Una luce nel labirinto

Una luce nel labirinto
Non arrendersi mai.

una luce nel labirinto

una luce nel labirinto
Non sottomettersi mai.

domenica 25 settembre 2022

Stato e rivoluzione.

La società capitalistica, considerata nelle sue condizioni di sviluppo piú favorevoli, ci offre nella repubblica democratica una democrazia piú o meno completa. Ma questa democrazia è sempre compressa nel ristretto quadro dello sfruttamento capitalistico, e rimane sempre, in fondo, una democrazia per la minoranza, per le sole classi possidenti, per i soli ricchi La libertà, nella società capitalistica, rimane sempre, approssimativamente quella che fu nelle repubbliche dell'antica Grecia: la libertà per i proprietari di schiavi. Gli odierni schiavi salariati, in forza dello sfruttamento capitalistico, sono talmente soffocati dal bisogno e dalla miseria, che «hanno ben altro pel capo che la democrazia», «che la politica», sicché, nel corso ordinano e pacifico degli avvenimenti, la maggioranza della popolazione si trova tagliata fuori dalla vita politica e sociale. Democrazia per un'infima minoranza, democrazia per i ricchi: è questa la democrazia della società capitalistica. Se osserviamo piú da vicino il meccanismo della democrazia capitalistica, dovunque e sempre - sia nei «minuti», nei pretesi minuti particolari della legislazione elettorale… sia nel funzionamento delle istituzioni rappresentative, sia negli ostacoli che di fatto si frappongono al diritto di riunione (gli edifici pubblici non sono per i «poveri»!), sia nell'organizzazione puramente capitalistica della stampa quotidiana, ecc. vedremo restrizioni su restrizioni al democratismo. Queste restrizioni, eliminazioni, esclusioni, intralci per i poveri, sembrano minuti, soprattutto a coloro che non hanno mai conosciuto il bisogno e non hanno mai avvicinato le classi oppresse né la vita delle masse che le costituiscono (e sono i nove decimi, se non i novantanove centesimi dei pubblicisti e degli uomini politici borghesi), ma, sommate, queste restrizioni escludono i poveri dalla politica e dalla partecipazione attiva alla democrazia. Marx afferrò perfettamente questo tratto essenziale della democrazia capitalistica, quando, nella sua analisi della esperienza della Comune, disse: agli oppressi è permesso di decidere, una volta ogni qualche anno, quale fra i rappresentanti della classe dominante li rappresenterà e li opprimerà in Parlamento Lenin, Stato e Rivoluzione.

sabato 24 settembre 2022

Falce e martello : la storia di un simbolo.

Falce e martello: la storia di un simbolo [...] La falce e martello è un simbolo politico del movimento operaio. Dapprima simbolo condiviso delle organizzazioni socialiste e comuniste, nel corso del Novecento la "falce e martello" è diventato il simbolo del comunismo per eccellenza, divenendo emblema classico dei partiti comunisti. Sin dal medioevo il martello, spesso associato ad altri attrezzi, identificava negli stemmi le corporazioni artigianali. Le organizzazioni proletarie dell'Europa occidentale scelsero il martello come proprio simbolo di classe nella seconda metà del XIX secolo. Questi due emblemi del lavoro vennero adottati già dai partiti della seconda Internazionale, fondata a Parigi nel 1889, e si trovarono anche sulla copertina della prima edizione tedesca del Manifesto del Partito comunista di Marx ed Engels del 1848, ma apparvero per la prima volta in posizione "incrociata" nel 1917, durante la Rivoluzione d'Ottobre. Alla vigilia della rivoluzione russa il martello era un simbolo della classe operaia diffuso e riconosciuto tra le file del movimento rivoluzionario russo, mentre nell'araldica russa dell'epoca la falce è frequente negli stemmi di molti villaggi e cittadine, a rappresentazione del raccolto e del lavoro agricolo. I due attrezzi vennero scelti come simboli (comunque non esclusivi) della classe lavoratrice e rappresentavano l'unità tra i lavoratori agricoli e industriali. Fu Lenin a decidere di sovrapporli nella maniera popolarmente conosciuta, mentre fu la vittoria della rivoluzione bolscevica a decretarne il successo. Fonti non del tutto accreditate riferiscono invece che la falce e martello fecero la loro prima comparsa nella storia come emblema del vessillo di un battaglione napoleonico, durante la battaglia di Austerlitz. Nella neonata Russia sovietica, il simbolo della falce e martello fu adottato per decisione governativa tra la fine di marzo e l'inizio di aprile del 1918 e ratificato nel V congresso dei Soviet il 10 giugno 1918. La sua prima apparizione su un documento ufficiale è del 26 giugno 1918, su un documento del Sovnarkom della RSFSR. Fino ai primi anni del Novecento il movimento operaio italiano era rappresentato da una molteplicità di simboli che facevano riferimento agli strumenti del lavoro manuale. La falce era già presente su molti vessilli delle leghe contadine ancor prima dell'utilizzo "ufficiale" nel simbolo sovietico. Dal 1919 anche il Partito Socialista Italiano adottò ufficialmente come simbolo quello ufficiale dei Soviet (falce e martello su sole nascente in corona di spighe), soprattutto a causa della riforma elettorale che consigliava l'unificazione dei simboli sul piano nazionale. Il PSI successivamente mutò il proprio simbolo dopo la scissione del 1921 del Partito Comunista d'Italia (che mantenne il simbolo dei Soviet aggiungendoci una stella per affermare l'appartenenza alla III internazionale) apponendo sotto il simbolo della falce e martello un libro aperto [...] Wikipedia

giovedì 8 settembre 2022

Politici inetti.

Politici inetti “L’attività scientifica è costituita per grandissima parte di sforzo fantastico, chi è incapace di costruire ipotesi non sarà mai scienziato. Anche nell’attività politica ha grandissima parte la fantasia, ma nell’attività politica l’ipotesi non è di fatti inerti, di materia sorda alla vita; la fantasia in politica ha per elementi gli uomini, la società degli uomini, i dolori, gli affetti, le necessità della vita degli uomini. Se uno scienziato sbaglia la sua ipotesi, poco male, in fondo: si perde una certa quantità di ricchezze di cose: una soluzione è precipitata, un pallone è scoppiato. Se l’uomo politico sbaglia la sua ipotesi, è la vita degli uomini che corre pericolo, è la fame, è la rivolta, è la rivoluzione per non morire di fame. Nella vita politica l’attività fantastica deve essere illuminata da una forza morale: la simpatia umana. Questa forza è inaridita dalla superficialità, che significa mancanza di profondità spirituale, mancanza di sentimento, mancanza dunque di simpatia umana. Perché si provveda adeguatamente ai bisogni degli uomini di una città, di una regione, di una nazione, è necessario sentire questi bisogni; è necessario potersi rappresentare concretamente nella fantasia questi uomini in quanto vivono, in quanto operano quotidianamente, rappresentarsi le loro sofferenze, i loro dolori, le tristezze della vita che sono costretti a vivere. Se non si possiede questa forza di drammatizzazione della vita, non si possono intuire i provvedimenti generali e particolari che armonizzino le necessità della vita con le disponibilità dello Stato. Se si scaglia un’azione nella vita: bisogna saper prevedere la reazione che essa sveglierà, i contraccolpi che essa avrà. Un uomo politico è grande in misura della sua forza di previsione: un partito politico è forte in misura del numero di uomini di tal forza di cui dispone. Perché ogni provvedimento è un’anticipazione della realtà, è una previsione implicita. Il provvedimento è tanto più utile quanto più aderisce alla realtà. Ma le autorità italiane, quelle governative, quelle provinciali, quelle cittadine, non hanno finora decretato un provvedimento che non sia tardivo, che non abbia bisogno di essere modificato, o anche di essere cassato perché, invece di provvedere, faceva rincrudire il malessere. I politici non sono riusciti ad armonizzare la realtà perché sono stati incapaci di armonizzare prima, nel pensiero, gli elementi della realtà stessa. Essi ignorano la realtà, ignorano l’Italia in quanto è costituita di uomini che vivono, lavorando, soffrendo, morendo. Sono dei dilettanti, dei superficiali: non hanno alcuna simpatia per gli uomini. Sono retori pieni di sentimentalismo, non uomini che sentono concretamente. Obbligano a soffrire inutilmente nel tempo stesso che sciolgono gli inni alla virtù, alla forza di sacrificio del cittadino italiano. La folla è ignorata dagli uomini di governo, dai burocratici provinciali e cittadini. La folla, in quanto è composta di singoli, non in quanto è popolo, idolo delle democrazie. Amano l’idolo, fanno soffrire il singolo individuo. Sono crudeli perché la loro fantasia non immagina il dolore che la crudeltà finisce col suscitare. Non sanno rappresentarsi il dolore degli altri, perciò sono inutilmente crudeli. Hanno lanciato la prima azione , la guerra. Non ne hanno preveduto l’importanza, la profondità degli effetti immediati e lontani. Sapevano che l’Italia non produce quanto basta per il suo sostentamento. Non hanno preveduto che un giorno sarebbe venuto a mancare, oltre al companatico, il pane. Quando se ne sono accorti era troppo tardi; non importa: avrebbero potuto ancora provvedere, avrebbero potuto equamente distribuire la sofferenza. Non hanno sentito la sofferenza, hanno creato il caos, hanno lasciato arraffare ai più forti economicamente, hanno lasciato disperdere il poco che c’era ancora. Hanno imposto che il pane fosse così e così; appena pubblicato il decreto, le vittime si sono accorte che esso era sbagliato si sono accorte che era sbagliato, perché non se ne sono accorti i responsabili? Perchè non si erano rappresentati nel pensiero queste vittime, perchè non hanno sentito che ci sarebbero state delle vittime? Predicano contro i ricchi che buttano via la mollica: non sentono che tutto questo spreco è sofferenza dei poveri; limitano l’orario dell’uso del gas ; non si preoccupano del fatto che due ore sole di gas significa non poter preparare il desinare per chi lavora, per chi deve nutrirsi per lavorare e lavorare per nutrirsi, mentre due ore al primo mattino sono troppe, e quindi inutili,…perchè il grano non arriva pur essendoci, perché non si può comprare il cibo avendo i biglietti e mancando gli spezzati, perché al tocco si chiudono le panetterie, perché il bambino non vuole deglutire la medicina, che non si può edulcorare per la mancanza dello zucchero, mentre fabbricanti di vermouth continuano a lavorare. Non sanno armonizzare la realtà disagiata con la possibilità di minor disagio per tutti. Non pensano che ove c’è da mangiare per cinquanta , possono vivere cento, se si armonizzano i bisogni… Antonio Gramsci, Politici Inetti – Una verità che sembra un paradosso, pubblicato il 3 Aprile 1917, riprodotto in Odio gli Indifferenti, Chiarelettere, 2011.