Una luce nel labirinto

Una luce nel labirinto
Non arrendersi mai.

una luce nel labirinto

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Non sottomettersi mai.

martedì 22 giugno 2021

Per un mondo nuovo!

Per un mondo nuovo! Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, in una intervista a La Repubblica del 21.06.2021 afferma:” …Così si mette a rischio la tenuta democratica…la nostra è una Repubblica democratica-è scritto nella Costituzione- fondata sul lavoro. Ma ora domina lo sfruttamento del lavoro, la precarietà del lavoro, l’insicurezza del lavoro. Si è passati dalla tutela del lavoro al disprezzo del lavoro…il tempo di vita del lavoro viene piegato al mercato e al profitto e non alla centralità della persona. Questa assenza di vincoli sociali mette a rischio anche la tenuta democratica di un Paese. Dove stiamo andando?...E’ in atto da anni, più di venti, una metamorfosi del rapporto tra capitale e lavoro. Fino ad ora ha prevalso la logica di mercato e del profitto e così il lavoro è stato progressivamente svalorizzato: salari bassi, tagli agli investimenti in ricerca e innovazione, scarsa formazione, produttività ferma. E non è accaduto per caso. Una sequenza di leggi ha portato al punto in cui ci troviamo: è stata rilegittimata l’intermediazione di manodopera, un tempo vietata; è stata legalizzata la catena infinita degli appalti con la logica del massimo ribasso, per garantire i guadagni delle aziende, ma non i diritti e la dignità di chi lavora. La giungla in cui ci troviamo nasce da una serie di leggi sbagliate…” A questa analisi il Segretario fa seguire proposte basate sulla benevolenza del governo e delle associazioni imprenditoriali, non rivendicazioni chiare che uniscano i lavoratori in una lotta di difesa delle condizioni di lavoro e di vita. Sono parole più da istituto di analisi sociali che da dirigente sindacale. Lo sfruttamento del lavoro, la precarietà del lavoro, l’insicurezza del lavoro, il tempo di vita del lavoro piegato al mercato e al profitto, la centralità dello stesso e non della persona, la logica del mercato e del profitto, la tendenza a tenere bassi i salari sono proprio del sistema capitalistico al di là delle forme istituzionali che questo assume. Con la lotta i lavoratori acquisiscono migliori condizioni di lavoro e di vita, ma non riescono mai a sottrarsi alla logica del profitto fin tanto che la società è basata sui rapporti di produzione. Senza lotta, anche per carenza di indicazioni chiare dell’organizzazione sindacale, peggiorano sempre più le loro qualità di lavoro e di vita. Dopo il 1968-69, anni di importanti conquiste del mondo del lavoro nelle unità produttive e nella società, negli ultimi cinquant’anni, si è fatto di tutto per tornare indietro a situazioni da inizio ‘900 con restaurazione, dal sistema chiamate riforma, che alla lettera significa introdurre principi migliorativi, di norme, alcune anche con accordi sindacali, su pensioni, liquidazioni, scatti di anzianità, flessibilità di orari di lavoro, mercato del lavoro e tipologia di contratti, salari legati alla produttività, che andavano contrastate con decisione e non come è stato realizzato. L’attuale realtà è anche figlia della collaborazione del sindacato “alla difesa del Paese e agli interessi generali di esso”, in sostanza del capitale e della rendita. Siamo arrivati al punto che i lavoratori vengono sfruttati al massimo nei posti di lavoro per uno stipendio da fame, mentre la disoccupazione cresce sempre più. La povertà assoluta , secondo i dati ISTAT è aumentata. “Finire in povertà assoluta al Nord significa per una famiglia di quattro persone con un neonato e un bimbo alle elementari e due genitori giovani non essere in grado di sostenere spese per 1438 euro al mese nei piccoli comuni, 1512 euro in periferia delle grandi città,1581 euro nelle zone più centrali. Al Sud questa soglia oscilla tra 1281 e1368 euro.” La repubblica del 17.06.2021. Credo che, tenendo conto dei criteri di analisi della povertà, i poveri siano molti di più, guardando anche ai salari di chi lavora. La realtà, purtroppo, per la classe lavoratrice è drammatica e il futuro non prospetta situazioni favorevoli. La stessa svolta green nella produzione, anche se nessuno lo dice, porterà diminuzione di occupati per milioni di unità nel mondo. Allora diciamo “bando alle ciance”! Questa dimensione socio-economica non può essere affrontata rincorrendo ogni volta gli ordini del giorno delle imprese e dei governi di turno, oggi rappresentato dal Commissario dell’Europa Mario Draghi. I lavoratori devono avere una piattaforma rivendicativa che difenda i loro interessi e non sia collaborazionista con la dura realtà alle porte. I punti principali devono essere: contratti di lavoro basati su tempo indeterminato, tempo parziale, tempo determinato solo per sostituzioni ferie, maternità e periodi d’intensificazione produttiva, da contrattare con il sindacato; reintroduzione dell’art. 18; età pensionabile a 62 anni per gli uomini e 57 per le donne con l’ 80 % dello stipendio e, per coloro che raggiungono i 38 anni di contributi, trattamento pensionistico anche in età inferiore; indicizzazione delle pensioni al 100% riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali a parità di stipendio, unico modo per difendere l’occupazione, visto che gl’investimenti, se non vi sono nuovi insediamenti produttivi, sono intensivi, ovvero in tecnologie, ed hanno come conseguenza la diminuzione degli occupati; forte aumento degli stipendi non legato alla produttività; abolire l’appalto e il subappalto; reddito di vita universale dai 18 anni in su; abolizione agenzie interinali e spazio unico agli uffici del lavoro nell’ offerta di lavori con potenziamento di organico. Questi punti vanno discussi nelle assemblee con i lavoratori, presentati alle associazioni imprenditoriali e al governo, perseguiti con momenti di lotta a livello generale fino al raggiungimento degli obiettivi, cercando anche l’unità con tutti i lavoratori europei. Naturalmente i pugilatori a pagamento con lingua da schiavi del sistema, in qualsiasi ambito essi operino, di fronte a tali istanze della classe lavoratrice direbbero subito che il mondo è cambiato, non è più quello del novecento, che oggi bisogna essere uniti e collaborare, come se i lavoratori non subiscano, nonostante il progresso tecnologico, lo stesso sfruttamento del secolo scorso e, in certi casi, sono ridotti alla schiavitù; come se non vi siano bambini in questa epoca sfruttati sul lavoro, 160 milioni, secondo i dati dell’ILO e dell’UNICEF. I soldi ci sono! Se tutti pagassero le tasse, versassero i contributi, ci fosse una vera lotta alla corruzione e all’evasione fiscale e contributiva, si avrebbe a disposizione più di quanto si spende per l’attuale Stato sociale. La realtà vede , invece, la classe lavoratrice sobbarcarsi il peso di categorie, spesso parassitarie, rappresentate da tutte le forze politiche parlamentari, che vendono chiacchiere a chi lavora e regalano privilegi a chi gode del plusvalore estratto alla classe lavoratrice. Il sindacato dei lavoratori deve fare il suo mestiere e il suo ruolo si svolge nella difesa di chi vive vendendo o le braccia o la sua intelligenza. Se non si pone in questa ottica il sindacato è sempre dei lavoratori, ma alla guida ha chi non rappresenta i loro interessi, ma quelli del sistema, nascosti con luoghi comuni stantii e di vecchia data. “I sindacati mancano in genere al proprio scopo in quanto si limitano a una guerra di scaramucce contro gli effetti del regime esistente, anziché lavorare nello stesso tempo alla sua trasformazione e servirsi della propria forza organizzata come di una leva per l’emancipazione definitiva della classe lavoratrice” K. Marx «Tutta la storia dell’industria moderna mostra che il capitale, se non gli viene posto dei freni, lavora senza scrupoli e senza misericordia per precipitare tutta la classe operaia a questo livello della più profonda degradazione».«Opponendosi a questi sforzi del capitale con la lotta per degli aumenti di salario corrispondenti alla maggiore tensione del lavoro, l’operaio non fa niente altro che opporsi alla svalutazione del suo lavoro e alla degenerazione della sua razza. «Lo schiavo riceve una quantità fissa e costante di mezzi per il suo sostentamento; l’operaio salariato no. Egli deve tentare di ottenere, in un caso, un aumento di salario, non fosse altro, almeno, che, per compensare la diminuzione dei salari nell’altro caso. Se egli si rassegnasse ad accettare la volontà, le imposizioni dei capitalisti come una legge economica permanente, egli condividerebbe tutta la miseria di uno schiavo, senza godere la posizione sicura dello schiavo». «La determinazione del suo livello reale (cioè del livello del saggio di profitto), viene decisa soltanto dalla lotta incessante tra capitale e lavoro; il capitalista cercando costantemente di ridurre i salari al loro limite fisico minimo e di estendere la giornata di lavoro al suo limite fisico massimo, mentre l’operaio esercita costantemente una pressione in senso opposto. La cosa si riduce alla questione dei rapporti di forza delle parti in lotta (...) È proprio questa necessità di una azione politica generale che ci fornisce la prova che nella lotta puramente economica il capitale è il più forte». Ed appunto per questo, «se la classe operaia cedesse per viltà nel suo conflitto con il capitale, si priverebbe essa stessa della capacità d’intraprendere un qualsiasi movimento più grande». «Nello stesso tempo la classe operaia, indipendentemente dalla servitù generale che è legata al sistema del salario, non deve esagerare a sé stessa il risultato finale di questa lotta quotidiana. Non deve dimenticare che essa lotta contro gli effetti, ma non contro le cause di questi effetti; che essa può soltanto frenare il movimento discendente, ma non mutarne la direzione; che essa applica soltanto dei palliativi, ma non cura la malattia. Perciò essa non deve lasciarsi assorbire esclusivamente da quest’inevitabile guerriglia, che scaturisce incessantemente dagli attacchi continui del capitale o dai mutamenti del mercato. «Essa deve comprendere che il sistema attuale, con tutte le miserie che accumula sulla classe operaia, genera nello stesso tempo le condizioni materiali e le forme sociali necessarie per una ricostruzione economica della società. Invece della parola d’ordine conservatrice: "Un equo salario per un’equa giornata di lavoro", gli operai devono scrivere sulla loro bandiera il motto rivoluzionario: "Soppressione del sistema del salario"». «La tendenza generale della produzione capitalista non è di elevare il salario normale medio, ma di ridurlo. Le Trade Unions compiono un buon lavoro come centri di resistenza contro gli attacchi del capitale; in parte si dimostrano inefficaci in seguito a un impiego irrazionale della loro forza. Esse mancano, in generale, al loro scopo perché si limitano ad una guerriglia contro gli effetti del sistema esistente, invece di tendere nello stesso tempo alla sua trasformazione e di servirsi della loro forza organizzata come di una leva per la liberazione definitiva .>>. K.Marx, Salario, prezzo e profitto. Mettiamo uno specchio nell’anima e lottiamo per UN MONDO NUOVO, unica frontiera per essere felici.

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