sabato 29 marzo 2025
Un Mondo nuovo per portare in avanti le lancette della Storia
Le maledizioni del capitalismo.
Il capitalismo sia nella forma democratica sia in quella dittatoriale si basa sulla ricerca continua del profitto per le aziende, che garantisce la rendita per la sua base di massa, la media e piccola borghesia. Ogni azienda e ogni Stato, amministratore degl’interessi della borghesia, è in lotta con altre aziende e Stati per giungere all’obiettivo. Il capitalismo è di conseguenza guerra sia in tempi di “cosiddetta” pace sia in tempi di guerra con le armi. “ La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della apolitica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi.” Così scriveva, centrando il vero senso del capitalismo, il generale prussiano Clausewitz nel libro “Della guerra”. Libertà per il capitale è la libertà di fare profitti, uguaglianza è dare possibilità a ogni capitalista di concorrere al profitto, fraternità è essere uniti contro la classe lavoratrice, senza la quale il sistema non potrebbe reggere. Nell’attuale dimensione economico-sociale le parole amore, pace, libertà, uguaglianza, fratellanza, rispetto dell’essere umano sono solo parole, vuote di ogni contenuto reale. In realtà basterebbe liberare gli occhi dalle bende che ci mettono i mass-media e i vari pugilatori con mente e lingua da schiavi per vedere la nuda realtà in cui l’umanità si trova a sopravvivere. Due miliardi di esseri umani sono sotto alimentati, 50 milioni di bambini muoiono ogni anno per fame, centinaia di migliaia di proletari perdono la vita in guerre in nome degl’interessi dei vari Paesi capitalistici, milioni di lavoratori che, pur lavorando, non riescono a soddisfare i bisogni materiali e spirituali, tanti bambini sfruttati in tenera età, anche nei, cosiddetti, Paesi democratici, donne che non hanno ancora la serenità di poter vivere la propria vita in piena libertà sia materiale sia spirituale, milioni di esseri umani trattati come esercito di riserva nella loro vita da disoccupati senza alcuna assistenza. Questa è la cruda realtà, non quella che ci propinano a piene mani i mass-media e i pugilatori a pagamento con mente e lingua da schiavi. Ci dicono che il sistema non è perfetto, ma è l’unico possibile. E’ falso! Viviamo in un sistema dove la produzione di beni è sociale mentre l’appropriazione è oligarchica, di pochi. Il nodo gordiano da sciogliere è rendere anche l’appropriazione sociale, di tutti. Oggi la produzione mondiale di beni supera il doppio di ciò che servirebbe per garantire a tutti piena soddisfazione delle proprie necessità. Se questo non avviene è per responsabilità dell’ottica del profitto. Per il capitale conta più guadagnare denari che il bene dell’umanità. Per continuare a far tenere le bende davanti agli occhi ai cittadini, sempre più velocemente rispetto al passato, cambiano i piazzisti della apolitica borghese al governo che promettono nuove realtà, mettendo esseri umani contro esseri umani, già questo mostra il loro animo barbaro, ma che alla fine non cambiano alcunchè, essendo cani da guardia del sistema. Nel capitalismo cambia l’orchestra, ma la musica non cambia! L’umanità merita un mondo dove “ Ognuno possa dare secondo le sue capacità e ricevere secondo le sue necessità.” Sta a noi costruirlo, liberandoci dalle bende davanti agli occhi della borghesia con la conoscenza , appropriandoci della scienza, che ci porti in cammino sulla strada del superamento del mondo vecchio per un Mondo nuovo.
VENTICINQUE ANNI DOPO... 1° febbraio dell’anno 2028.
«Nonna... nonna... nonna...! Vieni, Sharon si è svegliata e sta
piangendo!».
Giulia rientrò dal giardino in casa e corse verso la nipotina
nella culla. La prese in braccio.
«Sono qua Sharon... non piangere! Adesso ti preparo la pappa
».
In quel momento un’auto entrò nel giardino e si fermò davanti
al box.
«È arrivato il nonno!» gridò Jonathan, mentre correva fuori
verso Massimo.
Il bambino saltò letteralmente in braccio all’uomo, che, felice,
lo strinse a sé e lo baciò.
«Ciao, Jonathan!».
«Ciao, nonno!».
Insieme, mano nella mano, entrarono in casa.
«Ciao, Giulia!» disse l’uomo, rivolto alla donna, mentre la
baciava sulla guancia.
«Ciao, Massimo! Gli esami... tutto bene?».
«Sì, tutto bene. Pare che sia in piena forma, tenendo conto
dei miei ottant’anni».
«Bene... Meglio così. Fernanda e John hanno telefonato, dicendo
di essere all’aeroporto. Tra poco saranno qui. Tienimi
un attimo Sharon, mentre le preparo la pappa. Poi iniziamo
a prepararci per la festa. A mezzogiorno dobbiamo essere a
Tor Vergata. Oggi sono venticinque anni del Mondo Nuovo e
voglio proprio godermi questo grande giorno!».
«Anch’io voglio godermi questo anniversario! Sharon, vieni
dal nonno!». L’uomo prese in braccio la nipote e si accomodò
sul divano, con accanto Jonathan. Pochi minuti dopo il cibo
era pronto. «Dalla a me. Gliela faccio mangiare io» disse Massimo.
La bambina mangiò con foga e dopo, sazia, sorrideva alle
smorfie del nonno, che era felice di ridere e giocare con i suoi
nipoti.
Jonathan, di quattro anni, e Sharon, di un anno, erano i figli
di Fernanda, la loro figlia, che era, ormai, nel ventiseiesimo
anno di età, e di John Neale, della stessa età, newyorkese di
nascita.
Si erano conosciuti cinque anni prima a una conferenza sulla
situazione climatica del pianeta a Parigi e si erano subito
innamorati.
Fernanda era Presidente del Consiglio dell’Europa, John era
responsabile del Centro Europeo di Climatologia.
La figlia di Giulia e Massimo era uno dei cinque Presidenti
continentali.
A livello superiore c’era il Consiglio Mondiale, di cui era
Presidente Giulia e vicePresidente Massimo.
Il Consiglio mondiale era composto da venti membri, quattro
per continente, che rispondeva a un’assemblea di cento
membri, venti per continente.
La sede era a Roma.
I Consigli continentali erano composti dallo stesso numero
di persone, così come le assemblee e avevano la sede a Roma
per l’Europa, a Pechino per l’Asia, a New York per l’America,
a Sidney per l’Australia, a Il Cairo per l’Africa.
C’erano poi i Consigli regionali, composti da dieci membri
e con un’assemblea di cinquanta persone; i Consigli cittadini,
composti con gli stessi criteri di quelli regionali, e nelle città,
oltre i centomila abitanti, i Consigli di zona, composti da cinque
persone con un’assemblea di venticinque persone.
Tutti questi consessi elettivi avevano il compito di amministrare
la nuova società con l’unico obiettivo di garantire benessere
a tutti e godimento pieno della loro vita e dei beni
prodotti.
Coloro che venivano eletti a queste e altre responsabilità,
all’interno della società, erano revocabili in qualsiasi momento.
Avevano gli stessi diritti di ogni membro della società e gli
stessi doveri. Dovevano perciò dare il loro contributo produttivo
e dovevano partecipare alle ore di studio obbligatorio. La
loro responsabilità era intesa come un servizio alla società e,
chi accettava i vari incarichi, lo faceva per amore della dimensione
sociale in cui viveva e per amore verso gli altri cittadini.
Dedicava tanto tempo agli altri, ma era sempre uno di loro.
La nuova società era basata sul concetto: “Da ognuno secondo
le sue capacità, a ognuno secondo le sue necessità”.
In venticinque anni era sorto un Mondo Nuovo, sempre sognato
da ogni essere umano, che aveva seppellito le barbarie
del passato.
Ogni persona aveva un lavoro, a cui si doveva accedere compiuti
i diciotto anni.
Il tempo di lavoro era di due ore al giorno dal lunedì al venerdì.
Si lavorava, quindi, dieci ore alla settimana.
Due ore ancora della giornata erano dedite allo studio, sempre
dal lunedì al venerdì.
La nuova società voleva persone, che raggiungessero le più
alte vette della conoscenza e dava molta importanza a essa,
come fonte di sapere e di libertà.
Dopo aver dedicato al lavoro e allo studio quattro ore totali
della giornata, ognuno era libero di fare ciò che più gli piacesse.
I lavori più alienanti e faticosi erano svolti dai robot, impostati
per fare i compiti loro assegnati, che sembravano simili agli esseri
umani, dialogavano come esseri umani, ma non lo erano.
L’età lavorativa aveva termine a cinquant’anni per le donne e
a cinquantacinque per gli uomini.
Ogni cittadino era esonerato dal prestare lavoro e dal dedicarsi
allo studio per sei settimane all’anno.
In questo periodo di riposo poteva viaggiare, visitare ogni posto
del mondo, soggiornare in ogni luogo, con la possibilità di
usufruire di alloggi o dei Centri Alberghieri.
La stessa cosa si poteva fare ogni giorno, svolti i compiti lavorativi
e di studio, visto il livello di eccellenza dei trasporti,
che permettevano, tramite i Celesti 120, aerei velocissimi, di
raggiungere le località più lontane in pochissimo tempo.
Il tipo di organizzazione economica e sociale permetteva poi
di svolgere i propri compiti di lavoro e di studio in qualsiasi
parte del mondo.
Era possibile, quindi, per ogni cittadino, con un preavviso
di una settimana, dare il proprio contributo sociale e di studio
una settimana a Roma, una a Los Angeles, una a Mosca, una
Sidney.
In quarantasei settimane di lavoro ogni membro della società
poteva visitare quarantasei posti diversi del mondo.
La lingua non era più un problema.
Le nuove generazioni parlavano tutte l’inglese, scelto, per la
sua semplicità linguistica, come lingua ufficiale.
Le vecchie lo avevano imparato molto velocemente, avendo
la mente sgombra da ogni problema, in appositi corsi.
Nella nuova società non c’era denaro.
Non c’erano, quindi, stipendi, non c’erano banche, assicurazioni,
non c’era niente di collegabile al “vil denaro”.
Non c’erano più merci da vendere o da comprare, non vi
erano, di conseguenza, prezzi, che determinavano il valore di
una merce.
La produzione era esclusivamente per il consumo, per soddisfare
le necessità dei cittadini!
L’essere umano e i suoi bisogni materiali e spirituali era stato
messo al centro di ogni azione economica e sociale.
Ogni persona doveva solo dare il suo contributo produttivo
per ricevere tutto quello che a lei necessitava.
D’altronde i beni prodotti erano di una tale quantità che
ogni membro della società poteva usufruirne in abbondanza,
anche oltre le necessità.
I Centri produttivi avevano dei responsabili di centro e di
settore.
Costoro erano eletti dai lavoratori, che sceglievano chi ritenevano
più capace di svolgere il compito.
Lo Stato, che nei secoli, era stato sinonimo d’imposizione
della volontà di pochi su molti si era andato, negli anni, sgretolando.
Ormai era solo un ricordo!
Un organo molto importante, a cui si accedeva per elezione
revocabile, era l’Amministrazione sociale.
Questa struttura era responsabile di gestire l’anagrafe della
popolazione, la produzione e la distribuzione dei prodotti, i
Centri ristoro, i Centri alberghieri, la sanità, la scuola e i trasporti.
Era un organismo tecnico-organizzativo al servizio del bene
comune e di ogni cittadino.
L’Amministrazione sociale mondiale era strutturata con
gradi di responsabilità cittadina, regionale, continentale, che
rispondevano ai vari livelli dei Consigli.
Tutto veniva gestito con strumenti altamente tecnologici e
con l’ausilio di robot.
Non ci si interessava di altro!
I cittadini, dopo aver svolto il proprio lavoro produttivo e di
studio, erano liberi!
Non avevano imposizione su alcuna scelta individuale!
Ognuno poteva scegliere di vivere la vita che più desiderava.
Potevano unirsi con chi volevano e avere quanti figli sognassero.
Nel periodo di maternità la donna era esonerata dal lavoro.
Dopo la nascita del bambino il periodo di esonero era di un
anno.
Negli ultimi anni c’era stato un aumento delle unioni e delle
nascite.
Nel vecchio mondo un certo Edgar Lee Masters aveva detto:
“In cielo non ci sono matrimoni, ma l’amore sì”.
Nel cielo del Mondo Nuovo era proprio così, c’era tanto
amore e si cercava sempre più l’amore grande, immenso.
Le nascite aumentavano perché non c’era più il terrore del
domani per sé e per i propri figli, ma solo serena fiducia in un
futuro sempre più straordinario.
Questo amore portava le persone ad avere un rapporto diverso
dal passato, basato sull’affetto, sulla stima, sul rispetto.
I Centri ristoro erano sempre pieni.
Le persone volevano stare fuori casa, insieme agli altri, dialogare
con loro, godere della compagnia.
Le strade delle città non erano mai vuote e si respirava la
gioia di vivere ogni minuto della propria vita in modo intenso.
Si assisteva a canti, balli, voglia di essere felici!
Avevano preso piede ultimamente in ogni area del globo
le gare letterarie, che organizzavano gli stessi cittadini e che
riempivano i palazzi dello sport.
La gara consisteva in due sfidanti, che si facevano le domande
l’un l’altro sull’intero scibile del sapere umano con un
arbitro, che garantiva la giustezza o meno delle risposte.
La sfida poteva durare molte ore ed era successo che alcune
fossero durate giorni.
Il vincitore si aggiudicava, soltanto, la soddisfazione del sapere.
Poteva essere poi sfidato da chiunque lo volesse.
Il Consiglio mondiale, vista la rapida diffusione di questo
gioco letterario, stava pensando d’inserirlo nelle discipline
sportive e di organizzare dei veri campionati a livello regionale,
continentale, mondiale.
Pensava anche d’inserirlo nelle discipline olimpioniche
come prima gara a livello mentale in un insieme di discipline
fisiche.
Non che per la nuova società lo sport non fosse importante,
visto che tutti, praticamente, erano divenuti sportivi praticanti,
ma riteneva giusto dare spazio sia alla cura del corpo sia alla
cura della mente.
Per la nuova realtà sociale la salute del corpo era importante
quanto quella della mente.
Questa, per miliardi di persone, diveniva ogni giorno più
importante nel momento in cui capivano che un corpo, seppure
ben allenato, avrebbe potuto essere schiavo; una mente,
invece, allenata al sapere non lo sarebbe stata mai.
Il sistema sanitario era stato strutturato in modo da garantire
a ogni cittadino livelli di difesa della salute eccellenti.
“L’angelo custode” della salute dei cittadini era il “medico
amico”, che aveva la responsabilità della salute di duecento
persone.
Ogni cinquemila persone c’era un centro diagnostico specialistico,
chiamato Centro della salute, che garantiva visite
specialistiche e diagnostiche, in stretto collegamento con il
“medico amico”.
Ogni venticinquemila cittadini c’era un ospedale con cinquecento posti letto, in stretto collegamento con il “medicoamico” e il Centro della salute.
Gli ospedali e i centri, dall’esterno, non sembravano case di
cura, ma dei residence con intorno tanto verde.
Nella struttura ospedaliera c’erano stanze per accogliere i
congiunti del malato, che, volendo, potevano usufruire anche
dell’alimentazione.
L’ospedale era un centro di cultura, di ricerca scientifica, di
aggiornamento professionale continuo.
Ogni cittadino era in questo modo attentamente seguito
nella difesa della sua salute, avendo, oltretutto, l’obbligo di
fare esami generali al suo fisico ogni sei mesi.
Non c’erano liste di attesa e le visite specialistiche o eventuali
ricoveri in ospedale avvenivano in giornata.
Coloro che erano impossibilitati a muoversi ricevevano l’assistenza
domiciliare giorno e notte.
I più anziani non credevano ai loro occhi!
Non avevano mai visto un’assistenza sanitaria di questo
tipo!
La scuola metteva al centro del suo obiettivo l’innalzamento
della conoscenza umana.
Dai due anni ai cinque anni i bambini frequentavano la
scuola per l’infanzia, venendo dotati subito di un computer
per apprenderne l’uso, dai cinque ai dieci la scuola primaria,
dai dieci ai tredici la scuola secondaria, dai tredici ai diciotto
la scuola terziaria.
Queste fasi scolastiche erano obbligatorie, gli asili dalla nascita
ai due anni erano facoltativi.
La scuola, nelle sue varie fasi, aveva un orario complessivo
di otto ore, dalle otto e trenta alle sedici e trenta dal lunedì al
venerdì.
Pranzo e merenda venivano consumati nel Centro ristoro
scolastico.
Era una palestra di apprendimento, ma anche di sport e di
giochi. Era una palestra per far crescere la socialità di ogni
individuo.
Non esistevano compiti da fare a casa, tutto veniva svolto
nelle otto ore.
I programmi toccavano tutto lo scibile del sapere umano,
senza nascondere nulla della storia dell’umanità, affinché
ognuno con il suo sapere liberamente raggiungesse la verità.
Non esistevano voti, né bocciature, né promozioni, eppure
l’impegno degli studenti era massimo nel cercare di scoprire
nella conoscenza le strade dell’amore e della libertà.
Il compito degli insegnanti era quello di costruire persone
libere nella conoscenza e nel sapere, persone con l’animo
nobile, che arrivassero a conoscere bene anche se stessi e si
dessero al prossimo con amore, con rispetto.
Dopo i diciotto anni, iniziava il periodo lavorativo e ognuno
sceglieva in quale ambito operare secondo i suoi desideri e
secondo le sue attitudini.
Questa scelta non era definitiva. Se qualcuno avesse espresso
il desiderio di cambiare, avrebbe potuto.
I trasporti erano al servizio della comunità e venivano organizzati
in modo da servire le esigenze comuni in modo ottimale.
Tutti i mezzi di trasporto pubblico o privato utilizzavano
come carburante l’energia solare con batterie, che si ricaricavano
in continuazione.
La stessa energia solare era utilizzata per la produzione e per
il riscaldamento delle abitazioni e degli uffici.
Nel trasporto pubblico c’erano treni, aerei, elicotteri, bus.
Erano tutti dotati di ogni conforto e garantivano un viaggio
comodissimo.
Le grandi città avevano reti estese di metropolitana, che in
poco tempo collegavano le varie zone.
Ogni persona poteva avere anche più di un’auto. L’Amministrazione
non aveva posto limiti.
Ma i più, stranamente, spesso preferivano il trasporto pubblico
per la comodità, i tempi di percorrenza, la possibilità di
stare insieme ad altre persone.
La rete stradale e autostradale aveva avuto un forte incremento
negli ultimi anni e aveva raggiunto livelli di collegamenti
eccezionali.
Ogni città aveva una tangenziale, in certi casi due, in altri tre,
in altri ancora quattro. Il traffico era sempre scorrevole. Le
strade cittadine erano state impostate in stile romano ed erano
tutte costituite da grandi viali alberati.
I semafori non esistevano più. Agli incroci vi erano solo rotonde
con in mezzo coltivazioni di fiori, che le rendevano bellissime.
Le città erano cambiate, così come pure i paesi.
Non esistevano più case vecchie, brutte e fatiscenti.
Non esistevano grattacieli.
Erano rimasti solo i monumenti e abitazioni di valore storico,
simboli di epoche trascorse.
Le città erano composte tutte da villette singole con cinquecento
metri di area verde intorno.
In ogni zona erano state costruite delle grandi oasi verdi con
dei laghetti artificiali al loro interno.
Nelle stesse aree erano compresi campi da calcio, campi da
tennis, piste ciclabili, isole ginniche, che ogni cittadino poteva
utilizzare liberamente.
In ogni area verde c’era un Centro ristoro.
I più anziani erano strabiliati nel vedere le nuove città!
Dai diciotto anni in poi ogni cittadino aveva diritto alla casa,
oltre che al lavoro e all’auto.
Poteva decidere di abitare da solo o con chi volesse.
Per l’alimentazione, i vestiti, gli elettrodomestici e qualsiasi
altro bene desiderato ogni cittadino poteva utilizzare i Centri di
rifornimento, grandi strutture commerciali, poste intorno alle
città.
Gli anziani potevano ordinare i beni desiderati per telefono e
ricevere la consegna a domicilio.
Per lo più, però, le persone per l’alimentazione si recavano ai
Centri ristoro, sparsi per le città, i paesi, lungo le autostrade e le
strade più trafficate.
Preferivano stare con gli altri, più che con se stessi!
In questi centri i lavori di preparazione, di cottura, di servizio
erano affidati ai robot, così come i lavori di pulizia.
Ogni persona aveva in dotazione un robot, che si occupava di
ogni tipo di lavoro domestico.
Il Mondo Nuovo aveva liberato, finalmente, l’essere umano e,
soprattutto le donne dal lavoro domestico, un’occupazione tra
le più alienanti!
Le persone, che decidevano di avere un rapporto e si mettevano
insieme, non perdevano la loro casa.
Se avevano dei figli, che, prendevano il cognome della madre
e del padre, potevano tenerli in casa oppure, come dicevamo
sopra, portarli all’asilo, prima che iniziasse il periodo scolastico
obbligatorio.
Fino ai quattordici anni, oltre gli orari quotidiani dell’asilo e
delle scuole, c’era la possibilità di lasciare i figli, anche per alcuni
giorni, nei Centri per l’infanzia.
In caso di scelte di vita dei genitori non contemplanti un percorso
comune della loro esistenza essi potevano scegliere di
tenere i bambini o affidarli ai Centri per l’infanzia, i quali si
prendevano cura con amore della loro vita.
In qualsiasi momento comunque i genitori o un singolo genitore
poteva riportare nella sua abitazione il proprio figlio.
In caso di maternità indesiderata la donna era l’unica a poter
decidere se accettarla o meno.
Negli ultimi anni i casi di maternità indesiderata erano scomparsi.
La nuova società difendeva la vita di ogni essere umano e dei
bambini, in particolare, garantendo a tutti, in qualsiasi età, il
presente e il futuro.
La nascita di un bambino era sempre un momento di gioia,
mai di dramma.
La donna, al pari dell’uomo, assumeva sempre più nella società
un ruolo attivo, responsabile e ambedue, seppur diversi
fisiologicamente, si vedevano come esseri umani e parte attiva
di una nuova realtà, che si stava costruendo per il bene di tutti.
Nell’ultimo periodo la percentuale di anziani era diminuita,
proprio grazie a un’ondata imponente di nascite.
Costoro, dopo la pensione, dovevano continuare a frequentare
le due ore giornaliere di studio.
Il percorso della conoscenza non doveva mai essere abbandonato!
A meno che non ci fosse qualche impedimento fisico
o di salute.
In ogni zona delle città, in ogni paese, c’erano tanti Centri del
tempo libero, ove si organizzavano gite, serate gastronomiche,
letterarie, teatrali, cinematografiche, di ballo.
Questi luoghi erano sempre pieni di persone di qualsiasi età
e anche di anziani.
Gli anziani soli e malati erano seguiti da persone qualificate
a rendere la loro vita meno dura nelle loro abitazioni.
Gli ospizi erano stati aboliti, ritenendoli poco adatti a un
percorso di vita sereno.
Le arti e la cultura viaggiavano su livelli eccelsi.
Era un fiorire di nuovi scrittori, nuovi poeti, nuovi pittori,
nuovi scultori, nuovi autori di opere teatrali, cinematografiche,
musicali!
Tutte le opere degli artisti erano portati a conoscenza dei
cittadini, che erano ansiosi e bramosi di scoprirle e godere
delle emozioni, delle riflessioni, delle felicità di ogni prodotto
artistico.
D’altronde questo era l’obiettivo degli artisti: dare emozioni,
riflessioni, felicità al fruitore dell’opera.
I teatri, i cinema, le sale musicali, gli incontri letterari, le mostre
artistiche vedevano sempre una massiccia partecipazione
dei cittadini, che preferivano assistere a eventi dal vivo.
La televisione aveva assunto un carattere informativo culturale.
Non c’era più la pubblicità. Non c’era più nulla da vendere!
C’erano programmi informativi, a carattere scientifico, musicali,
teatrali, film, documentari, ma in casa si stava poco.
Si preferiva stare insieme agli altri e partecipare agli eventi.
L’informazione sia televisiva sia della carta stampata era basata
sul racconto dei fatti, sulla conoscenza globale.
L’obiettivo era di mettere ognuno in condizione di capire e
di promuovere la crescita delle menti e dei cuori delle persone.
L’informazione doveva formare i cittadini alla conoscenza
non all’ignoranza.
Nel Mondo Nuovo l’attività sportiva era ritenuta molto importante
per la salute fisica e psichica delle persone di ogni
età.
Le città erano dotate di innumerevoli Centri dello sport, ove
ognuno, fin da bambino, poteva avvicinarsi all’attività sportiva
preferita.
Tutte le persone facevano attività sportiva almeno tre volte
alla settimana.
Lo sport agonistico aveva campionati cittadini, regionali,
continentali, mondiali.
Veniva praticato in strutture coperte e climatizzate ed era
molto seguito.
Sia i protagonisti attivi dei vari sport sia gli spettatori vedevano
la competizione più come espressione delle proprie
qualità tecniche che come gara da vincere a ogni costo.
Si partecipava per passione e voglia di provare piacere nell’essere
protagonista o spettatore e un bel gesto tecnico, spesso,
dava più emozione di una vittoria immeritata.
Gli sportivi praticanti si dedicavano al loro sport preferito, dopo
aver dato il loro contributo sociale e culturale alla comunità.
Nella nuova società non si producevano armi e quelle che
c’erano erano state distrutte.
Non c’era un esercito e nemmeno un tipo di guardia qualsiasi.
Ogni cittadino era responsabile della sua società.
Molto importante era ritenuto il rapporto con la natura.
Non si utilizzavano fonti di energia inquinanti, si curavano
il territorio, i monti, i mari, i fiumi.
La natura era amata e rispettata, come meritava.
Ogni cittadino pensava che prendersi cura di essa era come
prendersi cura di se stessi, perché l’essere umano non poteva
fare a meno della natura.
Il Mondo Nuovo aveva ricreato le basi di un rapporto uomo
natura sereno, rispettoso, pieno di amore.
L’essere umano nella nuova società progrediva ogni giorno
di più in ogni campo.
Il cancro era stato debellato, l’AIDS pure.
Non esistevano più malattie mortali!
Erano tutte curabili!
La vita media era ormai di cento anni e le previsioni erano
che sarebbe cresciuta al ritmo di due anni per anno.
Nel 2053 sarebbe stata di centocinquant’anni!
Non c’erano più morti sul lavoro, né per droga, né per alcool.
Gli incidenti stradali erano molto rari e, quando accadevano,
a causa di un materiale speciale, scoperto nel 2015, il Prolin,
usato nella costruzione delle auto, non vi erano danni alle persone.
Si moriva solo di morte naturale, praticamente!
L’essere umano aveva trovato, finalmente, la sua vera dimensione,
in cui esprimere il massimo di se stesso, libero di
volare nello spazio dell’amore e della conoscenza!
Il superamento di ogni bisogno, la conquista del cielo, sogno
di ogni epoca umana era realtà.
Coloro che avevano visto il passato ricordavano con terrore
quell’epoca e la cancellavano subito dalla mente.
Tanto forte era il crampo che prendeva lo stomaco!
I nati nella nuova epoca, quando leggevano certi libri o vedevano
certi film erano restii a credere che il mondo avesse
visto realtà di quel tipo.
Non osavano immaginare che esseri umani potessero utilizzare,
come schiavi o finti liberi, altri esseri umani per avere dei
miseri pezzi di carta o dei pezzi di materiale ferroso.
Non osavano immaginare che tanta gente non avesse un lavoro,
una casa; che tante persone non mangiassero abbastanza
e altre morissero addirittura di fame; che i bambini morissero
per mancanza di cibo.
Non osavano immaginare che esseri umani uccidessero altri
esseri umani per motivi futili e banali; che ci fossero le guerre;
che si distruggessero con le bombe tesori millenari, testimoni
della storia dell’umanità; che un liquido brutto e nero fosse
così importante.
Non osavano immaginare che donne e uomini vendessero
il loro corpo e, a volte, anche la loro anima per apparire
in televisione, sui giornali; che le persone non esprimessero
quello che sentivano nei cuori, ma solo quello che conveniva
ai loro interessi; che un organo, chiamato Stato, imponesse
tasse e decidesse sulle scelte delle persone in tema di rapporti
d’amore e di vita, decidesse il giusto e l’ingiusto; che si nascondesse
la conoscenza e si diffondesse l’ignoranza; che un
malato dovesse pagare per essere curato; che la scuola non
insegnasse sapere, ma ideologie; che un laureato non trovasse
occupazione; che non si lavorasse o si lavorasse a segmenti; che
l’informazione fosse solo al servizio di chi godeva del Guadagno
e nascondesse la verità; che chi produceva era povero e chi
non produceva era ricco; che si andasse in pensione, ormai,
vecchi, e, dopo una vita di lavoro, fosse dura tirare avanti; che
non tutti avessero una casa e che le case fossero diverse da persona
a persona; che chi praticasse sport non lo facesse per passione
e piacere, ma per denaro; che la donna non fosse ritenuta
pari all’uomo e vivesse una condizione, spesso, negativa; che si
dovessero pagare i trasporti e che i mezzi fossero così carenti;
che gli anziani fossero abbandonati al loro destino, perché, ormai,
improduttivi.
Non riuscivano a immaginare che ci fossero le armi; che ci
fossero gli eserciti, la polizia, le guardie varie; che ci fossero le
banche, le assicurazioni.
Non riuscivano a immaginare una politica, fatta non per le
esigenze comuni, ma per gli interessi di comitati d’affare e, anche,
di bande criminali.
Non riuscivano a immaginare che la stragrande maggioranza
della popolazione, che viveva in condizioni precarie, non si ribellasse
e, anzi, prendesse a modello proprio coloro, che avevano
interesse a tenerli in quella situazione di sottomissione.
I figli della nuova epoca non osavano credere, studiando la
storia dell’umanità, che potessero essere esistiti periodi così bui
e tristi per l’umanità!
Quasi non volevano credere che l’umanità avesse dovuto
aspettare fino al 1° febbraio dell’anno 2003 per aprire le porte
della civiltà, dell’amore, della libertà, dell’uguaglianza, della fratellanza!
***
Si sentì il rombo di un motore di un’auto provenire dal giardino
della villa.
Jonathan corse sulla veranda.
«Mamma... papà... sono arrivati!».
Scese le scale e corse loro incontro.
Fernanda lo prese al volo in braccio.
«Ciao, Jonathan!» disse la donna, mentre lo baciava.
«Ciao, mamma!».
«Ciao, Jonathan!» disse John, appena sceso dall’auto.
Abbracciò e baciò, anche lui, il bambino e tutt’insieme, si
avviarono verso l’ingresso dell’abitazione.
«Sai mamma, il nonno mi ha parlato di Hitler e di Mussolini.
Mamma... come erano cattivi? Hitler bruciava le persone!».
«Oggi, per fortuna, non abbiamo più di questi problemi!»
rispose Fernanda.
Sulla veranda li attendevano Giulia e Massimo, che, appena
furono vicini, abbracciarono e baciarono la donna e l’uomo,
come se fossero due bambini.
Per i genitori i figli non hanno età!
Sharon dormiva nella culla nella stanza a fianco.
«Tutto bene?» chiese poi Massimo ai due giovani.
«Benissimo papà. Voi come state?» rispose Fernanda.
«Anche noi benissimo!» disse il padre.
«Se avete bisogno di qualcosa, fate pure, noi andiamo su a
prepararci» esclamò Giulia.
«Andate, io preparo un bel caffè per me e John... lo vuoi
pure tu giusto...» disse la ragazza, rivolta al ragazzo».
«Certo che lo voglio! Non si rifiuta un tuo caffè, visto che
sei un’artista in questo campo» rispose John.
Un pianto avvisò che la bambina era sveglia.
Fernanda, John e Jonathan accorsero da lei.
Sharon smise di piangere e sorrise, aveva riconosciuto la
mamma e il papà!
«Sharon, vieni... come sei bella...!» disse il papà prendendola
in braccio.
«Sharon... dammi un bacio» esclamò la mamma, prendendo
la bambina dalle braccia dell’uomo.
«Mamma... Papà... voglio andare sulla Luna!» disse il bambino.
«Tra un po’ non ci saranno problemi. Potrai andare sulla
Luna, su Marte e su Saturno. Forse anche su Plutone» rispose
il padre.
«Il nonno ha detto che il primo uomo che andò sulla luna è
stato un certo Armstrong nel secolo scorso».
«È così» disse John.
«Ma perché il nonno non è mai andato sulla Luna?».
«È una domanda che devi fare al nonno» rispose Fernanda.
Il bambino non aspettò che Massimo tornasse, salì le scale,
andò nella camera da letto dei nonni, dove Massimo stava
vestendosi e, sorprendendo l’uomo chiese:
«Nonno, perché non sei mai andato sulla Luna?».
Massimo ancora sorpreso rispose:
«Sulla Luna?».
«Sì, tu non sei mai andato sulla Luna, come mai?».
Il nonno sorrise.
«Nel vecchio mondo le nuove scoperte non erano per tutti.
Chi le scopriva ne diveniva proprietario. Se qualcuno avesse
voluto visitare la Luna doveva pagare e io non avevo tanti
soldi. Oltretutto avevo da fare sulla Terra».
«Proprietario! Cosa significa questa parola?».
«Il proprietario era colui che aveva il diritto di disporre di
una proprietà, cioè di beni».
«Come? Erano solo suoi?».
«Sì, erano solo suoi».
«Non era giusto».
«Lo so. Ma era così».
Mentre il nonno e il nipote parlavano, Giulia entrò nella
stanza.
Vide la scena, si commosse.
Guardò il suo uomo e sentì il cuore stringersi per l’amore,
che sentiva più forte di sempre verso Massimo.
In un istante rivide il loro primo incontro casuale a Torino
in una giornata di pioggia.
Rivide quella notte di aprile indimenticabile!
Ritornò con la mente agli anni bui, in cui erano stati lontani.
Rivisse il dolore della lontananza e la gioia del ritrovarsi.
Ricordò i suoi primi rapporti con l’associazione Mondo
Nuovo, creata da Massimo per far alzare a ogni essere umano
gli occhi oltre il cielo e dare all’umanità il sapore caldo della
speranza.
Ritornarono nella mente tanti momenti belli e meno piacevoli, quali il rapimento, il killer “Iena”, i giorni a Monte Serico,
il rapimento di Fernanda, prima della conquista del cielo.
Forse senza quell’uomo, ormai ottantenne, che parlava con
tanto amore con il nipote, la sua vita non sarebbe stata la
stessa!
Pensò come fosse importante incontrare la persona giusta
e saperlo capire.
Come fosse importante saper scegliere per non pentirsi; saper
sbagliare, ma saper tornare indietro.
Come fosse importante amare, perché l’amore era la vera
forza rigeneratrice di ogni essere umano e dell’intera umanità.
Ricordò una bellissima poesia di Edward Estlin Cummings,
le sue bellissime parole:
Il tuo cuore lo porto con me,
lo porto nel mio,
non me divido mai.
Dove vado io, vieni anche tu, mia amata.
Qualsiasi cosa venga fatta da me,
la fai anche tu, mia cara.
Non temo il fato,
perché il mio fato sei tu, mia dolce.
Non voglio il mondo,
perché il mio mondo, il più bello,
il più vero sei tu.
Questo è il nostro segreto profondo,
radice di tutte le radici,
germoglio di tutti i germogli,
cielo dei cieli di un albero, chiamato vita,
che cresce più alto
di quanto l’anima spera.
E la mente nasconde
la meraviglia che le stelle separa,
il tuo cuore esiste nel mio...
Ecco il segreto più profondo,
che nessuno conoscerà mai,
radice delle radici,
germoglio dei germogli,
e cielo dei cieli
di un albero chiamato vita,
che cresce più alto
di quanto l’anima possa sperare,
più vivo di quanto la mente
possa celare.
Prendo il tuo cuore,
lo porto con me... nel mio.
Sentì il cuore quasi scoppiare nel guardare il suo grande
uomo, il suo immenso amore.
«Nonna, tu sei andata sulla Luna?».
La domanda di Jonathan fece tornare Giulia al presente.
«No, ma ci andremo tutti tra poco» rispose la donna.
«Dai, Jonathan, andiamo giù. La nonna ci raggiunge subito»
disse il nonno al nipote.
Giulia rimase sola nella stanza.
Si guardò allo specchio, guardò le sue rughe di donna di
sessantasette anni e sorrise.
“Con l’amore abbiamo conquistato il cielo! Con questo
straordinario sentimento conquisteremo l’intero firmamento!”
disse a se stessa la donna.
Scese poi al piano di sotto, ove Massimo, Fernanda, John,
Jonathan e Sharon erano in attesa per recarsi alla festa di Tor
Vergata.
Giulia, il suo uomo e il nipote salirono su un’auto.
La figlia, John e Sharon su un’altra.
Ambedue le auto si avviarono verso la periferia romana, ove
milioni di persone attendevano la Fata e il Principe per dare
il via ai festeggiamenti del venticinquesimo anniversario del
Mondo Nuovo.
La medesima cosa nella giornata sarebbe avvenuta in ogni
parte del mondo.
Miliardi di persone avrebbero festeggiato questo giorno bellissimo
e straordinario come una sola mente e un solo cuore,
consapevoli che l’umanità aveva, ormai, conquistato il cielo,
sogno di ogni epoca, e che era dolce assaporare le cose belle
che esso portava.
Giuseppe Calocero, Il dolce sapore del cielo, cap.7
lunedì 24 marzo 2025
Consigliarsi con Marx.
IL DENARO - "Il denaro, in quanto possiede la proprietà di comprar tutto, di appropriarsi di tutti gli oggetti, è dunque l' oggetto in senso eminente. L'universalità della sua proprietà costituisce l'onnipotenza del suo essere, esso è considerato, quindi come ente onnipotente...Il denaro è il mediatore fra il bisogno e l'oggetto, fra la vita e il mezzo di vita dell'uomo. Ma ciò che media a me la mia vita mi media anche l'esistenza degli altri uomini. Per me è questo l'altro uomo. (---) Tanto grande è la mia forza quanto grande è la forza del denaro. Le proprietà del denaro sono mie, di me suo possessore: le sue proprietà e forze essenziali. Ciò ch'io sono e posso non è dunque affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella fra le donne. Dunque non sono brutto, in quanto l'effetto della bruttezza, il suo potere scoraggiante, è annullato dal denaro. Io sono, come individuo storpio, ma il denaro mi dà 24 gambe: non sono dunque storpio. Io sono un uomo malvagio, infame, senza coscienza, senza ingegno, ma il denaro è onorato, dunque lo è anche il suo possessore. Il denaro è il più grande dei beni, dunque il suo possessore è buono: il denaro mi dispensa dalla pena di esser disonesto, io sono, dunque, considerato onesto; io sono stupido, ma il denaro è la vera intelligenza di ogni cosa: come potrebbe essere stupido il suo possessore? Inoltre questo può comprarsi le persone intelligenti, e chi ha potere sulle persone intelligenti non è egli più intelligente dell'uomo intelligente? Io, che mediante il denaro posso tutto ciò che un cuore umano desidera, non possiedo io tutti i poteri umani? Il mio denaro non tramuta tutte le mie deficienze nel loro contrario? (---) Poichè il denaro, in quanto concetto esistente e attuale del valore, confonde e scambia tutte le cose, esso costituisce la generale confusione e inversione di ogni cosa, dunque il mondo sovvertito, la confusione e inversione di tutte le qualità naturali e umane. (---) Il denaro, questa astrazione vuota ed estraniata della proprietà, è stato fatto signore del mondo. L'uomo ha cessato di essere schiavo dell'uomo ed è diventato schiavo della cosa; il capovolgimento dei rapporti umani è compiuto; la servitù del moderno mondo di trafficanti, la venalità giunta a perfezione e divenuta universale è più disumana e più comprensiva della servitù della gleba dell'era feudale; la prostituzione è più immorale, più bestiale dello ius primae noctis . La dissoluzione dell'umanità in una massa di atomi isolati, che si respingono a vicenda, è già in sè l'annientamento di tutti gli interessi corporativi, nazionali e particolari ed è l'ultimo stadio necessario verso la libera autounificazione dell'umanità". (MARX e ENGELS dai MANOSCRITTI ECONOMICO-FILOSOFICI DEL 1844 e da altre opere)
DA DOVE NASCE LA RICCHEZZA? - "Il lavoro non è la fonte di ogni ricchezza. La natura è la fonte dei valori d'uso (e in questi consiste la ricchezza effettiva!) altrettanto quanto il lavoro, che a sua volta, è soltanto la manifestazione di una forza naturale, la forza-lavoro umana. I borghesi hanno i loro buoni motivi per attribuire al lavoro una forza creatrice soprannaturale; perchè dalle condizioni naturali del lavoro ne consegue che l'uomo, non ha altra proprietà all'infuori della sua forza-lavoro, deve essere, in tutte le condizioni di società, e di civiltà, lo schiavo di quegli uomini che si sono resi proprietari delle condizioni materiali del lavoro. Egli può lavorare solo col loro permesso, e quindi può vivere solo col loro permesso.". (dalla CRITICA AL PROGRAMMA DI GOTHA - 1875)
LA STORIA UMANA - "La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressi ed oppressori sono sempre stati in contrasto fra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta.". (Marx-Engels, MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA - 1848)
LE IDEE E CIO' CHE SIAMO: IL MATERIALISMO STORICO - Le mie ricerche approdarono a questo risultato, che tanto i rapporti giuridici quanto le forme di Stato non devono essere concepiti né come autonomi né come prodotti del cosiddetto sviluppo generale dello spirito umano; le loro radici si trovano piuttosto nelle condizioni materiali di vita, che Hegel, seguendo le orme degli Inglesi e dei Francesi del XVIII secolo, indica, nel loro complesso, con il termine di società civile; ma l'anatomia di questa società deve essere cercata nell'economia politica... Il risultato generale a cui arrivai e che, una volta ottenuto, mi servì da filo conduttore del corso dei miei studi, può essere, in poche parole, così formulato: nella produzione sociale della loro esistenza gli uomini vengono a trovarsi in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, cioè in rapporti di produzione corrispondenti ad un determinato livello di sviluppo delle loro forze produttive materiali. Il complesso di tali rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, la base reale su cui si eleva una sovrastruttura giuridica e politica a cui corrispondono determinate forme di coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale è ciò che condiziona il processo sociale, politico e spirituale. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma, al contrario, è il loro grado sociale che determina la loro coscienza . Ad un certo grado del loro sviluppo le forze produttive della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti o, per usare un termine giuridio, con i rapporti di proprietà nel cui ambito si erano mosse sino a quel momento. Da che erano forme di sviluppo delle forze produttive, questi rapporti si tramutano in vincoli che frenano tali forze. Si arriva quindi ad un'epoca di rivoluzione sociale. Cambiando la base economica viene ad essere sovvertita più o meno rapidamente tutta l'enorme sovrastruttura. (---) Inoltre con la divisione del lavoro è data altresì la contraddizione fra l'interesse del singolo individuo o della singola famiglia e l'interesse collettivo di tutti gli individui che hanno rapporti reciproci; e questo interesse collettivo non esiste puramente nell'immaginazione, come universale, ma esiste innanzi tutto nella realtà come dipendenza reciproca degli individui fra i quali il lavoro è diviso. Appunto da questo antagonismo, fra interesse particolare e interesse collettivo, l'interesse collettivo prende una configurazione autonoma come Stato, separato dai reali interessi singoli e generali, e in pari tempo come comunità illusoria, ma sempre sulla base reale di legami esistenti in ogni conglomerato familiare e tribale, come la carne e il sangue, la lingua, la divisione del lavoro accentuata e altri interessi, e soprattutto - come vedremo più particolarmente in seguito - sulla base delle classi già determinate dalla divisione del lavoro, che si differenziano in ogni raggruppamento umano di questo genere e delle quali una domina tutte le altre. Ne consegue che tutte le lotte nell'ambito dello Stato, la lotta fra democrazia, aristocrazia e monarchia, la lotta per il diritto di voto, ecc. ecc., altro non sono che forme illussorie nelle quali vengono condotte le lotte reali delle diverse classi, e inoltre che ogni classe che aspiri al dominio, anche quando, come nel caso del proletariato, il suo dominio implica il superamento di tutta la vecchia forma di società e del dominio in genere, deve dapprima conquistarsi il potere politico per rappresentare a sua volta il suo interesse come l'universale, essendovi costretta in un primo tempo. (---) Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cossiché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio (---) Se ora nel considerare il corso della storia si svincolano le idee della classe dominante dalla classe dominante e si rendono autonome, se ci si limita a dire che in un'epoca hanno dominato queste o quelle idee, senza preoccuparsi delle condizioni della produzione e dei produttori di queste idee, e se quindi s'ignorano gli individui e le situazioni del mondo che stanno alla base di queste idee, allora si potrà dire per esempio che al tempo in cui dominava l'aristocrazia dominavano i concetti di onore, di fedeltà, ecc., e che durante il dominio della borghesia dominavano i concetti di libertà, di uguaglianza, ecc. Queste sono, in complesso, le immaginazioni della stessa classe dominante. Questa concezione della storia che è comune a tutti gli storici, particolarmente a partire dal diciottesimo secolo, deve urtare necessariamente contro il fenomeno che dominano idee sempre più astratte, cioè idee che assumono sempre più la forma dell'universalità. Infatti ogni classe che prenda il posto di un'altra che ha dominato prima è costretta, non fosse che per raggiungere il suo scopo, a rappresentare il suo interesse come interesse comune di tutti i membri della società, ossia, per esprimerci in forma idealistica, a dare alle proprie idee la forma dell'universalità, a rappresentarle come le sole razionali e universalmente valide. La classe rivoluzionaria si presenta senz'altro, per il solo fatto che si contrappone ad una classe, non come classe ma come rappresentante dell'intera società, appare come l'intera massa della società di contro all'unica classe dominante. (Marx-Engels, PER LA CRITICA DELL'ECONOMIA POLITICA, L'IDEOLOGIA TEDESCA)
LA RELIGIONE, IL MONDO CAPOVOLTO - "Il fondamento della critica alla religione é: è l’uomo che fa la religione, e non è la religione che fa l’uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sè e il sentimento di sè dell’uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l’uomo non è un'entità astratta posta fuori del mondo. L’uomo è il mondo dell’uomo, lo Stato, la società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo punto d’onore spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne completamento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell’essenza umana, poiché l’essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque, mediatamente, la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l’aroma spirituale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, è l'anima di un mondo senza cuore, di un mondo che è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigere la felicità reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola. La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l'uomo affinché egli pensi, operi, dia forma alla sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e, perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all'uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso. E' dunque compito della storia, una volta scomparso l'al di la della verità, quello di ristabilire la verità dell'al di qua. E innanzi tutto è compito della filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra dell'autoestraneazione umana, smascherare l'autoestraneazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica. (---) La critica della religione approda alla teoria che l'uomo è per l'uomo l'essere supremo". (da varie opere)
IL CAPITALISMO - "La società borghese è la più complessa e avanzata organizzazione storica della produzione. Le categorie che esprimono i suoi rapporti e che fanno comprendere la sua struttura permettono, dunque, di comprendere parimenti la struttura e i rapporti di produzione di tutte le forme di società del passato sulle cui rovine e con i cui elementi essa si è costruita, e di cui sopravvivono in essa ancora residui parzialmente non superati. (---) L'economia politica, in quanto borghese, cioè in quanto concepisce l'ordinamento capitalistico invece che come grado di svolgimento storicamente transitorio addirittura all'inverso, come forma assoluta e definitiva della produzione sociale, può rimanere scienza soltanto finchè la lotta di classe rimane latente o si manifesta soltanto in fenomeni isolati. (---) Condizione essenziale per l'esistenza e il dominio della classe borghese è l'accumulazione della ricchezza nelle mani dei privati e la formazione e l'aumento del capitale; condizione del capitale è il lavoro salariato. (---) La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come un' immane raccolta di merci e la merce singola si presenta come una forma elementare. Perciò la nostra indagine inizia come analisi della merce.". (da varie opere)
LA MERCE, "una cosa molto strana" - "La merce è in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualità soddisfa i bisogni umani di qualsiasi tipo. (---) L'utilità di una cosa ne fa un valore d'uso. Ma questa utilità non aleggia nell'aria. E' un portato delle qualità del corpo della merce e non esiste senza di esso. Il corpo della merce, come il ferro, il grano, il diamante, ecc. è, quindi, un valore d'uso, ossia un bene. (---) Il valore d'uso si realizza soltanto nell'uso, ossia nel consumo. (---) Una merce sembra, a prima vista, qualcosa di ovvio, di banale. La sua analisi mostra che essa è una cosa molto strana, piena di stravaganze metafisiche e di astruserie teologiche. Finchè è valore d'uso, nulla c'è di misterioso in essa. La forma del legno, per esempio, viene trasformata e si fa di essa un tavolo. Ciò non di meno un tavolo resta legno, una cosa comune e percepibile. Ma appena si presenta come merce, esso si trasforma in una cosa sensibile-sovrasensibile. Non soltanto si appoggia con le sue gambe al terreno, ma si contrappone a tutte quante le merci e tira fuori dalla sua testa di legno storie molto più stravaganti che se cominciasse spontaneamente a ballare. (---) La circolazione delle merci è il punto di partenza del capitale. Produzione di merci e circolazione perfezionata di merci, commercio, formano le premesse storiche della sua nascita. (---) In modo immediato il valore d'uso è la base materiale su cui si evidenzia un determinato rapporto economico, il valore di scambio. Il valore di scambio appare in primo luogo come un rapporto quantitativo, entro il quale i valori d'uso sono interscambiabili. (---) Così un'opera di Properzio e otto once di tabacco da fiuto possono avere lo stesso valore di scambio nonostante la diversità fra il valore d'uso di un tabacco o di un'elegia.". (da varie opere)
LA FORZA-LAVORO - "Il valore della forza-lavoro, come quello di ogni altra merce, è determinato dal tempo di lavoro necessario nella produzione, e quindi anche nella riproduzione, di questo articolo specifico. (---) Il valore della forza lavoro si risolve nel valore di una certa somma dei mezzi di sussistenza. Quindi varia col variare di quei mezzi di sussistenza, cioè con la grandezza del tempo-lavoro richiesto nella loro produzione. (---) Ciò che l'operaio vende non è il suo lavoro , ma la sua forza-lavoro, che egli mette temporaneamente a disposizione del capitalista. (---) Che cosa è, dunque, il valore della forza-lavoro? Come per ogni altra merce il suo valore è determinato dalla quantità di lavoro necessaria alla sua riproduzione , ma l'uso di questa forza-lavoro trova un limite soltanto nelle energie vitali e nella forza fisica dell'operaio. (---) Originariamente l'operaio vende la sua forza-lavoro al capitalista perchè gli mancano i mezzi materiali per la produzione di una merce: ma ora la sua stessa forza-lavoro individuale viene meno al suo compito quando non venga venduta al capitalista; essa funziona ormai soltanto in un nesso che esiste solamente dopo la sua vendita, nell'officina del capitalista.". (da varie opere)
DOVE NASCE LO SFRUTTAMENTO? - "Prendiamo l'esempio del nostro filatore. Per ricostruire ogni giorno la sua forza-lavoro, egli deve produrre un valore giornaliero di tre scellini, cosa che egli fa lavorando sei ore al giorno. Pagando il valore giornaliero o settimanale della forza-lavoro del filatore, il capitalista ha acquistato il diritto di usare questa forza-lavoro per tutto il giorno o per tutta la settimana. Perciò egli lo farà lavorare, supponiamo, dodici ore al giorno. Oltre le sei ore che gli sono necessarie per produrre l'equivalente del suo salario, cioè del valore della sua forza lavoro, il filatore dovrà, dunque, lavorare altre sei ore, che io chiamerò ore di sopralavoro e questo sopralavoro si incorporerà in un plusvalore e in un sopraprodotto.". (da IL CAPITALE, 1867)
IL PROFITTO - "Il plusvalore, cioè quella parte di valore complessivo della merce in cui è incorporato il sopralavoro o lavoro non pagato dell'operaio, io lo chiamo profitto.". (da SALARIO, PREZZO E PROFITTO - 1865)
LA RIVOLUZIONE - "Tanto per la produzione di massa di questa coscienza comunista quanto per il successo della cosa stessa è necessaria una trasformazione in massa degli uomini, che può avvenire soltanto in un movimento pratico, in una rivoluzione; quindi la rivoluzione non è necessaria soltanto perchè la classe dominante non può essere abbattuta in nessuna altra maniera, ma anche perchè la classe che l'abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società. (---) Che le classi dominanti tremino al pensiero di una rivoluzione comunista. I proletari non hanno da perdervi altro che le proprie catene. Da guadagnare hanno un mondo". (MARX e ENGELS)
SUPERAMENTO DEL CAPITALISMO - "I proletari non hanno nulla di proprio da salvaguardare; devono distruggere tutto ciò che fino ad ora ha garantito e assicurato la proprietà privata. (---) Per sopprimere il pensiero della proprietà privata è del tutto sufficiente il comunismo pensato. Per sopprimere la proprietà privata effettiva, reale, occorre una effettiva, reale azione comunista. (---) Tutti i movimenti precedenti sono stati movimenti di minoranze o avvenuti nell'interesse di minoranze. Il movimento proletario è il movimento indipendente della immensa maggioranza nell'interesse della immensa maggioranza. (---) La condizione dell'emancipazione della classe lavoratrice è l'abolizione di tutte le classi, come la condizione dell'emancipazione del 'terzo stato' dell'ordine borghese fu l'abolizione di tutti gli altri stati.". (da varie opere)
LA LOTTA DI CLASSE - "La storia di ogni società è stata finora la storia di lotte di classe. Uomo libero e schiavo, patrizio e plebeo, barone e servo della gleba, membro di una corporazione e artigiano, in breve oppressore e oppresso si sono sempre reciprocamente contrapposti, hanno combattuto una battaglia ininterrotta, aperta o nascosta, una battaglia che si è ogni volta conclusa con una trasformazione rivoluzionaria dell'intera società o con il comune tramonto delle classi in conflitto. Nelle precedenti epoche storiche noi troviamo dovunque una suddivisione completa della società in diversi ceti e una multiforme strutturazione delle posizioni sociali. Nell'antica Roma abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel Medioevo, feudatari, vassalli, membri delle corporazioni, artigiani, servi della gleba, e ancora, in ciascuna di queste classi, ulteriori specifiche classificazioni. La moderna società borghese, sorta dal tramonto della società feudale, non ha superato le contrapposizioni di classe. Ha solo creato nuove classi al posto delle vecchie, ha prodotto nuove condizioni dello sfruttamento, nuove forme della lotta fra le classi. La nostra epoca, l'epoca della borghesia, si caratterizza però per la semplificazione delle contrapposizioni di classe. L'intera società si divide sempre più in due grandi campi nemici, in due grandi classi che si fronteggiano direttamente: borghesia e proletariato ". (Marx-Engels, MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA - 1848)
COMUNISMO O BARBARIE - "Il comunismo non toglie a nessuno la facoltà di appropriarsi dei prodotti della società, toglie soltanto la facoltà di valersi di tale appropriazione al fine di asservire lavoro altrui. (---) Ciò che distingue il comunismo non è l'abolizione della proprietà in generale, bensì l'abolizione della proprietà borghese. Ma la moderna proprietà privata borghese è l'ultima e la più perfetta espressione dei modi di produzione e appropriazione di prodotti che poggia sugli antagonismi di classe, sullo sfruttamento degli uni da parte degli altri. In questo senso, i comunisti possono riassumere la loro teoria in quest'unica espressione: abolizione della proprietà privata. (---) Il comunismo è possibile empiricamente solo come azione dei popoli dominanti tutti 'in una volta' e simultaneamente, e ciò presuppone lo sviluppo universale della forza produttiva e le relazioni mondiali che il comunismo implica. Il comunismo, per noi, non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà debba conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti.". (da varie opere)
LA PROPRIETA' PRIVATA - "Voi inorridite perché noi vogliamo eliminare la proprietà privata. Ma nella vostra società esistente la proprietà privata è abolita per i nove decimi dei suoi membri; anzi, essa esiste proprio in quanto non esiste per quei nove decimi. Voi ci rimproverate dunque di voler abolire una proprietà che ha per condizione necessaria la mancanza di proprietà per la stragrande maggioranza della società.(---) Il comunismo non toglie a nessuno il potere di appropriarsi dei prodotti sociali; toglie soltanto il potere di soggiogare il lavoro altrui mediante questa appropriazione. E' stato obiettato che, con la soppressione della proprietà privata, cesserà ogni attività e si diffonderà una pigrizia generale. Se così fosse, la società borghese sarebbe da parecchio tempo andata in rovina a causa dell'indolenza, dal momento che in essa chi lavora non guadagna e chi guadagna non lavora ". (Marx-Engels, MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA - 1848)
UNA NUOVA UMANITA' - "Al posto della vecchia società borghese con le sue classi e i suoi antagonismi sorgerà un'associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno sarà la condizione per il libero sviluppo di tutti.". (Marx-Engels, MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA - 1848)
L'ALIENAZIONE - " Nell'alienazione dell'oggetto del lavoro si riassume solo l'alienazione, l'espropriazione, dell'attività stessa del lavoro. In cosa consiste ora l'espropriazione del lavoro? In primo luogo in questo: che il lavoro resta esterno all'operaio, cioè non appartiene al suo essere, e che l'operaio quindi non si afferma nel suo lavoro, bensì si nega, non si sente appagato, ma infelice, non svolge alcuna libera energia fisica e spirituale, ma mortifica il suo corpo e rovina il suo spirito. L'operaio si sente dunque con se stesso solamente fuori del lavoro, e fuori di sè nel lavoro. Come a casa sua è solo quando non lavora e quando non lavora non lo è. Il suo lavoro non è volontario, ma forzato, è lavoro costrittivo. Il lavoro non è quindi la soddisfazione di un bisogno, ma è solo un mezzo per soddisfare dei bisogni esterni ad esso. La sua estraneità risalta nel fatto che, appena cessa di esistere una costrizione fisica o d'altro genere, il lavoro è fuggito come una peste. Il lavoro esterno, il lavoro in cui l'uomo si espropria, è un lavoro-sacrificio, un lavoro mortificazione. In fine l'esteriorità del lavoro al lavoratore si palesa in questo: che il lavoro non è cosa sua ma di un altro; che non gli appartiene, e che in esso egli non appartiene a sè, ma ad un altro. Come nella religione l'attività spontanea dell'umana fantasia, dell'umano cervello e del cuore umano, opera indipendentemente dall'individuo, cioè come un'attività estranea, divina o diabolica, così l'attività del lavoratore non è attività spontanea. Essa appartiene ad un altro, è la perdita del lavoratore stesso. Il risultato è che l'uomo (il lavoratore) si sente libero ormai solo nelle sue funzioni bestiali, nel mangiare, nel bere e nel generare, tutt'al più nell'avere una casa, nella sua cura corporale, ecc. e che nelle sue funzioni umane si sente solo più una bestia. Il bestiale diventa l'umano e l'umano il bestiale. (---) Il lavoro alienato 1)aliena all'uomo la natura ; 2) aliena all'uomo se stesso, la sua attiva funzione, la sua attività vitale, aliena così all'uomo il genere; (---) il lavoro alienato fa dunque 3)della specifica essenza dell'uomo, tanto della natura che dello spirituale potere di genere, un'essenza a lui estranea, il mezzo della sua individuale esistenza; estrania all'uomo il suo proprio corpo, come la natura di fuori, come il suo spirituale essere, la sua umana essenza; 4)che un'immediata conseguenza, del fatto che l'uomo è estraniato dal prodotto del suo lavoro, dalla sua attività vitale, dalla sua specifica essenza, è lo straniarsi dell'uomo dall'uomo. Quando l'uomo sta di fronte a se stesso, gli sta di fronte l'altro uomo. ". (MARX: MANOSCRITTI ECONOMICO-FILOSOFICI DEL 1844)
LO STATO - "Lo Stato non è affatto una potenza imposta alla società dall'esterno e nemmeno 'la realtà dell'idea etica', 'l'immagine e la realtà della ragione', come sostiene Hegel. Esso è piuttosto un prodotto della società giunta ad un determinato stadio di sviluppo, è la confessione che questa società si è avvolta in una contraddizione insolubile con se stessa, che si è scissa in antagonismi inconciliabili che è impotente a eliminare. Ma perchè questi antagonismi, queste classi con interessi economici in conflitto non distruggano se stessi e la società in una sterile lotta, nasce la necessità di una potenza che sia in apparenza al di sopra della società, che attenui il conflitto, lo mantenga nei limiti dell' ordine; e questa potenza che emana dalla società, ma che si pone al di sopra di essa e che si estranea sempre più da essa, è lo Stato. Nei confronti dell'antica organizzazione gentilizia il primo segno distintivo dello Stato è la divisione dei cittadini secondo il territorio. (---) Il secondo punto è l'istituzione di una forza pubblica che non coincide più direttamente con la popolazione che organizza se stessa come potere armato. (---) Lo Stato, poichè è nato dal bisogno di tenere a freno gli antagonismi di classe, ma contemporaneamente è nato in mezzo al conflitto di queste classi, è, per regola, lo Stato della classe più potente, economicamente dominante che, per mezzo suo, diventa anche politicamente dominante e così acquista un nuovo strumento per tener sottomessa e per sfruttare la classe oppressa. (---) Lo Stato non esiste dunque dall'eternità. (---) In un determinato grado dello sviluppo economico, necessariamente legato alla divisione della società in classi, proprio a causa di questa divisione, lo Stato è diventato una necessità. Ci avviciniamo ora, a rapidi passi, ad uno stadio di sviluppo della produzione in cui l'esistenza di queste classi non solo ha cessato di essere una necessità, ma diviene un ostacolo effettivo alla produzione. Perciò esse cadranno così ineluttabilmente come sono sorte. Con esse cadrà ineluttabilmente lo Stato. La società che riorganizza la produzione in base ad una libera ed uguale associazione di produttori, relega l'intera macchina statale nel posto che da quel momento le spetta, cioè nel museo delle antichità accanto alla rocca per filare e all'ascia di bronzo ". (ENGELS: L'ORIGINE DELLA FAMIGLIA, DELLA PROPRIETA' PRIVATA E DELLO STATO)
LA FAMIGLIA E LE DONNE - "L'ordinamento comunistico della società farà del rapporto fra i due sessi un semplice rapporto privato che riguarderà solo le persone che vi partecipano, e nel quale la società non ha da ingerirsi. Potrà farlo perchè elimina la proprietà privata ed educa in comune i bambini, distruggendo così le due fondamenta del matrimonio come si è avuto finora; la dipendenza della donna dall'uomo e dei figli dai genitori dovuta alla proprietà privata. Qui sta anche la risposta alle strida dei filistei moralisti contro la comunanza comunista delle donne. La comunanza delle donne è una situazione legata totalmente alla società borghese e che oggigiorno esiste in pieno nella prostituzione. Ma la prostituzione poggia sulla proprietà privata e cade con essa. Dunque, l'organizzazione comunista, anzichè introdurre la comunanza delle donne, la abolisce invece. (---) " (ENGELS e MARX)
CITTA' E CAMPAGNA - "Solo una società che faccia ingranare, armoniosamente, le une nelle altre le sue forze produttive, secondo un solo grande piano, può permettere all'industria di stabilirsi in tutto il paese con quella dislocazione che è più appropriata al suo sviluppo e alla conservazione, e rispettivamente allo sviluppo, degli altri elementi della produzione. Conseguentemente la soppressione dell'antagonismo di città e campagna non solo è possibile, ma diventa una diretta necessità della stessa produzione industriale, così come è diventata del pari una necessità della produzione agricola ed inoltre dell'igiene pubblica. Solo con la fusione di città e campagna può essere eliminato l'attuale avvelenamento di acqua, aria e suolo, solo con questa fusione le masse che oggi agonizzano nelle città saranno messe in condizione in cui i loro rifiuti siano prodotti per produrre le piante e non le malattie". (ENGELS)
PASSI ANTOLOGICI DI RILIEVO
Bisogna partire non dalla religione, ma dalla proprietà privata - "Si vede facilmente la necessità che l’intero movimento rivoluzionario trovi la propria base tanto empirica che teoretica nel movimento della proprietà privata, per l’appunto dell’economia. Questa proprietà privata materiale, immediatamente sensibile, è l’espressione materiale e sensibile della vita umana estraniata. Il suo movimento - la produzione e il consumo - è la rivelazione sensibile del movimento di tutta la produzione sino ad oggi, cioè della realizzazione o realtà dell’uomo. La religione, la famiglia, lo stato, il diritto, la morale, la scienza, l’arte, ecc. non sono che modi particolari della produzione e cadono sotto la sua legge universale. La soppressione positiva della proprietà privata, in quanto appropriazione della vita umana, è dunque la soppressione positiva di ogni estraniazione, e quindi il ritorno dell’uomo, dalla religione, dalla famiglia, dallo stato, ecc. alla sua esistenza umana, cioè sociale. L’estraniazione religiosa come tale ha luogo soltanto nella sfera della coscienza [,] dell’interiorità umana; invece l’estraniazione economica è l’estraniazione della vita reale, onde la sua soppressione abbraccia l’uno e l’altro lato. S’intende che nei diversi popoli il primo inizio del movimento è diverso a seconda che la vita vera e riconosciuta del popolo si svolga piú nella coscienza che nel mondo esterno, sia piú ideale che reale. Il comunismo comincia subito con l’ateismo (Owen), ma l’ateismo è ancora in principio ben lungi dall’essere comunismo: quell’ateismo è ancora piú che altro un’astrazione. [...] si vede come la soluzione delle opposizioni teoretiche sia possibile soltanto in maniera pratica, soltanto attraverso l’energia pratica dell’uomo, e come questa soluzione non sia per nulla soltanto un cómpito della conoscenza, ma sia anche un cómpito reale della vita, che la filosofia non poteva adempiere, proprio perché essa intendeva questo cómpito soltanto come un cómpito teoretico". (Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844)
Critica della critica filosofica - "Finora gli uomini si sono sempre fatti idee false intorno a se stessi, intorno a ciò che essi sono o devono essere. In base alle loro idee di Dio, dell’uomo normale, ecc. essi hanno regolato i loro rapporti. I parti della loro testa sono diventati piú forti di loro. Essi, i creatori, si sono inchinati di fronte alle loro creature. Liberiamoli dalle chimere, dalle idee, dai dogmi, dagli esseri prodotti dall’immaginazione, sotto il cui giogo essi languiscono. Ribelliamoci contro questa dominazione dei pensieri. Insegnamo loro a sostituire queste immaginazioni con pensieri che corrispondano all’essenza dell’uomo, dice uno; a comportarsi criticamente verso di esse, dice un altro; a togliersele dalla testa, dice un terzo, e la realtà ora esistente andrà in pezzi. Queste fantasie innocenti e puerili formano il nucleo della moderna filosofia giovane-hegeliana, che in Germania non soltanto è accolta dal pubblico con orrore e reverenza, ma è anche messa in circolazione dagli stessi eroi filosofici con la maestosa coscienza della sua criminosa spregiudicatezza. Il primo volume di questa pubblicazione ha lo scopo di smascherare queste pecore che si credono lupi e che tali vengono considerate, di mostrare come esse altro non fanno che tener dietro, con i loro belati filosofici, alle idee dei borghesi tedeschi, come le bravate di questi filosofi esegeti rispecchino semplicemente la meschinità delle reali condizioni tedesche. Essa ha lo scopo di mettere in ridicolo e di toglier credito alla lotta filosofica con le ombre della realtà, che va a genio al sognatore e sonnacchioso popolo tedesco". (Marx-Engels, L'ideologia tedesca)
Comunismo e globalizzazione - "Questa “estraniazione”, per usare un termine comprensibile ai filosofi, naturalmente può essere superata soltanto sotto due condizioni pratiche. Affinché essa diventi un potere “insostenibile”, cioè un potere contro il quale si agisce per via rivoluzionaria, occorre che essa abbia reso la massa dell’umanità affatto “priva di proprietà” e l’abbia posta altresí in contraddizione con un mondo esistente della ricchezza e della cultura, due condizioni che presuppongono un grande incremento della forza produttiva, un alto grado del suo sviluppo; e d’altra parte questo sviluppo delle forze produttive (in cui è già implicita l’esistenza empirica degli uomini sul piano della storia universale, invece che sul piano locale), è un presupposto pratico assolutamente necessario anche perché senza di esso si generalizzerebbe soltanto la miseria e quindi col bisogno ricomincerebbe anche il conflitto per il necessario e ritornerebbe per forza tutta la vecchia merda, e poi perché solo con questo sviluppo universale delle forze produttive possono aversi relazioni universali fra gli uomini, ciò che da una parte produce il fenomeno della massa “priva di proprietà” contemporaneamente in tutti i popoli (concorrenza generale), fa dipendere ciascuno di essi dalle rivoluzioni degli altri, e infine sostituisce agli individui locali individui inseriti nella storia universale, individui empiricamente universali. Senza di che 1) il comunismo potrebbe esistere solo come fenomeno locale, 2) le stesse potenze dello scambio non si sarebbero potute sviluppare come potenze universali, e quindi insostenibili, e sarebbero rimaste “circostanze” relegate nella superstizione domestica, 3) ogni allargamento delle relazioni sopprimerebbe il comunismo locale. Il comunismo è possibile empiricamente solo come azione dei popoli dominanti tutti in “una volta” e simultaneamente, ciò che presuppone lo sviluppo universale della forza produttiva e le relazioni mondiali che esso comunismo implica". (Marx-Engels, L'ideologia tedesca)
Il comunismo si identifica con l'umanismo - "Il comunismo come soppressione positiva della proprietà privata intesa come autoestraneazione dell’uomo, e quindi come reale appropriazione dell’essenza dell’uomo mediante l’uomo e per l’uomo; perciò come ritorno dell’uomo per sé, dell’uomo come essere sociale, cioè umano, ritorno completo, fatto cosciente, maturato entro tutta la ricchezza dello svolgimento storico sino ad oggi. Questo comunismo s’identifica, in quanto naturalismo giunto al proprio compimento, con l’umanismo, in quanto umanismo giunto al proprio compimento, col naturalismo; è la vera risoluzione dell’antagonismo tra la natura e l’uomo, tra l’uomo e l’uomo, la vera risoluzione della contesa tra l’esistenza e l’essenza, tra l’oggettivazione e l’autoaffermazione, tra la libertà e la necessità, tra l’individuo e il genere. È la soluzione dell’enigma della storia, ed è consapevole di essere questa soluzione". (Manoscritti economico-filosofici del 1844)
Il lavoro nella società futura - "E infine la divisione del lavoro offre anche il primo esempio del fatto che fin tanto che gli uomini si trovano nella società naturale, fin tanto che esiste, quindi, la scissione fra interesse particolare e interesse comune, fin tanto che l’attività, quindi, è divisa non volontariamente ma naturalmente, l’azione propria dell’uomo diventa una potenza a lui estranea, che lo sovrasta, che lo soggioga, invece di essere da lui dominata. Cioè appena il lavoro comincia ad essere diviso ciascuno ha una sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e dalla quale non può sfuggire: è cacciatore, pescatore, o pastore, o critico, e tale deve restare se non vuol perdere i mezzi per vivere; laddove nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, cosí come mi vien voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico". (Marx-Engels, L'ideologia tedesca)
Gli obiettivi dei comunisti - "Il proletariato si servirà del suo dominio politico per togliere gradualmente dalle mani della borghesia tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato, cioè del proletariato organizzato come classe dominante e per accrescere con la piú grande celerità possibile la massa delle forze produttive. Va da sé che in un primo momento ciò può attuarsi solo grazie a interventi disposti nel diritto di proprietà e nei rapporti borghesi di produzione, quindi attraverso misure che da un punto di vista economico si presentano come insufficienti e inconsistenti, ma che nel corso del movimento vanno ben oltre i loro scopi e sono inevitabili come mezzi per rivoluzionare tutto il modo di produzione. Queste misure naturalmente saranno differenti a seconda dei diversi paesi. Per i paesi piú progrediti, tuttavia, potranno applicarsi quasi ovunque i seguenti punti: 1. Espropriazione della proprietà fondiaria e impiego della rendita fondiaria per le spese dello Stato. 2. Imposta fortemente progressiva. 3. Abolizione del diritto di successione. 4. Confisca della proprietà di tutti gli emigrati e i ribelli. 5. Accentramento del credito nelle mani dello Stato tramite una banca nazionale con capitale dello Stato e monopolio esclusivo. 6. Accentramento di tutti i mezzi di trasporto nelle mani dello Stato. 7. Aumento delle fabbriche nazionali, degli strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un piano collettivo. 8. Uguale obbligo di lavoro per tutti, formazione di esercizi industriali, soprattutto per l’agricoltura. 9. Unificazione dell’esercizio dell’agricoltura e dell’industria, graduale eliminazione dell’antagonismo tra città e campagna. 10. Istruzione pubblica e gratuita per tutti i bambini. Abolizione del lavoro di fabbrica per i fanciulli nella sua forma attuale. Unificazione dell’istruzione e della produzione materiale, ecc".
Il sistema di produzione asiatico - "Ad esempio non è assolutamente in contraddizione con essa il fatto che, come accade nella maggioranza delle forme principali asiatiche, l’unità complessiva, che sta al di sopra di tutte queste piccole comunità, appaia come il proprietario supremo, o l’unico proprietario, sicché le comunità effettive appaiono solo come possessori ereditari. Poiché l’unità è l’effettivo proprietario, e l’effettivo presupposto della proprietà collettiva, essa può appunto cosí apparire come un qualcosa di particolare, che sta al di sopra delle molte particolari comunità reali dove il singolo poi in fact è privo di proprietà, o la proprietà - cioè il rapporto del singolo con le condizioni naturali del lavoro e della riproduzione, come corpo della sua subiettività a lui appartenente, obiettivo, trovato già pronto come natura inorganica, - gli appare mediata dalla cessione dell’unità totale - realizzata nel despota come padre delle molte comunità - al singolo attraverso la mediazione delle comunità particolari. Il prodotto eccedente - che del resto viene determinato legalmente in seguito all’effettiva appropriazione attraverso il lavoro - appartiene cosí, di per sé, a questa suprema unità. Pertanto nel dispotismo orientale e nell’assenza di proprietà, che giuridicamente sembra esistere in esso, esiste in realtà come fondamento questa proprietà tribale o comunitaria, prodotta essenzialmente dal combinarsi della manifattura e dell’agricoltura all’interno della piccola comunità che, in tal modo, diviene assolutamente self-sustaining e contiene in sé tutte le condizioni della riproduzione e della produzione in eccedenza. Una parte del suo lavoro eccedente appartiene alla comunità superiore, che alla fine esiste come persona, e questo lavoro eccedente si manifesta sia sotto forma di tributo, ecc., sia sotto forma di lavori collettivi, per esaltare l’unità, in parte il despota vero e proprio, in parte la tribalità idealizzata, il dio. Questa specie di proprietà comunitaria, può ora, in quanto essa qui si realizza effettivamente nel lavoro, manifestarsi o in modo che le piccole comunità vegetino l’una accanto all’altra indipendentemente, e il singolo lavori indipendentemente con la sua famiglia sul lotto assegnatogli (un lavoro determinato per la riserva comune, insurance per cosí dire, da una parte, e per fronteggiare le spese della comunità come tali, cioè per la guerra, il culto ecc.; il dominium signorile nel significato originario si trova qui per la prima volta, ad esempio nelle comunità slave, in quelle romene, ecc: Qui è insito il passaggio alla corvée, ecc.); o l’unità può estendersi fino alla comunanza nel lavoro, che può divenire un vero e proprio sistema come nel Messico, nel Perú in particolare, presso gli antichi celti e alcune tribú indiane. Inoltre la comunanza può manifestarsi all’interno dell’ordinamento tribale, in modo che l’unità sia rappresentata in primo luogo da un capo della famiglia tribale, o dalle relazioni reciproche tra i padri di famiglia. Corrispondentemente si ha allora una forma o piú dispotica o piú democratica di questa comunità. Le condizioni comuni dell’effettiva appropriazione attraverso il lavoro, sistemi d’irrigazione, molto importanti per i popoli asiatici, mezzi di comunicazione, ecc., appaiono allora come lavoro dell’unità superiore, del governo dispotico che si erge al disopra delle piccole comunità. Le città vere e proprie si formano qui, accanto a questi villaggi, solo laddove esiste un punto particolarmente favorevole per il commercio con l’estero; o dove il capo supremo dello Stato e i suoi satrapi scambiano il loro reddito (prodotto eccedente) con il lavoro, lo spendono come labour-funds." (Marx, Forme economiche precapitalistiche)
Il socialismo come superamento dell'ateismo - "Ma siccome per l’uomo socialista tutta la cosiddetta storia del mondo non è altro che la generazione dell’uomo mediante il lavoro umano, null’altro che il divenire della natura per l’uomo, egli ha la prova evidente, irresistibile, della sua nascita mediante se stesso, del processo della sua origine. Dal momento che la essenzialità dell’uomo e della natura è diventata praticamente sensibile e visibile, dal momento che è diventato praticamente sensibile e visibile l’uomo per l’uomo come esistenza della natura, e la natura per l’uomo come esistenza dell’uomo, è diventato praticamente improponibile il problema di un essere estraneo, di un essere superiore alla natura e all’uomo, dato che questo problema implica l’ammissione della inessenzialità della natura e dell’uomo. L’ateismo, in quanto negazione di questa inessenzialità, non ha piú alcun senso; infatti l’ateismo è, sí, una negazione di Dio e pone attraverso questa negazione l’esistenza dell’uomo, ma il socialismo in quanto tale non ha piú bisogno di questa mediazione. Esso comincia dalla coscienza teoricamente e praticamente sensibile dell’uomo e della natura nella loro essenzialità. Esso è l’autocoscienza positiva dell’uomo, non piú mediata dalla soppressione della religione, allo stesso modo che la vita reale è la realtà positiva dell’uomo, non piú mediata dalla soppressione della proprietà privata, dal comunismo. Il comunismo è, in quanto negazione della negazione, affermazione; perciò è il momento reale, e necessario per il prossimo svolgimento storico, dell’emancipazione e della riconquista dell’uomo. Il comunismo è la struttura necessaria e il principio propulsore del prossimo futuro; ma il comunismo non è come tale la méta dello svolgimento storico, la struttura della società umana". (Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844)
Individui e classi - "I singoli individui formano una classe solo in quanto debbono condurre una lotta comune contro un’altra classe; per il resto essi stessi si ritrovano l’uno di contro all’altro come nemici, nella concorrenza. D’altra parte la classe acquista a sua volta autonomia di contro agli individui, cosicché questi trovano predestinate le loro condizioni di vita, hanno assegnata dalla classe la loro posizione nella vita e con essa il loro sviluppo personale, e sono sussunti sotto di essa. Questo fenomeno è identico alla sussunzione dei singoli individui sotto la divisione del lavoro e può essere eliminato soltanto mediante il superamento della proprietà privata e del lavoro stesso. Abbiamo già accennato piú volte come questa sussunzione degli individui sotto la classe si sviluppi in pari tempo in una sussunzione sotto idee di ogni genere, ecc." (Marx-Engels, L’ideologia tedesca)
L'uomo e il cittadino - "L’uomo non venne quindi liberato dalla religione, ma ottenne libertà di religione. Non venne liberato dalla proprietà, ma ebbe invece la libertà di possedere. Non venne liberato dall’egoismo del mestiere, ma ottenne la libertà di mestiere. La costituzione dello Stato politico ed il dissolvimento della società civile in individui indipendenti - il cui rapporto è il diritto, come il rapporto tra gli uomini dei ceti e delle associazioni di mestiere era il privilegio - si compie in un unico e medesimo atto. Però l’uomo che è membro della società civile, l’uomo non politico, appare necessariamente come l’uomo natura. I droits de l’homme si presentano come droits naturels, perché l’attività autocosciente si concentra nell’atto politico. L’uomo egoistico è il risultato passivo in cui ci si è imbattuti quando la società si è dissolta: è oggetto di certezza immediata, e quindi oggetto naturale. La rivoluzione politica dissolve la vita sociale nelle sue parti costitutive stesse. Essa considera la società civile, il mondo dei bisogni, del lavoro, degli interessi privati, del diritto privato come il fondamento della sua esistenza, come un presupposto che non ha bisogno di ulteriore giustificazione, e quindi come sua base naturale. Infine l’uomo che è membro della società civile viene considerato l’uomo autentico, l’homme che si distingue dal citoyen perché è l’uomo nella sua piú accessibile esistenza individuale sensibile, mentre l’uomo politico è soltanto l’uomo astratto, artificiale, l’uomo come persona allegorica, morale. Si vuol vedere l’uomo reale solo nella figura dell’individuo egoistico, e l’uomo vero solo nella figura dell’astratto citoyen. [...] Ogni emancipazione implica il ricondurre il mondo umano, i rapporti umani all’uomo stesso. L’emancipazione politica è la riduzione dell’uomo da una parte a membro della società civile, ad individuo egoistico ed indipendente, e dall’altra a cittadino, a persona morale. Solo quando il reale uomo individuale riassorbe in sé l’astratto cittadino, e pur restando uomo individuale, è diventato elemento del genere umano nella sua vita empirica l’uomo ha riconosciuto le sue forces propres come forze sociali e le ha organizzate in conseguenza, e non separa quindi da se stesso la forza sociale che gli si presenta come forza politica, solo allora si può considerare compiuta l’emancipazione umana". (Marx, La questione ebraica)
La borghesia - La moderna società borghese, nata dalla rovina della società feudale, non ha fatto sparire gli antagonismi di classe. Essa ha solo creato, al posto delle vecchie, nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta. La nostra epoca tuttavia, l’epoca della borghesia, si distingue in quanto ha reso piú semplici tali antagonismi. Tutta la società si va dividendo sempre piú in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte tra loro: borghesia e proletariato. Dai servi della gleba del medioevo nacquero i piccoli borghesi delle prime città; da essi si svilupparono i primi elementi della borghesia. La scoperta dell’America, la circumnavigazione dell’Africa offrirono un nuovo terreno alla nascente borghesia. Il mercato delle Indie Orientali e della Cina, la colonizzazione dell’America, gli scambi con le colonie, l’incremento dei mezzi di scambio e delle merci in genere, dettero al commercio, alla navigazione, all’industria un impulso senza precedenti, e di conseguenza permisero un rapido sviluppo dell’elemento rivoluzionario all’interno della morente società feudale. Il modo di conduzione dell’industria, fino allora feudale o corporativo, divenne insufficiente per il fabbisogno, che aumentava con l’estendersi dei nuovi mercati. Al suo posto subentrò la manifattura. I maestri artigiani vennero rimpiazzati dal ceto medio industriale; la divisione del lavoro tra le varie corporazioni sparí dinanzi alla divisione del lavoro nella singola officina stessa. I mercati però s’andavano sempre piú estendendo, come costantemente cresceva il fabbisogno. Anche la manifattura divenne insufficiente. Allora il vapore e le macchine rivoluzionarono la produzione industriale. Al posto della manifattura nacque la grande industria moderna, al posto del ceto medio industriale comparvero gli industriali milionari, i capi di interi eserciti industriali, i borghesi moderni. La grande industria ha generato quel mercato mondiale che era stato preparato dalla scoperta dell’America. Esso ha dato un immenso sviluppo al commercio, alla navigazione, alle comunicazioni per terra. Questo sviluppo dal canto suo ha influito sulla espansione industriale, e, nella stessa misura in cui s’accrescevano industria, commercio, navigazione, ferrovia, s’è sviluppata la borghesia, che ha visto aumentare i propri capitali e ha cacciato in secondo piano tutte le classi d’origine feudale. Vediamo perciò come la borghesia moderna sia essa stessa il risultato di un lungo processo di sviluppo, di una serie di rivolgimenti nei modi di produzione e di traffico. Ciascuno di questi gradi di sviluppo della borghesia è accompagnato da un corrispondente sviluppo politico. Ceto oppresso sotto il dominio dei signori feudali, associazione armata e autonoma nel Comune, qui repubblica municipale indipendente, lí terzo stato tributario della monarchia, poi all’epoca della manifattura, nella monarchia controllata degli stati o in quella assoluta contrappeso alla nobiltà ed elemento basilare delle grandi monarchie in genere, la borghesia infine, una volta sorti la grande industria e il mercato mondiale, ha raggiunto il dominio politico esclusivo nello Stato rappresentativo moderno. Il potere politico moderno è solo un comitato che amministra gli affari comuni dell’intera classe borghese. Nella storia la borghesia ha ricoperto un ruolo estremamente rivoluzionario. Dove è giunta al potere, la borghesia ha dissolto ogni condizione feudale, patriarcale, idillica. Ha distrutto spietatamente ogni piú disparato legame che univa gli uomini al loro superiore naturale, non lasciando tra uomo e uomo altro legame che il nudo interesse, lo spietato “pagamento in contanti”. Ha fatto annegare nella gelida acqua del calcolo egoistico i sacri fremiti dell’esaltazione religiosa, dell’entusiasmo cavalleresco, del sentimentalismo piccolo-borghese. Ha risolto nel valore di scambio la dignità della persona e ha rimpiazzato le innumerevoli libertà riconosciute e acquisite con un’unica libertà, quella di un commercio senza freni. In conclusione, al posto dello sfruttamento velato da illusioni religiose e politiche ha messo uno sfruttamento aperto, privo di scrupoli, diretto, arido. La borghesia ha tolto l’aureola a tutte le attività fino a quel momento rispettate e piamente considerate. Ha trasformato il medico, il giurista, il prete, il poeta, l’uomo di scienza in salariati da lei dipendenti. La borghesia ha stracciato nel rapporto familiare il velo di commovente sentimentalismo riducendolo a un mero rapporto di denaro. La borghesia ha fatto vedere come la brutale manifestazione di forza, tipica del medioevo e ammirata dalla reazione, s’accompagnasse intrinsecamente alla piú oziosa infingardaggine. Per prima essa ha rivelato il potere dell’attività umana. Ha creato opere ben piú mirabili che piramidi egizie, acquedotti romani e cattedrali gotiche, ha condotto ben altre spedizioni che le migrazioni dei popoli e le crociate". (Marx-Engels, Manifesto del partito comunista)
La critica filosofica pecca di astrattezza - "Poiché questi giovani hegeliani considerano le rappresentazioni, i pensieri, i concetti, e in genere i prodotti della coscienza da loro fatta autonoma, come le vere catene degli uomini, cosí come i Vecchi hegeliani ne facevano i veri legami della società umana, s’intende facilmente che i Giovani hegeliani devono combattere soltanto contro queste illusioni della coscienza. Poiché secondo la loro fantasia e i loro impedimenti sono prodotti della loro coscienza, i Giovani hegeliani coerentemente chiedono agli uomini, come postulato morale, di sostituire alla loro coscienza attuale la coscienza umana, critica o egoistica, e di sbarazzarsi cosí dei loro impedimenti. Questa richiesta, di modificare la coscienza, conduce all’altra richiesta, d’interpretare diversamente ciò che esiste, ossia di riconoscerlo mediante una diversa interpretazione. Nonostante le loro frasi che, secondo loro “scuotono il mondo”, gli ideologici giovani-hegeliani sono i piú grandi conservatori. I piú giovani tra loro hanno trovato l’espressione giusta per la loro attività, affermando di combattere soltanto contro delle “frasi”. Dimenticano soltanto che a queste frasi essi stessi non oppongono altro che frasi, e che combattono il mondo realmente esistente quando combattono soltanto le frasi di questo mondo. I soli risultati ai quali questa critica filosofica poteva portare erano alcuni e per giunta unilaterali chiarimenti, nel campo della storia della religione, intorno al cristianesimo; tutte le altre loro asserzioni non sono che altri modi di abbellire la pretesa di aver compiuto, con quei chiarimenti insignificanti, scoperte d’importanza storica universale. A nessuno di questi filosofi è venuto in mente di ricercare il nesso esistente tra la filosofia tedesca e la realtà tedesca, il nesso tra la loro critica e il loro proprio ambiente materiale". (Marx-Engels, L'ideologia tedesca)
La critica filosofica si è appiattita sulla religione - "La critica tedesca non ha mai abbandonato, fino ai suoi ultimi sforzi, il terreno della filosofia. Ben lungi dall’indagare sui suoi presupposti filosofici generali, tutti quanti i suoi problemi sono nati anzi sul terreno di un sistema filosofico determinato, l’hegeliano. Non solo nelle risposte, ma già negli stessi problemi c’era una mistificazione. Questa dipendenza da Hegel è la ragione per cui nessuno di questi moderni critici ha neppure tentato una critica complessiva del sistema hegeliano, tanto è la convinzione, in ciascuno di essi, di essersi spinto oltre Hegel. La loro polemica contro Hegel e fra di loro si limita a questo, che ciascuno estrae un aspetto del sistema hegeliano e lo rivolge tanto contro l’intero sistema quanto contro gli aspetti che ne estraggono gli altri. Dapprima si estrassero categorie hegeliane pure, genuine, come la sostanza e l’autocoscienza, poi si contaminarono queste categorie con nomi piú profani, come Specie, l’Unico, l’Uomo, ecc. Tutta la critica filosofica tedesca da Strauss fino a Stirner si limita alla critica delle rappresentazioni religiose. Si cominciò dalla religione reale e dalla teologia vera e propria. Che cosa fosse la coscienza religiosa, la rappresentazione religiosa, fu variamente definito in seguito. Il pregresso consisteva nel sussumere sotto la sfera delle rappresentazioni religiose o teologiche anche le rappresentazioni metafisiche, politiche, giuridiche, morali, ecc. che si presumevano dominanti; nel proclamare cosí che la coscienza giuridica, politica, morale è coscienza religiosa o teologica, e che l’uomo politico, giuridico, morale, cioè “l’uomo”, in ultima istanza, è religioso. Fu presupposto il predominio della religione. A poco a poco ogni rapporto dominante fu dichiarato rapporto di religione e trasformato in culto, culto del diritto, culto dello Stato e cosí via. Dappertutto si aveva a che fare con dogmi e con la fede in dogmi. Il mondo fu canonizzato in misura sempre maggiore, finché da ultimo il venerabile san Max poté canonizzarlo en bloc e liquidarlo una volta per tutte. I Vecchi hegeliani avevano compreso qualsiasi cosa, non appena l’avevano ricondotta ad una categoria logica hegeliana. I Giovani hegeliani criticarono qualsiasi cosa scoprendo in essa idee religiose o definendola teologica. I Giovani hegeliani concordano con i Vecchi hegeliani in quanto credono al predominio della religione, dei concetti dell’universale nel mondo esistente; solo che gli uni combattono quel predominio come usurpazione, mentre gli altri lo esaltano come legittimo". (Marx-Engels, L'ideologia tedesca)
La forza-lavoro come merce - Per forza-lavoro o capacità di lavoro intendiamo l’insieme delle attitudini fisiche e intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella personalità vivente d’un uomo, e che egli mette in movimento ogni volta che produce valori d’uso di qualsiasi genere. Tuttavia, affinché il possessore di denaro incontri sul mercato la forza-lavoro come merce debbono essere soddisfatte diverse condizioni. In sé e per sé, lo scambio delle merci non include altri rapporti di dipendenza fuori di quelli derivanti dalla sua propria natura. Se si parte da questo presupposto, la forza-lavoro come merce può apparire sul mercato soltanto in quanto e perché viene offerta o venduta come merce dal proprio possessore, dalla persona della quale essa è la forza lavoro. Affinché il possessore della forza-lavoro la venda come merce, egli deve poterne disporre, quindi essere libero proprietario della propria capacità di lavoro, della propria persona. Egli si incontra sul mercato con il possessore di denaro e i due entrano in rapporto reciproco come possessori di merci, di pari diritti, distinti solo per essere l’uno compratore, l’altro venditore, persone dunque giuridicamente eguali. La continuazione di questo rapporto esige che il proprietario della forza-lavoro la venda sempre e soltanto per un tempo determinato; poiché se la vende in blocco, una volta per tutte, vende se stesso, si trasforma da libero in schiavo, da possessore di merce in merce. Il proprietario di forza-lavoro, quale persona, deve riferirsi costantemente alla propria forza-lavoro come a sua proprietà, quindi come a sua propria merce; e può farlo solo in quanto la mette a disposizione del compratore ossia gliela lascia per il consumo, sempre e soltanto, transitoriamente, per un periodo determinato di tempo, e dunque, mediante l’alienazione di essa, non rinuncia alla sua proprietà su di essa. La seconda condizione essenziale, affinché il possessore del denaro trovi la forza-lavoro sul mercato come merce, è che il possessore di questa non abbia la possibilità di vendere merci nelle quali si sia oggettivato il suo lavoro, ma anzi, sia costretto a mettere in vendita, come merce, la sua stessa forza-lavoro, che esiste soltanto nella sua corporeità vivente. Affinché qualcuno venda merci distinte dalla propria forza-lavoro, deve, com’è ovvio, possedere mezzi di produzione, p. es. materie prime, strumenti di lavoro, ecc. Non può fare stivali senza cuoio. Inoltre, ha bisogno di mezzi di sussistenza. Nessuno, neppure un musicista avvenirista, può campare dei prodotti avvenire, quindi neppure di valori d’uso la cui produzione è ancora incompleta; l’uomo è costretto ancora a consumare, giorno per giorno, prima di produrre e mentre produce, come il primo giorno della sua comparsa sulla scena della terra. Se i prodotti vengono prodotti come merci, debbono essere venduti dopo essere stati prodotti e possono soddisfare i bisogni del produttore soltanto dopo la vendita. Al tempo della produzione s’aggiunge il tempo necessario per la vendita. Dunque, per trasformare il denaro in capitale il possessore di denaro deve trovare sul mercato delle merci il lavoratore libero; libero nel duplice senso che disponga della propria forza lavorativa come propria merce, nella sua qualità di libera persona, e che, d’altra parte, non abbia da vendere altre merci, che sia privo ed esente, libero di tutte le cose necessarie per la realizzazione della sua forza-lavoro. Per il possessore di denaro, che trova il mercato del lavoro come sezione particolare del mercato delle merci, non ha alcun interesse il problema del perché quel libero lavoratore gli si presenti nella sfera della circolazione. E per il momento non ha interesse neppure per noi. Noi teniamo fermo, sul piano teorico, al dato di fatto, come fa il possessore di denaro sul piano pratico. Una cosa è evidente, però. La natura non produce da una parte possessori di denaro o di merci e dall’altra puri e semplici possessori della propria forza lavorativa. Questo rapporto non è un rapporto risultante dalla storia naturale e neppure un rapporto sociale che sia comune a tutti i periodi della storia. Esso stesso è evidentemente il risultato d’uno svolgimento storico precedente, il prodotto di molti rivolgimenti economici, del tramonto di tutta una serie di formazioni piú antiche della produzione sociale. [...] Ormai dobbiamo considerare piú da vicino quella merce peculiare che è la forza-lavoro. Essa ha un valore, come tutte le altre merci. Come viene determinato? Il valore della forza-lavoro, come quello di ogni altra merce, è determinato dal tempo di lavoro necessario alla produzione e, quindi anche alla riproduzione, di questo articolo specifico. In quanto valore, anche la forza-lavoro rappresenta soltanto una quantità determinata di lavoro sociale medio oggettivato in essa. La forza-lavoro esiste soltanto come attitudine naturale dell’individuo vivente. Quindi la produzione di essa presuppone l’esistenza dell’individuo. Data l’esistenza dell’individuo, la produzione della forza-lavoro consiste nella riproduzione, ossia nella conservazione di esso. Per la propria conservazione l’individuo vivente ha bisogno di una certa somma di mezzi di sussistenza. Dunque il tempo di lavoro necessario per la produzione della forza-lavoro si risolve nel tempo di lavoro necessario per la produzione di quei mezzi di sussistenza; ossia. il valore della forza-lavoro è il valore dei mezzi di sussistenza necessari per la conservazione del possessore della forza-lavoro. Però, la forza-lavoro si realizza soltanto per mezzo della sua estrinsecazione, si attua soltanto nel lavoro. Ma nell’attuazione della forza-lavoro, nel lavoro, si ha dispendio di una certa quantità di muscoli, nervi, cervello, ecc. umani, la quale deve a sua volta esser reintegrata. Questo aumento d’uscita esige un aumento d’entrata. Se il proprietario di forza-lavoro ha lavorato oggi, deve esser in grado di ripetere domani lo stesso processo, nelle stesse condizioni di forza e salute. La somma dei mezzi di sussistenza deve dunque essere sufficiente a conservare l’individuo che lavora nella sua normale vita, come individuo che lavora. I bisogni naturali, come nutrimento, vestiario, riscaldamento, alloggio ecc., sono differenti di volta in volta a seconda delle peculiarità climatiche e delle altre peculiarità naturali dei vari paesi. D’altra parte, il volume dei cosiddetti bisogni necessari, come pure il modo di soddisfarli, è anch’esso un prodotto della storia, dipende quindi in gran parte dal grado d’incivilimento di un paese e, fra l’altro, anche ed essenzialmente dalle condizioni, quindi anche dalle abitudini e dalle esigenze fra le quali e con le quali si è formata la classe dei liberi lavoratori. Dunque la determinazione del valore della forza-lavoro, al contrario che per le altre merci, contiene un elemento storico e morale. Ma per un determinato paese, in un determinato periodo, il volume medio dei mezzi di sussistenza necessari, è dato. Il proprietario della forza-lavoro è mortale. Dunque, se la sua presenza sul mercato dev’essere continuativa, come presuppone la trasformazione continuativa del denaro in capitale, il venditore della forza-lavoro si deve perpetuare, “come si perpetua ogni individuo vivente, con la procreazione”. Le forze-lavoro sottratte al mercato dalla morte e dal logoramento debbono esser continuamente reintegrate per lo meno con lo stesso numero di forze-lavoro nuove. Dunque, la somma dei mezzi di sussistenza necessari alla produzione della forza-lavoro include i mezzi di sussistenza delle forze di ricambio, cioè dei figli dei lavoratori, in modo che questa razza di peculiari possessori di merci si perpetui sul mercato". (Marx, Il Capitale)
Struttura e sovrastruttura - "Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi serví da filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato cosí: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge piú o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive della società e i rapporti di produzione. Una formazione sociale non perisce finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione. A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno possono essere designati come epoche che marcano il progresso della formazione economica della società. I rapporti di produzione borghese sono l’ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale; antagonistica non nel senso di un antagonismo individuale, ma di un antagonismo che sorga dalle condizioni di vita sociali degli individui. Ma le forze produttive che si sviluppano nel seno della società borghese creano in pari tempo le condizioni materiali per la soluzione di questo antagonismo. Con questa formazione sociale si chiude dunque la preistoria della società umana." (Marx, Per la critica dell’economia politica)
La proprietà privata è il frutto del lavoro alienato - "Se il prodotto del lavoro non appartiene all’operaio, e un potere estraneo gli sta di fronte, ciò è possibile soltanto per il fatto che esso appartiene ad un altro estraneo all’operaio. Se la sua attività è per lui un tormento, deve essere per un altro un godimento, deve essere la gioia della vita altrui. Non già gli dèi, non la natura, ma soltanto l’uomo stesso può essere questo potere estraneo al di sopra dell’uomo. Si ripensi ancora alla tesi sopra esposta, che il rapporto dell’uomo con se stesso è per lui un rapporto oggettivo e reale soltanto attraverso il rapporto che egli ha con gli altri uomini. Se quindi egli sta in rapporto al prodotto del suo lavoro, al suo lavoro oggettivato come in rapporto ad un oggetto estraneo, ostile, potente, indipendente da lui, sta in rapporto ad esso in modo che padrone di questo oggetto è un altro uomo, a lui estraneo, ostile, potente e indipendente da lui. Se si riferisce alla sua propria attività come a una attività non libera, si riferisce a essa come un’attività che è al servizio e sotto il dominio, la coercizione e il giogo di una altro uomo. [...] Dunque, col lavoro estraniato, alienato, l’operaio pone in essere il rapporto di un uomo che è estraneo e al di fuori del lavoro, con questo stesso lavoro. Il rapporto dell’operaio col lavoro pone in essere il rapporto del capitalista - o come altrimenti si voglia chiamare il padrone del lavoro - col lavoro. La proprietà privata è quindi il prodotto, il risultato, la conseguenza necessaria del lavoro alienato, del rapporto di estraneità che si stabilisce tra l’operaio, da un lato, e la natura e lui stesso dall’altro. La proprietà privata si ricava quindi mediante l’analisi del concetto del lavoro alienato, cioè dell’uomo alienato, del lavoro estraniato, della vita estraniata, dell’uomo estraniato." (Marx, , Manoscritti economico-filosofici del 1844)
La vera emancipazione - "È a questo punto che ci si accorge che il problema ebraico è stato impostato in modo unilaterale. Le domande “chi deve emancipare? Chi deve essere emancipato?” non avevano dato fondo al problema. C’era una terza questione che la critica doveva porsi. Essa doveva cioè domandarsi: Di quale tipo di emancipazione si tratta?”. Quali condizioni sono implicite nell’essenza dell’emancipazione che vien chiesta? La critica dell’emancipazione politica stessa sarebbe la critica definitiva della questione ebraica, ed equivarrebbe a risolverla senza residui nel “problema generale del nostro tempo”. Dato che Bauer non discute il problema a questo livello, finisce col cadere in contraddizioni. Egli pone condizioni che non sono implicite nell’essenza stessa dell’emancipazione politica. Mette in campo problemi che sono estranei al suo tema, e tratta temi che lasciano irrisolto il suo problema. Degli avversari dell’emancipazione degli Ebrei il Bauer dice: “Il loro solo errore fu di presupporre che lo Stato cristiano è l’unico vero Stato, e di non sottoporlo alla stessa critica che avevano esercitato contro l’ebraismo” (p. 3); e noi scorgiamo l’errore nel Bauer nel fatto che egli critica solo lo “Stato cristiano” e non “lo Stato” senza aggettivi, nel fatto che egli non analizza il rapporto tra emancipazione politica ed emancipazione umana, e pone quindi condizioni che si possono spiegare soltanto con una acritica confusione della emancipazione politica con l’emancipazione umana in generale. Dato che Bauer domanda agli Ebrei: “Dal vostro punto di vista, avete il diritto di aspirare all’emancipazione politica?” noi domandiamo, rovesciando il problema: “Chi imposta il problema in termini di emancipazione politica ha il diritto di esigere che l’Ebreo superi l’ebraismo e che l’uomo in genere superi la religione?”.(Marx, La questione ebraica)
La vera liberazione umana - "Naturalmente non ci daremo la pena d’illuminare i nostri sapienti filosofi sul fatto che la “liberazione” dell’“uomo” non è ancora avanzata di un passo quando essi abbiano risolto la filosofia, la teologia, la sostanza e tutta l’immondizia nell’“autocoscienza”, quando abbiano liberato l’“uomo” dal dominio di queste frasi, dalle quali non è mai stato asservito; che non è possibile attuare una liberazione reale se non nel mondo reale e con mezzi reali, che la schiavitú non si può abolire senza la macchina a vapore e la Mule-Jenny, né la servitú della gleba senza un’agricoltura migliorata, che in generale non si possono liberare gli uomini finché essi non sono in grado di procurarsi cibo e bevanda, abitazione e vestiario in qualità e quantità completa. La “liberazione” è un atto storico, non un atto ideale, ed è attuata da condizioni storiche, dallo stato dell’industria, del commercio, dell’agricoltura, delle relazioni. [...] e in realtà per il materialista pratico, cioè per il comunista, si tratta di rivoluzionare il mondo esistente, di metter mano allo stato di cose incontrato e di trasformarlo." (Marx-Engels, L'ideologia tedesca)
Lavoro generale astratto e socialità - "Caratteristico del lavoro che crea valore di scambio è infine che il rapporto sociale delle persone si rappresenta per cosí dire rovesciato, cioè come rapporto sociale delle cose. Soltanto in quanto un valore d’uso si riferisce all’altro quale valore di scambio, il lavoro di presone diverse è riferito l’uno all’altro come a lavoro uguale e generale. Quindi, se è esatto dire che il valore di scambio è un rapporto fra persone, bisogna tuttavia aggiungere: un rapporto celato sotto il velo delle cose. Allo stesso modo che una libbra di ferro e una libbra d’oro rappresentano lo stesso quantitativo di peso malgrado le loro qualità fisiche e chimiche diverse, due valori d’uso di merci, in cui sia contenuto lo stesso tempo di lavoro, rappresentano lo stesso valore di scambio. Il valore di scambio appare in tal modo come determinazione naturale sociale dei valori d’uso, come determinazione che spetta a questi in quanto cose, e a causa della quale nel processo di scambio essi si sostituiscono a vicenda secondo determinati rapporti quantitativi, costituiscono equivalenti, allo stesso modo che le sostanze chimiche semplici si combinano secondo determinati rapporti quantitativi, costituendo equivalenti chimici. È soltanto l’abitudine della vita quotidiana che fa apparire come cosa banale, come cosa ovvia, che un rapporto di produzione sociale assuma la forma di un oggetto, cosicché il rapporto fra le persone nel loro lavoro si presenti piuttosto come un rapporto reciproco fra cose e fra cose e persone". (Marx, Per la critica dell’economia politica)
Meriti e demeriti di Lutero - "Infatti il passato rivoluzionario della Germania è teorico: è la Riforma. Allora la rivoluzione ebbe inizio nella testa di un monaco, oggi in quella di un filosofo. Lutero, invero, vinse la servitú per devozione sostituendovi la servitú per convinzione. Egli ha spezzato la fede nell’autorità, restaurando l’autorità della fede. Egli ha trasformato i preti in laici, trasformando i laici in preti. Egli ha liberato l’uomo dalla religiosità esteriore, facendo della religiosità l’interiorità dell’uomo. Egli ha svincolato il corpo dalle catene, incatenandone il cuore. Ma se il protestantesimo non costituí la vera soluzione, diede tuttavia origine a una giusta formulazione del problema. Non si trattava piú della lotta del laico contro il prete, ossia contro qualcosa di esterno, bensí contro il suo proprio prete interiore, contro la sua natura pretesca. E se la metamorfosi protestante dei laici tedeschi in preti ha emancipato i papi laici, ossia i príncipi con il loro clero, i privilegiati e i filistei, la metamorfosi filosofica dei preti tedeschi in uomini emanciperà il popolo. Ma come l’emancipazione non si limitò ai príncipi, cosí la secolarizzazione dei beni non si limiterà alla spoliazione delle chiese, che fu praticata soprattutto dall’ipocrita Prussia. Allora, la guerra dei contadini, l’evento piú radicale della storia tedesca, fu annientata dalla teologia. Oggi che la stessa teologia è tramontata, il fatto piú illiberale della storia tedesca, il nostro status quo, s’infrangerà contro la filosofia. Alla vigilia della Riforma, la Germania ufficiale era il piú incondizionato servo di Roma. Alla vigilia della sua rivoluzione, essa è il servo incondizionato di qualcosa di ben inferiore a Roma: della Prussia e dell’Austria, dei nobilastri di campagna e dei filistei". (Marx, Critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione)
Perchè scoppiano le rivoluzioni - "Questa contraddizione fra le forze produttive e la forma di relazioni, che come abbiamo visto si è già manifestata piú volte nella storia fino ad oggi senza però compromettere la base, dovette esplodere ogni volta in una rivoluzione, assumendo in pari tempo diverse forme accessorie, come totalità di collisioni, come collisioni di diverse classi, contraddizione della coscienza, lotta ideologica, ecc., lotta politica, ecc. Da un punto di vista limitato si può isolare una di queste forme accessorie e considerarla come la base di quelle rivoluzioni, ciò che è tanto piú facile in quanto gli individui da cui procedevano le rivoluzioni si facevano essi stessi delle illusioni sulla loro propria attività, a seconda del loro grado di cultura e dello stadio dello sviluppo storico. Secondo la nostra concezione, dunque, tutte le collisioni della storia hanno la loro origine nella contraddizione tra le forze produttive e la forma di relazioni. D’altronde non è necessario che per provocare delle collisioni in un paese questa contraddizione sia spinta all’estremo in questo paese stesso. La concorrenza con paesi industrialmente piú progrediti, provocata dall’allargamento delle relazioni internazionali, è sufficiente per generare una contraddizione analoga anche nei paesi con industria meno sviluppata (per esempio il proletariato latente in Germania, fatto apparire dalla concorrenza dell’industria inglese)". (Marx-Engels, L'ideologia tedesca)
Diversità rispetto a Hegel - "Per il suo fondamento, il mio metodo dialettico non solo è differente da quello hegeliano, ma ne è anche direttamente l'opposto. Per Hegel il processo del pensiero, che egli, sotto il nome di Idea, trasforma addirittura in soggetto indipendente, è il demiurgo del reale, mentre il reale non è che il fenomeno esterno del pensiero; per me, viceversa, l'elemento ideale non è altro che l'elemento materiale trasferito e tradotto nel cervello degli uomini. [...] Ho criticato il lato mistificatore della dialettica hegeliana quasi trent'anni fa, quando era ancora la moda del giorno. Ma proprio mentre elaboravo il primo volume del Capitale i molesti, presuntuosi e mediocri epigoni che dominano nella Germania cólta si compiacevano di trattare Hegel come ai tempi di Lessing il bravo Moses Mendelssohn trattava Spinoza: come un “cane morto”. Perciò mi sono professato apertamente scolaro di quel grande pensatore e ho perfino civettato qua e là, nel capitolo sulla teoria del valore, con il modo di esprimersi che gli è peculiare. La mistificazione alla quale soggiace la dialettica nelle mani di Hegel non toglie in nessun modo che egli sia stato il primo ad esporre ampiamente e consapevolmente le forme generali del movimento della dialettica stessa. In lui essa è capovolta. Bisogna rovesciarla per scoprire il nocciolo razionale entro il guscio mistico".
(Marx, Poscritto alla seconda edizione de “ Il capitale”.
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