Una luce nel labirinto

Una luce nel labirinto
Non arrendersi mai.

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Non sottomettersi mai.

sabato 5 ottobre 2024

Paul Lafargue,Il libro del capitalista, L 'ecclesiaste.

L’«Ecclesiaste» o il libro del capitalista Paul Lafargue (1886) Fonte: Paul Lafargue, Il diritto all’ozio. La religione del Capitale, a cura di Lanfranco Binni, Firenze, Il Ponte Editore, 2015. Trascritto da Leonardo Maria Battisti su licenza concessa dal Fondo Walter Binni, febbraio 2019. Questo libro è passato tra le mani di molti capitalisti che l’hanno letto e annotato; ecco alcune delle loro annotazioni: «È certo che questi precetti della saggezza divina sarebbero male interpretati dalla rozza intelligenza dei salariati. Credo opportuno che siano tradotti in volapiuk1 o in qualsiasi altra lingua sacra». Firmato: Jules Simon2. «Bisognerebbe fare come i dottori giudaici che proibivano ai profani la lettura dell’Ecclesiaste dell’Antico Testamento e far conoscere il Libro del Capitalista solo agli iniziati in possesso di un milione». Firmato: Breichröder. «Un milione di franchi o di marchi mi sembra una vera miseria. Propongo un milione di dollari». Firmato: Jay Gould3 I. Natura del Dio Capitale 1. Medita le parole del Capitale, tuo Dio. 2. Io sono il Dio che divora gli uomini; mi siedo a tavola nelle fabbriche e consumo i salariati. Io transustanzio in capitale divino la vita miserabile del lavoratore. Io sono il mistero infinito: la mia sostanza eterna altro non è che carne deperibile; la mia onnipotenza, umana debolezza. La forza inerte del Capitale è la forza del salariato. 3. Principio dei principi: da me inizia ogni produzione, a me finisce ogni scambio. 4. Io sono il Dio vivente, presente in ogni luogo: le ferrovie, gli altiforni, i chicchi di grano, le navi, i vigneti, le monete d’oro e d’argento sono le membra sparse del Capitale universale. 5. Io sono l’anima incommensurabile del mondo civilizzato, multiforme e molteplice all’infinito. Io vivo in ciò che si compra e si vende; agisco in qualunque merce e non ne esiste alcuna al di fuori della mia vivente unità. 6. Io risplendo nell’oro e puzzo nel letame, rallegro nel vino e corrodo nel vetriolo. 7. La mia sostanza, che si accresce continuamente, scorre come un fiume invisibile attraverso la materia; divisa e suddivisa oltre ogni immaginazione, si imprigiona nelle forme speciali assunte da ogni merce e, senza stancarmi, mi travaso da una merce all’altra: oggi pane e carne, domani forza lavoro del produttore, dopodomani lingotto di ferro, tela di cotone, opera drammatica, quintale di lardo, sacco di concime. La trasmigrazione del Capitale non si ferma mai. La mia sostanza non muore, ma le sue forme sono deperibili, finiscono e passano. 8. L’uomo vede, tocca, sente e gusta il mio corpo, ma il mio spirito più sottile dell’etere è inafferrabile per i sensi. Il mio spirito è il Credito; per manifestarsi non ha bisogno di corpo. 9. Chimico più esperto di Berzelius e di Gerhardt4, il mio spirito trasmuta i vasti campi, le colossali macchine, i pesanti metalli e le mandrie muggenti in azioni di carta; e più leggeri di palline di sambuco animate dall’elettricità i canali e gli altiforni, le miniere e le fabbriche rimbalzano di mano in mano nella Borsa, il mio tempio sacro. 10. Senza di me niente inizia e niente si conclude nel paese governato dalla Banca. Io fecondo il lavoro; io assoggetto al servizio dell’uomo le forze irresistibili della natura e metto nelle sue mani la potente leva della scienza accumulata. 11. Io connetto le società nella rete d’oro del commercio e dell’industria. 12. L’uomo che non mi possiede, che non ha Capitale, cammina nudo nella vita circondato di nemici feroci e armati di ogni strumento di tortura e di morte. 13. All’uomo che non ha Capitale, se è forte come un toro, si carica sulle spalle un fardello più pesante; se è laborioso come una formica, gli si raddoppia il compito; se è sobrio come un asino, gli si riduce il cibo. 14. Che cosa sono la scienza, la virtù e il lavoro senza il Capitale? Vanità e frustrazione. 15. Senza la grazia del Capitale, la scienza fa perdere l’uomo nei sentieri della follia; il lavoro e la virtú lo precipitano nell’abisso della miseria. 16. Non la scienza, la virtú, il lavoro appagano lo spirito dell’uomo; sono io, il Capitale, a nutrire la muta affamata dei suoi desideri e delle sue passioni. 17. Io mi do e mi riprendo a mio esclusivo piacimento, senza renderne conto. Io sono l’Onnipotente che comanda sulle cose vive e sulle cose morte. II. L’eletto del Capitale 1. L’uomo, questo infetto ammasso di materia, viene al mondo nudo come un verme e poi alla fine, chiuso in una cassa come un fantoccio, marcisce sottoterra e il suo marciume ingrassa l’erba dei campi. 2. Tuttavia ho scelto proprio questo sacco di spazzatura puzzolente per rappresentare me, il Capitale, che sono la cosa più sublime che esista sotto il sole. 3. Le ostriche e le lumache hanno un valore per le loro semplici qualità naturali; il capitalista conta per il solo fatto che sono io a sceglierlo come mio eletto, vale solo per il Capitale che rappresenta. 4. Arricchisco lo scellerato nonostante la sua scelleratezza, impoverisco il giusto nonostante la sua onestà. Scelgo chi mi pare. 5. Scelgo il capitalista non per la sua intelligenza, onestà, bellezza e giovinezza. La sua imbecillità, i suoi vizi, la sua bruttezza e la sua vecchiaia sono altrettante prove del mio incalcolabile potere. 6. Dal momento che ne faccio un mio eletto, il capitalista incarna la virtù, la bellezza, il genio. Gli uomini trovano spiritosa la sua stupidità e affermano che il suo genio non ha niente a che vedere con la scienza dei pedanti, i poeti cercano inspirazione in lui, e gli artisti accolgono in ginocchio le sue critiche come leggi del gusto, le donne giurano che è il Don Giovanni ideale, i filosofi sentenziano che i suoi vizi sono virtù, gli economisti scoprono che la sua vita oziosa è la forza motrice del mondo sociale. 7. Un gregge di salariati lavora per il capitalista che beve, mangia, se la gode, e si riposa del lavoro del ventre e del basso ventre. 8. Il capitalista non lavora né con le mani né con il cervello. 9. Ha un bestiame maschile e femminile per arare la terra, forgiare i metalli e tessere le stoffe; ha direttori e capireparto a dirigere le fabbriche, e scienziati per pensare. Il capitalista si consacra al lavoro delle latrine: beve e mangia per produrre letame. 10. Ingrasso l’eletto con un benessere eterno; che cosa c’è di meglio e di più reale sulla terra che bere, mangiare e godersela felici? Il resto non è che vanità e tormento dell’anima. 11. Addolcisco le amarezze, elimino ogni pena affinché la vita sia dolce e piacevole all’eletto. 12. La vista ha il suo organo; anche l’odorato, il tatto, il gusto, l’udito e l’amore hanno i loro organi. Non rifiuto nulla di ciò che desiderano gli occhi, la bocca e gli altri organi dell’eletto. 13. La virtù ha un doppio aspetto: la virtù del capitalista è l’appagamento, la virtù del salariato è la privazione. 14. Il capitalista si prende sulla terra tutto ciò che gli piace, è il padrone. Se si è stancato delle donne, risveglierà i suoi sensi con vergini bambine. 15. Il capitalista è la legge. I legislatori redigono i Codici secondo i suoi interessi, e i filosofi adattano la morale ai suoi costumi. Le sue azioni sono giuste e buone. Ogni atto che leda i suoi interessi è un crimine e sarà punito. 16. Riservo agli eletti una felicità unica, sconosciuta ai salariati. Fare profitti è la gioia suprema. Se l’eletto che incassa utili perde la moglie, la madre, i figli, il cane e l’onore, si rassegna; ma se smette di realizzare profitti, è una sciagura irreparabile di cui il capitalista non potrà mai consolarsi. III. Doveri del capitalista § 1 1. Molti sono chiamati, pochi sono gli eletti; ogni giorno riduco il numero dei miei eletti. 2. Mi do ai capitalisti e mi divido tra loro; ogni eletto riceve in deposito una piccola parte del Capitale unico, e ne conserva il godimento solo se la accresce e la fa prolificare. Il Capitale si ritira dalle mani di chi non adempie la sua legge. 3. Ho scelto il capitalista per estrarre plusvalore; accumulare profitti è la sua missione. 4. Per essere libero e a proprio agio nella caccia agli utili, il capitalista spezza i legami dell’amicizia e dell’amore; non conosce amici, fratelli, madre, moglie, figli quando si tratta di realizzare un guadagno. 5. Egli si eleva al di sopra delle vane demarcazioni che confinano i mortali in una patria o in un partito; prima di essere russo o polacco, francese o prussiano, inglese o irlandese, bianco o nero, l’eletto è sfruttatore; è monarchico o repubblicano, conservatore o radicale, cattolico o libero pensatore, solo per soprammercato. L’oro ha un colore, ma al suo cospetto le opinioni dei capitalisti non hanno alcun colore. 6. Il capitalista intasca con la stessa indifferenza il denaro bagnato di lacrime, il denaro macchiato di sangue, il denaro sporco di fango. 7. Non concede nulla ai pregiudizi del volgo. Non produce per vendere merci di buona qualità, ma che procurino grandi utili. Non fonda società finanziarie per distribuire dividendi, ma per impossessarsi dei capitali degli azionisti; perché i piccoli capitali appartengono ai grandi e, sopra di loro ci sono capitali ancora più grandi che li sorvegliano per divorarli al momento giusto. È questa la legge del Capitale. 8. Elevando l’uomo alla dignità di capitalista, gli trasmetto una parte della mia onnipotenza sugli uomini e sulle cose. 9. Il capitalista deve dire: «La società sono io, la morale sono i miei gusti e le mie passioni, la legge è il mio interesse». 10. Se un solo capitalista è leso nei suoi interessi, la società intera ne soffre; perché l’impossibilità di accrescere il Capitale è il male dei mali, contro il quale non esistono rimedi. 11. Il capitalista fa produrre ma non produce, fa lavorare e non lavora, gli è interdetta ogni occupazione manuale o intellettuale che lo distoglierebbe dalla sua missione sacra: l’accumulazione dei profitti. 12. Il capitalista non si trasforma in uno scoiattolo ideologico che fa girare una ruota a macinare vento. 13. Si cura molto poco che i cieli raccontino la gloria di Dio; non gli interessa sapere se la cicala canta con il didietro o con le ali e se la formica è una capitalista*1. 14. Non si preoccupa né dell’inizio né della fine delle cose, gli interessa soltanto che producano utili. 15. Lascia ai teologi dell’economia ufficiale le dispute sul monometallismo e il bimetallismo, mentre intasca senza alcuna distinzione le monete d’oro e d’argento che gli capitano a tiro. 16. Lascia agli scienziati, buoni solo a questo, lo studio dei fenomeni naturali e agli inventori l’applicazione industriale delle forze della natura, ma si affretta ad accaparrarsi le loro scoperte appena si possano sfruttare. 17. Non si affatica il cervello per sapere se il Bello e il Buono sono una sola cosa, la stessa cosa, ma si regala tartufi cosí buoni da mangiare ma piú brutti degli escrementi di maiale. 18. Applaude i discorsi sulle verità eterne, ma guadagna denaro con le falsificazioni di giornata. 19. Non specula sull’essenza della virtú, della coscienza e dell’amore, ma specula sulla loro compravendita. 20. Non si chiede se la Libertà sia buona in sé, ma si prende ogni libertà per non lasciarne che il nome ai salariati. 21. Non sta a discutere se il diritto prevalga sulla forza, perché sa di avere tutti i diritti dal momento che possiede il Capitale. 22. Non è né a favore né contro il suffragio universale, né a favore né contro il suffragio ristretto, e si serve di entrambi: compra gli elettori del suffragio ristretto e imbroglia quelli del suffragio universale. Se deve scegliere, si pronuncia a favore di quest’ultimo, piú economico: infatti mentre è costretto a comprare gli elettori e gli eletti del suffragio ristretto, con il suffragio universale gli basta comprare gli eletti. 23. Non partecipa ai chiacchiericci sul libero scambio e sul protezionismo; di volta in volta è liberoscambista e protezionista secondo le convenienze del suo commercio e della sua industria. 24. Non ha alcun principio: neppure il principio di non avere principi. § 2 25. Il capitalista è nella mia mano la verga di bronzo per comandare l’indocile gregge dei salariati. 26. Il capitalista soffoca nel suo cuore ogni sentimento umano, è senza pietà; tratta il suo simile più duramente di una bestia da soma. Gli uomini, le donne e i bambini per lui non sono altro che macchine da profitto. Il suo cuore di bronzo non palpita quando i suoi occhi contemplano le miserie dei salariati e le sue orecchie ascoltano le loro grida di rabbia e di dolore. 27. Come una pressa idraulica scende lentamente, inesorabile, riducendo al più piccolo volume, alla più perfetta disseccazione la polpa sottoposta alla sua azione, così il capitalista, pressando e spremendo il salariato, estrae il lavoro dai suoi muscoli e dai suoi nervi: ogni goccia di sudore che ne spreme si trasforma in capitale. Quando il salariato, logorato e sfinito sotto il torchio, non rende piú il superlavoro che produce plusvalore, allora lo getta in strada come gli avanzi di cucina, spazzatura. 28. Il capitalista che risparmia il salariato tradisce me e tradisce se stesso. 29. Il capitalista mercifica l’uomo, la donna e il bambino, affinché chi non possiede né grasso, né lana o qualunque altra merce, abbia almeno qualcosa da vendere: la sua forza muscolare, la sua intelligenza, la sua coscienza. Per trasformarsi in capitale, l’uomo deve prima diventare merce. 30. Io sono il Capitale, il padrone dell’universo, e il capitalista è il mio rappresentante: davanti a lui gli uomini sono uguali, tutti ugualmente curvi sotto il suo sfruttamento. Il bracciante che affitta la sua forza, l’ingegnere che offre la sua intelligenza, il cassiere che vende la sua onestà, il deputato che fa mercato della sua coscienza, la ragazza di piacere che presta il suo sesso, sono per il capitalista salariati da sfruttare. 31. Il capitalista perfeziona il salariato: lo obbliga a riprodurre la sua forza-lavoro con un’alimentazione grossolana e scadente perché la venda al minor prezzo, e lo costringe ad acquisire l’ascetismo dell’anacoreta, la pazienza dell’asino e la costanza del bue. 32. Il salariato è proprietà del capitalista, è la sua bestia da lavoro, un suo bene, cosa sua. Nella fabbrica dove non ci si deve accorgere quando sorge il sole né quando cala la notte, punta sull’operaio cento occhi vigilanti perché non si distolga dal suo compito né con un gesto né con una parola. 33. Il tempo del salariato è denaro: ogni minuto che perde è un furto che commette. 34. L’oppressione del capitalista segue il salariato come un’ombra perfino nel suo tugurio, perché non si corrompa con letture e discorsi socialisti, né si affatichi il corpo con degli svaghi. Uscendo dalla fabbrica deve chiudersi in casa, mangiare e coricarsi, per riportare l’indomani al suo padrone un corpo riposato e disponibile, e uno spirito rassegnato. 35. Il capitalista non riconosce al salariato alcun diritto, neppure il diritto alla schiavitú, che è il diritto al lavoro. 36. E spoglia il salariato della sua intelligenza e della sua abilità manuale trasferendole alle macchine, che non si ribellano. IV. Massime della saggezza divina 1. Il marinaio è assalito dalla tempesta, il minatore vive tra il grisù e le frane, l’operaio si muove tra le ruote e le cinghie degli ingranaggi della macchina di ferro, la mutilazione e la morte incombono sul salariato che lavora: il capitalista, che non lavora, è al riparo da ogni pericolo. 2. Il lavoro sfianca, uccide e non arricchisce: non è lavorando ma facendo lavorare gli altri che si accumulano fortune. 3. La proprietà è il frutto del lavoro e la ricompensa dell’ozio. 4. Non si estrae vino da un sasso, né profitti da un cadavere: solo i vivi si possono sfruttare. Il boia che ghigliottina un criminale deruba il capitalista di un animale da sfruttare*2. 5. Il denaro e tutto ciò che comporta non hanno odore. 6. Il denaro riscatta le sue qualità vergognose con la sua quantità. 7. Il denaro sostituisce la virtú in chi lo possiede. 8. Fare del bene non è un investimento redditizio. 9. Andando a letto è meglio dirsi «ho fatto un buon affare», piuttosto che «ho fatto una buona azione». 10. Il padrone che fa lavorare i salariati quattordici ore su ventiquattro non perde la sua giornata. 11. Non risparmiare né il buono né il cattivo operaio, perché sia il buono che il cattivo cavallo hanno bisogno dello sperone. 12. L’albero che non dà frutti deve essere sradicato e bruciato; l’operaio che non rende piú deve essere condannato alla fame. 13. L’operaio che si ribella, nutrilo con il piombo. 14. Ci mette piú tempo la foglia del gelso a trasformarsi in seta, del salariato a trasformarsi in capitale. 15. Rubare in grande e restituire briciole, è la filantropia. 16. Far cooperare gli operai alla costruzione della propria fortuna, è la cooperazione. 17. Prendersi la parte piú grossa dei frutti del lavoro, è la partecipazione. 18. Il capitalista, fanatico della libertà, non dà l’elemosina, perché toglie al senza-lavoro la libertà di morire di fame. 19. Gli uomini non sono altro che macchine per produrre e consumare: il capitalista compra gli uni e corre dietro le altre. 20. Il capitalista ha due lingue nella sua bocca: una per comprare e l’altra per vendere. 21. La bocca che mente dà la vita alla Borsa. 22. La delicatezza e l’onestà sono i veleni degli affari. 23. Rubando a tutti non si ruba a nessuno. 24. Dimostra che l’uomo è capace di devozione come un cagnolino: sii devoto a te stesso. 25. Diffida dell’uomo disonesto, ma non fidarti di quello onesto, 26. Promettere denota bonarietà e cortesia, mantenere la promessa rivela debolezza mentale. 27. Le monete sono coniate con l’effigie del sovrano o della Repubblica perché, come gli uccelli del cielo, appartengono soltanto a chi le cattura. 28. Le monete da cento soldi si rialzano sempre quando cadono, anche nel letame. 29. Ti preoccupi di molte cose, ti crei molti problemi, ti sforzi di essere onesto, ambisci al sapere, brighi per la carriera, ricerchi onori, e tutto questo non è che vanità, se lo porta il vento; una sola cosa è necessaria: il Capitale, sempre il Capitale. 30. La giovinezza sfiorisce, la bellezza appassisce, l’intelligenza si annebbia; solo l’oro non raggrinzisce, non invecchia. 31. Il denaro è l’anima del capitalismo e il movente delle sue azioni. 32. In verità vi dico, è più glorioso essere un portafoglio zeppo d’oro e di banconote che un uomo più carico di talento e di virtù di un asino che porta legumi al mercato. 33. Il genio, l’intelligenza, il pudore, l’onestà, la bellezza esistono solo perché hanno un valore venale. 34. La virtù e il lavoro sono utili solo in casa degli altri. 35. Non c’è niente di meglio per il capitalista che bere, mangiare e godersela: è tutto quello gli resterà di più certo quando sarà morto. 36. Finché rimane tra gli uomini che il sole illumina e riscalda, il capitalista deve darsi alla bella vita perché non si vive due volte la stessa ora e non si sfugge all’ignobile vecchiaia che afferra l’uomo per la testa e lo spinge nella tomba. 37. Nel sepolcro dove vai, le tue virtù non ti accompagneranno; troverai solo vermi. 38. Oltre un ventre pieno e di vigorosa digestione, e sensi robusti e soddisfatti, non c’è che vanità e frustrazione. V. Ultima verba 1. Io sono il Capitale, il re del mondo. 2. Avanzo scortato dalla menzogna, dall’invidia, dall’avarizia, dal cavillo e dall’assassinio. Porto la divisione nella famiglia e la guerra nella città. Ovunque passo semino odio, disperazione, miseria e malattie. 3. Io sono il Dio implacabile. Mi compiaccio tra le discordie e le sofferenze. Torturo i salariati e non risparmio i capitalisti, miei eletti. 4. Il salariato non può sfuggirmi: se per evadere valica le montagne, mi trova al di là dei monti; se attraversa i mari, lo aspetto sulla riva dove sbarca. Il salariato è mio prigioniero e la terra è la sua prigione. 5. Ingozzo i capitalisti di un benessere greve, idiota e ricco di malattie. Castro corporalmente e intellettualmente i miei eletti: la loro razza si estingue nell’imbecillità e nell’impotenza. 6. Colmo i capitalisti di tutte le cose desiderabili, e castro in loro ogni desiderio. Carico le loro tavole di cibi appetitosi, e tolgo loro l’appetito. Riempio i loro letti di donne giovani ed esperte in carezze, e intorpidisco i loro sensi. L’intero universo è per loro scialbo, fastidioso, snervante, sbadigliano per tutta la vita, invocano il nulla, e l’idea della morte li gela di paura. 7. A mio piacimento e senza che la mente umana possa capire le mie ragioni, colpisco i miei eletti e li precipito nella miseria, la geenna dei salariati. 8. I capitalisti sono i miei strumenti. Mi servo di loro come di una frusta a mille code per flagellare lo stupido gregge dei salariati. Innalzo i miei eletti al primo rango della società e li disprezzo. 9. Il sono il Dio che guida gli uomini e confonde la loro mente. 10. Il poeta dei tempi antichi ha predetto l’era del Capitalismo quando ha scritto: «Ora il bene è mischiato al male, ma un giorno non ci saranno piú legami di famiglia, né giustizia, né virtú. Aidos e Nemesis risaliranno in cielo e al male non ci sarà piú rimedio*3». I tempi annunciati sono arrivati: come i mostri famelici dei mari e le bestie feroci dei boschi, gli uomini si divorano selvaggiamente tra loro. 11. Mi fa ridere la saggezza umana. «Lavora, e la carestia se ne andrà; lavora, e i tuoi granai si riempiranno di provviste», diceva la saggezza antica. Io ho detto: «Lavora, e la penuria e la miseria saranno le tue fedeli compagne; lavora, e svuoterai la tua casa al Monte di Pietà». 12. Io sono il Dio che sconvolge gli imperi: piego i superbi sotto il mio giogo egualitario; faccio a pezzi l’insolente ed egoista individualità umana; plasmo per l’eguaglianza l’imbecille umanità. Accoppio e aggiogo i salariati e i capitalisti nella preparazione dello stampo comunista della futura società. 13. Gli uomini hanno scacciato dai cieli Brahma, Giove, Geova, Gesú, Allah; io mi suicido. 14. Quando il Comunismo sarà la legge della società, finirà il regno del Capitale, il Dio che incarna le generazioni del passato e del presente. Il Capitale non dominerà piú il mondo, obbedirà all’odiato lavoratore. L’uomo la smetterà di inginocchiarsi davanti all’opera delle proprie mani e del proprio cervello, si alzerà in piedi e guarderà la natura da padrone. 15. Il Capitale sarà l’ultimo degli Dèi. Note *1.L’autore dell’Ecclesiaste capitalista certamente allude a quegli economisti, noiosi dicitori di futilità, secondo cui il capitale è anteriore all’uomo dal momento che la formica, accumulando provviste, si comporta da capitalista [N.d.A.].↩ *2. L’Ecclesiaste ci rivela la ragione capitalista della campagna per l’abolizione della pena di morte, condotta con tanto fracasso da victor Hugo e dagli altri ciarlatani dell’umanitarismo [N.d.A.].↩ *3. Questa predizione dei tempi capitalisti, piú veritiera di quella dei profeti che annunciavano la venuta di Gesú, si trova nelle Opere e i giorni di Esiodo [N.d.A.].↩ 1. Lingua universale creata nel 1879 dal prete cattolico tedesco Johann Martin Schleyer (1831-1912), una sorta di esperanto basato sulle lingue europee.↩ 2. Jules Simon (1814-1896), repubblicano conservatore, filosofo, presidente del consiglio nel 1876-1877.↩ 3. Jay Gould (1836-1892), magnate americano delle ferrovie e del telegrafo.↩ 4. Jöns Jacob Berzelius (1779-1848), svedese, fondatore della chimica moderna; Charles Frédéric Gerhardt (1816-1856), celebre chimico francese.↩ Inizio pagina Indice de La religione del capitale Archivio Lafargue Ultima modifica 2019.02.15

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