Il manifesto del
partito comunista
“Nella società borghese, in definitiva, il passato domina sul presente, in
quella comunista il presente domina sul passato. Nella società borghese il
capitale è indipendente e personale, mentre per l’individuo attivo è dipendente
e impersonale. E la borghesia definisce abolizione della personalità e della
libertà l’abolizione di simili rapporti. Si tratta, infatti, di abolire la
personalità , l’indipendenza e la libertà del borghese. Entro gli attuali
rapporti di produzione borghesi per libertà s’intende il libero commercio, la
libera compravendita. Ma una volta scomparso il traffico, sparisce anche il
libero traffico. La fraseologia sul libero traffico, come tutte le altre
bravate liberali della nostra borghesia, ha un qualche significato, in genere,
solo in rapporto al traffico vincolato e al cittadino asservito del medioevo,
ma non ha senso di fronte all’abolizione comunista del traffico, dei rapporti
di produzione e della borghesia stessa. Vi spaventate del fatto che noi
intendiamo abolire la proprietà privata. Ma nella vostra attuale società la
proprietà privata non esiste per nove decimi dei suoi membri; essa esiste
proprio in quanto per quei nove decimi non esiste. Ci rimproverate in
conclusione di voler distruggere una proprietà che presuppone come condizione
indispensabile la mancanza di proprietà della stragrande maggioranza della
popolazione. Insomma ci rimproverate di voler distruggere la vostra proprietà .
Certo, questo è il nostro proposito. Dal momento in cui il lavoro non può
essere più trasformato in capitale, denaro, rendita fondiaria,, in breve in una
potenza monopolizzabile, ossia dal momento in cui la proprietà personale non
può più convertirsi in proprietà borghese, da quel momento voi dichiarate che è
stata abolita la persona. Voi ammettete dunque che per persona voi non
intendete se non il borghese, il proprietario borghese. E questa persona
senz’altro deve essere abolita. Il comunismo non priva nessuno della facoltà di
appropriarsi dei prodotti sociali, esso solo non consente di usarne per asservire
lavoro altrui. Si è obiettato che, una volta tolta di mezzo la proprietÃ
privata, verrebbe meno ogni attività , mentre trionferebbe una generale
pigrizia. Se ciò fosse vero, già da parecchio la società borghese sarebbe stata
rovinata dalla pigrizia; in essa infatti chi lavora non guadagna e chi guadagna
non lavora. Tutta la questione si riduce a questa tautologia, che una volta
sparito il capitale, cessa di esistere il lavoro salariato…Abolizione della
famiglia! Anche i più radicali inorridiscono di fronte a tanto vergognoso
disegno dei comunisti. Qual è il fondamento della famiglia di oggi, della
famiglia borghese? Il capitale, il guadagno privato. Una famiglia interamente
sviluppata non esiste per la borghesia; essa tuttavia trova il suo complemento
nella forzata mancanza di famiglia dei proletari e nella prostituzione
pubblica. La famiglia del borghese scompare naturalmente con lo scomparire di
questo suo complemento, ed entrambe vengono meno una volta distrutto il
capitale… Ma voi dite che rimpiazzando l’educazione familiare con quella
sociale noi distruggiamo i rapporti più cari. E non è forse determinata anche
la vostra educazione dalla società ? Da rapporti sociali nel cui ambito voi
educate, dall’interferenza, diretta o indiretta che sia, della società tramite
la scuola, ecc.? I comunisti non hanno inventato l’influenza della societÃ
sull’educazione, essi hanno solo trasformato il suo carattere, sottraendo
l’educazione all’influenza della classe dominante. La fraseologia borghese
sulla famiglia e sull’educazione, sui rapporti affettuosi tra genitori e figli,
appare tanto più disgustosa, quanto più, a causa della grande industria, viene
a mancare ai proletari ogni legame familiare ed i bambini divengono semplici
articoli di commercio e di lavoro. Ma voi comunisti intendete adottare la
comunanza delle donne, ci grida in coro tutta la borghesia. Il borghese non
vede nella propria moglie che uno strumento di produzione. Ode che gli
strumenti di produzione debbono essere sfruttati in comune e naturalmente si
sente autorizzato a credere che la medesima sorte toccherà anche alle donne.
Non pensa minimamente che la questione sta proprio in ciò; abolire la posizione
della donna come semplice strumento di produzione. D’altra parte non v’è nulla
di più ridicolo di questo orrore altamente morale che provano i nostri borghesi
per la pretesa comunanza ufficiale delle donne nel comunismo. I comunisti non
hanno bisogno d’introdurre la comunanza delle donne, essa è quasi sempre
esistita. I nostri borghesi, non paghi di poter disporre delle mogli e delle
figlie dei loro proletari, per non parlare della prostituzione ufficiale,
considerano il sedursi reciprocamente le mogli uno dei divertimenti più
piacevoli. Il matrimonio borghese è in pratica la comunanza delle mogli…
D’altra parte va da se che, una volta scomparsi gli attuali rapporti di
produzione, viene meno anche la corrispondente comunanza delle donne, cioè la
prostituzione ufficiale e non ufficiale. Inoltre si rimprovera ai comunisti di
voler abolire la patria, la nazionalità . Gli operai non hanno patria. Non
possono essere privati di ciò che non hanno…Le separazioni e gli antagonismi
dei popoli vanno sempre più scomparendo con lo sviluppo della borghesia, con la
libertà di commercio, col mercato mondiale, con l’uniformità della produzione
industriale e delle corrispondenti condizioni di vita. Col dominio del
proletariato essi scompariranno ancora di più…Nella stessa misura in cui viene
abolito lo sfruttamento di un individuo da parte di un altro, viene abolito anche
lo sfruttamento di una nazione da parte di un’altra. Scomparendo l’antagonismo
tra le classi all’interno di una nazione scompare anche la posizione di
reciproca ostilità tra l nazioni stesse. Non meritano d’essere esaminate
dettagliatamente le accuse al comunismo che muovono in generale da presupposti
religiosi, filosofici ed ideologici. Occorre avere acuta intuizione per
comprendere che, mutando le condizioni di vita degli uomini, le loro relazioni
sociali, la loro esistenza sociale, cambiano in essi anche opinioni, punti di
vista ed idee, insomma cambia anche la loro coscienza? Cos’altro dimostra la
storia delle idee, se non che la produzione intellettuale si trasforma di pari
passo con quella materiale? Le idee dominanti di un’epoca sono sempre state unicamente
le idee della classe dominante. Si parla di idee che rivoluzionano tutta una
società ; con ciò si riferisce soltanto al fatto che all’interno della vecchia
società si sono formati gli elementi di una nuova, che la dissoluzione delle
vecchie idee avanza parallelamente alla dissoluzione dei vecchi rapporti di
vita. Sul decadere del mondo antico le vecchie religioni vennero sconfitte
dalla religione cristiana. Quando nel secolo VXIII le idee cristiane
soggiacquero alle idee dell’illuminismo, la società feudale si trovò impegnata
in una lotta mortale con la borghesia, a quei tempi rivoluzionaria. Le idee di
libertà di coscienza e di libertà di religione non furono che l’espressione del
dominio della libera concorrenza nel campo della coscienza…La storia di tutta
la società sinora esistita s’è svolta tra antagonismi di classe, che nelle
varie epoche hanno preso aspetti differenti. Ma qualunque aspetto essi abbiano
assunto, lo sfruttamento di una porzione della società da parte dell’altra è un
dato comune a tutti i secoli passati. Non v’è da stupirsi, quindi, che la
coscienza sociale di tutti i secoli si rinnovi, malgrado ogni molteplicità e
diversità , in certe forme comuni, forme di coscienza che scompaiono
completamente solo con la sparizione totale dell’antagonismo di classe. La
rivoluzione comunista è la rottura più radicale con i rapporti di proprietÃ
tradizionali; non ci si deve meravigliare che nel corso del suo sviluppo si
giunga alla rottura più radicale con le idee tradizionali…Al posto della vecchia
società borghese con le sue classi e i suoi antagonismi di classe subentra
un’associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è condizione per il
libero sviluppo di tutti.”
Da “ Il manifesto del partito comunista”
K.Marx
F.Engels
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