e delitti d’ogni maniera. La società intera è agitata, irrequieta; e di questa condizione di cose chi ne soffre di più è la donna. Molte lo sentono e cercano riparo; chiedendo in primo luogo la maggior possibile indipendenza economica; il permesso di darsi al pari dell’uomo a tutti quei rami di attività, ai quali si adattano e convergono le sue forze e attitudini fisiche e intellettuali, e infine l’accesso alle così dette professioni liberali. Queste aspirazioni sono giuste? Si possono realizzare? Giovano? Ecco le questioni che ci si presentano e che vogliamo esaminare. numero dei condannati maschi femmine non ancora sup. ai 18 anni 1882 2918 2893 25 658 1883 2771 2745 26 532 1884 2792 2775 22 623 1885 2896 2877 19 600 1886 3221 3199 22 622 1887 3169 3139 30 675 1888 3088 3062 26 646 Oltraggio e violenza contro il buon costume Morti di sifilide Pazzi 1861 280 1345 39.647 1871 315 1995 56.755 1881 370 2334 73.113 1882 466 2478 74.842 1883 390 76.765 1884 510 aumento dal 1861 82 % 84 % 98 % Popolazione Malattie veneree Malattie sifilitiche 1874 196 5505 836 1879 227 6288 934 1885 290 6325 1866 (97) Relazione della Commissione Sanitaria sull’organizzazione della cura sanitaria in rapporto alla prostituzione a Parigi, diretta al Consiglio Comunale di Parigi, 1890. Nota di A. Bebel. 75 Gli sforzi della donna diretti alla sua emancipazione economica ed alla indipendenza intellettuale furono riconosciuti fino ad un certo grado giusti e legittimi dalla società borghese, non altrimenti che gli sforzi dei lavoratori diretti alla conquista della libertà. Il motivo per il quale si cercava di resistere a codesti sforzi fu l’interesse di classe della borghesia. La borghesia ha bisogno di sfruttare le forze produttrici, siano queste rappresentate da maschi o da femmine, per sviluppare ed aumentare quanto più è possibile la produzione. E nella misura stessa che la meccanica si perfeziona, i processi e sistemi produttivi si suddividono e individualizzano ognora più e richiede una educazione tecnica meno elevata, d’altro lato si va facendo sempre più acuta la concorrenza degli industriali fra loro e la lotta in tutti i campi di produzione, paese contro paese, regione contro regione, cresce e si determina un aumento nel numero delle donne impiegate nell’industria. Le cause di questo fatto vennero esposte minutamente più sopra. Generalmente la donna trova occupazione insieme con l’uomo oppure in sua vece colà dove i suoi bisognimateriali sonominori di quelli dell’uomo. Un’altra circostanza dipendente dal sesso che costringe la donna ad offrire l’opera sua verso una mercede più discreta, è questa: che essa è in media soggetta a disturbi fisici più spesso dell’uomo, il che determina una interruzione nel lavoro e produce nella combinazione e nell’organismo delle forze lavoratrici quali sono oggi nella grande industria, delle interruzioni pregiudizievoli. La gravidanza e il parto rendono necessari dei riposi. L’industriale approfitta di questa circostanza per rifarsi doppiamente di cotesto inconveniente mediante una notevole diminuzione di salari. Per converso il lavoro delle donne, specialmente di quelle maritate (vedasi in proposito il brano citato dal Capitale *), presenta per l’imprenditore il vantaggio dimaggiore diligenza e disciplina, in confronto di quella che presentano le donne nubili; perché il pensiero dei figli le spinge ad impiegare tutta la loro forza per guadagnarsi il necessario alla vita. In generale l’operaia si arrischia solo in casi eccezionalissimi a far causa comune coi suoi compagni di lavoro per ottenere condizioni migliori, il che accresce il suo valore di fronte all’industriale; nelle cui mani essa rappresenta un mezzo di vittoria contro la ostinazione degli operai maschi. D’altro canto è fuori di dubbio che la maggiore attitudine alla pazienza, l’agilità delle dita, ed il senso di buon gusto più sviluppato rende una donna molto più abile dell’uomo in molte categorie di lavori. L’onesto capitalista sa apprezzare tutti questi pregi e “virtù” femminili, ed è perciò che la donna, nel progresso dell’industria, trova di anno in anno un campo sempre maggiore in cui poter occuparsi senza migliorare però sensibilmente – e questo è l’importante – la sua condizione sociale. Colà dove si impiegano le donne, si licenziano generalmente gli uomini; e se questi vogliono vivere, devono offrirsi per una mercede ancora più esigua. Codesta offerta si ripercuote sulla mercede delle donne, sicché l’abbassamento dei salari diventa quasi una vite perpetua, la quale vien messa tanto più in moto per effetto del tecnicismo dei processi produttivi continuamentemodificantisi, in quanto tali processi determinano anche una diminuzione nell’impiego delle forze lavoratrici femminili, onde aumenta ancor più l’offerta di “braccia”. Il sorgere di nuovi rami d’industria e di lavoro serve di contro-spinta a tale costante produzione di energie lavoratrici relativamente esuberanti, non però in misura tale da creare condizioni durevolmente migliori, imperocché l’aumento del salario oltre una data misura determina l’imprenditore a migliorare ancora più il meccanismo della sua fabbrica, in modo da sostituire l’automatismo inconscio della macchina al cervello ed alle braccia dell’operaio. Mentre sul principio della produzione capitalista l’operaiomaschio sul mercato del lavoro stava di fronte soltanto all’operaio maschio, ora si trova di fronte sesso contro sesso, e poi età contro età. La donna scaccia l’uomo, e i fanciulli scacciano la donna. E’ questo l’ordinamento morale dell’industria moderna. Gli sforzi degli impreditori per prolungare la giornata di lavoro e trarre così maggior profitto dai loro operai, sono favoriti dalla minore forza di resistenza che presentano le operaie. Di qui il fenomeno che la giornata di lavoro è più lunga in tutti i paesi in cui fiorisce l’industria della tessitura, ove le donne rappresentano più della metà del numero totale dei lavoratori. Abituate a non riposarsi mai tra le pareti domestiche ove, come si disse, lavorano da mane a sera, le donne non si ribellano punto contro le sempre crescenti esigenze dei padroni. In altri rami di industria, com’è in quella delle crestaie e delle fabbriche di fiori artificiali ecc., in cui prevale il lavoro manuale, esse perdono tempo assumendo lavori straordinari ai quali attendono in casa loro senza riflettere che in tal modo fanno concorrenza a se stesse e che, in capo al mese, lavorando 16 ore al giorno, non hanno guadagnato di più di quello La condizione della donna. Sua capacità intellettuale. Il darvinismo e le condizioni sociali. (*) Si tratta della nota diMarx ne Il Capitale, Libro I, cap. XIII, Macchine e grande industria, (Libro I, Utet, Torino 1974, p. 538) ripresa da Bebel all'inizio del capitolo "Istinto sessuale. Il Matrimonio. Freni e impedimenti al matrimonio". 76 che possono guadagnare lavorando 10 o 12 ore. Venne già più volte dimostrato con cifre quale enorme impiego di lavoro femminile è domandato dall’industria. Un’altra serie di fatti pone ciò sempre in luce. Il Regno di Sassonia è uno dei paesi più ricchi della Germania. Nel periodo dal 1883 al 1889 l’aumento e il rapporto dei lavoratori adultimaschi e femmine, che hanno superato i 16 anni, nelle industrie soggette a controllo è rappresentato così: L’aumento del numero degli operai femmine rimane bensì inferiore all’aumento degli operai maschi, ma le donne in certe industrie, come ad esempio in quella della tessitura, hanno sorpassato il numero degli uomini. In Alsazia e Lorena il numero degli operai in 794 industrie sottoposte ad ispezione raggiunse nel 1889 la cifra di 64.612, quello delle operaie la cifra di 36.356. Ma mentre le industrie tessili occupavano 24.496 maschi soltanto, impiegavano 31.316 femmine, delle quali il 27% erano maritate. Nell’industria dei sigari a Baden, secondo la statistica dell’ispettore delle fabbriche, erano impiegate nel 1889: donne adulte 9.866 ed uomini adulti 4.656; le donne quindi rappresentano il 52,65%, gli uomini il 24,85%: delle donne 3.683 ossia il 37,4%erano maritate, ma in alcuni luoghi la percentuale delle operaie maritate era anche più elevata: per esempio nel comune di Herboldsheim 55,4%. Nel distretto di Reussi L. di donne impiegate ve ne erano: Secondo la statistica delle fabbriche vi erano in tutta la Germania nel 1888 sopra 7.340.789 persone abili al lavoro, 1.509.167 donne, vale a dire il 20,6 %. Ne emerse anche il fatto interessante che non vi è industria in cui le donne non siano rappresentate, sia pure in numero esiguo. Così, fra l'altro, erano occupate in: La donna però mentre attende all’industria è obbligata anche al lavoro notturno che riesce faticoso per il suo organismo. Dalle comunicazioni ufficiali presentate nel 1888 alla Commissione del Parlamento germanico per la protezione delle donne in relazione al lavoro notturno risulta che il lavoro notturno delle donne si verifica o costantemente o ad intervalli nelle industrie seguenti: nelle vetrerie, nelle fabbriche di specchi e di briquet, nelle fabbriche di cemento, nelle ferriere, nelle fabbriche di zinco, di porcellana, di bottoni, di carta e cartoni, nelle botteghe dove si liscia e si leviga il legno, nei filatoi e nella tessitura, nelle fabbriche di panni e flanelle, e nella lavatura della lana, nei cardatoi, nelle fabbriche di pettini, di reti, di articoli chimici, e così pure nelle raffinerie di zuccheri, nelle fabbriche di amido, nelle stamperie (per giornali), nelle fabbriche di zucchero di barbabietola, in quelle di decotti medicinali, di cicoria, di tegole e mattoni, di maioliche, di oggetti e lavori in piombo, di giocattoli, negli intagli in legno, nelle fabbriche di tappeti, di maglierie, di coperte, e di ombrelle, e in alcuni rami dell’industria dei vestiti, nelle tintorie, negli stabilimenti di apparecchio, in quelli per la pulizia dei piumacci, nelle fabbriche di cioccolata e di dolci, di focaccie, e di conserve di carne. Il lavoro notturno ad intervalli si riscontra nella maggior parte dei rami d’industria, ma specialmente in quelli della tessitura e della carta. Come si vede, la bella teoria, con la quale i nostri filistei credono di poter soffocare e comprimere i tentativi di emancipazione della donna, vale a dire la teoria che la donna appartenga alla casa, appare strana davanti ai fatti da noi addotti. In Inghilterra che è il paese più avanzato in materia d’industria, lo sviluppo del lavoro della donna nelle industrie si manifesta in modo ancora più evidente. Lavoratori maschi Lavoratori femmine 1883 141.539 72.716 1889 204.108 97.878 + 62.569 + 25.162 Maritate Nubili Totale Per cento 1887 1.875 2.14 4.015 46,7 1888 1.971 2.559 4.53 43,5 1889 2.267 2.605 4.872 46,5 Uomini Donne Per cento Imprese commerciali 356.221 181.296 25,2 A servizio nei restaurants 172.841 441.407 45,0 Nei servizi di piazza e di procacci 9.212 3.265 26,2 Nei filatoi 69.272 100.459 60,0 Nei filatoi 69.272 100.459 60,0 Nelle tessiture 336.4 155.396 32,0 Nei lavori di ricamo e 42.819 31.01 42,0 Nelle fabbriche di merletti e lavori all’ uncinetto 5.676 30.204 84,0 Nelle fabbriche di passamanerie 13.526 17.478 56,0 Nelle legatorie di libri e fabbriche di cartonaggio 31.312 10.409 25,0 Nelle fabbriche di carta 37.685 20.847 30,6 Nelle fabbriche di tabacco 64.477 48.919 43,1 Nella confezione di vestiti, biancheria e guarnizioni 279.978 440.87 61,2 1861 1871 1881 Uomini 202.540 192.881 189.651 Donne 264.166 286.258 310.374 77 Nell’industria del cotone erano occupati nel Il numero degli uomini era dunque diminuito in questo periodo di 12.889, mentre nello stesso periodo quello delle donne era aumentato di circa 46.208. Anche altre industrie presentano lo stesso quadro. Nelle fabbriche di panni nel 1871, su 100 uomini erano occupate 79 donne, che nel 1881 diventarono 102. Inoltre su 100 uomini erano impiegate: Si potrebbe allungare di molto la serie delle cifre, ma gli esempi addotti bastano. In complesso nel 1881 in Inghilterra erano occupate più di 4 milioni e mezzo di donne. In alcune industrie esse poi prevalevano addirittura. Così nelle fabbriche delle penne d’acciaio, su 100 uomini vi erano 1.138 donne, nelle fabbriche di buste 1.105, in quelle delle trecce di paglia 800, nelle fabbriche di guanti e di bottoni 600, nella pulitura dei metalli 500, ecc. In quale proporzione il lavoro industriale delle donne fosse sviluppato in Svizzera nel 1886 è dimostrato dai dati seguenti raccolti dal giornale Bund. Vennero occupati: In complesso nell’industria tessile erano occupate 103.452 donne su 52.838 uomini, e il Bund constata espressamente che non vi è in Svizzera un impiego in cui non si incontrino delle donne. Nella relazione degli ispettori delle fabbriche per il 1888 e il 1889, l’ispettore del I circolo, il dottor F. Schuler, rileva che l’impiego della donna nelle fabbriche è andato relativamente sempre più diffondendosi. Ora, una volta ammesso che per effetto del moderno sviluppo, la donna è allontanata sempre più dalla vita della famiglia, e in talmodo la società borghese porta sempre più la dissoluzione in una istituzione che forma una delle sue basi, e cioè nel matrimonio, deve anche notarsi, che questa evoluzione nelle attuali condizioni si compie in modo che la donna viene pagata molto meno dell’uomo anche là dove essa presta il suo servizio pari a quello dell’uomo. La donna senteminori bisogni, è più arrendevole e pieghevole dell’uomo, e sono questi i pregi che la raccomandano agli industriali. Si aggiunga che per la posizione in cui essa si è trovata fino ad oggi nella famiglia, è abituata a non aver limiti di tempo nelle occupazioni, perché essa, occorrendo, lavora senza posa. Tenuta lontana per sistema dalla vita pubblica, non sente né comprende il valore della unione e della organizzazione. Sono qualità queste che costituiscono dei difetti dal punto di vista degli interessi dell’operaio, ma che sono altrettante virtù agli occhi dell’imprenditore. Ne consegue che la donna va conquistando rapidamente terreno in tutti i rami di lavoro e ad una mercede molto meno elevata di quella dell’uomo. Giusta le comunicazioni della “Relazione della Camera di commercio di Lipsia per il 1885” i salari per un certo numero di industrie che si esercitavano nel distretto di quella Camera di commercio furono i seguenti: Per ogni individuo alla settimana: Queste differenze nei salari apparirebbero ancora più profonde se si sapesse quanti operai maschi e quante operaie ricevevano il maximum della mercede, e quanti il minimum, e quanto elevata sia la media del salario per ambo i sessi. Recentemente i mestieri e le industrie dai quali le donne sono escluse formano un numero insignificante, mentre sono occupate esclusivamente o quasi esclusivamente in parecchi di essi e specialmente in quelli che provvedono gli oggetti necessari alla donna. In altri rami d’industrie, come nelle industrie tessili, le donne hanno sorpassato in numero gli uomini e li incalzano sempre più. Finalmente per un grande numero di mestieri le donne hanno trovato posto in qualità di assistenti per certi rami e certo genere di occupazione e avanzano continuamente penetrando dappertutto. Il risultato finale è questo, che tanto il numero delle donne in se stesso, quanto il numero degli impieghi, delle arti, delle industrie e del commercio accessibile alle donne è cresciuto rapidamente. E questo aumento non riguarda soltanto le occupazioni meglio adatte alla più debole costituzione fisica della donna, ma abbraccia e si estende senza eccezione a 1871 1881 Nelle fabbriche di carta 65 80 Nelle stamperie 2 4 Nelle legatorie di libri 95 111 Nelle fabbriche di oggetti di cancelleriai 34 53 Nelle libreriei 15 17 Nella filatura e tessiturai 102 180 Nelle sartoriei 33 100 Nelle calzoleriei 13 20 DONNE Uomini Donne Nell’industria delle sete 11.771 51.352 Nell’industria del cotone 18.320 28.846 Nell’ind. del lino e mezzolino 5.533 5.232 Nei lavori di ricamo 15.724 21.000 Agli operai maschi Marchi Agli operai femmine Marchi Nelle fabbr. di merletti 20-35 7-15 Nelle fabbr. di stoffe e guanti 12-30 6-15 Nella tess. del lino e 12-27 5-10 Nella pettinatura della 15-27 7,20 -10,20 Nelle fabbr. di zucchero 10,50-31 7,50-10 Nelle fabbr. di oggetti 8,50-25 7-18 Nelle fabbr. di pelli 12-28 6-17 Nelle fabbr. di ogg. di 9-27 7,50-10 Nelle fabbr. di palloncini di carta 16-22 n.d. 78 tutti i campi di operosità in cui gli sfruttatori moderni credono di trarre dalla loro impresa più lauti guadagni. Tra cotesti impieghi si annoverano così le occupazioni fisicamente faticose, quanto quelle più sgradite e pericolose alla salute, riducendosi così alle sue vere proporzioni il concetto fantastico per cui si voleva vedere nella donna un essere delicato e fino, quale i poeti e i romanzieri hanno descritto per solleticare l’uomo, ma quale s’incontra soltanto nelle classi più elevate. Attendiamo ai fatti, alla realtà delle cose anche se dura e incresciosa, perché solo in tal modo ci salveremo da erronei giudizi e da vaghi sentimentalismi. Ora questi fatti ci apprendono che oggi le donne sono occupate fra l'altro: nelle fabbriche di lino, di cotoni, di biancheria, e di panni, nei filatoi meccanici, nelle tintorie, nelle fabbriche di molle d’acciaio e di spilli, in quelle di zucchero, di cioccolata, di carta e bronzo, nell’industria dei vetri, delle porcellane e degli smalti, nella filatura della seta, nella tessitura di nastri e di seta, nelle fabbriche di saponi e candele, in quelle di stuoie e di ovatte, di tappeti, di portamonete e di cartonaggi, di merletti e passamanerie, delle tappezzerie, nelle fabbriche di oli e nelle raffinerie dimaterie grasse d’ogni genere, nella lavorazione dei cenci e degli stracci, nelle fabbriche di treccie, negli intagli in legno, nella xilografia, nella pittura su maiolica, nelle fabbriche e nei lavatoi di cappelli di paglia, nelle fabbriche di vasellami, in quelle di tabacco e di sigari, di colla e gelatina, nei laboratori di guanti, nelle pelliccerie, nelle fabbriche di cappelli, di giocattoli, neimolini di lino e nell’industria dei cappelli, nelle fabbriche d’orologi e nelle pitture da stanze, nella pulitura dei materassi, nelle fabbriche dei pennelli, delle cialde, degli specchi, dellematerie infiammabili e della polvere, degli zolfanelli e dell’arsenico; nella stagnatura delle lamiere di ferro, nel lucidare le tele e darci l’apparecchio, nelle stamperie come compositori, nella levigatura delle pietre preziose, nella litografia, nella fotografia, nella cromolitografia e metacromotipia, nelle fabbriche di mattoni, nelle fonderie e nelle manifatture dei metalli, nella costruzione di case e di strade ferrate, negli stabilimenti di elettricità, nella legatoria di libri, nella tornitura e nelle botteghe di falegname, nelle fabbriche di amido, di cicoria, di cerini e di zinco, nella levigatura del legno, nelle fabbriche di ombrelle e di bastoni, di conserve e nelle confezioni di carne, di bottoni di porcellana, di pellicce, nello scavo delle miniere, nei trasporti di barche sui fiumi e canali, ecc. Di più vasto campo dell’orticoltura e del giardinaggio, nell’allevamento del bestiame e nelle industrie che ne dipendono; infine, in tutti i rami ove esse trovano guadagno, e ove lavorano già da gran tempo esclusivamente come privilegiate e cioè nelle lavanderie, nelle confezioni di abiti per signora, nei vari rami della confezione di mode, nella qualità di venditrici, più ancora come computiste, maestre, bambinaie, scrittrici, artiste, ecc. Vi sono poi migliaia di donne della piccola borghesia impiegate a lavorare come garzoni di bottega e nelle fiere e mercati, sottratte quindi alla vita domestica e specialmente all’educazione dei figli. Infine bisogna accennare ad una occupazione in cui trovano sempre più facile impiego le donne giovani e vezzose, con grande pregiudizio del loro sviluppo fisico e morale-intellettuale, e cioè a quell’occupazione in pubblici stabilimenti d’ogni maniera a servizio e allettamento degli uomini amanti del piacere e del lieto vivere. Molte di codeste occupazioni sono pericolosissime. Per esempio è dannosa l’azione di gas d’acido solforoso e i vapori alcalini che si sviluppano nelle fabbriche e nelle lavanderie di cappelli di paglia, dannosa del pari l’aspirazione dei vapori di cloro nell’imbiancare le sostanze vegetali; pericoli di avvelenamento si presentano nelle fabbriche di carta, di cialde e di fiori colorati; nella preparazione della metacromotipia, di veleni e di prodotti chimici, nel dipingere i soldatini di piombo e specialmente i giocattoli di piombo. L’operazione del sovrapporre agli specchi il mercurio è addirittura letale per il feto delle donne gravide. Delle donne gravide che lavorano col piombo, il 58% abortiscono, il 78% dei nati da esse nascono morti, e di 21,5% nati vivi appena il 13% raggiunge il secondo anno di vita. Una condizione di cose spaventevole. Se in Prussia, dei fanciulli nati vivi, muore il 22% in media durante il primo anno di vita, dei bambini nati da donne che lavorano nelle fabbriche di specchi, dove si adopera mercurio, ne muoiono il 65%; nei bambini nati da donne impiegate ad arrotare i vetri il 55%; e il 40% di quelli nati da donne che lavorano col piombo. Secondo il dott. Hirt, nel secondo periodo di gravidanza, è particolarmente perniciosa alle donne e al feto la fabbricazione di carte colorate, di fiori artificiali, la cosidetta spolverizzazione dei merletti di Bruxelles mediante la biacca, la fabbricazione di specchi; l’industria del caoutchouc e tutte le manifatture in cui le operaie sono esposte a esalazioni perniciose – ossido di carbonio, acido carbonico e vapori di zolfo. Pericolosissima è poi la fabbricazione di zolfanelli, nonché l’impiego e il lavoro nei setifici. Pericoli per la vita, per effetto di lesioni alle membra, presenta specialmente lameccanica nelle industrie tessili, nella fabbricazione di materie infiammabili, e nei lavori di macchine campestri. Uno sguardo alla lista molto incompleta persuaderà del resto ogni lettore che una grande quantità dei lavori citati appartengono ai più faticosi ed opprimenti anche per gli uomini. Si ripete continuamente che questo o quel lavoro è indegno della donna, ma con ciò non si raggiungerà nessun effetto se non si potrà indicarle un altro campo di attività a lei più confacente. Non è certamente un attraente spettacolo quello di vedere delle donne, spesso anche incinte, condurre a gara insieme con gli uomini dei carri pesanti nella costruzione delle ferrovie; ovvero far da manovali nelle fabbriche di calce e cementi e portar delle pietre pesanti, o infine vederle negli stabilimenti ove si pulisce il carbone e il minerale ecc. La donna con ciò va spogliandosi di quanto vi è in lei di femminile; la sua femminilità viene calpestata, mentre gli uomini perdono tutto ciò che hanno di virile occupandosi in ogni maniera di impieghi. Il che è l’effetto dello sfruttamento e della guerra sociale. Le nostre corrotte condizioni sociali sconvolgono spesso la natura. Si comprende quindi che codesta estensione che il 79 lavoro delle donne prende e prenderà ancor più in tutti i campi della attività industriale, è vista di malocchio dall’uomo, il quale invoca e chiede ad alte grida che il lavoro delle donne sia soppresso e vietato dalla legge. E’ fuori di dubbio che per effetto di cotesta estensione del lavoro femminile, la vita domestica va sempre più decadendo, donde la dissoluzione del matrimonio e della famiglia, e l’aumento spaventoso della scostumatezza, della demoralizzazione, della degenerazione, dellemalattie d’ognimaniera, e dellamortalità dei bambini. Secondo la statistica pubblicata nel 1889 dalla Gazzetta di Lipsia, in quelle città della Sassonia che negli ultimi 20 anni divennero veri e propri centrimanifatturieri, la mortalità dei bambini è notevolmente cresciuta.Mentre nel periodo dal 1880-1885 nelle città della Sassonia, sopra 100 nati vivi, ne morirono 28,5 nel primo anno di vita, questa cifra fu di molto superata nelle città di Stollberg (44%); di Zshopau (43,4); di Ernstthal (42,6); di Zwönitz (40,7); di Lunzenau (40); di Liechtenstein e Werdau (38,9); di Penig (36,8); di Chemnitz (36,4); di Meerane (35,9). Ancora peggiori sono le condizioni nellamaggior parte delle grosse borgate industriali, e particolarmente nei dintorni di Chemnitz, dove la cifra della mortalità oscilla fra il 40 e il 50,7%. E malgrado tutto, questo sviluppo è un progresso alla stessa guisa che la proclamazione del principio della libertà delle industrie, di domicilio, e dimatrimonio, e l'eliminazione di tutti gli impedimenti, che favorivano bensì lo sviluppo dei grandi capitali, ma colpivano a morte la nostra piccola e media industria, servì a dare a quest’ultima un crollo irrimediabile. Gli operai non sono disposti ad aiutare la piccola industria manuale, perché questa cerca con ogni tipo di sforzi reazionari di limitare la libertà delle industrie e degli scambi, di rialzare le barriere rappresentate dalle corporazioni delle arti, e dimantenersi artificialmente in vita ancora per qualche tempo. Nemmeno si può far rivivere il passato nei riguardi del lavoro delle donne, il che non esclude però che delle leggi severe impediscano l’abuso dell’impiego delle donne e dei fanciulli, che è interdetto del tutto per gli obbligati alla scuola. In ciò, gli interessi dell’operaio concordano con quelli dell’umanità e della civiltà. Si finirà coll’eliminare i danni, che sono un effetto del progresso della cultura, della meccanica, dei migliorati strumenti e sistemi di lavoro, e rimarranno soltanto i vantaggi, dei quali però saranno chiamati a godere tutti i membri della società. E’ un controsenso ed un’antinomia stridente, che i progressi e le conquiste della cultura, che sono il prodotto del generale sviluppo dell’umanità, avvantaggino soltanto coloro che possono goderne mercè la loro potenza materiale, e che, al contrario, migliaia di laboriosi operai ed artisti debbano sgomentarsi apprendendo che lo spirito umano fece nuove scoperte, per cui si produce 10, 20, 40 volte più che il lavoro manuale, mentre ad essi non rimane che la triste prospettiva di essere gettati sul lastrico come inutili e superflui (98). Perciò, quello che dovrebbe essere salutato con gioia da tutti, diviene oggetto di rancore, di odio e di ostilità, sentimenti che nell’ultimo decennio determinarono più d’una volta assalti alle fabbriche e distruzione delle macchine. La stessa ostilità v’è oggi fra l’uomo e la donna-operaio. Ed anche ciò è contrario alla natura. Bisogna quindi cercare di creare una condizione sociale, in cui tutti gli strumenti di lavoro diventino proprietà dello stato; un ordinamento sociale che riconosca la perfetta uguaglianza giuridica di tutti, senza distinzione di sesso, che applichi tutti i possibili miglioramenti tecnici e scientifici e tutte le scoperte in relazione all’arruolamento di tutti gli operai, oggi improduttivi o pericolosi, e degli oziosi; un ordinamento sociale tendente a limitare la giornata di lavoro necessario al mantenimento della società, alla misura più breve possibile, per promuovere al più alto grado lo sviluppo fisico e intellettuale di tutti imembri della società. Soltanto in tal modo la donna potrà diventare membro della società, altrettanto utile e produttivo quanto l’uomo; sviluppare completamente tutte le sue attitudini fisiche e intellettuali, compiere i doveri ed esercitare tutti i diritti del suo sesso. Quando essa sarà, di fronte all’uomo, in una condizione di libertà e di eguaglianza, si troverà al sicuro da ogni indegna pretesa. Quanto diremo in appresso proverà che lo sviluppo moderno tende e cammina verso un tale stato di cose, e che sono appunto i gravi inconvenienti di questo sviluppo che produrranno in un tempo non tanto lontano il formarsi di un tale stato. Diremo più tardi come ciò avverrà. Sebbene l'evoluzione già da noi accennata, riferibilmente alla posizione della donna nella nostra vita sociale, sia evidentissima per chiunque tenga gli occhi aperti, tuttavia si sente ogni giorno ciarlare della missione della donna, la quale si vuol far credere rivolta esclusivamente alla casa ed alla famiglia. Ed anzi se ne fa un gran parlare, specialmente là dove la donna tenta di penetrare nella sfera degli impieghi ed uffici cosidetti più elevati, per esempio nell’istruzione ed amministrazione superiore, nelle facoltà dimedicina o di legge, nelle scienze naturali. A questo proposito si fanno le obbiezioni più ridicole ed assurde, che vengono sostenute sotto l’apparenza della dottrina e della scienza. Di codesta attitudine alla scienza, se ne discorre spesso come dell’attitudine alla costumatezza e all’ordine. Sebbene non ci sia mai stato un uomo il quale con- (98) Il sig. A. Redgrave ispettore delle fabbriche, tenne sulla fine di dicembre del 1871 una conferenza a Bradford, nella quale disse fra altro: «Ciò che da qualche tempo mi ha colpito, fu il mutato aspetto delle fabbriche di panni. Prima queste fabbriche erano piene di donne e fanciulli, adesso le macchine fanno tutto. Un proprietario di fabbrica diede a me, che lo richiedevo, i seguenti schiarimenti. «Sotto il vecchio sistema io occupavo 63 persone, dopo l’introduzione delle macchine perfezionate ho ridotto la mano d’opera a 33; e ora, non è molto tempo, fui in grado di ridurla a 18 in conseguenza di nuovi perfezionamenti». In pochi anni dunque vi fu nell’odierna grande produzione una diminuzione nel numero degli operai quasi dell’80% in una fabbrica in cui la massa dei prodotti è rimasta almeno la stessa. A questo proposito poi, «Il Capitale» di Carlo Marx contiene molte notizie interessantissime. Nota di A. Bebel. 80 siderasse la scostumatezza e il disordine come lo stato più desiderabile – dovendosi escludere alcuni individui che usurparono potere e dominio mediante la scostumatezza e il disordine, nel qual caso però essi si sforzarono sempre di dipingere le loro azioni come necessarie per l’ordine, per la religione, per i buoni costumi e per la morale – tuttavia queste parole ampollose furono adoperate sempre contro quelli che vogliono fondare l’ordine vero, e cioè contro chi tende a creare una condizione di cose più degna dell’umanità. Questa attitudine alla dottrina ed alla scienza, oggi si vuole spacciare a difesa e conforto delle teorie più assurde e dei principi più reazionari, per sostenere cioè che per natura e costituzione fisica della donna, indirizzandola alla vita della casa e della famiglia, è in questo ambito che essa deve compiere la sua missione. Si è già visto fino a qual punto oggi lo si possa ottenere. Ma l’argomento principale, di cui si fanno forti gli avversari, è questo: che la donna è inferiore all’uomo per capacità intellettuale, e che è follia credere che essa nel campo dell’intelligenza riesca a fare qualche cosa di notevole. Queste obbiezioni, sollevate dai dotti, corrispondono siffattamente al pregiudizio generale che hanno gli uomini sulla missione propria della donna e sulle sue attitudini, che chi le solleva può contare sempre sul consenso della maggioranza degli uomini, ed anche delle donne. Ma, anche se si adducono delle ragioni serie contro il consenso e il pregiudizio dellamaggioranza, non si può dire che ogni maggioranza voglia ciò che è ragionevole. Finché l'educazione e l'intelligenza sono ancora generalmente così poco elevate come oggi, e finché gli ordinamenti sociali sono tali che la generalizzazione della cultura ferisca gli interessi delle classi dirigenti, le nuove idee troveranno sempre una accanita opposizione. Le classi interessate trovano facile e comodo sfruttare a proprio vantaggio il pregiudizio dellemasse. Per ciò, sulle prime, le nuove idee guadagnarono sempre una piccola minoranza, la quale venne schernita, vituperata e perseguitata.Ma se le idee nuove sono buone e razionali, se sono la conseguenza necessaria dell’ambiente, esse guadagneranno terreno fin che la minoranza diverrà maggioranza. Così accadde di tutte le idee nuove nel corso della storia, e l’idea del socialismo, alla quale è intimamente connessa la emancipazione della donna, presenta lo stesso fenomeno. Non erano forse una piccola minoranza anche i fautori del cristianesimo? Non hanno forse avuto i loro strapotenti avversari anche le idee della Riforma e della borghesia moderna? E tuttavia non hanno esse trionfato? Si è forse soffocato il socialismo in Germania, perché incatenato e represso con leggi eccezionali che gli impedivano di muoversi? La sua vittoria non fu mai più certa di quando si credeva di averlo ucciso: esso ha superato e vinto le leggi eccezionali e supererà ben altri ostacoli. Vi sono dei socialisti – notevolmente scemati di numero dalla prima pubblicazione di questo lavoro, ciò che in parte è un merito di esso e della agitazione da esso promossa – i quali non sono meno avversi alla emancipazione della donna di quello che il capitalista sia contrario al socialismo. Non v’è socialista il quale non comprenda che l’operaio è in una posizione di dipendenza dal capitalista, emolti si stupiscono che gli altri e specialmente i capitalisti, non vogliano intenderlo; ma talvolta anche il socialista non vede e comprende la dipendenza della donna dall’uomo, entrando un pò più in questione il suo proprio io. La tendenza di proteggere interessi veri o supposti, che sono poi sempre impalpabili, rende gli uomini ciechi. Far appello allamissione della donna, dire che essa non deve essere che buona massaia e custode dei figli, ha tanto poco senso, quanto forse il ricordare che vi devono essere sempre dei re, perché ce ne furono in qualche luogo fino da quando vi fu una “storia”. Ora noi non sappiamo dove nacque il primo re, come non sappiamo dove è apparso il primo capitalista, ma noi sappiamo bene che il potere dei re subì dei mutamenti sostanziali nel corso dei secoli, che la evoluzione e il progresso tendono a spogliarlo sempre più dalle sue prerogative e si può conchiudere a buon diritto che verrà tempo in cui esso verrà considerato come superfluo. Al pari di esso, anche ogni altro istituto sociale andò soggetto a continui mutamenti e trasformazioni ed infine subì una completa rovina. E precisamente lo stesso accade oggi in quanto alla forma del matrimonio e alla posizione che vi occupa la donna. La posizione della donna nell’antica famiglia patriarcale era affatto diversa da quella da essa occupata più tardi in Grecia, ove la donna aveva l’unico scopo, come ci apprende Demostene: “di partorire figli legittimi e di custodire fedelmente la casa”. Chi oserebbe oggi sostenere che questa posizione è conforme alla natura senza sentirsi rimproverare il poco conto in cui tiene la donna? Vi sono anche oggi taluni i quali approvano in silenzio la costituzione ateniese, ma nessuno osa manifestare pubblicamente ciò che 2200 anni fa solo uno degli uomini più illustri della Grecia poteva riconoscere davanti a tutti come una cosa naturale. Il grande progresso consiste in ciò. Ora tutto lo sviluppo moderno, particolarmente della vita industriale, ha minato e rovinato moltissimi matrimoni, ma d’altra parte il matrimonio ha influito favorevolmente su tale sviluppo, specialmente là dove la condizione sociale dei coniugi tiene lontane le influenze perniciose.Ancora poche decine d’anni fa, in ogni casa di borghesi e di contadini non solo si riteneva naturale che la donna cucisse, facesse le calze e il bucato, sebbene oggi ciò sia spesso fuori dimoda,ma si trovava naturale ch’essa cuocesse anche il pane, filasse, tessesse, inamidasse, facesse la birra, cuocesse il sapone, provvedesse all’illuminazione. Far confezionare un vestito fuori di casa era riguardato come una grande prodigalità, proclamato e considerato come un avvenimento. Tali condizioni s’incontrano anche oggi qua e là, ma sono eccezioni. La maggior parte delle donne si astiene da tali faccende.Molte delle quali vengono disimpegnate più praticamente e più convenientemente di quello che sia dato ad una massaia e, d’altro lato, fa difetto almeno nella città un ordinamento domestico che vi sia adatto. Si è compiuta dunque in pochi decenni una 81 grande rivoluzione nell’ordinamento interno della vita domestica, rivoluzione della quale non ci meravigliamo perché la riteniamo naturale. L’uomo non bada, non fa caso di avvenimenti che si svolgono, si può dire, sotto i suoi occhi, se non quando essi sopravvengono improvvisamente,ma si ribella subito a quelle nuove idee che minacciano di sviarlo dalla vecchia strada.Tale rivoluzione ha puremutato sostanzialmente la posizione della donna nella famiglia. La donna è diventata più libera, più indipendente. Le nostre nonne, per esempio, non avrebbero nemmeno immaginato di tener lontani dalla casa e dalla famiglia operai e garzoni apprendisti per frequentare teatri, concerti, luoghi di piacere e, spesso, orribile a dirsi, in giorno di lavoro. E quali di queste buone vecchie pensarono mai, od osarono mai pensare di appassionarsi per i pubblici affari, sebbene non attinenti alla politica, come pure avviene oggi di molte donne? Si fondano società con intendimenti i più vari, si pubblicano giornali, si indicono congressi, si uniscono come operaie in corporazioni, convengono alle adunanze e nelle associazioni degli uomini, e qua e là (parliamo della Germania) sono riuscite ad acquisire il diritto di scegliere il collegio arbitrale per gli operai, diritto di cui il parlamento germanico, nell’anno di grazia 1890, le aveva felicemente private. Quale codino vorrebbe eliminare tutti questimutamenti, sebbene non si possa contestare che vicino alla luce ci sono anche le tenebre, originate dalle nostre condizioni agitate e corrotte, ma non soverchianti né oscuranti la luce. Un disaccordo potrebbe scoppiare fra le donne, per quanto conservatrici siano state fin qui, perché esse non sono inclini né disposte a ritornare alle viete, ristrette e patriarcali condizioni del principio di questo secolo. Negli Stati Uniti, dove pure la società riposa ancora su fondamenti borghesi, ma che non è agitata dai vecchi pregiudizi dell’Europa, né dalle istituzioni del passato, ed è sempre più disposta ad accogliere nuove idee, se promettenti e vantaggiose, si vede da qualche tempo che la posizione della donna va costituendosi ed estendendosi sopra basi diverse da quelle che reggono la donna in Europa. Per esempio i cittadini della repubblica americana hanno già parecchie volte riflettuto che non solo è faticoso e svantaggioso alla borsa che la donna continui a fare il pane e la birra, ma ritengono pure superfluo che essa attenda alla cucina, e ciò senza danno pecuniario.Ai bisogni della alimentazione privata vi provvede la società mediante grandi macchine e cucine a vapore; le donne attendono al servizio alternativamente e il risultato è questo: che il pranzo costa un terzo di meno, che il cibo è più saporito, che offremaggiore varietà e si risparmiamolta fatica. I nostri ufficiali, che non sono certo in voce di socialisti e comunisti, fanno precisamente così: formano nei loro casini una mensa, scelgono un amministratore che provveda alla spesa e faccia gli acquisti all’ingrosso dei generi alimentari: la lista dei cibi viene concordata e l’allestimento dei cibi si compie nella cucina a vapore della caserma. In tal modo essi mangiano a prezzi meno elevati di quelli degli alberghi, avendo cibi per lo meno altrettanto buoni. Vi sono inoltre delle migliaia di famiglie molto ricche in Europa, le quali vivono a pensione negli Hotels senza che esse si accorgano minimamente che loro manchi la cucina domestica, ritenendo anzi come una grande comodità il non avere le noie e le preoccupazioni di doversi allestire il cibo in casa propria. Oltre alle cucine a vapore, vi sono anche i lavatoi a vapore coll’essiccatoio; condotti di acqua fredda, come ne abbiamo in molte città e località; condotti di acqua calda che servono a sostituire con un adatto sistema di riscaldamento centrale quello delle stufe tanto incomodo e che affatica e fa perdere alle donne tanto tempo: in taluni alberghi, negli ospedali, nelle scuole, nelle caserme ed anche nelle case private delle famiglie più ragguardevoli codesto sistema funziona, sebbene ancora in modo manchevole e imperfetto. Nell’estate del 1890 si leggeva nei giornali una descrizione dei progressi fatti nei sistemi di riscaldamento centrale e della ventilazione negli Stati Uniti – dove per ogni progresso si tengono gli occhi più aperti che non nella decrepita Europa e specialmente in Germania. Ecco quanto si legge in proposito: «I tentativi fatti di recente, specialmente nell’America settentrionale, di riscaldare da un sol punto interi rioni, segnano dei successi notevoli e sono proseguiti nei rapporti delle costruzioni con tanta cura e tanta convenienza, che se ne può sperare una più larga diffusione in vista degli esperimenti favorevoli e dei vantaggi economici che se ne ricavano. Di recente poi si è andati ancora più avanti, tentando di provvedere non solo al riscaldamento, ma anche a rinfrescare, mediante l’aria o riscaldata o fresca da un luogo centrale, particolari quartieri non troppo estesi. Questo tentativo, realizzato e concretato nel cosidetto sistema di Timby, venne posto a base delle sue intraprese recentemente a Washington, dalla Compagnia Nazionale di riscaldamento e ventilazione, come scrive il “Giornale centrale dei lavori pubblici” desumendolo da una relazione del sig. Petri, ingegnere del governo dei lavori pubblici, addetto ai lavori tecnici aWashington. La Compagnia si propose dapprima lo scopo di provvedere ai bisogni di una città di 50 mila abitanti. Le difficoltà dipendenti dalla necessaria velocità dell’aria e della grandezza dei mantici meccanici, permisero ciò non pertanto di estendere le reti fino a chilometri 0,8 di lunghezza e di impiantare un proprio stabilimento per ogni quadrato di edifici, specialmente nelle contrade più dense di popolazione per movimento di affari. Il principio del sistema Timby è semplicissimo. "Nello Stabilimento Centrale si trovano le caldaie a vapore o ad acqua calda, grandi secondo le esigenze del bisogno, mediante le quali la diramazione principale dell’aria si verifica in tubi chiusi e contiene in sé una parte del calore prodotto. Per conservare nel corso della conduttura principale dell’aria, che va a distribuirsi nel sottosuolo stradale, un calore uniforme oppure un durevole ricambio delle perdite di calore, si dirama dalle caldaie nell’interno della conduttura d’aria e fino alla sua estremità un canale per il vapore o l’acqua calda, che è unito alla caldaia. Le somme della produzione di calorico (99) del tubo a vapore caldo e 82 del tubo a vapore freddo è uguale quasi dappertutto, e perciò in tutto il corso del tubo dell’aria vi è una temperatura uniforme. L’aria viene spinta nei tubi principali mediante un mantice, e quindi ha sempre un’eccedenza di pressione che rende poco sensibile l’azione dei gas nocivi del suolo. Dalle condutture principali si staccano altri condotti accessori verso i singoli edifici e i luoghi di consumo, i quali portano l’aria nelle stanze di abitazione o di lavoro. La quantità di calore consumata viene determinata da appositi contatori infissi nelle diramazioni"». Così si fa nella società borghese degli Stati Uniti. Ora è certo che quello che ivi è oggetto di speculazione privata e di proprietari privati, potrebbe essere eseguita per tutti altrettanto bene dallo Stato o dalla Comunità con immenso e generale vantaggio. Ma la borghesia, che non conosce generosità di sentimenti, né larghezza d’idee, si stringe nelle spalle davanti a tali progetti. Se si fosse proposto alle nostre donne di 50 o 60 anni fa di risparmiare alle loro figlie o fantesche l’incomodo di andare ad attingere acqua, mediante la costruzione di un acquedotto, avrebbero detto trattarsi d’una pazzia e d’una inutilità, perché si sarebbero abituate le figlie e le fantesche a stare in ozio. Napoleone I dichiarò assurdo il progetto di far andar innanzi una nave a vapore. E chi non sa come furono giudicate le nostre ferrovie dai “poveri vetturali?” Insomma la nostra società borghese mostra già dappertutto i germi che verranno ampiamente sviluppati e generalizzati da una società nuova, per creare, mediante una grande rivoluzione, un migliore assetto sociale. Del resto, è fuori di dubbio che tutto lo sviluppo della nostra vita sociale non tende a confinare ancora la donna tra le pareti domestiche, come pur vorrebbero i fanatici della donna casalinga, che essi vagheggiano, come gli Ebrei nel deserto sospiravano le perdute marmitte d’Egitto, ma è certo invece che esso mira a rompere la stretta sfera entro la quale si aggira la donna, per farla partecipare alla vita pubblica del popolo, – nel quale non si conteranno più soltanto gli uomini – e ai compiti della cultura umana. Anche Laveleye lo ha riconosciuto pienamente, scrivendo (100) : «Man mano che aumenta ciò che si è soliti designare col nome di civiltà, i sentimenti di pietà e i legami della famiglia s’indeboliscono ed esercitanominore influenza sulle azioni degli uomini. Questo fatto è così generale, che vi si può ravvisare una legge dell’evoluzione sociale». Ciò è giustissimo. Non solo la posizione della donna è radicalmente mutata, ma con essa è mutata, rispetto alla famiglia, anche quella dei figli e delle figlie, che a poco a poco hanno acquistato un grado d’indipendenza prima sconosciuta, specialmente negli Stati Uniti d’America, dove, favorita da tutta la società, si è spinta ad un grado, da noi non raggiunto, l’educazione alla libertà e alla indipendenza. Gli inconvenienti che anche questa forma di sviluppo presenta oggi, non sono assolutamente essenziali; e potranno evitarsi benissimo in condizioni sociali migliori, e si eviteranno. Anche il dott. Schäffle riconosce, come il Laveleye, che il mutato carattere della famiglia dei tempi nostri, è un effetto della evoluzione sociale. Egli scrive (101): «La storia dimostra la tendenza di ricostituire la famiglia sulle sue funzioni specifiche. La famiglia rinunzia alle funzioni esercitate provvisoriamente in luogo d’altre, una dopo l’altra, cedendo, là ove essa aveva servito a colmare il vuoto delle funzioni sociali, a favore di istituzioni indipendenti per il diritto, l’ordine, l’autorità, il servizio divino, l’istruzione, la tecnica ecc., non appena tali istituzioni si formano».Anche le donne incalzano sempre più, sebbene in sulle prime in minoranza e con intenti e propositi non ancora molto precisi. Esse vogliono misurarsi cogli uomini, non soltanto nel campo industriale, vogliono conquistare non solamente una posizione più indipendente nella famiglia, ma vogliono anche consacrare la loro attività intellettuale a più nobili arringhi (102). Ed eccoci davanti all’obbiettivo che la donna non vi possa riuscire perché la natura non la provvide delle necessarie attitudini. Sebbene la questione sulla capacità della donna non tocchi né possa toccare nella società moderna che un numero limitatissimo di donne, tuttavia essa è d’importanza capitale. La maggior parte degli uomini crede sul serio che le donne devono rimaner sempre intellettualmente inferiori all’uomo, ed è questo pregiudizio che dobbiamo distruggere. Intanto è interessante il vedere che gli stessi uomini, i quali non hanno nulla da opporre che la donna volga la sua attività in occupazioni, molte delle quali sono estremamente faticose e spesso pericolosissime, in cui la sua femminilità corre pericolo, e per le quali deve violare nelmodo piùmanifesto i suoi doveri di madre e di sposa, è interessante, ripeto, il vedere come questi uomini vogliono poi escludere la donna da quelle occupazioni, nelle quali tutti questi ostacoli e pericoli sono molto minori; occupazioni che sarebbero più adatte alla delicatezza dell’organismo di lei, che, dopo tutto, quanto a forza, regge al paragone con quello di più d’un dotto. Fra gli scienziati di Germania, i quali non vogliono saperne di permettere alla donna l’accesso agli studi superiori e vorrebbero almeno condizionarlo e limitarlo assai, accenniamo al prof. L. Bischof di Monaco, al dott. Luigi Hirt di Breslavia, al prof. H. Sybel, L. de Bärenbach, al dott. E. Reich, ed altri molti. Il de (99) Calorico: antico nome del calore, quando ancora si riteneva che questo fosse un fluido. (100) La proprietà primitiva, Cap. 20, Comunione domestica. Nota diA. Bebel. Emile LouisVictor de Laveleye (1822- 1892), economista e saggista belga, è stato membro dell'Accademia reale del Belgio, ed ha scritto molte opere di economia, di storia e di politica, tra le quali, per l'appunto, quella citata da Bebel, De la proprieté et de ses formes primitives, del 1874. (101) Creazione e vita del corpo sociale. 1° vol. Nota diA. Bebel.Albert Eberhard Friedrich Schäffle (1831-1903) economista e sociologo tedesco, fu ministro del commercio nel 1871 e poi dell'attività scientifica. Tra le sue numerse opere, alcune velate di idealità socialiste, vi è quella segnalata da Bebel, Bau und Leben des socialen Körpers del 1896. (102)Arringo, o arengo: Vocabolo antico col quale si indicava un luogo riservato alle riunioni dei partecipanti al libero comune medievale; in seguito per indicare l'assemblea riunita, detta anche concione o parlamento. 83 Bärenbach crede di poter negare alla donna l’accesso come le attitudini agli studi scientifici, osservando che fino ad oggi fra le donne non è mai sorto un genio, e che le donne sono notoriamente incapaci a intraprendere gli studi filosofici. Anzitutto ci sembra che il mondo abbia avuto finora troppi filosofi, per poter rinunziare senza danno alle filosofesse. Ma per ciò che si riferisce all’affermazione che le donne non abbiano ancora prodotto alcun genio, ci sembra che non regga neppure questa e che non provi nulla. I geni non piovono dal cielo; essi hanno bisogno dell’occasione per formarsi e svilupparsi, e questa occasione non solo fino ad ora è quasi completamente mancata alle donne, come abbiamo dimostrato a sufficienza nel compendio storico; ma la si è oppressa in ogni maniera permigliaia di anni. Dire che le donne non hanno alcuna disposizione e attitudine a diventare dei geni, perché si crede con ciò di poter negare al numero pur grande di donne ragguardevoli ogni e qualsiasi genio, è tanto erroneo e ingiusto, come se si volesse sostenere, che nel mondo degli uomini non sono stati possibili altri geni, all’infuori di quei pochi, che si considerano come tali. Ora ognimaestro di villaggio sa quante felici attitudini fra i suoi scolari non finiscono e non si sviluppano, per mancanza della possibilità di educarle. Il numero degli uomini di talento e di genio è certamente molto maggiore di quello che si è manifestato fino ad oggi, perché le condizioni sociali li soffocano e spengono: ed è precisamente lo stesso anche della capacità del sesso femminile, che per migliaia di anni venne continuamente oppresso e soffocato. Oggi noi manchiamo assolutamente di ogni criterio per giudicare quale abbondanza di forza e attitudini intellettuali si svilupperanno negli uomini e nelle donne non appena queste potranno spiegarsi sotto condizioni più conformi alla natura. Oggidì avviene nell’umanità precisamente quello che avviene nel regno vegetale. Milioni di germi preziosi non riescono a svilupparsi, perché il terreno ove essi cadono non è adatto, ovvero è già occupato da male erbe, che tolgono alla tenera pianticella il nutrimento, l’aria e la luce. Le stesse leggi reggono anche la vita dell’umanità. Se un giardiniere o un agricoltore volesse dire di una pianta che non attecchisce o non cresce vigorosa, quantunque egli non ne abbia ancora fatto verun esperimento, e l’abbia forse arrestata nel suo sviluppo con un erroneo trattamento, quel giardiniere o quell’agricoltore sarebbe qualificato per imbecille dai suoi vicini più istruiti. Lo stesso avverrebbe se egli volesse rifiutarsi di incrociare una femmina dei suoi animali domestici con un maschio di una razza più perfetta, per allevare una razza di animali più perfetti. Se non che non vi sarebbe oggi in Germania nessun contadino tanto ignorante, da non vedere i vantaggi di questo modo di trattamento delle sue piante o del suo bestiame; un’altra questione è quella di vedere se i suoi mezzi gli permettono di adottare sistemi migliori. Gli è soltanto nel mondo umano che anche i dotti non vorrebbero che valesse ciò che viene pure da essi sostenuto come legge indistruttibile in tutti gli altri regni della natura. Eppure ognuno può, anche senza essere naturalista, fare da sé delle osservazionimolto istruttive. Perché i figliuoli dei contadini differiscono dai figli nati da cittadini? Perchè i figli delle classi più agiate differiscono dai figli dei poveri, non solo nell’aspetto fisico, ma anche in certe qualità intellettuali? Il perché, su ciò siamo tutti d’accordo, deve trovarsi nella diversità delle condizioni di vita e di educazione. L'uniformità dipende dal perfezionarsi in una data professione, imprime all’uomo dei tratti caratteristici. Un curato, un maestro si riconoscono facilmente il più delle volte al portamento, all’espressione della fisionomia, come si riconosce facilmente un militare anche se veste l’abito borghese. Un calzolaio si distingue agevolmente da un sarto, un falegname da un magnano. Due gemelli, che nella fanciullezza fossero pure somigliantissimi, presenteranno più tardi delle differenze notevoli, se la professione loro è diversa; per l’uno, per es. quella manuale del magnano, per l’altro quella degli studi filosofici. L’eredità, dunque, e l’adattamento agiscono in modo decisivo sullo sviluppo dell’uomo, precisamente come agiscono sul regno animale, ed anzi sembra che l’uomo sia il più adattabile e pieghevole degli esseri. Bastano pochi anni di un dato genere di vita e di professione, per farne addirittura un altro uomo. Questo rapido mutamento, almeno esteriormente, non si manifesta mai tanto palesemente quanto allorché un uomo sale d’un tratto da una condizione dimiseria a condizioni di agiatezza. Anche se non può rinnegare il suo passato almeno nella sua cultura intellettuale, ciò non lo pone nell’impossibilità di svilupparsi ulteriormente, perché anche gli uomini dappoco sentono fino ad una certa età la tendenza e provano il desiderio di educare l’intelligenza, ritenendolo anzi necessario. E’ peccato però che la gente rifatta senta ben di rado i danni derivanti dal difetto di cultura. L’epoca nostra che mira al danaro e agli interessimateriali si curva davanti all’uomo danaroso assai più volentieri che non davanti allo scienziato e al dotto, se questi ha la disgrazia di essere povero e di non avere alcun titolo o grado. E’ certo che ben di rado si scorge nei figli di questa gente rifatta la loro origine, perché anche intellettualmente e moralmente si trasformano. L’esempio più eloquente dell’azione che esercitano le condizioni di vita e l’educazione sugli uomini, si trova nei nostri distretti industriali. Ivi lavoratori e imprenditori presentano anche esteriormente tale diversità, come se essi appartenessero a due diverse razze. Sebbene avvezzi a tale diversità, questa ci si presentò davanti agli occhi in modo quasi spaventoso in occasione di un’assemblea che abbiamo tenuto nell’inverno del 1877 in una città ove si esercita l’industria della lavorazione deiminerali. In una adunanza ove noi sostenemmo una disputa con un professore del partito liberale, entrambi i partiti erano così largamente rappresentati che la sala era troppo angusta per contenerne il numero; si urtavano e pigiavano l’uno vicino all'altro. La parte anteriore della sala era occupata dagli avversari, dalla figura, quasi senza eccezione, forte, robusta ed aitante, dal84 l’aspetto sano; nella parte posteriore della sala e nelle gallerie c’erano gli operai e i piccoli borghesi, per nove decimi tessitori, delle signore per la maggior parte piccole, mingherline, scarne, pallide, sul cui viso si leggeva il dolore e la miseria. Gli uni rappresentavano la virtù satolla e la morale che può pagare, gli altri erano le api laboriose e le bestie da tiro, del cui lavoro tanto si avvantaggiavano i primi da presentare un così florido aspetto, mentre questi erano affamati. Si pongano entrambi per una generazione nelle stesse condizioni favorevoli di esistenza, e l’antitesi scomparirà, e sarà certo cancellata nei discendenti. E’ inoltre evidente che, in generale, è più difficile di stabilire la posizione sociale delle donne dal loro aspetto esterno perché esse si adattano a nuove condizioni e assumono abitudini di vita più alte con maggior facilità. La loro attitudine all’adattamento è in questo senso più grande di quella dell’uomo, più disadatto in tutto. Devesi quindi riconoscere la grande importanza che, dal punto di vista delle leggi naturali, le condizioni sociali hanno sullo sviluppo dei singoli. Soltanto chi ha idee limitate o gli uomini di cattiva volontà possono disconoscere, che il miglioramento delle condizioni sociali e quindi delle condizioni fisiche, intellettuali e morali potranno far raggiungere, non solo agli uomini, ma anche alla donna quel grado di perfezione del quale non abbiamo oggi una idea completa. Non si può porre in dubbio ciò che alcune donne hanno fatto finora, perché queste donne eccellono sullamassa del loro sesso almeno altrettanto quanto i geni maschili eccellono sopra la massa dei loro simili. Nel governo degli Stati le donne, misurate in proporzione al loro numero e alla loro attività, con la norma stessa con cui oggi si è soliti di misurare i principi, han dato, in media, prova di maggiore talento degli uomini.Ricordiamo, ad esempio, Isabella eBianca di Castiglia, Elisabetta d’Ungheria, Elisabetta d’Inghilterra, Caterina di Russia, Maria Teresa, ecc. Del resto di più di qualche grand’uomo si sfronderebbe la gloria, se si sapesse sempre ciò che egli deve a se stesso, e ciò che deve agli altri. Il conte di Mirabeau viene presentato dagli storici tedeschi, per esempio, dal signor De Sybel, come uno dei più celebri oratori ed anche come il genio più grande della rivoluzione francese. E bbene, oggi la critica storica ha constatato che questo genio così potente pigliava in prestito le idee di quasi tutti i suoi discorsi e quelli dei più celebri senza eccezione, da alcuni letterati che in silenzio lavoravano per lui, e dei quali egli seppe profittare abilmente. D’altra parte, figure del mondo femminile come madama Roland, la signora di Stäel, George Sand, Lady Elliot, meritano la più alta ammirazione ed anzi più di qualche astro maschile impallidisce vicino ad esse. E’ pur noto ciò che hanno fatto certe donne come madri di uomini eminenti. Le donne insomma hanno operato intellettualmente tutto quello che era possibile, date le sfavorevolissime circostanze in cui esse vissero, e tanto basta per essere autorizzati a nutrire le migliori speranze per il loro ulteriore sviluppo. Ma, ammesso che le donne non siano in media capaci di sviluppo intellettuale al grado stesso degli uomini e non possano diventare né geni, né grandi filosofi, bastò forse questa circostanza alla maggioranza degli uomini, quando si accordò ad esse, almeno secondo la lettera della legge, la piena eguaglianza giuridica coi “geni” e coi “filosofi”? Gli stessi dotti che negano alla donna una maggior capacità, sono pure facilmente disposti a contrapporla all’operaio ed all’artigiano. Essi ridono ironicamente e si stringono nelle spalle quando la nobiltà fa appello al sangue bleu e alla razza; ma, rispetto all’uomo di bassa condizione, essi si considerano come una aristocrazia, la quale nulla deve, per ciò che essa è diventata, alle più favorevoli circostanze della vita, (ohibò! vi vedrebbe una umiliazione di se stessa), ma solo ed esclusivamente al proprio talento e alla propria intelligenza.Quelli stessi che, in un certo campo, appartengono ai più spregiudicati ed hanno una mediocre opinione di coloro che non la pensano liberamente come essi, in altro campo, là cioè dove si tratti degli interessi della loro casta e del loro ceto, del loro amor proprio e della loro vanità, professano idee e principi limitatissimi e oppongono una resistenza accanita sino al fanatismo. Così la classe più elevata del mondo mascolino pensa e giudica della classe più bassa dello stesso mondo, e quasi tutto il mondo mascolino poi della donna. Gli uomini, in generale, non vedono nelle donne nient’altro che un mezzo, uno strumento di piacere e di godimento; a considerarle come loro eguali si oppongono i loro pregiudizi. La donna deve essere sottomessa, modesta, limitarsi alle faccende domestiche, tutto il resto dev’essere lasciato all’uomo “re del creato”, come suo patrimonio. La donna deve porre ogni possibile freno alle sue idee e alle sue aspirazioni e starsene tranquilla ad aspettare ciò che la sua provvidenza terrena (il padre o ilmarito) deciderà di lei.Quanto più essa si mostra ligia a questi precetti, e tanto più virtuosa, ragionevole e costumata la si considera, anche se essa dovesse rovinarsi sotto il peso di sofferenze fisiche e morali, conseguenze della sua schiavitù. Ma se si parla della eguaglianza di tutti gli uomini, è una assurdità il volere escludere la metà del genere umano. La donna ha i diritti stessi dell’uomo, l’accidentalità della nascita nulla può mutare. Mettere fuori dal diritto la donna, perché nacque donna e non uomo – del che l’uomo ne ha tanto merito quanto la donna – è altrettanto iniquo, quanto il far dipendere il godimento dei diritti dalla professione di fede religiosa o politica, e altrettanto insensato quanto allorquando due uomini si considerano nemici, perché appartengono entrambi, per l’accidentalità della nascita, a razze o nazionalità diverse. Tali sentimenti sono indegni di un uomo libero, e il progresso dell’umanità consiste nel togliere al più presto possibile tutte le barriere. Verun’altra inuguaglianza è giustificata all’infuori di quella che la natura pose per base al raggiungimento dei suoi scopi naturali apparentemente eterogenei, ma sostanzialmente 85 omogenei. Ma nessun sesso oltrepasserà i limiti segnati dalla natura perché esso non farebbe con ciò che distruggere gli scopi stessi a cui da natura è chiamato. Verun sesso è autorizzato a imporre limitazioni all’altro, allo stesso modo che una classe non può imporle ad un’altra. Ma l’argomento principale di cui si valgono gli oppositori è questo: che la donna ha un cervello più piccolo dell’uomo; e di qui essi vogliono dedurre la sua eterna infermità intellettuale. Esaminiamo questa proposizione che pur muove da una premessa in sé giusta. Il volume del cervello e corrispondentemente il suo peso è in media più piccolo nelle donne che negli uomini. Secondo l’Huschke (103) la media capacità cranica dell’europeo è di 1446 centimetri cubici, quella della donna di 1226 cent. cub., una differenza di 220 centimetri cubici. In quanto a peso il prof. Bischoff stima il cervello dell’uomo superiore di 126 grammi a quello della donna. Il prof. Meinert calcola la proporzione di peso fra il cervello dell’uomo e quello della donna come da 100 a 90. Il peso del cervello però è assai vario nei diversi individui anche dello stesso sesso. Secondo il professore Reklam, il cervello del naturalistaAnier pesava 1861 grammi, quello di Byron 1807, quello delmatematico Dirichlet 1520, quello del celebre matematico Gauss solo 1492, quello del filosofo Hermann 1358 e quello del letterato Hausmann 1226. Ecco dunque delle differenze enormi nel peso del cervello di uomini eminenti. Il cervello di Hausmann era, in peso, pressoché eguale al peso medio del cervello femminile. Ciò intanto autorizza a constatare che è troppo avventato il far dipendere il grado della capacità intellettuale esclusivamente dal peso del cervello. Il numero delle ricerche fatte è ancor troppo esiguo per coonestare un giudizio definitivo. Bisogna poi, oltre che al peso medio del cervello in entrambi i sessi, aver riguardo anche al rispettivo organismo fisico, e allora è chiaro che, avuto riguardo alla grandezza media e al peso medio del corpo, il cervello della donna è in media più voluminoso di quello dell’uomo. Come il volume del corpo non decide della forza fisica, così il solo volume cerebrale non decide delle forze e attitudini intellettuali.Abbiamo animali piccolissimi (le formiche e le api), che vincono in intelligenza animali assai più voluminosi (per es. le pecore e le mucche), e anche noi vediamo tutti i giorni che uomini di imponente aspetto sono assai meno intelligenti di uomini dall’aspetto meschino e poco appariscente. Non è dunque dalla massa cerebrale soltanto che dipende la intelligenza, ma anche, e in parte più alta, dall’organizzazione del cervello, nonché dall’esercizio ed uso delle facoltà intellettuali. Il cervello, come ogni altro organo, se si vuole che sviluppi tutte le sue attitudini, dev’essere esercitato e alimentato; lasciatelo inerte, o date all’educazione un indirizzo sbagliato, e si vedrà che, in luogo di dare sviluppo ed impulso alle parti che rappresentano preferibilmente l’intelligenza, darà sviluppo a quelle in cui ha impero la fantasia. Si avrà quindi non solo un arresto di sviluppo, ma addirittura un rattrappimento. Un indirizzo è nutrito a spese dell’altro. Nessuno però, il quale conosca la storia dello sviluppo della donna, può contestare che molto si errò damigliaia d’anni nell’indirizzo dato alla donna, emolto ancora si erra. L’affermazione del prof. Bischoff che la donna ha potuto educare il cervello e l’intelligenza al pari dell’uomo, dimostra un grado di inaudita e fenomenale ignoranza intorno all’oggetto preso in esame. Come si spiega il fatto sorprendente che, presso i popoli di bassa cultura, per es. i negri e in quasi tutte le razze e tribù selvagge, il volume e il peso del cervello maschile e femminile sono molto più proporzionati che presso i popoli civili? Si spiega soltanto col riflesso che gli uomini dei popoli civili hanno educato maggiormente le loro funzioni cerebrali, mentre quelle della donna vennero arrestate. La narrazione storica esposta all'inizio del libro, riferentesi alla posizione della donna nel corso del nostro sviluppo sociale, ci fa comprendere perfettamente e chiaramente che l’impero dell’uomo sulla donna, conservato per migliaia di anni, determinò le differenze nello sviluppo fisico e intellettuale. I nostri dotti, i naturalisti dovrebbero pur comprendere senza difficoltà che la legge della loro scienza deve applicarsi anche alla vita e allo sviluppo della umanità. Le leggi della evoluzione, dell’eredità, dell’adattamento valgono così per gli uomini come per ogni altro essere naturale. Ora, se l’uomo non fa eccezione alla natura, anche la scienza dell’evoluzione dev’essere a lui applicata, per la quale ci sembra chiaro come luce meridiana ciò che altrimenti rimarrebbe oscuro e diverrebbe poi oggetto di misticismo scientifico o di scienza mistica. Alcuni sostengono che la differenza nella massa cerebrale sia diversa nei vari popoli civili; il dottor L. Büchner, per esempio. E così i tedeschi e gli olandesi avrebbero il cervello più grande, verrebbero poi gli inglesi, gli italiani, gli svedesi, i francesi. In questi ultimi i due sessi si avvicinano assai per ciò che concerne la massa cerebrale. Ma il Büchner non si pronuncia sul punto se debba dirsi perciò che in Francia le donne si sono sviluppate di più, avvicinandosimaggiormente agli uomini, o, al contrario, che gli uomini si sono sviluppatimeno, determinando quindi unamaggiore eguaglianza, poiché sarebbe possibile una cosa e l’altra. Ma se si considera lo stato della cultura in Francia, si è indotti ad accogliere la prima ipotesi. La costituzione cerebrale nei due sessi si è sviluppata e formata in corrispondenza all’educazione ricevuta, se è lecito adoperare tale parola per il passato, o non è più giusta e corretta l’espressione di “nutrimento”. I fisiologi sono d’accordo nel dire che la sede propria dell’intelligenza, dove questa si forma e completa, è nella parte anteriore del cervello, sopra gli occhi, posta immediatamente dietro la parte anteriore (103) Dott. L. Büchner: La donna, la sua posizione naturale e la sua missione sociale. – Società Nuova. – Annuario, 1879-1880. Nota di A. Bebel. 86 del cranio. Le parti del cervello che si riferiscono preferibilmente alla vita del sentimento e dello spirito hanno sede nella metà della testa. La differenza della forma del cranio fra uomini e donne corrisponde alla diversità degli esseri; nell’uomo è più sviluppata la parte anteriore, nella donna la parte mediana della testa. Ciò è ammesso come esatto anche dalManouvrier, del quale avremo ancora occasione di parlare. Anche il concetto della bellezza per l’uomo e per la donna si è sviluppato da questa conformazione del cranio formatasi dal rapporto di padronanza e di soggezione. Secondo il concetto greco della bellezza, il quale serve anche oggi di regola e di tipo, la donna deve aver la fronte stretta e bassa, l’uomo invece la fronte alta e spaziosa. E questo ideale della bellezza, che le abbassa ed umilia, è così radicato nelle nostre donne, che esse cercano col soccorso dell’arte di far apparire più bassa la fronte, acconciando opportunamente i capelli, se questa ha una altezza superiore alla misura media. La disputa intorno alla questione se la donna possa essere intellettualmente eguale all’uomo, o venga sempre dopo di lui per effetto della minore massa cerebrale, venne fatta anche nei numeri 39 e 40 dell’annuario 1889 Il Socialista democratico, allora pubblicato a Londra. L’inglese signor Belfort-Bax attaccò in una serie di articoli del citato giornale sotto il titolo: “La deificazione della donna”, il nostro principio, affermando che il cervello della donna esclude già che essa possa svilupparsi come l’uomo. Gli rispose una signora, Sofia Nadeyde, con una dimostrazione scientifica dei suoi principii, con richiami all’autorità dei dotti, ribattendo trionfalmente le obbiezioni diBax. Essa addusse una serie di fatti e di giudizi che giustificano la importanza della questione. Broca, noto fisiologo parigino, ha misurato la capacità cubica di 115 crani dell’XI e XII secolo trovandola, in media, di 1426 centimetri cubici. La misura di 125 crani del secolo XVIII, diede una capacità di 1462 cent. cub. Di qui la conseguenza che i cervelli sarebbero notevolmente aumentati nel corso di pochi secoli. Ma la misura di 125 crani appartenenti all’epoca della pietra diede per risultato, secondo Broca, che la capacità media del cranio maschile raggiunse 1606 cent. cub.; quella del cranio femminile cent. cub. 1581; una capacità dunque maggiore di quella dei crani dell’XI, XII, XVIII secolo. La signora Nadeyde, quindi, conchiude che ha ragione lo Spencer, quando dice nella sua Psicologia, che il peso del cervello dipende dalla quantità dimovimento e dalla varietà di movimento. Ma l’autrice obbietta ancora più energicamente che non è tanto questione dimassa cerebrale, quanto della proporzione in cui il peso del cervello sta col peso del corpo in entrambi i sessi, e da questo punto di vista è manifesto quanto noi abbiamo già detto più sopra, che il cervello della donna è più pesante di quello dell’uomo. La signora Nadeyde adduce poi un’altra prova: “Confrontiamo il peso medio dei corpi e prendiamo come differenza tra l’uomo e la donna otto chilogrammi soltanto, sebbene parecchi naturalisti, fra i quali anche Gay, citato da Delaunay, determinino la differenza in 11 chilogrammi. Secondo il peso medio di 9157 soldati americani: 64,4 chilogrammi; (peso medio del corpo maschile): 56 chilogrammi: (peso medio del corpo della donna); 1,141 ovvero 1,14; e cioè, posto 100 il peso medio della donna, quello dell’uomo è rappresentato da 114. Giusta il peso medio di 12.740 bavaresi: chilogrammi 65,5; (peso medio del corpo dell’uomo): 57,5; (peso medio del corpo della donna): = 1,139 ovvero 1,14; rappresentando quindi con 100 il peso medio della donna, quello dell’uomo è rappresentato da 114. Peso medio di 617 inglesi, 68,8 (peso medio del corpo del maschio): 60,8 (peso medio del corpo della donna) = 1,131 ovvero 1,13; ritenuto quindi che il peso medio della donna sia rappresentato da 100, quello dell’uomo sarebbe rappresentato da 113 (104). E' quindi manifesto che le donne, a parità di condizioni, hanno una eccedenza nella massa cerebrale di 1, 2, 3, o 4 per 100. Dato cioè, che la massa cerebrale della donna sia eguale a 100 grammi, quella dell’uomo dovrebbe essere di 113 o 114; in realtà non è che di 110 a 112 grammi. Il fatto potrebbe esprimersi ancor più plasticamente dicendo: che al cervello dell’uomo mancano, giusta il calcolo fatto, da 25 fino a 51 grammi di massa cerebrale (105). Il Manouvrier ne porge una prova anche maggiore dicendo: “La influenza del peso del corpo sul peso del cervello balza subito all’occhio pigliando in esame i numeri nella specie dei vertebrati.Questa influenza è altrettantomanifesta negli uomini ed è veramente strano che molti naturalisti non l’abbiano ancora riconosciuta, sebbene questa verità sia stata illustrata e compresa da altri. “V’è una infinità di fatti che concorrono a dimostrare l’influenza della statura sul peso del cervello. Il peso medio del cervello delle razze umane meno incivilite, ma di alta statura, non solo supera quello degli europei, ma anche il numero dei cervelli voluminosi è più grande presso queste razze che nelle nostre. “Non si deve pensare che l’intelligenza d’una razza umana si determini dal numero dei cervelli voluminosi, perchè i Patagoni, gli abitanti della Polinesia e gli Indiani del nordAmerica superano di gran lunga i nostri parigini e tutte le razze europee, non solo nel numero dei cervelli voluminosi, ma anche nella maggiore capacità cranica. “L’influenza della statura sul volume del cervello è confermata dal fatto, che le piccole capacità craniche si incontrano nelle razze di bassa statura, come i Boscimani, gliAndamani e gli Indiani Paria. Tutti i naturalisti che trattarono davvero scientificamente la questione del cervello, andarono assai cauti nel pronunciarsi sulla differenza che presentano i due sessi, mentre altri scrittori la trattarono, specialmente negli ultimi anni, con tanta leggerezza da comprometterla di (104) I dati relativi al peso del corpo sono desunti dalla antropologia di Taupinard. Nota di A. Bebel. (105)Accettando per vera la differenza fra il peso dell’uomo e quello della donna esposta da un autore accreditato, il Delaunay, in 11 chilogrammi, avremmo da 35 a 70 grammi. Nota di A. Bebel. 87 fronte al pubblico. Se differenza vi è fra l’intelligenza dell’uomo e quella della donna, deve essere in ogni modo una differenza assai lieve, poiché uno psicologo come Stuart-Mill ha dichiarato di non averla trovata. La statura, la forza muscolare, il volume del corpo, presentano grandissime differenze, ed è per ciò che le donne si sono chiamate il sesso debole; e scrittori che non riuscivano a riconoscere tali differenze si arrogarono il diritto di stabilire una differenza psicologica, e cioè di risolvere un problema molto più difficile e complesso alzando la voce per cantare le lodi del proprio sesso! “Perciò la differenza del peso del cervello e della capacità cranica, considerata scientificamente non può essere ritenuta come svantaggiosa alla donna, perché tutto prova che questa differenza dipende dal peso del corpo, e non vi è alcuna ragione anatomica per ritenere che la donna sia rimasta più indietro dell’uomo e sia a questo intellettualmente inferiore. E lo proverò subito. “La proporzione fra il peso del cervello e la statura è più piccola nel sesso femminile che nel maschile (106);ma ciò si spiega facilmente: la statura non esprime lo sviluppo, o, per dir meglio, il peso del corpo non esprime abbastanza il grado d’intelligenza. “Ma se paragoniamo la proporzione del peso del cervello, allora troviamo che le donne hanno più cervello degli uomini, così durante la fanciullezza come, specialmente, durante la vita. La differenza non è grande, ma sarebbe ancora più notevole se non avessimo tenuto conto, nel peso del corpo, dell’adipe che si trova in maggior quantità nelle donne e che non ha alcuna influenza sul peso del cervello perché massa inerte”. Più tardi e cioè nel 1883, il Manouvrier pubblicò nel numero 7 della “Rivista scientifica” i seguenti risultati delle sue ricerche: “Calcolando 100 il peso del cervello dell’uomo, delle ossa del femore, del cranio e dellamascella inferiore, troviamo essere: il peso del cervello della donna 88,9 il peso del cranio della donna 85,8 il peso della mascella inferiore della donna 78,7 il peso delle ossa del femore della donna 62,5 “Inoltre è un fatto provato che il peso dello scheletro (senza il cranio) cambia come quello delle ossa del femore; per cui è possibile riscontrare il peso del cervello con quello di queste ossa. Il risultato delle cifre suesposte è questo: che le donne hanno, relativamente, una massa cerebrale che supera quella dell’uomo del 26,4 per 100. “Esprimiamo ancora un po' più plasticamente le cifre citate. “Se la massa cerebrale dell’uomo è uguale a 100 grammi, quella della donna dovrebbe essere non di 100, ma soltanto di grammi 62,5; in quella vece la massa cerebrale della donna è di grammi 88,9, e quindi una eccedenza di grammi 26,4. Ritenendo pertanto che il peso medio del cervello dell’uomo sia di grammi 1410 (secondo ilWagner), il peso del cervello della donna dovrebbe essere di grammi 961,25, in luogo di 1262; e perciò la donna ha una massa cerebrale che supera di grammi 301,75 il peso che sarebbe voluto dalla proporzione. Accettando i dati dell’Huschke, si troverebbe una eccedenza di grammi 372, e finalmente, di grammi 383 secondo le cifre del Broca. Perciò, a parità di condizioni, le donne hanno una eccedenza cerebrale che supera di tre e quattrocento grammi quella dell’uomo”. Non è dunque vero affatto, che le donne siano inferiori all’uomo per effetto della loro costituzione cerebrale, e non si deve quindi meravigliarsi che le donne siano intellettualmente quello che sono. CertamenteDarwin ha ragione quando afferma che, di fronte ad una serie di uomini più eccellenti nella poesia, nella pittura, nella scultura, nellamusica, nella scienza e nella filosofia, non può reggere al paragone una serie di donne altrettanto chiare ed illustri nelle stesse materie. Quale meraviglia? Si dovrebbe meravigliarsi, al contrario, se così non fosse. E’ giusta pertanto l’osservazione del dottor Dodel- Port (107) in risposta all’oggetto, che cioè sarebbe ben altrimenti se uomini e donne egualmente educati si ammaestrassero per una serie di generazioni nell’esercizio di quelle arti e discipline. La donna, in generale, anche fisicamente è più debole dell’uomo, il che non si verifica presso molti popoli selvaggi, nei quali, anzi, si nota talvolta tutto il contrario. Ma una prova dell'efficacia dell’esercizio e dell'educazione sulla forza muscolare anche della donna, è fornita dalle saltatrici dei circhi equestri, le quali non solo gareggiano con qualsiasi uomo in coraggio, in ardimento, in agilità e in forza fisica, ma spesso fanno miracoli e destano lo stupore del pubblico. E poiché tutto ciò è l’effetto delle condizioni di vita e della educazione, o per esprimerlo con una parola dura, attinta dalle scienze naturali, “della razza” e l’applicazione sapiente delle leggi naturali al regno vegetale ed animale si compie in modo sorprendente, non v’ha dubbio che l'applicazione di queste leggi anche alla vita fisica ed intellettuale dell’uomo condurrebbe a risultati ben diversi, se l’uomo scientemente le violasse. Le premesse dimostrano quale stretto ed intimo legame vi sia fra le moderne scienze naturali, tutta la nostra vita sociale e il suo sviluppo. La savia applicazione delle leggi naturali allo sviluppo della società umana può spiegarci la nostra situazione, né si riuscirebbe altrimenti a scoprirne l’origine e la causa. E risalendo alle cause, troviamo che dominio e potere, carattere e qualità così dei singoli come delle classi e dei popoli, dipendono principalmente dalle condizioni materiali della vita e quindi dall’ambiente sociale (106) Quatrefages trovò che questa proporzione è un pò più grande nella donna che nell’uomo. Thurnam trovò il contrario, come L. Manouvrier. Nota di A. Bebel. (107) La nuova storia della creazione. Nota di A. Bebel. (108) E’ una scoperta che CarloMarx fece per primo, confermata classicamente nelle sue opere, e specialmente nel «Ca88 ed economico in mezzo al quale essi vivono (108), e sentono l’influenza del suolo, della sua fertilità e del clima. Se le infelici condizioni di esistenza – e cioè la imperfezione dello stato sociale – sono la causa del manchevole sviluppo individuale, ne segue necessariamente, che migliorando queste condizioni, anche gli uomini miglioreranno. Conchiudendo: L’applicazione delle leggi naturali, sotto il nome di darwinismo, alla vita umana concorre a formare altri uomini alla stessa guisa che al socialismo soltanto si dovrà il formarsi di un nuovo ordine di cose, secondo la dottrina di Carlo Marx. Non varrà né il ricalcitrare né la riluttanza – “se non si va innanzi spontaneamente, farò uso della forza” – intendo dire la forza della ragione. La legge darwiniana della lotta per la vita, per la quale l’essere più forte e più perfetto opprime e distrugge il più debole, nei riguardi della umanità si risolve in questo che, alla fine, gli uomini come esseri pensanti e senzienti mutano, migliorano e perfezionano continuamente le loro condizioni sociali e tutto ciò che a queste è annesso; per modo che, alla fine, tutti gli esseri umani si troveranno nelle stesse favorevoli condizioni di esistenza. L’umanità creerà a poco a poco a se stessa condizioni, detterà leggi e provvedimenti economici tali che renderanno possibile al singolo di sviluppare le proprie attitudini e disposizioni naturali a vantaggio proprio e della comunità, ma lo renderanno impotente a danneggiare altri o tutti, perché il danno dei terzi sarebbe pur danno suo. Questa condizione avrà tale efficacia sull’intelligenza e sul sentimento, che l’idea di dominare sugli altri non germoglierà più nel cervello di alcuno. Perciò il darwinismo è, come qualsiasi altra scienza esatta, una dottrina eminentemente democratica (109), e se i suoi difensori non lo vogliono riconoscere e sostengono anzi il contrario, bisogna dire che non sanno misurare la portata della loro scienza. Gli avversari, specialmente il clero che ha sempre l’odorato fine, quando si tratta di vantaggi terreni o del pericolo che liminaccia, hannomisurata per bene l'importanza e il significato di questa scienza denunziando il darwinismo come una dottrina infetta di socialismo e di ateismo. E il professoreWirchow andò d’accordo con quelli che in altro campo sono suoi nemici, quando nel congresso dei naturalisti tenutosi nel 1877 aMonaco, apostrofò il professor Häckel dicendo: “che la dottrina darwiniana mena al socialismo”.Wirchow tentò di screditare il darwinismo perché Häckel domandava che la dottrina evoluzionista fosse compresa fra le materie di insegnamento. Ora si pensi che, se è vero che la teoria darwinistica conduce al socialismo, come afferma il Wirchow, ciò non prova nulla contro la teoria, ma è anzi un argomento, se mai, favorevole solo al socialismo. La scienza non si cura di sapere se le sue conseguenze sono tali da condurre a questa o a quella forma di organizzazione politica, come non va ad indagare se son tali da determinare questa o quella condizione sociale. La scienza deve esaminare soltanto se i suoi principi sono esatti, e, quando tali essi siano, devono accettarsi con tutte le loro conseguenze. Chi agisce altrimenti, o per vantaggio personale o per godere la protezione, i favori dei potenti, o per interesse di classe o di partito, agisce indegnamente e non fa onore alla scienza. La scienza regolamentata, che è la scienza che si insegna nelle nostre università, solo in rarissimi casi può pretendere alla indipendenza e al carattere. La paura di perdere lo stipendio o la protezione dei potenti e il timore di dover rinunziare a titoli, ad ordini cavallereschi o alla promozione, fa sì che i rappresentanti della scienza si pieghino ed abbassino sino a nascondere i propri convincimenti o, peggio, fino a dire pubblicamente tutto il contrario di ciò che pensano. Se un Dubois Reymond nel 1870, in occasione di una solennità nell’Ateneo berlinese, esclamò: “le Università sono gli istituti di educazione per la intellettuale guardia del corpo degliHohenzollern”, si può giudicare che cosa pensino dello scopo della scienza gli altri che, per sapere e per autorità, stanno molto al disotto del Dubois-Reymond (110). Si avvilisce la scienza col renderla schiava del potere. Noi comprendiamo che il professor Häckel e i suoi fautori, quali il professore Schmidt, il signor di Hellwald ed altri, si difendano energicamente contro l’accusa che il darwinismo sia un’arma ed un pretesto nelle mani dei socialisti, e dal canto loro sostengano: che è vero anzitutto il contrario, perché la dottrina darwinistica è aristocratica, insegnando essa che nella natura il più forte e il più perfetto schiaccia il più debole. E siccome le classi abbienti ed educate rappresentano nella società questi esseri più vigorosi e meglio organizzati, è giustificato il loro predominio, perché ciò è necessario per legge di natura. La erroneità di questa conclusione è evidente. Ritenuto che questo sia il convincimento dei sopra citati, è chiaro che essi applicano soltanto meccanicamente le dottrine loro all’umanità. Siccome la lotta per la vita si combatte nel mondo animale e vegetale inconsciamente, e cioè nell’ignoranza delle leggi che regolano la vita di questi mondi, così costoro credono che altrettanto debba valere per l’umanità. Fortunatamente però, questa arriva a conoscere le leggi che regolano il suo sviluppo e non le rimane pertanto che il compito di applicare tale conoscenza ai suoi istituti politici, sociali e religiosi, e di trasformarli. Quindi fra l’uomo e il bruto vi ha questa differenza, che l’uomo può ben dirsi un animale pensante, mentre l’animale non è un uomo pensante. pitale». – Il manifesto comunistico del febbraio 1848 redatto da C. Marx e da F. Engels si svolge su questo concetto fondamentale, e può considerarsi anche oggi come il lavoro più atto a tener viva l’agitazione. Nota diA. Bebel. (109) L’atrio della scienza è il tempio della democrazia, Buckle: Storia della civiltà in Inghilterra, volume secondo, parte seconda, IV ediz. Trad. di A. Runge. Nota di A. Bebel. (110) Il signor Dubois-Reymond ha ripetuto la frase sopra citata, riferendosi agli attacchi dei quali fu bersaglio nel febbraio del 1883 in occasione del giorno natalizio di Federico il Grande. Nota di A. Bebel. 89 Amolti darwiniani pur dotti ciò è sfuggito; di qui il circolo vizioso in cui essi si aggirano. Il professore Häckel e i suoi fautori negano pure che il darwinismo conduca all’ateismo, e dopo di aver messo alla porta con prove scientifiche d’ognimaniera il Creatore, tentano con ogni sforzo di farlo passare di contrabbando dalla finestra. A questo scopo si crea una specie singolare di “religione” che si chiama “alta moralità”, “principii morali”, ecc. Il professor Häckel, nel congresso dei naturalisti inauguratosi in Eisenach nel 1882, alla presenza della famiglia del duca diWeimar, non solo cercò di salvare la religione, ma di far passare il suo maestro Darwin come un uomo pio. Il tentativo fallì, come può constatare chiunque, il quale abbia letto quella relazione e la lettera del Darwin ivi citata. Questa lettera affermava tutto il contrario di quello che essa doveva dire secondo il professor Häckel, certamente con espressioni prudenti e circospette, perché Darwin aveva riguardo alla “Pietà” dei suoi connazionali, gli inglesi, e perciò non s’arrischiava mai di esprimere pubblicamente l’opinione sua sulla religione. Darwin aveva detto privatamente al dottor Büchner, come si seppe poco dopo il congresso di Weimar, che egli non era più credente da quando raggiunse il quarantesimo anno di età, – e quindi fino dal 1849, – perché non aveva scoperta alcuna prova per la fede. Darwin poi, negli ultimi anni della sua vita, fondò a New-York un giornale ateistico. Insieme col professore Wirchow, si scaglia contro Darwin e il darwinismo anche il dottor Dühring in modo assai violento. Per riuscirvi, costui si foggia un darwinismo alla suamaniera, per combatterlo con armi prese in parte a prestito dal darwinismo stesso. Se si può spiegare con l’applicazione sapiente delle leggi naturali l’origine e la causa delle trasformazioni dei generi e anche delle specie nelmondo animale e vegetale – trasformazioni che si manifestano in modo evidentissimo – queste riusciranno alla fine – una volta che si applichino le leggi dell’evoluzione alla educazione dell’uomo – riusciranno, ripetesi, a fissare e determinare alcune qualità fisiche e morali che gli renderanno possibile l’armonico sviluppo. * * * Le donne, in virtù della tendenza naturale al perfezionamento, tendenza in loro vivissima, devono lottare con l’uomo anche sul campo dell’intelligenza, e non devono aspettare, finché piaccia agli uomini, di sviluppare le loro funzioni cerebrali. Questa tendenza è già notevole. Qua e là le donne hanno rimossi molti ostacoli e corrono all’arringo intellettuale; in alcuni paesi con singolare successo, e specialmente nell’America settentrionale e nella Russia, due paesi che, per la loro organizzazione politica ed anche per le loro condizioni sociali, sono agli antipodi. Così nell’America settentrionale come nella Russia, vi sono molte donne che professano la medicina, parecchie delle quali godono gran fama ed acquistarono grande clientela (111). Non v’ha dubbio che la donna, della quale ti mettono ovunque in rilievo le attitudini di infermiera, abbia anche una particolare attitudine allamedicina. Inoltre, per le nostre donne, sarebbe un grande beneficio quello di farsi curare da medichesse, perché il fatto che esse devono chiamare gli uomini in caso dimalattia ed in tutti i disturbi fisici che si collegano alla generazione costituisce spesso un ostacolo a che i soccorsi dell’arte medica arrivino in tempo. Di qui una infinità di dispiaceri non solo per le donne, ma anche per gli uomini. Non v’è medico il quale non deplori questo riguardo, alle volte colpevole, nelle donne, e la loro ripugnanza a confessare francamente il loro male. Ciò si comprende, solamente è illogico che gli uomini e perfino i medici non vogliano riconoscere che lo studio della medicina è adatto alla donna. Il quale studio sarebbe utile anche per ciò che, specialmente nelle campagne, si sente il bisogno di medici, mentre la nostra gioventù borghese, rifuggente dalle serie applicazioni, non si dedica con troppo entusiasmo all’esercizio dell’arte salutare. Dato il poco zelo di questa gioventù nell’apprendere – poco zelo che fu dimostrato dai risultati degli esami – la concorrenza femminile sarebbe molto benefica. Gli Stati Uniti porgono a questo proposito parecchi esempi. Ivi prosperano, con grande orrore dei nostri conservatori, dotti e indotti di entrambi i sessi, delle università ove si perfezionano maschi e femmine in gran numero. Ed eccone i risultati. Il signorWhite, rettore dell’università di Michigan, riferisce: “Il migliore fra mille e trecento studenti nella lingua greca, è da molti anni una ragazza; il migliore fra gli studenti di matematica in una delle classi più numerose del nostro istituto, è egualmente una ragazza, e parecchi, fra i migliori studenti di scienze naturali e di tutte le altre scienze, sono pure delle altre ragazze”. Il dottor Fairshild, rettore del collegio di Oberlin nell’Ohio, ove studiano più dimille scolari d’entrambi i sessi, dice: “Durante la mia pratica di otto anni quale professore di lingue antiche – latino, greco, ebraico – e nelle discipline filosofiche, nonchédurante undici anni d’insegnamento delle matematiche pure ed applicate, io non ho notata alcun’altra differenza fra i due sessi, senonché nel modo di comportarsi”. Il signor EdoardoH. Machill, preside del collegio di Swarthmore nella contea di Delaware, autore del lavoro che ci fornisce questi dati, dice che, dopo una esperienza di quattro anni, egli è venuto a questo risultato: che l’educazione in comune di ambo i sessi ha prodotto i migliori risultati nei riguardi morali. Ciò va ricordato a coloro i quali sostengono un pericolo per la moralità in tale (111) Medichesse ed operatrici di gran fama vi erano già nel nono e nel decimo secolo inArabia, ed anche nella Spagna sotto il dominio degli Arabi, dove esse studiavano nella Università di Cordova. A quel tempo la donna era nell’impero Arabo-Maomettano assai più libera di quello che sia oggi in Oriente, il che è dovuto a Maometto, il quale introdusse dei sostanziali miglioramenti nella sua condizione sociale. Però l’influenza asiatica, persiana e turca ha pregiudicato ed avvilito più tardi la posizione della donna in Oriente. Nella storia della civiltà in Oriente del Kremer, si possono leggere, a questo proposito, delle interessanti comunicazioni.Anche a Bologna ed a Palermo nel XII secolo vi erano donne che studiavano medicina. Nota diA. Bebel. 90 educazione. Prima però che la ragione si faccia strada in Germania, bisognerà tagliare ancora molte code. Negli Stati Uniti alle donne è offerta occasione di distinguersi nei campi più svariati della scienza e, fra gli altri, specialmente anche in quello delle scoperte. Per esempio, i giornali dell’America settentrionale pubblicarono un elenco di inventrici, che non è per nulla completo, dal quale elenco appare che gli oggetti seguenti furono inventati e notevolmentemigliorati da donne: un filatoio; un telaio rotatore, che fa un servizio tre volte maggiore di un telaio ordinario; uno strumento per sciogliere le catenelle; un manubrio per le viti, a vapore; un apparato di salvataggio per gli incendi; un altro per pesare la lana, macchina questa delle più sensibili e che è di un valore inapprezzabile nell’industria della lana; un serbatoio d’acqua portatile per spegnere gli incendi; un sistema per applicare il petrolio in luogo della legna e del carbone come combustibile nellemacchine a vapore; unamolla perfezionata da locomotiva; un segnale per gli scambi delle strade ferrate; un sistema per riscaldamento dei vagoni, senza fuoco; un feltro lubrificatore per scemare l’attrito (nelle strade ferrate); una macchina da scrivere; un razzo segnalatore per la marina; un telescopio per esaminare le profondità marine; uno strumento destinato a consumare il fumo; una macchina per piegare la carta, sacchi, e parecchie altre invenzioni non meno notevoli, utili e ingegnose. Dei perfezionamenti vennero introdotti, segnatamente nelle macchine da cucire, per esempio un ripiego per cucire le vele e panni grossolani; un apparecchio per infilare l’ago mentre la macchina è in moto; un perfezionamento delle macchine da cucire le pelli, ecc. Quest’ultima scoperta venne fatta da una signora che conduce da molti anni una selleria a Nuova-York. Il telescopio marino, inventato dalla signora Mather e perfezionato da sua figlia, è una invenzione della massima importanza, perché rende possibile di esaminare la chiglia delle grandi navi, senza bisogno di metterle all’asciutto. Mediante un tubo si può da bordo esaminare la chiglia immersa, segnalare gli ostacoli che impediscono la rotta della nave, la presenza delle torpedini, ecc. Oltre a questi vantaggi pratici, l’applicazione della donna anche alla scienza fa presagire notevoli progressi. Fra le macchine, che menarono gran rumore così in America come in Europa per la straordinaria complessità dei loro congegni e per la loro costruzione geniale, ne va ricordata una per la fabbricazione dei sacchi di carta. Molti, e fra questi anche dei meccanici distinti, tentarono indarno fino ad ora di costruirla, ed è una donna, miss Maggie Knight, che la inventò; e fu parimenti questa signora che ne costruì una simile per piegare i sacchi, e che diresse i lavori d’impianto ad Amherst nel Massachusetts. Le donne tedesche non fecero nulla di simile fino ad ora, perché? Perché si cerca, quanto è più possibile, di tenerle in una condizione di tutela, anzi, l’indirizzo degli studi dato alle donne è tale che si crede cosa sconveniente accoglierle nelle cliniche mediche e nelle sale di chirurgia, come in quelle dei parti, insieme agli studenti. Gli uomini non trovano scandaloso di fare studi e ricerche sulle malattie delle donne, anche in presenza delle infermiere e di altre malate, e non vi è quindi ragione al mondo perché altrettanto non si lasci fare alle studentesse. Il maestro poi può, col suo modo di insegnamento, influire sul contegno degli uditori e delle uditrici. Vi sono anche delle donne animate da grande serietà di propositi e d’altrettanta forza di volontà, le quali, negli studi cui si applicano, superano la maggior parte degli uomini, come è confermato dalla testimonianza di parecchi insegnanti, i quali istruirono insieme uomini e donne. Lo zelo delle studentesse supera generalmente quello degli studenti. Finalmente anche le medichesse, una volta istruite – se si vuol assolutamente ritenere necessaria la separazione, punto naturale, dei sessi – potrebbero, lo si ripete, far da maestre alle loro compagne. Ma, a dire il vero, sono ben altri i motivi addotti dai professori di medicina, e particolarmente dai professori delle Università, per osteggiare le studentesse. Essi credono con ciò di avvilire la scienza, la quale potrebbe scapitare agli occhi della moltitudine indotta, se si dimostrasse che anche cervelli femminili possono comprendere una scienza che a tutt’oggi era schiusa soltanto agli eletti del sesso maschile. L’organismo della nostra Università è difettoso e manchevole non meno di tutta la nostra coltura, checché si dica in contrario. Come nelle scuole popolari è rubato al fanciullo il tempo più prezioso, per rompergli la testa con cose che non sono in accordo né colla ragione né colla scienza; come viene caricato di una zavorra, che nella vita non può impiegare, e che anzi gli arresta il più delle volte il progresso e lo sviluppo, così avviene anche nelle nostre scuole superiori. Negli istituti preparatori, la mente degli scolari viene ingombrata di aride ed inutili nozioni e di imparaticci che assorbono la maggior parte del loro tempo e della loro energia intellettuale; e così può dirsi nelle Università. Poco di buono e di utile viene loro insegnato in paragone del superfluo e dell’antiquato. Le lezioni sono sempre quelle stesse che si leggono nei vecchi quaderni di collegio; sicché l’alto ufficio dell’insegnamento diviene per molti quasi un mestiere e gli scolari non hanno bisogno di molta perspicacia per accorgersene. L’idea formatasi della vita universitaria fa sì che i giovani non prendano troppo sul serio gli studi e chi vuol prenderli sul serio trova ragione di scoraggiarsi nella pedanteria disgustosa dell’insegnamento dei professori. La decadenza degli studi è un fatto universalmente osservato nelle nostre Università e nelle scuole superiori, ed è tale da porgere argomento di riflessione anche alle persone di idee moderate. In stretto rapporto con ciò sta la razza dei gingillini che fa i più grandi progressi nel nostro secolo privo di caratteri, e penetra sempre più nelle nostre scuole superiori. Il buon animo fa le veci della scienza; essere “patriota”, vale a dire un uomo che non ha opinioni sue, ma si rivolge sollecito all’alto e si studia di scoprire ove spira il vento per prosternarsi davanti a qualche nume, è 91 tenuto in maggior pregio di un uomo di carattere, di un pensatore e di uno scienziato. Quando poi arriva il tempo degli esami, in un paio di mesi si impara affrettatamente ciò che è strettamente necessario per cavarsela. Una volta poi superato l’esame felicemente, entrati in un impiego od abbracciata una professione, il maggior numero di questi studenti continua a lavorare meccanicamente, quasi per mestiere, ma se ne hanno a male e si offendono se chi non ha frequentato le scuole superiori non li saluta col massimo rispetto e non li considera e tratta come specie umana diversa e più nobile della sua. Tutti, o quasi, i nostri così detti alti impiegati, procuratori del re, giudici, medici, professori, artisti, ecc. non sono che altrettanti manuali che non sentono alcun bisogno di studiare, paghi soltanto di pascersi alla greppia. Soltanto chi ha delle aspirazioni scopre più tardi quante cose inutili ha imparato e quante non ne ha imparate che erano necessarie, ed incomincia per la prima volta ad imparare davvero. Negli anni più belli della vita gli insegnarono molte cose inutili e dannose, ed ha bisogno di un secondo periodo per eliminarle e salire fino all’altezza delle idee del tempo; allora soltanto egli può diventare un membro utile della società. Molti non varcano il primo stadio, altri si arrestano al secondo, pochi soltanto hanno l’energia di raggiungere il terzo. Senonché il decoro esige che le anticaglie e gli inutili imparaticci restino, e poiché le donne, perché tali, sono escluse dalle scuole e dagli istituti preparatori, così tale circostanza serve di comodo pretesto per chiudere ad esse le porte delle Università. Nel 1870 uno dei più illustri professori di medicina di Lipsia fece francamente ad una signora questa confessione: “la istruzione classica non è punto necessaria per comprendere la medicina, ma si deve farne una condizione dell’ammissione agli studi della medesima, perché non ne soffra la dignità della scienza”. In Germania l'opposizione contro la necessità degli studi classici per intraprendere quelli della medicina, va a poco a poco facendosi notevole. I prodigiosi progressi delle scienze naturali richiedono che si consacri ad essi lo studio fino dall’età giovanile, ma il metodo della istruzione ginnasiale colla sua preferenza data alle lingue classiche, – greco e latino – costituisce un tale ostacolo che gli studenti arrivano all’università senza conoscere nemmeno quegli elementi delle scienze naturali che, per alcuni rami di studio come, per esempio, la medicina, sono di una importanza capitale. Contro questo sistema unilaterale di insegnamento comincia finalmente a sollevarsi opposizione anche fra i professori, come è dimostrato da una dichiarazione pubblicata da quattrocento maestri delle scuole superiori germaniche nell’autunno del 1890. All’estero, nella Svizzera per esempio, si è già data una importanza capitale allo studio delle scienze naturali e si è permesso a chiunque, sebbene non fornito della così detta istruzione classica, l’accesso agli studi della medicina, purché dia prova di conoscere le nozioni elementari necessarie delle scienze naturali e delle matematiche; ed altrettanto avviene nella Russia e negli Stati Uniti. Il prof. Bischoff di Monaco, per non raccomandare alle donne lo studio della medicina, adduce questo motivo: La rozzezza degli studenti. Questo professore in altro punto – caratteristico anche questo – del suo lavoro, così si esprime su questo argomento: “Perché non si dovrebbe permettere (come professore) ad una donnina interessante, intelligente e graziosa di farsi dare una lezione sopra qualche disciplina non insidiosa?” Un’idea che il signor de Sybel condivide ed esprime così: “Pochi uomini furono in grado di negare l’aiuto e la cooperazione loro ad una scolara zelante ed amabile”. Guai a chi volesse contraddire tali “ragioni” e idee. Verrà tempo in cui non ci si darà pensiero né della rozzezza degli “studenti” né dello spirito reazionario e del sentimentalismo dei maestri; ma si farà quello che richiedono la ragione e la giustizia. I pregiudizi tradizionali, di cui sono malate l’Europa e particolarmente laGermania, dominano assaimeno nell’America del Nord. Qui molte donne esercitano la medicina, insegnano, rendono giustizia, entrano negli istituti per gli studi superiori, occupano posti importantissimi negli uffici comunali e governativi, e rappresentano, nel ramo dell'istruzione, il nerbo dell’esercito degli insegnanti. Il numero delle medichesse supera negli Stati Uniti le 2000, fra le quali, quasi un centinaio, sono professori. Nello Stato di Iowa, pochi anni or sono, vi erano già 125 medichesse, e cinque avvocatesse. In complesso, nelle scuole superiori dell’America settentrionale, il numero delle studentesse supera le 18 mila. Oltre che negli StatiUniti, la carriera degli studi è aperta alle donne in Inghilterra, in Francia, in Italia, nella Spagna, nella Svezia e Norvegia. A Londra, a New-York, a Filadelfia ci sono scuole superiori per le donne che intendono esercitare la medicina. Anche in Russia si hanno, nei riguardi della donna, idee assai più liberali che in Germania. Molte signore russe si dedicarono con successo ai vari rami degli studi scientifici. In Russia, lo zar permise, nel 1872, dopo molte insistenze, la fondazione di una facoltà dimedicina per le donne. I corsi della facoltà medica vennero frequentati da 959 studentesse nel periodo dal 1872 al 1882, e di queste 281 fino al 1882, 350 fino al 1884 erano state licenziate; di esse poi quasi un centinaio si recarono a Pietroburgo. Fra le studentesse che frequentarono le facoltà di medicina fino al 1882, 71 (e cioè il 9,0 per cento) erano maritate; 13 (cioè l’1,6 per cento) vedove; e 116 (15,9 per cento) quelle che andarono a marito durante gli studi.La maggior parte di tali studentesse, cioè 214, erano figlie di nobili e di impiegati; 138 erano figlie di commercianti e di grossi borghesi; 107 di militari, 59 di preti, ecc.; 54 appartenevano ai ceti più bassi della popolazione. Delle 281 dottoresse che avevano compiuto i loro studi fino al 1882, 62 furono invitate da parecchi Sem- (112) Semstwos, in russo zemstvo: erano come dei governatorati locali ai tempi degli zar, una sorta di assemblee che rappresentavano la nobiltà e la borghesia locale, abolite con la rivoluzione d'Ottobre 1917. 92 stwos (112), 54 trovarono impiego nelle cliniche, 12 lavorarono in qualità di assistenti nelle scuole dimedicina, e 46 si diedero ad esercitare privatamente la medicina.E’ degno di nota il fatto che più del 52% delle studentesse non conoscevano né il latino, né il greco; il che non impedì loro di fare il proprio dovere al pari degli uomini. Nondimeno i circoli governativi in Russia erano punto favorevoli ad aprire alle donne la via degli studi, finché il ghiaccio della indifferenza non fu rotto dai grandimeriti che seppero farsi le donne in qualità di medichesse durante la guerra russo-turca del 1877-78. Lo studio delle donne in Russia si diffuse notevolmente fino dal principio del 1880, perché da allora migliaia di scolare si dedicarono allo studio degli svariati rami del sapere, ma considerando che in talmodo si facevano strada idee più liberali, che minacciavano di diventare pericolose per il dispotismo, le scuole di medicina vennero soppresse con Ukase del 1° maggio 1885, dopo che già si era cercato con ogni sforzo di rendere più grave e difficile la vita alle donne che studiavano (113). Le donne in Isvizzera hanno fatto pure notevoli progressi nel ramo degli studi durante i due ultimi decenni, frequentando specialmente le Università di Zurigo e di Berna. Basilea ha precluso fino ad oggi alle donne l’accesso agli studi, e Genf [Ginevra, NdR] fu poco frequentata da esse. Nell’inverno del 1885- 86, 48 donne studiavano a Zurigo, 16 delle quali erano svizzere, distribuite così: 1 agli studi legali, 28 alla medicina e 19 alla facoltà di filosofia. Nello stesso periodo di tempo a Berna studiavano 57 donne, 13 delle quali erano svizzere, 42 studiavano medicina e 15 filosofia. Le straniere erano russe generalmente; ma anche la Germania vi dà un contingente notevole. Nella primavera del 1878, una studentessa russa sostenne a Berna gli esami, distinguendosi specialmente nella matematica, per modo che la facoltà di filosofia le conferì ad unanimità il diploma di dottore a pieni voti.Altrettanto accadde alcuni mesi più tardi ad una signora austriaca laureatasi in medicina nella Università Bernese, e verso la fine del 1887 l’Accademia delle Scienze di Parigi conferì alla signora S. v. Kowalewsky il primo premio nelle matematiche. Questa signora ebbe una cattedra di matematica a Stoccolma. In Germania, lo Stato non solo non ammise fino ad ora le donne agli studi, ma anche nei pochi casi in cui le impiegò, le trattò come una forza produttiva da sfruttare, perché vengono pagate per le stesse prestazioni assai meno dell’uomo. Ora, siccome l’uomo, già nelle presenti condizioni, si trova di fronte alla donna come davanti ad un concorrente, la osteggia doppiamente se il suo lavoro corre rischio di essere vinto e superato da un altro lavoro più a buon mercato, d’onde la difficoltà delle condizioni della donna.Aciò si aggiunga che ilmilitarismo in Germania fa concorrere ogni anno agli impieghi tanti sottufficiali fuori di servizio e tanti ufficiali esclusi dall’esercito, che non vi è più alcun posto libero per altri, e perciò le donne che vi trovavano impiego, ne vennero per la maggior parte rimosse. Nemmeno possono disconoscersi i gravi inconvenienti derivati dall’eccesso di lavoro imposto dallo Stato e dai privati alle donne, inconvenienti tanto più gravi, nel caso che le operaie debbano compiere anche i doveri domestici. Come la economia privata si trova in conflitto colle esigenze create dalla vita a milioni di donne, così le condizioni generali dell'economia pubblica si trovano in conflitto con la dignità umana della grande maggioranza. Le donne danno prova ogni anno più di avere attitudini e capacità quanto l’uomo, malgrado la trascurata educazione, e di essere in grado di sostenere la lotta coll’uomo in molti rami dell’attività umana. Scrittrici ed artiste valenti non mancano, come non mancano fra esse dei rappresentanti di altri elevati uffici. Ciò porge argomento di rispondere ai reazionari, che non si può negare ad esse l'eguaglianza giuridica. E’ fuori di dubbio, che, nelle presenti condizioni sociali, né le donne, né gli uomini hanno raggiunto, a questo riguardo, la meta. L’insinuarsi che fanno le donne con sempre maggiore energia negli impieghi più elevati – il che riesce possibile soltanto ad una minoranza – può alla fine esercitare la stessa influenza che nel campo dell’industria.Anche in questi uffici più elevati, la donna viene pagata proporzionalmente meno dell’uomo, a misura che la sua concorrenza fa aumentare l’offerta. Noi sappiamo di un caso, in cui una donna doveva succedere nel posto occupato prima da un insegnante, ma colla metà dello stipendio. E’ una pretesa certamente vergognosa, ma perfettamente giustificata dai principi dominanti nel mondo borghese, e fu accettata per forza di circostanze. E’ certo pertanto che per le donne non può sorgere speranza d’un migliore avvenire, non rattristato cioè dalla miseria, perciò che ad esse si aprono le porte degli impieghi e degli uffici più elevati. Assai più di questo si deve fare. (113) Tempo nuovo, 1884; pag. 155 e segg.: Lo studio delle donne in Russia. Nota di A. Bebel. Quando un ceto od una classe è economicamente e socialmente soggetta ad un’altra, questa soggezione trova sempre la sua espressione nelle leggi del paese. Le leggi non sono altro che la condizione sociale di un paese tradotta ed espressa in un certo numero di precetti giuridici, rispecchianti cotesta condizione. Le donne considerate come sesso sog- La posizione giuridica e politica della donna. getto e dipendente, non fanno eccezione a questa regola. Le leggi sono negative e positive. Negative in quanto, nella distribuzione dei diritti, non accen93 nano agli oppressi come se essi non esistessero, positive in quanto ne consacrano lo stato di soggezione e sanciscono delle eccezioni. Il nostro diritto comune è basato sul diritto romano che considerava l’uomo soltanto come un essere capace di possesso. Tuttavia l’antico diritto germanico, che aveva della donna un concetto più dignitoso, ha conservato in qualche modo la sua efficacia. Al contrario, presso i popoli latini, il concetto romano del diritto predomina anche oggi, particolarmente poi nei riguardi della donna. Non è un caso che nella lingua francese l’uomo e ilmarito vengano designati con una stessa parola. Il diritto francese conosce come uomo soltanto il marito. Era altrettanto a Roma, dove si conoscevano cittadini romani e mogli di cittadini romani, ma non si conoscevano cittadine. Sarebbe superfluo aprire il libro variopinto dei molti diritti comuni, specialmente tedeschi; pochi esempi basteranno. Secondo il diritto comune germanico, la donna trovasi da per tutto nella condizione di tutela rimpetto all’uomo; il marito è il padrone ed a lui essa deve obbedienza. Se disobbedisce, il diritto prussiano conferisce al marito di più bassa condizione il diritto di punirla con una pena afflittiva corrispondente. Vi possono essere però anche uomini distinti ed altolocati i quali usurpano ed esercitano tale diritto. E siccome non sono determinati né la forza né il numero delle bastonate, il marito rimane arbitro assoluto. Il vecchio diritto della città di Amburgo sancisce: “E’ permesso al marito di infliggere una giusta punizione allamoglie, ai genitori di punire i figliuoli, aimaestri di punire gli scolari, ai padroni i servi”.Anche in Germania si incontrano spesso disposizioni identiche. Secondo il diritto comune prussiano, il marito può inoltre prescrivere allamoglie quando debba smettere l’allattamento. Quando occorra di pigliare dei provvedimenti pei figli, è il marito quegli che decide. Morto il marito, la moglie deve per lo più accettare un tutore per i figli, viene dichiarata minore ed incapace a provvedere da sola alla educazione della prole, anche nel caso che essa sola ne curi il mantenimento col suo patrimonio e colla sua attività. Generalmente, è il marito l’amministratore della sua sostanza, la quale, in caso di concorso, viene per lo più considerata come sua e messa a disposizione dei creditori, se manca un contratto precedente al matrimonio che le garantisca i beni. Là dove è in vigore il diritto di primogenitura per la proprietà immobiliare, la moglie non ne può entrare in possesso, sebbene primogenita, quando vi sono maschi e fratelli; allora soltanto acquista il diritto a succedere quando non vi siano fratelli. Essa non può esercitare i diritti politici che hanno di regola il loro fondamento nella proprietà fondiaria, eccetto che in alcuni casi, come in Sassonia, ove le ordinanze del paese le accordano il diritto elettorale in quanto possiede, ma non quello della eleggibilità. Se essa poi ha un marito, tutti i diritti passano in lui. In Sassonia pare che le donne siano anche eleggibili sotto certe condizioni, perché nell’autunno del 1889, stando alle relazioni dei giornali, tre donne furono elette consiglieri comunali. Nella maggior parte degli Stati, la donna può contrattare soltanto col consenso delmarito, tranne il caso in cui si tratti di affare suo proprio, nella quale ipotesi la nuova legislazione le consente di far valere le sue ragioni anche senza l’assistenza del marito. Però la donna è esclusa dai pubblici affari. La legge federale prussiana proibisce agli scolari ed agli apprendisti che non hanno raggiunto il diciottesimo anno, nonchè alle donne, di far parte di società politiche o di partecipare a comizi d’indole politica.Ancora pochi anni or sono, le donne non potevano accedere ai tribunali per assistere come uditori ai pubblici dibattimenti, essendovi ordinanze che ne facevano loro divieto. Una donna chemetta alla luce un figlio illegittimo non ha diritto agli alimenti se essa ha ricevuto doni da chi la fecondò durante il periodo della gravidanza. Se si pronuncia la separazione, la donna deve portare il nome del marito a perenne ricordo di lui, fuorché nel caso che si rimariti. Queste prove possono bastare. In Francia le cose sono ancora peggio. Abbiamo già esposto come si è risolta la questione della paternità in caso di prole illegittima. A quella questione si collega l’altra, che la donna in caso di adulterio da parte del marito non può agire senz’altro per far pronunziare la separazione di letto e mensa, perché l’adulterio deve essersi verificato sotto gravissime circostanze. Al contrario, il marito può chiedere subito la separazione.Altrettanto avviene nella Spagna, nel Portogallo, e in Italia. Secondo l’articolo 215 del codice civile, la moglie non può comparire in giudizio senza il consenso del marito e di due parenti a lei più prossimi, e ciò anche nel caso che essa eserciti il commercio. Secondo l’art. 213, il marito deve proteggere la moglie, e questa gli deve obbedienza. Il marito ne amministra i beni ecc. Identiche disposizioni sono in vigore nella Svizzera francese, per esempio nel Cantone di Waadt. Sul concetto di Napoleone I relativamente alla posizione della donna corre un motto caratteristico: “in primo luogo non è francese una donna che può fare ciò che le piace” (114). La condizione giuridica della donna si è notevolmente migliorata in Inghilterra sino dall’anno 1882 anche per effetto di una energica agitazione provocata dalle donne nel paese e in parlamento. Per il passato la donna inglese era la schiava delmarito il quale poteva disporre a suo piacimento così della sua persona, come della sua sostanza. Il marito era responsabile dei reati commessi dalla moglie in sua presenza, perché essa era considerata come assolutamente incapace. Se essa recava danno ad alcuno, si giudicava come se il danno fosse stato commesso dagli animali domestici ed era il marito che doveva risponderne. Secondo un sermone pronunciato nel 1888 dal vescovo I.N. Wood nella chiesa di Westminster, ancora cent’anni fa la donna non poteva sedersi a mensa né parlare finché non era interrogata. Sopra il letto si appendeva una buona frusta che ilmarito poteva adoperare quando la sposa era di cattivo umore. Soltanto le figlie dovevano ubbidire ai suoi comandi, i figli non vedevano in lei che una serva. La donna venne parificata all’uomo (114) Bridel: Puissance maritale. Nota diA. Bebel. 94 nei diritti civili per legge nell’agosto 1882. Fra tutti gli Stati europei, quello ove le donne sono trattate più liberamente è la Russia, e ciò si deve in parte alle istituzioni comunistiche là ancora vive, in parte, alla tradizione. Il comunismo è lo stato sociale più favorevole alle donne, come è dimostrato da ciò che abbiamo esposto sui tempi del diritto materno. Negli StatiUniti acquistarono la piena eguaglianza giuridica – almeno nella maggior parte degli Stati – e riuscirono anche ad impedire che fossero introdotte le leggi inglesi od altre sul meretricio (115). La evidenza palmare della ineguaglianza giuridica delle donne rimpetto agli uomini, ha fatto sorgere fra quelle più progredite l’aspirazione all’acquisto dei diritti politici allo scopo di raggiungere l’eguaglianza giuridica mediante la legislazione. E’ il concetto stesso che diede motivo anche alla classe operaia di promuovere ovunque delle agitazioni per la conquista dei diritti politici. Ora ciò sembra un diritto per la classe degli operai, non può non essere tale per le donne. Oppresse, poste fuori dalla legge, esse hanno non solo il diritto, ma anche il dovere di difendersi e di far uso di ogni mezzo che giovi a conquistare loro una posizione più indipendente. E’ naturale che i reazionari osteggino queste aspirazioni e questi sforzi. Esaminiamo un po' con quale diritto. La grande rivoluzione francese che distrusse tutto il passato e sciolse le catene che inceppavano il pensiero e la coscienza chiamò sulla scena anche le donne. Molte di queste avevano già partecipato vivamente, nei due ultimi decenni che precedettero lo scoppio della rivoluzione, alla grande battaglia intellettuale che si combattè violentemente nella società francese. Esse accorrevano numerose alle discussioni scientifiche, facevano parte dei circoli politici e scientifici e concorrevano da parte loro ad apparecchiare la rivoluzione, nella quale le teorie e le dottrine dovevano tradursi in fatti. La maggior parte degli storici hanno preso atto soltanto degli eccessi della rivoluzione travisandolimostruosamente come usa sempre quando si tratta di accusare il popolo e di destare raccapriccio, per poter poi mascherar meglio le infamie dei potenti. Cotesti storici hanno quando rimpicciolito, quando passato sotto silenzio l’eroismo e la magnanimità di cui hanno dato prova a quel tempo non poche donne. Finché i vincitori scriveranno la storia dei vinti, sarà sempre così. Già nell’ottobre del 1789 centinaia di donne presentavano all’assemblea nazionale una petizione nella quale chiedevano “fosse ristabilita l’eguaglianza fra l’uomo e la donna, libertà di lavoro e di occupazioni, e collocamento in quegli uffici che fossero adatti alle loro attitudini”. Quando la Convenzione del 1793 proclamò i diritti dell’uomo, le donne avvedute riconobbero che si trattava soltanto dei diritti degli uomini, ai quali vennero contrapposti da Olimpia de Gouges, da Luigia Lacombe e da altre i “diritti della donna” in diciasette articoli così giustificati davanti alla Comune di Parigi nel 28 brumaio (20 novembre 1793): “Se la donna ha il diritto di salire il patibolo, deve avere il diritto di salire la tribuna” (116). Naturalmente queste domande non vennero esaudite. Quando la convenzione, di fronte alla reazione europea, dichiarò “la patria in pericolo” e chiamò tutti gli uomini atti alle armi affinchè accorressero a difendere la patria e la repubblica, animose donne di Parigi si offersero di fare quello che venti anni più tardi fecero sul serio le donne prussiane contro il dispotismo napoleonico, e cioè di difendere la patria colle armi in pugno. Il radicale Chaumette (117) si fece loro incontro gridando: “da quando mai è permesso alle donne di rinnegare il loro sesso e di fare da uomini? da quando mai vi è il costume di vederle abbandonare le faccende domestiche, la cura dei figli per scendere nelle piazze, arringare la folla, arruolarsi nelle file dell’esercito, insomma per compiere i doveri che la natura non ha imposto che all’uomo? La natura disse all’uomo: sii uomo! La corsa, la caccia, l’agricoltura, la politica, le applicazioni d’ognimaniera sono privilegio tuo!Al contrario la natura disse alla donna; sii donna! La cura dei tuoi bambini, la custodia della casa, le soavi inquietudini della maternità, ecco le occupazioni tue! Incaute, perché volete diventar uomini? Non sono forse gli uomini divisi abbastanza? di che cosa avete bisogno? In nome della natura, restate ciò che siete, e ben lontane dall’invidiarci i pericoli di una vita tanto procellosa, accontentatevi di farceli dimenticare in grembo alle nostre famiglie, lasciando riposare i nostri occhi sullo spettacolo inebbriante dei nostri figli che le vostre tenere cure rendono felici”. Le donne si lasciarono persuadere e se ne andarono. Il radicale Chaumette riuscirà certo molto gradito alla maggior parte dei nostri uomini che, del resto, hanno di lui un sacro orrore. Ora crediamo anche noi che sia una divisione di lavoro conveniente quella per (115) Meretricio: la pratica della prostituzione. (116) Olimpia de Gouges (pseudonimo di Marie Gouze, 1748-1793), drammaturga francese, visse durante la rivoluzione francese partecipandovi nel club dei Girondini. Celebre per la commedia intitolata “L’Esclavage des Noir ou l’heureux naufrage”, scritta nel 1786, mentre nel 1788 ha pubblicato le “Riflessioni sugli uomini negri”, contro la schiavitù. E’ nota, in particolare, per aver scritto la “Dichiarazione dei dirittti della donna e della cittadina” (1791), sulla traccia della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, che in realtà non fu accolta dal governo rivoluzionario, preceduta dalla Nécessité du divorce, scritto nel 1790, rivendicando per l’appunto il divorzio. Il 3 novembre 1793 fu ghigliottinata, come molti altri membri del club dei girondini, perché si era opposta pubblicamente all’esecuzione di Luigi XVI. (117) Pierre-Gaspard Chaumette (pseudonimo Anaxagoras), 1763-1794, fu procuratore di Parigi durante la rivoluzione ; portaparola dei sans-coulotte, ha lottato per l’abolizione della schiavitù.Nei confronti delle rivendicazioni femminili per l’eguaglianza politica e sociale fra donne e uomini ebbe una posizione nettamente reazionaria: si felicitò pubblicamente dell’esecuzione di Olimpia de Gouge e di altre donne, accusandole di voler andare “contro natura” invece di dedicarsi alla casa e ai bambini.Membro del club dei Cordeliers, sostenitore della “decristianizzazione” (il suo pseudonimo Anaxagoras lo riprese dal filosofo greco che predicava l’ateismo), fervente partigiano del Terrore nel 1793 dopo essersi opposto alla guerra e aver sostenuto l’abolizione della pena di morte nel 1791-92, fu in seguito arrestato e ghigliottinato per “cospirazione contro la repubblica” e per aver “cercato di annientare ogni sorta di morale, cancellare ogni idea di divinità e fondare il governo francese sull’ateismo”. (vedi http://fr.wikipedia.org/wiki/Pierre- Gaspard_Chaumette). 95 cui si lascia agli uomini la difesa della patria, alle donne la cura della casa e del focolare. In Russia gli uomini di tutti i villaggi vanno ad autunno inoltrato a lavorare in opifici lontani, lasciando alle donne l’amministrazione del comune e la custodia della casa. Del resto, la chiacchierata del Chaumette non contiene che delle frasi. Ciò che egli dice del lavoro faticoso del contadino non regge, perché la donna non ebbe dagli antichi tempi sino ad oggi la parte meno grave nella coltura dei campi; e quanto alla corsa ed alla caccia, si può obbiettare che queste applicazioni non sono che un piacere per l’uomo, e la politica presenta pericoli soltanto per coloro che vanno contro la corrente perché, del resto, essa è fonte per gli uomini per lo meno di altrettanto piacere, quanto di preoccupazioni. E’ l’egoismo dell’uomo che parla in Chaumette, ma egli parlava nel 1793. Oggi le cose vanno un po' diversamente. Le condizioni si sono mutate da allora, e di molto, determinando anche unmutamento nella condizione della donna. Maritata o no, essa ha un interesse nell’attuale stato sociale e politico maggiore che non avesse in passato. Essa non può rimanere indifferente se lo Stato tiene ogni anno sotto le armi centinaia di migliaia di uomini sani e vigorosi, se i Governi fanno una politica, che favorisce o no la guerra, o quando si tratta di imposte e di balzelli che si vogliono inasprire. Nemmeno può esserle indifferente che le più urgenti necessità della vita vengano rincarate da tasse, che favoriscono l’adulterazione delle sostanze alimentari e colpiscono tanto più duramente le famiglie quanto più numerose esse sono, in un tempo in cui i mezzi di sussistenza per la grande maggioranza sono assai limitati. Anche ai sistemi educativi la donna è altamente interessata non potendo esserle indifferente il modo onde il suo sesso verrà educato in avvenire; e come madre poi l’interesse è doppio. Inoltre ci sono milioni di donne occupate in lavori d’ogni maniera, le quali non possono non interessarsi vivamente della nostra legislazione sociale. Le questioni riflettenti la giornata di lavoro, il lavoro notturno, il lavoro festivo e quello dei fanciulli, le mercedi e il periodo del tirocinio, le misure di protezione nelle fabbriche ecc.; riguardano la donna non meno che l’uomo. Gli operai non hanno che una conoscenza assai imperfetta, quando non è addirittura manchevole, intorno allo stato di alcuni rami d’industria in cui le donne sono occupate o esclusivamente o prevalentemente. Gli imprenditori hanno tutto l’iteresse di tacere gli inconvenienti ai quali essi dànno causa;ma l’ispezione delle fabbriche non si estende ai rami d’industria in cui sono occupate esclusivamente le donne; ed è ancora troppo insufficiente, sebbene sia urgente il bisogno di proteggere, specialmente in coteste industrie, il lavoro delle donne.Vogliamo accennare soltanto ai locali in cui, nelle nostre città più popolose, si pigiano cucitrici, sarte, modiste ecc. Là donde nessuna voce di protesta si leva, le visite e le ispezioni non penetrano. Finalmente la donna è interessata come consumatrice anche nelle leggi che regolano il commercio e i dazi. Non v’è dubbio quindi che la donna ha diritto di esercitare come legislatrice la sua influenza sulle condizioni presenti. La partecipazione della donna alla vita pubblica, darà a questa un impulso vigoroso ed aprirà molti nuovi orizzonti. Si obbietta che le donne non si intendono di politica, che la maggior parte di esse non vogliono interessarsene, né intendono di esercitare il diritto di voto. Ciò è vero e non è vero. Pochissime donne, almeno in Germania, osarono di chiedere anche l’eguaglianza politica. Fino ad ora, soltanto la signora Hedwing Dohm, per quanto sappiamo, si è fatta innanzi con uno scritto energico (118). L'affermazione che le donne presero fino ad ora un debole interesse alla politica, non prova nulla. Se esse non se ne curarono, ciò non prova che non possano farlo; ed è notevole che nella primametà dell’anno 1860 si fecero valere contro il suffragio universale cogli uomini le stesse ragioni che si adducono contro il diritto di voto delle donne. L’autore di questo libro apparteneva ancora nel 1863 a coloro i quali si pronunciarono contro il suffragio universale in Germania, al quale quattro anni più tardi egli dovette la sua nomina a deputato.A mille altri accadde lo stesso, da Sauli diventarono altrettanti Paoli (119). Vi sono pure moltissimi i quali né esercitano i diritti politici, né intendono di esercitarli, ma non è questa una buona ragione per privarveli. Nelle elezioni in Germania il 40 per cento non va a votare, e cotesti astensionisti si reclutano in tutte le classi, fra gli operai, come fra gli scienziati. Ma di questo 60% che prende parte alle elezioni, la maggioranza, secondo il nostro concetto, vota come non dovrebbe votare se comprendesse i suoi veri interessi, e non li comprende perché le manca l’educazione politica, la quale, per altro, il 60%che vota ha in grado maggiore del 40% che si astiene. Se ne devono escludere però coloro che non accedono alle urne perché non potrebbero votare liberamente, secondo il loro convincimento, senza pericolo. (118)MarianneAdelaide Hedwig Dohm, nata Schlesinger (Berlino, 1831-1919), scrittrice e una delle prime femministe tedesche; attribuì gli specifici comportamenti di genere ad influenze culturali piuttosto che alla determinazione biologica. Pubblicò parecchi saggi, commedie, racconti e articoli, in cui costantemente rivendicava la piena parità giuridica, sociale ed economica tra uomini e donne. Ardente pacifista, si oppose come pochi altri intellettuali tedeschi alla prima guerramondiale criticando il patriottismo sciovinista che imperversava in Germania. (119) Il riferimento è a Saulo di Tarso, passato alla storia come Paolo di Tarso, cioè San Paolo. Saulo era il nome grecoebraico (significava invocato, chiamato) datogli dai genitori, Paolo è il nome latino che adottò dopo la sua "conversione" al cristianesimo. Secondo gliAtti degliApostoli e la stessa testimonianza di Paolo di Tarso nelle sue Lettere, Saulo, mentre da Gerusalemme si recava a Damasco per reprimere le comunità cristiane di quella città, fu colpito da una luce accecante, cadendo a terra, e una voce (di Gesù Cristo) gli chiese: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Giunto a Damasco, rimase per tre giorni cieco, senzamangiare né bere; soccorso e aiutato dalla comunità cristiana in quei giorni fu, alla fine, battezzato dal capo della comunità cristiana di Damasco,Anania. Da quel momento Saulo di Tarso, persecutore dei cristiani, si converte in Paolo di Tarso, missionario (apostolo) del credo cristiano tra gli ebrei e le popolazioni del Mediterraneo orientale. 96 L’educazione politica non si forma col tenere lontane le masse dai pubblici negozi, bensì col permettere loro l’esercizio dei diritti politici. Nessuno diventa maestro senza l’esercizio. Le classi dominanti vollero conservare la grande maggioranza del popolo in uno stato di incapacità politica, a tutto loro vantaggio. Fu quindi compito delleminoranze di combattere energicamente ed animosamente per gli interessi generali, di scuotere l’inerzia della grande massa e di trascinarla dietro a sé. Così è stato finora in tutte le grandi agitazioni, e non deve quindi recar meraviglia e sconforto che non sia altrimenti anche nella moderna agitazione per il proletariato e per le donne. I successi ottenuti dimostrano che gli sforzi e i sacrifici ebbero ricompense, e l’avvenire ha in grembo la vittoria. Quando le donne otterranno la parificazione dei diritti cogli uomini, anche la coscienza dei doveri si farà in loro più viva. Invitate a dare il loro voto, si decideranno. Perché? Per chi? Comincerà allora un periodo d’agitazioni che, ben lungi dal peggiorare i rapporti fra uomini e donne, li miglioreranno. La donna meno educata si rivolgerà naturalmente all’uomo più educato, e ne seguirà uno scambio di idee, un ammaestramento reciproco, e tale uno stato quale non fu mai o assai di rado fra uomo e donna. Di qui ancora nuove attrattive nella vita.Appianata sempre più la differenza intellettuale e morale che porge così frequente occasione a dissidi domestici e pone il marito in conflitto coi suoi doveri con pregiudizio del pubblico bene; creato della donna un essere non destinato soltanto a servire da freno, ma un collaboratore animato dalle stesse idee e dagli stessi sentimenti, la donna sarà sprone per l’uomo nel compimento dei suoi doveri, troverà naturale che parte del tempo disponibile venga consacrato ai giornali e alla propaganda, perché anche il giornale le serve di ammaestramento e di passatempo, perché comprenderà essa la necessità del sacrificio allo scopo di ottenere quello che manca a lei, al marito ed ai figli – e cioè una esistenza più degna dell’uomo. In tal modo la mutua sollecitudine per il comune bene, che è poi strettamente legata al benessere individuale, avrà una influenza nobilitante e quindi effetti del tutto contrari a quelli che la gente dalla vista corta, ovvero i nemici di una convivenza basata sopra la completa eguaglianza di tutti, vogliono presagire. E questi rapporti fra i due sessi si faranno migliori mano a mano che le istituzioni sociali sottrarranno l’uomo e la donna alle cure materiali e all’eccessivo lavoro. Qui, non altrimenti che in tutti gli altri casi, l’esercizio e l’educazione porgeranno un aiuto efficace; non si imparerà mai a nuotare se non si va in acqua, come non si imparerà mai a parlare una lingua straniera se non la si studia e se non ci si esercita. Ciò si comprende da tutti, ma vi sono molti, i quali non comprendono che ciò vale anche per gli affari dello Stato e della società. Sono forse le nostre donne più incapaci di quello che siano i negri dell’America settentrionale ai quali venne riconosciuta la piena eguaglianza politica? E deve una donna intelligente non godere di quei diritti che godono l’uomo più rozzo e ineducato o l’ignorante facchino della Pomerania, ovvero un operaio della Polonia ultramontana, soltanto perché il caso volle che costoro nascessero uomini? Il figlio ha più diritti della madre, dalla quale forse ereditò il patrimonio che lo fece diventare quello che è. Strano in verità! Inoltre noi in Germania non rischiamo più come i precursori di cadere nel buio. L’America del Nord e l’Inghilterra hanno già aperta la strada. In parecchi Stati dell’America del Nord le donne hanno il diritto elettorale al pari degli uomini e il risultato è ottimo. Nel territorio diWyoming il diritto elettorale delle donne venne messo alla prova già dal 1869. La seguente relazione dà il miglior ragguaglio sull’effetto di questo esperimento. Ecco quanto scriveva il signor Kingmann dalla città di Laramie nel territorio diWyoming al giornale delle donne in Chicago (Women’s Journal) il 26 dicembre 1872: “Sono già tre anni che nel nostro territorio le donne acquistarono il diritto di voto nonché quello di concorrere agli impieghi e agli uffici come gli altri elettori. Durante questo periodo esse hanno eletto e vennero elette a vari uffici, esercitando le funzioni di giurato e di giudice di pace. “Generalmente esse parteciparono a tutte le nostre elezioni, e sebbene io creda che qualcuno di noi non approvi in linea di principio l’ammissione delle donne, ritengo che nessuno possa disconoscere che questa ammissione all’esercizio del diritto elettorale abbia esercitato una influenza educatrice. Essa fece sì, che le elezioni procedessero calme e ordinate e che nel tempo stesso i nostri tribunali fossero in caso di impadronirsi di varie categorie di delinquenti che erano rimasti fin qui impuniti. “Quando, per esempio, il territorio fu organizzato, non vi era quasi nessuno che non portasse il revolver e non lo adoperasse al sorger della più piccola contesa. Ricordo non pochi casi in cui un giurì composto di uomini ritenne d’assolvere uno di quelli che avevano sparato il revolver; ma con due o tre donne fra i giurati questi si sono sempre uniformati all’istruttoria dei Tribunali...”. Espone inoltre il signor Kingmann che spesso le donne devono astenersi dal prendere parte alla giuria a motivo delle loro occupazioni domestiche, con vivo dispiacere dei giudici, ma quando esse assumono una funzione, l’esercitano con molta coscienza, prestano maggior attenzione all’andamento della amministrazione della giustizia di quello che gli uomini, anche se questi sono meno influenzati dagli affari e da estranee occupazioni ed anche se sono più scrupolosi in relazione alla loro responsabilità. La presenza della donna fra i giurati e fra i giudici ebbe anche questo effetto, che nelle sale di sessione regnò più quiete e più ordine e gli uomini si comportarono in modo più urbano e rispettoso; pareva che gli spettatori fossero meglio vestiti e che le cause avessero acquistato un carattere più dignitoso in ogni riguardo, senza contare che venivano esaurite con maggior speditezza. Anche sulle elezioni pubbliche le donne avrebbero esercitato la stessa influenza benefica, perché, mentre prima le elezioni non avvenivano mai senza grossi 97 scandali, tumulti e violenze, con intermezzo di ubriachi, assunsero, ammesse le donne, un carattere affatto diverso. Le signore che venivano ad esercitare il loro diritto elettorale erano trattate col più grande rispetto; scomparivano gli importuni ed i chiassoni, sicché le elezioni procedevano con la massima calma. Inoltre le donne prendevano parte alle elezioni in numero sempre crescente, e votavano non di rado in senso contrario ai loro mariti, senza che ciò abbia mai dato causa a nessun inconveniente. Il Kingmann chiude la sua lunga lettera colle seguenti notevoli parole: “Dichiaro altamente che mentre vidi scaturire molti vantaggi e molto bene per la vita pubblica dalmutamento della nostra legislazione, non ho potuto scoprire né un male né un inconveniente, malgrado tristi vaticini che gli avversari avevano voluto trarre dall’ammissione delle donne alla vita pubblica”. Anche in Inghilterra, ove in un gran numero di comuni le donne censite hanno il diritto di voto, non si è mai verificato alcun inconveniente. Di 27.946 donne che avevano il diritto di voto in 66 Comuni, presero parte alla prima elezione 14.415, e cioè più del 50%. Di 166.781 uomini presero parte all’elezione appena il 65%. Anche nel Cile le donne ottennero di recente il diritto di voto. In Germania pure, per esempio in Sassonia, le donne, eccezionalmente e sotto certe condizioni, esercitano il diritto elettorale. Secondo le ordinanze del paese la donna ha il diritto elettorale attivo se è possidente e nubile. Nel caso poi che in un comune vi sia una maggioranza di possidenti nubili, queste potrebbero eleggere due terzi e fino a tre quarti dei rappresentanti comunali, ma non potrebbero nominare a consiglieri che degli uomini. Non appena la donna va a marito, perde il diritto di voto, il quale passa al marito; ma se l’immobile viene alienato, il diritto viene perduto da entrambi. Dunque il diritto elettorale non è personale, ma reale, in quanto cioè si subordina al possesso. Ciò è molto istruttivo per la moralità politica dominante e per il diritto vigente. Uomo, tu sei nulla se non hai delle sostanze; intelletto ed ingegno sono cose accessorie che di rado hanno un valore. Si dice altresì che il diritto di voto, se conceduto alle donne, è pericoloso, perché la donna si lascia dominare da pregiudizi religiosi e da idee conservatrici. E’ verissimo; ma ciò dipende soltanto dalla sua ignoranza; educatela, istruitela dunque in ciò che costituisce i suoi veri interessi. Del resto si è voluto esagerare l’influenza della religione nelle elezioni. Se la agitazione reazionaria in Germania ebbe tanto successo, ciò si deve unicamente al fatto che essa amalgamò gli interessi sociali cogli interessi religiosi. Gli ultramontani combattevano a gara coi socialisti democratici per disvelare la corruzione sociale. Di qui la loro influenza sulle masse. Finita la lotta per la civiltà, le influenze del clero cattolico sulle masse va a poco a poco scomparendo. Il clero è ormai costretto ad abbandonare la sua opposizione contro i poteri dello Stato, e, d’altra parte, questi sono costretti dal conflitto sempre crescente fra le classi, ad avere riguardi alla borghesia cattolica ed alla nobiltà, e ad osservare una maggiore moderazione nel campo sociale.Ma con ciò il clero và perdendo d’influenza sugli operai particolarmente se, per riguardo ai poteri dello Stato ed alle classi dominanti, li costringe ad approvare o tollerare leggi ed azioni che sono in contrasto coll’interesse della classe operaia. Il clero perde adunque la sua influenza sociale e religiosa, ed altrettanto si dica per la donna; perché quando essa apprenderà nei comizi e dai giornali e imparerà per propria esperienza dove sta il suo vero interesse, si emanciperà dal clero non meno sollecitamente dell’uomo. I nemici più fieri della concessione del diritto elettorale alle donne sarebbero gli ecclesiastici, perché quel diritto mette in questione il loro potere sull’ultimo terreno, ove hanno esercitato fin qua incontestato dominio. Non può essere poi una buona ragione, per non concedere alla donna il diritto elettorale, la circostanza che non se ne vedono subito effetti notevoli. Che cosa direbbero gli operai, se i liberali volessero abolire il suffragio universale – che torna loro molto incomodo – perché giova ogni giorno più ai socialisti? Il buon diritto non diventa cattivo solo perché chi ne usa non ha ancora imparato a servirsene. Si comprende da sé che il diritto passivo di elezione deve andare unito al diritto attivo. “Sarebbe bello vedere una donna alla tribuna del Reichstag”, si grida. Noi ci siamo abituati a vedere le donne perorare dalla tribuna nei loro congressi e nelle loro assemblee, e nell’America settentrionale anche dai pulpiti e sul banco dei giurati; perché dunque non si dovrebbe ascoltarla anche a perorare dalla tribuna del Reichstag? La prima donna che venisse in parlamento, sarebbe senza dubbio tale che saprebbe imporsi. Quando entrarono in parlamento i primi operai, si credeva di poter motteggiarli, e si affermava che essi si sarebbero ben presto accorti della pazzia che avevano commesso.Ma i loro rappresentanti seppero presto farsi rispettare al punto che oggi si teme che essi siano per diventare troppi. Si ripetono stupidimotteggi di questo genere: “Quanto sarà inestetica una donna gravida, perorante dalla tribuna del Reichstag!” Questi stessi signori però trovano perfettamente normale che le donne gravide vengano impiegate in occupazioni inestetiche, ove si calpesta e si perde dignità, salute e moralità. Secondo noi è un uomo ben miserabile quello che può far dello spirito sopra una donna gravida. Quando pensasse soltanto alla madre sua che fu gravida di lui, e alla donna sua pregnante, dalla quale aspetta l’appagamento dei suoi più ardenti desideri, dovrebbe sentirsi salire il rossore alle guance e ammutolire. Se si badasse al piacere estetico che può destare l’aspetto dei rappresentanti del popolo, vi sarebbe più di qualche deputato il quale farebbe cattiva prova. Eccovene uno straordinariamente corpulento, il quale non deve già la pinguedine ai fini passeggieri e importanti della natura, ma la deve ad una eccessiva cura del proprio io, a scapito del carattere e della intelligenza. La obesità è quasi sempre indizio di una esistenza parassitica,mentre la gravidanza d’una donna è indizio di salute fisica, e porge testimonianza del coscienzioso soddisfacimento degli istinti naturali.Una donna che partorisce, rende alla comunità almeno lo 98 stesso servizio di un uomo il quale difende colla sua vita contro un nemico rapace la patria e il focolare. Ma vi ha di più. La vita di una madre è in giuoco ad ogni gravidanza; tutte le nostre madri hanno veduto in faccia la morte ad ogni parto e molte fra esse non vi sopravvissero. Il numero delle donne che muoiono di parto o restano malate per le conseguenze di esso, è verosimilmentemaggiore del numero degli uomini che sul campo di battaglia muoiono o vengono feriti. Anche per questo motivo la donna ha diritto alla piena eguaglianza giuridica con l’uomo. Ciò sia detto specialmente per coloro i quali adducono il dovere della difesa della patria, incombente all’uomo, come un argomento decisivo contro la donna. Si aggiunga che la maggior parte degli uomini, nemmeno soddisfano a questo dovere, per effetto dei nostri ordinamenti militari, ed anzi per molti quel dovere non è che scritto sui libri. Tutte queste obbiezioni superficiali, sollevate da chi nega l’attitudine della donna alla vita pubblica, sarebbero trascurabili, se i rapporti dei due sessi fossero naturali, se non esistessero antagonismi ingrossati ad arte, e relazioni di padronanza e di servitù, ed infine se non fossero socialmente separati già fino dall’infanzia. E' al cristianesimo specialmente che si deve cotesto antagonismo, per cui i sessi, costantemente separati e tenuti nell’ignoranza l’uno dell’altro, non possono avvicinarsi, intendersi e completarsi a vicenda. Uno dei compiti principali d’una società organizzata razionalmente, deve essere quello di togliere questo dissidio fatale e di reintegrare la natura nei suoi diritti. Si comincia già nelle scuole a controperare alla natura. Prima la separazione dei sessi, poi l’istruzione sbagliata o assolutamente deficiente nelle materie che riguardano l’uomo come essere sessuale. S’insegna, è vero, in ogni scuola la storia naturale: il fanciullo impara che gli uccelli fanno le uova e covano; egli apprende anche quando comincia il tempo degli accoppiamenti: che perciò sono necessari maschi e femmine, che entrambi fabbricano il nido, covano ed han cura dei nati. Egli impara altresì che i figli dei mammiferi nascono vivi; ode parlare del periodo degli amori e della lotta delmaschio per la conquista della femmina, durante quel periodo; gli insegnano pure qual è il numero ordinario dei nati e forse anche il periodo di gestazione delle femmine, ma lo si tiene completamente all’oscuro sull’origine del proprio sesso, che si avvolge in un velo impenetrabile. Quando poi il fanciullo cerca di appagare il suo naturale desiderio di apprendere interrogando i genitori, è raro ch’egli osi di rivolgersi al maestro, gli sballano le frottole più sciocche, che non possono appagarlo ed hanno una influenza tanto più funesta quando un giorno egli arriva ad apprendere il modo ond’è venuto al mondo. Sono pochi i ragazzi che non l’abbiano imparato prima del dodicesimo anno. Si aggiunga che in ogni piccola città e specialmente in campagna, i fanciulli sono spettatori fin dai loro più teneri anni dell’accoppiamento dei polli e degli animali domestici, così nei cortili come sulla via e sui pascoli. I fanciulli odono che il periodo degli amori, e l’atto della nascita di vari animali domestici, sono fatti oggetto di importanti discussioni da parte dei genitori, della servitù e della famiglia. Tutto ciò fa nascere nel ragazzo il dubbio che la spiegazione datagli dai genitori intorno alla sua nascita non sia esatta. Arriva finalmente il giorno in cui sa come e da chi nacque, ma lo viene a sapere per vie completamente diverse da quelle per le quali avrebbe acquistato quella stessa nozione se fosse stato educato razionalmente. Il segreto del fanciullo produce l’effetto di allontanarlo dai genitori e specialmente dallamadre. Si ottiene dunque tutto il contrario di quello che si voleva ottenere nascondendo scioccamente la verità. Chi pensa alla fanciullezza propria e a quella di suoi coetanei, sa quali conseguenze derivino da ciò. Una signora americana scrive in un suo libro, fra l'altro, che al figlio suo di otto anni, il quale continuamente la interrogava sulla sua nascita, rispose manifestandogli la sua vera origine, ritenendo immorale di nascondergli la verità inventandogli delle frottole. Essa racconta poi che il ragazzo l’ascoltò colla massima attenzione e che dal giorno in cui egli apprese quali cure e dolori egli cagionò a sua madre, le fu legato con una tenerezza ed un rispetto prima inusitati, conservando poi questo rispetto anche verso le altre donne. L’autrice move dal concetto giustissimo, che soltanto da una educazione conforme alla natura si possa aspettare un miglioramento radicale e specialmente un maggior rispetto dell’uomo per la donna (120). Chi non ha pregiudizi verrà alle stesse conclusioni. Da qualunque punto si parta per criticare le nostre condizioni, si finisce sempre colmettere capo alla stessa conclusione: essere necessaria una trasformazione radicale delle condizioni sociali e, per mezzo di questa, della posizione dei sessi. Siccome però la donna abbandonata a se stessa, non raggiungerebbe la meta, deve cercarsi degli alleati che si uniscano a lei nella agitazione del proletariato, che è poi l’agitazione della classe degli oppressi. Il ceto operaio ha già cominciato da lungo tempo a combattere la tirannia delle classi che comprende anche il predominio di un sesso sull’altro. Questa fortezza rappresentata appunto dagli interessi di classe deve essere circondata da ogni parte di trincee e costretta alla resa con artiglierie di ogni calibro. L’esercito combattente trova da ogni parte ufficiali e le munizioni più adatte. L’economia pubblica e le scienze naturali alleate con la critica storica, con la pedagogia, coll’igene e colla statistica escono da varie direzioni e porgono armi e munizioni. Né la filosofia vuol rimanere indietro ed annunzia nella “Filosofia della redenzione” delMainländer la prossima realizzazione dello “STATO IDEALE”. Ad agevolare la finale conquista dello Stato di classe e la sua trasformazione, concorre lo scisma nelle fila dei suoi difensori, i quali malgrado la comunanza d’interessi contro il comune nemico, nella lotta per la vita non cessano di combattere contro (120)Womanhood: Its Sanctities and Fidelities by Isabella Beecher-Hooker. Boston: Lee and Shepard, Publishesr. New York: Lee Shepard and Dillingham, 1874. Nota diA. Bebel. 99 se stessi. Gli interessi di un partito sono in conflitto cogli interessi dell’altro partito. Si aggiunga che l’ammutinamento si fa sempre notevole nelle fila dei nemici i cui combattenti, sangue del nostro sangue e carne della nostra carne, se fino ad oggi combatterono contro di noi e contro se stessi, lo fecero o per malinteso, o per inganno altrui. E non ultimi a disertare dalle fila degli avversari, sono uomini emminenti, ed autorevoli, cui profondo sapere e alta Il rapido sviluppo che la vita sociale ha preso negli ultimi decenni in tutte le nazioni civili, sviluppo che viene accelerato dai progressi in ogni campo dell’attività umana, ha trasformati tutti i nostri rapporti sociali per modo che ci troviamo oggi in uno stato di inquietudine, di fermento e di decomposizione. Le classi dominanti e gli individui sentono che il terreno vacilla sotto di loro. Un senso di malessere, di incertezza e di malcontento si è impadronito degli uomini, così in alto come in basso. Gli sforzi spasmodici che fanno le classi dirigenti permettere fine a questo insopportabile stato di cose, simanifestano inutili e insufficienti, e la poca sicurezza che ne deriva concorre ad accrescere la inquietudine ed il malessere. Non appena hanno introdotta una trave sotto forma di qualche legge nel cadente edificio, si scopre che altre ne sarebbero necessarie in dieci altri punti. Perciò le classi dirigenti si trovano sempre in conflitto fra loro per la varietà delle opinioni e delle idee. Ciò che sembra necessario ad un partito per acquetare e pacificare in qualche modo le masse sempre più incontentabili, è considerato da un altro partito come una debolezza imperdonabile e tale da risvegliare soltanto il desiderio di concessioni ancora maggiori. I governi – non soltanto in Germania – oscillano come una canna al vento e mendicano protezioni ed aiuti, senza di che non potrebbero esistere, appoggiandosi ora ad un partito, ora ad un altro. Oggi un partito è la incudine, l’altro il martello, e viceversa domani l’uno demolisce ciò che l’altro ha costruito a fatica. La confusione diventa sempre più grande e il malcontento sempre più durevole; gli attriti crescono e si moltiplicano, e in pochi mesi si esauriscono più energie che prima in molti anni. Le esazioni, sotto forma di gabelle e di imposte diverse, crescono a dismisura. Inoltre i nostri uomini di Stato si cullano in una grande illusione. Allo scopo di conservare il potere, s’introducono preferibilmente e si elaborano quelle forme di imposta e di gabella le quali non aggravano, a loro avviso, le masse, perché queste nella loro ignoranza meno se ne accorgono. Questo però è un grave errore. I poveri che devono sopportare questi pesi, non solo ne comprendono la grande ingiustizia in conseguenza della cresciuta educazione politica e intellettuale, ma, nello stato miserevole della loro posizione, Stato e Società intelligenza spronano a sollevarsi sui piccoli interessi di classe e sull’egoismo, ed a votarsi con la mente accesa dal loro ideale alla redenzione della umanità sofferente. Siccome ci sono ancora moltissimi i quali non si accorgono che lo Stato e la Società attraversano un periodo di trasformazione, così è necessario dimostrarlo qui appresso, quantunque ciò che vi era d’oscuro sia stato già eliminato con quanto abbiamo scritto fin qua. ne sentono tanto più sensibilmente la gravità quanto più numerosa è la famiglia. Il rincaro dei generi di prima necessità determinato dalle imposte e dai dazi indiretti o da regolamenti che hanno lo stesso effetto mentre profitta soltanto alla classe dei possidenti e degli abbienti, rappresenta per la classe operaia non altro che un aggravio ed una solenne ingiustizia e distrugge in essa la fede nel sentimento della giustizia e dei poteri costituiti. Né cangierà per nulla l’effetto finale la circostanza che tale sistema di pubbliche imposte serva a far quattrini. L’aumento delle spese è tanto evidente che alla fine tutti se ne accorgono. Non si possono togliere dalle tasche dei contribuenti centinaia e centinaia di milioni senza che i proprietari di queste tasche si accorgano di tale alleggerimento. Il malcontento dei diseredati per la gravezza eccessiva delle imposte dirette si rivolge contro lo Stato e per le imposte indirette specialmente contro la società, perché riconosce il male come sociale. Ecco il progresso. “Quando gli dei vogliono rovinare un uomo, lo fanno diventare cieco”. Nei tentativi fatti per conciliare e comporre gli interessi in conflitto, si accumulano organizzazioni sopra organizzazioni, ma nessuna delle antiquate viene tolta, come nessuna delle nuove introdotta; sicché tutto si riduce ad espedienti che non riescono ad appagare alcuno.Alle esigenze ed ai bisogni della civiltà sempre crescenti e più vivi nel popolo si ha qualche riguardo poiché non tutto può arrischiarsi, ma intanto la via della civiltà viene seminata di vittime tanto più numerose quanto più il nostro organismo politico è invaso da per tutto da una folla di parassiti. Se non che, non solo si conservano, ma anzi vanno sempre estendendosi, per ragioni dei contrari, tutte le istituzioni improduttive e quelle contraddicenti ai fini della civiltà, e diventano poimoleste ed oppressive, quanto l’intelletto più educato e più colto le dichiara superflue ed inutili. Polizia, esercito, giustizia, carceri sono organismi che vanno sempre più dilatandosi e diventando perciò più dispendiosi; ed altrettanto si dica di tutti gli organi amministrativi; ma non aumenta perciò la sicurezza interna ed esterna, anzi avviene tutto l’opposto. Si è quindi venuto formando nei rapporti internazionali dei singoli popoli uno stato di cose non conforme a natura. Tutti i progressi della civiltà, l’aumento degli scambi, il prodigioso sviluppo dei mezzi 100 di trasporto, le conquiste economiche e scientifiche sono una prova dei rapporti sempre più intimi ed amichevoli fra le nazioni. Ma a ciò contraddicono gli armamenti militari che assunsero in tutti gli Stati d’Europa mercè l’impiego di potenti mezzi materiali e di energie intellettuali e fisiche, tali proporzioni che dieci anni fa si sarebbero ritenute impossibili. Le scoperte e le invenzioni in materia di strumenti di guerra si moltiplicano quasi come quelle di qualunque altro ramo di attività umana. Le armate ingrossano e si rinforzano di anno in anno domandando per sé la partemigliore e più vigorosa della nazione, e tutte le energie fisiche e intellettuali vengono educate in modo da poter, occorrendo, compiere il macello nel modo più perfetto possibile. Questa condizione di cose in evidente contrasto con tutto il resto della cultura, porge testimonianza di ciò che vi è di innaturale nell’organismo e nella costituzione delle classi dirigenti che sono l’origine, la causa di tale stato. La paura dello scoppio della guerra fra le classi che aspirano all’eguaglianza, guerra che diventa ogni giorno più aspra, dà motivo alle classi dirigenti di cercare in questi pazzi armamenti e in queste rivalità nazionali un mezzo per impedire allamateria infiammabile accumulata nell’interno di prendere fuoco.Anche le rivalità commerciali per i prodotti che non si possono collocare all’interno, esercitano una grande influenza. Se tale stato politico-militare dell’Europa condurrà ad una catastrofe, questa trascinerà seco la società borghese. L’ora della morte sarà allora suonata per lei. Anche un gran numero dei nostri comuni si trovano in condizioni disperate, non sapendo oramai come soddisfare le imposte, che si inaspriscono ogni anno. Fra questi comuni vanno comprese le nostre grandi città, formatesi rapidamente, e i centri industriali, ove il rapido aumento della popolazione fa sorgere dei bisogni, ai quali non si può soddisfare altrimenti che coll’imposizione di nuove tasse e coi debiti. Scuole, viabilità, illuminazione, fognatura, pozzi ed acquedotti; educazione, polizia ed amministrazione, importano spese che crescono ogni anno più. Inoltre le minoranze bene organizzate, colle loro pretese, sono causa di grossi dispendi ai comuni. Esse domandano istituti superiori di educazione adeguata, specialmente nei quartieri più eleganti, selciati ecc. Ora, se la maggioranza della popolazione si duole a buon diritto di queste preferenze, non si può disconoscere che ciò dipende dalle odierne condizioni. Le minoranze hanno in mano il potere, e se ne valgono per soddisfare, a spese dell’umanità, il loro bisogno di cultura. Contro questo cresciuto bisogno non vi è nulla da opporre, perché rappresenta un progresso; il guaio è che chi ne gode ed approfitta è principalmente la classe abbiente, mentre tutti dovrebbero parteciparvi. Un altro inconveniente sta in ciò, che spesso l’amministrazione non è la migliore ed è costosissima. Gli impiegati sono non di rado insufficienti, ovvero non hanno intelligenza bastante per gli speciali bisogni del servizio, che presuppongono spesso grande capacità. I consiglieri comunali hanno tanto da pensare alla cura dei loro interessi privati, che non possono dedicare il tempo necessario al compimento dei loro doveri verso la comunità; senza contare che il più delle volte coteste cariche non servono che a favorire interessi privati, con grave danno del pubblico. Le conseguenze di tutto ciò ricadono sui contribuenti. La società moderna non può pensare oggi a mutare radicalmente questa condizione di cose, così da soddisfare tutti ad un modo; essa è impotente a farlo, perché dovrebbe distruggere se stessa. Aumentando sempre le imposte, esse accrescono continuamente i malcontenti. In pochi decenni i nostri comuni si posero in tale stato da non poter soddisfare ai loro bisogni, nemmeno nelle forme attuali dell’amministrazione e dei tributi. Pertanto nella vitamunicipale, come in quella dello Stato, si manifesta la necessità urgente di una nuova organizzazione, perché i sistemi odierni conducono alla bancarotta. Vedremo più avanti che cosa vi si deve sostituire. Così, in poche parole, si presentano le cose nella vita dello Stato e dei comuni, che sono la immagine tipica della vita della società. * * * Nella nostra vita sociale, la lotta per l’esistenza assume proporzioni sempre più forti. La lotta di tutti contro tutti è scoppiata violenta e viene condotta spietatamente, quasi senza badare ai mezzi. Il motto: Levati di là che vò star io ha, in pratica, la sua attuazione nelle gomitate, nei pugni e nei pizzicotti. Il più debole deve cedere davanti al più forte. Dove non può la forza fisica, che qui si traduce nella forza del danaro e del possesso, si adoperano imezzi più raffinati e indegni, per raggiungere lo scopo. Menzogne, raggiri, inganni, spergiuri, falsi, delitti atroci vengono commessi per eliminare testimonianze incomode e rimuovere gli ostacoli. E come avviene in questa lotta per la vita che ognuno affronta l’altro, così abbiamo classe contro classe, sesso contro sesso, età contro età. Il vantaggio, l’interesse, ecco l’unico regolatore dei sentimenti umani, davanti al quale ogni altro riguardo deve cedere; migliaia e migliaia d’operai e d’operaie vengono lanciati sul lastrico quando l’interesse lo esige, e quando han consumato l’ultima camicia e l’ultimo oggetto di corredo, li aspetta la pubblica beneficienza o l’esilio forzato. Viaggiano, per così dire, di paese in paese, attraverso la campagna, e vengono considerati dalla società «ONESTA» con tantamaggior paura e disprezzo, quanto più la mancanza di lavoro ha mutato il loro aspetto e demoralizzata la loro coscienza. La società onesta non sa ciò che vuol dire aver dovuto rinunziare per molti mesi ai più elementari bisogni dell’ordine e della pulizia, girar di luogo in luogo collo stomaco vuoto, e non raccogliere altro che antipatie mal celate e disprezzo, appunto da coloro che sono le colonne del sistema. Si aggiunga che le famiglie dei coniugati vivono nella più squallida miseria, la quale non di rado induce i genitori disperati ai più orribili delitti sui loro figli e sopra se stessi. 101 In questi ultimi anni accaddero casi raccapriccianti di intere famiglie che si suicidarono (121). Donne e ragazze sono spinte sempre più in braccio alla prostituzione; il delitto e la demoralizzazione assumono le forme più svariate, e ciò che prospera unicamente sono le carceri, le case di pena o le cosidette “case di correzione”, che non sono più capaci di contenere la folla dei loro inquilini. La Gazzetta di Lipsia del 19 aprile del 1878 contiene un quadro, certo tenebroso, ma rispondente alla verità sulla Focchelandia sassone, e mette in evidenza la dissennatezza della società moderna, e poteva essere riprodotto benissimo nell’autunno del 1890. Ivi si dice: “La miseria dei nostri tessitori non è una novità; essa dipende non solo dalle sfavorevoli condizioni generali del lavoro, ma anche dal fatto che il lavoro a mano è sopraffatto dalla tessitura meccanica... Perciò i nostri tessitori devono cercarsi un’altra occupazione, e i vecchi, impotenti a procacciarsene un’altra, non possono trovar aiuto che nell’assistenza pubblica. Ma, oltre le persone che hanno bisogno di assistenza, vi sono molte energie che, per mancanza di lavoro di tessitura, se ne stanno, in tutto od in parte, inerti. A queste bisogna procacciar lavoro e render possibile che siano utili, e noi esprimiamo il desiderio e la speranza che gli intraprenditori industriali, commossi dalle presenti miserie, riflettano e vedano se le forze atte e capaci al lavoro che abbiamo ancora – perchè l’operaio della Focchelandia è assiduo e frugale – possano essere vantaggiosamente impiegate nelle loro imprese”. Ecco un quadro del moderno sviluppo, le cui tristi conseguenze i capi e gli operai delle varie industrie hanno già imparato a conoscere. Non si dimentichi però che il lavoro che, nei casi citati, l’operaio assiduo e “frugale” della Focchelandia deve prestare ad un altro intraprenditore, va perduto per un altro operaio. Ecco il circolo vizioso in cui si aggira la società moderna. I delitti di ogni specie e il loro aumento sono in strettissima relazione colle condizioni sociali; ma la società non vuol sentirne parlare. Essa nasconde la testa nella sabbia, come lo struzzo, per non dover riconoscere la condizione di cose che la accuserebbero, dando ad intendere a sé e agli altri che la colpa è tutta della “pigrizia” e della “avidità di piaceri” dell’operaio e dellamancanza del “sentimento religioso”. E’ questo uno degli inganni del peggior conio; ovvero una ipocrisia delle più ributtanti; ma che si ripete con lamassima serietà. Quanto più sfavorevoli per la maggioranza sono le condizioni sociali, tanto più numerosi e gravi sono i delitti. La lotta per l’esistenza assume la forma più violenta e più rude, e getta l’uomo in uno stato, per cui l’uno scorge nell’altro un suo mortale nemico. I vincoli sociali vanno allentandosi sempre più (122). Quelli che comandano, i quali, o non sanno andare al fondo delle cose, o non vogliono andare, cercano, mediante l’applicazione dimezzi coercitivi, di rendere durevoli gli ultimi effetti di queste condizioni, ed anche quelli nei quali si dovrebbe presupporre, in virtù del loro sapere, mente più profonda, consentono in tale sistema. Così il professor Häckel (123) trova perfettamente normale che la pena di morte venga severamente applicata; d’accordo in ciò con tutti i reazionari di ogni tinta che più gli sono mortali nemici. Secondo lui, i delinquenti incorreggibili ed i birbi devono estirparsi come le male erbe che tolgono alla buona pianta l’aria, la luce e il terreno. Se il professore Häckel si fosse occupato un po’ anche dello studio della sociologia, invece di coltivare solamente le scienze naturali, avrebbe scoperto che tutti questi delinquenti avrebbero potuto diventare membri utili alla società, se questa avesse apparecchiato loro migliori condizioni d’esistenza. Inoltre egli avrebbe scoperto che la soppressione di un solo delinquente nella società avrebbe tanto poco impedito il delitto stesso, e cioè la manifestazione di nuovi fenomeni criminosi, come se da un fondo si togliessero le male erbe, ma si omettesse di distruggere le radici e il seme. Non sarà mai possibile all’uomo di impedire in modo assoluto la formazione di organismi nocivi, ma gli sarà possibilissimo invece di migliorare l’organizzazione sociale che è creazione sua in modo che essa faccia a tutti eguali condizioni di esistenza, dia a ciascuno eguale libertà di sviluppo, così che nessuno abbia più bisogno di far tacere la fame o di appagare la brama di ricchezza, ovvero la sua ambizione a spese degli altri. Studiate le cause dei delitti ed eliminatele, allora anche il delitto sparirà (124). Coloro che vogliono eliminare i delitti togliendone le cause, non possono certo servirsi di mezzi brutali (121) Esponiamo un caso fra i molti. Lo scrivano sig. S. di Berlino, di 45 anni, ammogliato con una donna ancora bella, di 39 anni, e padre di una figlia di 12 anni, è senza lavoro e vicino a morir di fame. La moglie decide, consenziente il marito, di prostituirsi. La polizia lo viene a sapere. La donna viene sottoposta alla vigilanza della polizia. La vergogna e la disperazione colpiscono la famiglia; e tutti e tre concordano di avvelenarsi e nel 1° marzo 1883 danno esecuzione alla triste risoluzione. Pochi giorni prima la nobiltà di Berlino diede dellemagnifiche feste, per cui si spendettero centinaia di migliaia di lire. Ecco le paurose antitesi della società moderna, eppure si dice che noi viviamo «nel migliore dei mondi». Martin ha veduto molte altre famiglie sacrificarsi per lamiseria, e troppi numerosi casi furono narrati di suicidi come questo che abbiamo riferito, così nelle piccole come nelle grandi città ed anche fuori di Germania. Fenomeno questo caratteristico del nostro tempo e una prova del punto cui siamo arrivati. Nota di A. Bebel. (122) Già Platone riconobbe le conseguenze di questa condizione di cose. Egli scrive: «Uno Stato diviso in classi, non è uno, ma due; l’uno è formato dai poveri, l’altro dai ricchi, ed entrambi, pur tendendosi sempre insidie, continuano ad abitare insieme... La classe dominante non è alla fine in caso di far guerra, perchè in tal caso essa deve servirsi della plebe; e della plebe armata, questa classe dominante teme più assai che dei nemici.» (Platone: «Lo Stato»). EdAristotele dice: «Lamiseria generale è unmale, perchè è quasi impossibile impedire che i miserabili siano causa di dissensioni e disordini.» (Aristotele: «Politica»). Nota diA. Bebel. (123) La storia naturale della creazione. Quarta edizione migliorata, Berlino, 1873, pag. 155 e 156. Nota diA. Bebel. (124) Lo afferma anche Platone nel suo «Stato»: «Il delitto trova la sua origine nella mancanza di coltura, nella cattiva educazione e organizzazione dello Stato». Egli conosceva la natura della società meglio dei suoi dotti successori dopo ventitre secoli. Ciò non è molto consolante. Nota di A. Bebel. 102 di soppressione. Essi non possono certo impedire alla società di difendersi a suo modo contro i delinquenti, ma è perciò che domandano tanto più insistentemente la trasformazione della società dalle fondamenta, vale a dire la eliminazione delle cause del delitto. La ragione principale delle nostre condizioni sociali è il sistema dell’economia capitalistica che costituisce la vera base della società; tutti gli ordinamenti sociali sono il frutto di cotesto sistema sul quale è piantato l’intero edificio sociale e politico con la sua luce e con le sue ombre e che influisce e domina sui sentimenti e sulle idee. Il capitale costituisce la forza direttiva dello Stato e della società, il capitalista è il padrone dei non abbienti, la cui forza produttiva egli compera come merce da impiegare e da sfruttare ad un prezzo la cui altezza viene determinata, come quella di ogni altramerce, dalla domanda e dall’offerta, ed oscilla ora in più, ora in meno intorno alle spese di produzione. Il capitalista però non compra la forza produttiva per “volontà di Dio” e per fare un piacere all’operaio, come egli va spesso dicendo, bensì per ricavare dal lavoro dell’operaio un vantaggio che intasca sotto forma d’interesse, di profitto, di rendita. Questo vantaggio, spremuto dall’operaio, che in mano dell’intraprenditore si cristalizza in capitale, pone l’imprenditore in condizione tale da poter sviluppare continuamente la propria impresa;migliorare i sistemi produttivi ed impiegare nuove forze; d’onde la possibilità di soffocare chi gli fa concorrenza avendo minori capitali, alla stessa guisa che un cavaliere armato di corazza può atterrare un fante inerme. Questa lotta ineguale fra il grande e il piccolo capitale, si combatte su tutti i campi dell’attività umana, ed anche la donna, che è la forza produttiva più a buon mercato dopo quella dei fanciulli, prende in questa lotta una parte sempre più importante. La conseguenza di questa condizione di cose è la sempre maggiormente accentuata separazione fra una piccola minoranza di forti capitalisti, e una grande folla di non capitalisti sul mercato quotidiano dei diseredati maschi e femmine che offrono le loro braccia. Il medio ceto versa in una condizione sempre più difficile; un ramo d’industria dopo l’altro, dopo essere stato fin qua in mano dei piccoli industriali, viene assorbito dall’azione sfruttatrice del capitalista. La concorrenza dei capitalisti fra loro li costringe ad andar cercando continuamente nuovo terreno da sfruttare. Il capitale gira come un leone ruggente che va in cerca della preda da ingoiare. Le piccole esistenze indipendenti, se vengono soprafatte, e questa indipendenza non possono conservare in un altro campo – ciò che diventa sempre più difficile ed impossibile – vanno a far parte della classe dei salariati. Tutti i tentativi fatti per impedire la rovina della mano d’opera e del medio ceto mediante regolamenti e leggi tolte dai ripostigli del passato, simostrano completamente inefficaci; potranno bensì illudere per poco questo o quello sulla sua posizione, ma di fronte alla realtà dei fatti la illusione sparirà ben presto. Il processo di assorbimento dei piccoli per opera dei grandi, processo che si attua e svolge con la forza e la inesorabilità di una legge naturale, salta in modo manifesto e palpabile agli occhi di tutti. Così, a cagion d’esempio, il numero delle caldaie a vapore è salito in Prussia nel periodo che corre dal 1879 al 1888 (e perciò in un’epoca che non fu molto prosperosa) da 32.411 a 45.575 e cioè del 40,6 per cento, e questo aumento è dovuto esclusivamente alla grande industria. Il consiglio dato da taluni di sottrarsi al pericolo mediante una maggiore abilità e finezza artistica, ovvero di aumentare la concorrenza mediante l’applicazione di forze motrici, non è che una prova della profonda ignoranza degli elementi in questione. Prima di tutto anche l’industria artistica è diventata già un’impresa eminentemente capitalistica, e lo diventa ogni anno più. I sacrifizi finanziari, imposti dalla formazione continua di progetti e modelli nella varietà dei gusti e dei capricci dellamoda, sono di gran lunga superiori alle forze di un uomo provvisto di piccoli capitali. Però anche nell’industria artistica, la divisione del lavoro e l’impiego di macchine e di strumenti tecnici raggiunse tale grado di diffusione da renderne impossibile l’applicazione senza grandi forze materiali. Quindi l’industria artistica è già un’impresa sostanzialmente capitalistica e la concorrenza che governa anche questo campo dell’umana attività la spinge sempre più sulla via delle grandi imprese a base di forti e grandi capitali, che vengono poi amministrati e maneggiati con la raffinatezza propria a simili intraprese. Ma al piccolo capitalista non giova nemmeno l’impiego della forza motrice. Finché questa può essere creata dal singolo, può darsi che aiuti questo o quello a migliorare la sua condizione, ma non appena essa diventa accessibile per le comodità che presenta o per la sua convenienza a un gran numero di concorrenti ovvero a tutti, allora le imprese determinano siffatto aumento nella produzione che l'abbassamento dei prezzi diviene inevitabile e l’eccesso della produzione un male cronico; di guisa che la condizione di cotesti industriali, lungi dal migliorare, non fa che segnare un peggioramento. In tal guisa quello che doveva tornar loro vantaggioso, si ritorce a loro danno, e serve soltanto a favorire la rovina dei piccoli. La piccola industria appartiene ad un periodo sociale già tramontato, perché le sue condizioni di esistenza sono oramai irremissibilmente distrutte. Non vi è potenza terrena che possa salvare la piccola industria od impedirne la caduta; non vi possono essere che gli ignoranti o gli illusi i quali sostengano il contrario. La prova più eloquente della condizione delle nostre piccole industrie, sta nel fatto che, alla morte di nove decimi di esse, si scopre l’eccesso di debiti che ne gravano il patrimonio, tale da far cessare nel maggior numero dei casi la procedura di fallimento per deficienza di attivo. Per tale motivo la rovina economica di molte persone di un distretto passa inosservata, né viene registrata in altri distretti. Quello che non è dalla concorrenza dei grandi capitali, viene distrutto dalle crisi che scoppiano di tempo in tempo, e si fanno sempre più frequenti, lunghe e intense, quanto più si estende ed afforza la grande produzione. Il pericolo della sopra produzione, effetto della cieca produzione di massa, rende più grave il pericolo delle crisi, alle quali dovrà soccombere la debole forza di resistenza del piccolo e del medio capitalista. 103 Le crisi scoppiano perché non esiste alcuna norma permisurare in ogni tempo l’effettivo bisogno degli acquirenti e la loro potenzialità di acquistare, dalla quale dipende il consumo, su cui esercitano influenza una infinità di ragioni, che il singolo produttore non è punto in caso di controllare. Poi, vicino al singolo produttore, ve ne sono altri moltissimi dei quali il singolo ignora parimenti la potenzialità produttiva e l’influenza. Ognuno però si sforza di mettere fuori di combattimento tutti gli altri concorrenti con ogni mezzo – quale il prezzo più mite, la grande réclame, il lungo credito, l’invio di commessi viaggiatori, ed anche deprezzando i prodotti dei suoi concorrenti, mezzo cotesto che fiorisce specialmente in epoche di crisi. La produzione generale è quindi affidata al caso e al calcolo soggettivo dei singoli, con esito più spesso sfavorevole. Ogni produttore deve spacciare una determinata quantità di merci al di sotto della quale egli non potrebbe durare; ma egli vuole spacciare una quantità di merci molto maggiore, prima perché da ciò dipende la sua maggiore entrata, poi perché egli ha la speranza di trionfare dei suoi concorrenti e di restare padrone del campo. Per un certo tempo lo spaccio delle sue merci è assicurato ed è anzi in aumento; ciò basta per indurlo a dare alla sua impresa proporzioni maggiori ed a speculare sopra una produzione in massa. Senonché le favorevoli condizioni del momento non seducono lui solo, ma anche tutti i suoi concorrenti che, al pari di lui, ci si mettono d’impegno. Di qui un eccesso di produzione; i mercati inondati di merci, lo spaccio arenato, i prezzi in ribasso, la produzione limitata. Limitazione della produzione in un ramo d’industria vuol dire diminuzione del numero degli operai, abbassamento dei salari, limitazione del consumo. Un ristagno della produzione e dello spaccio negli altri rami di industria, è la conseguenza necessaria di questo stato di cose. I piccoli industriali di ogni specie, i commercianti, gli osti, i fornai, i macellai, ecc., che hanno per avventori gli operai, li perdono perdendo quindi lo spaccio rimuneratore. Ora, siccome un’industria porge il proprio materiale all’altra, l’una dipende dall’altra, così una deve soffrire dei disastri dell’altra. Il numero di quelli che sentono il contraccolpo della crisi di un’industria va crescendo ogni dì più.Molte obbligazioni contratte nella speranza di una più lunga durata delle condizioni favorevoli, non possono essere soddisfatte; e quindi aumento e inasprimento di crisi. Una quantità enorme di merci, di strumenti e di macchine perde quasi ogni valore. Le merci si vendono a prezzi vili, e questo ribasso non solo rovina i padroni della merce, ma anche molti altri, costretti per ciò a vendere le loro merci ad un prezzo inferiore a quello di costo. Anche durante la crisi i sistemi di produzione vengono continuamente migliorati, porgendo questo miglioramento l’unica arma per combattere la concorrenza, benché nasconda in se stesso la causa di nuove e più disastrose crisi. Dopochè la crisi è durata degli anni e l’eccesso della produzione è cessato a poco a poco per effetto del ribasso dei prezzi, della limitazione della produzione, della rovina dei piccoli intraprenditori, la società comincia a riaversi a poco a poco. Il bisogno aumenta e quindi anche la produzione; si ricomincia adagio e con cautela prima, ma non così quando le condizioni favorevoli accennano a perdurare. Si vuol raccogliere ciò che si è perduto e si spera di mettersi al sicuro prima che scoppi un’altra crisi. Siccome però tutti i produttori sono animati dagli stessi pensieri e ciascuno cerca di migliorare il sistema di produzione per sopraffare gli altri, così si affretta di nuovo la catastrofe con effetti ancora più fatali. Molti vengono lanciati in alto come palle per cadere di lì a poco, e da questa continua alternativa deriva quella condizione angosciosa che si traversa in ogni crisi. Le crisi si moltiplicano e si ripetono nella stessa misura in cui aumenta la produzione e la concorrenza non solo fra gli individui, ma anche fra i popoli. La lotta per guadagnare avventori in piccolo e quella che si combatte in grande per allargare la sfera dello spaccio e del traffico, diventano sempre più violente per finire poi in perdite enormi. Merci e provvigioni si accumulano in quantità enormi, mentre la massa degli uomini soffre la fame e la miseria. L’autunno del 1890 ha dimostrato come sia giusto ed esatto quanto abbiamo esposto. Dopo un lungo periodo di depressione negli affari, durante il quale però lo sviluppo dei grandi capitali fece continuamente progressi, cominciò nel 1888 un movimento ascendente nella nostra vita economica, stimolato non poco dalle grandi trasformazioni e dalle forniture richieste dall’esercito e dallamarina. Questo movimento continuò nel 1889 e anche nel primo trimestre del 1890. Durante questo periodo molte imprese sorsero in ogni ramo di industria, altre assunsero più vaste proporzioni; tutte poi raggiunsero nel loro assetto quella altezza che era consentita dalle condizioni della tecnica, ciò che giovò a far aumentare notevolmente la loro produttività. Nelmodo stesso onde si è compiuto questo sviluppo dei grandi capitali, aumentò anche il numero delle imprese che passarono dalle mani dei singoli capitalisti in quelle delle società per azioni, trasformazione questa, alla quale è sempre legato un aumento più o meno notevole negli affari e nei traffici. Le nuove emissioni, che si sono compiute sul mercato monetario e internazionale per effetto di questa trasformazione non meno che per effetto dell’aumento dei debiti pubblici, raggiunsero nel 1887 la somma di quattro miliardi, nel 1888 di cinque miliardi e mezzo, e nel 1889 di sette miliardi. D’altro lato, i capitalisti si sforzavano di regolare i prezzi e la produzione mediante unioni nazionali ed internazionali. Le cartelle, fin d’allora, spuntarono dal suolo come funghi, lamaggioranza degli imprenditori dei più importanti rami di produzioni formarono dei sindacati, i quali determinarono i prezzi e regolarono la produzione sulla base di dati statistici precisi allo scopo di evitare l’eccesso della produzione e il deprezzamento dei valori. Cominciò così il regno delmonopolio dell’industria a vantaggio dell’imprenditori ed a spese degli operai e dei consumatori, quale non fu mai. Parve per poco che il capitale avesse in mano il mezzo che gli assicurava ovunque il dominio del mercato a danno del pubblico ed a profitto suo.Ma la apparenza ingannava, le leggi 104 della produzione capitalistica si mostrarono più forti dei più sagaci ed accorti difensori del sistema, i quali credevano di poterla regolare. La crisi scoppiò; una delle più grandi case del mondo precipitò trascinando nell’abisso molte altre case di secondo e terzo ordine. Tutte le borse e tutti i mercati di Londra, di Parigi, di Vienna, di Berlino fino a Pietroburgo, Calcutta e New- York ne furono scosse. Si ebbe così un’altra prova della fallacia dei calcoli più prudenti, e della necessità che la società borghese corra la sua sorte. La condanna più severa di queste condizioni sociali si trova in queste espressioni che si odono spesso uscire dalla bocca della gente d’affari: «Ci sono troppi concorrenti, una metà deve andare in rovina perché l’altra metà possa vivere», il che vuol dire che ognuno suppone e spera da buon cristiano-borghese che chi va in rovina sia il suo concorrente. Lo stesso cinismo si rende manifesto quando viene assicurato con tutta serietà che nei filatoi della lana, per esempio, ci sono in Europa almeno quindici milioni di fusi di troppo, i quali dovrebbero sopprimersi per offrir modo ai rimanenti di avere un sufficiente lavoro. Dalla stessa fonte si assicura che il numero delle nostre miniere di ferro e di carbone è il doppio di quello che sarebbe necessario, e ciò allo scopo di rendersi durevolmente utile un affare od un’impresa. Di qui una pletora d’affari, di produttori, di istrumenti di produzione e di “merci”; e tuttavia la grande maggioranza si duole di mancare del necessario, mentre potrebbe consumare vestiti, biancheria, mobili migliori, abitare case più pulite, nutrirsi meglio fisicamente ed intellettualmente e godere di più.Ma i magazzini riboccanti di merci e di provvigioni sono sbarrati per la maggioranza; si gettano anzi sul lastrico centinaia di migliaia di operai rendendoli completamente incapaci a consumare, perché la loro attività è “superflua” al capitalista. Non è dunque manifesto, che il nostro organismo sociale è assai infermo? Come vi potrebbe essere “eccesso di produzione” se si soddisfacesse ai bisogni di tutti? Non è dunque la produzione in se stessa, ma la forma in cui si produce e sopra tutto il modo della distribuzione dei prodotti la causa di queste condizioni ed antitesi inique. * * * Nella società umana tutti gli individui sono legati insieme da cento fili, e tanto più quanto è più elevato il grado di cultura di un popolo. Se sopravvengono delle perturbazioni, queste si fanno sentire dappertutto. Le perturbazioni nella produzione influiscono sulla distribuzione e sul consumo, e viceversa. La nota caratteristica della produzione capitalistica è il concentrarsi della proprietà in sempre minor numero di mani e in centri di produzione sempre più vasti. Nella distribuzione si nota un movimento affatto opposto: Il produttore che non può più condurre vita indipendente, perché travolto dal torrente impetuoso della concorrenza, nove volte su dieci cerca con ogni sforzo di interporsi quale commerciante fra il produttore e il consumatore prolungando così la sua esistenza. Di qui il fatto sorprendente dell’aumento straordinario dei mediatori, dei commercianti, dei merciai, dei sensali, degli agenti, dei locandieri ecc. La maggior parte di questa gente, fra la quale si devono contare anche donne come persone d’affari indipendenti, conducono una vita affannosa ed incerta. Molti sono costretti per vivere a speculare sulle più ignobili passioni umane e a secondarle. Di qui il crescere della più ributtante réclame specialmente in tutto ciò che è rivolto a soddisfare il desiderio di godimenti e di piaceri. Non si può contestare ed è molto consolante, se si guarda da un punto di vista elevato, che la tendenza a godere la vita sia fortemente radicata nella società moderna. Gli uomini cominciano a comprendere che per essere uomo bisogna vivere dignitosamente, ed essi manifestano tale bisogno in modo corrispondente al concetto che si sono formati dei piaceri e godimenti della vita. Senonché la società è diventata nella forma della sua ricchezza molto più aristocratica oggi che in qualsiasi epoca precedente. La distanza fra il ricco e il povero oggi è più grande d’una volta, mentre la società è diventata molto più democratica nelle idee e nelle leggi (125). La folla però aspira non solo teoricamente, ma anche in pratica a maggiore eguaglianza, e siccome non conosce ancora nella sua ignoranza la via che conduce alla realizzazione di queste aspirazioni, così cerca l’eguaglianza col tentare di mettersi alla pari con quelli che sono più in alto, e col procurarsi in qualche modo tutti i godimenti possibili. Ogni mezzo, ogni artifizio di seduzione deve servire a coltivare ed appagare coteste tendenze, e se ne vedono spesso le conseguenze. La soddisfazione di un impulso perfettamente onesto, fa traviare molti trascinandoli spesso al delitto, mentre la società cammina a modo suo, non potendo fare altrimenti senza mettere a pericolo la sua stessa esistenza. Il numero sempre crescente degli intermediari produce anche altri inconvenienti. Sebbene codesta classe lavori indefessamente, non è che una classe di parassiti, improduttiva, e vivente del prodotto del lavoro altrui non altrimenti che la classe degli imprenditori. Conseguenza ineluttabile di ciò è il rincaro eccessivo delle merci e delle cose necessarie alla vita, tanto eccessivo da farne raddoppiare e moltiplicare il prezzo che il produttore ne ritrae (126). Se non è consigliabile né possibile un vero rialzo (125) Il prof. Adolfo Wagner esprime l’identico concetto nella sua opera: Compendio di economia politica, a pag. 361 ove dice: «La questione sociale è la contraddizione cosciente fra lo sviluppo economico e il principio sociale della libertà e della giustizia che sovrasta come ideale e si attua nella vita politica». Nota di A. Bebel. (126) Il dott. E. Sachs nel suo lavoro: L’industria domestica in Turingia, riferisce fra altro che nel 1869 la produzione di 244 milioni e mezzo di stili aveva costato ai produttori da 122.000 a 200.000 fiorini, mentre il prezzo di mercato salì fino a 1.200.000 fiorini, triplicando il prezzo ritratto dal produttore. Qui nel produttore è compreso l’imprenditore che sfrutta a sua volta l’operaio. Nota di A. Bebel. 105 nel prezzo delle merci per timore d’una limitazione nel consumo, si rende artificialmente peggiore la qualità delle merci, mercè la adulterazione dei generi alimentari, l’alterazione dei pesi e delle misure, ottenendo anche con ciò un profitto altrimenti non realizzabile. Il chimico Chevalier riferisce per esempio che fra i vari modi di falsificazioni dei generi alimentari egli ne conosce 32 per il caffè, 30 per il vino, 28 per la cioccolata, 24 per la farina, 23 per l’acquavite, 20 per il pane, 19 per il latte, 10 per il burro, 9 per l’olio d’oliva, 6 per lo zucchero ecc. La Camera di commercio di Varsavia riferì nel 1870 che si commettono frodi nella vendita di merci pesate alla lesta nelle botteghe; dando per una libbra 24 o 26 mezze once e rifacendosi così doppiamente della perdita subita per effetto del deprezzamento della merce. Gli operai e il popolino che devono acquistare le merci a prestito si trovano in condizioni peggiori degli altri perché devono tacere anche quando la frode è manifesta. Il pessimo abuso della alterazione dei pesi è specialmente notevole nei negozi di posteria. L’inganno e la frode sono quindi indissolubilmente legati a questa condizione, e costituiscono una necessità sociale, come la prostituzione. Vi sono poi istituzioni dello Stato, come quelle relative alle imposte indirette e ai dazi, che sembrano fatte apposta per favorire codeste frodi. Al contrario le leggi contro le adulterazioni dei generi alimentari poco riusciranno a fare. Prima di tutto è la lotta per la vita che rende necessario l’impiego di mezzi sempre più raffinati, poi un controllo severo non può essere fatto nelle attuali condizioni. Vi sono Circoli molti influenti ed autorevoli fra le classi dirigenti, interessati nelle frodi. Sotto il pretesto che per scoprire le adulterazioni sono necessari organi amministrativi complessi e costosi, che recano imbarazzi al commercio onesto, ogni serio controllo manca. Ma se queste leggi e questi regolamenti si applicano davvero, allora si ha un notevole rincaro nei prezzi dei prodotti non falsificati, perché il prezzo più basso era possibile soltanto per le merci adulterate. Per togliere tali inconvenienti che colpiscono più fieramente dappertutto e sempre la massa del popolo, si è pensato alla fondazione di società di consumo. Anche queste però giovano assai poco, vuoi per la difettosa e costosa amministrazione, vuoi per i tenui profitti che ne sono la conseguenza. In molti casi esse diventano un nuovo mezzo per legare gli operai a certe industrie sulle quali si fondano queste società che non servono spesso ad altro che a produrre una diminuzione nei salari. La fondazione di queste società di consumo è prima di tutto un sintomo che in larghissima cerchia si riconosce ciò che vi è di difettoso e manchevole nel commercio, in secondo luogo esse sono anche una prova della sovrabbondanza del commercio e dei commercianti principalmente (127). Certo questo ordinamento sociale è il migliore che possa esistere senza il numero straordinario di parassiti che compongono il ceto commerciale, perché i prodotti arrivano in mano dei consumatori per via diretta e cioè senza bisogno dell’opera degli intermediari. C’è però connessa l’altra questione, che cioè venga provveduto nelle proporzioni le più grandiose ad una istituzione comune per la tavola. * * * Quanto abbiamo esposto fin qui riguarda soltanto i rapporti industriali e commerciali; non abbiamo ancora toccato quelli della proprietà rurale.Ma anche la campagna è già colpita dal progresso moderno. Le crisi dell’industria e del commercio si fanno sentire anche nelle campagne. Molta gente del contado è occupata in tutto od in parte negli stabilimenti industriali e commerciali, e tale occupazione va diffondendosi sempre più perché i grandi proprietari trovano utilissimo di far trasformare la parte principale delle rendite del suolo, anche sui loro beni propri, in prodotti industriali. Ora essi profittano delle alte tariffe dei trasporti dei prodotti greggi, per es. delle patate per lo spirito, delle barbabietole per lo zucchero, della frutta per la farina o per la distillazione dell’acquavite, o per la fabbricazione della birra, ecc.; hanno inoltre operai più a buon mercato e più volonterosi che nella città, o nei distretti industriali. Le abitazioni e le pigioni sono assai meno care; le imposte e i dazi più bassi, perché i proprietari di fondi nelle campagne sono, fino ad un certo grado, legislatori ed esecutori ad un tempo, e spesso anzi hanno in loro mano anche il servizio di polizia. Con ciò si spiega il fenomeno, che il numero delle cucine a vapore nelle campagne aumenta ogni anno, e che l’agricoltura e l’industria si aiutano vicendevolmente. E’ un vantaggio cotesto che intanto avvantaggia il solo proprietario. Non ci vuole molta perspicacia per riconoscere che a misura che i grossi proprietari di fondi si trovano in condizioni tali da poter migliorare il suolo appetiscono il fondo del vicino, il quale rimpetto a loro si trova nella stessa posizione dei piccoli industriali rimpetto ai grandi. La campagna però non si è sottratta all’influenza della civiltà sino alle sue più remote contrade. Se il figlio del contadino ritorna fino nel più lontano villaggio, dopo tre anni passati nell’ambiente delle caserme e delle città non troppo saturo di alta morale, non di rado apportatore e propagatore di malattie veneree, egli ha imparato a conoscere anche molte idee nuove e a sentire i bisogni della civiltà, che vuol pure soddisfare. La diffusione e il miglioramento degli scambi risveglia anche nelle campagne cotesti bisogni. L’uomo del contado impara dal commercio colla città a conoscere ilmondo da un punto di vista del tutto nuovo e seducente, nuove idee gli passano per la mente, ed acquista la conoscenza dei bisogni della civiltà, che gli erano prima completamente ignoti. Ciò lo rende (127) Secondo la statistica delle professioni del 5 giugno 1882 v’erano allora inGermania nel trafficomercantile 386.157 impiegati principali, e 145.474 impiegati accessori, in complesso 531.631 impiegati. (La nota continua con questa frase: “Nei primi erano occupate 705.906 persone”; ma non vi è attinenza con la frase precedente, forse perché manca un pezzo...). Nota di A. Bebel. 106 completamente malcontento della sua posizione. Le esigenze sempre maggiori come si fanno sentire nello Stato, nella provincia e nei comuni, così si fanno sentire anche nelle campagne e nelle officine, e rendono il contadino e l’operaio ancora più ribelle. Così la somma complessiva delle spese occorrenti per provvedere ai bisogni dei comuni e delle campagne in Prussia da 8.400.000 talleri nel 1849, salirono già nel 1867 fino a 23.110.000. Il contributo dei comuni della città e delle campagne, per provvedere ai bisogni della provincia, dei distretti e dei comuni salì nello stesso periodo da 16 milioni di talleri fino a 46 milioni. La somma media delle spese locali per capo aumentò da 2,96 a 7,05 centesimi e bisogna notare che da allora l’aumento non si arrestò mai. Ed anche i prezzi dei prodotti del suolo sono frattanto rincarati, non però nella misura stessa delle imposte e di molte altre spese. Il contadino non solo non ritrae dal suo prodotto il prezzo che si paga in città, ma ritrae perfino assai meno di quello che ne ricava il grande possidente. Ilmediatore o il commerciante che scorre le campagne in giorni determinati o in certe epoche dell’anno, e di regola non fa che rivendere come sensale, vuol guadagnarci; ma il raccogliere molte piccole quantità gli riesce assai più faticoso e molesto che non ritirare l’intero carico da un grosso possidente. Ciò influisce sul prezzo. Si aggiunga che il contadino e l’affittuale non sempre possono aspettare il tempo in cui il prezzo del prodotto sul mercato sia giunto al più alto limite. Egli ha impegni e pagamenti da fare (affitti, interessi, imposte, prestiti da rimborsare, ovvero debiti verso i bottegai e gli operai) con scadenze fisse; quindi bisogna vendere anche quando l’epoca è sfavorevole. Il contadino ha gravato il suo fondo di ipoteche, per avere il denaro occorrente alla coltivazione e al miglioramento agrario; ma non c’è molto da scegliere fra i mutuanti, e quindi le condizioni del mutuo non sono le più vantaggiose per il mutuatario. Ci sono alti interessi da pagare e alla fissata scadenza si è inesorabili; e basta un raccolto poco abbondante o una speculazione sbagliata dalla quale sperava di ritrarre un largo profitto, per metterlo sull’orlo del precipizio. Spesso il compratore dei prodotti del suolo è anche il mutuante del capitale, per cui il debitore è completamente in potere del creditore. Perciò i contadini di tutte le borgate e dei distretti si trovano nelle mani di pochi creditori, per esempio i nostri coltivatori di luppolo e di tabacco, e i vinicultori nella Germania meridionale; i coltivatori di legumi del Reno e i piccoli possidenti della Germania media. I creditori ipotecari li dissanguano lasciandoli stare sui loro poderetti di cui appariscono, ma in realtà non sono proprietari. Ma il capitalista trova spesso più utile e più comodo di agire così, piuttosto che pigliarsi il terreno, amministrarlo e venderlo. In tal modo nei libri catastali vi sono molti che figurano come proprietari mentre non lo sono. Certo rovina anche qualche grosso possidente, per mala amministrazione o per essere capitato in mano di un capitalista strozzino. Il capitalista s’impadronisce del suolo, e, per trarne doppio profitto, lo divide in lotti o porzioni, vendendole a parte a parte, e realizzando in tal guisa un prezzo assai più alto di quello che avrebbe altrimenti ritratto vendendo in blocco. Si aggiunga che il capitalista ha la massima probabilità di trarre più notevoli vantaggi da un maggior numero di proprietà piccole e medie. E’ noto che nella città le case con affitti più alti sono appunto quelle con abitazioni molte e piccole. Il capitalista si attacca ad un grande numero di piccoli poderi e li compera. Il benefico capitalista è disposto a cedere verso piccoli acconti più grandi appezzamenti di terra per impiegare il resto del prezzo d’acquisto in mutui ipotecari ad alto interesse ed estinguibili ratealmente. Ed è qui dove sta il marcio. Se il piccolo possidente ha fortuna e riesce mercè gli sforzi più estremi a ritrarre dal suolo una rendita discreta od a trovar denari a più buon mercato, allora egli può salvarsi; altrimenti le cose non possono andare che nel modo già da noi descritto. E’ una grande disgrazia per il piccolo possidente o per l’affittuale se gli muoiono alcuni capi di bestiame; se ha una figlia da marito, le spese per il corredo o la dote gli aumentano i debiti e gli viene a mancare una forza produttiva. Se è un figlio che piglia moglie, allora questi vuol la sua parte del patrimonio. Spesso egli deve trascurare ed omettere i necessari miglioramenti, e se la gregge e la casa non porgono concime sufficiente – ed è un caso assai frequente – allora la rendita scema per impossibilità di acquistare gli ingrassi. Non di rado gli mancano persino i mezzi di procacciarsi miglior sementi; gli è negato l’impiego e l’uso vantaggioso delle macchine, e non meno spesso è per lui inattuabile la rotazione agraria quale è richiesta dalla natura chimica del suo terreno. Né egli può profittare dei vantaggi che la scienza e l’esperienza han saputo ritrarre dagli animali domestici. Mancano a tal uopo i pascoli, mancano le stalle, mancano gli ordinamenti adatti. Vi sono quindi molte ragioni che, inducendo i piccoli possidenti a far debiti, li gettano in braccio o al capitalista che li strozza, ovvero al grosso possidente che li opprime. La affermazione che la crescente concentrazione della proprietà fondiaria sia una semplice supposizione perché vi sono più proprietari oggi che una volta, non prova nulla contro quanto abbiamo esposto. Prima di tutto si è già rilevato come figurino fra i proprietari migliaia di persone che in fatto non lo sono più; e poi bisogna considerare anche l’aumento della popolazione e il frazionamento della proprietà che ne è la conseguenza, specialmente nei casi di morte. Cotesto frazionamento porta però in se stesso il germe della morte per il proprietario, perché quanto più è piccolo il suo possesso, tanto più difficile diventa la sua esistenza. La libertà delle industrie ha aumentato di molto il numero dei conduttori di piccole industrie, ma sarebbe erroneo ritenere che ciò abbia contribuito a creare maggior benessere. La concorrenza si è fatta più accanita fra le industrie e ciò ne facilita ai grandi capitalisti la distruzione e lo sfruttamento. Se vi sono dunque due o tre proprietari là dove prima ce n’era uno, ciò non vuol dire affatto che quei due o tre stiano meglio di quello che prima stesse uno solo.Anzi è vero tutto il contrario, per l’avversità delle circostanze create dalla natura dei rapporti sociali. 107 Solo i grandi possidenti in particolar modo possono acquistare i piccoli poderi per “arrotondare” i loro possessi. I grandi magnati del capitale investono preferibilmente i loro capitali nelle terre perché è il possesso più sicuro e il suo valore sale, indipendentemente dalla cooperazione dei proprietari, coll’aumento della popolazione: l’Inghilterra porge l’esempio più palpitante di questo continuo aumento di valore. Sebbene ivi le entrate della terra siano diminuite negli ultimi decenni per effetto della concorrenza internazionale dei prodotti agrari ed animali, sebbene nella Scozia più di due milioni di aree di terreno siansi trasformati in parchi da caccia, ridotti quasi un deserto 4 milioni di acri in Irlanda, e limitata in Inghilterra la superficie coltivata da 19.153.990 acri nel 1831 a solo 15.651.605 acri nel 1880, e cioè di 3.484.385 acri trasformati in prati e pascoli. Malgrado tutto ciò, la rendita del suolo continuò a salire notevolmente. L’importo totale della rendita del suolo della proprietà fondiaria calcolato in lire sterline, fu: - in Inghilterra e nel paese di Galles di 41.177.200 nel 1857, di 52.179.381 nel 1875, di 52.179.381 nel 1880, con un aumento quindi di 11.002.381. - in Iscozia di 5.932.000 nel 1857, di 7.493.000 nel 1875, di 7.776.919 nel 1880, con un aumento quindi di 1.844.919. - in Irlanda di 8.747.000 nel 1857, di 9.293.000 nel 1875, di 10.543.000 nel 1880, con un aumento quindi di 1.796.700. Il totale di tutti i paesi risulta dunque di 55.856.000 nel 1857, di 68.811.000 nel 1875, di 70.500.000 nel 1880, con un aumento sommato di 14.644.000. E’ dunque un aumento del 26,2% in 23 anni, indipendentemente dall’opera dei proprietari. Alla tendenza all’accentramento della proprietà fondiaria, fa contrasto la tendenza al frazionamento in vicinanza delle grandi città e nei distretti industriali. Qui la campagna si trasforma in ville o giardini e forma oggetto della più sfrenata speculazione, dalla quale di solito non è che il capitalista che sappia trarre profitto. Non vi è dubbio che tutto questo processo evolutivo pregiudichi gravemente ilmondo femminile delle campagne. Le donne hanno sempre più davanti a sé la prospettiva di diventare fantesche ed operaie mal rimunerate in mano dei grandi possidenti, anziché proprietarie ed acquisitrici. Per il loro sesso trovandosi esposte ai capricci ed alle pretese illegittime dei proprietari o dei loro impiegati, più di quello che siano nelle industrie, in cui il diritto di possesso si esercita spesso su tutta la persona, per cui in mezzo all’Europa “cristiana” si è potuto costituire e sviluppare una specie di economia da harem turchi. La donna del contado è molto più isolata della donna cittadina. Le autorità rappresentano per lei o chi le dà lavoro od un suo buon amico; non ci sono giornali ed una pubblica opinione sul cui aiuto essa possa contare, e, la condizione degli operaimaschi versa in condizioni di ancora più vergognosa dipendenza. Ivi il cielo è alto e lo czar lontano. Se non che la condizione della proprietà fondiaria è della massima importanza per lo sviluppo di tutta la nostra civiltà. Dal suolo e dai prodotti suoi dipende in principal modo l’esistenza di tutto il popolo. La proprietà non si aumenta a piacere, ed è perciò che diventa tanto più importante per tutti la questione sul modo di coltura e sulle rendite che se ne trae. Noi siamo già a tal punto, che è diventato ogni anno indispensabile una notevole importazione di generi alimentari, (pane e carne), i cui prezzi aumentano ora assai più di una volta. Qui però si presentano due importanti interessi in conflitto quelli degli agricoltori e quelli degli industriali. La popolazione industriale ha tutto l’interesse che i prezzi dei generi necessari alla vita siano miti, perché da ciò dipende non solo la loro prosperità come uomini, ma anche come commercianti e industriali. Qualsiasi rincaro dei mezzi di esistenza determina o un peggioramento nella nutrizione di una gran parte del popolo, ovvero un aumento tale dei salari e quindi del prezzo dei prodotti dell’industria, che ne diminuisce lo spaccio diventando più difficile vincere la concorrenza dell’estero. Ma per l’agricoltura la quistione è assai diversa. Come l’industriale anche l’agricoltore vuol trarre dal proprio lavoro il maggior profitto possibile essendogli indifferente che questo profitto gli venga da un prodotto ovvero da un altro. Se l’importazione di cereali e di carni gli impediscono di ritrarre dalla coltivazione dei cereali o dall’allevamento del bestiame i prezzi sperati, ovvero i prezzi necessari a rimunerarlo, egli abbandona la coltura dei cereali e l’allevamento del bestiame, per raccomandare al suolo la coltura di un altro prodotto che gli sia profittevole. Pianta barbabietole per la produzione dello zucchero, patate e grani per la distillazione dell’alcool, invece di piantare frumento e grano per formare pane; destina i terreni più feraci alla coltivazione del tabacco, invece che a quella dei legumi ed al giardinaggio. Inoltre si utilizzano migliaia di ettari di terreno per il pascolo dei cavalli perché il prezzo di questi è molto elevato in conseguenza del consumo che se ne fa dagli eserciti. D’altra parte vi sono estese boscaglie, che potrebbero facilmente rendersi fruttifere, riservate per le cacce dei ricchi, specialmente in contrade nelle quali si potrebbe dar mano ad atterrare duecento o mille ettari di bosco per trasformarlo in terreno coltivabile, senza che ciò influisca sinistramente sullo sviluppo della umidità della regione così spogliata. E per quanto riguarda l’umidità, la nuova scienza forestale non accoglie l’opinione che i boschi abbiano un’influenza decisiva sullo sviluppo della umidità. Boschi e boscaglie attecchiscono e prosperano soltanto là dove la natura del suolo non permette alcuna coltura rimuneratrice, ovvero là dove essi servono a dotare i paesi montuosi e le montagne di una coltura economicamente profittevole e tale da impedire il rapido deflusso delle acque. Sotto questo punto di vista, vi sarebbero in Germania ancora migliaia di chilometri quadrati di ottimo terreno suscettibili di coltura. Ma a codeste trasformazioni di coltura sono d’ostacolo così gli interessi materiali di una burocrazia ben pagata, come gli interessi vessatori dei grandi proprietari, i quali non vo108 gliono saperne di rinunziare al passatempo piacevole della caccia. Come si suddivide il terreno coltivato nelle aziende diverse è riferito nella statistica delle professioni rurali del 5 Giugno 1882 per la Germania: Secondo ilKoppe nel nord-est dellaGermania sono necessari almeno 6 ettari di terreni mediocri perché una famiglia di contadini possa cavarsela, e per vivere in una discreta agiatezza ne bisognano dai 15 ai 20. Nel sud-ovest della Germania si calcolano da 3 ½ a 4 ½ ettari di terreno fertile, per assicurare il mantenimento di una famiglia. Questo minimo non viene raggiunto da più di 4milioni di proprietà private, e soltanto il 6% possiedono tanto terreno da poterci vivere in uno stato di benessere. Sono necessari non meno di 3.222.270 operosi proprietari per esercitare insieme coll’agricoltura anche l’industria e il commercio. Nella spartizione del terreno coltivato vi è però questo di caratteristico, che nei poderi aventi una superficie inferiore ai 50 ettari, 3.747.677 ettari soltanto sono coltivati a grano, mentre, nei poderi aventi una superficie superiore ai 50 ettari, se ne contano invece 9.636.249. Quindi l’1% della azienda comprendeva di suolo coltivato a grano due volte e mezzo più dei rimanenti 99%. I più grandi proprietari della Germania sono: i principi Fugger eWied con quasi 110.000 ettari; il duca di Ratibor, il principe di Löwenstein-Wertheim -Rochefort, il principe Bentheim-Steinfurt, il duca di Leuchtenberg con quasi 140.000 ettari; il principe Leiningen con quasi 160.000 ettari; il principe Pless con quasi 165.000 ettari; il duca di Talleyrand-Sagan con quasi 200.000 ettari; il principe Salm-Salm con quasi 220.000 ettari; il principe Fürstenberg e duca di Braunschweig (128) con quasi 275.000 ettari; il duca di Thurn e Taxis con quasi 300.000 ettari; il duca di Aremberg con quasi 320.000 ettari; il principe Wittgenstein con quasi 1.230.000 ettari (129). Questi 17 grandi proprietari della Germania hanno quindi complessivamente 4.615.000 ettari, possedendo quindi più di 1/9 della intera superficie del suolo coltivato, che comprende 40 milioni di ettari circa. Da ciò si può dedurre quale interesse abbiano questi proprietari, non meno che le altre migliaia di grandi possidenti della Germania, ai dazi sul bestiame, sui grani e sul legname. L’accentramento della proprietà fondiaria è dimostrata dal fatto, che negli anni 1837- 1867 le proprietà rurali da 30 a 300 iugeri diminuirono nelle provincie orientali della Prussia e inWestfalia di 2.831.226 iugeri, e cioè dell’8%(130). Da allora l’accentramento ha fatto indubbiamentemaggiori progressi, come si rileva ovunque abita un grosso possidente. L’acquisto delle piccole proprietà che lo circondano cresce continuamente. L’avidità del grosso possidente è insaziabile, e cresce coll’estendersi della sua proprietà. In Sassonia nel 1860, sopra 228,36 miglia quadrate di proprietà privata, 942 terre signorili ne abbracciavano da sole 43,24 e cioè quasi un quinto della proprietà.Diverse sono le condizioni nelMecklenburg- Schwerin. Sopra 244 miglia quadrate, il demanio e 7 conventi ne possedevano 107 e tre quarti, già allora; 654 i proprietari di terre signorili e 6 grandi agricoltori ne possedevano complessivamente 103 ½, i territori di 40 città e i beni camerali 26,45. Sopra 15.685 proprietari, non vi erano più di 630 proprietà libere. In Boemia la chiesa possiede più di 106.000 iugeri (131), la proprietà feudale abbraccia 1.269 possessi con 3.058.088 di iugeri di terreno, un terzo di tutto il paese, mentre non paga che 4 milioni di fiorini di imposta fondiaria sopra 14. Più della metà delle proprietà dei fondi signorili appartiene a sole 150 famiglie, e i soli poderi del principe Schwarzenberg abbracciano più di 150.000 ettari. Sopra 260 miglia quadrate di terreno boschivo, 200 sono di proprietà signorile. Sono terreni incantevoli e vastissimi destinati alla caccia. DallaBoemia e dalle provincie dellaGermania, delMar Baltico ecc. gli uomini emigrano in massa quasi tutti poverissimi, mentre il suolo resta incolto o quasi, perché proprietà di un altro il quale ne ha abbastanza per poter consumare la sua ricchezza fondiaria.Altri grandi possidenti rendono superflua la manodopera mediante l’introduzione delle macchine, ovvero la trasformazione del suolo coltivabile in pascolo. La relazione dell’Ispettore delle fabbriche di Braunschweig per il 1881, dimostra in quale proporzione si presenta la esuberanza delle “braccia” nella economia e nell’industria agricola, constatando il fatto che, malgrado il notevole aumento della produzione dello zucchero il numero degli operai è scemato di più di 3000 unicamente per effetto dei migliorati sistemi di lavoro. La diminuzione nel numero degli operai di campa- (128) Dopo la sua morte, gran parte del di lui patrimonio passò al Re di Sassonia. Nota di A. Bebel. (129) «Auf friedlichem Wege», di Flürschein. Nota di A. Bebel. (130) Nuovo Tempo. Anno 1885, pag. 145. Nota di A. Bebel. (131) iùgero: unità di misura di superficie usata nell'antica Roma, equivalente ad un rettangolo di 240 x 120 piedi romani, ossia a circa 2.500 metri quadri. Superficie Aziende agricole Perc. sul totale inferiore ad 1 ha 2.323.316 44,03 da 1-5 ha 1.719.922 32,54 da 5-10 ha 554.174 10,50 da 10-20 ha 372.431 7,06 da 20-50 ha 239.887 4,50 da 50-100 ha 41.623 0,80 da 100-200 ha 11.033 0,21 da 200-500 ha 9.814 0,18 da 500-1000 ha 3.629 0,07 superiore a 1000 ha 515 0,01 Totale 5.276.344 100,00 109 gna simanifesta inmodo sorprendente nella Gran Bretagna. Ivi il numero degli operai maschi e femmine impiegati alla economia rurale raggiunse: Da allora in poi si è verificata una diminuzione ancora più sensibile nel numero dei lavoratori di campagna, eppure la rendita è, in Inghilterra, più alta che in Germania, in Francia, in Austria e nell’Ungheria. Secondo il dottor O.I. Brock la rendita per acro (are 40,5, parentesi diA. Bebel) calcolata in litri 35,7 raggiunse nel 1885: Come si vede, la differenza nelle rendite fra la Gran Bretagna e gli altri paesi è notevolissima e dimostra ciò che si può ottenere con la coltura intensiva. Anche in Ungheria il numero delle persone impiegate nell’agricoltura è molto scemato, avendo raggiunto: nel 1870 : 4.417.514 nel 1880 : 3.669.177 con una diminuzione, quindi, in 10 anni di 748.457 e cioè di più del 17%. La proprietà passò nelle mani dei grandi magnati e dei capitalisti, e lemacchine sostituirono l’uomo; perciò le braccia furono “esuberanti”. Questi fenomeni si presentano dappertutto nell’economia rurale. In Prussia la popolazione delle città crebbe, dal 1875 al 1885, del 20%; quella delle campagne solo del 4,8%. Nella Pomerania (132), ove si esercita principalmente la industria agricola, la popolazione scemò in questo periodo in ragione di 0,4%; nell’Hohenzollern crebbe solo in ragione di 0,7%; nella Prussia occidentale e nello Scleswing-Holstein del 2,3%; in Assia- Nassau del 2,9%; nella Prussia orientale del 3,3%; nell’Hannover del 3,4%; nella Slesia del 3,5%; a Posen del 5,3%; nel Brandeburg del 5,7%; nella Sassonia del 7,5%; nei paesi Renani dell’8,3%, e nellaWestfalia dell’11,9%. Ora poiché l’aumento medio della popolazione in quel periodo raggiunse in Prussia il 10%, non fu che nellaWestfalia ove l’aumento della popolazione rurale abbia superato quello delle città; sarebbe quindi da vedersi quanto abbiano contribuito a determinare questo aumento i paesi industriali, e allora il risultato sarebbe diverso. In tutto lo Stato di Prussia la parte della popolazione delle città rispetto a quella complessiva salì dal 34,2%al 37,3%; quella delle campagna discese dal 65,8% al 62,7%. E’ poi veramente sorprendente la diminuzione della popolazione nella Prignizia orientale ed occidentale, che nel 1865 contava 100 mila abitanti e nel 1885 87.000 soltanto. Nel periodo di tempo che corre dal 1879 al 1888, il numero delle caldaie a vapore e dei locomobili – e quindi di quei motori che si applicarono specialmente nella economia rurale – salirono in Prussia da 5.536 a 11.571, quindi un aumento del 109,7%. Secondo la statistica delle professioni agricole per il 1882, 5.276.344 aziende agricole non impiegavano più di 391.746 macchine, e cioè il 7,5%; le 24.999 grandi aziende, con una superficie superiore a 100 ettari, ne impiegavano 20.558, e cioè l’82,25%; mentre le 653.941 aziende di mediocre importanza, aventi una superficie da 10 fino a 100 ettari, non ne impiegavano che 246.131, e cioè il 37%. Naturalmente sono le aziende più importanti quelle che possono fare un conveniente impiego delle macchine. Il lavoro intenso di queste, la coltivazione uniforme di grande superficie di terreno non domandano al contadino che poco tempo di occupazione, e quindi il numero dei famigli viene ridotto al puro necessario per il servizio del cortile e la cura del bestiame, e si licenziano i braccianti appena compiuto il lavoro. All’epoca dei raccolti vengono chiamati e invitati da ogni parte, e per poco la domanda è eccessiva; ma poi sono di bel nuovo licenziati. In tal modo si va formando anche tra noi, come già in Inghilterra e più ancora negli Stati Uniti, un proletariato che dà molto a pensare. Guai se codesti braccianti domandano un salario più alto per il tempo in cui trovano occupazione e quando la domanda supera l’offerta. Si grida all’arroganza e si licenziano: allora girano per il mondo affamati, diventano vagabondi, bersaglio agli insulti, tenuti lontani dalle case dai cani e consegnati, come altrettanti “discoli” che non vogliono lavorare, alla polizia perché li faccia chiudere in una casa di lavoro. Bell’«ordine» davvero! Lo sfruttamento della proprietà fondiaria per opera del capitale mena anche per altra via allo stesso risultato. Parte dei nostri possidenti trasse per molti anni vantaggi favolosi dalla coltivazione delle barbabietole e dalla produzione dello zucchero. I sistemi doganali ne favorivano anche l’esportazione, per modo che l’imposta sulle barbabietole divenne per l’Erario quasi una finzione, perché i premi d’esportazione per lo zucchero consumarono quasi l’introito dell’imposta sulla barbabietola, Le imposte e i premi 1861 1871 Diminuzione Uomini 1.833.652 1.328.151 505.501 Donne 376.797 186.450 193.127 Totale 2.210.449 1.514.601 698.628 Grano Orzo Gran Bretagna 35,2 37,8 Germania 18,7 23,6 Francia 16,0 19,5 Austria 15,5 16,8 Ungheria 11,7 16,0 (132) Pomerania (in polacco: Pomorze) è una regione situata nel nord della Polonia e della Germania sulla costa meridionale delMar Baltico, tra i fiumi Vistola e Oder fino ai fiumi Recknitz a ovest e Notec a sud. Le due città più importanti sono Danzica e Stettino, entrambe attualmente città polacche. 110 d’esportazione dettero in questi ultimi anni i risultati seguenti: Se si detraggono dalla differenza in più le spese di amministrazione, allora l’entrata si riduce a una quantità piccolissima, che nell’anno finanziario 1889-90 fruttò, per esempio, 9 milioni soltanto. I premi assicurativi ai fabbricatori di zucchero per ogni due quintali di zucchero, superavano dimolto l’imposta da essi pagata per la barbabietola, e si ponevano quindi i fabbricanti in condizione di poter vendere lo zucchero in quantità enormi a spese dei contribuenti nazionali, e di estendere sempre più la coltura della barbabietola. I profitti toccati a quasi 400 fabbriche di zucchero per effetto di questo sistema d’imposta, furono calcolati nel 1889-90 a più di 31 milioni di marchi, sicché ogni fabbrica avrebbe guadagnato 78.000 marchi in cifra rotonda. Migliaia di ettari, coltivati fino ad oggi a cereali, a patate ecc., furono destinati alla coltura della barbabietola; le fabbriche si moltiplicarono, altre stanno per sorgere, e la conseguenza necessaria, inevitabile sarà un crac enorme. La rendita elevata della coltivazione della barbabietola esercitò una salutare influenza sul prezzo dei terreni, che salì; d’onde l’acquisto dei piccoli poderi, che proprietari, allettati dall’altezza dei prezzi, si lasciarono persuadere a vendere.Mentre il suolo viene così utilizzato a scopo di speculazione industriale, la coltura dei cereali e delle patate su terreni di qualità inferiore va limitandosi; di qui la necessità di importare dall’estero i generi alimentari. La domanda supera l’offerta. L’enorme importazione di prodotti stranieri e la tenuità delle tariffe di trasporto dalla Russia, dai Principati Danubiani, dall’America, dalle Indie ecc., determina tali prezzi, per cui gran parte dei possidenti nazionali, gravati come sono da ipoteche e da imposte, con un suolo di poco valore, un’azienda spesso male organizzata, e peggio amministrata, non possono reggersi. Si impongono dazi enormi sulle importazioni straniere, il cui vantaggio non è goduto che dal potente, mentre il misero non ne trae il minimo profitto, e che aggravano enormemente la popolazione non agricola. Il vantaggio di pochi è il danno di molti, la piccola e media agricoltura va decadendo, né vi è per essa erba da mangiare. Si ammette generalmente che la condizione dei piccoli agricoltori è andata sempre peggiorando durante il periodo dei dazi protettori. Tutti i vantaggi che il grosso possidente trae dai dazi alti, dai divieti di importazione e dalle barriere doganali, lo pongono in condizione di poter esercitare tanto più agevolmente il monopolio sui piccoli possidenti, i quali, producendo solamente tanto che basta a mantenere sé e la famiglia, non ritraggono alcun profitto da coteste misure. Il numero stragrande di coloro i quali non producono tanto che basti a mantenerli e uno sguardo alla statistica delle professioni e della divisione delle terre, mostra che la maggior parte dei possidenti e degli agricoltori risente un danno diretto dal rincaro dei generi alimentari, determinato dai dazi e dalle imposte indirette. Se poi capita un cattivo raccolto, che diminuisca ancor più la rendita delle terre, allora il peso diventa ancora più intollerabile, ed anche il numero di quelli che erano costretti a comperare i prodotti diventa maggiore. In nessun caso i dazi e le imposte indirette possono migliorare la condizione sociale della maggioranza, cioè far le cose a rovescio. La completa rovina della piccola proprietà viene quindi accelerata piuttosto che ritardata. La Baviera, uno dei paesi più agricoli della Germania, fornisce una prova tipica della condizione delle piccole proprietà. Secondo l’Annuario del R. Ufficio di statistica bavarese furono espropriati coattivamente in Baviera: nel 1885: 1.318 fondi della superficie di 11.457 ha nel 1886: 1.348 fondi della superficie di 8.582 ha nel 1887: 1.111 fondi della superficie di 7.935 ha nel 1888: 1.514 fondi della superficie di 10.438 ha Rimasero senza amministrazione per più o meno lungo tempo: nel 1885: 175 fondi con 1.118,6 ha di superficie nel 1886: 169 fondi con 681,2 ha di superficie nel 1887: 186 fondi con 1.037,5 ha di supeficie nel 1888: 265 fondi con 1.622,3 ha di superficie Quanto ai fondi fino a 10 ettari considerati piccoli, da 10 a 100 ettari considerati medi, e da 100 in su come grandi, le vendite all’asta si ripartirono così: Rendita lorda imposta sulla barbabietola Compenso per lo zucchero esportato 1885-86 113.125.100 90.076.600 1886-87 141.213.400 108.821.000 1887-88 118.387.600 105.568.000 1888-89 108.693.600 80.067.100 Marchi Marchi Piccola proprietà Media proprietà Grande proprietà nel 1885 80,9 18,7 0,4 nel 1886 83,8 16,0 0,2 nel 1887 80,5 19,0 0,1 nel 1888 81,5 18,4 0,4 111 Se poi vogliamo sapere la parte della superficie totale espropriata nel 1888, per esempio riferibilmente ai diversi gruppi, troveremo per la piccola proprietà il 40,7%, per la media il 55,7% e il 3,6% per la grande possidenza. Di 1.514 fondi espropriati nel 1888 avevano la superficie fino a 1 ettaro: 280; da 1 a 2 ettari: 128; da 2 a 3: 184; da 3 a 4: 128; da 4 a 5: 103; da 5 a 10 ettari: 307. Quindi il 61,6% di tutti i fondi espropriati è rappresentato esclusivamente da minuscoli poderi da 1 a 5 ettari di superficie; e appartengono alla categoria delle perdite della piccola agricoltura. Viene in prima linea il distretto governativo, dove è sviluppatissima la proprietà parcellare, e cioè il Palatinato (133): il 52,9% di tutte le proprietà comprese in questo distretto non superano in superficie 1 ettaro. I piccoli viticultori, i coltivatori di tabacco, vanno in rovina nel giocondo Palatinato; 77,3% dei fondi ivi espropriati nel 1888 non superava in superficie 5 ettari. La percentuale più alta fra i fondi inferiori a 5 ettari soggetti ad espropriazione si trova nella sede della coltura del luppolo e cioè nella Franconia (134) media che ha il 71,1%, di cui il 29,8% di fondi inferiori a 1 ettaro. Viene dopo la Svezia con 70,8%; poi un centro della industria casalinga, l’alta Franconia, col 60%; poi la Franconia inferiore, ove predomina la coltura della vite e del giardinaggio, col 56,5%; la bassa Baviera col 54,1%, l’alta Baviera col 53,1%, e l’alto Palatinato col 50%. Nell’Austria Cisleitana (135), eccetto Vorarlberg e la Dalmazia, la cifra dei terreni venduti all’asta nel 1874 fu di 4.720, che salì nel 1877 a 6.979, e nel 1879 a 11.272. I poderi erano più del 90%. Nel 1874 furono venduti all’asta nell’Austria Cisleitana 4.413 poderetti gravati ciascuno da un debito medio di 3.136 fiorini per podere, ma nel 1878 i poderi furono 9.090 con un debito medio ciascuno di 4.290 fiorini. La somma della inscrizione ipotecaria rimasta esclusa per insufficienza del prezzo ricavato dalle vendite fu nel 1874 di 4.679.753 fiorini, cioè il 30,8% del debito totale; nel 1878 di 20.366.173 fiorini, e cioè il 52,2% del debito totale. In Ungheria già nel 1876 le vendite all’asta di immobili non furono meno di 12.000. Finché il proprietario amministra e coltiva il suo fondo, nell’era della “sacra” proprietà privata, è la sua casa, è il suo diritto. Che importa a lui della comunità e del suo benessere? Egli deve pensare a se stesso e quindi: libera via. L’industriale fabbrica anche figure oscene, stampa libri immorali, apre stabilimenti per adulterare i generi alimentari. Tutto ciò è dannoso alla società, perché calpesta la morale e aumenta e diffonde la corruzione. Ma che importa? Egli intasca danari più che non potrebbe con immagini morali, con libri di scienza e colla vendita onesta dei generi alimentari non adulterati. L’industriale avido di lucro deve preoccuparsi soltanto di non farsi scoprire dalla polizia, e allora egli può esercitare tranquillamente il suo mestiere dannoso, nella certezza di essere invidiato e rispettato dalla società per il danaro che guadagna. Nulla può meglio giovare a dimostrare il carattere del nostro secolo quanto la Borsa e il suo traffico. I prodotti della terra e dell’industria, i mezzi di comunicazione, gli scambi, le condizioni climateriche e politiche, la carestia e l’abbondanza, la miseria e le disgrazie, debiti pubblici, scoperte ed invenzioni, salute, malattie e morte di persone influenti, guerre e voci di guerra trovate spesso solo a tal uopo, tutto ciò ed altre cose ancora formano oggetto di speculazione, e vengono utilizzate a scopo d’inganno e di sfruttamento. I matadori del capitale esercitano in questo campo l’influenza più decisiva sullo stato della intera società e accumulano favolose ricchezze, favoriti dalle loro potenti relazioni e dai loro mezzi. Ministri e Governi diventano in loro mano dei burattini, che devono muoversi a seconda che essi, i matadori delle Borse tirano i fili dietro le quinte. Lo Stato non ha in suo potere la Borsa; è questa, al contrario, che ha in suo potere lo Stato. Il ministro deve ingrassare controvoglia la “pianta venefica” che egli preferirebbe di sradicare mentre è costretto a darle una nuova forza. Tutti questi fatti, che si accumulano ogni giorno più, col crescere dei mali, gridano vendetta, come suol dirsi e richiedono pronti e radicali rimedi. Ma la presente società si trova impotente davanti a cotesti mali, come certi animali davanti alle montagne, e gira continuamente come un cavallo intorno al mulino senza aiuto e senza consiglio, vera immagine del dolore e della stupidità. Quelli che vorrebbero prestare aiuto sono ancora troppo deboli; quelli che ne avrebbero il dovere non sanno e non conoscono; quelli che potrebbero non vogliono; essi si affidano alla forza e pensano nella migliore ipotesi con madama Pompadour: Après nous le déluge [famosa la frase di Luigi XV:Dopo di me il diluvio, anche col significato: dopo di me può crollare anche l’Universo! NdR]. Ma se il diluvio avvenisse finché essi vivono? Ora ci si dice: giacché voi siete critici così valenti, indicateci anche il rimedio, e presentate le vostre proposte. E’ facile farle, ma possono essere realizzate, allo stato presente delle cose, solo (133) Palatinato (Plalz o Rheinplalz), regione storica della Germania formatasi da un complesso di feudi appartenenti alla casa di Franconia; il nome della regione è stato dato da Corrado, fratello dell’imperatore Federico I, nominato principe dell’Impero e “conte palatino sul Reno”, con sede inAquisgrana. Dopo varie modificazioni territoriali, nel 1873 Palatinato renano e Palatinato Superiore fecero parte del regno di baviera. Oggi la regione il Palatinato è limitata al territorio alla sinistra del Reno. (134) Franconia (Franken), regione storica della Germania centro-meridionale, fra il Reno, la Fulda, il Meno e il Neckar; faceva parte di un territorio della monarchia franca chiamato Francia Teutonica. (135) Dopo la guerra austro-prussiana del 1866, in cui l’impero asburgico uscì sconfitto, i rappresentanti della “nazione austriaca” e della “nazione magiara” ripresero le trattative per giungere ad un accordo che venne firmato nel 1867 (Ausgleich), secondo il quale lo Stato asburgico si divise in Cisleitana (Austria e litorale austro-illirico) e Transleitana (Ungheria, Croazia e Slavonia). Politicamente i due regni erano uniti, ma per le questioni interne ciascuno agiva come entità statale separata. 112 col consenso e l’appoggio delle classi dominanti. Ma è qui che s’incontra l’ostacolo: ogni progetto, la cui realizzazione ferirebbe gli interessi materiali di coteste classi ed anche solo minacciasse di mettere in questione la loro posizione privilegiata, viene da essi rabbiosamente combattuta e stimmatizzata come un tentativo diretto a sconvolgere l’attuale ordinamento politico e sociale. Non si può curare però la società malata senza mettere in questione gli interessi ed i privilegi delle classi dominanti, e senza lasciarli definitivamente cadere. “La lotta per la redenzione delle classi operaie non è combattuta per ottenere privilegi e prerogative, bensì per conseguire eguaglianza di diritti e di doveri e per la eliminazione di ogni privilegio e di ogni prerogativa”. Ne segue naturalmente che con mezze misure e con piccole concessioni nulla si fa, per quanto importanti possano parere in un dato momento. Finora le classi dominanti consideravano la loro posizione non solo come perfettamente conforme a natura, ma anche come sottintesa, la cui legittimità e continuità nessuno potrebbe mettere in dubbio, e perciò si comprende anche che esse respingano e combattano sempre decisamente qualsiasi progetto che metta in dubbio cotesta legittimità. Le disposizioni di coteste classi in Germania, si mostrano con la massima evidenza nelle così dette riforme sociali. Tutti i progetti e le leggi che mutano anche lievemente le basi del presente ordine sociale e la posizione privilegiata delle classi dominanti, li allarmano sommamente forse perché potrebbe farsi appello alla loro borsa. Montagne di carta vengono insudiciate e stampate, ma infine non fanno che partorire un piccolo topo. Essi osteggiano con tale violenza le domande più semplici e più naturali relative alla protezione del lavoro, come se dalle concessioni fatte su tale terreno dipendesse la esistenza stessa della società. Dopo lotte infinite vengono loro strappate alcune concessioni, e allora essi si atteggiano in modo da far credere quasi che abbiano dovuto rimetterci una gran parte del loro patrimonio. Non meno ostinata opposizione essi mostrano le quante volte si tratti di riconoscere la eguaglianza giuridica degli oppressi, e, per esempio, nella questione della locazione d’opera di trattare con essi come con eguali. Questa opposizione anche per le cose più semplici e contro le domande più naturali, conferma il vecchio dettato sperimentale, che nessuna classe dominante si può convincere per via di ragionamenti, se la forza delle circostanze non la costringe a cedere, ad arrendersi. Questa forza consiste nel progresso della società e nell’aumento della coltura che da questo progresso deriva. Gli attriti di classe dei quali ci siamo occupati allorché illustrammo e criticammo le attuali condizioni diventano sempre più aspri ed evidenti. Cresce quindi nelle classi oppresse e sfruttate la coscienza della caducità dell’ordine attuale di cose, alimenta in esse lo spirito di ribellione, e con questo la pretesa di trasformare queste condizioni e di renderle più umane. Questa coscienza facendosi sempre più universale, conquista a poco a poco la maggioranza della società che è la più direttamente interessata a cotesta trasformazione. Ma nella stessa misura che va crescendo e diffondendosi nelle masse cotesta coscienza, decresce la forza di resistenza delle classi dominanti, la cui potenza riposa essenzialmente sulla ignoranza degli oppressi. Questa reciprocità di effetti è evidente, e quindi deve essere ben accetto tutto ciò che essa affretta e facilita. I progressi della economia capitalistica da un lato sono controbilanciati dall’altro dalla crescente coltura del proletariato. Quindi anche se per togliere le antitesi sociali ci vogliono fatica, sacrifici e sangue, ciò non è che questione di tempo, la cui soluzione dipende da fattori ed elementi che sono al di fuori dall’influenza di un individuo o di una classe, si raggiungerà allorquando coteste antitesi sociali avranno raggiunto quel punto più alto del loro sviluppo, al quale si avvicinano rapidamente. Le norme da osservarsi nelle singole fasi di sviluppo dipendono dalle circostanze del momento ed è impossibile predire quali norme saranno rese necessarie da tali circostanze nei singoli casi. Se nessun governo, nessun ministro, per quanto potente, può predire che cosa le circostanze lo costringeranno a fare nell’anno venturo, tanto meno possono predirlo persone che, oltre essere prive di qualsiasi autorità politica, non hanno a loro disposizione verun strumento di governo. Senza forza non si può creare nessun nuovo diritto. Perciò più avanti, nella trattazione sulle forme della società dell’avvenire, potremmo procedere solo in via di ipotesi e partire da premesse che ammettiamo come già avverate. Noi poniamo quindi per base che in un dato momento del tempo tutti i mali e gli inconvenienti da noi esposti arrivino a tale punto che, non solo saranno visibili alla grande maggioranza della popolazione, ma si faranno sentire così da parere insopportabili, e tutta la società sarà dominata da un desiderio così irresistibile di una radicale trasformazione da farle parere come più adatto a rispondere allo scopo l’aiuto più pronto e sollecito. Ora, se è vero che tutti i mali sociali senza eccezione trovano la loro sorgente nell’ordinamento sociale, e si rendono più acuti nel sistema di economia capitalistica, che riposa sullo sfruttamento e sulla oppressione dell’uomo per mezzo dell’uomo, e solo perciò il capitalista può essere il padrone degli strumenti di lavoro, e cioè della terra, delle macchine, dei mezzi di trasporto, dei generi alimentari, se è vero tutto ciò è necessario in prima linea trasformare questa proprietà privata per via di una grande espropriazione in proprietà sociale o collettiva (comunismo). 113 Espropriati gli strumenti di lavoro, la società crea la nuova base. Le condizioni di vita e di lavoro per entrambi i sessi: industria, agricoltura, traffico, educazione, matrimonio, scienze, lettere ed arti, insomma tutta l’esistenza umana si trasforma. L’ordinamento politico come tale perde a poco a poco terreno. Si è visto nella prima parte di questo lavoro come si sia formato lo Stato. Lo Stato è il prodotto, la risultante di una evoluzione sociale dalla forma primitiva di associazione umana che riposava sul comunismo, a quella ove a poco a poco si formò la proprietà privata. Col formarsi di questa, nel seno della società cominciano necessariamente a sorgere interessi antagonistici, i quali nel corso del loro sviluppo conducono alle rivalità fra i vari ceti e fra le varie classi, degeneranti a poco a poco in aperta inimicizia e in ostilità, che minacciano la stabilità del nuovo ordinamento sociale. Per impedire queste lotte di classe e difendere la proprietà minacciata, è necessaria una organizzazione che impedisca la oppressione al possesso e alla proprietà e dichiari “leale” e “sacro” il possesso acquistato in determinate forme. Codesta organizzazione protettrice della proprietà è lo Stato. E’ lo Stato che assicura mediante leggi il possesso al proprietario, e respinge, chi attenta all’ordine costituito, come giudice e i suoi vindice. Quindi l’interesse dei poteri dello Stato è anche l’interesse dei proprietari e viceversa. Lo Stato è dunque l’organizzazione necessaria ad un ordinamento sociale fondato sul predominio delle classi. Quando gli antagonismi di classe cadranno collo sparire della proprietà privata, lo Stato perderà non soltanto il diritto all’esistenza, ma anche la possibilità di esistere. Lo Stato non è altro che la organizzazione della forza per legittimare i vigenti sistemi della proprietà e i rapporti sociali di dominio. Lo Stato cessa quando si tolgono codesti rapporti di soggezione, alla stessa guisa che la religione sparisce quando vien meno la fede nel sopranaturale ovvero nelle forze soprasensibili e trascendentali. Le parole devono avere un significato, e quando lo perdono, allora cessano di rappresentare dei concetti e delle idee. Ebbene, salterà su ad opporre il lettore intinto di pece capitalistica: “Tutto va bene, ma con quali ragioni giuridiche la società giustificherà codesti cambiamenti ?”. La ragione giuridica è quella stessa che è stata sempre, quando si è trattato di trasformazione e di cambiamenti, cioè il bene generale. La fonte del diritto non è già lo Stato, ma la società; lo Stato non è che un commesso che deve amministrare e misurare il diritto. La “Società” fu fino ad oggi solo una piccola minoranza, che trattava però in nome della società intera, e cioè del popolo, spacciandosi per la “Società” come Luigi XIV si spacciava per lo Stato: l’ètat c’est moi. Quando i giornali annunzia- La Socializzazione della società no: la stagione comincia, la Società fa ritorno alla città, ovvero, la stagione sta per finire, la Società va in campagna, non intendono, con tali espressioni, indicare il popolo, bensì le poche migliaia di alto locati che formano la “Società”, e che sono poi quelli stessi che costituiscono lo “Stato”. La folla è plebe, vile moltitudine, canaglia, “Popolo”. Quindi anche tutto quello che lo Stato intraprende a fare in nome della Società per il bene generale, fu sempre vantaggioso specialmente alle classi dominanti, nell’interesse delle quali furono fatte le leggi ed applicate “Salus reipublicae suprema lex esto” (136), è notoriamente un vecchio principio romano di diritto.Ma chi costituiva la repubblica romana? Forse i popoli soggiogati, i milioni di schiavi? No!, solo lo scarsissimo numero di cittadini romani, e in primo luogo la nobiltà che si faceva mantenere dai popoli soggiogati. Quando la nobiltà e i principimedioevali usurparono i beni pubblici, lo fecero “per amore del diritto” e “nell’interesse del bene generale”, e noi abbiamo visto più sopra che cosa si è fatto dei beni pubblici e delle proprietà dei poveri contadini. La storia degli ultimi cinque secoli è una storia di continue rapine a danno delle proprietà pubbliche e private, rapine commesse nei vecchi Stati civili dell’Europa dalla nobiltà, e nell’Europa meridionale anche dallaChiesa.Quando la rivoluzione francese espropriò i beni della nobiltà e della Chiesa, lo fece “in nome del bene generale” e sette milioni di piccole proprietà, che rappresentano la forza della Francia borghese dei tempi nostri, devono a codesta espropriazione la loro esistenza. In nome del “bene generale” la Spagna strappò più volte i beni della Chiesa, e l’Italia li confiscò intieramente, applaudite dai difensori più zelanti della “sacra proprietà”. La nobiltà inglese ha spogliato per più secoli il popolo irlandese e inglese, appropriandosi “legittimamente” dal 1804 al 1831 non meno di 3.511.710 acri di terreno “nell’interesse del bene generale”. E quando nella gran guerra per la liberazione degli schiavi combattutasi nel nord dell’America,milioni di schiavi, che erano pur diventati proprietà dei loro padroni, furono dichiarati liberi indipendentemente da qualsiasi risarcimento verso i padroni, ciò avvenne sempre “in nome del bene generale”. Tutto il nostro progresso borghese è un continuo processo di espropriazione e di confisca, per cui il fabbricante dissangua l’operaio, il possidente dissangua il contadino, il commerciante dissangua il negoziante e finalmente un capitalista dissangua l’altro, cioè il più grande e il più forte opprime il più piccolo e il più debole. E se noi diamo retta alla borghesia, tutto ciò avviene “per il bene generale” o “a vantaggio della Società”. (136) Dal latino: la salvezza della repubblica deve essere la legge suprema. 114 I Napoleonidi (137) “salvarono la Società”, nel 18 gennaio e nel 2 dicembre; e la “Società” li felicitò; e se la società dell’avvenire si salva facendo ritornare in sua mano la proprietà che essa ha creata, essa compie opera ragionevolissima, perchè non si tratta già di opprimere uno a vantaggio dell’altro, bensì di assicurare a tutti eguali condizioni di esistenza, e di rendere possibile a ciascuna una vita più degna dell’uomo. E’ la misura più moralmente e altamente corretta che la Società umana abbia mai presa. Nella sua quarta lettera sociale indirizzata al signor von Kirchmann, intitolata “Il Capitale”, Rodbertus (138) dice a pag. 117: “Non è una chimera la distruzione di ogni proprietà fondiaria e capitalistica, bensì è concepibilissima dal punto di vista della economia nazionale.Anche se essa rappresentasse certamente il rimedio più radicale per la Società, la quale, come si dirà fra poco, soffre per l’aumento della rendita fondiaria capitalistica, sarebbe pur sempre la sola forma atta a distruggere il sistema della proprietà privata così della terra come del capitale, forma la quale non interromperebbe neanche un momento lo scambio e il progresso della ricchezza nazionale”. Che cosa ne dicono i nostri agrari di queste espressioni di un uomo che appartenne una volta al loro partito? Ora osservando il modo con cui si sono formate secondo una legge determinata le cose nei diversi rami della attività umana, s’intende da sè come non si tratti di segnare o stabilire dei confini insuperabili e delle norme immutabili. Nessuno può oggi prevedere come le generazioni future si organizzeranno e soddisferanno ai loro bisogni. Nelle società come nella natura, tutto passa, uno arriva e l’altro se ne va, il vecchio, l’antiquato viene sostituito dal nuovo e vitale. Si fanno e si applicano scoperte, invenzioni e miglioramenti vari e molteplici dei quali nessuno può comprendere la portata ed il valore e tali da trasformare i sistemi della vita umana e la società. Qui pertanto noi non possiamo trattare che lo sviluppo di principi generali, la cui illustrazione emerge dalle premesse e la cui applicazione si può distinguere solo fino ad un certo grado. La società non fu finora un essere automatico che si sia lasciato guidare dai singoli, sebbene le apparenze abbiano potuto farlo credere tale. “Si crede di comandare e si è comandati”. Fu invece un organismo che si sviluppa secondo determinate leggi immanenti, sottratto anche per l’avvenire al capriccio ed alla volontà degli individui. Quando la società arriverà a conoscere il segreto della sua esistenza, essa avrà scoperto anche la legge del suo sviluppo e la applicherà coscientemente per far nuovi progressi. * * * Non appena la società si trova in possesso di tutti gli strumenti del lavoro, l’obbligo del lavoro per tutti, senza differenza di sesso, costituisce la legge fondamentale del socialismo. La società non può esistere senza lavoro e quindi essa ha il diritto che chiunque vuol soddisfare ai propri bisogni lavori colle sue capacità fisiche ed intellettuali per produrre. La stolta affermazione che i socialisti vogliano oziare e abolire il lavoro, un assurdo senza pari, si ritorce contro gli avversari. Gli oziosi, i neghittosi non ci sono che nel mondo borghese, perchè fanno lavorare gli altri per sè. Il socialismo consente per una volta coll’insegnamento della Bibbia là dove questa dice: Chi non lavora non deve mangiare. Senonchè il lavoro non è soltanto lavoro e cioè attività in se stessa, ma anche lavoro utile e produttivo. La nuova società richiederà che ognuno compia un determinato lavoro industriale, commerciale, agricolo per mezzo del quale egli possa creare una determinata quantità di prodotti per la soddisfazione dei suoi bisogni. Senza lavoro nessun guadagno, nessun lavoro senza guadagno. Essendo però tutti obbligati a lavorare, tutti hanno anche lo stesso interesse di conseguire tre condizioni. In primo luogo: che il lavoro sia moderato, e cioè non troppo soverchiamente intenso e lungo; in secondo luogo: che il lavoro sia quanto è più possibile gradito e alternato; in terzo luogo: che sia quanto è più possibile abbondante dipendendo specialmente da ciò la misura del guadagno. Tutte queste tre condizioni dipendono dal modo, dalla quantità, dalla qualità delle forze produttive impiegate e dalle esigenze che la società impone per la sua conservazione. Ora, perché la società socialistica non si fonda per vivere da proletari, ma per abolire il proletariato e per render possibile a chiunque un’esistenza agiata, sorge la domanda: fino a che punto la società spingerà le sue pretese? Per poterlo determinare, è necessario organizzare un’amministrazione che abbracci tutti i rami dell’attività sociale. I singoli comuni costituiscono una base adatta a tal uopo, e nel caso che essi siano così grandi da rendere difficile l’esame dei dettagli, si potrebbero dividere in circoli. Come già nella società primitiva, così ora nel più alto grado di civiltà, tutti i cittadini di un comune maggiori d’età senza differenza di sesso parteciperebbero alle elezioni ed alle nomine delle persone di loro fiducia alle quali si commetterebbero le amministrazioni. A capo delle amministrazioni locali starebbe l’amministrazione centrale – ben inteso nessun governo che eserciti un’autorità e un potere dominante – ma solo un collegio amministrativo che eseguisca. E’ indifferente che quest’amministrazione centrale sia eletta (137) Membri della dinastia di Napoleone, a partire da Napoleone I. La data del 18 gennaio (1800) probabilmente riguarda la fondazione della banque de France in grado di emettere banconote, e la data del 2 dicembre è riferita al colpo di Stato del 1851di Luigi Bonaparte col quale si chiuse la breve vita della seconda Repubblica e si crearono le premesse per l’instaurazione del Secondo Impero. (138) Si tratta di Johann Karl Rodbertus, economista riformista tedesco (1805-1875), nazionalista e monarchico, tra le cui opere più note vi sono per l’appunto le “Lettere sociali a von Kirchmann” del 1850-1851. 115 dal comune o dalle amministrazioni comunali. Non si annetterà a tali questioni una grande importanza, non trattandosi già di occupare posti che fruttino o speciali onori o maggiori autorità o uno stipendio largo, ma soltanto di cariche di fiducia, alle quali saranno chiamati i più idonei siano maschi o femmine, che saranno rimossi ovvero rieletti a seconda del bisogno e del desiderio degli elettori; sono cariche che si assumono soltanto temporaneamente. Coloro che le occupano non acquistano quindi la qualità di impiegati, non essendovi continuità di funzioni e mancandovi una gerarchia per gli avanzamenti. Da questo punto di vista, diventa indifferente anche la questione se si debba istituire un grado intermedio fra l’amministrazione centrale e le amministrazioni locali, e cioè l’amministrazione provinciale. Se lo si ritiene necessario, si istituisca, altrimenti se ne faccia a meno. In tutto ciò, quello che decide è il bisogno quale si manifesta nella pratica. Se il progresso della civiltà ha resi superflui i vecchi ordinamenti, si aboliscano senza tanto chiasso, non essendovi alcun interesse personale a sostenerli, e se ne istituiscano di nuovi. Quest’amministrazione, dunque, che riposa sulla più larga base democratica, è assai differente dall’odierna. Quante discussioni nei giornali e nei nostri parlamenti, e quale cumulo di atti nelle nostre cancellerie, per il più insignificante mutamento nell’amministrazione! Ora ciò che importa è di determinare il numero e la specie delle forze disponibili, il numero e la specie degli istrumenti di lavoro, e quindi delle fabbriche, dei laboratori, deimezzi di trasporto, della proprietà ecc., e la potenzialità di lavoro avuta fin qua. Inoltre deve determinarsi la quantità delle provvigioni esistenti e la misura dei bisogni nei vari articoli ed oggetti, durante un certo periodo di tempo, necessario per il mantenimento della società. Quindi, come oggi lo Stato e le varie comunità fanno ogni anno il loro bilancio, così questo si farà per l’avvenire per tutti i bisogni sociali, senza escludere i cambiamenti che fossero richiesti da nuovi e più grandi bisogni. In tutto ciò la parte più importante spetta alla statistica, che diventa la scienza ausiliaria più importante della società, porgendo essa la misura di ogni attività sociale. Anche oggi la statistica viene applicata largamente a simili scopi.I bilanci dei regni, degli Stati e dei comuni si fondano sopra un gran numero di dati statistici raccolti ogni anno nei singoli rami amministrativi. Una esperienza più lunga, ed una certa stabilità nei bisogni normali, la rendono più facile. Anche l’assuntore di una grande industria, come il commerciante, è in grado di determinare con precisione, in condizioni normali, il fabbisogno per il prossimo trimestre e in qual modo deve regolare la produzione e gli acquisti. Non sopravvenendo mutamenti straordinari, egli può farvi fronte senza grandi difficoltà. L’esperienza che le crisi sono prodotte dalla eccessiva produzione, e cioè dall’essersi gettate sul mercato mondiale un’immensa quantità di merci senza conoscenza alcuna dei bisogni e delle condizioni del traffico nei diversi articoli, ha indotto già da vari anni i grandi industriali dei vari rami ad unirsi in società per determinare da un lato i prezzi, e per calcolare dall’altro il consumo giusta le fatte esperienze, e regolare quindi la produzione. In conformità alla capacità produttiva d’ogni singola industria ed a seconda dello spaccio, si determina spesso quanto ogni singola impresa può far produrre per i mesi sucessivi. Le contravvenzioni vengono punite con una pena convenzionale e col bando. Senonchè gli imprenditori non stringono questi patti a profitto del pubblico, ma a danno dello stesso e a vantaggio loro proprio. Il loro scopo è quello di approfittare della forza di coalizione per procacciarsi i più grandi vantaggi. Un simile regolamento della produzione ha dunque per scopo proprio tutto il contrario di quello che si propone un simile regolamento nella società socialistica. Mentre là l’interesse dell’imprenditore è la regola, qui la regola è invece l’interesse della generalità. Si produce per soddisfare i bisogni di tutti e non già per procacciare dei grossi guadagni ai singoli col caro prezzo. Senonchè nemmeno il cartellomeglio organizzato nella società borghese può scoprire e tener conto di tutti i fattori. La concorrenza e la speculazione infuriano anche sotto il cartello, e così si scopre all’improvviso che il conto non torna, per cui l’edificio artificiale rovina. Quelli che ne soffrono di più sono gli operai i quali, sotto la stretta del cartello dei capitalisti, mentre non possono approfittare delle circostanze favorevoli, devono al contrario sopportare e pagare a loro spese quelle sfavorevoli. Non altrimenti che la grande industria, anche il commercio ha statistiche diffuse. Le grandi piazze commerciali e marittime presentano ogni settimana prospetti sulle provvigioni di petrolio, caffè, cotone, zucchero, cereali; statistiche spesso inesatte, perchè i proprietari dellemerci sono personalmente interessati a nascondere la verità. Tuttavia esse in complesso sono discretamente sicure, e danno modo agli interessati di vedere come si atteggerà il prossimo mercato. Anche qui però penetra la speculazione, che delude e rovescia ogni calcolo, rendendo impossibile fare affari su dati positivi. Come è impossibile regolare la produzione nella società borghese rispetto alle migliaia di produttori privati fra loro in conflitto, così è altrettanto impossibile di regolare la distribuzione attraverso la speculazione mercantile. Ciò che vien fatto prova solo ciò che si potrebbe fare, se sparissero gli interessi individuali e sola norma direttiva fosse l’interesse generale. Una prova di ciò è fornita, per esempio, dalle statistiche della rendita, che vengono compilate ogni anno negli Stati civili più progrediti, e permettono di determinare la quantità del prodotto della rendita, la entità dei veri bisogni, e la verosimiglianza dei prezzi. Però in una società retta a sistema socialistico i 116 rapporti sono completamente disciplinati, perchè tutta la società è organizzata. Tutto dunque procede secondo un piano ben ordinato, e quindi è facile anche determinare la misura dei vari bisogni. Se poi si fa precedere qualche esperimento, allora tutto si compie con la massima facilità. Quando poi si paragonino le statistiche dei bisogni, compilate secondo le circostanze e le categorie di lavoro nei vari periodi, con la potenzialità tecnica e fisica della società, allora si conosce quanta deve essere in media la durata del lavoro quotidiano. Se anche il singolo sceglie il terreno ove svolgere la sua attività, il gran numero e la serietà degli impiegati tien conto dei desideri più differenti. Se da una parte vi è eccedenza e dall’altra mancanza di forze, l’amministrazione provvede a ristabilire l’equilibrio. Compito precipuo dei funzionari deve essere quello di organizzare la produzione e di rendere possibile alle varie forze di trovare impiego nel posto adatto. Quanto più tutte le forze si esercitano a vicenda, le ruote della macchina girano sempre meglio. Ogni industria sceglie i suoi capi che devono assumere la direzione, non già per fare gli aguzzini, come fanno oggi gli ispettori e i capi delle fabbriche, ma per fare da compagni i quali esercitano la funzione amministrativa loro commessa in luogo di quella di produttori. Non è quindi escluso che con un’organizzazione più perfetta e un grado più alto di coltura, queste funzioni vengano alternate in modo, che dopo un certo turno tutti, senza distinzione di sesso, possano assumere per un certo periodo quelle funzioni. Cotesta organizzazione del lavoro, raccomandata alla completa libertà ed all’eguaglianza democratica, ove uno fa per tutti, e tutti per uno e che risveglia il più alto sentimento di solidarietà, desterà anche negli animi lo spirito di emulazione e nelle menti il genio creativo, quali non si incontrano mai nel sistema economicomoderno. Inoltre il singolo e tutti avranno l’interesse reciproco, lavorando tutti per uno e uno per tutti, che il lavoro sia buono e perfetto, e sollecitamente finito, sia per risparmio di tempo, sia per impiegarlo a produrre e a soddisfare bisogni più nobili. Ciò darà occasione a tutti di pensare amigliorare, semplificare ed affrettare il processo del lavoro. L’ambizione di scoprire e trovare sarà grandemente stimolata, e l’uno si studierà di porgere all’altro progetti ed idee (139). Avviene dunque tutto l’opposto di ciò che i fautori del sistema borghese vanno affermando del socialismo. Quanti inventori e scopritori la borghesia non ha lasciato andare in rovina? Quanti non ne ha sfruttati per poi metterli da una parte? Se in cima della società borghese dovesse collocarsi il talento e l’ingegno, la maggior parte degli imprenditori dovrebbe cedere il posto ai loro operai, ai direttori di fabbriche, ai tecnici, agli ingegneri, ai chimici ecc. Sono questi, 99 volte su cento, gli scopritori, gli inventori, imiglioratori, dai quali il capitalista ha tratto profitto. Non si contano, tanto sono innumerevoli, le migliaia di scopritori e inventori che rovinarono perché non trovarono chi fornisse loro i mezzi materiali per attuare le loro scoperte, e nemmeno si contano gli scopritori e inventori oppressi sotto il peso della miseria. Padrona delmondo non è già la gente dallamente chiara e dall’intelletto acuto, bensì la gente fornita di grandi mezzi materiali, con che non escludiamo che qualche volta possano trovarsi in una sola persona, una mente lucida e una borsa piena. L’eccezione non fa che confermare la regola. Ogni uomo pratico sa con quanta diffidenza gli operai accolgono oggi qualsiasi miglioramento, qualunque invenzione nuova. E ben a ragione, perché non l’operaio ne trae vantaggio, ma chi lo impiega; egli deve temere che la nuova macchina, il miglioramento introdotto, lo gettino domani sul lastrico come forza inutile e superflua. In luogo di godere di una invenzione che fa onore all’umanità e deve recare un vantaggio, egli non ha sulle labbra che parole dimaledizione. E noi sappiamo per esperienza che non viene introdotto qualche miglioramento nel sistema di produzione fatto da un operaio, perché questi teme di raccoglierne non già vantaggio, ma danno. E’ questa la conseguenza naturale del conflitto degli interessi (140). (139) La forza dell’emulazione che è stimolo così efficace da far incontrare a chi la subisce ogni tipo di fatiche per riscuotere la lode e la ammirazione degli altri, è, per esperienza, utile ovunque gli uomini gareggino nel pubblico arringo [riunioni pubbliche, NdR], ed anche quando si tratta di cose frivole dalle quali il pubblico non trae alcun profitto. La emulazione però, quando si possa fare per il bene generale, è una specie di concorrenza che i socialisti non respingono. Stuart Mill: Economia politica. Noi vogliamo qui ricordare la grande scoperta del dottor Koch [si tratta degli agenti patogeni di malattie infettive mortali come l’antrace, la tubercolosi ecc., NdR]. Chi volesse sostenere che il dott. Koch sia assiduamente applicato agli studi per guadagnar denari coi risultati ottenuti, lancerebbe una accusa ingiusta. Si può asserire senza esagerazione che le opere più grandi, utili al bene generale, non furono compiute per mira d’interesse, bensì per rendere un servizio alla società e per soddisfazione personale.Anche questo è egoismo, ma di buona lega e da tenersi in pregio, al quale chiunque rende di buon grado tributo di riconoscenza. Lo scopo del nostro progresso è questo, che ognuno possa essere utile a sè e alla società operando il meglio, perchè la società ha il dovere di soddisfare ai bisogni di ciascuno. Essa non negherà onore a chi se lo merita, e questi vi troverà il premio più ambito. Nota di A. Bebel. (140) Lo dice anche il de Thünen nel suo: Lo stato isolato: «La ragione per la quale proletari ed abbienti stanno uno di fronte all’altro in atteggiamento nemico e vi rimarranno irremovibilmente, sta tutto nella opposizione di interessi, collo sparire della quale soltanto, si potrà segnare la pace. Non solo il benessere del suo padrone può aumentare, ma possono aumentare anche di tempo in tempo le entrate nazionali per effetto delle scoperte industriali, della apertura di nuove strade e linee ferroviarie, emediante lo stringimento di nuove relazioni commerciali. Ma nel nostro ordinamento sociale la posizione dell’operaio rimane sempre la stessa, andando tutto l’aumento delle entrate a beneficio esclusivo dei capitalisti e dei proprietari». Quest’ultima proposizione non collima forse quasi letteralmente colla sentenza pronunciata da Gladston nel Parlamento inglese, ove nel 1864 dichiarò: «che il pazzo aumento delle entrate e di potenza raggiunto dall’Inghilterra negli ultimi 20 anni, si è limitato esclusivamente alla classe abbiente». A pag. 207 del citato lavoro del de Thünen si legge: «Il male sta nel separare l’operaio dal suo prodotto». E Platone nel suo «Stato»: «Uno stato diviso in classi non è uno, ma due, uno è rappresentato dai poveri, l’altro dai ricchi 117 Questa opposizione d’interesse non c’è più in una società eretta a sistema socialistico, ognuno spiega le sue attitudini per giovare a se stesso, con che egli giova ad un tempo a tutti. Oggi l’egoismo personale e il bene generale sono spesso termini antitetici che si escludono, mentre nella nuova società, tolta codesta antitesi, l’egoismo personale e il bene generale armonizzano e si fondono (141). Gli effetti di un tale stato intellettuale emorale sono evidenti. Aumenterà grandemente la produttività del lavoro rendendosi possibile con ciò la soddisfazione di più nobili bisogni. Questa produttività però aumenterà grandemente in particolar modo perché le energie lavoratrici non si suddivideranno nelle centinaia dimigliaia e neimilioni di piccole industrie, le quali producendo con strumenti più imperfetti fanno necessariamente un enorme consumo di forze, di tempo e di materiale. Secondo la statistica delle professioni dell’anno 1882, vi erano nell’impero germanico 3.000.457 industrie, nelle quali erano occupate 6.396.465 persone, esclusi il commercio, il traffico, le locande e il piccolo commercio. Di queste 3.005.457 professioni principali, il 61,1%, era rappresentato da professioni ove erano occupate solo 5 persone, e il 16,8% da professioni che ne impiegavano da 6 a 50. Le prime comprendono le piccole industrie le ultime comprendono la media industria. Non può esservi però alcun dubbio che tutte queste industrie, una volta riunite alle grandi, potrebbero essere esercitate con molto maggiore vantaggio in modo da moltiplicare la loro produzione. Anche le grandi industrie, però, potrebbero essere esercitate ancora più razionalmente di quello che avviene adesso, salvo qualche eccezione, in modo da coprire con una produzione complessiva un bisogno molto maggiore, perfezionando e sviluppando tecnicamente in date circostanze il sistema e le forme di produzione. Ciò che si possa guadagnare in tempo, mediante una produzione fondata sopra una base più razionale venne calcolato dal prof. Th. Hertzka (142) di Vienna nel suo lavoro: “Le leggi del progresso sociale”. Egli indagò quale dispendio di forze e di tempo è necessario, per soddisfare i bisogni dei 22 milioni della popolazione austriaca sulla scorta della produzione oggi possibile. Atal’uopo, il prof. Hertzka fece delle ricerche esattissime sulla potenzialità di produzione delle diverse industrie, traendone i suoi calcoli. Vi è compresa la conduzione di 10 milioni e mezzo di ettari di suolo coltivabile, e di 3 milioni di ettari di pascoli, che bastano a fornire la produzione di prodotti agricoli e animali per la popolazione suesposta. Inoltre il prof. Hertzka comprese nel suo calcolo la fabbrica di abitazioni, in modo che ogni famiglia occupi una casetta di 150 metri quadrati con 5 locali, funzionale per la durata di 50 anni. Ne seguì che per l’economia agricola, per la produzione delle farine e dello zucchero, per l’industria del carbone, del ferro e delle macchine, delle vesti e per l’industria chimica, sono necessarie solo 615.000 forze lavoratrici, che potrebbero essere operose per un anno secondo la media ordinaria del lavoro giornaliero. Senonchè queste 615.000 teste non formano che il 12,3%della popolazione austriaca atta al lavoro, se si escludono tutte le donne e tutti gli uomini che non hanno raggiunto i 16 anni e che hanno varcato i 50. Ma se fossero occupati tutti i 15 milioni di uomini come i 615.000, bisognerebbe che ognuno di essi lavorasse solo 36,9 giorni, cioè 6 settimane in cifra rotonda, per allestire ciò che abbisogna a 22milioni di abitanti. Se noi prendiamo 300 giorni di lavoro in luogo di 37, ammesso che la giornata di lavoro sia oggi di 11 ore, non sarà necessaria nella nuova organizzazione del lavoro che un’ora e 3/8 di ora di lavoro al giorno, per soddisfare i bisogni più urgenti. L’Hertzka tien conto anche dei bisogni voluttuari delle persone più colte, e trova che per soddisfarli sarebbero necessari altri 315.000 operai su 22 milioni di abitanti. Insomma, avuto riguardo ad alcune industrie insufficientemente rappresentate in Austria, sarebbe necessario, secondo l’Hertzka, un milione di operai e cioè il 20 per cento della popolazionemaschile atta al lavoro, esclusa quella che non ha raggiunto i 16 anni o che ha varcati i 50, per coprire in 60 giorni il bisogno complessivo della popolazione. Quindi se noi teniamo conto di tutta la popolazione maschile atta al lavoro, dobbiamo conchiudere che questa dovrebbe lavorare due ore e mezzo al giorno in media (143). Nessuno deve sorprendersi di codesto calcolo se entrambi i quali, quantunque si tendano continue insidie, convivono insieme. La classe dominante non è in caso di dichiarare la guerra, dovendo allora servirsi della folla della quale, se armata, cotesta classe teme più assai che dei nemici». Il Morelly nei suoi: Principi di legislazione, scrive: «La proprietà ci divide in due classi e cioè in ricchi e poveri. Quelli amano il loro patrimonio e non vogliono difendere lo Stato, questi non possono amare la patria perchè la patria non dà a loro che miseria. Ognuno però ama la sua patria nel comunismo, perchè ognuno ne ritrae vita e felicità». Nota diA. Bebel. (141) StuartMill nelmisurare i danni e i vantaggi del comunismo nella sua economia politica scrive: «Nessun terreno può essere più favorevole allo svolgimento di un tale concetto (che cioè l’interesse del pubblico sia anche l’interesse del privato), quanto è la società comunistica. Ogni emulazione, come ogni attitudine fisica ed intellettuale che ora si affaticano a correr dietro ad interessi particolari ed egoistici, domanderebbero un’altra sfera d’azione e la troverebbero negli sforzi per la prosperità generale. Nota di A. Bebel. (142) Si tratta di Rheodor Hertzka, economista, scrittore e giornalista austro-ungarico (1845-1924); tra i suoi lavori più noti: Die Gesetze der sozialen Entwickelung (Les lois de l’évolution sociale), Leipzig del 1886, citato da Bebel e Freiland. Ein sociales Zukunftsbild (Terre-Libre. Une image sociale de l’avenir) del 1890, che illustra una specie di utopia liberale. (143) Che ne dice il signor Eugenio Richter di questo calcolo di un economista nazionale?Nelle sue:Dottrine erronee, egli mette in canzonatura la enorme abbreviatura di lavoro esposta in questo mio scritto, determinata dal dovere generale di lavorare e dalla più alta organizzazione tecnica dei sistemi di lavoro. Egli cerca di abbassare la potenzialità produttiva della grande industria e di gonfiare la importanza delle piccole industrie per poter affermare che non si può effettuare la asserita maggior produzione. Per far quindi credere impossibile il socialismo, cotesti difensori dell’attuale ordine di cose devono discreditare i pregi della loro stessa società. Nota diA. Bebel. 118 egli prende ad esaminare le condizioni sociali. Ora ammettiamo che, esclusi gli ammalati e gli invalidi, anche tutti gli altri uomini che hanno superati i 50 anni possano lavorare per quella durata di tempo, ammettiamo anche che i giovani inferiori ai 16 anni possano in parte essere atti al lavoro, non meno che una grande parte delle donne, quando queste non debbano occuparsi delle faccende domestiche, della educazione dei figli, e di allestire l’alimento ecc., in tal modo, o codesta misura può essere ristretta ancora di più, o i bisogni possono venire notevolmente aumentati. Nessuno del pari vorrà sostenere che non vengano fatti ancora progressi molto importanti e visibili nel perfezionare i processi di lavoro che determinano a loro volta nuovi vantaggi. In ogni caso resta a tutti i membri della società tempo sufficiente per la educazione artistica e scientifica ed anche per il riposo. Inoltre deve notarsi che il comunismo socialistico si distingue in molti altri punti essenziali dall’individualismo borghese. Il principio dell’ a buon mercato e cattivo che è e deve essere il criterio direttivo per una gran parte della produzione borghese, perché il maggior numero dei clienti non può comperare che merci a buon mercato, questo principio cade. Non si produrrà che l’ottimo, il quale perciò durerà di più e richiederà tanto minor impiego di forze. La mania delle mode che favorisce tanto il consumo e la dissipazione, quanto il cattivo gusto o cesserà del tutto, o almeno verrà limitata notevolmente. Si vestirà probabilmente meglio e più convenientemente di oggi – notiamo di passaggio che le mode di questi ultimi anni si distinguono per la mancanza di gusto – ma non si pretenderà più di introdurre una nuova moda ad ogni stagione, pazzia questa che è strettamente legata alla concorrenza delle donne fra loro, alla vanità, alla passione del lusso e al bisogno di far mostra della propria ricchezza. Alla fine vi sono molti traffici e molte esistenze che vivono di queste pazzie della moda e sono interessati quindi a favorirle. Di pari passo alle pazzie dellamoda nei vestiti vanno quelle dell’architettura. Qui la eccentricità fiorisce e prospera meravigliosamente. Stili che richiesero per il loro sviluppo mezzo secolo almeno, e si formarono presso i popoli più vari – non ci si contenta più degli stili architettonici europei, ma si va a copiare anche quelli del Giappone, delle Indie e della Cina – codesti stili in un decennio e mezzo furono usati e abbandonati. I nostri poveri artisti non sanno più dove cercare modelli e disegni. Non hanno appena formato uno stile, credendo di potersi rifare tranquillamente delle spese, che salta fuori un nuovo stile, il quale domanda nuovi sacrifici di tempo, di danaro e di energie. La nevrosi del secolo si rispecchia in questa caccia di una moda sull’altra e d’uno stile sull’altro. Nessuno vorrà sostenere che questo stato di orgasmo sia una prova che la società stia bene. Anche in questo campo il socialismo renderà possibile una maggiore stabilità e con ciò maggior tranquillità e diletto e risparmierà tempo e forze. Sennonché il lavoro deve farsi sempre più gradito. A ciò provvedono istituti pratici di produzione bene organizzati, la protezione del lavoro mediante la preservazione da ogni pericolo, la eliminazione dei profumi, delle esalazioni sgradevoli, insomma di tutte le influenze moleste e nocive alla salute. Da principio la nuova società produce servendosi degli strumenti tolti alla vecchia. Questi però sono del tutto insufficienti. Locali, strumenti e macchine disadatti ed avariati dal lungo uso non bastano più né a quelli che domandano lavoro, né alle loro esigenze in linea di comodità e di convenienza. E’ quindi urgentissimo il bisogno di costruire una grande quantità di stabilimenti più spaziosi, più chiari e più ariosi, bene arredati ed abbelliti. L’arte, la tecnica, l’ingegno e la mano troveranno quindi un vasto campo di operosità. Costruzioni delle macchine, fabbricazioni degli strumenti, edilizia, assetto interno dei locali, tutti questi rami dell’attività industriale hanno l’occasione più propizia di esser messi alla prova. Ciò che lo spirito inventivo dell’uomo può creare sia in ordine ad abitazioni comode e piacevoli, sia in ordine alla ventilazione, alla illuminazione, al riscaldamento, sia infine in ordine agli stabilimentimeccanici e tecnici ed alla pulizia, troverà applicazione ed attuazione pratica. Il risparmio di forze motrici, di riscaldamento, di illuminazione, di tempo, e gli agi della vita e le comodità del lavoro impongono l’accentramento di tutti gli stabilimenti ed opifici in un punto determinato. In tal modo le abitazioni vengono separate dalle officine e dalle sale di lavoro, e liberate dallemoleste incomodità a cui dà luogo la vicinanza degli stabilimenti industriali. Codeste molestie però vengono con opportuni regolamenti e misure d’ogni maniera limitate alminimo e spesso tolte del tutto. E già la tecnica nel suo stato presente ha trovato espedienti per eliminare completamente i pericoli inerenti a determinate arti, come quella dello scavo delle miniere per esempio. I disagi inerenti al lavoro delle miniere possono essere eliminati mercé un altro sistema di scavo, con una potente ventilazione, con l’illuminazione elettrica, con l’abbreviare le ore di lavoro, e con uno scambio frequente di operai e simili. Non occorre un’intelligenza acuta per scoprire misure protettive, tali che rendono, per es., impossibile le disgrazie nella costruzione delle fabbriche, e gradito il lavoro in qualsiasi tempo. Per liberarci dalla polvere, dal fumo, dalla fuliggine, dal puzzo, la chimica e la tecnica sono già in grado di fornire armi e rimedi adatti, e si otterrebbe anche l’intento se gli imprenditori privati volessero impiegare imezzi necessari per prendere gli opportuni provvedimenti. Gli stabilimenti di produzione dell’avvenire, siano sopra o siano sotto terra, saranno dunque diversi da quelli di oggi, come il giorno è diverso dalla notte. Tutti codesti ordinamenti non sono principalmente che una questione di danaro per la economia privata dei tempi nostri e cioè: l’industria può sopportarli? e fruttano? Se non rendono, l’operaio deve andare in rovina. Il capitale non si muove se non c’è guadagno. La umanità non ha corso alla borsa (144). (144) «Il capitale, dice il «Quarterly Reviever» fugge il tumulto e la lotta, ed è di carattere timido. Ciò è verissimo, ma 119 La questione del profitto ha finito di rappresentare la sua parte nella nuova società socialistica; non dovendosi in questa aver riguardo che al benessere dei suoi membri. Ciò che giova a questi e li protegge, deve essere introdotto; ciò che nuoce, deve cessare; certamente nessuno deve essere costretto a prestarsi ad un giuoco pericoloso. Se si mettono in azione delle imprese pericolose, vi sono certamente dei volontari in quantità; anzi tanto più, perché non si tratta mai d’imprese che distruggono la cultura, bensì di imprese che la promuovono. L’enorme impiego di forze motrici, come delle macchine e degli strumenti più perfezionati, la suddivisione del lavoro e l’abile combinazione di tutte le forze lavoratrici, faranno salire la produzione a tale altezza, che le terre di lavoro necessarie per produrre la quantità destinata a soddisfare ai bisogni della vita, potranno ridursi moltissimo. Il capitalista allunga la giornata di lavoro quando può, ed anzi, la fa salire specialmente in epoche di crisi, quando si è vinta la resistenza degli operai, allo scopo di poter vendere il prodotto a più buon mercato, con lo spremere dall’operaio un valore più alto. Nella società socialistica il vantaggio di una produzione maggiore profitta ad ognuno; la sua compartecipazione al prodotto cresce coll’aumento della produttività del lavoro, e si abbrevia la durata del lavoro necessario a fornirlo. Fra le forze motrici poste in uso, quella della elettricità sarà, secondo ogni apparenza, la forza che occuperà in avvenire il primo posto. Già la società borghese si sforza ovunque di servirsene. Quanto più si estende e perfeziona, tanto meglio. L’azione rivoluzionaria di questa, che è la forza più potente della natura, spezzerà tanto più presto le catene del mondo borghese e aprirà le porte al socialismo.Ma il profitto più completo e l’applicazione più diffusa di questa forza, non sarà possibile che nella nuova società. Se si attua, anche solo in parte, l’idea che si è già manifestata in ordine all’applicazione di codesta forza, l’elettricità concorrerà come forza motrice, come sorgente di luce e di calore, a migliorare la condizione di esistenza della società umana. La elettricità si differenzia da ogni altra forza motrice, anzi tutto perché non ha bisogno di essere prodotta – ma si trova abbondantemente in natura. Tutti i nostri corsi d’acqua, il flusso, il riflusso delmare, il vento, se bene utilizzati, sviluppano innumerevoli cavalli di forza. Coll’invenzione delle cosidette batterie e degli accumulatori, si è già fatto l’esperimento che si possono incatenare grandi quantità di forze, le quali, come il flusso e riflusso, il vento, i rivi montani non si hanno che periodicamente e per dati luoghi e tempi. Ma tutte queste invenzioni e scoperte non sono che un embrione, di cui si può bensì intuire il completo sviluppo, ma non predirlo. I progressi che si è immaginato di fare mediante l’elettricità hanno qualche volta del favoloso. Così un tal signor Meems progetta una ferrovia elettrica, che gareggia col vento, percorrendo 700 chilometri all’ora. Ma non è solo il signorMeems a pensare così, perché anche il professore Elihu Thomson di Lynn (nel Massachusetts) (145) crede e dimostra possibile di costruire deimotori elettrici che possono percorrere 260 chilometri l’ora, una volta che si rinforzino le strade ferrate e simigliori il servizio di segnalazione.Ma vi è di più. Lo stesso professore ritiene, d’accordo su questo punto col Werner-Siemens (146), il quale espresse lo stesso concetto nel Congresso dei naturalisti, tenutosi a Berlino nel 1887, che mediante l’elettricità, sia possibile di trasformare la materia prima in alimento. Sarebbe questa una rivoluzione incompatibile colla società borghese. Mentre una volta il Werner-Siemens riteneva possibile di fabbricare artificialmente, sebbene di qui a molto tempo, un idrato di carbone, come forse lo zucchero e più tardi l’amido, suo stretto parente, con che sarebbe possibile di “fare il pane colla pietra”, il chimico dott. V. Meyer (147) sostiene che sarà possibile di convertire le fibre legnose in una fonte di nutrimento. E’ evidente pertanto che si va incontro a sempre nuove rivoluzioni chimiche e tecniche. Intanto il fisiologo E. Eiseler ha fabbricato artificialmente lo zucchero, facendo quindi una scoperta che il Werner-Siemens, appena 4 anni fa, non riteneva possibile che “in un tempo lontano”. Noi vediamo quindi aprirsi davanti all’avvenire nuovi orizzonti di una produzione straordinariamente copiosa, più buona e più varia, e d’una esistenza più non è tutta la verità. Il capitale ha in orrore la mancanza di guadagno, o i guadagni tenui, come la natura ha paura del vuoto. Quando c’è un guadagno conveniente, il capitale diventa animoso. Col 10 per cento sicuro, si può impiegarlo da per tutto, col 20 per cento il capitale si fa vivo, col 100 per cento esso calpesta tutte le leggi umane, per il 300 per 100 non v’è delitto che non rischi, anche con pericolo della galera. Se i tumulti e le lotte recano profitto, il capitale non manca di incoraggiarli». CarloMarx: Il Capitale, II edizione, nota a pagina, 250. Nota di A. Bebel. (145) ElihuThomson (1853-1937), inventore americano di origine inglese; tra le sue invenzioni il sistema di illuminazione ad arco, la dinamo a 3 bobine, lo sacricatore magnetico per i fulmini, il trasformatore di potenza. Fu tra i fondatori di diverse società elettriche negli Usa, nel Regno Unito e in Francia. (146) ErntWerner von Siemes (1816-1892), imprenditore e ingegnere tedesco, fondatore con i fratelli della casa elettrotecnica Siemens. Inventò un metodo per la galvanoplastica, sviluppò una dinamo con sistema di autoeccitazione che diventò un nuovo metodo per produre energia elettrica; la sua industria Telegraphenbauaustalt Siemens & Halske, produttrice dimateriale telegrafico, costruì la linea telegrafica tra l’Europa e l’India (1868-1870) e ideò la prima linea telegrafica sotterranea (difficile da sabotare in caso di geurra) e la prima linea elettrica tramviaria a Berlino (1881). Imprenditore riformista di avanguardia: dirigenti e dipendenti, da metà degli anni ‘50 dell’Ottocento ebbero contratti con premi di produzione; dagli anni ‘60 introdusse un sistema premiativo basato sulle innovazioni da parte dei dipendenti, cosa che facilitò la “fedelta” dei dipendenti all’azienda; nel 1872 creò un fondo di garanzia pensionistica e di salute dell’azienda; nel 1873 concesse l’orario giornaliero di lavoro di 9 ore. (147)ViktorMeyer, chimico tedesco (1848-1897), uno dei maggiori chimici del suo tempo, si occupò a fondo di chimica sia organica che inorganica. Effettuò la sintesi di acidi carbossilici, sintetizzò i nitroalcani R-NO2, identificò il tiofene come un contaminante del benzene, ma è noto, soprattutto, per aver inventato nel 1878 un apparecchio per determinare il peso molecolare di un liquido volatile o la densità del vapore. 120 agiata e più comoda. Un bisogno che è profondamente radicato nella natura umana, è quello della libertà di scelta e dimutamento di occupazione. Allo stesso modo che un cibo anche squisito finisce per dare nausea se lo si mangia sempre, senza alternarlo con altri cibi, così avviene anche di una determinata attività, quando si ripete ogni giorno con la immutabilità di una macchina; quell’attività si infiacchisce e si snerva. L’uomo fa meccanicamente ciò che deve fare, senza alte aspirazioni e senza compiacenze. In ogni uomo però dormono attitudini e impulsi, che hanno bisogno soltanto di essere destati e sviluppati per creare le opere più meravigliose e per rendere l’uomo veramente e completamente uomo. Ora, per soddisfare a questo bisogno, di alternare una occupazione all’altra, la società, retta a sistema socialistico, porge l’occasione più propizia. L’aumento straordinario delle forze produttive, unito ad una semplificazione sempre maggiore dei processi di lavoro, rende possibile una notevole limitazione nella durata del lavoro, e facilita anche lo impratichirsi e l’addestrarsi nei vari maneggi. Oggi il vecchio sistema ha oramai fatto il suo tempo, esiste ed è possibile ancora solamente in quelle forme di produzione antiquate, che sono rappresentate dalla piccola industria; ma, con lo sparire di questa nella società nuova, spariranno anche tutte le istituzioni e le forme che le sono proprie, per cedere il posto alle nuove. Ogni fabbrica ci mostra già quanti pochi operai essa abbia, i quali seguano ancora la inclinazione sviluppatasi nell’esercizio delmestiere. Gli operai hanno attitudini più diverse e più eterogenee; poco tempo basta per esercitarli in qualche ramo di lavoro, in cui essi sono obbligati, dal sistema di sfruttamento oggi dominante, a servire per un tempo eccessivamente lungo, senza alcuna varietà e senza alcun riguardo alle loro inclinazioni, e dove finiscono per diventare altrettante macchine (148). Questa condizione di cose sparisce sotto la nuova organizzazione sociale. Rimane tempo ad esuberanza per attendere ad altri mestieri e ad altre occupazioni artistiche. Si fondano grandi scuole, provviste d’ogni conforto e ordinate, dal punto di vista tecnico, inmodo perfetto, ove giovani e vecchi possono apprendere agevolmente qualsiasi arte o mestiere, ed esservi ammessi senza alcuna fatica.Vi sono laboratori di chimica e di fisica, rispondenti in tutto allo stato di queste scienze, e non mancano insegnanti e maestri in abbondanza. Resta ora da vedere quante attitudini e inclinazioni sono state soffocate o almeno sviate e deformate dal sistema di produzione capitalistico (149). Quindi, non solo vi è possibilità di tener conto del bisogno di alternare le occupazioni, ma è anzi scopo della società di soddisfare questo bisogno nell’interesse di tutti, poichè è da ciò che dipende l’armonico perfezionamento dell’uomo. Non ci saranno più quelle fisionomie che caratterizzano e contrassegnano la professione, quali si incontrano nella nostra società, consista questa “professione” nella ripetizione uniforme di certi atti o nella crapula e nella poltroneria, o nell’ozio forzato. Sono pochissimi oggi coloro i quali hanno la possibilità di alternare le loro occupazioni, o che le cambiano. Troviamo qua e là della gente favorita da speciali circostanze, che si sottraggono alla uniformità delle occupazioni quotidiane, e che, dopo aver pagato il suo tributo al lavoro fisico, si rifanno col lavoro intellettuale. Troviamo invece della gente che lavora con la mente, la quale si occupa di esercizi fisici, di qualche mestiere, del giardinaggio, ecc. L’azione benefica di un’operosità che si fonde sull’alternativa del lavoro fisico col lavoro mentale, è confermata da tutti gli igienisti, ed è essa sola conforme a natura; soltanto si presuppone che codesta alternativa si eserciti misuratamente e sia in relazione colle forze individuali. Ora la società futura avrà dotti ed artisti d’ogni genere e in quantità innumerevole, i quali dedicheranno una parte del giorno al lavoro fisico, e la rimanente consacreranno, a seconda dei gusti, allo studio e all’arte (150). Cesserà quindi l’antitesi fra il lavoro mentale e il lavoro manuale, antitesi che le classi dominanti hanno fatto apparire più profonda, per far credere che il lavoro mentale, che esse devono a preferenza fornire, è privilegio loro. Da quanto abbiamo esposto fin qua ne segue anche che nella società nuova saranno impossibili le crisi e la mancanza di lavoro. Vedemmo che le crisi sono l’effetto della circostanza che la produzione individualistica e capitalistica, allettate dall’interesse personale, e regolandosi, pigliando norme da questo, senza (148) «La gran massa degli operai hanno così poca libertà di scegliersi la professione e la dimora così in Inghilterra come in tutti gli altri paesi, ed è in pratica così ostacolata da leggi ferree e dal malvolere, come non può concepirsi sotto alcun altro sistema, tranne quello della Schiavitù». John StuartMill. Nota di A. Bebel. (149) Un operaio francese, reduce da S. Francisco, scrive: «Io non avrei creduto di essere capace di esercitare tutti i mestieri che ho esercitato in California. Io ero fermamente persuaso di non saper far altro che lo stampatore. Una volta entrato in questo mondo di avventurieri, chemutanomestiere come cambiano la camicia, ho fatto, in fede mia, come gli altri. Il lavoro della miniera non essendo abbastanza rimuneratore, lo abbandonai e venni in città, dopo fui tipografo, conciatetti, fonditore di piombo, ecc. Dopo questa esperienza, d’essere buono a tutto, mi sento meno mollusco e più uomo». Carlo Marx: Il Capitale. Nota diA. Bebel. (150) Di ciò che si può fare degli uomini quando il loro sviluppo è favorito dalle circostanze, è una prova Leonardo da Vinci, che era pittore distinto, celebre scultore, architetto e ingegnere, eccellente maestro di architettura militare,musicista e improvisatore.Anche Benvenuto Cellini era orafo celeberrimo, distinto modellatore, buon scultore, maestro di architettura militare, bravo soldato e musicista valente. Abramo Lincoln era falegname, agricoltore, mastro di vascello, garzone di bottega e avvocato, e salì fino al seggio presidenziale degli Stati Uniti. Si può dire, senza esagerazione, che la maggior parte degli uomini hanno un impiego non corrispondente alle loro attitudini, perchè, non la libera volontà, ma la forza delle circostanze aperse loro la via. Più di qualche professore diventerebbe un valente calzolaio, e più di qualche valente calzolaio diventerebbe anche un valente professore. Nota di A. Bebel. 121 poter tutto abbracciare, getta sul mercato troppe merci, determinando una pletora di produzione. La natura dei prodotti nella produzione capitalistica, considerati come merci che i loro possessori tendono a scambiarsi fra loro, fa dipendere il loro consumo dalla capacità d’acquistare del consumatore. Questa capacità però è assai limitata per la grande maggioranza della popolazione, la quale viene pagata per il suo lavoro con un prezzo inferiore al merito, e non trova occupazione ed impiego, se chi la impiega non può ritrarre da essa un vantaggio. Perciò capacità d’acquistare e capacità di consumare sono due cose assai differenti nella società borghese. Moltimilioni di persone hanno bisogno di nuovi abiti, di scarpe, di mobili, di biancheria, di cibi e di bevande, ma non hanno danari, e così restano insoddisfatti i loro bisogni, vale a dire la loro capacità di consumo. Ilmercato è riboccante dimerci, ma la massa del popolo è affamata; essa vuol lavorare, ma non trova alcuno che paghi il suo lavoro, perchè chi ha danaro è d’avviso che non ci sia niente da “guadagnare”. Muori, canaglia, rovinati, diventa vagabondo, delinquente; io, uomo danaroso, non vi posso far nulla perchè io non posso aver bisogno di merci, delle quali non trovo un compratore. E costui ha perfettamente ragione a suo modo. Nella società nuova anche questa contraddizione viene tolta, perchè questa società produce non già “merci” da “comperare” e da “vendere”, bensì produce lemerci necessarie a soddisfare i bisogni della vita, le quali devono essere consumate, senza di che esse non hanno alcuno scopo. La capacità di consumo adunque non trova già, come nella società borghese, il suo limite nella capacità di acquisto dei singoli, ma soltanto nella capacità produttiva della collettività. Essendovi mezzi e tempo, ogni bisogno può essere soddisfatto, e la capacità collettiva di consumo non trova alcun altro limite che nell’essere satolla. Ma, siccome nella nuova società non vi sono “merci”, così non vi è neppure “denaro”. Il danaro è tutto l’opposto della merce, e tuttavia è merce a sua volta! E’ la forma sociale di equivalenza per tutte le altre merci. Ma la società nuova non produce merci, bensì soltanto oggetti necessari, valori d’uso, la cui creazione richiede una certa misura di lavoro sociale. La durata del lavoro, che è in media necessaria per fabbricare un oggetto, è la sola misura alla quale bisogna misurarlo per l’uso sociale. Dieci minuti di un lavoro sociale in un oggetto, equivalgono dieci minuti di lavoro sociale in un altro oggetto, nè più nè meno. Poiché la società non vuole “guadagnare”, ma vuole soltanto effettuare la permuta di oggetti della stessa qualità e dello stesso valore d’uso, fra i suoi membri, e, finalmente, poichè essa non ha punto bisogno di fissare un valore di consumo, la società non fa che produrre ciò di cui abbisogna. Se, per esempio, la società trova che per avere tutti i prodotti necessari bisogna lavorare tre ore al giorno, essa fissa a tre ore la durata del lavoro (151). Se la società cresce e i metodi di produzione migliorano in modo che si possa coprire il bisogno in due ore, allora la società limita la durata del lavoro sociale a due ore. Se invece la collettività esige la soddisfazione di bisogni più elevati di quelli che può coprire, malgrado l’aumento del numero degli operai e la più alta produttività dei processi di lavoro, allora fissa codesta durata in 4 ore. Il suo paradiso è il voler suo. E’ facile calcolare la durata del lavoro sociale necessario per creare ogni singolo prodotto (152). Si mette in ragguaglio questa parziale durata del lavoro con la durata intera. Qualche certificato, un pezzo di carta stampata, oro o latta, attesta la prestazione del lavoro, e pone il possessore in condizione di barattare cotesti segni con oggetti necessari di ogni specie (153). Se egli trova che i suoi bisogni sono inferiori a ciò che egli riceve per la sua prestazione, (151) Si pongamente che si suppone che tutta la produzione sia organizzata e regolata in modo tecnicamente perfetto, e che tutti lavorino. Con tale presupposto, una giornata di lavoro di tre ore si presenta troppo lunga piuttosto che troppo corta. Owen calcolava che bastassero due ore di lavoro per l’epoca sua – primo quarto di questo secolo. Nota diA. Bebel. (152) «La quantità di lavoro sociale celato in un prodotto si può determinare senza bisogno di andare per le lunghe, perchè l’esperinza quotidiana ce lo insegna. La società può calcolare quante ore di lavoro si contengano in unamacchina a vapore, in un ettolitro di grano dell’ultimo raccolto, in 100 metri quadrati di panno. Non può quindi venirle inmente di esprimere la quantità di lavoro contenuto nei prodotti (quantità a lei nota in via diretta ed assoluta) in una misura soltanto relativa, incerta, insufficiente, che era necessaria, prima, come ripiego, in un terzo prodotto, non può venirle in mente, ripetesi, di esprimerlo a questo modo anzichè nella sua misura adeguata, naturale, assoluta, quella del tempo... Essa avrà da regolare il piano di produzione secondo i mezzi e gli stromenti della produzione stessa, fra i quali si contano specialmente gli operai. Gli effetti utili dei vari oggetti di consumo bilanciati fra loro e di fronte alla quantità di lavoro necessaria a produrli, determineranno alla fine il piano. La gente fa gli affari suoi da sè senza l’intervento del celebrato valore». Fr. Engels, Eugenio Dühring – Rivoluzione della scienza. Nota diA. Bebel. (153) Il sig. Eugenio Richter è così sorpreso dello sparire del denaro – non si abolisce, ma sparisce da sè come superfluo, una volta che ai prodotti del lavoro si tolga il carattere di merci – è, ripetesi così sorpreso ci ciò, che vi consacra un capitolo speciale nel suo libro sulle False Dottrine. Io non voglio convincerlo, che è indifferente che il documento del lavoro previsto sia un pezzo di carta stampata, oro o latta. Egli scrive: Ma con l’oro rientrerebbe nello stato socialista democratico anche il demone del presente ordine sociale – siccome il signor Richter si ostina a non vedere non esservi, alla fine, che una società socialistica e non un “Stato” socialista-democratico, gran parte della sua polemica perderebbe qualsiasi base – perchè l’oro ha un valore metallico indipendente, che può essere facilmente conservato e che renderebbe possibile il possesso di monete d’oro, per accumulare valori, per sottrarsi all’obbligo del lavoro ed anche per prestare denari ad interesse. Il signor Richter deve contare sulla imbecillità dei suoi lettori, se egli antepone al nostro oro la latta. Il sig. Richter, il quale non può liberarsi dall’idea capitalistica, non può nemmeno comprendere che, non ci può essere «denaro» là dove non c’è capitale, e che non ci può essere «interesse» dove manca il capitale e il denaro. Il signor Richter è così infatuato dell’idea del capitale, che non sa nemmeno concepire un mondo «senza capitale». –Noi vogliamo sapere come ilmembro di una società socialistica può «conservare» il suo certificato di lavoro, ovvero cederlo ad altri e trarne un «interesse» ove anche gli altri tutti possedono ciò che uno offre e di cui vive. Nota di A. Bebel. 122 allora egli lavora proporzionalmente meno. Vuole regalare ciò che non ha consumato? Padronissimo; e padronissimo anche di lavorare spontaneamente per un altro, per fargli godere il “dolce far niente”, e di dividere con lui il diritto ai prodotti sociali, se è così minchione. Nessuno però può costringerlo a lavorare a vantaggio di un altro; nessuno può trattenersi una parte dei diritti che gli spettano per il suo lavoro. Se la confezione di un vestito fino costa 20 ore di lavoro sociale, ma egli non ne vuol impiegare che 18, può averne uno per tanto. Ognuno può dunque tener conto di tutti i desideri e di tutte le esigenze da soddisfare, ma non a spese degli altri. Egli riceve quanto dà come membro sano della società, nè più, nè meno, ed è sottratto allo sfruttamento di un terzo. “Ma, dov’è la differenza?” sentiamo chiederci: fra gli operosi e gli infingardi? fra gli intelligenti e gli imbecilli? Differenza non c’è, perchè non esiste più ciò che noi intendiamo sotto questo concetto. Del premio conferito all’operosità e delle pene inflitte alla pigrizia avviene nella società borghese ciò che della posizione occupata dalla intelligenza nella scala sociale. La società chiama “poltroni” coloro soltanto che sono costretti a vagabondare perchè licenziati dal lavoro, e che diventano poi veri vagabondi, ovvero coloro i quali, cresciuti sotto pessimi educatori, diventano corrotti. Ma sarebbe offesa chiamare “infingardo” l’uomo danaroso, il quale ammazza il tempo facendo niente o gozzovigliando; perchè costui è un uomo “onorato”. Abbiamo già detto però quale posizione sociale si sia fatta oggi alla intelligenza. Ora come stanno le cose nella società nuova? Siccome tutti lavorano sotto le stesse condizioni di esistenza, e ciascuno attende alle occupazioni che rispondono alle sue attitudini naturali, anche le differenze fra prestazione e prestazione saranno poco rilevanti (154). Anche l’atmosfera intellettuale e morale della società, che stimola ognuno a sorpassare l’altro, concorrerà ad uguagliare le differenze. Se uno sente di non poter fare in un dato campo ciò che fanno gli altri, allora egli sceglie un altro terreno più adatto alle sue forze e alle sue capacità. Chi ha lavorato insieme con molti nelle grandi industrie, avrà scoperto che, individui assolutamente incapaci e inetti a un determinato lavoro, occupati in un altro, sapevano eseguirlo inmodo perfetto ed esemplare. Non vi è uomo normalmente organizzato il quale non possieda questa o quell’attitudine ed anche parecchie per le quali può rispondere alle maggiori esigenze, una volta collocato nel suo vero posto. Con quale diritto uno può domandare di essere preferito all’altro? Se taluno ha matrigna la natura, perchè non può anche malgrado tutta la buona volontà fare quello che altri può, la società non può punirlo per le colpe della natura. Se al contrario alcuno ebbe da natura attitudini tali che lo fanno eccellere sugli altri, la società non ha il dovere di premiare ciò che non è suo merito personale. Se non che nella società socialistica, bisogna considerare altresì che tutti hanno eguali condizioni di vita e di educazione, che è reso possibile ad ognuno di acquistare quelle nozioni scientifiche che rispondono alle sue naturali disposizioni ed in tal modo si scorgerà che non solo la cultura e la capacità dei membri di una società socialistica supera di molto quella di una società borghese, ma che è anche più uniforme e nel tempo stesso più varia. Quando Göthe nel suo viaggio sul Reno studiò la Cattedrale di Colonia, scoprì fra gli atti relativi alla costruzione del tempio che gli antichi architetti pagavano gli operai soltanto in proporzione del tempo, volendo ottenere un lavoro eccellente e coscenziosamente eseguito. L’attuale società borghese vede in ciò una anomalia. Essa ha introdotto il sistema del salario a cottimo, per il quale gli operai sono costretti a un lavoro eccessivo affinchè l’imprenditore possa regolare poi tanto meglio l’abbassamento dei salari. Ma tuttavia la esperienza insegna che cinque operai qualunque della più diversa qualità dànno in media il prodotto di cinque operai mediocri. Come il lavoro materiale, così è ordinato anche il lavoro intellettuale. Ogni uomo è il prodotto del tempo e delle circostanze in cui egli vive. Un Göthe – per restare nell’esempio sopra riferito – se fosse nato sotto le stesse condizioni favorevoli di sviluppo nel quarto secolo invece che nel decimo ottavo sarebbe diventato invece di un celebre poeta e naturalista, un gran padre della Chiesa rispetto al quale forse sant’Agostino sarebbe rimasto nell’ombra. Se Göthe nel XVIII secolo fosse nato non già da un ricco patrizio di Francoforte, ma da un povero calzolaio non sarebbe diventato ministro del Granduca diWeimar,ma sarebbe rimastomolto probabilmente calzolaio, e onesto calzolaio sarebbe morto. Se Napoleone I fosse nato dieci anni dopo, non sarebbe mai diventato imperatore di Francia. Senza la guerra del 1870-1871 Gambetta non diventava quello che è diventato. Ponete un figlio di genitori intelligenti fra i selvaggi e vi diventerà un selvaggio per quanto intelligente. Perciò quello che uno è, è tale quale la società l’ha fatto. Le idee non sono un prodotto del nulla, o di una ispirazione dall’alto, ma un prodotto della vita sociale e cioè dello spirito dei tempi. Un Aristotele non poteva avere le idee d’un Darwin, e un Darwin doveva pensare diversamente da unAristotele. Ognuno pensa secondo lo spirito del tempo, cioè secondo l’ambiente che lo circonda. Di qui il fenomeno che uomini spesso tanto diversi hanno contemporaneamente le stesse idee perchè vengono fatte contemporaneamente in luoghimolto lontani gli uni dagli altri le stesse invenzioni e le stesse scoperte, e di qui ancora il fenomeno che un’idea espressa cinquant’anni fa, la quale passò inosservata, ripetuta in forma conveniente cinquant’anni più tardi commuove tutto il mondo. L’imperatore Sigismondo poteva arrischiare nel 1415 di violare la promessa fatta a Husse e di farlo bruciare a Costanza. Carlo V, sebbene fosse un fanatico molto più grande, doveva lasciar andare tranquillamente Lutero dal Reichstag aWorms. Le idee quindi sono il (154) «Tutti gli uomini bene organizzati nascono con una intelligenza quasi eguale, ma l’educazione, le leggi e le circostanze li rendono differenti fra loro. Il ben inteso interesse individuale si fonde coll’interesse collettivo o pubblico». HELVETIUS, L’uomo e la sua educazione. Nota di A. Bebel. 123 prodotto della vita sociale. Senza la società moderna non esisterebbero idee moderne. Ciò a noi sembra chiaro ed evidente. Si aggiunga che nella società nuova i mezzi necessari per l’educazione di ognuno sono proprietà sociale, e quindi non può essere obbligata a tributare onori speciali a ciò che ha fatto essa stessa e che è prodotto suo proprio. Questo relativamente alla qualità diversa del lavoro fisico e mentale. Ne segue altresì che non vi può essere nemmeno differenza fra lavoro fisico “più elevato” e lavoro fisico “più basso”, mentre oggi un meccanico, per es., crede di valere di più di un salariato che compie lavori stradali e simili. Siccome la società non fa eseguire che lavori socialmente utili, così ogni lavoro che ha tale qualità, ha per la società eguale valore. Se lavori sgradevoli e molesti non potendo eseguirsi per mezzo dellameccanica o della chimica, vengono trasformati mediante qualche processo in lavori graditi – del che non può dubitarsi, se si tien conto dei progressi fatti dalla meccanica e dalla chimica – e non si potessero trovare le forze necessarie, allora ognuno ha il dovere di prestare per turno l’opera sua. Non ci si può vergognare di un lavoro utile, nè vi può essere alcuno che ne raccolga disprezzo o disistima. Ciò è possibile soltanto nelle nostre condizioni ove il far nulla è considerato come sorte invidiabile, e l’operaio è tanto più disprezzato quanto più duri, faticosi e sgradevoli sono i lavori suoi e quanto più sono necessari per la società. Si può ammettere che oggi il lavoro sia pagato tanto peggio quanto è più molesto. E le ragioni son queste, che per effetto della costante rivoluzione dei processi produttivi, un numero esuberante di forze, quali esercito di riserva, giacciono sul lastrico, e che si adattano a darsi per denaro a lavori più umili, ed, infine, che per questi lavori anche l’introduzione di macchine per la borghesia “non è suscettibile di rendita”. – Così, per es., lo scavo delle pietre è notoriamente uno dei lavori peggio rimunerati e più molesti. Ora sarebbe cosa da nulla, se si facesse compiere il lavoro dalle macchine, come avviene negli Stati Uniti, ma noi abbiamo una quantità così stragrande di forze a buon mercato, che la macchina non “dà rendita” (155). Pulizia stradale, espurgo di cloache, trasporto di calcinacci, scavi d’ogni genere si compiono anche nello stato presente del nostro sviluppo coll’aiuto di macchine e di congegni meccanici in modo che non conservano più alcuna traccia dei disagi e delle molestie che oggi cagionano spesso agli operai. Osservando bene, un operaio che vuota le cloache per proteggere l’umanità da miasmi nocivi alla salute, è un membro utilissimo della società, mentre un professore che falsa la storia nell’interesse delle classi dominanti, ovvero un teologo il quale cerca di offuscare le menti con dottrine trascendentali sono individui dannosissimi. La letteratura e la dottrina che oggi ha impieghi e dignità rappresentano in gran parte una Gilda, destinata e pagata a difendere e legittimare l’autorità delle classi dirigenti per mezzo dell’autorità della scienza, e ad alimentare i pregiudizi esistenti. Infatti questa dottrina non è altro che una scienza ausiliaria, un veleno delle menti, un nemico delle civiltà, stipendiato perchè faccia l’interesse della borghesia e dei suoi clienti (156). Uno stato sociale che renda impossibile la più lunga esistenza di una Gilda così privilegiata, farà opera redentrice. D’altra parte la scienza pura è spesso congiunta ad un lavoro grave e molesto, come per esempio un medico che fa la sezione di un cadavere che si trova in uno stato di putrefazione, ovvero quando opera una parte purulenta del corpo; ovvero quando un chimico fa l’analisi degli escrementi. Questi sono lavori spesso non meno ripugnanti di quelli compiuti dai salariati e dagli operai indotti, ma nessuno pensa a riconoscerlo. La differenza stà in ciò, che un lavoro richiede un lungo studio per essere fornito, mentre l’altro può essere fornito da chiunque senza bisogno di studi profondi: di qui la grande differenza nell’apprezzamento. Ma in una società in cui le differenze oggi esistenti fra “educato e non educato” spariranno perchè tutti potranno raggiungere il più alto grado di istruzione, dovrà sparire anche l’antitesi fra il lavoro del dotto e dell’ingnorante e tanto più se si pensi che lo sviluppo dellameccanica non conosce confini, per cui non possa il lavoromanuale essere compiuto anche dalle macchine o da processi tecnici. Si osservi lo sviluppo delle nostre industrie artistiche, quali la xilografia, l’incisione in rame ecc. Quindi, siccome i lavori più umilianti sono spesso i più utili, anche il nostro concetto sul lavoro gradevole o sgradevole come pure tanti altri concetti della società moderna, è falso e superficiale, e basato solo sulle apparenze. * * * Una volta che tutta la produzione della nuova so- (155) «Se si dovesse scegliere fra il comunismo e tutte le sue gradazioni, e le condizioni presenti della società con tutti i suoi dolori e le sue ingiustizie, se l’istituto della proprietà privata recasse come conseguenza necessaria, che il prodotto del prodotto si giudica, come vediamo ora, quasi in ragione inversa del lavoro – che la parte maggiore spetti a coloro che non hanno lavorato, e una parte quasi eguale a coloro che hanno lavorato soltanto di nome, e così via, mentre il compenso si restringe nella stessa proporzione, in cui il lavoro è più faticoso e più molesto, fino al punto che il lavoro che più stanca ed esaurisce non può contare con certezza di guadagnare tanto che basti a soddisfare i bisogni della vita; se, diciamo noi, si ponga l’alternativa: questo o il comunismo, scegliete; tutte le difficoltà del comunismo, così le grandi come le piccole, non sarebbero che come una piuma sulla bilancia. JOHN STUART MILL: Economia politica. IlMill si è adoperato lealmente a «riformare» la società borghese e a ridurla alla «ragione».Ma indarno, s’intende. E perciò egli ha finito per diventare socialista, come ogni uomo d’ingegno il quale conosca lo stato delle cose. Egli non ha osato però di riconoscerlo durante la vita, ma permise che fosse pubblicato, lui morto, la sua autobiografia, che contiene la sua professione di fede socialistica. Avvenne di lui quello che di Darwin, il quale non volle essere riconosciuto come ateo, in vita. E’ la commedia che la società borghese fa recitare amolti. La borghesia fa le viste di affettare legalità, religione e fede nell’autorità, perchè è su ciò che riposa una parte del suo potere, ma in fondo essa ride di queste virtù. La borghesia è la più ipocrita di tutte le società che siano mai esistite. Nota di A. Bebel. (156) La scienza rende servizi così alla ignoranza come al progresso. – Buckle: Storia della civiltà inglese. Nota di A. Bebel. 124 cietà è posta sopra tali basi, la società non produce più “merci” ma soltanto oggetti di consumo per i suoi immediati bisogni. Cessa quindi anche il commercio, il quale può coesistere soltanto con una società che riposa sulla produzione mercantile. Simobilizza quindi per la produzione un immenso esercito di persone d’ambo i sessi e di tutte le età (157). Entra quindi nella produzione una grande armata di persone che concorreranno a fabbricare gli oggetti necessari e renderanno quindi possibile da un lato un maggiore consumo, e dall’altro una ulteriore limitazione della durata del lavoro socialmente necessario, persone che finora vivevano più o meno da parassiti del lavoro degli altri, e si affaticano spesso nella odierna società senza trovare il modo di guadagnarsi la vita. Nella società nuova costoro sono inutili come i negozianti, albergatori, sensali,mediatori. Nella condizione loro si trovano coloro che lavorano a mercede e i domestici, dei quali ve ne erano in Germania, nel 1882, 400.000 in cifra rotonda. In luogo di dozzine, centinaia e migliaia di botteghe e di negozi d’ogni genere che oggi ogni comune possiede in ragione della sua grandezza, sorgono grandi magazzini, grandi ed eleganti bazar, depositi di provvigioni, esposizioni che richiedono un personale relativamente assai scarso. Questa trasformazione rappresenta una rivoluzione di tutte le istituzioni che funzionano fin qua. Tutto il movimento del commercio moderno viene trasformatomediante l’accentramento in una amministrazione incaricata della distribuzione, la quale deve compiere funzioni semplicissime, semplificate ancora più mediante l’accentramento di tutte le istituzioni sociali.Anche tutto il sistema dei trasporti subisce una totale trasformazione. Telegrafi, ferrovie, poste, navigazione fluviale e marittima, ed i veicoli, che servono di mezzo di trasporto per la società borghese, diventano ora proprietà sociale. Il fatto che molte di queste istituzioni, come le poste, i telegrafi e le ferrovie quasi tutte, sono oggi governative, facilita la loro trasformazione in proprietà sociale. Qui non ci sono da ferire interessi privati. Se lo Stato continua a lavorare in questo senso, tanto meglio. Queste industrie però, esercitate dallo Stato, non hanno proprio carattere socialistico, come fu erroneamente ritenuto. Sono semplicemente industrie che vengono sfruttate dallo Stato con intenti capitalistici come sarebbe se fossero esercitate da imprenditori privati. Né gli impiegati, né gli operai hanno una partecipazione qualunque ai guadagni, essendo trattati dallo Stato né più né meno come li tratterebbe un imprenditore privato; cosicché, se per esempio, negli stabilimenti dellamarina imperiale, viene emanato l’ordine di non ammettere al lavoro gli operai che hanno superato i 40 anni, sarebbe questa una regola che può sollevare gli operai contro lo Stato. Tali norme ed altre simili che emanano dallo Stato quale assuntore di operai, sono anche più dannose di quelle che emanano da un imprenditore privato, perchè quest’ultimo non è, alla fine, rispetto allo Stato che un piccolo imprenditore e l’impiego che egli nega, può essere forse assicurato da un altro. Lo Stato al contrario, come quello che esercita come una specie di monopolio del lavoro, può ad un tratto gettare nella miseria migliaia di persone. Ora ciò si dice trattare non già con criteri socialisti, ma puramente capitalistici, e i socialisti devono protestare affinché le industrie oggi esercitate dallo Stato non vengano considerate come industrie a base socialistica e come la realizzazione delle aspirazioni socialistiche. Nel sistema socialistico non c’è chi dà lavoro e chi è superiore agli altri, come non vi sono padroni e soggetti, perché tutti sono in eguale posizione e tutti hanno uguali diritti. Ora, siccome al posto di tutti i milioni di produttori privati, di commercianti, d’intermediari d’ogni specie, ci sono dei grandi stabilimenti centrali, anche il trasporto dei prodotti assume una forma diversa. I milioni di piccole spedizioni, che andavano giornalmente ad altrettanti proprietari, diventano oggi grandi e potenti trasporti che passano nei depositi generali e nei centri di produzione.Anche qui il lavoro viene enormemente semplificato. Come, per esempio, il trasporto dei materiali greggi si forma in modo infinitamente più semplice per una industria che occupa mille operai, di quello che per mille piccole industrie, che consumano solo la stessa quantità di materiale greggio che viene consumata da un grande stabilimento, così accentrando i luoghi di produzione e distribuzione per tutti i comuni o per una gran parte di essi si ottiene un risparmio ancora maggiore di tempo, di lavoro, di materia, di trasporto e di stabilimenti di produzione, e tutto ciò giova a tutta la società e quindi anche al singolo. La fisonomia dei nostri stabilimenti di produzione dell’industria dei trasporti e specialmente delle nostre abitazioni, verrà completamente mutata ed acquisterà un aspetto molto più favorevole. Lo strepito, la folla, il viavai delle nostre grandi città coi loro mille veicoli d’ogni specie, viene modificata di molto e assume un carattere molto diverso. La costruzione e la pulizia delle strade, le comunicazioni degli uomini fra loro, tutto un modo di vivere e di abitare subiranno una grande trasformazione. Allora potranno attuarsi con facilità e comodità precetti igenici che oggi non si possono attuare senza grandi spese ed anche in tal caso imperfettamente, e che ad ogni modo vennero applicati soltanto per i quartieri più eleganti. Il “popolo” non ne ha bisogno, egli deve aspettare finchè ci sono i mezzi, i quali poi non si trovano mai. Naturalmente il comunismo riceve la sua più grande diffusione ed applicazione come lo comporta lo stato della scienza. Siccome le vie di comunicazione sono le vene che portano il sangue, e cioè lo scambio dei prodotti in tutto il corpo sociale, servono di mezzo alle relazioni personali e intellettuali degli uomini fra loro, e sono il mezzo più adatto per portare ad un uguale livello il benessere e la cultura di tutta la società, così la estensione e la diramazione deimezzi più perfetti di trasporto fino ai punti più remoti delle più lontane provincie rappresenta una necessità e un ge- (157) Secondo la statistica dell’anno 1882 erano occupate inGermania nel commercio e nel traffico, escluse le locande e il commercio al minuto, 1.570.318 persone che occupano inoltre 295.451 servi. Nota di A. Bebel. 125 nerale interesse sociale. Vi sono quindi anche in questo campo della società nuova problemi che oltrepassano di molto quelli che la società presente è in grado di fare. Nel tempo stesso questo sistema di comunicazioni perfezionato e diffuso nel più alto grado favorirà il decentramento delle masse di uomini accumulate dalle grandi città e dai centri industriali ed anche dagli stabilimenti di produzione, su tutto il paese, e sarà quindi utilissimo tanto per la salute quanto per le esigenze morali e materiali della civiltà. * * * Anche la terra, come gli strumenti di lavoro e della produzione nell’industria e nel traffico è materia prima di ogni lavoro umano, e base di ogni esistenza umana, della società. La società riprende nel suo più alto grado di progresso ciò che le apparteneva in origine. Noi vediamo come presso tutti i popoli della terra arrivati a un certo grado di civiltà primitiva, la proprietà della terra era comune e come cotesta comunità di dominio ci sia anche oggi là dove questi popoli esistono ancora. La proprietà comune formava la base di ogni associazione primitiva, che non sarebbe stata altrimenti possibile. Col sorgere e con lo svilupparsi della proprietà privata e delle forme varie di dominio connesse con tale sviluppo, anche l’ultimo residuo di proprietà comune disparve sotto le asperrime guerre che infierirono fino al presente, e fu usurpato come possesso privato. Lo spoglio della terra e la sua trasformazione in proprietà personale formò, come vedemmo, la prima causa della servitù, la quale è passata attraverso tutte le gradazioni della schiavitù fino al “libero” salariato del secolo XIX; finchè i servi, dopo migliaia d’anni di sviluppo, tramuteranno anche la terra in proprietà comune. L’aver riconosciuta l’importanza della terra per tutta l’esistenza umana ha fatto sì che, in tutte le guerre sociali del mondo, in India, nella Cina, in Egitto, in Grecia, (Cleomene), a Roma (i Gracchi), nel medioevo cristiano (sette religiose, guerra dei contadini), nel regno degliAztechi e degli Inca, nelle rivoluzioni sociali dell’era moderna, il possesso della terra fu la prima e principale pretesa, ed anche oggi vi sono uomini i quali trovano legittima la proprietà comune del suolo – Adolfo Samter, il professore Adolfo Wagner, il dott. Schäffle – pure essendo disposti a fare le più grandi concessioni e ad accettare accomodamenti in altro campo (158). Dalla coltura e dal godimento della terra dipende principalemnte il benessere della popolazione. E’ di interesse generale che questa coltura si porti al più alto grado possibile. Abbiamo già esposto in qual modo questa coltura non è possibile e non può aver luogo nel sistema della proprietà privata, né con le grandi proprietà, né con le proprietà media e piccola. Per trarre dalla terra il maggior utile possibile non basta amministrarla separatamente, ma bisogna tener conto dei fattori che sono più potenti di qualunque gran proprietario e anche di qualunque potente associazione, fattori i quali in date circostanze esorbitano dai confini nazionali, e devono trattarsi con criteri internazionali. La società deve, prima di tutto, considerare la terra come un tutto, e quindi la sua topografia, le sue montagne, le sue pianure, i suoi boschi, fiumi, stagni, le sue paludi, le sue maremme. Questa topografia, insieme con la posizione geografica, che è immutabile, esercita certe influenze sul clima e sulla natura del suolo. Ecco non solo un campo vastissimo di attività, ma anche tale, sul quale si possono tentare molte esperienze. Quello che lo Stato fece fin qua in questo indirizzo, è poca cosa. Anzitutto egli impiega scarsi mezzi a scopo di coltivazione, e trova poi, anche se volesse fare di più, un ostacolo nei grandi proprietari privati, i quali hanno oggi voto decisivo nella legislazione. Senza intaccare profondamente la proprietà privata, non potrebbe lo Stato moderno far nulla in tale campo. Ma la sua esistenza dipende dalla conservazione della proprietà privata dichiarata “sacra”, e quindi gli manca naturalmente la forza e la volontà di procedere su questa via. Per la società nuova si tratta di grandi ed estese migliorie, di rimboschimenti e disboschimenti, di irrigazioni e prosciugamenti, di cambiamenti di terreni, di piantagioni, ecc. Una questione importante nei riguardi della coltura della terra, è pur quella di provvedere il suolo di canali e di fiumi sistematicamente coordinati secondo i principi della scienza. La questione dei trasporti “più a buon mercato” (158) Anche i papi e i padri della Chiesa non potevano astenersi dal mostrarsi zelanti in senso comunistico nei primi secoli in cui erano ancora vive le tradizioni del comunismo, e questo esisteva ancora in più parti,ma lo spoglio della proprietà comune aveva assunto grandi proporzioni. Il Sillabo del secolo XIX non suona certo così, perché anche i pontefici romani sono oggi soggetti, benché contro la loro volontà, alla borghesia, che difendono col dichiararsi avversari del socialismo. Così papa Clemente I, (morto nell’anno 102 dell’era nostra) disse: «L’uso di tutte le cose deve essere in questo mondo comune a tutti. E’ un’ingiustizia dire: Questo appartiene a uno, questo è mio; quello è di un’altro. Da ciò è derivato il conflitto fra gli uomini ». Sant’Ambrogio vescovo di Milano, che visse intorno al 374, diceva: «La natura dà agli uomini tutti i beni in comune; perché Dio ha creato tutte le cose, affinchè tutti le godessero in comune; e la terra diventasse proprietà comune. Quindi la natura ha creato il diritto della comunione dei beni, e non fu che la usurpazione che ha creato il diritto delle proprietà». San Giovanni Grisostomo (morto nel 407) dichiarò nelle sue omelie contro la scostumatezza e la corruzione di Costantinopoli: «Nessuno chiami qualche cosa sua proprietà; noi la abbiamo avuta daDio per goderla in comune, e ilmio e tuo sono menzogne! ». Sant’Agostino (morto nel 430) si espresse così: «L’esistenza della proprietà privata, ha dato causa ai processi, alle inimicizie, alle discordie, alle guerre, alle sollevazioni, ai peccati, all’ingiustizia, agli assassinii. D’onde derivano tutti questi flagelli? Unicamente dalla proprietà.Asteniamoci quindi, o fratelli, dal possedere una cosa in proprietà, o, almeno, asteniamoci dall’amarla». Papa Gregorio Magno dichiarò nel 600: “Dovete sapere che la terra da cui siete nati e di cui siete fatti, è comune a tutti gli uomini, e che quindi tutti i suoi prodotti devono appartenere indistintamente a tutti”. Ed uno dei moderni, San Zaccaria nei «Quaranta libri dello Stato» dice: «Tutte le miserie contro le quali i popoli civili devono lottare, riflettono la loro origine dalla proprietà privata del suolo». Nota di A. Bebel. 126 sulle vie d'acqua, questione tanto importante per la società moderna, non è presa in considerazione dalla nuova società dal punto di vista della facilità dei trasporti derivante dalla mitezza delle tariffe, perché la società nuova non ha più il concetto del prezzo “caro” e “mite”; ma tutto si riduce a poter fare – e quindi le vie d'acqua devono considerarsi comodo mezzo di trasporto, del quale si può profittare per il consumo minimo di forze e di materiali. Il sistema fluviale e quello della canalizzazione nei riguardi della sua influenza sul clima, può avere importanza decisiva per un completo sistema di irrigazione e di prosciugamento, per fornire gli ingrassi e i materiali atti a migliorare il terreno, come pure per il trasporto dei raccolti ecc. L’esperienza insegna che i paesi poveri d’acqua soffrono assai più il freddo e il caldo che non i paesi ricchi di acqua, e quindi, per esempio, i paesi vicini alle coste non conoscono le temperature estreme ovvero non le conoscono che di passaggio. Ora codesti estremi non sono vantaggiosi né alle piante, né agli uomini. Un esteso sistema di canali sarebbe quindi benefico, specialmente se coordinato alle norme relative alla coltura dei boschi. Tale sistema potrebbe poi servire, una volta aperti grandi bacini, come collettore e serbatoio d’acqua, quando le acque formate dalle nevi e dagli acquazzoni violenti fanno gonfiare e straripare fiumi e torrenti. Sarebbero quindi impossibili le innondazioni e la loro opera devastatrice. Inoltre la superficie acquea, una volta ampliata, renderebbe probabilmente, coll’aumento dell’evaporazione, più regolari le piogge. Ove però manca per qualche tempo l’acqua per la coltura delle terre, pompe e macchine destinate a sollevare le acque potrebbero facilmente condurle sui fondi. Questa irrigazione artificiale trasformerebbe quindi estese campagne, fino ad oggi poco o per nulla fruttifere, in campagne ubertose. Là dove ora appena la capra trova sufficiente nutrimento, e dove, nella migliore ipotesi, dei pini intisichiti protendono al cielo i magri rami, potrebbero prosperare copiosi raccolti e trovare abbondante alimento una densa popolazione. Così, ad esempio, non è che questione di spesa la trasformazione della vasta e sabbiosa regione della “Marca”, dello “spolverino del sacro impero germanico” in un eden ubertoso. Sennonché né i grandi né i piccoli proprietari della Marca possono intraprendere i lavori necessari di miglioramento, le aperture di canali, l’irrigazione, la mescolanza dei terreni ecc., e quindi vasti tratti di terreno rimangono incolti proprio alle porte della capitale dell’impero, ciò che sarà incomprensibile ai posteri. D’altra parte verrebbero prosciugate e rese suscettibili di coltura, mediante la canalizzazione, maremme, paludi e stagni, così nella Germania settentrionale, come nel sud della Baviera ecc. Inoltre codesti corsi d’acqua potrebbero utilizzarsi per la piscicoltura offrendo così una nuova e copiosa fonte di alimentazione, e formando in estate altrettante stazioni balneari per quei comuni che non sono bagnati da un fiume. Ecco alcuni esempi dell’azione esercitata dalla irrigazione. Nelle vicinanze di Weissenfels, 7 ettari e mezzo di prati bene irrigati producevano 480 quintali di fieno, mentre 5 ettari di prato della stessa qualità di terreno, ma non irrigati, non produssero che 32 quintali. I primi avevano dunque una rendita dieci volte superiore a quella dei secondi. Vicino a Riesa, in Sassonia, 65 acri di prato irrigatorio fecero salire la rendita netta da 5.850 a 11.100 marchi. Le grosse spese di irrigazione rendevano. Vi sono però ancora in Germania, oltre la Marca, intere provincie il cui suolo essenzialmente sabbioso dà una rendita discretamente buona, se l’estate è molto umida. Queste provincie, quando siano solcate da canali ed irrigate e quando se ne migliori altrimenti la natura del suolo, daranno in breve una rendita cinque, dieci volte maggiore. La Spagna porge degli esempi che la rendita di terreni bene irrigati superò di trentasei volte quella delle terre non irrigate. Dove sono i privati, dove gli Stati, i quali possano fare ciò che è possibile e necessario? Se alla fine uno Stato cede davanti alle proteste violente dei danneggiati da lunga serie di calamità, come procede adagio, con circospezione e cautela. Potrebbe parergli già troppo se egli dovesse abbandonare a cuore leggero l’idea di costruire delle caserme, per mantenere alcuni reggimenti. E poi, se “si aiuta troppo” uno, vengono gli altri a chiedere pure assistenze. “Uomo, aiutati, che Dio ti aiuta”, dice il credo borghese. Ognuno per sè, nessuno per tutti. Quindi non passa anno, senza che non succedano parecchie volte più o meno grandi inondazioni nelle provincie, negli Stati per lo straripamento di fiumi, torrenti e rivi. Vaste zone di suolo ubertoso sono portate via dalla furia delle onde e coperte di sabbia, di pietre, di rovine. Intere piantagioni di alberi da frutto, che impiegarono decine di anni per crescere, sono sradicate e divelte. Case, ponti, strade, argini vengono corrosi dalle acque, le vie ferrate rovinate, il bestiame soffocato, molte vite umane sacrificate, i miglioramenti fatti alle terre e i prodotti distrutti e rovinati. Estesi tratti della campagna esposta più di frequente al pericolo d’innondazione, vengono coltivati assai poco per evitare danni maggiori. D’altronde il pericolo dell’inondazione viene aumentato dallemodificazioni inadatte apportate nel corso dei fiumi e torrenti principali per interessi unilaterali nel “campo del commercio e del traffico”. Cotesto pericolo è reso ancora più grave dal fatto che sulle montagne, e specialmente per opera dei privati, si abbattono i boschi. La distruzione insensata dei boschi, distruzione consigliata dallo scopo di trarre “profitto” è fatale per il clima, e si deve ad esso la diminuzione della produzione nelle provincie della Prussia e della Pomerania, nonchè nella Stiria, in Italia, in Francia, nella Spagna ecc. Le frequenti inondazioni sono la conseguenza della distruzione dei boschi sulle montagne. Quelle del Reno, dell’Oder, della Vistola sono dovute principalmente alla devastazione dei boschi della Svizzera e rispettivamente della Gallizia e della Polonia. Col disboschimento delleAlpi Carniche, il clima di Trieste e di Venezia deve essere notevolmente peggiorato. Per gli stessi motivi devono averci perso in linea di 127 fertilità Madera, vaste regioni della Spagna, ed estesi territori dell’Asia anteriore una volta così fertili ed ubertosi. S’intende che la società nuova non può risolvere d’un tratto tutti questi gravi problemi; ma lo farà colla maggiore possibile prontezza e col concorso di tutte le forze, perchè suo unico compito è quello di risolvere i problemi della civiltà senza tollerare ostacoli e freni. Questa società quindi creerà nel corso dei tempi opere e problemi da risolvere, ai quali la società presente non può volgere la mente senza che le vengano le vertigini al solo pensarci. Il godimento e l’amministrazione comune della terra si organizzeranno nella società nuova assai meglio, sia con le norme già designate, sia con altre simili. Sennonché per altre vie si possono rialzare le rendite del suolo. Vi sono oggi molte miglia quadrate di terre coltivate a patate che vengono impiegate in quantità enormi per la fabbricazione dell’acquavite, che viene consumata quasi esclusivamente dai poveri. L’acquavite è il solo eccitante che faccia dimenticare le cure e le miserie della vita, e che essi possano procurarsi. Ora, siccome questo consumo d’acquavite non si farà più nella società nuova, così la produzione delle patate e dei cereali a tale scopo e quindi anche la terra e le forze lavoratrici saranno rivolte a produrre un nutrimento più sano. Abbiamo già esposto come la speculazione destini le nostre terre più ubertose alla coltura della barbabietola da zucchero. Il nostro esercito, la produzione, il traffico e i trasporti, l’agricoltura, ecc. richiedono l’uso di centinaia di migliaia di cavalli ed una superficie corrispondente per l’alimentazione, il pascolo e l’allevamento dei puledri. La trasformazione radicale delle condizioni sociali e politiche metteranno a disposizione una gran parte della superficie destinata a quegli usi; e saranno quindi destinati a soddisfare ad altri bisogni della civiltà. Il regime della terra, dei boschi e delle acque è oggi oggetto di discussione di una letteratura scientifica assai copiosa; è tale materia questa che non può restare senza discussione: il regime forestale, l’irrigazione e i prosciugamenti, la coltura delle piante di alto fusto, dei legumi e delle piante tuberose, la coltura degli alberi da frutto e da fiori, da ornamento, la coltivazione delle piante alimentari per l’allevamento del bestiame, per le praterie, l’allevamento razionale degli animali, dei pesci e dei volatili, e la vendita dei loro prodotti, i concimi e gli ingrassi, lo spaccio e il consumo delle scorie nell’economia e nell’industria, l’analisi chimica delle terre e la sua applicazione per questa o quella coltura, macchine ed attrezzi, qualità delle sementi, abitazioni, condizioni climateriche ecc., tutto ciò rientra nel campo delle discussioni e delle ricerche scientifiche. Non passa giorno senza che si facciano nuove scoperte e nuove esperienze, e senza che vengano segnalatimiglioramenti e progressi in questo o in quel campo. L’agronomia è diventata già dal tempo di von Liebig (159) una scienza, e anzi una delle scienze principali e più importanti, che raggiunse un grado d’importanza tale che non pochi rami dell’attività umana hanno raggiunto.Ma se noi mettiamo tutti questi progressi in riscontro con lo stato reale della nostra agricoltura, allora bisogna constatare che solo pochissimi proprietari furono in grado di profittarne in giusta misura, e fra questi non vi è certamente alcuno, il quale non abbia cercato di fare il suo interesse personale, senza riguardo al bene generale. La massima parte dei nostri campagnuoli e ortolani, si può anzi dire il 98% di essi, non è in grado di profittare di tutti i possibili vantaggi, e in quanto ne profittano gli altri dipende unicamente dalla loro volontà. La nuova società trova pertanto in questo campo, un terreno assai meglio preparato, così teoricamente come praticamente, alla sua attività, sul quale essa non ha che da organizzare e da cominciare per ottenere risultati migliori di quelli ottenuti fin qua. L’accentramento dell’industria una volta spinto al suo più alto grado, produrrà già per se stesso grandi vantaggi. Confini, strade per i pedoni e per i carri, fra tutte le proprietà suddivise, apriranno nuovi campi di azione e di lavoro: l’applicazione delle macchine è vantaggiosa soltanto su grandi superfici; le grandi macchine per la lavorazione del suolo, e gli aiuti che porgono la chimica e la fisica, trasformeranno in fruttifere le terre oggi sterili; e di tali campagne desolate ve ne sono ancora dappertutto. La concimazione dei campi applicata scientificamente e aiutata da riforme radicali, la irrigazione e i prosciugamenti faranno aumentare rilevantemente la capacità produttiva di ogni paese; e la scelta accurata delle sementi e la difesa contro le male erbe – un campo questo ove si commettono oggi molti errori – faranno aumentare ancora più le rendite. Le semine, le piantagioni e fruttificazioni hanno luogo naturalmente allo scopo di ottenere la più gran copia di prodotti contenenti principi nutritivi. La coltura delle piante da frutta, l’orticoltura e il giardinaggio avrà uno sviluppo mai fino ad ora raggiunto, e moltiplicherà considerevolmente la rendita. Quanti errori e quante colpe si commettono impunemente da noi in ordine alla coltura della frutta, basta a provarlo un semplice sguardo ai nostri alberi fruttiferi i quali si distinguono per l’assoluta mancanza delle cure necessarie. Ciò vale anche per la coltura delle piante da frutto nei paesi più rinomati per questa cultura, per es. il Württemberg. L’accentramento delle stal- (159) Justus von Liebig (1803-1873), chimico tedesco. Migliorò l'analisi organica e contribuì in modo importante alla chimica per l'agricoltura, alla biochimica e all'organizzazione della chimica organica. Applicò all'agronomia la scoperta del biologo elvetico Théodore de Saussure che scoprì che le piante si nutrono di anidride carbonica tratta dall'aria e di sostanze minerali tratte dal suolo. Teorizzò che il più importante degli alimenti assorbiti dal suolo, il fosforo, doveva essere restituito al terreno dato che non gli veniva fornito dai fenomeni atmosferici. Molte altre furono le sue scoperte, dalla lamina d'argento sul vetro per creare lo specchio alla preparazione artificiale dell'acido tartarico, dall'uso dell'ozono per la sbiancatura dei tessuti vegetali all'estratto di carne come alternativa economica e nutriente della carne. 128 le, dei magazzini per le provigioni, delle concimaie, degli stabilimenti per i foraggi, nelle quali istituzioni si son fatti già i più grandi progressi, ma che solo una minima parte dei coltivatori può applicare per trarne profitto, aumenteranno di molto, se generalizzati, la rendita dell’allevamento del bestiame, e renderanno facile il procacciarsi un materiale tanto importante per la concimazione. Ci saranno macchine ed attrezzi della più alta perfezione e dei quali [la gran parte] dei coltivatori moderni non si servono. La produzione e l’uso dei prodotti animali, come il latte, le uova, la carne, il miele, i peli, la lana, verranno disciplinati scientificamente. Quali miglioramenti e vantaggi si siano tratti dall’impiego del latte da alcune grandi società è risaputo da tutti, e si fanno tutti i giorni nuove invenzioni e miglioramenti nuovi. Vi sono però cento altri rami dell’industria rurale, ove si possono raggiungere gli stessi ed anche più grandi vantaggi. Nella lavorazione dei campi e nella raccolta si impiegheranno grandi masse di lavoratori, traendo abilmente profitto dalla temperatura, così come non è ovunque possibile oggidì. Grandi asciugatoi ecc. renderanno possibile la raccolta anche nelle condizioni climateriche più sfavorevoli e risparmieranno quindi le perdite oggi così frequenti. Quali progressi nella coltura delle piante, degli alberi da frutta e dei fiori renda possibile l’impiego del calore artificiale e dell’umidità nei larghi loggiati protetti dalle intemperie, è dimostrato dai nostri giardinieri. I negozi di fiori delle nostre grandi città mettono in mostra nel più rigido inverno una flora che gareggia con quella dell’estate. La “vigna” artificiale del direttore dei giardinieri signor Haupt a Brieg nella Slesia, porge un esempio dei grandi progressi fatti nel campo della coltura artificiale che facciamo, per eccezione, seguire qui appresso una lunga descrizione trascrivendola dal “Vossische Zeitung” del 27 settembre 1890. Ecco cosa vi si legge: “Sopra una superficie quasi quadrata di 500 metri quadrati, cioè 1/5 di jugero, è costruita la casa di vetro alta da 4 a 5 metri, le cui mura sono orientate esattamente verso nord, sud, est, ovest. Nella direzione da sud a nord si inalzano 12 file di doppie spalliere, lontane m. 18 l’una dall’altra, le quali servono nel tempo stesso di sostegno al tetto a superficie piatta. “In un’aiuola di terra, profonda m. 1,25, sopra un rialzo dello spessore di 25 centimetri, entro il quale si stende una rete di canali provvisti di altri canali verticali per la ventilazione del suolo, aiuola ‘il cui letto è reso soffice, permeabile e fertile mediante la calce e le muriccie, la sabbia, il concime, le ceneri d’ossa e i sali di soda’, il signor Haupt piantò a quella spalliera 360 magliuoli della vite che danno i migliori vini del Reno, e cioè il Riessling, il Trainer bianco e rosso, il Moscatello e il Borgogna bianco e turchino. “La ventilazione si ottiene, oltreché per mezzo di molti fori nelle pareti laterali, mediante grandi coperchi lunghi venti metri nel tetto, i quali possono venire chiusi ed aperti da un apparecchio di ferro a leva, munito di perno a vite e di un manubrio, e collocato in qualunque luogo; 26 inaffiatoi, lunghi 1 metro e 25 centimetri, danno acqua alle viti, i quali inaffiatoi sono alimentati da un acquedotto, da cui si staccano dei tubi di gomma del diametro di 2 centimetri. Però il signor Haupt introdusse un altro sistema veramente ingegnoso e geniale per dare presto e bene acqua alla sua “vigna”, e cioè: un generatore artificiale della pioggia. In alto, sotto il tetto, ci sono quattro lunghi canali di rame i quali, alla distanza di un mezzo metro, sono forati sottilmente. I sottili getti d’acqua salendo in su attraverso queste aperture incontrano dei piccoli vagli rotondi di velo, e, passando attraverso di essi, vengono polverizzati: ci voglion sempre parecchie ore per spruzzare convenientemente mediante i tubi di gomma, mentre basta aprire un grilletto per spruzzare dall’alto per tutto l’ampio edificio una pioggia rinfrescante e minuta sui pampini, sul terreno, e sui sentieri. L’aumento della temperatura operato senza riscaldamento artificiale dalle qualità naturali dell’edificio, si fa salire fino a 8 a 10 gradi R. su quelli dell’aria esterna. Per difendere, occorrendo, le viti dalle insidie dei nemici, i pidocchi della vite, basta chiudere i canali e aprire tutti i grilletti dell’acquedotto. E’ noto che questo nemico non resiste all’azione dell’acqua. Il coperto di vetro e le pareti proteggono la vigna artificiale contro i temporali, il freddo, il gelo e le piogge; contro la grandine, le reti di filo metallico; contro la siccità, l’inaffiamento artificiale. Il proprietario di tale “vigna” è il meteorologo di se stesso, il quale può ridersela dei pericoli, dei capricci dello “scetticismo” e delle crudeltà della natura, che minacciano di distruggere i frutti delle fatiche e dei sudori del viticoltore. Ciò che il signor Haupt si attendeva è successo. I magliuoli prosperano in un clima uniformemente caldo. I grappoli giunsero a maturità e produssero già nell’autunno del 1885 un mosto il quale, per il contenuto zuccherino e per il piccolo grado d’acidità, non la cede per nulla ai mosti più prelibati dei vini del Reno. E non meno ottimamente riuscirono le uve nel 1886 e nell’annata del 1887 pure tanto sfavorevole. In questa superficie si potranno fare circa 20 ettolitri di vino ogni anno, quando le viti avranno raggiunto la loro completa altezza di 5 metri, e ogni bottiglia di vino fino non costerà più di 40 pfenning. “Nessuna circostanza potrebbe sopravvenire, per quanto è prevedibile, la quale impedisca che da una industria, così perfettamente organizzata, si possano ritrarre rendite altrettanto remuneratrici, anche in una più vasta coltura. “Non v’è dubbio che si possono costruire edifici di vetro, simili a quello che si descrive, provvisti dello stesso sistema di ventilazione, di irrigazione e di inaffiamento, anche sopra una superficie più vasta di quella che ha formato oggetto di questo esperimento. “Anche in questi nuovi stabilimenti, la vegetazione comincerà alcune settimane prima della vegetazione all’aria aperta, e le viti saranno difese durante la fioritura dai geli, dalle piogge e dal freddo, durante 129 il periodo dello sviluppo dei grappoli dalla siccità, dagli uccelli e da altri nemici delle uve, nonchè dalla umidità nel periodo della maturazione, ed infine dai pidocchi delle viti per tutto l’anno, e i grappoli resteranno appesi ai tralci fino a novembre e dicembre. Nella relazione fatta alla società per promuovere la coltura degli orti, dalla quale attinsi alcuni dati tecnici per la presente descrizione, l’inventore e il fondatore della vigna espresse nelle conclusioni queste seducenti speranze per l’avvenire: Ora essendo possibile questa coltura della vite in tutta la Germania, ed anche nelle terre sterili, sabbiose e sassose (per esempio su quelle pessime della Marca) possono essere dissodate ed irrigate, così è manifesto il grande interesse che per la coltura del paese presenta la ‘coltura della vite sotto il vetro’. Io designerei questa coltura col nome “Viticoltura dell’avvenire”. “Allo stesso modo che il signor Haupt ha dato la dimostrazione pratica che, camminando su questa via, si possono ritrarre dalla vite delle uve bellissime e sane, egli ha dimostrato anche qual vino eccellente e gradito e quale liquido fino, codeste uve possono dare, mercé una conveniente applicazione del torchio. “Dei bevitori e dei conoscitori più competenti e più esperti di me, hanno tributato dopo un esame rigorosissimo un elogio entusiastico al Riessling del 1888, al Traminer del 1889, al Moscatello ed al Borgogna del 1888 torchiati dalle uve di questa vigna, ed io profano, durante la mia visita a Brieg, ho trovato motivo ed occasione di associarmi pienamente a questo elogio. “Inoltre può aggiungersi che la vigna lascia ancora spazio sufficiente per praticarvi contemporaneamente altre colture secondarie e intermedie, non meno remuneratrici. “Così il signor Hupt pianta sempre fra due orti un rosaio, che presenta la più bella fioritura in aprile e maggio, e alle pareti orientali e occidentali dei peschi a spalliera, la cui pomposa fioritura in aprile deve dare all’interno di codesto palazzo di vetro un aspetto dei più vaghi e leggiadri. “Possa codesto quadro seducente dell’avvenire, sbozzato dal padrone e dal fondatore di questa vigna, tradursi in realtà in un tempo non troppo lontano, e possa così il vino generoso diventare effettivamente la ‘bibita nazionale dei tedeschi’ accessibile a tutti! “Nulla si oppone seriamente che in avvenire si beva dappertutto in patria, sia o no propizia la stagione, l’umor della vite, ottimo sempre ed egualmente generoso, e dove non era che un’arida landa, ora si goda la sorgente della gioia”. L’entusiasmo col quale il relatore descrive in uno dei giornali più seri codesta “vigna” artificiale, prova la profonda impressione in lui prodotta dall’opera dell’Haupt. Nulla vieta però che stabilimenti simili ed eguali vengano istituiti, soltanto in proporzioni maggiori, per le colture più svariate, in modo che noi possiamo procurarci il lusso di un doppio raccolto per molti prodotti del suolo. Tutte codeste intraprese sono oggidì sopratutto questione di “reddito” e i loro prodotti non sono accessibili che ai privilegiati della società, i quali possono pagarli, mentre una società a base socialistica non conosce altra questione eccetto quella delle forze lavoratrici; quando queste ci sono, l’opera si compie a vantaggio di tutti. L’aumento della rendita fondiaria e la conservazione del suolo in condizioni di produttività, dipende principalmente da un buon concime, ed è perciò che il produrlo e il conservarlo pare uno dei compiti più importanti anche per la società nuova (160). Il concime è per la terra precisamente quello che è per l’uomo il nutrimento, ed anzi è tanto poco vero che ogni concime ha per la terra la stessa importanza, quanto è poco vero che ogni alimento è per l’uomo egualmente nutriente. Bisogna dare al suolo quegli stessi componenti chimici, che ha perduto per effetto della raccolta, e bisogna poi dargli preferibilmente tali componenti chimici in quantità maggiore, quali sono richiesti nella coltura di una determinata specie di piante. Perciò lo studio della chimica e le sue applicazioni pratiche raggiungeranno una estensione fino ad oggi sconosciuta. Ora i rifiuti animali ed umani contengono in prevalenza quei componenti chimici che sono adattatissimi alla riproduzione dell’alimentazione umana. Si deve dunque cercare di trarne il massimo profitto possibile e di ripartirli convenientemente. E in ciò si commettono oggi innumerevoli errori. Sono le città specialmente e i centri industriali, che ricevono enormi quantità di generi alimentari, quelli i quali non danno alla terra che in minima parte i preziosi rifiuti e le materie di scarto (161). (160) Vi è una ricetta per rendere fruttiferi i campi ed eternamente durevole la loro entrata. Se questa ricetta trova la sua adeguata applicazione, essa sarà più rimunerativa di tutti quelli che l’economia rurale si è mai procacciata; eccola: «Ogni agricoltore che trasporta in città un sacco di grano, ovvero un quintale di rape o di patate, ecc. dovrebbe riportare con sé dalla città, come il Kuli cinese [detto all'inglese coolie, contadino povero, NdR], altrettante e possibilmente anche più parti costitutive dei frutti del suo campo, per restituirle a questo a cui le ha tolte; egli non deve disprezzare una buccia di patata e un gambo di paglia, perché dovrebbe pensare che manca la buccia di una delle sue patate e un gambo delle sue spighe. Quello che egli spende per questa importazione è poco, mentre la parte investita ne è sicura, certo più che in una cassa di risparmio, e nessun capitale gli nasconde una rendita più alta, perchè la rendita del suo campo raddoppierà in dieci anni; produrrà più grano, più carni e più cacio, senza impiegarci più tempo e più lavoro; e non resterà più in angustie a motivo di quei nuovi ignoti rimedi, che non ci sono, atti a conservare in altro modo fruttifero il suo campo... Tutte le ossa, la fuligine, la cenere, lavata o no, il sangue animale, i detriti e i rifiuti di ogni specie dovrebbero essere raccolti in stabilimenti speciali e preparati per spedirli a destinazione... I governi e le autorità di polizia nelle città dovrebbero aver cura affinché, con opportuni regolamenti sulle latrine e cloache, venga evitata la perdita di queste materie. – LIEBIG: «Lettere chimiche». Nota diA. Bebel. (161) “In Cina, ogni Kuli, che la mattina ha portato sul mercato i suoi prodotti, riporta a casa la sera, due bigonce cariche di concime appese a un bastone di bambù. Il pregio che si dà al concime va tanto oltre, che ognuno sa ciò che un uomo restituisce alla terra in un giorno, in un mese, in un anno, e il cinese considera più che una scortesia se l’ospite nel lasciare 130 Ne segue, che tutti i fondi lontani dalle città e dai centri industriali, che vi conducono ogni anno la massima parte dei loro prodotti, sentono vivamente la mancanza di materie d’ingrasso – poiché queste materie di contenuto umano e animale esistente nei fondi non bastano, consumando tale contenuto solo una piccola parte del raccolto – e quindi subentra un sistema di esaurimento che svigorisce il terreno, diminuisce la rendita, e fa aumentare i prezzi delle materie alimentari. Tutti i paesi che esportano principalmente prodotti del suolo, ma non ricevono di ritorno materie d’ingrasso, a poco a poco si esauriscono necessariamente, come l’Ungheria, la Russia, i Principati Danubiani, l’America, ecc. E’ bensì vero che i concimi artificiali, e specialmente il guano, rimpiazzano il concime animale e umano, ma molti agricoltori non possono procurarselo in quantità sufficiente, perchè è troppo caro e, in ogni caso, sarebbe fare le cose a rovescio trasportare il concime da lontano, mentre si lascia andare a male quello che è vicino. Secondo l’Heiden un uomo sano e adulto abbandona ogni anno kg. 48,8 di escrementi solidi, e 438 kg. di escrementi liquidi. Questa materia rappresenta oggi, ammesso che possa impiegarsi senza le perdite dipendenti dalla evaporazione ecc., un valore di marchi 11,8. Ammettendo che la popolazione della Germania sia di 48 milioni, e calcolando in media un valore degli escrementi di un uomo in 8 marchi, si ha un totale di 348 milioni di marchi, che vanno in gran parte perduti per gli agricoltori, data la mancanza di regolamenti e la ignoranza assoluta del valore di questa materia. Oggidì la difficoltà grave di trarne tutto il profitto possibile, consiste nell’aprire adatti e vasti stabilimenti collettivi, e nell’elevatezza delle spese di trasporto. Oggi, per trasportare dalle città delle materie di ingrasso, si spende di più che per trasportare il guano dai luoghi d’oltre mare produttori di concime; i quali luoghi vanno esaurendosi naturalmente nella misura stessa che aumenta la domanda. Le somme che si devono spendere oggi per il concime sono enormi. La Germania spende ogni anno dagli 80 ai cento milioni di marchi, mentre si spreca certo nel paese quattro volte più (162). Si rifletta che ogni uomo spreca annualmente in materie di ingrasso poco meno di quello che è necessario per concimare un campo sul quale possono essere coltivati i mezzi di nutrimento sufficienti per un uomo: ciò posto, è evidente che la perdita è enorme. Una gran parte degli escrementi delle città s’immette nei fiumi e nei torrenti, che perciò ne restano inquinati ed appestati. Ivi finiscono anche i rifiuti delle cucine, dei negozi e delle industrie; pur potendosi impiegare allo stesso scopo vengono spesso sciupati a cuor leggero. La società nuova troverà anche in questo campo i mezzi atti a raggiungere l’importante scopo. Ciò che si fa oggidì, non è che un palliativo del tutto insufficiente.Valgano d’esempio, le canalizzazioni dispendiose della capitale Germanica, sul cui valore è molto divisa l’opinione dei competenti. La società nuova risolverà più facilmente questo problema, alla fine col sopprimere a poco a poco le grandi città, col decentramento della popolazione. Nessuno considererà la formazione delle nostre grandi città come un prodotto sano. Il presente sistema industriale ed economico trae perennemente, verso le città più popolose, grandi masse di popolazione (163). Là è la sede principale delle industrie e del commercio; ivi mettono capo tutte le vie di comunicazione e i mezzi di trasporto; ivi hanno residenza i grandi signori, le autorità centrali, i comandi militari, i tribunali. Là i grandi istituti educativi, le accademie di belle arti, i luoghi di cultura, di passatempo, di divertimenti, le adunanze, le esposizioni, i musei, i teatri, le sale da concerto ecc. Molti vi sono chiamati per ragione di impiego, molti altri dalle attrative dei piaceri, ma più ancora dalla speranza di guadagnarsi i mezzi di vivere agiatamente. La formazione di queste grandi città fa, per dirla simbolicamente, l’impressione di un uomo il volume del cui ventre continuò a crescere, mentre le gambe diventano sempre più magre, finchè non possono più sopportarne il peso. I paesi che fanno corona alle città assumono pure carattere di città, ed è là dove si agglomera il proletariato. I comuni poveri, senza risorse, devono appigliarsi alle imposte come ad estremo rimedio, ma sencasa sua, gli porta via un vantaggio, al quale egli crede gli dia diritto la sua ospitalità... Il cinese raccoglie con cura ogni sostanza vegetale e animale per trasformarla in concime... Basti rammentare, per avere una idea esatta del valore degli avanzi animali, che i barbieri raccolgono con gran cura e ne fanno oggetto di commercio, i capelli e le barbe che tagliano e radono ogni giorno da centinaia di milioni di teste; il cinese conosce l’efficacia del gesso e della calce, e avviene spesso che egli rinnovi l’intonaco delle cucine, al solo scopo di convertire il vecchio in concime. – LIEBIG: «Lettere chimiche». Nota di A. Bebel. (162) Carlo Schober: Relazione sulla importanza delle materie di rifiuto nei riguardi della economia rurale, comunale e sociale ecc. Berlino 1877. Nota diA. Bebel. (163) Secondo i risultati raccolti dalla statistica della popolazione del 1 dicembre 1890, la Germania aveva 26 grandi città con una popolazione superiore ai 100 mila abitanti. Nel 1871 non ne aveva che 8, con una popolazione relativamente inferiore. Berlino contava nel 1871, 826 mila abitanti in cifra rotonda, nel 1890 un milione 574 mila con un aumento quasi doppio. Alcune di queste grandi città si videro costrette ad unire a sé i paesi industriali di contro alle loro porte e che per la popolazione formavano già per se stessi altrettante città; ciò ha determinato d’un tratto l’aumento delle popolazioni nelle prime. Così Lipsia dal 1885 al 1890 crebbe da 170.000 abitanti a 353.000; Colonia da 161.000 a 282.000; Magdeburgo da 114.000 a 201.000 ecc. Nello stesso periodo di tempo anche il numero degli abitanti delle altre città, che non avevano incorporato a se questi vicini, segnò un aumento. Monaco, per esempio, da 270.000 abitanti salì a 345.000;Breslavia da 299.000 a 335.000;Dresda da 246.000 a 276.000; Francoforte sulMeno da 154.000 a 180.000;Hannover da 140.000 a 163.000; Düsseldorf da 115.000 a 146.000; Norimberga da 115.000 a 142.000; Chemnitz da 111.000 a 139.000; e così via.Anche le città fra i 50.000 e i 100.000 abitanti segnarono, in parte, lo stesso aumento della popolazione. Nelle campagne, invece, le notizie sono molto diverse, come risulta dalle cifre già in parte esposte. Nota di A. Bebel. 131 za risultati apprezzabili, perché, anche con le imposte, molti bisogni rimangono insoddisfatti; finché, avvicinatisi essi alla capitale e questa ad essi, ci cascano dentro come casca dentro al sole un pianeta che gli si è troppo avvicinato, senza che ciò giovi a migliorare le loro condizioni di esistenza. Queste condizioni si fanno anzi peggiori in conseguenza dell’eccessivo agglomeramento di molta gente nelle abitazioni. Questo agglomeramento che la nostra civiltà rese necessario e che concorse in qualche modo a formare delle città altrettanti centri di rivoluzione, nella società nuova non ha più ragione di essere. Esso cesserà a poco a poco, allorché la popolazione passerà dalle grandi città alle campagne a fondarvi nuovi comuni che rispondano alle condizioni moderne e ad esercitare insieme con l’agricoltura l’attività industriale. Non appena la popolazione della città potrà, mercé la trasformazione dei mezzi di trasporto e dei sistemi di produzione ecc., trasferire in campagna tutto il patrimonio della sua cultura, e vi troverà i suoi musei, i suoi teatri, le sale di concerto, quelli di lettura, le biblioteche, i circoli, gli istituti di educazione ecc.; allora senza dubbio comincerà tosto ad esulare. La vita avrà tutti i vantaggi e le agiatezze delle grandi città, senza averne i danni. La popolazione abiterà case più sane e più belle. La popolazione agricola prenderà parte alle industrie, la popolazione industriale prenderà parte all’agricoltura e all’orticoltura; mutamento di occupazioni di cui pochi soltanto possono permettersi il lusso, ed anche in tal caso, solamente sotto condizioni di un lavoro eccessivamente lungo e faticoso. Qui pure, come dappertutto, il mondo borghese prepara il terreno alla vagheggiata trasformazione, perché la erezione di stabilimenti industriali nelle campagne si fa d’anno in anno sempre più frequente. Le sfavorevoli condizioni di esistenza delle grandi città, il fitto caro, i salari più alti, costringono a ciò molti imprenditori, e, d’altro lato, molti grandi possidenti si vanno facendo industriali (fabbricanti di zucchero, di birra, di carta, distillatori di alcool ecc.). Nella società nuova, anche il concime e le immondizie verranno facilmente restituite all’agricoltura, massime con l’accentramento della produzione e degli stabilimenti destinati ad allestire le materie alimentari. Ogni comune forma intorno a sè una specie di zona di coltura, ove esso si coltiva una gran parte di ciò che è necessario a soddisfare i suoi bisogni. La orticoltura e il giardinaggio, la più gradita di quasi tutte le occupazioni pratiche, raggiungerà il suo più alto sviluppo. La coltivazione dei legumi, della frutta, dei fiori, delle piante da ornamento porgono un campo inesauribile all’attività umana, ed è lavoro questo eminentemente minuzioso, che esclude l’applicazione delle grandi macchine. Il decentramento della popolazione farà cessare l’antagonismo da lungo tempo esistente fra la popolazione della campagna e quella delle città. Il contadino, questo ilota moderno, che, nella solitudine della campagna, per così dire tagliato fuori dal mondo, non partecipava al progresso della civiltà, ora è un uomo libero poiché egli diventa un uomo civile nel più alto grado (164). Il desiderio una volta manifestato dal principe di Bismarck, di vedere soppresse le grandi città, viene appagato, ma in un senso molto diverso, da quello da lui vagheggiato (165). * * * Se noi poniamo mente a ciò che abbiamo esposto fin qua, troviamo che, abolendo la proprietà privata degli strumenti di lavoro e di produzione e trasformandoli in proprietà sociale, scompaiono a poco a poco tutti i mali e gli inconvenienti che la società moderna ci presenta. Quando la società applica tutta la sua attività in modo conforme al sistema vagheggiato, e la guida e controlla, cessa da sè l’attività perturbatrice e dannosa dei singoli o di classi intere. Come dallo sfruttamento dell’uomo contro l’uomo, mediante il sistema del salario, così ogni campo, è sottratto all’inganno e alla frode, alla adulterazione dei generi alimentari ed alla caccia alla borsa. L’atrio del tempio di Mammona resterà vuoto, perchè i biglietti di Stato, le azioni, le lettere di pegno, i certificati ipotecari ecc. sono diventati cartaccia (166). La frase di Schiller (167): “Il registro dei debiti sia distrutto, e pacificato il mondo”, è divenuto realtà, e la frase biblica: “Tu devi guadagnare il pane col sudore della fronte” vale ormai anche per gli eroi della borsa, e i fuchi del capitalismo. Frattanto il lavoro che essi devono prestare come membri della società aventi eguali diritti, non li op- (164) Il prof. Adolfo Wagner così si esprime nell’opera citata:Manuale dell’economia politica di Rau: «La piccola proprietà privata forma una base economica che non può essere sostituita da alcuna altra istituzione per una parte cospicua della popolazione; crea un ceto di agricoltori indipendenti, i quali hanno una posizione sociale-politica e funzioni proprie». Se l’autore non è entusiasta ad ogni costo dei piccoli agricoltori per amore dei suoi amici conservatori deve ammettere che cotesti piccoli agricoltori sono la gente più disgraziata delmondo. Il piccolo agricoltore nelle condizioni suesposte non è quasi suscettibile di coltura più elevata, dovendosi ammazzare da mane a sera in un lavoro faticoso; vive in realtà come un cane, né gli resta il tempo di lavorare per raggiungere una posizione più agiata e decorosa, diventando quindi un elemento che lungi dal favorire la coltura, la arresta. Chi ama il regresso, perchè ci trova il suo tornaconto può essere contento che questo ceto sociale sopravviva, non mai l’amico della civiltà. Nota diA. Bebel. (165) Il principe di Bismarck tuonò nel «Parlamento della Unione» di Erfurt del 1850 contro le grandi città «come i focolari delle rivoluzioni», augurandosi che venissero rase al suolo. Nota di A. Bebel. (166) Con il termine "mammona" si intende dare il significato di ricchezza terrena idolatrata. (167) Friedrich (Johann Christoph) von Schiller (1759- 1805),medico, poeta, filosofo, drammaturgo e storico tedesco; molti i suoi scritti di medicina, molte le poesie e i saggi storici, ma è diventato noto soprattutto per alcuni drammi considerati dei capolavori per l'epoca: nel 1800 scrive Maria Stuart, nel 1801 La pulzella d'Orléans, nel 1803 La sposa diMessina, nel 1804 il Guglielmo Tell. 132 primerà e la salute del corpo ci guadagnerà. Non avranno più la preoccupazione per ciò che possedono, quella preoccupazione che, secondo le patetiche assicurazioni dei nostri industriali e capitalisti, è più molesta e intollerabile, della incertezza del meschino salario dell’operaio. La febbre della speculazione che è causa di tanti dolori e di tante rovine, e, quasi sempre, di inquietudine nervose per i nostri sensali di borsa, saranno risparmiate. L’assenza di pensieri per sè e per i posteri sarà ora il loro destino, e se ne troveranno benissimo. Abolita la proprietà privata e tolti gli antagonismi di classe, cade a poco a poco anche lo Stato; la sua organizzazione sparirà senza che ce accorgiamo. “Lo Stato era il rappresentante ufficiale di tutta la società, la sua sintesi in un corpo visibile, ma lo era, in quanto era lo Stato di quella classe che per il suo tempo rappresentava, essa stessa, tutta quanta la società. (...). Ma, diventando alla fine effettivamente il rappresentante di tutta la società, si rende, esso stesso, superfluo. “Non appena non ci sono più classi sociali da mantenere nell'oppressione, non appena con l'eliminazione del dominio di classe e della lotta per l'esistenza individuale fondata sull'anarchia della produzione sinora esistente,saranno eliminati anche le collisioni e gli eccessi che sorgono da tutto ciò, non ci sarà da reprimere più niente di ciò che rendeva necessario una forza repressiva particllare, uno stato. “Il primo atto con cui lo Stato si presenta realmente come rappresentante di tutta la società, cioè la presa di possesso di tutti i mezzi di produzione in nome della società, è ad un tempo l'ultimo suo atto indipendente in quanto Stato. (...) “Al posto del governo sulle persone appare l'amministrazione delle cose e la direzione dei processi produttivi” (168). Insieme allo Stato spariscono anche i suoi rappresentanti: ministri, parlamenti, eserciti permanenti, polizia e gendarmi, tribunali, avvocati e procuratori del Re, impiegati carcerari, amministrazione delle gabelle e dei dazi, insomma tutto il meccanismo politico, caserme ed altri edifici militari, palazzi per la giustizia e per l’amministrazione, carceri, ecc., aspettano ora una destinazione migliore.Migliaia di leggi, di ordinanze sono diventati carta straccia, senza altro valore che per la storia. Le grandi e piccole battaglie parlamentari, nelle quali gli oratori si figurano di dominare e governare il mondo coi loro discorsi, sono sparite, facendo posto ai collegi amministrativi e alle delegazioni amministrative, le quali attenderanno a migliorare i sistemi di produzione, a distribuire e procacciare le provvigioni necessarie, a introdurre le novità ed applicarle convenientemente all’arte, all’istruzione, al commercio, ai processi produttivi ecc. Tutte queste son cose pratiche, visibili e palpabili, che ognuno guarda obbiettivamente, perchè ogni interesse personale per lui manca. Il singolo non ha un interesse che non sia interesse della generalità, il quale consiste in ciò, che tutto venga disposto e regolato nel modo migliore, più opportuno e più vantaggioso per tutti. Le migliaia dei vecchi rappresentanti dello Stato si daranno a professioni più differenti; concorrendo con la loro intelligenza e colle loro forze fisiche e morali a moltiplicare la ricchezza sociale e gli agi della vita. Non ci saranno in avvenire né crimini, né delitti politici, e nemmeno reati comuni. I ladri spariranno, collo sparire della proprietà privata, e ognuno potrà, con un onesto lavoro, appagare, come tutti gli altri, facilmente e comodamente i propri bisogni. Non ci saranno più “disoccupati e vagabondi”, prodotto di una società che riposa sulla proprietà privata; caduta questa, anche essi cesseranno. Omicidi perché se ne dovrebbero commettere? Nessuno può arricchire a spese di un altro, e l’omicidio per odio o vendetta dipende sempre più o meno direttamente dalle presenti condizioni sociali. Spergiuri, falsificazione di documenti, frodi, ricatti, bancarotta fraudolenta? Manca la proprietà privata, contro la quale e per la quale questi reati possono venire commessi. Incendi? Chi dovrà procurarsi questa soddisfazione dal momento che la società gli toglie ogni motivo di rancore e di odio? Falsa moneta! “Ahimè, il danaro è solo chimera”, e sarebbe inutile affaticarsi per possederlo. Oltraggi alla religione? Un assurdo, perchè si lascerà al “Dio onnipotente e infinitamente buono” la cura di punire chi lo offende, supposto che si disputi ancora sulla esistenza di Dio. Adunque tutti i principi fondamentali dell’ “ordinamento” presente diventeranno un mito. I genitori ne parleranno ai figli, soltanto come si parla dei tempi antichi, e i fanciulli scuoteranno il capo, nè potranno comprendere tutto ciò. I racconti delle persecuzioni di cui sono fatti bersaglio gli uomini delle idee nuove, faranno loro quella stessa impressione che noi riceviamo dall’apprendere che le streghe e gli eretici venivano fatti bruciare. Saranno dimenticati tutti i nomi dei “grandi uomini” che allora si distinsero per aver perseguitate le idee nuove e che ebbero le approvazioni dei loro ciechi contemporanei. Noi non vogliamo oggi dire quali saranno le riflessioni che lo storico dell’avvenire farà sul presente, perché non siamo ancora nell’età felice in cui l’umanità potrà, alfine, respirare liberamente. Come dello Stato, così avverrà della religione. Non verrà “abolita”; “Dio non verrà destituito”; “non si strapperà la religione dal cuore della popolazione”, come suonano le frasi onde si accusano oggi i socialisti- democratici che hanno principi ateistici. Questi tiri, noi socialisti-democratici li lasciamo agli ideologi borghesi, i quali limisero alla prova nella rivoluzione francese, ma senza risultati, perchè naturalmente fallirono. Senza violenze e senza oppressioni di qualunque natura esse siano, la religione sparirà da sé a poco a poco. La religione non è che il riflesso trascendentale delle condizioni sociali. Nella misura in cui l’umanità (168) Federico Engels: Il rovesciamento della scienza del signor Eugenio Dühring, noto come AntiDühring, terza parte: Socialismo, Edizioni Rinascita, Roma 1956, p. 305. 133 progredisce, la società si trasforma, e con essa anche la religione. Le classi dominanti cercano di conservarla come strumento del loro potere, e ciò si esprime col noto adagio: “Bisogna conservare la religione per il popolo”. La religione diventa una importante funzione ufficiale in una società che riposa sulla divisione di classe. Si forma una casta, che esercita questa funzione e rivolge tutta la sua acutezza a conservare e ampliare l’edificio, perchè in tal modo cresce anche la potenza e l’autorità sua. Il feticismo dei gradi più bassi della civiltà, e dei primi nuclei sociali, diventa la religione del politeismo in un’epoca più progredita, e del monoteismo in uno stadio di civiltà ancora più avanzato. Non sono gli Dei che creano gli uomini, ma sono gli uomini che si fanno i loro Dei, il loro Dio. “Lo creò a immagine e somiglianza sua” (cioè dell’uomo) deve dirsi, e non viceversa. Ma già il monoteismo si è risolto in un panteismo universale. Le scienze naturali fecero della “creazione” un mito, l’astronomia, la matematica e la fisica fecero del “Cielo” una rappresentazione dell’aria, dei “piccoli astri” della volta celeste ove risiedono gli “angioletti” altrettante stelle fisse e altrettanti pianeti, la cui natura esclude ogni vita angelica. La classe dominante che vede minacciata la sua esistenza, si tiene stretta alla religione che rappresenta il sostegno di ogni autorità, e per tale ritenuta finora da tutte le classi dominanti (169). Anche la borghesia non è credente, perché il suo stesso sviluppo e la scienza moderna uscita dal suo seno distrussero la fede nella religione e nella autorità. La sua fede non è dunque che apparente, e la Chiesa accetta l’aiuto della falsa amica, perchéessa stessa ha bisogno del suo aiuto. “La religione è necessaria per il popolo”. Per la società nuova riguardi non ce ne sono più. Il progresso umano e la scienza sono la sua bandiera, alla quale essa resterà fedele. Se vi sarà ancora alcuno che abbia bisogno di religione, lo appagherà da se stesso. La società non se ne incarica. Per vivere, il prete deve lavorare nella società, e poiché anche il prete impara, verrà anche per lui il tempo in cui comprenderà che il più che si debba essere è di essere un uomo. Costumatezza e morale han nulla a che fare colla religione; i bachettoni e i sempliciotti attestano il contrario. Morale e costumatezza servono ad esprimere i principi che regolano i rapporti e le azioni degli uomini fra loro, mentre la religione disciplina i rapporti degli uomini con l’ente soprasensibile. Ma come la religione, così anche il concetto della morale dipende dalle condizioni sociali degli uomini. Il cannibale considera sommamente morale il cannibalismo, i Greci e i Romani consideravano morale la schiavitù; i signori feudali del medio evo consideravano morale la schiavitù e il vassallaggio; altamente morale è considerato il sistema del lavoro salariato dei capitalisti moderni, lo esaurire le donne col lavoro notturno, e la demoralizzazione dei fanciulli mediante il lavoro nelle fabbriche. A quattro stadi di civiltà corrispondono quattro diversi concetti della morale, uno più elevato dell’altro, ma nessuno il più elevato. Lo Stato moralmente più elevato è indubbiamente quello in cui gli uomini sono uno di fronte all’altro in condizioni di libertà e di eguaglianza, in cui l’alto principio morale: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso” regola tutti i rapporti umani. Nel medio evo valeva l’albero genealogico dell’uomo, oggi quello che conta è che cosa possiede, nell’avvenire conterrà l’uomo come uomo. E l’avvenire, è il socialismo in azione. * * * Il defunto dott. Lasker tenne nel 1870 a Berlino una conferenza, nella quale conchiuse: essere possibile uno stesso livello di cultura per tutti i membri della società. Ma il dott. Lasker era antisocialista, un rigido fautore della proprietà privata, e del sistema della produzione capitalistica; mentre oggi la questione della cultura è eminentemente quistione di denaro. Quindi, in tali condizioni, è impossibile portare ad uno stesso livello la cultura generale. Singoli individui dotati di energia, i quali si trovano in una posizione relativamente favorevole, possono procacciarsi, superando gravi difficoltà e impiegando molta energia, che pochi hanno, una cultura più elevata, ma non altrettanto possono le masse, finchè sono oppresse e soggette (170). Nella società nuova le condizioni di esistenza sono eguali per tutti. Bisogni e inclinazioni sono vari e differenti, e rimarranno tali perchè codesta varietà trova la sua parte nella natura umana, ma ognuno deve vivere e svilupparsi in relazione alle condizioni di esistenza eguali per tutti. (169) Quello che ne pensassero gli antichi, è dimostrato dalle seguenti citazioni: «Il tiranno, col qual nome si designava nella Grecia antica ogni padrone assoluto, deve darsi l’aria di prendere sul serio la religione. Poiché i sudditi temono meno da tiranni così fatti un trattamento illegale, se essi credono di riconoscere come religiosa e pia la loro condotta, avendo essi l’assistenza dei numi». ARISTOTILE: Politica.Aristotile nacque nell’anno 384 avanti l’era nostra a Stagira, inMacedonia, ed è perciò conosciuto sotto il nome di «Stagirita». «Il principe deve possedere le buone qualità umane, o, meglio ancora, deve far credere di averle, deve far mostra di pietà e di religiosità. Sebbene alcuni penetrino nell’animo suo, tacciono, perché la maestà dello Stato difende e protegge il principe, il quale, in virtù di questa protezione, può fare il suo interesse, lasciar credere agli altri tutto il contrario. «Il grosso dei sudditi lo riterrà sempre come un uomo onesto, anche se tradì la fede e la religione, solo perché mostrò in molte circostanze, di essere timorato di Dio. Del resto il principe deve avere una cura speciale del culto e della chiesa». MACCHIAVELLI nella celebre opera: Il principe, cap. 18.Macchiavelli nacque il 1469 a Firenze. Nota diA. Bebel. (170) «Condizione esterna necessaria allo sviluppo dello spirito filosofico è un certo grado di coltura e di benessere... Quindi noi troviamo, che si cominciò a filosofare solo presso le nazioni che erano giunte a un certo grado di benessere e di civiltà». TENNEMANN. Nota in BUCKLE, Storia della civiltà inglese, vol. I, pag. 10.«Interessi materiali e interessi intellet134 La uniformità della uguaglianza, che si attribuisce al socialismo, è una menzogna e un assurdo. Anche volendola, essa sarebbe irrazionale, sarebbe in contraddizione colla natura umana, e si dovrebbe rinunziare a vedere la società svilupparsi secondo i suoi principi. Se anche le riuscisse a sorprendere la società e a costringerla a subire condizioni contrarie a natura, in poco tempo queste condizioni, le quali non potrebbero essere che catene, verrebbero spezzate, ed essa sarebbe giudicata per sempre. La società si sviluppa da sé per virtù di leggi immanenti, e questa società agirà, non appena abbia conosciuto le leggi del proprio sviluppo e di quello dell’umanità (171). Uno dei compiti precipui della società nuova sarà quello di educare convenientemente la sua discendenza. Ogni fanciullo, sia maschio o femmina, è il benvenuto per la società, perchè in lui essa scorge la possibilità della continuità sua e del suo sviluppo; e quindi sente anche il dovere di provvedere con tutte le sue forze al nuovo essere. Oggetto delle sue prime cure deve essere quindi la madre. Abitazioni comode, piacevoli vicinanze, istituti d’ogni specie, quali si addicono allo studio della maternità, cura attenta per essa e il bambino; ecco la condizione prima. S’intende da sé che bisogna che il bambino venga allattato dalla madre quanto è possibile e necessario. Moleschott, Sonderegger, tutti gli igienisti ed i medici sono d’accordo nell’affermare che nulla vale a sostituire il nutrimento materno (172). Fatti più grandi, li aspettano i coetanei ai comuni giuochi, e sotto una comune vigilanza. Eccoci ancora davanti al quesito di ciò che può farsi, secondo il grado delle umane nozioni e della intelligenza, per lo sviluppo fisico e intellettuale. Insieme colle sale per i giuochi, abbiamo i giardini d’infanzia; poi l’insegnamento dei primi elementi della scienza e dell’attività umana, fatto per mezzo del giuoco. C’è il lavoro intellettuale e fisico, collegato col nuoto, cogli esercizi ginnastici e nel campo dei giuochi e col patinaggio. Passeggiate, lotte agli anelli, ed esercizi per entrambi i sessi si alternano e si completano. Deve formarsi una razza sana, avvezza alle fatiche, e formalmente sviluppata così di corpo, come di spirito. Poi di mano in mano terrà dietro la preparazione alle diverse forme di operosità pratica, o siano le fabbriche, l’orticoltura, l’agricoltura, o, in generale, la tecnica dei processi produttivi. Né verrà trascurata la educazione nelle varie branche della scienza. Nei sistemi educativi si preferirà quel processo di miglioramento e di semplificazione che si segue nei processi di produzione, e si determinerà in tal modo la caduta di quei metodi e di quelle materie d’insegnamento antiquati, inutili, ed anzi dannosi allo sviluppo fisico e intellettuale, che oggi si seguono e si insegnano. La conoscenza dei fenomeni naturali, spiegati naturalmente, accenderanno negli animi il desiderio d’imparare più di quello che possa accenderlo un sistema di educazione nel quale una materia di insegnamento fa i pugni con l’altra, con cui per esempio da un lato s’insegna religione in senso ortodosso, dall’altro s’insegnano le scienze naturali e la storia naturale. Si fonderanno scuole, istituti, e si applicheranno tutti i mezzi e gli strumenti di educazione rispondenti all’alto grado di cultura della società. Tutti i mezzi e gli strumenti di educazione, di insegnamento, vesti, mantenimento, forniti dalla società non verranno usufruiti dall’uno a danno dell’altro (173). Ecco un capitolo che fa andare su tutte le furie i (171) Quando il signor Eugenio Richter continua a ripetere nella sua opera «Dottrine erronee» la vecchia frase incriminata, che i socialisti vogliono uno «Stato feudale» – i lettori del nostro libro devono aver compreso chiaramente che non si può parlare assolutamente di uno «Stato» – egli pretende che la società si dia uno «Stato» od anche un coordinamento sociale, che pregiudichi i suoi propri interessi. Ora non si può creare ad arbitrio uno «Stato» nuovo, radicalmente diverso dallo Stato precedente, nemmeno un ordinamento sociale nuovo, perché ciò significherebbe disconoscere e rinnegare tutte le leggi della evoluzione, secondo le quali Stato e società progredirono fino ad oggi e progrediranno in avvenire. Il signor Eugenio Richter e i suoi compagni di fede possono quindi consolarsi perché se il socialismo ha quelle aspirazioni insensate e contrarie a natura che gli attribuiscono, esso andrà a male, anche senza le «Dottrine erronee» del sig. Richter. Non meno deboli di tutte le altre obiezioni, sono le osservazioni del signor E. Richter: Per uno Stato socialistico, egli dice, come lo vorrebbero i socialisti, gli uomini dovrebbero essere «angeli». Ora è noto che non ci sono angeli, e noi non ne abbiamo bisogno. Da un lato gli uomini sentono l’influenza delle circostanze, dall’altro le circostanze subiscono l’influenza degli uomini, e quest’ultimo sarà il caso sempre più frequente, quanto più gli uomini impareranno a conoscere la natura della società, che essi stessi costituiscono, e convenientemente con trasformazioni adeguate applicheranno la esperienza conquistata, alla loro organizzazione sociale, ed ecco il socialismo. Noi non abbiamo bisogno di altri uomini, bensì di uomini più avveduti e più illuminati di quelli di oggi, e per farli tali, noi agitiamo, signor Richter, e pubblichiamo delle opere come questa. Nota di A. Bebel. (172) A coloro i quali, come il sig. Richter, non possono soffrire che le giovanimadri entrino in un istituto speciale, ove esse trovano tutto ciò che solo i ricchissimi possono procacciarsi, rammentiamo che oggidì tre quarti almeno degli uomini nascono in condizioni le più primitive, tali che sono una vergogna e un’onta per la nostra cultura e per la civiltà. E dell’ultimo quarto delle nostre madri, solo una minoranza è in grado di avere le cure o gli agi che devono assistere una donna in tale stato. Del resto lamaternità delle donne delle classi più elevate è caratterizzata dal fatto che esse fanno passare i doveri di madre più presto che è possibile in una nutrice del ceto dei proletari. Se, almeno, la nostra società volesse lasciare l’ipocrisia. Nota di A. Bebel. (173) CONDORCET nel suo progetto per la istruzione voleva: «che la istruzione fosse gratuita, eguale, generale, fisica, intellettuale, industriale e politica, ed avesse per meta la vera eguaglianza di fatto». Anche ROUSSEAU nella sua «Economia politica» disse: «La istruzione deve essere pubblica, eguale e comune, e formare l’uomo e il cittadino».Altrettanto afferma ARISTOTILE: «Lo Stato non ha che uno scopo, e cioè di impartire a tutti i suoi membri una medesima istruzione, e la cura di ciò è compito dello Stato, non dei privati». Nota di A. Bebel. tuali procedono dandosi la mano. Uno non può stare senza l’altro. C’è fra entrambi lo stesso nesso, che fra il corpo e lo spirito, separarli significa portare la morte». THÜNEN, «Lo stato isolato». La vita migliore, così per l’individuo in particolare, come per lo Stato in generale, è quella in cui la vita è accompagnata da beni esterni, così da diventare possibile un’operosa partecipazione alle opere buone e belle. ARISTOTILE. «Politica». Nota di A. Bebel. 135 nostri borghesi “uomini dell’ordine” (174). Voi, ci si oppone, volete fare della scuola una caserma e togliere ai genitori ogni influenza sui loro figliuoli. Ma queste accuse sono infondate. Infatti, siccome i genitori nella società dell’avvenire avranno a loro disposizione molto più tempo di quello che hanno oggi nel maggior numero dei casi, basti rammentare la durata del lavoro che è dalle 10 alle 15 ore al giorno per gli operai, per gli impiegati delle poste, delle ferrovie, delle carceri e della polizia, e basti rammentare la giornata di lavoro degli industriali, dei piccoli agricoltori, dei commercianti, dei militari ecc., essi potranno, volendo, dedicarsi alla educazione dei loro figli così come è impossibile oggidì. Inoltre, i sistemi educativi sono completamente nelle mani dei genitori, perchè sono essi che dettano le norme e le istruzioni che devono essere introdotte. Noi allora viviamo in una società amministrata affatto democraticamente. D’altra parte è certo che i ragazzi si trovano meglio fra loro eguali, e imparano di più e giocano più volentieri con essi educandosi reciprocramente. La influenza dei fanciulli più grandi e più vecchi su quelli più giovani e più piccoli è molto maggiore di quelle che esercitano i genitori sui figli, come è chiaramente dimostrato dal Fourier (175). I nostri avversari parlano come se i genitori provassero piacere ad avere i figlioli tutto il giorno in casa per educarli, mentre la realtà è assai diversa. Quante difficoltà e quanta fatica costi la educazione ed il mantenimento di un figlio in una famiglia che non abbia che un figlio solo, possono dirlo tutti quei genitori che si trovano in questa condizione. Parecchi figli rendono l’educazione più facile, ma in pari tempo è tanta la fatica e il lavoro, che il padre, e specialmente la madre, che ne sente più di tutti il peso, sono ben lieti quando s’aprono le scuole e i figlioli rimangono fuori di casa per una buona parte del giorno. Si aggiunga che la maggior parte dei genitori non possono educare i loro figlioli che in un modo limitato e imperfetto. Alla maggioranza dei padri e delle madri manca quasi il tempo di attendere alla educazione, i padri a motivo dei loro affari, le madri per le faccende domestiche, senza contare che ci sono anche dei doveri sociali da soddisfare. Che se pur avessero tempo sufficiente per dedicarsi alla educazione dei figli ne mancherebbe loro, in moltissimi casi, la capacità. Quanti genitori sono in condizione, anche se ne avessero tutto l’agio, di tener dietro all’andamento della educazione dei loro figli nella scuola e aiutarli a fare a casa i compiti assegnati dal maestro? Pochissimi. La madre che lo potrebbe fare più di tutti nel maggior numero dei casi, manca della capacità relativa, non essendo stata sufficientemente educata. Inoltre i metodi insieme alle materie d’insegnamento cambiano con tanta frequenza che queste materie e questi metodi divengono estranei e ignoti ai genitori. Inoltre la casa è organizzata in modo così difettoso e manchevole, che la grande maggioranza dei fanciulli non vi trovano né la comodità, né l’ordine, né la quiete necessaria per fare i loro compiti di scuola, né uno svago adeguato. Spesso manca loro addirittura tutto. La abitazione è angusta, ingombra; i fratelli grandi e piccini si muovono in uno spazio ristretto, il mobilio non basta e non offre la minima comodità al fanciullo che ha voglia di lavorare. Non di rado mancano la luce e il calore; i materiali di studio e di lavoro, anche se ve ne sono, sono di pessima qualità, e spesso perfino la fame tormenta i poveri ragazzi togliendo loro la voglia di lavorare. Si aggiunga, per completare il quadro, che migliaia di fanciulli vengono distratti dai lavori domestici e industriali d’ogni maniera, che ne amareggiano la giovinezza, e li rendono incapaci a disimpegnare i loro doveri di scolari. Non è raro poi che i fanciulli debbano subire l’ostilità dei genitori, quando vogliono pigliarsi il tempo per i loro compiti di scuola o per i loro giuochi. Insomma, gli ostacoli sono tanti che, se si volesse passarli tutti in rivista, si dovrebbe stupirsi soltanto che i giovani siano ancora tanto istruiti. Una prova che la natura umana è sana e sente in sé lo stimolo di progredire e perfezionarsi. Anche la società borghese riconosce in parte questi inconvenienti poiché facilita per quanto è possibile l’educazione della gioventù. Essa introduce il principio dell’istruzione gratuita, e qua e là provvede gratuitamente anche ai mezzi di insegnamento, due cose che, sino a pochi anni fa, il ministro dei culti di Sassonia denunziava come “pretese socialiste e democratiche” davanti ai deputati socialisti della Dieta provinciale. In Francia, ove la istruzione popolare fa grandi progressi, dopo un lungo periodo di trascuranza, si è andati, almeno a Parigi, anche più in là, accordando il nutrimento dei fanciulli a spese del Comune, in modo che i poveri ricevano l’alimento gratuito e i ragazzi delle famiglie agiate paghino un piccolo contributo alla cassa comunale. Questo è già un ordinamento pienamente socialistico, che fece ottima prova con soddisfazione dei genitori e dei ragazzi. Ma nelle scuole si è fatto ancora di più, perchè si è introdotto il sistema di fare i compiti assegnati per casa in iscuola, sotto la vigilanza del maestro, essendosi riconosciuta la insufficienza di quelli fatti nella casa paterna. In questo ultimo caso, gli scolari più ricchi hanno un vantaggio in confronto dei più poveri non solo per la loro stessa condizione, ma anche perché in casa questi ragazzi delle famiglie più agiate sono aiutati dalle governanti e da precettori privati. D’altro lato l’infingardaggine e la negligenza è favorita nello scolaro appartenente a famiglia ricca dal fatto che la ricchezza, il lusso e l’agiatezza dei genitori gli fanno sembrare superfluo l’istruirsi, ed anche dal fatto che gli vengono davanti agli occhi degli esempi in linea di morale i più deplorevoli e tali (174) Fra i quali c’è anche il signor Eugenio Richter nelle sue «Dottrine erronee». Nota di A. Bebel. (175) Vedi Carlo Fourier. Sua vita e sue teorie di Augusto Bebel. – Edizione di J. H. W. Dietz, Stoccarda. Nota di A. Bebel. 136 che finiscono per corromperlo. Chi ode e vede tutti i giorni e tutte le ore come il rango, la condizione, il danaro e la ricchezza vogliono dir tutto, si forma un concetto singolare dell’uomo e dei suoi doveri, delle istituzioni politiche e sociali. Se non che a noi pare anche che la borghesia non abbia alcun motivo di osteggiare il sistema della istruzione comunistica della gioventù, poichè ha già introdotto parzialmente tale sistema, sebbene in modo mostruoso, anche per le classi privilegiate. Ricordiamo i collegi dei cadetti e gli alunnati, i seminari, le scuole per sacerdoti, i collegi per gli orfani di militari, ecc. In questi istituti vengono educati e preparati all’esercizio di una data professione migliaia e migliaia di giovani appartenenti in parte ai così detti ceti migliori della società, e vi ricevono una istruzione unilaterale e sbagliata accompagnata da una rigorosa clausura da convento. Inoltre sono appunto imembri delle classi elevate, come medici, preti, impiegati, proprietari di fabbriche, possidenti, grandi agricoltori che abitano in campagna o in piccoli paesi ove mancano istituti superiori di educazione, quelli che mandano a pensione nelle città i loro figli e non li vedono che all’epoca delle ferie, quando pure li vedono. E’ quindi un vero controsenso che i nostri contraddittori censurino ed osteggino il sistema dell’educazione comunistica della gioventù e vadano sulle furie perché si allontanano i figli dai genitori, mentre lo hanno già applicato ed introdotto, almeno in parte, ma in modo pessimo, sbagliato, assolutamente falso ed insufficiente, per i loro stessi figliuoli. Se si scrivesse un capitolo sulla educazione dei fanciulli appartenenti alle classi abbienti, impartita dalle nutrici, dalle aie (176), dalle governanti e dai precettori domestici, si getterebbe una luce sinistra sulla vita delle loro case e delle loro famiglie, e si vedrebbe davvero che anche qui regna l’ipocrisia dappertutto. Il numero degli insegnanti deve aumentare in misura corrispondente ai mutati sistemi di educazione, che devono proporsi per scopo lo sviluppo fisico e intellettuale e la educazione della gioventù, e in modo speciale devono dar vita e vigore alle istituzioni per l’educazione fisica, oggi ancora molto deficienti. Bisogna curare la educazione dei rimessiticci (177) della società almeno nella stessa guisa nella quale si provvede nell’organismo militare alla educazione del soldato; un sott’ufficiale istruisce al massimo 10 soldati semplici. Se in avvenire si faranno istruire 10 scolari da un maestro si otterrà ciò che si deve ottenere. Anche l’insegnamento delle arti meccaniche in laboratori perfezionati, nonchè quello della orticoltura e dell’agricoltura formeranno parte essenziale della istruzione della gioventù. Tutto ciò si saprà introdurre ed applicare alternando convenientemente i lavori, evitando l’applicazione eccessiva, e così si perfezionerà al massimo possibile la educazione dell’uomo. L’istruzione sarà inoltre comune ed eguale per entrambi i sessi. La loro separazione è giustificata soltanto nei casi in cui la differenza del sesso la renda assolutamente necessaria. Questo sistema di educazione una volta che sia bene disciplinato e sottoposto a sufficiente controllo durerà fino all’età in cui la società dichiara il giovane maggiorenne. Entrambi i sessi sono allora pienamente capaci di compiere in ogni direzione i doveri e di esercitare tutti i diritti che la società impone e riconosce in tutti i suoi membri adulti. La società può ora essere perfettamente sicura di aver educato degli uomini vigorosi e valenti e perfettamente sviluppati, uomini ai quali è estraneo tutto ciò che non è umano e naturale, e che conoscono non meno la natura propria e la propria essenza che la natura e l’essenza della società della quale essi fanno parte. Spariranno le mostruosità che si fanno ogni giorno più numerose in seno alla nostra gioventù e che sono la conseguenza naturale della corruzione e della decomposizione della società. La sguaiataggine, la indisciplinatezza, l’immoralità, il desiderio di godere, quali si notano nella gioventù dei nostri istituti superiori di educazione, dei ginnasi, dei politecnici, delle università, ecc., alimentati dallo sfacelo e dalla perturbazione della vita domestica, la influenza perniciosa della vita sociale, come l’eccessiva ricchezza e l’eccessiva miseria, le letture che demoralizzano col dare incentivi e stimoli agli appetiti, con i discorsi ambigui della stampa periodica, cogli effetti perniciosi dei sistemi di lavorazione nelle fabbriche; la insufficienza delle abitazioni; la libertà e la indipendenza assoluta in una età in cui l’uomo ha più che mai bisogno di essere frenato ed educato a governare se stesso, tutti questi ed altri mali saranno evitati facilmente dalla società dell’avvenire, senza impiegare perciò la violenza e la tirannia. Le istituzioni sociali e l’ambiente le renderanno impossibili. Come nella natura le malattie e la morte non colpiscono che gli organismi in cui si verifica un processo di decomposizione, che forma i malati, così avviene anche nella società. Nessuno può negare che tutto l’organismo delle nostre scuole presenti inconvenienti gravi e pericolosi, ed anzi che gli istituti e le scuole superiori ne presentino più ancora che le inferiori. Una scuola rurale è un modello di moralità in confronto al ginnasio; una scuola femminile di lavoro per le fanciulle povere è un modello di moralità in confronto a un gran numero di distinti pensionati. E la ragione non è difficile a scoprire. Nelle classi superiori della società è spenta ogni aspirazione agli alti intenti umanitari; queste classi non hanno più alcun ideale.Mancando gli ideali e ogni nobile iniziativa a imprese generose, queste classi si dànno in preda alla dissolutezza alimentata da una brama smoda- (176)Aia, vecchio termine per indicare la persona che nelle famiglie signorili di un tempo si occupava dell'educazione dei giovani (dallo spagnolo: ayo, e questo dal gotico: hagja, che voleva dire custode). (177) Rimessiticcio: di germoglio o ramo nuovo che rinasce sul posto che ha subito un taglio,una recisione (dal verbo: rimettere, mettere di nuovo). In questo caso si intendono probabilmente i giovani scolari ripetenti o che hanno difficoltà ad apprendere. 137 ta di piaceri e di godimenti, con tutte le loro fatali conseguenze fisiche e morali. Come può la gioventù cresciuta in mezzo a tale ambiente essere diversa da quella che è? Il solo scopo che essa vede e conosce è quello dei piaceri materiali senza misura e senza limiti. Perché dovrebbero affaticarsi se la ricchezza accumulata dai genitori fa parere inutile ogni fatica? Il maximum della cultura dei nostri figli della borghesia consiste nel prendere ogni anno l’esame. Quando questo è superato, credono di aver superato il Pelio e l’Ossa (178), si vedono vicini all’Olimpo, e si sentono Dei di secondo rango. Quando poi arrivano ad avere in tasca una patente d’ufficiale della riserva, allora la loro superbia e il loro orgoglio non ha più confini. L’influenza che esercita questa generazione nella maggioranza dei suoi membri, debole di carattere e vuota di mente, ma pretenziosa e audace, permette di designare questo periodo come il secolo dei luogotenenti della riserva. La sua caratteristica è la mancanza di carattere e di sapere compensata da molte pretese: si è brutali e orgogliosi verso chi stà in basso, e servili verso chi sta in alto. Le figlie della nostra borghesia ricevono una educazione da bambole e da donne di società, le quali frenetiche per la moda passano di piacere in piacere e infine sazie di noia soffrono di tutte le malattie immaginarie e reali e, vecchie, finiscono per diventare bacchettone, che stralunano gli occhi davanti alla depravazione del mondo, e predicano l’ascetismo e la religione. Per le classi inferiori si tenta di limitare il livello della istruzione; perchési teme che il proletario diventi troppo astuto, si stanchi della sua condizione sociale, e si ribelli ai suoi numi. Quindi anche nelle questioni relative alla educazione e alla istruzione, la società moderna cammina alla cieca come in tutte le altre questioni sociali. Che fa essa? Invoca il bastone e bastona, predica religione, astinenza e soggezione, e fonda per gli elementi pessimi degli stabilimenti di correzione sotto influenze pietistiche. Con ciò la sua sapienza pedagogica è quasi esaurita. La società nuova, dopo avere educato il suo rampollo fino all’età designata giusta i principi suesposti, può anche lasciare che ogni individuo pensi alla sua cultura ulteriore. La società può essere sicura che tutti profitteranno delle occasioni favorevoli per far scattare e sviluppare i germi dell’istruzione ricevuta. Ognuno fa quello a cui lo spingono le inclinazioni naturali e il suo ingegno. Questo si dà a studiare un ramo delle scienze naturali: antropologia, zoologia, botanica, mineralogia, geologia, fisica, chimica, scienze preistoriche, ecc.; quello si dà alle scienze storiche, alla linguistica, all’arte, ecc. Altri diventa musicista, altri pittore, un terzo scultore, un quarto attore comico. Non ci saranno corporazioni di artisti, come non ci saranno corporazioni di maestri e di artefici. Mille ingegni brillanti, che restarono soffocati fino ad oggi, si sveleranno e si faranno valere, mostrando alla società quanto sanno e quanto possono fare, ove si presenti l’occasione. Non vi saranno più musicisti, attori, artisti e insegnanti di professione, ma ve ne saranno molti di più per ispirazione di talento e di genio. E le opere di costoro supereranno quanto si fa oggidì in questi campi; le opere dell’oggi nel campo delle industrie, della meccanica e dell’agricoltura verranno superate da quelle della società dell’avvenire. Vedremo quindi sorgere per le arti e le scienze un’era, quale il mondo non vide mai, e le creazioni sue risponderanno ai progressi di quella civiltà. Nientemeno che RiccardoWagner ha riconosciuto, e manifestato già fino dal 1850 nel suo scritto: “Arte e rivoluzione” quali trasformazioni subirebbe l’arte e a quale vita nuova questa rinascerebbe se le condizioni sociali fossero degne dell’umanità. Questo scritto è notevole specialmente perchè comparve subito dopo lo scoppio di una rivoluzione, alla quale partecipòWagner, e per cui egli dovette fuggire da Dresda. In tale scritto Wagner prevede chiaramente ciò che è nascosto in grembo all’avvenire, e si rivolge direttamente alla classe operaia, perché aiuti gli artisti a fondare l’arte vera. Ecco ciò che egli dice fra altro: “Se lo scopo della vita degli uomini liberi dell’avvenire non sarà più quello di guadagnarsi il pane, ma, mercè una fede nuova e viva, ovvero mercè il sapere, sarà loro assicurato il pane verso il corrispondente esercizio dell’attività naturale, quando cioè, l’industria non sarà più la nostra signora, ma serva nostra, allora noi faremo consistere lo scopo della vita nella gioia dell’esistenza, e cercheremo di creare i nostri figlioli in modo da renderli capaci di godere effettivamente questa gioia. L’educazione essendo la risultante dell’esercizio della forza e della cura della bellezza fisica, diventerà puramente artistica per l’amore tranquillo verso i bambini e la gioia di perfezionare la bellezza, ed ognuno sarà davvero sotto qualche rapporto un artista. La diversità delle inclinazioni naturali condurrà le più varie e molteplici attività a una inaspettata ricchezza! ” Ora queste sono idee perfettamente socialistiche. * * * La vita sociale diventerà in avvenire prevalentemente pubblica, e tale vuol essere già presentemente, come vedemmo chiaramente quando esponemmo il cambiamento subìto dalla posizione della donna in confronto del passato. La vita domestica si limiterà allo strettamente necessario, mentre si farà largo campo ai bisogni della socievolezza. Grandi e vasti locali di riunione per conferenze, discussioni e per la trattazione di tutti gli interessi sociali, sui quali in avvenire tutti saranno chiamati a decidere sovranamente, sale di gioco, di pranzo e di lettura, biblioteche, sale di concerto e (178) Il monte Pelio e il monte Ossa si trovano in Tessaglia, Grecia, vicino al monte Olimpo. Nella mitologia greca, i giganti Oto e Efialte tentarono di dare l'assalto all'Olimpo e per raggiungere la sua vetta - nella quale vi era la casa degli dei olimpi - presero il Pelio sovrapponendolo all'Ossa, ma in vetta all'Olimpo non ci arrivarono. Riferendosi a questo duemonti si allude ad un enorme ma infruttuoso tentativo. 138 teatri, musei, palestre e piazze per i giochi, parchi e passeggiate, bagni pubblici, istituti di educazione e d’istruzione di ogni maniera, laboratori, ospedali per malati e per gli infermi, e tutto ciò ordinato e arredato nel miglior modo possibile, offriranno a ogni specie di passatempo, all’arte e alle scienze frequenti occasioni di arrivare al sommo della perfezione. Come dovrà parere piccino, al confronto, il nostro secolo tanto decantato! Questo scodinzolare intorno ai potenti per ricevere grazie e favori, questa viltà di caratteri che si piegano a leccare le zampe, questa lotta accanita coi mezzi più odiosi e più bassi per raggiungere un posto privilegiato. Di qui il poco coraggio d’esprimere la propria opinione, di qui ancora l’abito di nascondere le buone qualità che potrebbero dispiacere, la mancanza di carattere e l’ipocrisia così nelle idee come nei sentimenti. Quello che eleva e nobilita l’uomo, e cioè il sentimento di sé, la indipendenza e la incorruttibilità della coscienza, l’inflessibilità del convincimento, la libera manifestazione delle proprie idee e dei propri principi sono considerati dalla nostra società come altrettanti difetti. Vi sono qualità che rovinano immancabilmente chi ne è dotato, se non si cura di soffocarle. Molti non sentono la loro umiliazione perchè alla umiliazione sono avvezzi. Il cane trova naturale di avere un padrone che gli dia da assaggiare la frusta in un momento di mal umore. Anche la letteratura presenterà un aspetto profondamente diverso, dati i mutamenti della vita sociale che abbiamo dinanzi accennati. La letteratura teologica, la quale presenta ilmaggior numero di pubblicazioni letterarie nei cataloghi annuali, sparirà completamente insieme alla letteratura giuridica; ed altrettanto si dirà di tutte le produzioni che si riferiscono alle istituzioni politiche, ed anche queste istituzioni saranno sparite. Gli studi relativi avranno soltanto un interesse storico. Non ci sarà più una pletora di quelle produzioni letterarie frivole e vuote le quali sono possibili soltanto colla corruzione del gusto, col favore o col sacrificio che porta la vanità dell’autore. Dal punto di vista delle nostre presenti condizioni si può dire già, senza esagerazione, che almeno quattro quinti di tutta la produzione letteraria possono sparire dal mercato senza che ne soffra menomamente l’interesse della cultura. Così enorme è il numero delle opere superficiali e dannose, o apertamente vergognose. Allo stesso modo saranno colpite le belle lettere e il giornalismo. Non c’è nulla di più superficiale, di più tristo, di più insipido della maggior parte della nostra letteratura giornalistica. Se si dovesse giudicare dal contenuto della massima parte dei nostri giornali lo stato della nostra civiltà e dei nostri orizzonti scientifici si troverebbe che siamo molto in basso. L’operosità degli individui e lo stato delle cose viene giudicato da un punto di vista che risponde ai secoli passati, e sono additati dalla scienza già da gran tempo come ridicoli e insostenibili. Una parte notevole dei nostri letterati-giornalisti sono persone “che fallirono alla loro vocazione”, ma il cui grado di cultura e le cui pretese in linea di mercede corrispondono all’interesse della borghesia per l’ “affare”. Inoltre questi giornali, come pure la maggior parte dei fogli letterari, nella parte riservata agli annunzi, hanno il compito di favorire la reclame più oscena e di fruttificare la moralità borghese; la parte riservata ai listini di borsa in altro campo allo stesso interesse. La produzione letteraria non è, in media, molto migliore della letteratura giornalistica; qui si coltiva specialmente il campo sessuale in tutte le sue superfetazioni, e si rende omaggio ora alla rassegna superficiale, ora ai pregiudizi più sciocchi e alla superstizione. Scopo di tutto questo è di far apparire il mondo borghese, malgrado tutti i difetti che in piccola parte si ammettono, come il migliore dei mondi. In questo campo vasto e importante, la società dell’avvenire avrà da operare radicali trasformazioni. Non ci saranno che la scienza, il vero, il bello, la lotta delle idee per il meglio, e ad ognuno sarà offerta l’opportunità di prendervi parte perché valente e operoso.Allora egli non dipenderà più dal favore dei librai, dall’interesse pecuniario e dal pregiudizio, ma dal giudizio di uomini competenti e imparziali, che egli stesso designerà e contro la cui decisione, ove questa non gli garbasse, potrà sempre appellarsi al pubblico. Ciò che non gli è possibile di fare oggi coi redattori dei giornali, né coi librai, i quali non pigliano consiglio che dal loro interesse personale. L’idea che la lotta delle opinioni non possa combattersi in una società retta a sistema socialistico, non può essere divisa e sostenuta che da coloro, i quali considerano il mondo borghese come il migliore dei mondi e cercano, perché ostili al socialismo, di screditarlo e di rimpicciolirlo. Una società che riposa sulla completa eguaglianza democratica, non conosce oppressioni e tirannie. Solo la completa libertà di opinione rende possibile la continuità del progresso, che è il principio vitale della società. Inoltre è una illusione di rappresentare la società borghese come quella che difende la libertà di opinione. I partiti che difendono gli interessi di classe, non pubblicheranno che quanto non pregiudichi questi interessi, e guai a colui il quale osi fare dell’opposizione. Egli porrebbe il suggello alla sua rovina, come sanno tutti coloro i quali conoscono le nostre condizioni sociali. Non vi è scrittore il quale non sappia come i librai non vogliano lanciare dei lavori letterari che loro non convengono. * * * Siccome l’individuo deve educarsi completamente, e questo deve essere lo scopo della connivenza umana, così egli non deve essere legato alla gleba, nella quale il caso lo fece nascere. Egli può imparare dai libri e dai giornali a conoscere gli uomini e il mondo, ma non arriva a conoscerli mai profondamente. Ci vuole intuizione personale e studio pratico. La società dell’avvenire deve quindi rendere possibile a tutti ciò che è possibile a molti nella società moderna, sebbene nella maggior parte dei casi il pungolo del bisogno serva di eccita139 mento. La necessità di modificare tutte le relazioni della vita è radicata profondamente nella natura umana. Questa necessità corrisponde all’istinto del perfezionamento che è immanente in ogni essere organizzato. La pianta che sorge in uno spazio senza luce si allunga e cerca la luce, come avesse coscienza, che cade da qualche apertura. Altrettanto si dica dell’uomo. E un istinto che è congiunto all’uomo, e che è perciò un istinto naturale, deve essere appagato secondo ragione. Lo stato della società nuova non contrasta il soddisfacimento di questo istinto di cambiamento, ma anzi rende possibile che tutti giungano ad appagarlo. I suoi scambi portati al loro più alto sviluppo lo facilitano, e i rapporti internazionali lo provocano. Tutti quindi potranno fare “i loro viaggi feriali”, né sarà difficile organizzarli. Si potranno visitare paesi e regioni straniere, spedizioni e colonizzazioni d’ogni genere quando si agisca nell’interesse sociale. Gli organi amministrativi della società dovranno vegliare affinché non manchino le provviste destinate a soddisfare tutti i bisogni della vita. Come ciò si possa effettuare è facile dedurre dalle premesse. La società regola la durata del lavoro secondo il bisogno, rendendola ora più lunga, ora più corta, secondo le sue esigenze e le stagioni che le fanno apparire opportuno. In un dato periodo essa potrà dedicarsi più alla produzione rurale e in un altro periodo alla produzione industriale, disciplinando e dirigendo le forze lavoratrici a seconda del bisogno. Essa potrà ancora,mercé il perfezionamento delle istituzioni tecniche e per effetto del lavoro collettivo, compiere senza alcuna difficoltà imprese che oggi sembrano impossibili. Come la società assume sopra di sé la cura della gioventù, così essa assumerà ancora quella dei vecchi, dei malati e degli invalidi. Chi per qualunque circostanza è diventato inabile al lavoro, ha diritto che la società lo aiuti. Egli può essere sicuro che gli si useranno tutte le cure, tutti i riguardi possibili; ospedali e ricoveri che presentano tutto quello che la tecnica e la scienza hanno saputo fare di meglio cercheranno di restituirlo presto alla società sano e vigoroso, ovvero gli renderanno meno triste la vecchiaia se egli è vecchio e malaticcio. Non lo turberà il pensiero che altri stiano aspettando la sua morte per “ereditare” da lui; e nemmeno lo turberà il pensiero di essere gettato da una parte come un limone spremuto, se vecchio e privo di assistenza. Egli non sarà abbandonato alla carità ed alla assistenza dei suoi figlioli, né alla elemosina del pubblico. E’ un fatto troppo noto quello della condizione nella quale si trovano la maggior parte dei genitori che devono raccomandarsi all’aiuto dei figli. E in quale guisa demoralizzante agisce di regola sui figli, ed ancor più sui parenti la speranza di “poter ereditare”. Quali abominevoli passioni si risvegliano, quanti delitti vengono provocati da questa speranza. Assassinii ed omicidi, sottrazioni, ricatti, falsi giuramenti, estorsioni, ecc. La società borghese non ha alcun motivo di andare superba del suo diritto ereditario perchè a questo diritto si deve una gran parte dei delitti che si commettono ogni anno, mentre la maggioranza nulla ha da lasciare in retaggio e nulla da ereditare (179). Lo stato morale e fisico della società, i sistemi di lavoro, le abitazioni, il modo di nutrirsi e di vestirsi, la sua vita sociale, tutto concorrerà a impedire ed a prevenire le disgrazie, le malattie precoci e le infermità croniche. La morte naturale, lo spegnersi della forza vitale diventerà sempre più la regola, e il convincimento che il “Cielo” è sulla terra e che essere morto significa aver finito, condurrà gli uomini a vivere naturalmente. Gode di più chi gode più a lungo. Questo sa bene apprezzare il clero che apparecchia gli uomini per l' “al di là”, perché i preti in media hanno vita più lunga degli altri. Condizione prima d’un metodo di vita naturale è il mangiare e bere. Vi sono degli amici del cosiddetto “metodo di vita secondo natura” i quali spesso domandano perchè i socialisti democratici restino indifferenti davanti all’alimentazione vegetale. Questa domanda ci porge motivo di trattare in poche righe questo argomento. Il vegetarianismo, cioè la dottrina che prescrive di nutrirsi di prodotti esclusivamente vegetali, è diffuso specialmente in quei ceti, i quali sono in grado di poter scegliere fra l’alimento vegetale e l’alimento animale. Per la grandissima maggioranza degli uomini tale questione oggi non esiste, perché questa maggioranza è costretta a vivere secondo i suoi mezzi la cui penuria la costringe in molti casi a cibarsi esclusivamente o quasi di prodotti vegetali, ed anzi perfino di quelli meno nutrienti. Per una gran parte della popolazione operaia della Slesia, della Sassonia, della Turingia e di tutti i distretti industriali, il cibo principale è la patata. Il pane viene in seconda linea, e la carne non si vede quasi mai in tavola, e le rare volte che c’è trattasi di carne di pessima qualità. Altrettanto può dirsi di una gran parte della popolazione rurale sebbene essa allevi il bestiame, perchè questa popolazione è costretta a venderlo per soddisfare, col danaro che ne ritrae, altri bisogni. Per tutti questi vegetariani forzati una solida bistecca e una buona coscia di castrato determinerebbe, secondo noi, un miglioramento nella loro nutrizione. Se la dottrina dei vegetariani mira a combattere l’abuso dell’alimentazione animale, allora ha ragione, ma ha torto se ne combatte l’uso, con ragioni in parte troppo sentimentali. Per esempio, col dire che il sentimento naturale vieta di uccidere gli animali e di mangiare un “cadavere”. Ora il desiderio di (179) L’uomo che è vissuto sempre da probo, onesto e laborioso fino alla vecchiaia, non deve vivere in questa età della carità né dei figli, né della società. Una vita indipendente priva di preoccupazioni e di stenti è premio adeguato alla attività continuata negli anni del vigore e della salute. Thünen: «Lo Stato isolato». Ma che cosa avviene oggi nella società borghese?Avviene che il tanto celebrato ricovero per la vecchiaia e per gli invalidi nell’impero germanico presenta un compenso assai gretto, come ammettono anche i suoi più zelanti difensori. La sua assistenza è ancora più insufficiente delle pensioni assegnate alla maggioranza degli impiegati. Nota diA. Bebel. 140 una vita agiata e tranquilla ci costringe a dichiarare guerra ad un gran numero di esseri viventi sotto forma di insetti nocivi d’ogni genere e a distruggerli e per non essere divorati noi dobbiamo pure uccidere e distruggere delle bestie feroci. Lasciando vivere in pace i “buoni amici dell’uomo” e cioè gli animali domestici, questi buoni amici in pochi anni ci si getteranno addosso in numero così grande che ci “divoreranno” prendendoci il cibo. E’ falso anche affermare che il cibo vegetale susciti miti sentimenti. Nei miti indiani che si nutrivano di piante si è ridestata “la bestia” quando la durezza dell’Inglese li fece ribellare. Coglie nel segno secondo noi il Sondegger quando dice: "Non vi è un ordine di gradi della necessità dei mezzi di nutrizione, ma vi è bensì una legge immutabile per il miscuglio delle loro materie nutritive". Certamente è giusto che nessun uomo possa cibarsi soltanto di nutrimento animale, ma ben piuttosto di cibi vegetali, dato ch'egli possa sceglierli opportunamente. D'altra parte nessuno vorrà accontentarsi di un dato cibo vegetale anche se questo fosse il più nutriente. Così le fave, i piselli, le lenticchie in una parola le piante leguminose sono le sostanze più nutrienti di tutte, ma sarebbe spaventoso se dovessero costituire il nostro esclusivo nutrimento. Così Carlo Marx nel suo "Capitale" riferisce che i proprietari di miniere del Cile costringono i loro operai a mangiare per anni ed anni le fave, perché queste rinvigoriscono e li rendono atti a portar pesi più di qualunque altro cibo. Gli operai spesso rifiutano le fave, sebbene esse nutrano; ma siccome non vien loro dato altro, così sono costretti ad accontentarsene. A mano a mano che la coltura si eleva, in lugo della alimentazione quasi esclusivamente animale, che è propria dei popoli dediti alla caccia ed alla pastorizia, viene sostituendosi il cibo vegetale. La varietà della coltura delle piante è indizio dimaggiore civiltà. Si aggiunga che su una data superficie si può coltivare molto maggiore sostanza vegetale nutritiva, che non si possa produrre sulla stessa superficie di materia animale mediante l'allevamento del bestiame. Questo sviluppo dà al nutrimento vegetale una prevalenza maggiore. Infatti il trasporto delle carni che ci vengono importate da lontani paesi, e specialmente dall'America meridionale e dall'Australia, è in pochi anni quasi sparito per efftto del sistema borgehse di sfruttamento; al contrario deve notarsi che il bestiame non viene allevato soltanto soltanto per la carne, ma anche per la lana, i peli, le setole, le pelli, il latte, le uova ecc., e che questi prodotti animali alimentano una quantità di industrie e soddisfano a molti bisogni umani. Si aggiunga che molti cascami non possono venire impiegati nell'industria e nell'economia più utilmente di quello che si possa fare comn l'allevamento del bestiame. D'altra parte il mare aprirà in avvenire all'umanità la sua ricchezza inesauribile in sostanze nutritive animali, assai più di quello che abbia fatto fin qua. Quindi la dottrina dei vegetariani non solo non è verosimile per la società avvenire, ma non è neanche necessaria. Se non che ora si tratta assai più di qualità che di quantità, perché il molto non giova granché, specialmente se il molto non è buono. La qualità però viene notevolmente migliorata nella maniera con la quale si allestisce il cibo. Quindi l'allestimento delle sostanze alimentari deve essere regolato scientificamente, né più né meno come qualsiasi altro ramo dell'attività umana, se si vuole trarne tutto il profitto possibile. Ci vogliono sapere e istituzioni speciali. Non c'è bisogno di provare che le nostre donne, le quali devono oggidì preparare il cibo non possiedono per lo più questo sapere né lo possono avere. Se non che ad esse mancano anche le istituzioni. Anche oggi si costruiscono con la massima perfezione e secondo i principi della scienza utensili da cucina e molti congegni tecnici per allestire ogni maniera di cibi, come possiamo persuadercene visitando le cucine bene organizzate degli alberghi, le grandi cucine a vapore delle caaserme, degli ospedali e specialmente delle esposizioni culinarie. Con ciò si ottengono col minimo impiego di forze, di tempo e di materiale, i risultati più favorevoli. Questo è importante specialmente per l'alimentazione umana. Quindi la piccola cucina privata è, precisamente come un piccolo laboratorio, uno stadio ormai superato, una istituzione per la quale vengono sprecati e consumati insensibilmente, tempo, fatica e materia. Quindi nella società dell'avvenire, anche l'allestimento dei cibi diventerà una istituzione sociale che funzionerà nel modo più conveniente e vantaggioso per l'umanità. La cucina privata sparirà, come è già sparita nelle famiglie le quali di solito fanno bensì allestire il cibo dalla loro cucina privata, ma hanno bisogno di quella degli alberghi o di quella di cuochi privati, quando si tratta di dar da mangiare a un numero maggiore di commensali e di allestire cibi e pietanze per le quali esse e le persone di servizio non hanno le cognizioni necessarie (180). Il valore nutritivo dei cibi si eleva per effetto della facilità di assimilarli; questa capacità di assimilazione è decisiva (181). Non è che con la società nuova ci si trovi in condizione di rendere possibile un sistema di numtrimento che sia per tutti conforme a natura. Catone esalta l'antica Roma, perché fino al secolo sesto di Roma (200 a. C.) c'erano bensì di quelli che conoscevano l'arte medica, ma mancava l'occupazione per coloro che trattavano soltanto i malati. (180) Sulla abolizione della cucina privata il signor Eugenio Richter nelle sue «Dottrine erronee» non è giudice competente. Il signor Richter, a quanto sappiamo, non è ammogliato, e quindi egli non può accorgersi della mancanza della propria cucina, il che, se si deve giudicarne dalla sua corporatura, pare gli faccia buon pro. Se il signor Richter fosse ammogliato e avesse una moglie la quale dovesse occuparsi della cucina e prestarvi le cure necessarie, mentre le signore delle classi abbienti si fanno servire, e sarebbe da scommettere cento contro uno, che la sua signora gli mostrerebbe rigorosamente quanto sarebbe lieta se potesse essere liberata dalla schiavitù della cucina, da un grande istituto comune bene organizzato destinato ad allestire le vivande. Nota diA. Bebel. (181) La capacità di assimilazione dei cibi è relativa all’individuo. NIEMEYER: Igiene. Nota diA. Bebel. 141 La gente viveva con tale sobrietà e semplicità, che ben di rado c'erano malattie da curare, e la morte per decrepitezza era la forma più comune di andare all'altro mondo. Appena quando la crapula (182) e l'ozio, in breve la furfanteria da un lato, il bisogno e l'eccessivo lavoro dall'altro, andarono crescendo, le cose mutarono radicalmente. La crapula e la furfanteria saranno impossibili in avvenire, come sarà impossibile il bisogno, la miseria e la povertà. Ci sarà abbastanza per tutti. Anche Enrico Heine (183), che ebbe talora sentimenti e principi socialisti, canta (Germania, Novelle d’inverno): Dà la terra abbastanza pan per tutti I figlioli d’Adamo, Dà rose e mirti e bellezze e piaceri; Anco piselli abbiamo. Si, non appena scoppiano le bucce Ciascun può aver piselli, Il cielo se lo tengano per loro Gli angeli ed i fringuelli. Trad. di G. C. SECCO-GUARDA. “Chi mangia poco vive bene” (cioè vive a lungo), disse l’italiano Cornaro (184) nel secolo XVI, come viene riferito dal Niemeyer. In fine anche la chimica saprà fornire nel futuro nuovi e migliorati mezzi di nutrimento. Oggi di questa scienza si abusa assai per compiere delle adulterazioni e delle frodi; ma è evidente però che un alimento chimicamente preparato e dotato di tutte le qualità di un prodotto naturale raggiunge lo stesso scopo. Il modo di procacciarselo poco importa, purché in tutto il resto il prodotto risponda ad ogni esigenza. Ora, se noi arriviamo ad avere oltre agli stabilimenti centrali, destinati ad allestire il cibo, anche quelli destinati alla pulizia, nei quali con un processo meccanico- chimico si lava la biancheria, la si asciuga e la si mette all’ordine, e se si ammette che oltre al (182) Crapula: gozzoviglia, chiassosa e sfrenata baldoria godereccia. (183) Heinrich Heine (1797-1856), poeta tedesco. Il passo che cita Bebel è ripreso dalla satira politica intitolata "Germania, Novelle d'inverno" (Deutschland, einWintermarchen), una delle sue opere di carattere politico più importanti nella quale traspare l'influenza che ebbe l'amicizia stretta da Heine a Parigi con CarloMarx. (184)Alvise Cornaro (1475-1466), di nobile famiglia veneziana, fu una delle figure più singolari del Cinquecento padovano; si interessò di architettura, arte e letteratura. Qui Bebel si riferisce al suo trattato "Della vita sobria" in cui esaltò il metodo per raggiungere la "vecchiezza" in buona salute. (185) «Senza servitù non vi è civiltà», proclama il professore Treitschke in una polemica contro il socialismo. E’ certo una novità il sentire che i nostri servi sono «portatori della nostra civiltà». La testa professorale e dotta del sig. Treitschke pensa del mondo borghese come pensava Aristotile ventidue secoli fa del mondo greco.AdAristotile pareva impossibile che la società potesse esistere senza schiavi. Il signor Treitschke si preoccupa evidentemente, si lambica il cervello per il lucido degli stivali e la pulizia dei vestiti,ma oggi anche ciò non è più una questione «insoluta». Intanto oggi più del novanta per cento provvede alla bisogna da sé, e quindi anche l’altro per cento potrà provvedervi in avvenire, senza contare che intanto si saranno inventate delle macchine atte a far pulizia, di guisa che il signor professore non avrà più bisogno di procurarsi un giovinetto che lo tragga d’impaccio. In fine si tenga per fermo che nella società dell’avvenire si dice: che il lavoro non disonora anche se esso consiste nel pulire gli stivali come ha già imparato a conoscere anche qualche ufficiale di antica nobiltà, il quale scappò per debiti in America per diventare domestico o lustrascarpe. riscaldamento centrale, alla illuminazione pure centrale, ai condotti d’acqua fredda e calda ci siano anche bagni sufficienti, e che così la biancheria come i vestiti siano fabbricati in laboratori centrali, allora tutta la vita domestica è trasformata e semplificata radicalmente. Il servo, questo schiavo degli umori “della padrona” scompare, ma scompare anche la “dama” (185). 142 LA DONNA NELL’AVVENIRE In questo capitolo possiamo essere assai brevi, perchè esso contiene semplicemente le conseguenze che si traggono dalle premesse in ordine al posto che occuperà la donna nella società futura, conseguenze che ognuno può trarre da sè. In questa società la donna è, così socialmente come economicamente, del tutto indipendente, non è soggetta più ad alcuna apparenza di tirannia nè allo sfruttamento, trovandosi oramai di fronte all’uomo libera ed eguale, padrona di sè e del suo destino. La sua educazione è uguale a quella dell’uomo, eccetto là dove la differenza del sesso rende necessario un trattamento speciale. Essa può sviluppare, date le condizioni di esistenza conformi a natura, tutte le sue forze e attitudini fisiche e morali, ed esercitare la sua attività in quel campo che meglio si addice e risponde alle sue inclinazioni, al suo talento e ai suoi desideri. Essa è, date le stesse condizioni, non meno capace ed abile dell’uomo. Operaia in qualche industria o mestiere, di lì ad un’ora essa diventa educatrice e maestra, per esercitare subito dopo qualche arte od occuparsi di qualche scienza, per compiere dopo ancora qualche funzione amministrativa. Essa studia e si diverte, conversa con i suoi simili o cogli uomini, come le piace e come l’occasione le si presenta. In amore essa è libera di scegliere, precisamente come l’uomo; chiede in matrimonio, ovvero si fa chiedere, e stringe il vincolo senza alcun altro riguardo che alla sua inclinazione. Questo vincolo è un contratto privato senza l’intervento di alcun funzionario, come fu contratto privato il matrimonio fino agli ultimi anni del periodo medioevale. Perciò il socialismo non viene a creare in questa materia nulla di nuovo, ma non fa che ristabilire in un grado più alto di civiltà e sotto forme sociali nuove, ciò che vigeva generalmente nei primi stadi della civiltà e prima che la proprietà privata dominasse la società. L’uomo deve essere in caso di poter disporre liberamente del suo istinto più forte, come di ogni altro istinto naturale. La soddisfazione dell’istinto sessuale è questione personale di ogni individuo, precisamente come il soddisfacimento di qualunque altro istinto naturale. L’uno non deve rendere conto all’altro, e chi non vi è chiamato non ci si deve immischiare. Intelligenza, coltura, indipendenza, qualità che saranno connaturali nella società dell’avvenire per virtù della educazione e delle condizioni di allora, faciliteranno e guideranno la scelta. Se gli sposi non vanno d’accordo o per incompatibilità di carattere o per antipatia di uno verso l’altro, allora la morale prescrive di sciogliere un vincolo che è diventato contrario alla natura ed alla morale stessa. Poichè uomini e donne sono eguali di numero, e spariranno tutte le circostanze che condannarono fino ad ora gran parte delle donne a rimanere nubili o far mercato del proprio corpo, il mondo mascolino non sarà più in grado di far valere ad arbitrio la sua preponderanza. D’altro lato, il mutamento radicale operatosi nelle condizioni sociali eliminerà molti ostacoli e farà cessare molte perturbazioni che oggi, come abbiamo visto, influiscono sulla vita coniugale, e che così di frequente la amareggiano o la rendono del tutto impossibile. Cotesti ostacoli e la posizione contraria a natura fatta oggi alla donna hanno condotto a questo, che anche quelle persone le quali ritengono giustificata la piena “libertà” di scelta nell’amore e, ove sia necessario, ritengono giustificato il libero scioglimento del contratto, nel resto non sono però disposte ad accettare tutte le conseguenze per i mutamenti della nostra condizione sociale, e vogliono rivendicare la libertà nei rapporti sessuali soltanto a favore delle classi privilegiate. Così, ad es. : la sig. Matilde Reichhardt-Stromberg in una polemica contro le aspirazioni emancipatrici manifestate dalla scrittrice Fanny Lewald (186), così si esprime: “Se voi (signora Fanny Lewald) volete la completa eguaglianza giuridica della donna coll’uomo nella vita sociale e politica, allora George Sand (187) (186)Mathilde Reichardt-Stromberg (1823-1898), nota per aver scritto una risposta a Fanny Lewald e alle sue “Lettere pro e contro le donne”. Fanny Lewald, scrittrice tedesca (1811- 1889), di genitori ebrei, a 17 anni passato alla chiesa evangelica, sostenitrice dell’emancipazione femminile in chiave progressista borghese, aspirando ad equiparare la “libertà” delle donne a quella degli uomini nei viaggi, nei rapporti sessuali, nei comportamenti sociali. (187)George Sand, scrittrice e drammaturga francese, pseudonimo diAmantineAutore Lucile Dupin, femministamoderata, partecipò al governo provvisorio del 1848 a Parigi espri143 deve aver necessariamente ragione nelle sue tendenze emancipatrici, le quali non vanno niente più in là di quelle che l’uomo ha posseduto da lungo tempo senza contrasto. Imperocchè non vi è alcun motivo ragionevole per impedire che non solo il cervello, ma anche il cuore della donna partecipi a questa eguaglianza e debba essere libero di dare e di prendere, come l’uomo. Al contrario, se la donna deve, secondo la natura sua, aver il diritto e poi anche l’obbligo di fare ogni sforzo per vincere la gara coi titani dell’altro sesso, se si vuol mantenere l’equilibrio, essa deve pure avere anche il diritto di accelerare i battiti del cuore, come le pare conveniente. Imperocchè noi leggiamo tutti senza scandalizzarci, che Göthe, per es., per non pigliare gli esempi che dai sommi, andava a versare gli entusiasmi della sua grande anima e a spegnere gli incendi della sua passione non mai in braccio alla stessa donna. L’uomo intelligente trova ciò naturale appunto perchè si tratta di un’anima grande difficile da contentere, e solo il moralista vi trova motivo di censura e di biasimo. Perchè volete dunque burlarvi delle “grandi anime” delle donne?... Ammettiamo per un momento che tutto il sesso femminino sia costituito senza eccezione da anime grandi come era quella di George Sand; che ogni donna sia una Lucrezia Floriani (188), i cui figliuoli furono tutti figli dell’amore, e che educò questi figliuoli con non meno affetto e devozione materna, che intelligenza e giudizio. Che ne sarebbe del mondo? Non v’è dubbio che il mondo potrebbe continuare ad esistere e progredire, come oggi, e forse trovarsi meglio”. L’autrice ritiene adunque che se ogni donna fosse una Lucrezia Floriani, e cioè una delle anime grandi come George Sand, la quale dipinse sè stessa in Lucrezia Floriani, non debba esserle vietato “di accelerare i battiti del suo cuore come le pare conveniente, per mantenere l’equilibrio”. Ma perchè per “le grandi anime” soltanto, e non anche per le altre che non sono “anime grandi” e non possono diventare tali? Noi non vediamo ragione di fare distinzioni. Se un Göthe (189) e una George Sand, per citare due sommi, potevano abbandonarsi agli impulsi del cuore – si sono pubblicate sugli amori del primo, delle vere biblioteche, che furono divorate avidamente con una specie di estasi devota dagli ammiratori e dalle ammiratrici del poeta – perchè disapprovare in altri quello che fatto da quei grandi diventa oggetto di una ammirazione estatica? Noi ammettiamo certamente che questa libertà di scelta è impossibile esercitarla nella società borghese – a ciò miravano tutte le argomentazioni del presente scritto – ma la generalità, una volta posta sotto identiche condizioni sociali, eguaglianza di condizioni, della quale oggi godono soltanto gli eletti, vuoi per potenza materiale, vuoi per intelligenza, deve godere anche degli stessi diritti e delle stesse libertà. Ciò che fecero e fanno oggi mille altri, i quali non possono mettersi a confronto col Göthe, senza che per ciò ne scapiti il loro onore e la loro considerazione. Basta avere una posizione rispettabile perchè tutto vada da sè.Anzi le donne di quei ceti non subiscono alcuna violenza, ma anche esse in complesso si trovano in una condizione molto più sfavorevole; di più oggi sono rare le donne che abbiano il carattere e la coltura di una George Sand. Malgrado ciò, le libertà che si sono prese Göthe e la George Sand sono immorali dal punto di vista della morale borghese, perchè violano le leggi morali dettate dalla società e sono in contraddizione colla natura del nostro stato sociale. Ilmatrimonio forzato è ilmatrimonio normale della società borghese, la sola unione “morale” dei sessi; ogni altro vincolo sessuale, fra chiunque si stringa, è immorale da questo punto di vista. Ciò va perfettamente. Il matrimonio borghese è una conseguenza della proprietà borghese, come abbiamo dimostrato in modo inconfutabile. Questo matrimonio essendo strettamente legato col diritto ereditario richiede dei figli “legittimi” quali eredi, viene conchiuso per averli e, sotto la influenza delle condizioni sociali, viene imposto dalle classi dominanti anche a coloro che nulla hanno da “trasmettere per eredità” (190). Ora siccome nella nuova società non c’è più niente da lasciare in eredità, eccettochè si voglia considerare come patrimonio ereditario di singolare valore gli arredi domestici, così, anche per questo motivo, il matrimonio coatto dovrà scomparire. Con ciò è risolto anche il problema del diritto ereditario che il socialismo non ha bisogno di “abolire” perchè non vi può essere alcun diritto ereditario là dove non esiste eredità privata. La donna quindi è completamente “libera” e sicmendo posizioni vicine al socialismo che però abbandonò col tempo assumento posizioni moderatamente repubblicane; oppositrice della politica temporale del papato. Fi contraria alla guerra franco-prussiana nel 1870-1871,ma poi appoggiò Thiers come capo del governo diVersailles mentre la Parigi socialista, che Thiers voleva disarmare, insorgeva costituendo la Comune. La Comune fu sconfitta, 30.000 comunradi furono massacrati e Gerge Sand giustificò quel massacro! (188) Lucrezia Floriani è un personaggio di un romanzo di George Sand che porta lo stesso titolo. (189) Göthe (Johann Wolfgang von Göthe), (1749-1832) fu scrittore, poeta, drammaturgo tedesco che approfondì la filosofia, la religione, l’arte e le scienze dal punto di vista di diverse culture, oltre alla tedesca, l’inglese, la francese, l’italiana, l’araba, l’ebraica. Estremamente prolifico, tra i romanzi più noti: I dolori del giovane Werther e Le affinità elettive; tra le opere teatrali più note: Ifigenia in Tauride, Faust, Torquato Tasso; tra le poesie: Prometeo, L’apprendista stregone, Elegie romane; tra i saggi: Teoria dei colori, Viaggio in Italia, La metamorfosi delle piante. (190) Il dottor Schäffle nella sua opera «Struttura e vita del corpo sociale» dice: «Certo non è desiderabile che si rallentino i vincoli matrimoniali col facilitare lo scioglimento dei matrimoni. Perchè ciò contropererebbe ai compiti morali dell’umano accoppiamento e sarebbe nocivo alla conservazione della popolazione non meno che alla educazione dei figli». A questo proposito osserviamo che noi riteniamo queste idee non solo ingiuste e false,ma siamo assai inclinati a ritenerle «immorali». Intanto il dottor Schäffle sarà d’accordo con noi in questo, che non si può pensare cioè di introdurre in una società infinitamente più colta e civile della nostra e di conservare in vita ciò che urta contro i suoi principi morali. Nota diA. Bebel. 144 come le cure domestiche ed i figli, se ne ha, non possono toglierle la libertà non potranno che moltiplicarle il piacere. Maestre, educatrici, congiunte, esse sono sempre vicine quanto il bisogno lo richiede alla crescente generazione femminile. Può darsi che in avvenire ci siano uomini che dicano come Humboldt (191): “Io non sono nato per essere padre di famiglia, inoltre io ritengo il matrimonio una colpa, e la procreazione un delitto”. E che per ciò? La forza dell’istinto naturale provvederà a mantenere l’equilibrio; noi non abbiamo punto bisogno di preoccuparci nè della ostilità al matrimonio d’un Humboldt, nè del pessimismo filosofico d’un Mainländer (192) e d’un Hartmann (193), i quali nello “Stato ideale” presentano all’umanità la prospettiva dell’autodistruzione. Noi siamo dell’opinione del sig. Francesco Ratzel, il quale scrive, a buon diritto: “L’uomo non deve considerarsi come una eccezione alle leggi naturali, ma deve a queste leggi conformare le sue azioni ed i suoi pensieri. Egli finirà col regolare tutta la sua condotta e i suoi rapporti colla famiglia e collo Stato, non già secondo i principi dei secoli lontani, ma secondo i principi razionali di una scienza conforme a natura. Politica, morale, principi giuridici che oggi si inspirano alle idee più varie e disparate si conformeranno alle leggi naturali, nient’altro. L’esistenza degna dell’uomo, onde si favoleggia da migliaia di secoli, diventerà finalmente un fatto compiuto” (194). Ora quest’epoca si avvicina a passi giganteschi. La società umana ha percorso per migliaia di anni tutte le fasi di sviluppo, per arrivare finalmente là, donde è partita, cioè alla proprietà collettiva, all’eguaglianza e alla fratellanza, non solo di tutti i gentili, ma di tutti gli uomini. Ecco l’immenso progresso che essa fece. Quello che la società borghese chiedeva indarno, e in cui essa fallì, e doveva fallire, e cioè nel fondare la libertà, l’eguaglianza e la fratellanza, sarà attuato dal socialismo. Ma questo ritorno della umanità al punto di partenza della sua evoluzione avviene in un grado di civiltà infinitamente più alto di quello, dal quale essa prese le mosse. La società primitiva, organizzata per gentes e per stirpi, aveva bensì comune la proprietà, ma nella forma più rozza e nel modo più perfetto. Nel corso dell’evoluzione il comunismo è stato abolito, le gentes scomparvero, e finalmente tutta la società si è atomizzata, ma nel tempo stesso aumentò la forza produttiva della società e i bisogni si moltiplicarono, e dalle gentes e dalle stirpi uscirono le nazioni, creando una condizione di cose, che è in stridente contraddizione coi bisogni di quasi tutta la società, e fa ritenere che l’unico modo di togliere codesta contraddizione, sia quello di trasformare con base più ampia la proprietà e le forze produttive in proprietà comune. La società ripiglia quello che essa possedeva, ma organizzata in modo da far rispondere tutta la sua esistenza alle nuove condizioni produttive, così da assicurare, per quanto è possibile, a tutti, quello che prima non era che privilegio di pochi, o di classi. Ora anche la donna riprende quel posto importante che occupava nella società primitiva, per diventare non già signora, ma eguale. “Quando lo Stato avrà finito la sua evoluzione, incomincerà una esistenza veramente umana. Sarà ristabilita finalmente la uguaglianza primitiva. “Il regime materno apre e chiude il corso delle cose umane,” scrive Bachofen presagendo il futuro nella sua opera sul “Diritto materno” tante volte citata nella prima parte di questo scritto. E come il Bachofen così anche il Morgan esprime il suo giudizio che, nelle sue conclusioni, corrisponde perfettamente al nostro, sebbene egli non avesse alcuna nozione del socialismo. Il Morgan scrive: “Da quando è cominciato il periodo della civiltà la ricchezza è cresciuta enormemente, le sue forme furono così diverse, il suo impiego così esteso e la sua amministrazione così abile nell’interesse dei proprietari che questa ricchezza è diventata di fronte al popolo una forza invincibile. Lo spirito umano resta allora sbigottito davanti alla sua propria creazione. “Ma tuttavia verrà il tempo in cui la ragione umana vincerà la ricchezza, in cui essa stabilirà tanto i rapporti dello Stato nei riguardi della proprietà che esso protegge, quanto i limiti dei diritti dei proprietari. “Gli interessi della società prevalgono assolutamente agli interessi privati ed entrambi devono essere regolati e disciplinati in modo giusto ed armonico; la caccia alla ricchezza non è lo scopo della umanità se il progresso rimane nella legge dell’avvenire come fu per il passato. “Lo sfacelo e la dissoluzione sta minaccioso davanti a noi come conchiusione di un periodo storico, che ha per unico scopo la ricchezza; imperocchè questo periodo storico contiene gli elementi della sua propria distruzione. “Democrazia nelle amministrazioni e nel Governo, fratellanza nella società, eguaglianza di diritti, istruzione generale inaugureranno il periodo della nuova vita sociale, e faranno volgere le mire alla esperienza, alla ragione ed alla scienza. Sarà una risurrezione, ma sotto forma più alta, della libertà, della eguaglianza, della fratellanza delle antiche Gentes” (195). (191) E’molto probabile cheA. Bebel si riferisca in questo caso a Wilhelm von Humboldt (1767-1835), linguista, diplomatico e filosofo tedesco, amico di Göthe e di Schiller. (192) Philipp Mainländer (1841-1876), poeta e filosofo tedesco. La sua opera più nota è Filosofia della Redenzione, “forse il più radicale sistema pessimistico noto in tutta la letteratura filosofica mondiale”, secondo il filosofo Theodor Lessing.( 193) Karl Robert Eduard von Hartmann (1842-1906), filosofo tedesco noto soprattutto per la sua dottrina sul pessimismo; la sua opera principale è stata Filosofia dell’inconscio. (194) Citato nella «Storia naturale della creazione» diHückel, IV edizione. Nota diA. Bebel. (195) MORGAN: Ancient Society, pag. 552. Citato da ENGELS: «L’origine delle famiglie». Nota diA. Bebel. 145 La esistenza degna dell’uomo non può essere soltanto ilmodo di esistenza di un solo popolo privilegiato, il quale, per quanto eccellente esso sia, non può da sè nè fondare questo stato, nè conservarlo, essendo esso il prodotto dell’azione complessiva che esercitano le forze ed i rapporti internazionali. Sebbene l’idea nazionale domini ancora da per tutto le menti, e venga adoperata come mezzo di conservare l’attuale egemonia politica e sociale, essendo questa possibile soltanto nei limiti nazionali, noi ci troviamo già in pieno internazionalismo. Le convenzioni commerciali e marittime, le convenzioni postali, le esposizioni internazionali, i congressi di diritto internazionale e i regolamenti internazionali, altri congressi ed alleanze scientifiche internazionali, le spedizioni internazionali, tutti i nostri commerci e traffici, ma particolarmente i congressi operai internazionali, all’influenzamorale dei quali si deve principalmente se ebbe luogo a Berlino nella primavera del 1890, una conferenza internazionale per discutere la legge relativa alla produzione del lavoro e ciò dietro invito dell’impero germanico, tutto questo ed altro prova il carattere internazionale che hanno assunto i rapporti dei vari Stati civili, malgrado la loro compattezza nazionale che viene sempre più battuta in breccia. E già si parla per contrapposto alla economia nazionale d’una economia mondiale, annettendosi a quest’ultima la maggior importanza dipendendo da essa il benessere e la proprietà delle singole nazioni. Lamassima parte dei prodotti di una nazione viene cambiata colla produzione di altri paesi stranieri, senza i quali noi non possiamo più vivere, e come un ramo d’industria è danneggiato da un altro se uno dei due è colpito da crisi, così la produzione nazionale di un paese ne soffre assai se quella dell’altro si arresta e ristagna. I rapporti dei singoli paesi diventano sempre più intimimalgrado tutte le perturbazioni, come le guerre e le discordie nazionali, perchè gli interessi materiali, che sono più forti di ogni altro interesse, prevalgono su tutto. Ogni miglioramento dei mezzi di trasporto, ogni scoperta o miglioramento dei sistemi di produzione per cui si abbassa il prezzo delle merci, rinvigorisce questa intimità. La facilità con la quale possono mettersi in contatto persone che abitano paesi molto lontani, è un nuovo fattore di relazioni e di corrispondenze. La emigrazione e la colonnizzazione sono un’altra leva potente. Un popolo impara dall’altro e l’uno cerca d’arrivare prima dell’altro e di emularlo. Insieme allo scambio di prodotti materiali di ogni genere, si compie anche lo scambio dei prodotti dello spirito così nella lingua originale come nelle traduzioni. Per moltissimi diventa una necessità imparare le lingue vive. Senonchè nulla può giovar meglio, oltre i vantaggi materiali, a eliminare le antipatie che imparare la lingua e conoscere profondamente le produzioni letterarie di un popolo straniero. L’effetto prodotto da questo processo che si compie nei riguardi internazionali è questo, che i vari popoli comprendono sempre più di trovarsi nelle identiche condizioni sociali. Questa identità è tanto grande nelle nazioni civili più progredite, che chi ha imparato a conoscere la struttura sociale di un popolo conosce pure quella di tutti gli altri, presso a poco come, in natura, negli animali della stessa specie, lo scheletro nella sua struttura è lo stesso, e si può ricostruire teoricamente tutto l’animale sulla base di alcune parti dello scheletro. Ne consegue ulteriormente che dove c’è una stessa base sociale, anche gli effetti devono essere identici. Poche grandi ricchezze da un lato avranno per contrapposto la miseria delle masse, la schiavitù del salario, la dipendenza delle masse per effetto dello sviluppo della meccanica, dall’altro il governo del popolo esercitato dalla minoranza abbiente con tutte le sue conseguenze. Infatti noi vediamo che le stesse lotte di classe che infuriano in Germania, perturbano tutta Europa e gli Stati Uniti. Dalla Russia al Portogallo, dai Balcani, dall’Ungheria e dall’Italia, fino all’Inghilterra e la Germania, dappertutto serpeggia il malcontento e si notano gli stessi sintomi di agitazione sociale, di generale malessere e di decomposizione. Diverse esteriormente nell’aspetto, secondo il carattere della popolazione e la forma della loro costituzione politica, in sostanza sono le stesse dappertutto. Causa di ciò sono le profonde contraddizioni sociali. Ogni anno che passa le inasprisce, le fa penetrare sempre più profondamente nel corpo sociale, finchè un motivo, forse insignificante, determina l’esplosione la quale fa sentire i suoi effetti con la velocità del lampo su tutto il mondo civile. La lotta della società nuova contro la società vecchia è accesa, entrano in scena le masse e si combatte con tale esuberanza di intelligenza, quali il mondo non vide mai in nessuna lotta e quale non vedrà più una seconda volta. Imperocchè si tratta dell’ultima lotta sociale. Il secolo XIX difficilmente passerà senza che questa battaglia sia terminata. Allora la società nuova si innalzerà sopra una base internazionale, le nazioni si affratelleranno e si stenderanno le mani per applicare la nuova costituzione a tutti i popoli della terra (196). Queste nazioni non saranno considerate dai popoli stranieri come nemici che vogliono saccheggiare ed opprimere, non come difensori di una fede straniera che vogliono loro imporre, bensì come amici che vo- L’internazionalismo (196) L’interesse nazionale e l’interesse dell’umanità sono oggi in conflitto; quando la società avrà raggiunto un grado più alto di civiltà, questi interessi si concilieranno e saranno un interesse solo. Thünen «Lo Stato isolato». Nota di A. Bebel. 146 Dal punto di vista internazionale, nel quale ora ci troviamo, possiamo giudicare un’altra questione “palpitante” quale è considerata quella dell’aumento della popolazione. Se ne fa anzi una questione importantissima, dalla quale dipenderebbe anche la soluzione di tutte le altre questioni. Molto si è disputato da Malthus (199) in poi intorno alla legge che regola l’aumento della popolazione. Nella sua celebre opera “Saggio sopra il principio della popolazione”, che Carlo Marx chiama “un plagio scolastico, superficiale e pretesco di Sir James Stewart, di Townsend, di Franklin, di Wallace, ecc.”, egli esprime il parere, che l’umanità tenda a aumentare in progressione geometrica (1, 2, 4, 8, 16, 32, ecc.), e che i prodotti alimentari aumentino solo in progressione aritmetica (1, 2, 3, 4, 5, ecc.). Ne consegue necessariamente che si determina presto una sproporzione fra la popolazione e i mezzi destinati ad alimentarla, sproporzione che conduce alla miseria e alla morte. Quindi è necessario frenare la procreazione, non maritarsi se mancano i mezzi sufficienti, perchè altrimenti non vi sarà più posto per i venturi al “banchetto della vita”. La paura dell’eccesso della popolazione è antica assai.Noi ne abbiamo già parlato quando abbiamo esaminate le condizioni sociali della Grecia e di Roma e quelle della fine delMedio-Evo.AncheVoltaire fu dominato da questo timore e pubblicò nel primo quarto del secolo XVIII una dissertazione in argomento. Questa paura ricorre – e ciò è assai caratteristico e deve essere notato – ricorre, lo ripetiamo, sempre in quei periodi, nei quali uno stato sociale sta per rovinare e sparire. Eccone la spiegazione: Tutte quelle organizzazioni sociali che si svilupparono fin qua riposano sul predominio di una classe sull’altra, ma il mezzo più efficace per esercitare questo predominio è il possesso della terra. La terra passa dalle mani di un gran numero di proprietari in quelle di un numero più piccolo, che la sfrutta e coltiva in modo molto imperfetto. La grande massa della popolazione nulla possiede, e la sua por- Popolazione ed eccesso di popolazione gliono educarli alla civiltà umana. La colonizzazione che la società nuova imprenderà nei paesi stranieri, nelle diverse parti della terra, per esempio in Africa, si distinguerà in sè stessa e per i suoi mezzi da quella d’oggi non meno di quello che saranno distinte le due società nel loro organismo. Non si impiegherà nè la polvere, nè il piombo, nè l’acquavite nè la Bibbia, ma la missione civile si comincerà con mezzi pacifici che ci faranno apparire alle popolazioni selvagge non come nemici, ma come benefattori e civilizzatori. Gli esploratori intelligenti ed accorti sanno quanti successi si ottengano per questa via. Stretti i popoli civili in una grande federazione, allora è giunto anche il tempo, in cui “tacciono per sempre le tempeste della guerra” (197). La pace non è un sogno, come credono i padroni del mondo che girano in uniforme, e come vogliono dare ad intendere agli altri.Allora sarà arrivato il tempo in cui i popoli avranno conosciuto quali sono i loro veri interessi e si studieranno di raggiungerli non già con le guerre, colle discordie, e con armamenti rovinosi, ma con tutto l’opposto, e cioè coll’intendersi amichevolmente e col lavorare insieme per la civiltà (198). Così le ultime armi, come molte altre di quelle del passato, andranno a finire nelle raccolte di antichità, per attestare alle generazioni venture, che le generazioni passate si lacerarono come belve feroci per migliaia di anni finchè l’uomo trionfò della bestia. Le generazioni venture realizzeranno senza fatica ciò che ingegni eminenti pensarono a lungo in passato e tentarono di risolvere senza potervi riuscire. Una conquista del progresso ne chiamerà un’altra, e additerà all’umanità nuovi ideali determinando nuove e più alte conquiste della civiltà. (197) Le sproporzioni enormi e la perfezione raggiunta oggidì dagli strumenti di guerra fra tutti i «popoli civili» e quelle anchemaggiori che raggiungeranno sotto lo stimolo della concorrenza, porterà a questo risultato, che la prossima guerra sarà anche l’ultima, perchè l’umanità non si adatterà più una seconda volta a soffrire un altro macello e la guerra diventerà impossibile per gli eccessi che essa produrrà. Inoltre la prossima guerra, nel caso che scoppi, farà fallire lamaggior parte delle grandi nazioni europee e rovinaremoltissimi privati, e determinerà una guerra civile. Nota diA. Bebel. (198) CONDORCET, per esempio, uno degli enciclopedisti francesi del secolo scorso, ebbe l’idea di una lingua universale, e difese anche la piena eguaglianza giuridica della donna. Più tardi il già presidente GRANT disse in una allocuzione: «Siccome il commercio, l’istruzione e la rapida trasmissione del pensiero e delle cose per mezzo del telegrafo e del vapore, hanno tutto trasformato, così io credo che Dio prepari il mondo a diventare una nazione, a parlare una lingua, a raggiungere uno stato di perfezione in cui non siano più necessari nè eserciti, nè flotte». Non deve recar meraviglia che il buon Dio debba esercitare la stessa azione eguagliatrice anche presso i sanguinari yankee. L’ipocrisia od anche la limitazione delle idee in fatto di religione, in nessun luogo è più grande che negli Stati Uniti. Quanto meno l’autorità dello Stato opprime la massa, tanto più può operare la religione. Perciò la borghesia sembra dappertutto più devota là dove l’autorità dello Stato è più debole, e cioè negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Belgio e nella Svizzera. Nota diA. Bebel. Nicolas de Condorcet (Marie-Jean-Antoine-Nicolas de Caritat, marchese di Condorcet) (1743-1794) era unmatematico, economista, filosofo e politico rivoluzionario francese vicino al partito dei girondini. Ulysses S. Grant (Hiram Ulysses Grant) (1822-1885), generale unionista e politico statunitense, fu il 18° presidente degli USA, dal 1869 al 1877. (199) Thomas RobertMalthus (1766-1834), economista e demografo britannico, nel 1798 pubblicò la sua opera principale, Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società. Da economista pubblicò nel 1815 anche il Saggio sulla rendita, in cui è descritta la teoria della rendita differenziale, teoria già avanzata dallo scozzese James Anderson nel 1777 e formulata anche da un altro economista britannico, EdwardWest (1782-1828), contemporaneo diMalthus, nel suo Saggio sull’applicazione del capitale alla terra. 147 zione di nutrimento dipende quindi dalla benevolenza dei padroni. Dopo la organizzazione della società la lotta per acquistare il possesso della terra assume determinate forme e finisce sempre col far concentrare questo possesso nelle mani della classe dominante. In tali condizioni, ogni aumento della famiglia diventa un peso per chi è rimasto danneggiato, compare il fantasma dell’eccesso di popolazione, che diffonde lo spavento nella stessa misura che la terra si riunisce in un numero sempre minore di possidenti e perde in produttività per effetto di trascurata coltura e di uno sfruttamento che è destinato più che tutto a soddisfare i capricci di chi la possiede. Roma e l’Italia non furono mai così povere come nel tempo in cui tutto il suolo del paese era nelle mani di poco più di 300 proprietari, d’onde il motto: i latifondi rovinarono Roma. Il suolo venne destinato a grandi parchi di caccia e a giardini di delizie, tutto il resto spesso giaceva incolto, perchè il coltivarlo per mezzo degli schiavi costava di più che il farsi venire le biade dalla Sicilia e dall’Africa. Tali condizioni di cose determinò la più vergognosa speculazione. Avendo quindi preferito il cittadino romano povero e in gran parte anche la nobiltà, di rinunziare al matrimonio e alla procreazione dei figli, si emanarono quelle leggi che promettevano dei premi a chi prendeva moglie e a chi procreava figli e ciò per impedire la diminuzione costante del popolo sovrano. Lo stesso fenomeno appare verso la fine del Medio- Evo, dopo che la nobiltà, avendo nel corso dei secoli tolta a molti contadini colla violenza e con l’inganno la loro proprietà, ebbe in sue mani i beni dei comuni, e quando i contadini si ribellarono e furono vinti, la rapina continuò ancora di più estendendosi anche ai beni della Chiesa. Mai il numero dei ladri, dei mendicanti e dei vagabondi fu più grande che nell’epoca che precedette e susseguì la riforma. La popolazione della campagna espropriata invase le città, ma anche qui le condizioni della vita erano diventate, per le ragioni che abbiamo già esposte, sempre più tristi, e da per tutto vi era “eccesso di popolazione”. Malthus compare sulla scena in quel periodo dell’industria inglese in cui, per effetto delle nuove scoperte di Hargreaves, diArkwright e diWatt (200) erano avvenute delle grandi trasformazioni nella meccanica e nella tecnica, delle quali si giovavano specialmente le industrie della seta e del lino, e fecero restare senza pane migliaia di operai di quelle industrie. L’accentramento dei capitali e delle proprietà fondiarie, assunse a quel tempo grandi proporzioni in Inghilterra, e col rapido aumento delle ricchezze da un lato, crebbe la miseria delle masse dall’altro. Le classi dominanti, le quali hanno tutti i motivi di considerare il mondo attuale come il migliore, dovettero necessariamente cercare di spiegare in qualche modo questo singolare fenomeno del pauperismo delle masse da un lato e dell’aumento delle ricchezze e della prosperità delle industrie dall’altro. E non vi poteva essere spiegazione più comoda di questa, cioè di dare colpa dell’eccessivo aumento di operai non già ai processi di produzione capitalistica e all’accumularsi della terra nelle mani dei Lord, ma alla eccessività della procreazione. In tali condizioni col “plagio scolastico, superficiale e pretesco” pubblicato da Malthus, fu data un’espressione drastica ai segreti pensieri e ai desideri delle classi dominanti, e fu giustificata la loro condotta davanti alla società. Ciò spiega l’approvazione enorme che il libro trovò da una parte, e la critica violenta che trovò da un’altra. Malthus aveva detto in buon momento alla borghesia inglese la parola giusta, e perciò egli è diventato un grand’uomo, sebbene il suo lavoro non contenga alcuna idea originale. Ora le condizioni che dettero a Malthus occasione di dare il grido d’allarme e di esporre la sua dottrina brutale, perchè egli la rivolse alla classe operaia, aggiungendo quindi al danno anche le beffe, non solo non sono cessate, ma di mano in mano si sono fatte più gravi, non solo nella patria di Malthus nel Regno Unito,Malthus era scozzese, comeAdamo Smith, ma anche in tutto il mondo, ove il sistema di produzione capitalistica, il sistema di usurpazione e di sfruttamento della terra, la servitù e la soggezione delle masse per effetto dei progressi delle macchine e delle fabbriche, gettò radici ed ha trovato diffusione. Codesto sistema consiste, come vedemmo, nel separare l’operaio dai mezzi del suo lavoro, siano la terra o gli strumenti, e nel concentrarli nelle mani dei capitalisti. Esso crea sempre nuovi rami d’industria, li sviluppa e concentra e getta ancora sulla strada nuove masse di popolazione, rendendole “sopranumero”. In agricoltura esso asseconda e promuove il possesso dei latifondi con tutte le sue conseguenze, come nell’antica Roma. L’Irlanda, che è, a questo proposito, il paese classico in Europa, il paese che subì più di tutti l’usurpazione, aveva nel 1876, 884,4 miglia quadrate di prati e pascoli – ma non più di 263,3 miglia quadrate di paese coltivato, e la trasformazione dei campi in prati e pascoli per le greggi e i buoi e in parchi da caccia per i lord, aumenta ogni anno (201). Inoltre le campagne irlandesi sono nelle mani di un (200) James Hargreaves (1720-1778), tessitore e carpentiere britannico, celebre per aver inventato la “spinning jenny” (in italiano, giannetta) nel 1764, unamacchina filatrice a lavoro intermittente e dotata di fusi multipli, che brevettò nel 1770. Fu una delle grandi invenzioni tecniche nel settore tessile che permise di ridurre drasticamente la manodopera aumentando quindi la produttività capitalistica, contribuendo nello stesso tempo ad aprire l’epoca della “rivoluzione industriale”. Sir RichardArkwright (1732-1792), esperto di meccanica, brevettò nel 1769 il filatoio automatico, macchinario col quale il cotone grezzo veniva trasformato in filo, macchinario simile alla giannetta. James Watt (1736-1819), matematico e ingegnere scozzese. Tra il 1764 e il 1768, con John Roebuck, costruisce un modello di macchina a vapore (una pompa a pistone azionata da un motore a vapore a condensazione interna). L’invenzione consisteva nell’applicazione dell’energia trasmissibile con il vapore, ossia nel trasformare l’energia chimica in energiameccanica. Si usa ancora oggi, per gli autoveicoli, l’unità dimisura stabilita da Watt e chiamata “cavalli vapore”. Nel sistema internazionale di misura, il watt è l’unità di misura della potenza, meccanica, elettrica o termica, ossia il rapporto tra unità di energia (in joule, J) e unità di tempo (in secondi, S). (201) Vedi il poema Irlanda di Ferdinando Freilingrath. Nota di A. Bebel. 148 gran numero di piccoli fittaioli, i quali non sono in grado di aumentare la produttività del suolo. Perciò l’Irlanda presenta lo spettacolo di un paese il quale dall’agricoltura, camminando a ritroso dell’evoluzione, passa alla pastorizia. Perciò la popolazione che al principio di questo secolo era di 8 milioni si è abbassata fino a 5, e ancora questi 5 milioni sono di troppo, e, come suol dirsi, “soprannumerari”. La ribellione degli irlandesi contro l’Inghilterra si spiega qui da sè, ma la lotta degli Home-Ruler (202) varrà soltanto a creare una classe di possidenti irlandesi senza poter portare al popolo irlandese la vagheggiata redenzione. E il popolo irlandese lo comprenderà quando gli Home-Ruler metteranno in esecuzione i loro progetti. Anche la Scozia presenta un quadro identico a quello dell’Irlanda così nei riguardi del possesso come in quelli della coltivazione del suolo (203). Altrettanto ripetesi nell’Ungheria. Un paese così ricco per feracità di suolo come pochi altri in Europa è sull’orlo della bancarotta; la sua popolazione è sovraccarica di debiti, in potere degli strozzini e degli usurai, afflitta dalla povertà e dalla miseria, sicchè ridotti, alla disperazione, gli abitanti finiscono per emigrare in massa. Ma la terra si è concentrata tutta nei moderni magnati del capitale, i quali la sfruttano nel modo più spaventoso, in guisa che fra breve tempo l’Ungheria cesserà di essere un paese esportatore di grani. Le cose procedono nello stesso modo anche in Italia. Anche in Italia l’unità politica della nazione ha favorito potentemente come in Germania lo sviluppo del capitale, ma i laboriosi contadini del Piemonte e della Lombardia, della Toscana e della Romagna impoveriscono sempre più e vanno pure in rovina. Cominciano già a formarsi di nuovo paludi e maremme là dove pochi decenni prima fiorivano dei magnifici orti e prosperava il campo del piccolo colono. Alle porte di Roma, nella così detta Campagna, giacciono incolti migliaia di ettari di terreno, di quel terreno che ai tempi di Roma antica era uno dei più feraci. Le paludi lo infestano con esalazioni avvelenate dai loro miasmi. La popolazione romana ritrarrebbe dalla Campagna una ricca sorgente di guadagno se, con l’impiego di mezzi adatti, se ne operasse il prosciugamento e una adeguata irrigazione, ma l’Italia soffre della mania della grandezza, rovina sè e la popolazione in armamenti militari e marittimi, ma non ha mezzi nè per coltivare nè per rendere fruttifera la campagna romana. La malaria, questa febbre terribile, prende in tutta Italia proporzioni tali che il Governo seriamente impensierito, fece fare un’inchiesta la quale dette il risultato sconfortante che di 69 provincie 32 erano state visitate dal morbo fatale, altre 32 ne erano già colpite e 5 soltanto erano restate immuni. Il morbo, prima conosciuto soltanto in campagna, penetra anche nelle città, perchè il proletariato accumulandosi sempre più numeroso, alimentato dalla popolazione del proletariato delle campagne vi trova i focolai d’infezione. Questi fatti, collegati con quello che venne già accennato in questo volume sugli effetti e sulle conseguenze dei sistemi di produzione capitalistica, ci ammaestrano che il bisogno e la misura della massa non sono già la conseguenza della mancanza dei mezzi di nutrizione e di esistenza, bensì la conseguenza della ineguale distribuzione per cui gli uni hanno il superfluo, mentre gli altri mancano del necessario, producendo da un lato la distruzione e la dissipazione delle provvigioni necessarie alla vita e facendo mancare d’altra parte lo stimolo di guadagnarsene. Le affermazionimalthusiane hanno quindi un senso solo dal punto di vista del sistema di produzione capitalistica, e chi muove da quel punto ha tutti i motivi di difenderlo, altrimenti gli manca il terreno sotto i piedi. D’altra parte la produzione capitalistica è di stimolo alla procreazione, in quanto essa ha bisogno di braccia che costino poco per le sue fabbriche. La procreazione diventa per il proletario una specie di speculazione, in quanto ilmantenimento dei figli gli costa poco o nulla, guadagnandosi essi le spese del loromantenimento. E’ una necessità anzi per il proletario di avere molti figli, perchè in ciò sta la sicurezza per la sua maggiore capacità di concorrenza (per esempio nell’industria domestica). Certo questo è un sistema detestabile perchè esso accresce il pauperismo degli operai, e li rende superflui, dato che i fanciulli piglino il loro posto nelle officine e negli stabilimenti. Ora poichè la immoralità e i danni di questo sistema sono evidenti ed aumentano coll’estendersi dell’economia capitalistica, così si comprende come presso i borghesi ideologi, e sono tali tutti gli economisti borghesi, le idee malthusiane si facciano strada, e si spiega anche come l’idea dell’eccesso della popolazione acquisti anche in Germania sempre più credito nella classe media. Il capitale, come un’accusato innocente, si assolse e il delinquente è l’operaio. Peccato che la Germa- (202) Home-Rule: autogoverno in questioni locali, di una città di una contea, senza ricevere il benestare da parte dello Stato o del governo centrale, applicato tra il 1855 e il 1860. Riguarda territori del Regno Unito, in particolare l’Irlanda e poi la Scozia e il Galles. Gli Home-Ruler formano, per l’appunto, quella classe di possidenti che concentreranno nelle proprie mani, terreni, affari e poteri locali. (203) I due milioni di campi che comprendono le regioni fruttifere della Scozia, sono ridotti incolti e deserti. I pascoli naturali di Elen-Filt sono fra i più lucrosi della contea di Perth, la Deer Forest di Ben-Aulder era il fondo migliore di tutto il vasto distretto del Badenoch, una parte del Black Mount Forest era il pascolo più eccellente della Scozia per le pecore del pelo nero. Dalla estensione del suolo, reso incolto per appagare la passione della caccia, si può formarsi un concetto del fatto che esso comprenda una superficie molto maggiore della contea di Perth. Quale perdita abbia subito il paese nei riguardi della produzione per effetto di questa distruzione del suolo, si può giudicare da ciò che la Deer-Forest di Ben-Aulder potrebbe alimentare 15 mila pecore e che essa non ascende che alla 30ª parte di tutta la superficie destinata a parchi da caccia della Scozia... Tuttavia questa superficie è assolutamente improduttiva – ed avrebbe potuto benissimo essere immersa nelle onde del Mare del Nord». Carlo Marx: «il Capitale», 2ª edizione. Nota di A. Bebel. 149 nia non abbia solo eccedenza di proletari, ma anche di “intelligenze”; il capitale non è causa soltanto di un eccesso di produzione di merci, di operai, di donne e di fanciulli, ma anche di impiegati e dottori, come vedremo più innanzi. Una cosa sola nel mondo capitalistico non è “supranumeraria” e cioè il capitale e chi lo possiede, il capitalista. Quindi se gli economisti borghesi sono malthusiani, essi sono ciò che devono essere nell’interesse della borghesia, solamente essi non devono attribuire alla società retta a sistema socialistico le loro idee borghesi. Stuart Mill (204) dice, per esempio: “Il comunismo è quella condizione di cose in cui l’opinione pubblica si dichiarerà colla massima intensità contro questo sistema di intemperanza egoistica. Ogni aumento di popolazione, il quale peggiori la posizione, ovvero inasprisca le pene e gli affanni della popolazione, produrrebbe allora necessariamente degli inconvenienti immediati e manifesti in ogni individuo della associazione comunistica, i quali inconvenienti non potrebbero allora essere attribuiti alla avidità ed alla cupidigia di chi fornisce il lavoro, ovvero agli iniqui privilegi dei ricchi. “In circostanze così mutate, non potrebbe escludersi che l’opinione pubblica facesse intendere la sua disapprovazione, e, questa non bastando, che si reprimesse con pene di qualche specie queste altre incontinenze nocive alla comunità. “Quindi non può assolutamente farsi alla teoria comunistica il rimprovero, che essa favorisca l’eccesso di popolazione, anzi questa teoria tanto più si raccomanda, in quanto essa avrebbe la tendenza di ovviare a questi inconvenienti”. E a pag. 376 del “Manuale di economia politica” di Rau, il professore Ad. Wagner (205) dice: “Almeno in una società retta a socialismo comunistico potrà essere assicurata la libertà del matrimonio e la libertà della procreazione dei figli”. I citati scrittori partono senz’altro dall’idea che la tendenza all’eccesso della popolazione sia comune a tutte le condizioni sociali. Entrambi però rivendicano al socialismo la virtù di poter ristabilire l’equilibrio fra la popolazione e imezzi di nutrimento, meglio di ogni altra forma sociale. Aconfermarli in questo concetto fondamentalmente sbagliato intorno al rapporto fra la popolazione e il nutrimento, e intorno al socialismo, è venuto loro un soccorso dallo stesso campo socialistico. Questo soccorso è contenuto nell’opera già citata di KARL KAUTSKY: “L’influenza dell’aumento della popolazione sul progresso della società” (206). Kautsky si è allontanato già da lungo tempo dalle idee espresse in questo lavoro, ma poichè questo riassume egregiamente tutte le ragioni che militano a favore dell’eccesso di popolazione, così noi ne approfittiamo per esprimere il nostro parere contrario. Kautsky, pur criticando Malthus, in fondo gli dà ragione. Anch’egli parla, come Malthus, di una “legge per cui la rendita del suolo diminuisce”, senza dirne il perchè. Intanto egli la confuta in parte adducendo molti esempi, che servono a dimostrare l’alto sviluppo di cui sono suscettibili non solo l’agricoltura, ma anche i prodotti del bestiame e gli animali domestici, se sottoposti a un trattamento razionale. Egli non omette di segnalare che la causa della rendita dipenda dalle insensate leggi della proprietà che determinano la ripartizione dei prodotti, e riconosce anche, che è un fenomeno proprio di tutte le formazioni sociali che stanno per tramontare, quello di lamentare l’eccessivo aumento della popolazione. Tuttavia egli viene alla conclusione di consigliare la società retta socialisticamente, a prendere gli inizi là dove terminano altre forme sociali, colla limitazione della popolazione. Consiglio questo, che non è menomamente motivato. Kautsky ritiene che la conoscenza “delle leggi della popolazione sia condizione sine qua non per intendersi sulla questione sociale” e si appella ad F. A. Lange (207), il quale, secondo noi, ebbe un’eccessiva vene- (204) Johnn Stuart Mill, filosofo ed economista inglese (1806-1873). Noto per la sua etica utilitaristica (fondamento della morale è la “regola aurea” dell’utlitarismo, che fa coincidere il bene con la massima felicità del maggior numero di persone). In politica, sostiene un’applicazione radiclae dei principi di “libertà” attraverso un’organizzazione del potere politico che colleghi le esigenze locali con quelle nazionali senza frustrare i “diritti individuali”; perciò ritiene il parlamentarismo e la democrazia come il miglior sistema di governo con il quale correggere il sistema della proprietà privata al fine di diminuire la sperequazione sociale; si battè anche per l’estensione del voto alle donne. In economia, auspicò un liberismo temperato che conciliasse il principio di proprietà e della libera produzione con una certa giustizia distributiva, concependo come fenomeni naturali i fenomeni della produzione e come fenomeni storici, quindi dovuti all’intervento dell’uomo, quelli della distribuzione. Marx, nel poscritto alla seconda edizione del primo Libro del Capitale (1873) affermerà che in J. StuartMill “il sincretismo anemico trovava la sua migliore espressione”. Tra le sue opere più importanti, i Principles of political economy che, nelle sue diverse edizioni dal 1848 al 1871, hanno risentito dell’influenza di J.B. Say, W.N. Senior, R. Malthus, J. Rae e dei socialisti francesi Saint-Simon, Fourier, Proudhomecc. (205) AdolphWagner (Adolph Heinrich GotthilfWagner) (1835-1917), economista tedesco influenzato dalle idee socialiste. Aparte il suoManuale di economia politica, su cuiMarx ha scritto un’aspra critica nelle sue Glosse marginali al Manuale di economia politica di AdolphWagner, contenute in un quaderno di estratti degli anni 1881-1882, A. Wagner era un grande sostenitore dell’intervento dello Stato nell’economia grazie al quale lo Stato avrebbe potuto “garantire una giustizia sociale” a favore delle classi più deboli, ed è perciò che si dedicò soprattutto al tema della finanza pubblica. le sue opere maggiori: Scienza delle finanze, Economia sociale teorica. (206) Karl Kautsky (1854-1938), politico e teorico marxista fino al primissimi del Novecento, poi capo dell’opportunismo secondinternazinalista ed acerrimo anticomunista. Lo scritto al quale A. Bebel porta la sua giusta critica, è del 1880 ed è intitolato: Socialismo e malthusianismo. L’influenza dell’aumento della popolazione sul progresso della società; sembra sia stato il suo primo scritto di una certa notorietà, in cui egli apre molto alle idee di Malthus, soprattutto sul controllo delle nascite come correttivo sociale alla “sovrappopolazione relativa” della manodopera e quindi come strumento per moralizzare e disciplinare il comportamento riproduttivo del proletariato abbrutito da un carico di figli sproporzionato alle proprie magre risorse. (207) Friedrich Albert Lange (1828-1875), filosofo e sociologo tedesco, sostenitore del socialismo riformista, influenzato da Lassalle e sua volta influente su E. Bernstein. La sua 150 razione per Stuart Mill, del quale subì la influenza. Il periodo dell’eccesso di popolazione è tanto vicino, secondo Kautsky, che egli quasi inorridito domanda: “Dobbiamo noi starcene colle mani in mano?” E’ un delitto di lesa umanità, voler rendere l’uomo felice? La prostituzione, il celibato, le malattie, la miseria, gli omicidi e tutte le calamità che affliggono il genere umano, non si potranno mai evitare?” E risponde col dire: “Rimarranno sempre, finchè non si conosceranno le leggi della popolazione con tutti i loro effetti”. Finora ogni legge scoperta, perdette la sua “fecondità”, perchè poi si cercò di regolarla e di renderla innocua; altrettanto dovrebbe accadere anche nel caso presente, dato che esista veramente una legge tanto terribile. Kautsky, di fronte a questo “orrendo pericolo” non consiglia, come Malthus, come San Paolo e come i padri della chiesa, di astenersi dall’usare con le donne, ma l’uso dei mezzi preventivi, perchè egli riconosce pienamente la necessità di soddisfare l’istinto sessuale. I nostri malthusiani credono che, se il popolo migliorerà la sua condizione, la società si trasformerà in una stalla di conigli e non conoscerà altro compito più nobile, che quello di darsi alla dissolutezza e alla procreazione dei figli. Non è certo un concetto troppo elevato quello che hanno costoro della società più civile e più colta. Quando Virchow (208) citato da Kautsky dice: “Siccome l’operaio inglese nella sua corruzione profonda, nella mancanza del senso morale non conosce alla fine che due fonti di piacere, e cioè, l’ebrezza e il coito, così anche la popolazione della Slesia superiore aveva rivolto fino a pochi anni fa tutti i suoi desideri e tutte le sue aspirazioni a queste due cose. Il piacere prodotto dall’uso delle bevande alcooliche e l’appagamento dell’istinto sessuale la signoreggiavano completamente, e ciò spiega chiaramente perchè la popolazione sia cresciuta di numero, perdendo invece in forza fisica e in moralità, e in ciò sono espressi e manifestati, a nostro avviso assai chiaramente, l’indirizzo e gli effetti che saranno conseguenza d’una maggiore civiltà e d’una vita conforme a natura. Anche la sentenza di Carlo Marx citata dal Kautsky è da considerarsi come un’idea completamente vera e generalmente esatta; la sentenza suona così: “Non solo il numero delle nascite e delle morti, ma anche il numero dei membri che compongono la famiglia è, in realtà, in ragione inversa dell’altezza del salario, e quindi della massa dei mezzi di sussistenza, di cui dispongono le varie categorie di operai. Questa legge della società capitalistica non avrebbe senso fra le popolazioni selvagge ovvero anche fra i coloni civilizzati. Essa ricorda la produzione rozza delle specie animali individualmente più deboli e più perseguitate”. E la nota relativa dettata dal Marx citando il Laing, suona così: “Se tutto il mondo si trovasse in condizioni favorevoli, esso sarebbe presto spopolato”; quindi Laing segue come Malthus il concetto opposto. Anche Herbert Spencer (209) dice: “sempre e da per tutto perfezionamento e capacità di moltiplicarsi sono termini opposti e antitetici. Ne segue che l’evoluzione ulteriore che l’umanità si aspetta, avrà verosimilmente per conseguenza una diminuzione della sua moltiplicazione”. Ora Kautsky non è dell’avviso che migliorando il modo di esistenza e raggiungendo un più alto grado di civiltà, si possa impedire la prolificazione, anzi egli crede tutto l’opposto, e perciò vorrebbe che si applicassero norme preventive. Esaminiamo da vicino questa supposta legge della diminuzione della rendita della terra, e vediamo poi che cosa ci dicono la fisiologia e l’esperienza sulla procreazione. Un uomo che fu ricco possidente e ad un tempo un economista di valore, e quindi valeva più di Malthus o per un verso o per l’altro, a proposito della produzione agricola dice: “La produttività delle materie greggie, e segnatamente dellematerie nutritive, non sarà inferiore, in avvenire, alla produttività delle fabbriche e dei trasporti...Ai giorni nostri la chimica agricola comincia ad aprire all’economia rurale speranze che condurranno certo a qualche errore, ma che, alla fine, porranno in potere della società la creazione delle materie alimentari, come è oggi in poter suo il fornire quanti metri di panno le piaccia, purchè ci sia la necessaria provvista di lana” (210). opera principale è la Storia del materialismo e Critica del suo significato attuale (1866). (208) Rudolf Virchow (Rudolf Ludwig Karl Virchow) (1821-1902), patologo, scienziato, antropologo e politico tedesco, consieerato il medico più importante del XIX secolo. Provò che le malattie non sorgono da organi o tessuti in generale, ma nelle cellule; contribuì allo sviluppo delle discipline dell’Igiene e dellaMedicina Sociale, sostenendo che le malattie erano perlopiù causate da fattori socio-economici e politici. Sulla base delle su ricerche, su incarico del governo prussiano, sulle cause di una epidemia di febbre petecchiale in Alta Slesia, riscontrò che le cause della malattia dovevano essere cercate nelle spaventose condizioni di vita della popolazione (costituita soprattutto da minatori e tessitori) e non, come sosteneva la versione ufficiale, nel clima della regione. Tra le molteplici iniziative che lo videro protagonista principale, durante la guerra franco-prussiana contribuì alla costruzione dei primi ospedali da campo. Tra i tanti campi in cui la sua opera è riconosciuta internazionalmente è quello della patogenesi della trombosi, e quello delle autopsie per le quali definì una tecnica standardizzata per la loro esecuzione in modo da dare a tutto il corpo eguale importanza. (209) Herbert Spencer (1820-1903), filosofo britannico, teorico del darwinismo sociale. Partendo da tre grandi principi, dati per indiscutibili (indistruttibilità della materia, continuità del movimento, persistenza della forza) Spencer rileva che il compito principale della filosofia sia quello di formulare una legge che li comprenda tutti, e tale legge è la legge dell’evoluzione. La sua principale opera, Primi principi, si occupa appunto di questa legge che per Spencer vale sia per il mondo naturale (inorganico e organico) che per il mondo sociale. Ritenendo la divisione del lavoro fondamentale per l’evoluzione sociale, Spencer sosteneva il diritto di libera associazione per ogni categoria sociale, intendeva la politica come strumento per la realizzazione della volontà dei cittadini e per la tutela della loro individualità; in economia sosteneva il liberalismo economico e la cooperazione volontaria, avversando quindi le concezioni socialistiche e comunistiche, ma, nello stesso tempo, si illudeva che sostituendo il modello di produzione basato sul lavoro salariato col modello bastao sulle cooperative, i contrasti sociali si sarebbero risolti. (210) Rodbertus: A schiarimento della questione sociale. Nota di A. Bebel. 151 Anche Liebig (211), altra autorità in questa materia, è d’avviso che, “finchè ci sarà lavoro e materie d’ingrasso in quantità sufficiente, la terra sarà inesauribile e continuerà a produrre abbondantemente”. La legge della diminuzione della rendita è quindi un’idea malthusiana, che ai suoi tempi; quando la coltura dei campi era poco sviluppata, poteva in qualche modo giustificarsi, ma che oggi è contraddetta dalla scienza e dalla pratica. La legge sarebbe piuttosto questa: La rendita di un campo sta in ragione diretta del lavoro umano (compresevi la scienza e la tecnica) e delle materie d’ingrasso consumatevi. Di quale enorme aumento sarebbe suscettibile la nostra rendita fondiaria già allo stato attuale della scienza, se amministrata collettivamente, abbiamo già visto più sopra, e noi rinviamo colà i lettori. Se era possibile ai piccoli possidenti francesi, nel corso degli ultimi 90 anni, di quadruplicare la loro rendita, mentre la popolazione non giungeva nemmeno a raddoppiarsi, così ben diversi risultati sono da attendersi da una società amministrata a sistema socialistico. Indipendentemente da ciò, i nostrimalthusiani non osservano che, nelle condizioni presenti, non deve aversi soltanto riguardo al suolo che calpestiamo noi, ma al suolo di tutto il mondo, cioè a una gran parte dei paesi, i quali se fossero resi fecondi, darebbero una rendita 20, 30 volte maggiore di quella che si raccoglie dal nostro suolo di superficie eguale. La terra è bensì posseduta, ma, tranne una parte piccolissima, non è coltivata nè usufruita, come potrebbe essere. Non solo la Gran Bretagna potrebbe produrre assai più di quello che produce oggi, ma anche la Francia, la Germania, l’Austria e ancora più gli altri Stati Europei. La Russia europea, prendendo per misura l’attuale popolazione della Germania, potrebbe alimentare in luogo di circa 90 milioni, quanti ne conta attualmente, 475. La Russia europea ha oggi circa 800 abitanti per miglio quadrato, la Sassonia ne ha 11.000. Prendendo per termine di confronto la popolazione della Sassonia, la Russia europea potrebbe avere più di un miliardo di abitanti, mentre la popolazione di tutto il mondo non supera 1430 milioni di abitanti. La obiezione, che la Russia ha estesissime regioni che non possono essere coltivate utilmente a cagione del suo clima, è giusta, ma la Russia ha specialmente nel sud un clima e terreni così fecondi, quali la Germania non ha certo. Inoltre, per effetto della densità della popolazione e dell’estensione che ha per conseguenza assunto la coltivazione del suolo – distruzione dei boschi, di foreste, prosciugamenti, ecc. – furono recatemodificazioni tali anche al clima, che è difficile oggi misurarne gli effetti. Ovunque l’uomo si è raccolto in grandi masse si notano anche dei mutamenti climaterici. Oggi noi diamo troppo poco peso a questi fenomeni, anche se non si possono misurare in tutta la loro efficacia, perchè non abbiamo alcuna occasione, e, allo stato delle cose, nemmeno la possibilità di fare delle esperienze in grande. Inoltre tutti i viaggiatori sono d’accordo nell’affermare, che, per esempio, anche nelle regioni più settentrionali della Siberia, ove la primavera, l’estate e l’autunno si susseguono nel giro di pochi mesi, si sviluppa improvvisamente una vegetazione rigogliosa così da far stupire. Anche la Svezia e la Norvegia, così poco popolate, attingerebbero una ricca sorgente di alimentazione per un popolo numeroso dalle loro immense foreste, dall’inesauribile ricchezza delle miniere, dai loro fiumi, dalle loro coste marittime. Oggi mancano gli uomini perchè nelle condizioni attuali non si hanno i mezzi opportuni e le istituzioni atte a sfruttare la ricchezza di quei paesi. Quanto abbiamo detto del nord, acquista un’importanza anche più grande per il sud dell’Europa; per il Portogallo, la Spagna, l’Italia, la Grecia, i paesi Danubiani, l’Ungheria, la Turchia, ecc. Un clima eccellente, un suolo così ferace e rigoglioso, quale s’incontra appena nelle più belle regioni degli Stati Uniti, porgeva il più abbondante nutrimento a una moltitudine, una volta sterminata, di popoli. Le infelici condizioni politiche e sociali di quei paesi fanno sì che centinaia di migliaia di contadini preferiscano di passare l’oceano, piuttosto che stabilirsi in quei paesi molto più vicini e più comodi. Quando le condizioni sociali e i rapporti internazionali saranno ivi i migliori, ci sarà bisogno di molti milioni di braccia per portare quei vasti e fertili paesi a un grado di coltura più alto. Oggi, e per lungo tempo ancora, in Europa, ci sono scopi assai elevati da raggiungere in materia di coltura del suolo, e quindi ci sarà da temere non già che ci siano troppe braccia, ma invece che ce ne siano troppo poche. E’ assurdo quindi, date tali circostanze, di temere un eccesso di popolazione, e deve sempre tenersi presente agli occhi che con la scienza e col lavoro le sorgenti della produzione dei mezzi di nutrizione non si inaridisconomai. Se dall’Europa passiamo alle altre parti del mondo, si nota che la mancanza di braccia e la eccedenza del suolo raggiungono un grado ancora più alto. I paesi più fecondi e più fertili della terra sono ancora completamente o quasi deserti, perchè a renderli produttivi non bastano alcune centinaia o migliaia di uomini, ma ci vogliono delle colonie di parecchi milioni d’individui. Fra questi paesi, per esempio, c’è l’America centrale e meridionale, che è quanto dire una superficie di centomila miglia quadrate. Carey (212) afferma che la valle dell’Orinoco, lunga Johann Kark Rodbertus (1805-1875), economista e politico tedesco, sostenne la teoria del lavoro come valore. Per Rodbertus solo i beni che risultano prodotti dal lavoro umano sono beni economici; lavoro umano al quale il capitalismo destina solo una quota minima di produzione, quota che tende a diminuire con lo sviluppo del sistema capitalistico, costringendo i lavoratori ad acquistare quantità sempre minori di prodotti per vivere, generando così le crisi di “sottoconsumo”. Rodbertus, con la teoria di una sorta di “socialismo di Stato”, fu uno dei principali rappresentanti del collettivismo integrale grazie al quale risolvere le questioni sociali con soluzioni esclusivamente legali. Sostanzialmente fu un conservatore monarchico. (211) Justus von Liebig (1803-1873), chimico tedesco, ha dato importanti contributi alla chimica per l’agricoltura, alla biochimica e all’organizzazione della chimica organica. Vedi nota nr. 156, pag. 241 del presente testo. (212) Henry Carey, economista e politico americano (1793- 1879), protezionista e teorico dell’armonia fra le classi. Di lui Marx fece una tagliente critica a proposito del suo Saggio sul 152 360 miglia, potrebbe fornire prodotti in tale quantità da mantenere tutta la popolazione della terra. Anche se ammettiamo soltanto la metà, ce ne sarebbe d’avanzo. In tutti i casi la sola America del sud potrebbe nutrire il multiplo della cifra che rappresenta l’attuale popolazione della terra. Il contenuto nutritivo di un terreno piantato a banani e quello di un altro terreno della stessa superficie coltivato a frumento, sta come 133 a 1. Mentre il nostro frumento oggi coltivato in terreno favorevole dà un prodotto di 20, il riso, nel suo paese d’origine, dà 80 a 100, il mais dà 250 a 300 della sua semente, e in alcune regioni come, per esempio, nelle Filippine, si calcola che la rendita del riso possa arrivare fino a 400 (213). Inoltre per tutti questi mezzi di alimentazione si tratta di renderli,mediante un conveniente allestimento, più nutrienti che sia possibile. E la chimica troverà in questo riguardo, come in tutte le questioni relative alla nutrizione, un campo inesauribile, e, così ad esempio, Liebig ci dimostra quale azione vantaggiosa esercita la cottura del pane coll’acqua di calce sul valore nutritivo del pane. L’america centrale emeridionale, e specialmente il Brasile, che è vasto quasi come tutta l’Europa – 152 mila miglia quadrate, con quasi 14 milioni di abitanti, mentre l’Europa ha una superficie di 178 mila miglia quadrate e una popolazione di quasi 330 milioni – è paese di una fecondità rigogliosa, che forma l’ammirazione e lo stupore di tutti i viaggiatori; e deve notarsi che questi paesi sono anche ricchissimi di miniere e dimetalli. Ma questi paesi sono almeno fino ad oggi quasi vergini per il mondo, perchè la loro popolazione è indolente ed è troppo indietro, così per numero come per coltura, per potere diventare padrona della natura. Le scoperte degli ultimi anni ci hanno insegnato come vanno le cose nell’interno dell’Africa. D’altra parte, in Asia ci sono non solo estesissime e fertili regioni che possono alimentare altri mille milioni di uomini, ma il passato ci ha mostrato come la mitezza del clima possa far trarre una alimentazione abbondantissima dal suolo, anche in regioni quasi deserte, purchè l’uomo intenda di introdurvi l’acqua benefica. Colla distruzione degli uomini nelle guerre di conquista, e colla insensata oppressione che i conquistatori esercitarono sui vinti, gli acquedotti e le opere di irrigazione caddero in ruina, e paesi di migliaia di miglia quadrate si trasformarono in deserti di sabbia, come nell’Asia, nell’Africa del nord, nella Spagna, nel Messico, nel Perù. Ci vadano amilioni gli uomini civili, e ci troveranno sorgenti inesauribili di ricchezza. La palma prospera in modo meraviglioso, ed occupa tanto poco spazio, che 200 alberi di datteri, coprono appena la superficie di un iugero. Il seme della dura dà in Egitto 3000 frutti, eppure il paese è povero e perduto, non già perchè gli uomini siano troppi, ma perchè si è sfruttato orribilmente il suolo, in modo che il deserto và estendendosi sempre più. Sono incalcolabili i risultati ottenuti dall’agricoltura e dall’orticoltura nella media Europea. Gli StatiUniti dell’america del nord, in ragione dello stato attuale della produzione agricola, potrebbe nutrire comodamente venti volte la popolazione attuale (60 milioni), e cioè 1200 milioni; il Canadà potrebbe, nella stessa ragione, non già 5 milioni, ma 500, ed ora noi abbiamo l’Australia, le isole numerose, in parte grandi, e per lo più straordinariamente feconde, del grande Oceano e dell’Oceano Indiano, ecc. Gli uomini moltiplichino, non già diminuiscano, è questo il grido che si deve lanciare all’umanità in nome della coltura. Non è già il numero degli uomini la causa della miseria, ma le condizioni sociali e tutto il sistema di produzione e di distribuzione dei prodotti. Chi non sa che una serie di buoni raccolti fa abbassare i prezzi dei generi alimentari in modo che una parte notevole dei nostri piccoli e grandi agricoltori è cotasso del salario (1835), contenuta alla fine del XX cap. del Libro I, del Capitale: “Nel Saggio sul tasso del salario, uno di suoi primissimi scritti economici, H. Carey cerca di dimostrare che i diversi salari nazionali stanno in ragion diretta del grado di produttività della giornata lavorativa nazionale, per concludere da questo rapporto internazionale che, in genere, il salario sale o scende come sale o scende la produttività del lavoro. Tutta la nostra analisi della produzione del plusvalore prova l’assurdità di questa illazione, anche se Carey avesse dimostrato la sua premessa invece di affastellare un materiale statistico abborracciato nel modo acritico e superficiale a lui proprio. Il più bello è che, egli sostiene, le cose non vanno in realtà come dovrebbero andare in teoria, perché l’intervento statale falsa il naturale rapporto economico: dunque, il calcolo dei salari nazionali dovrebbe farsi come se la parte di essi che finisce nelle casse dello Stato sotto forma di imposte toccasse all’operaio medesimo. Non dovrebbe il sign, Carey, approfondendo le sue meditazioni, chiedersi se anche queste ‘spese dello Stato’ non fossero per avventura ‘frutti naturali’ dello sviluppo capitalistico? Il ragionamento è in tutto degno dell’uomo che prima ha proclamato eterne leggi di natura e di ragione - il cui gioco liberamente armonico non sarebbe turbato dall’intervento statale - i rapporti di produzione capitalistici, per poi scoprire che l’influenza diabolica dell’Inghilterra sul mercatomondiale, un’influenza che, a quanto sembra, non nasce dalle naturali leggi della produzione capitalistica, rende necessario l’intervento statale, ossia la protezione ad opera dello Stato di quelle stesse leggi di natura e di ragione: in altri termini, il sistema protezionistico. Inoltre, egli ha scoperto che non già i teoremi in cui Ricardo ecc. hanno formulato antagonismi e contraddizioni sociali esistenti sono il prodotto ideale del movimento economico reale, ma, inversamente, gli antagonismi reali della produzione capitalistica in Inghilterra e altrove sono l’effetto della teoria di Ricardo ecc.! Ha infine scoperto che è il commercio, in ultima istanza, a distruggere le innate bellezze ed armonie del modo di produzione capitalistico. Un altro passoavanti, e forse scoprirà che l’unico inconveniente della produzione capitalistica è lo stesso capitale. Solo un uomo così terribilmente privo di senso critico e gonfio di una cultura de faux aloi [ di cattiva lega, NdR] meritava, malgrado la sua eresia protezionistica, di assurgere a fonte segreta della saggezza armonica di un Bastiat, e di tutti gli altri ottimisti del liberoscambismo di cui l’èra presente ci delizia” (K. Marx, Il Capitale, Libro I, cap. XX, UTET, Torino 1974, pp. 723-724). (213) Ecco alcune notizie desunte dal libro di Liebig «Lettere chimiche» dalle quali si può rilevare fino a quale misura potrebbe aumentare anche presso di noi il reddito dei prodotti: «Il giornale di Dresda del 16 settembre 1858 annunzia come ci viene comunicato da Eibenstock, che l’ispettore forestale di quel paese ha fatto già da parecchi anni la prova felicemente riuscita di piantare nell’autunno delle biade vernerecce. Trapiantò poi nella metà di ottobre le pianticelle a ciò destinate, 1 moggio di semente sopra una superficie di 100 pertiche qua153 stretta a rovinare? Invece adunque di migliorare la condizione dei produttori, la rende più triste. E possono queste chiamarsi condizioni ragionevoli? Per tener lontani da noi i prodotti di altri paesi, si introducono altri dazi d’entrata sui grani, dazi che rendono difficile l’importazione di biade straniere e fanno aumentare il prezzo di quelle nazionali, perchè altrimenti il contadino dovrebbe andare in rovina. Noi adunque non manchiamo di mezzi di alimentazione, ma piuttosto ne abbiamo troppi; come abbiamo pletora anche di prodotti industriali. Come sonvi milioni di individui che hanno bisogno di prodotti industriali d’ogni genere, ma non possono appagarlo nelle condizioni attuali della proprietà e dei guadagni, così ci devono essere milioni di individui che mancano dei mezzi necessari alla vita, perchè non possono pagare i prezzi di costo, sebbene ci sia esuberanza di prodotti. Ora noi torniamo a domandare: E possono queste chiamarsi condizioni ragionevoli? Sarà difficile dare ai posteri una spiegazione sufficiente della insensatezza e irragionevolezza di tali rapporti. I nostri speculatori di grani lasciano andare a male i prodotti, se il raccolto è abbondante, sapendo che il prezzo aumenterà progressivamente quando il prodotto mancherà, e allora è il caso di aver paura dell’eccesso di popolazione. In Russia, nell’Europa meridionale e in molti altri paesi del mondo, si guastano ogni anno migliaia di quintali di grani, perchè mancano i magazzini sufficienti e adattimezzi di trasporto.Milioni di quintali di derrate alimentari vanno a male, perchè i sistemi del raccolto sono imperfetti, ovvero perchè mancano le braccia al momento opportuno. Si arriva persino a dar fuoco ai magazzini od ai granai ricolmi, od anche un’intera fattoria, perchè i premi di assicurazione fanno aumentare il guadagno, e quindi per le stesse ragioni per cui si fanno colare a fondo le navi con tutta la ciurma (214). Le nostre esercitazionimilitari rovinano ogni anno molti raccolti. Le spese di una tattica che dura anche pochi giorni soltanto, arrivano a centinaia di migliaia di marchi, e la stima è notoriamente assai moderata, mentre di tali tattiche ce n’è ogni anno, e grandi estensioni di terreno vengono in tal modo sottratte ogni anno alla coltivazione. Non dimentichiamo però di ripetere, che a tutti i fattori che fanno aumentare la nutrizione, si deve aggiungere il mare la cui superficie totale sta alla superficie della terra, come 18 a 7, e aspetta ancora che si tragga da una così enorme abbondanza di nutrimento tutto il profitto possibile. Ci si apre quindi per l’avvenire un quadro che è ben diverso da quello fosco che ci dipingono i malthusiani. Chi può dire ove ci condurranno le cognizioni chimiche, fisiche, fisiologiche ecc.? Chi può misurare e predire quali imprese gigantesche, l’umanità del secolo futuro manderà ad effetto, per ottenere mutamenti radicali nelle condizioni climatiche dei paesi e nel servirsene in ogni senso? Già nella forma capitalistica della società moderna noi vediamo compiersi opere, le quali parevano impossibili e pazze appena mezzo secolo fa. Si tagliano gli istmi e si congiungono i mari. I tunnels lunghi parecchie miglia penetrando nelle viscere della terra uniscono paesi e popoli divisi da alte montagne. Altri si aprono sotto il fondo del mare, per abbreviare le distanze, evitare pericoli e temporali. E già si domanda se sia possibile di trasformare parte del deserto del Sahara in un mare, e quindi in feconde e rigogliose campagne migliaia dimiglia quadrate di terreno sabbioso. La esecuzione dell’opera è per la borghesia quistione di “reddito”. Dov’è quindi un punto in cui alcuno potrebbe dire: “Fin qua e non oltre?”. Non solo quindi deve negarsi che ci sia una legge per cui il reddito della terra diminuisce, ma noi vedemmo che vi è esuberanza tale di terreni coltivabili che potrebbe impiegare molte migliaia di uomini. Vi è adunque non già pletora di uomini, ma troppa scarsezza. L’umanità può ancoramoltiplicarsi, se vuole essere giustificata in tutto. Il suolo coltivato non è usufruito come potrebbe, e mancano per tre quarti della superficie della terra gli uomini che possono coltivarlo. La esuberanza relativa della nostra popolazione, determinata dal nostro sistema capitalistico a danno dell’operaio e della società, apparirà invece troppo poca in uno stadio di civiltà più progredito. Una popolazione numerosa non sarà già un ostacolo, ma uno strumento di progresso, così come sono condizioni necessarie di progresso la sovrabbondanza della produzione delle merci e delle derrate alimentari, la esuberanza della terra, l’abolizione del matrimonio borghese mediante l’ammissione delle donne e dei fanciulli nelle fabbriche, l’espropriazione delle piccole industrie drate, dando una produzione straordinariamente copiosa. Vi erano piante che contenevano perfino 51 gambi con spighe, le quali avevano perfino 100 grani». Liebig, che si convinse della esattezza della notizia, aggiunge, che nei paesi ove non mancano le braccia e il suolo è buono, non v’è dubbio che l’impresa sia largamente rimuneratrice. Quindi quando ci sono braccia e concime, e nessun sfruttamento capitalistico, l’aumento dei prodotti salirà fino a una misura che oggi sembra favolosa. Osserviamo per incidenza che per effetto della introduzione di una macchina si aumenta notevolmente quella rendita del suolo che consiste in grani, ma notiamo che l’uso di questa macchina non è possibile che per i grandi affittaiuoli, o per i grandi possidenti. Si dice anche, che la coltivazione mista di frumento e segala, dà una rendita stupefacente. I progressi in tutti i rami di economia rurale sono tanti e così grandi, che anche i più grossi possidenti non possono in pratica tenerci dietro. Nota di A. Bebel. (214) Identiche condizioni dovevano esserci già al tempo di S. Basilio, perchè egli così apostrofa i ricchi: «Infelici che siete, che cosa risponderete voi al giudice divino? «Voi coprite di tappeti la nudità delle vostre pareti, ma non coprite di abiti la nudità dell’uomo! Voi adornate i cavalli di preziose emorbide coperte e sprezzate il fratello vostro coperto di cenci. Voi lasciate andare a male e consumare le vostre biade nei granai o sul campo, e non volgete uno sguardo a quelli che sono senza pane». Il sermone non ebbe alcuna efficacia per i signori di quel tempo, e non l’avrà in eterno, se non si cambiano le istituzioni sociali, così che nessuno possa trattare ingiustamente il suo simile.Allora il mondo si troverà bene. Nota diA. Bebel. 154 e della piccola possidenza. Si disconosce la natura umana, quando si dice che gli uomini, una volta posti in condizioni favorevoli, si guarderebbero dall’esporsi ai pericoli della colonizzazione dei paesi tropicali. Fino ad ora ogni ardita impresa ha trovato chi la condusse a compimento. E’ un’istinto innato nell’uomo quello per cui egli cerca di dimostrare la sua perfezione con azioni ed opere nuove ed audaci, anzitutto per appagare se stesso, poi per emergere sugli altri, e cioè per ambizione. Non sono mancati i volontari nelle guerre, come non ne sono mancati per i viaggi di scoperte al polo nord e al polo sud, e per le esplorazioni nell’interno dell’Africa, ecc. La missione di civiltà, quale è voluta dai paesi tropicali dall’America centrale e meridionale, dall’Africa, dall’interno dell’India, e dall’interno dell’Asia, ecc., non si può compiere dai singoli, bensì dall’azione ben disciplinata e concorde di grandimasse, e vi sono pronti, occorrendo, milioni di uomini, onde anche i pericoli dell’impresa si attenuano e diminuiscono. Veniamo ora alla seconda parte della domanda: Possono gli uomini moltiplicarsi ad arbitrio, e ne sentono la necessità? Per dimostrare la straordinaria capacità che gli uomini hanno di moltiplicarsi, i malthusiani amano di appoggiarsi a casi anormali di singole famiglie e di piccole popolazioni. Ma con ciò non si prova nulla. Infatti a questi casi si possono contrapporre altri di una completa sterilità ovvero di un aumento insensibile di popolazione anche in condizioni di vita favorevolissime. Spesso è sorprendente il vedere come scompaiono rapidamente intere famiglie agiate. Sebbene gli Stati Uniti versino in condizioni favorevolissime all’aumento della popolazione, come nessun altro paese, e vi immigrino ogni anno centinaia di migliaia di gente vigorosa, tuttavia la popolazione di quel paese non fece che raddoppiarsi in 30 anni. Nessun altro popolo della terra aumentò in proporzione più alta in un periodo di 12 o 20 anni, come si vorrebbe sostenere. Fino ad ora è provato, come fu già riferito da Virchow e da Marx, che la popolazione aumenta più rapidamente, là dove essa è più povera, perchè come Virchow dice a ragione, l’unico loro diletto oltre quello del bere, è quello del piacere sessuale. Come si è già detto, il basso clero della diocesi di Magonza, si doleva, dopo che Gregorio VII lo costrinse al celibato, che non avendo esso altri diletti possibili come ne avevano i prelati, non gli rimaneva che la donna come strumento di piacere e di gioia. Anche la mancanza di occupazioni svariate e di passatempi è forse altra delle ragioni, per cui i matrimoni conchiusi dai curati di campagna sono in media tanto benedetti da numerosa prole. Comunque sia, è innegabile che i nostri distretti più poveri della Germania, come l’Eulengebirge della Slesia, quello di Lausitz, di Erz e Fichtelgebirge, delle foreste della Turingia, di Harz, ecc., sono i più densi di popolazione, e si noti che coteste popolazioni si cibano principalmente di patate. Inoltre è certo, che nelle tisiche l’istinto sessuale si sviluppa con singolare violenza, e spesso procreano figliuoli in uno stadio di spossatezza e di debolezza in cui non si dovrebbe più ritenere possibile la procreazione. E’ una legge di natura, come è confermato anche dalle citazioni surriferite di Herbert Spencer e di Laing, di risarcire in quantità ciò che va perduto in qualità. Così vediamo che gli animali superiori e più forti, come i leoni, gli elefanti, i cammelli, ecc., mentre tutti gli animali inferiori simoltiplicano inmodo prodigioso e in ragione inversa del loro sviluppo, per es., i nostri animali domestici, come il cavallo, la mucca in media procreano pochi figliuoli, mentre altri animali inferiori, come per es., tutte le specie di insetti, i pesci, ecc., i mammiferi più piccoli, come le lepri, i topi, i porci, ecc., figliano in proporzione inversa del loro sviluppo. D’altra parte, Darwin ha dimostrato che certi animali, quando vengono allevati e addomesticati dall’uomo, perdono la loro fecondità, come l’elefante per esempio. Con ciò sarebbe dimostrato che il cambiamento del sistema di vita decide della maggiore o minore capacità di moltiplicarsi. Ma sono appunto i darwiniani quelli i quali condividono la paura dell’eccesso di popolazione, ed è sui darwiniani che i nostrimalthusiani moderni si appoggiano. Noi abbiamo già dimostrato, che i nostri darwiniani hanno la mano infelice ovunque essi applicano la loro teoria ai rapporti umani, perchè in questo campo essi procedono spesso empiricamente, e trasportano senz’altro ciò che vale nel regno animale, nel regno dell’umanità, senza avvertire che l’uomo conoscendo, come meglio organizzato, le leggi naturali, può governarle e giovarsene. La teoria della lotta per la vita, la dottrina che i germi di vite nuove sono molto più numerosi dei mezzi di esistenza che potrebbe fornire la terra, sarebbero applicabili sempre anche all’umanità, se gli uomini, invece di scervellarsi e di chiedere soccorsi alla tecnica per trarre profitto dall’aria, dalla terra e dall’acqua, pascolassero come greggi, ovvero, come altrettante scimmie, non facessero altro che soddisfare cinicamente, impudenti e sfrenati, l’istinto sessuale. Notiamo per incidenza, che sta in fatto, che l’istinto sessuale, non è legato nelle scimmie a certe stagioni come è in tutto il resto del mondo animale; prova evidente della parentela dell’uomo e della scimmia. Ma se essi sono parenti, non sono gli stessi esseri, e quindi non si può collocarli sullo stesso gradino, e giudicarli alla stessa stregua. E’ innegabile che coi rapporti che si ebbero fino ad ora tra proprietà e produzione, la lotta per la vita vi fu anche tra gli uomini e che molti furono quelli che non trovavano i mezzi di sussistenza; ma non è giusto il dedurne che questo stato di cose deve esistere eternamente per la sola ragione che è durato fino adesso. Ed è qui che sbagliano i darwiniani, perchè essi studiarono bensì la zoologia e l’antropologia, ma non la sociologia, o per meglio dire si fecero acconciare una sociologia per loro uso dai nostri ideologi borghesi; e così vennero fuori i loro sofismi. L’istinto sessuale dell’uomo è continuo, è il suo istinto più prepotente e vuol essere soddisfatto, pena 155 la salute. E d’altronde è certo che questo istinto è tanto più forte quanto l’uomo è più sano e più normalmente sviluppato, allo stesso modo che il buon appetito e la buona digestione sono condizioni indispensabili per un corpo sano. Ma soddisfazione dell’istinto sessuale e generazione o concezione sono cose ben diverse. Questo è quindi un argomento essenzialissimo, ma su di esso si esposero fino ad oggi le più disparate teorie, e in ultima analisi a suo riguardo brancoliamo ancora nel buio, e cioè principalmente perchè durante una ventina di secoli si ebbe la più stolta paura di occuparsi francamente e secondo natura delle leggi della propria esistenza e del proprio sviluppo, studiandole a fondo appena ora questo pregiudizio va scemando e scemerà di più in avvenire. Da una parte si emette la teoria che il maggior sviluppo e lamaggiore attività intellettuale e sopratutto la maggiore attività nervosa deprime l’istinto carnale e diminuisce la facoltà generativa; ma altri oppugnano questa teoria.Asostegno di essa si porta il fatto che le classi più benestanti hanno in media prole meno numerosa, senza che ciò si possa ascrivere unicamente a sistemi preventivi, e d’altronde è verissimo che l’attività intellettualemolto intensa attutisce gli stimoli sessuali; ma è molto discutibile se la maggioranza degli individui appartenenti alle classi più agiate esercitino effettivamente tutta questa attività, e poi lo stesso effetto producono anche le grandi fatiche fisiche. Ma ogni eccesso di attività è dannoso all’uomo, e perciò da condannarsi. Al contrario altri affermano che il sistema di vita e specialmente di nutrizione, oltre ad altre condizioni fisiche hanno una grande influenza sull’attitudine procreativa della donna, a somiglianza di ciò che succede presso alcuni animali. E questo dev’essere un punto molto decisivo. L’influenza che determina sull’organismo di certi animali il genere d’alimentazione si constata in modo sorprendente nelle api, le quali con una semplice variazione nel cibo si allevano a piacimento una nuova regina. Quindi le api sono più avanti di noi nella conoscenza delle leggi dello sviluppo fisico; probabilmente presso di loro non c’è stato chi per due mila anni abbia predicato che l’occuparsi dei segreti della generazione è sconveniente e immorale. Un esempio dell’importanza che ha in questo senso anche sulla razza umana il sistema di nutrizione, ci viene da persona che conosce molto a fondo l’Alta Baviera. Essa ci assicura che là nella classe dei contadini benestanti, classe che forse è la più sana, forte e bella della Germania, è molto frequente il caso di matrimoni sterili, cosicchè spesso adottano come propri dei figli di povera gente: e là un cotale fenomeno è attribuito al genere d’alimentazionemolto grassa e sostanziosa dei contadini stessi la quale, come è noto, consiste in massima parte di paste condite con molto strutto, cibo che quella popolazione ha fama di saper preparare molto squisitamente. Si noti ora la singolare analogia che si riscontra nelle piante, le quali bene spesso se generosamente concimate vegetano bene e rigogliosamente, ma non danno nè frutti nè seme. Ma altri che conosce pure assai bene l’Alta Baviera, ci fece notare che un’altra circostanza può contribuire alla citata sterilità e cioè le relazioni sessuali precoci (fuori delmatrimonio) che là sono assai frequenti e che dall’opinione popolare non sono punto condannate. Ora questi rapporti precoci sono doppiamente eccitanti quando non si ripetono fra la stessa coppia, ma ora con uno, ora con l’altro individuo, come pare sia l’uso del paese, e tale eccitamento eccessivo ha per conseguenza un intorpidimento della sensibilità che impedisce la concezione. Questa dev’essere anche la vera ragione per cui le prostitute hanno figliuoli di rado. Si vede quanto questo campo è ancora aperto alle opinioni e alle ipotesi più varie. Che la qualità del cibo influisca sulla produzione del seme virile e sulla fecondabilità dell’uovo della femmina, non si può recare in dubbio, e quindi da essa potrebbe anche essenzialmente dipendere la possibilità d’aumento della popolazione, ciò che ci darebbe il modo di regolarlo ove questa legge ci fosse ben nota. Inoltre giova notare che c’è per la donna un periodo nel quale è quasi nulla la sua attitudine al concepimento; questo deve con sicurezza aver luogo soltanto alcuni giorni prima o dopo la mestruazione. Osserviamo infine che nella società dell’avvenire la condizione della donna sarà ben diversa e che essa non si compiacerà di dare alla luce un gran numero di figli, facendosi di ciò come una missione, ma vorrà invece godere la sua libertà e indipendenza e non già consumare la metà o i tre quarti dell’età più bella in istato di gravidanza o coi bambini al seno. Certamente vi sono poche donne che non bramano aver figli, ma d’altra parte la grandissima maggioranza ne desidera solo un numero limitato. Tutti questi fatti ci condurranno al punto da regolare la popolazione senza che i nostri malthusiani trovino necessario di rompersi la testa a vicenda, e d’altronde senza astinenze nocevoli alla salute e senza ributtanti sistemi preventivi. Secondo ogni probabilità la questione della densità della popolazione sarà regolata nelmodo più semplice non già da una ridicola paura che vengano a mancare i mezzi di sussistenza, ma dal desiderio di benessere degli stessi interessati. Perciò anche qui ha ragione Carlo Marx quando afferma nel “Capitale” che ogni periodo economico nello sviluppo dell’umanità ha la sua legge speciale di popolazione. Nell’assetto socialistico, nel quale soltanto può essere veramente libera e sulla sua base naturale, l’umanità procederà con coscienza nel suo sviluppo secondo le leggi di natura. In tutte le epoche fino ad oggi in riguardo alla produzione, alla distribuzione e alla popolazione, l’umanità procedette senza conoscere le proprie leggi e quindi senza coscienza; nella nuova società essa andrà avanti con piena conoscenza di queste leggi e regolarmente. Il socialismo è la scienza applicata a tutti i rami dell’attività umana con piena coscienza e perfetta cognizione. 156 Quanto abbiamo scritto dimostra che il socialismo si realizzerà senza “demolizioni” nè “ricostruzioni” ma per semplice trasfomazione secondo le leggi naturali. Tutti i fattori che entrano da una parte nel processo di distruzione, e dall’altra in quello di rinnovamento, operano come devono operare. Nè l’ingegno d’un uomo di Stato, nè il furore dei demagoghi potrà guidare il movimento. “Essi credono di spingere e sono spinti”. Però a chi ben rifletta a ciò che ha letto, non resterà dubbio alcuno che noi non siamo vicini al punto “in cui il tempo sarà compiuto”. La Germania ha nel suo sviluppo un carattere particolare e che qui giova esaminare per dimostrare che nel prossimo periodo di movimento sarà essa che darà la spinta agli altri paesi. In questo libro noi abbiamo varie volte accennato a un eccesso di produzione come origine di crisi. Questo eccesso consiste in ciò, che il sistema borghese di produzione dà una quantità di merci maggiore di quello che può smaltire la capacità d’acquisto, che è lo stomaco del mercato. E’ questo un singolare fenomeno del mondo borghese che finora non si è mai avverato negli altri periodi della civiltà. Ma la società borghese non presenta soltanto eccesso di produzione in fatto di merci e, per l’introduzione dei sistemi manifatturieri, anche in fatto di uomini, ma presenta pure un eccesso di produzione quanto ad intelligenza, e questo provoca un inasprimento della crisi, che finirà col costarle la vita. La Germania è il paese classico in cui questo eccesso di produzione in fatto d’intelligenza, di coltura, che la società borghese non sà più come impiegare, è salito al più alto grado. Uno stato di cose che per secoli fu ritenuto come una sventura per lo sviluppo del paese, ha contribuito essenzialmente a questo fenomeno; e cioè la suddivisione in piccoli Stati e il conseguente ostacolo alla formazione di grandi capitali. La ripartizione in piccoli Stati ebbe per effetto che la vita intellettuale della popolazione fosse discentrata e si svolgesse più largamente, che dappertutto si formassero dei piccoli centri intellettuali, che esercitarono la loro influenza sul territorio circostante. Le Corti numerose coi loro governi esigevano a paragone d’un governo unico e molto vasto un numero straordinario d’impiegati per i quali era indispensabile una certa istruzione superiore. Così sorsero le scuole superiori e CONCLUSIONE le università più numerose che in qualunque altro paese d’Europa. Anche la gelosia e l’ambizione dei vari governi esercitarono influenza su questo sviluppo. Lo stesso avvenne quando alcuni governi cominciarono a precedere gli altri nell’istruzione obbligatoria. La smania di non rimanere indietro allo Stato vicino, condusse ad ottimi risultati. Il bisogno di intelligenze aumentò, quando la maggiore educazione e avvedutezza accompagnata dallo sviluppo materiale della borghesia, destò nella cittadinanza il desiderio di prendere parte alla politica, di assumere la rappresentanza del popolo e di amministrarsi da sè. Non si trattava che di piccole adunanze per piccoli paesi e circoli, ma esse cooperavano a diffondere l’educazione, e davano occasione ai figli della borghesia di ambirvi un posto. Come nelle scienze, così nelle arti. Nessun paese d’Europa ha, in proporzione, tante scuole di pittura, d’arte e tecniche, tanti musei, raccolte artistiche, quanto la Germania. Altri paesi potranno averne di più nelle loro capitali, ma nessuna ne ha tante ripartite su tutto il territorio come la Germania. In fatto d’arte sopra tutti l’Italia. Tutto questo sviluppo diede all’ingegno tedesco una certa profondità, e la mancanza di grandi lotte politiche determinò un certo modo di vita contemplativa. Mentre altre nazioni lottavano per avere il predominio sul mercato del mondo, e si dividevano la terra e combattevano grandi battaglie politiche interne, i tedeschi se ne stavano a casa sognando e pensando. Ma questo sognare, sottilizzare e pensare, favorito da un clima che rendeva necessaria la vita domestica e l’assidua applicazione, generò la filosofia tedesca, creò lo spirito critico e di osservazione, per il quale i tedeschi cominciarono a distinguersi quando si risvegliarono. La borghesia tedesca cosciente di sè nacque nel 1848, mentre oggi essa è entrata in scena come un partito politico indipendente rappresentato dai liberali. Ed è qui che si mostrò chiaramente il carattere dello sviluppo germanico. Non furono già i fabbricanti, i negozianti, gli uomini di commercio e di finanza quelli che pronunciarono la grande parola, ma i professori, gli uomini di Stato liberali, gli scrittori, i giuristi ed i dottori di tutte le facoltà. Erano gli ideologi tedeschi, e perciò anche la loro opera 157 cadde. La borghesia venne un tempo invitata a starsene politicamente in riposo, ma essa approfittò di questo periodo di riposo politico, per fare gli affari suoi. Lo scoppio della guerra austro-italiana, il principio della reggenza in Prussia stimolarono di nuovo la borghesia a stendere la mano verso il potere politico. Cominciò il movimento degli unionisti nazionali. La borghesia era già troppo sviluppata per poter tollerare più a lungo i molti impacci politici che erano ad un tempo economici; impacci rappresentati dai dazi, dalle barriere commerciali, dalla limitata libertà di movimento e fece mostra di diventare rivoluzionaria. Il signor Bismarck conobbe la situazione e ne trasse profitto a modo suo, per conciliare gli interessi della borghesia con quelli del regno di Prussia, a cui la borghesia non era ostile, perchè essa temeva la rivoluzione e le masse. Ora sono cadute le barricate, che ne avevano impedito fino ad oggi il maggiore sviluppo materiale. Data la grande ricchezza in carbone e in miniere che ha la Germania, e data una classe operaia intelligente e frugale, la borghesia prese in pochi anni uno sviluppo che deve dirsi gigantesco, quale in nessun paese del mondo si è compiuto in così breve tempo, tranne che negli Stati Uniti. Quindi avvenne che la Germania oggidì occupa in Europa il secondo posto come Stato industriale e commerciale, e aspira ad occupare il primo. Ma questo prodigioso sviluppo materiale ha anche il suo rovescio. Il sistema di sbarramento ancora vigente fino alla fondazione della Unità Germanica in quasi tutti gli Stati tedeschi, aveva prolungato l’esistenza a un gran numero di industriali e di piccoli possidenti. Atterrate improvvisamente tutte le barriere protettive, le classi medie si trovarono di fronte ad un processo di sfrenata produzione capitalistica, e si trovarono quindi in una condizione disperata. Il periodo di prosperità al principio del 1860 fece da prima sembrare meno grande il pericolo, ma diventò tanto più sensibile, quando è scoppiata la crisi. La borghesia profittò di questo periodo di prosperità per svilupparsi, rendendo dieci volte più sensibile la sua influenza colla enormità della sua produzione e colle sue ricchezze. L’abisso fra gli abbienti e i non abbienti si fece ancora più profondo. Questo rapido processo di decomposizione e di assorbimento, che si compie con sempre maggiore celerità, favorito da una nuova crisi dopo il breve periodo di prosperità alla fine del passato decennio, l’aumento della ricchezza materiale da un lato, la minore capacità di resistenza dall’altro, getta tutte le classi della popolazione nella massima angustia. Esse si vedono minacciate sempre più fortemente nella loro posizione, e si vedono con certezza matematica destinate un giorno a perire. In questa lotta disperata ognuno cerca salvezza nel cambiamento di professione ed impiego. I vecchi non possono più farla, ma possono concederne la facoltà ai loro figliuoli, e quindi si fanno i più strenui sforzi e si impiegano tutti i mezzi possibili per far occupare dai loro figliuoli e dalle loro figlie i “posti” stabili, con reddito fisso, per cui non è necessario un capitale d’impianto. Tali sono quasi tutti gli impieghi governativi e comunali; l’insegnamento, il servizio delle poste e delle ferrovie, l’amministrazione governativa e comunale, i posti più elevati della borghesia, al Comptoir, nei magazzini e nelle fabbriche in qualità di magazzinieri, di chimici, di tecnici, di ingegneri, ecc.; poi le cosidette professioni liberali: avvocati, medici, teologi, scrittori, artisti, architetti, ecc. Migliaia e migliaia che avrebbero abbracciata la carriera industriale, vanno ora in cerca di qualche posto in quelle professioni, non essendoci più diversamente la possibilità di una esistenza agiata e indipendente. Tutto spinge agli studi. Scuole regie, ginnasi, politecnici, ecc., crescono come funghi dal suolo, e quelli esistenti sono invasi da una folla di studenti; nella stessa proporzione cresce il numero degli studenti nelle Università (215), il numero degli scolari nei laboratori di chimica e di fisica, nelle scuole d’arte, negli istituti industriali e commercia- (215) Il numero degli studenti delle Università tedesche ammontò in media per semestre: Queste tabelle dimostrano che dal 1841-42 al 1871 il numero degli studenti crebbe di poco, meno della popolazione, ma poi d’un tratto, cominciò ad aumentare fino al 1886-87, dalla qual’epoca il numero degli studenti crebbe sempre, ma a poco a poco. Dal 1871 fino al 1888-89 questo numero aumentò del 116 per cento. E’ interessante notare, che lo studio della teologia scemò continuamente fino al 1881, ma poi aumentò rapidamente, finchè nel 1888 raggiunse il punto culminante. La ragione è questa, che l’offerta per tutti i posti crebbe in misura tale, che difficilmente si poteva trovare impiego; e quindi nell’ultimo decennio si decise per la teologia, che prima era stata negletta;ma poi un’altra ragione può ravvivarsi nell’indirizzo pio, che una parte della borghesia ha preso decisamente per effetto della lotta di classe, sempre più ardente nell’ultimo decennio. Nota diA. Bebel. nell' anno Teologi protestanti Teologi cattolici Giuristi Medici Filosofi Totale 1841-42-1846 2117 1027 3467 1943 3072 11626 1846-47-1851 1798 1297 4061 1827 3046 12029 1851-52-1856 1751 1300 4169 2291 2840 12351 1856-57-1861 2374 1244 2789 2131 3499 12037 1861-62-1866 2437 1153 2867 2435 4392 13284 1866-67-1871 2154 982 3011 2838 4626 13611 1871-72-1876 1780 836 4121 3941 5896 16124 1876-77-1881 1961 682 5134 3734 8057 19568 1881-82-1886 3880 952 5034 6869 9123 25838 1886-87. . . . . . .4546 1178 5239 8450 8666 27828 1887 . . . . . . . . .4803 1232 5505 8685 8424 28455 1887-88. . . . . . 4632 1137 4810 8435 8450 28480 1888 . . . . . . . . .4835 1174 6106 8915 8204 29275 1888-89. . . . . . .4642 1207 6304 8886 8255 29294 158 li, negli istituti superiori di educazione d’ogni specie. In quasi tutti i rami, senza eccezione, si nota già oggi una pletora, una sovrabbondanza di studenti, e il torrente ingrossa sempre più; si avanzano sempre nuove domande per fondare ginnasi e istituti superiori di educazione, per accogliervi il numero dei candidati. Autorità e privati sono disperati, e pubblicano avvisi sopra avvisi ora per lo studio di questo, ora di quel ramo.Anzi la teologia, che nel decennio precedente minacciava di morire, trionfa per il numero straordinario di studenti, e vede rioccupate le sue prebende. “Io insegno a credere in diecimila dei e diavoli, se si vuole, purchè vi sia un posto che mi faccia vivere”, ecco la voce che si ode ripetere da per tutto. I ministri (di Prussia) ricusano di dare la loro approvazione alla fondazione di nuovi istituti superiori d’insegnamento “perchè quegli che ci sono coprono ad esuberanza il bisogno che si ha di candidati”. Questo stato di cose viene inasprito perchè la lotta della concorrenza e della distruzione che la borghesia combatte nel suo seno costringe una folla dei suoi figliuoli a cercarsi una posizione che dia il bisognevole in altre direzioni. Inoltre il grosso esercito permanente colla sua armata di uffiziali, il cui avanzamento diventa, dopo un lungo periodo di pace, un serio inciampo, porta per conseguenza una moltitudine di pensionati ancor vigorosi, i quali, favoriti dallo Stato, trovano un posto in tutte le cariche ufficiali. La folla di coloro che sono posti in aspettativa delle più basse cariche dell’armata, portano via il pane agli altri. Si aggiunga, che il grosso esercito degli impiegati regi, governativi e comunali di tutti i gradi avvia e deve avviare i suoi figliuoli alle carriere e professioni che abbiamo accennate. Mancano da un lato le sostanze; dall’altro la posizione sociale, l’educazione e le pretese di questi ceti domandano che i loro figliuoli siano tenuti lontani dalle occupazioni così dette più basse, i quali sono pur tutti occupati in conseguenza del sistema capitalistico. Il sistema del volontariato di un anno, che concede di prestare servizio militare in un anno invece che in tre anni, a coloro che hanno un certo grado di coltura e pagano una data quantità di danaro, aumenta sempre più il numero dei candidati a tutti gli impieghi e a tutti i posti. Vi sono specialmente molti figli di agricoltori benestanti, ai quali non piace più di ritornare al loro paese per esercitarvi la professione paterna. Per effetto di tutte queste circostanze, la Germania ha un proletariato di dotti e di artisti più numeroso assai di quello di qualunque altro paese del mondo, un forte proletariato nelle cosidette professioni liberali, che aumenta sempre più e che porta l’agitazione e il malcontento, data la condizione attuale delle cose, anche nei ceti più elevati della società. Lo spirito idealistico di questa gioventù viene stimolato a esercitare la critica sull’attuale ordine di cose e concorre ad affrettare l’opera di decomposizione. Da ogni lato dunque quest’ordine di cose viene assalito e minato. Così la Germania ha assunto nella grande lotta gigantesca che si combatterà nell’avvenire la parte del duce, alla quale sembra predestinata per il suo sviluppo ed anche per la sua posizione geografica, come “il cuore dell’Europa”. Non è un caso che siano tedeschi i duci, perchè sono essi che hanno scoperto le leggi della evoluzione della società moderna, e dettero una base scientifica al socialismo considerato come la forma della società dell’avvenire. Primo di tutti CARLO MARX e FEDERICO ENGELS, e dopo loro, che hanno gettato la scintilla fra le masse, FERDINANDO LASSALLE. E neppure è un caso che il movimento socialista tedesco sia il più importante del mondo e che abbia superato il movimento delle altre nazioni, e, specialmente quello della Francia, la quale si arrestò ad una specie di sviluppo semi-borghese; non è un caso infine che i socialisti tedeschi siano i pionieri che diffondono l’idea socialistica fra gli operai di tutto il mondo. Se Buckle (216) poteva ancora 25 anni fa sulla base del suo studio intorno alle condizioni dello spirito della coltura germanica scrivere, se poteva, ripetesi, scrivere allora che la Germania ha un numero grande di profondi pensatori, ma che non vi è alcun altro paese in cui la distanza fra la classe dei dotti e la massa del popolo sia così grande in Germania, ciò non è più esatto al giorno d’oggi. Si poteva dirlo finchè in Germania la nostra scienza era quasi esclusivamente deduttiva, e si limitava a quei circoli di eruditi che se ne stavano lontani dalla vita pratica. Ma allorquando la Germania venne economicamente rivoluzionata, al posto della deduzione entrò nella scienza il metodo induttivo. La scienza diventò pratica, si comprese che essa in tanto ha valore in quanto abbia relazione alla vita umana, diventi un mezzo per la vita, ed a ciò indusse appunto lo sviluppo della produzione capitalistica. Conseguentemente tutti i rami della scienza si sono nell’ultimo decennio democratizzati in Germania. A ciò ha contribuito prima il gran numero di giovani educati ed istruiti per le professioni più elevate, poi la istruzione generale delle masse, maggiore e più elevata in Germania che in qualunque paese d’Europa, facilitò a queste masse il godimento e la conoscenza di produzioni scientifiche d’ogni specie. Finalmente contribuì efficaciemente ad innalzare il livello intellettuale delle masse l’agitazione socialistica colla sua letteratura, coi suoi giornali, colle sue società, coi suoi (216) Henry Thomas Buckle (1821-1862), storico e scacchista britannico. La sua operamaggiore e che gli diede notorietà internazionale fu History of Civilization in England (1857). 159 comizi, colla sua rappresentanza parlamentare e colla critica esercitata con questo mezzo su tutti i rami della vita pubblica. Le leggi d’eccezione nulla sono riuscite a mutare: esse restrinsero forse l’agitazione entro più angusti confini, e ne calmarono forse la foga, mentre l’agitazione poteva estendersi tanto meglio negli altri paesi. Queste leggi però hanno soffocato il movimento creando grandi animosità ed esasperazioni che provocarono la esplosione. La caduta delle leggi di eccezione non è che la conseguenza dello sviluppo preso dal partito sotto coteste leggi, nonchè dello sviluppo economico della nazione. L’agitazione procede come deve procedere in date condizioni. Così noi vediamo nell’ultimo quarto del secolo XIX scoppiare d’ogni parte la grande lotta degli spiriti che si combatte col massimo ardore. Oltre alle scienze sociali, anche il vasto campo delle scienze naturali, l’igiene, la storia della cultura ed anche la filosofia formano l’arsenale dal quale vengono prese le armi (217). Da tutti i lati si attaccano le basi dell’attuale ordine di cose, e si dànno i colpi più fieri contro le basi della vecchia società. Le idee rivoluzionarie penetrano anche nei circoli più conservatori e mettono lo scompiglio tra le fila dei nemici dell’uomo. Artigiani e dotti, agricoltori ed artisti, commercianti ed impiegati e qua e là anche qualche fabbricante, insomma uomini d’ogni ceto fanno causa comune cogli operai che formano il grosso della società e che alla fine vinceranno. Tutti si aiutano e si completano a vicenda. Anche la donna viene invitata a non restare indietro in questa battaglia che si combatte per la sua redenzione. Tocca a lei dimostrare che essa ha occupato il suo vero posto nella agitazione e nelle lotte del presente e che essa è decisa a prendervi parte, tocca agli uomini appoggiarla in questa lotta contro i pregiudizi e i privilegi. Nessuno deprezzi la sua forza e nessuno creda che non ci sia bisogno di essa. Per il progresso della umanità di nessuna forza si può far senza per quanto debole essa sia. Gutta cavat lapidem, ed anche la pietra più dura. Molte gocce formano il ruscello, più ruscelli formano il fiume e più fiumi il torrente. Nessun ostacolo è forte abbastanza per arrestarlo nel suo corso maestoso. Così avviene anche nella vita della umanità; ovunque ci è maestra la natura, operiamo tutti secondo natura e la vittoria finale non ci potrà mancare. Questa vittoria sarà tanto più grande, con quanto maggior zelo ed energia ciascuno proseguirà per la sua strada. Il dubbio che, malgrado tutto il suo lavoro e la sua fatica, non sia vicino il giorno di un nuovo e più splendido periodo di civiltà, non deve far breccia sull’animo del singolo nè, tanto meno, sviarlo dal cammino percorso. Anche se noi non possiamo determinare il modo delle singole fasi di sviluppo, alla stessa guisa che non abbiamo la minima certezza sulla durata della nostra vita, non dobbiamo in un secolo come il nostro perdere la speranza di vedere spuntar il giorno della vittoria. Ogni giorno porge esempi nuovi che le idee che noi sosteniamo vanno diffondendosi sempre più; in tutti i campi di attività ferve l’agitazione ed il movimento e si tende al progresso; l’alba di uno splendido giorno già si avvicina; combattiamo adunque e andiamo innanzi sempre, noncuranti del “dove” e del “quando” saranno gettate le basi di una nuova era di felicità. Se noi cadremo durante la lotta per la redenzione umana, altri ci sostituiranno e combatteranno per noi. Noi abbiamo la coscienza di aver fatto il nostro dovere come uomini, siamo convinti che lo scopo sarà raggiunto per quanto le forze nemiche del progresso dell’umanità si difendano e riluttino. F I N E (217) Vedi: La filosofia della redenzione, di Mainländer, 1-2 vol. Nota di A. Bebel. Il comunista, cas. post. 10835 - 20110 - Milano www.pcint.org - ilcomunista@pcint.org «Testi del marxismo rivoluzionario» Sono già apparsi in questa collezione In italiano Leon Trotsky : Terrorismo e comunismo In spagnolo León Trotsky : Terrorismo y Comunismo