mercoledì 24 settembre 2025
Capitalismo, mondo di "Disio senza speme."
Capitalismo, mondo di “Disio senza speme”.
Comunismo, causa di tutta l’”Umanità”.
L’essere umano ha da sempre desiderato una vita serena, tranquilla, libero dai bisogni. Ed ogni azione di qualsiasi individuo, al di là dei giudizi morali, è mossa dalla volontà di giungere a questo obiettivo.
Quante volte abbiamo ascoltato qualcuno dire:” Ah …se avessi tanto denaro quante cose potrei fare.
Farei questo…quest’altro…quest’altro ancora…”.
La possibilità di una vita sognata in questo mondo passa attraverso il denaro e la sua quantità determina le condizioni di vita materiali.
L’autonomia , l’emancipazione, la libertà sono dovuti allo “Schiavo giallo”, il denaro, battezzato così da Shakespeare.
Questa prodigiosa materia capace di “rendere nero il bianco, bello il brutto, diritto il torto, nobile il basso, giovane il vecchio e valoroso il codardo.”
“Oh, ma che trovo mai qua sotto… oro? Oro giallo, lucente, oro prezioso?… No, dèi, non formulo voti insinceri: radici ho chiesto solo, chiari cieli! Tant’oro come questo è sufficiente a fare nero il bianco, bello il brutto, giusto l’ingiusto, nobile il volgare, giovane il vecchio, vile il coraggioso. O dèi, perché? Che cos’è questo, o dèi? Questo allontanerà dai vostri altari i vostri preti e i vostri servitori, questo farà strappare da sotto il capo dei vivi moribondi gli origlieri. Questo giallo ribaldo cucirà insieme e romperà a vicenda ogni fede, renderà sacro l’empio, farà gradita l’aborrita lebbra, metterà i ladri nei posti migliori e darà loro titoli onorifici e inchini e generale approvazione dai senatori seduto a consesso. È lui che fa che l’avvizzita vedova si rimariti: lei, cui l’ospedale e l’ulcerose piaghe in tutto il corpo fanno apparire cosa disgustosa, l’oro imbalsama, rende profumata e riconduce ai giorni dell’aprile. Vieni, vieni, metallo maledetto, tu, puttana di tutto l’uman genere, motivo di discordia tra le genti, saprò ben io quel che fare di te, in modo cònsono alla tua natura! “
Shakespeare, Timone di Atene
Partendo da questa realtà ogni essere umano, dotato di intelligenza ed onestà intellettuale, dovrebbe ammettere che la persona non sarà mai libera di emanciparsi e non avrà mai pari opportunità se le condizioni materiali non saranno pari per tutti.
Un essere umano non sarà mai libero se dovrà vendere il suo corpo o la sua anima per sopravvivere.
E fin quando un solo essere umano è costretto ad elemosinare la vita, la società non può dirsi libera, giusta, eguale, fraterna.
Ogni individuo ha i suoi desideri, i suoi sogni, ma in questo mondo per la quasi totalità rimangono desideri e sogni senza alcuna speranza di realizzazione.
La conseguenza delle delusioni è prendersela con cause che sono effetti della causa principale: questa struttura socio-economica è fondata sull’interesse privato e non sociale.
“ Se il ben inteso interesse è il principio di ogni morale, ciò che importa è che l’interesse privato dell’uomo coincida con l’interesse umano. Se l’uomo non è libero in senso materialistico, cioè se è libero non per la forza negativa di evitare questo o quello, ma per la capacità positiva di affermare la sua vera individualità, non si deve punire il delitto del singolo, ma distruggere i luoghi antisociali dove il delitto nasce, e dare a ciascuno nella società il posto di cui ha bisogno per l’estrinsecazione essenziale della sua vita.
Se l’uomo è formato dalle circostanze , si devono rendere umane le circostanze.
Se l’uomo è sociale per natura, egli sviluppa la sua vera natura solo nella società, e la potenza della sua natura deve trovare la sua misura non nella potenza dell’individuo singolo, ma nella potenza della società.”
La sacra famiglia
K. Marx, F. Engels.
“Dobbiamo operare affinchè alcun essere umano sia schiavo di un altro essere umano né materialmente né moralmente.
Dobbiamo creare un mondo basato sulla fratellanza, uguaglianza, libertà e, quindi, sulla pace, sull’amore, ove ognuno dia il suo contributo sociale e dalla società riceva la possibilità di soddisfare i suoi bisogni materiali e morali.
Un mondo ove uomini e donne abbiano la possibilità di vivere come meglio credono e ove sono loro a decidere del presente e del futuro.
Gli occhi oltre il cielo
Giuseppe Calocero.
C’è molto da fare!
I mass-media dominanti propagandano sfiducia e rassegnazione, i loro luoghi comuni dicono che il mondo è stato sempre così e così sarà.
Dicono falsità!
Il mondo economico e sociale ha subito varie trasformazioni nella storia a seconda dello sviluppo delle forze produttive, è stato, è, sempre dinamico, mai statico.
In ogni modello socio-economico, che si è succeduto nella storia, crescevano gli embrioni della società seguente.
Nella società odierna vi sono gli embrioni della nuova frontiera dell’umanità.
Bisogna accudirli, farli crescere!
C’è molto da fare!
“Per i suoi principi, il comunismo è al di sopra del dissidio tra borghesia e proletariato, poiché lo considera giustificato nel suo significato storico soltanto per il presente, non per il futuro; esso intende appunto sopprimere tale dissidio.
Riconosce perciò, finchè il dissidio permane; che il risentimento del proletariato contro i suoi oppressori è una necessità, che rappresenta la leva più importante del movimento operaio ai suoi inizi; ma va oltre tale risentimento, perché il comunismo è appunto una causa di tutta l’umanità, non soltanto degli operai.”
La situazione della classe operaia in Inghilterra.
F. Engels.
Un mondo nuovo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di giungere a quanto sognato!
Ogni essere umano ha nella conoscenza le ali per volare, chi ignora la possibilità di sapere si taglia le ali da solo!
martedì 23 settembre 2025
Il capitalismo e le sue maledizioni.
Le maledizioni del capitalismo.
Il capitalismo sia nella forma democratica sia in quella dittatoriale si basa sulla ricerca continua del profitto per le aziende, che garantisce la rendita per la sua base di massa, la media e piccola borghesia. Ogni azienda e ogni Stato, amministratore degl’interessi della borghesia, è in lotta con altre aziende e Stati per giungere all’obiettivo. Il capitalismo è di conseguenza guerra sia in tempi di “cosiddetta” pace sia in tempi di guerra con le armi. “ La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi.” Così scriveva, centrando il vero senso del capitalismo, il generale prussiano Clausewitz nel libro “Della guerra”. Libertà per il capitale è la libertà di fare profitti, uguaglianza è dare possibilità a ogni capitalista di concorrere al profitto, fraternità è essere uniti contro la classe lavoratrice, senza la quale il sistema non potrebbe reggere. Nell’attuale dimensione economico-sociale le parole amore, pace, libertà, uguaglianza, fratellanza, rispetto dell’essere umano sono solo parole, vuote di ogni contenuto reale. In realtà basterebbe liberare gli occhi dalle bende che ci mettono i mass-media e i vari pugilatori con mente e lingua da schiavi per vedere la nuda realtà in cui l’umanità si trova a sopravvivere. Due miliardi di esseri umani sono sotto alimentati, 50 milioni di bambini muoiono ogni anno per fame, centinaia di migliaia di proletari perdono la vita in guerre in nome degl’interessi dei vari Paesi capitalistici, milioni di lavoratori che, pur lavorando, non riescono a soddisfare i bisogni materiali e spirituali, tanti bambini sfruttati in tenera età, anche nei, cosiddetti, Paesi democratici, donne che non hanno ancora la serenità di poter vivere la propria vita in piena libertà sia materiale sia spirituale, milioni di esseri umani trattati come esercito di riserva nella loro vita da disoccupati senza alcuna assistenza. Questa è la cruda realtà, non quella che ci propinano a piene mani i mass-media e i pugilatori a pagamento con mente e lingua da schiavi. Ci dicono che il sistema non è perfetto, ma è l’unico possibile. E’ falso! Viviamo in un sistema dove la produzione di beni è sociale mentre l’appropriazione è oligarchica, di pochi. Il nodo gordiano da sciogliere è rendere anche l’appropriazione sociale, di tutti. Oggi la produzione mondiale di beni supera il doppio di ciò che servirebbe per garantire a tutti piena soddisfazione delle proprie necessità. Se questo non avviene è per responsabilità dell’ottica del profitto. Per il capitale conta più guadagnare denari che il bene dell’umanità. Per continuare a far tenere le bende davanti agli occhi ai cittadini, sempre più velocemente rispetto al passato, cambiano i piazzisti della politica borghese al governo che promettono nuove realtà, mettendo esseri umani contro esseri umani, già questo mostra il loro animo barbaro, ma che alla fine non cambiano alcunchè, essendo cani da guardia del sistema. Nel capitalismo cambia l’orchestra, ma la musica non cambia! L’umanità merita un mondo dove “ Ognuno possa dare secondo le sue capacità e ricevere secondo le sue necessità.” Sta a noi costruirlo, liberandoci dalle bende davanti agli occhi della borghesia con la conoscenza , appropriandoci della scienza, che ci porti in cammino sulla strada del superamento del mondo vecchio per un Mondo nuovo.
VENTICINQUE ANNI DOPO... 1° febbraio dell’anno 2028.
«Nonna... nonna... nonna...! Vieni, Sharon si è svegliata e sta
piangendo!».
Giulia rientrò dal giardino in casa e corse verso la nipotina
nella culla. La prese in braccio.
«Sono qua Sharon... non piangere! Adesso ti preparo la pappa
».
In quel momento un’auto entrò nel giardino e si fermò davanti
al box.
«È arrivato il nonno!» gridò Jonathan, mentre correva fuori
verso Massimo.
Il bambino saltò letteralmente in braccio all’uomo, che, felice,
lo strinse a sé e lo baciò.
«Ciao, Jonathan!».
«Ciao, nonno!».
Insieme, mano nella mano, entrarono in casa.
«Ciao, Giulia!» disse l’uomo, rivolto alla donna, mentre la
baciava sulla guancia.
«Ciao, Massimo! Gli esami... tutto bene?».
«Sì, tutto bene. Pare che sia in piena forma, tenendo conto
dei miei ottant’anni».
«Bene... Meglio così. Fernanda e John hanno telefonato, dicendo
di essere all’aeroporto. Tra poco saranno qui. Tienimi
un attimo Sharon, mentre le preparo la pappa. Poi iniziamo
a prepararci per la festa. A mezzogiorno dobbiamo essere a
Tor Vergata. Oggi sono venticinque anni del Mondo Nuovo e
voglio proprio godermi questo grande giorno!».
«Anch’io voglio godermi questo anniversario! Sharon, vieni
dal nonno!». L’uomo prese in braccio la nipote e si accomodò
sul divano, con accanto Jonathan. Pochi minuti dopo il cibo
era pronto. «Dalla a me. Gliela faccio mangiare io» disse Massimo.
La bambina mangiò con foga e dopo, sazia, sorrideva alle
smorfie del nonno, che era felice di ridere e giocare con i suoi
nipoti.
Jonathan, di quattro anni, e Sharon, di un anno, erano i figli
di Fernanda, la loro figlia, che era, ormai, nel ventiseiesimo
anno di età, e di John Neale, della stessa età, newyorkese di
nascita.
Si erano conosciuti cinque anni prima a una conferenza sulla
situazione climatica del pianeta a Parigi e si erano subito
innamorati.
Fernanda era Presidente del Consiglio dell’Europa, John era
responsabile del Centro Europeo di Climatologia.
La figlia di Giulia e Massimo era uno dei cinque Presidenti
continentali.
A livello superiore c’era il Consiglio Mondiale, di cui era
Presidente Giulia e vicePresidente Massimo.
Il Consiglio mondiale era composto da venti membri, quattro
per continente, che rispondeva a un’assemblea di cento
membri, venti per continente.
La sede era a Roma.
I Consigli continentali erano composti dallo stesso numero
di persone, così come le assemblee e avevano la sede a Roma
per l’Europa, a Pechino per l’Asia, a New York per l’America,
a Sidney per l’Australia, a Il Cairo per l’Africa.
C’erano poi i Consigli regionali, composti da dieci membri
e con un’assemblea di cinquanta persone; i Consigli cittadini,
composti con gli stessi criteri di quelli regionali, e nelle città,
oltre i centomila abitanti, i Consigli di zona, composti da cinque
persone con un’assemblea di venticinque persone.
Tutti questi consessi elettivi avevano il compito di amministrare
la nuova società con l’unico obiettivo di garantire benessere
a tutti e godimento pieno della loro vita e dei beni
prodotti.
Coloro che venivano eletti a queste e altre responsabilità,
all’interno della società, erano revocabili in qualsiasi momento.
Avevano gli stessi diritti di ogni membro della società e gli
stessi doveri. Dovevano perciò dare il loro contributo produttivo
e dovevano partecipare alle ore di studio obbligatorio. La
loro responsabilità era intesa come un servizio alla società e,
chi accettava i vari incarichi, lo faceva per amore della dimensione
sociale in cui viveva e per amore verso gli altri cittadini.
Dedicava tanto tempo agli altri, ma era sempre uno di loro.
La nuova società era basata sul concetto: “Da ognuno secondo
le sue capacità, a ognuno secondo le sue necessità”.
In venticinque anni era sorto un Mondo Nuovo, sempre sognato
da ogni essere umano, che aveva seppellito le barbarie
del passato.
Ogni persona aveva un lavoro, a cui si doveva accedere compiuti
i diciotto anni.
Il tempo di lavoro era di due ore al giorno dal lunedì al venerdì.
Si lavorava, quindi, dieci ore alla settimana.
Due ore ancora della giornata erano dedite allo studio, sempre
dal lunedì al venerdì.
La nuova società voleva persone, che raggiungessero le più
alte vette della conoscenza e dava molta importanza a essa,
come fonte di sapere e di libertà.
Dopo aver dedicato al lavoro e allo studio quattro ore totali
della giornata, ognuno era libero di fare ciò che più gli piacesse.
I lavori più alienanti e faticosi erano svolti dai robot, impostati
per fare i compiti loro assegnati, che sembravano simili agli esseri
umani, dialogavano come esseri umani, ma non lo erano.
L’età lavorativa aveva termine a cinquant’anni per le donne e
a cinquantacinque per gli uomini.
Ogni cittadino era esonerato dal prestare lavoro e dal dedicarsi
allo studio per sei settimane all’anno.
In questo periodo di riposo poteva viaggiare, visitare ogni posto
del mondo, soggiornare in ogni luogo, con la possibilità di
usufruire di alloggi o dei Centri Alberghieri.
La stessa cosa si poteva fare ogni giorno, svolti i compiti lavorativi
e di studio, visto il livello di eccellenza dei trasporti,
che permettevano, tramite i Celesti 120, aerei velocissimi, di
raggiungere le località più lontane in pochissimo tempo.
Il tipo di organizzazione economica e sociale permetteva poi
di svolgere i propri compiti di lavoro e di studio in qualsiasi
parte del mondo.
Era possibile, quindi, per ogni cittadino, con un preavviso
di una settimana, dare il proprio contributo sociale e di studio
una settimana a Roma, una a Los Angeles, una a Mosca, una
Sidney.
In quarantasei settimane di lavoro ogni membro della società
poteva visitare quarantasei posti diversi del mondo.
La lingua non era più un problema.
Le nuove generazioni parlavano tutte l’inglese, scelto, per la
sua semplicità linguistica, come lingua ufficiale.
Le vecchie lo avevano imparato molto velocemente, avendo
la mente sgombra da ogni problema, in appositi corsi.
Nella nuova società non c’era denaro.
Non c’erano, quindi, stipendi, non c’erano banche, assicurazioni,
non c’era niente di collegabile al “vil denaro”.
Non c’erano più merci da vendere o da comprare, non vi
erano, di conseguenza, prezzi, che determinavano il valore di
una merce.
La produzione era esclusivamente per il consumo, per soddisfare
le necessità dei cittadini!
L’essere umano e i suoi bisogni materiali e spirituali era stato
messo al centro di ogni azione economica e sociale.
Ogni persona doveva solo dare il suo contributo produttivo
per ricevere tutto quello che a lei necessitava.
D’altronde i beni prodotti erano di una tale quantità che
ogni membro della società poteva usufruirne in abbondanza,
anche oltre le necessità.
I Centri produttivi avevano dei responsabili di centro e di
settore.
Costoro erano eletti dai lavoratori, che sceglievano chi ritenevano
più capace di svolgere il compito.
Lo Stato, che nei secoli, era stato sinonimo d’imposizione
della volontà di pochi su molti si era andato, negli anni, sgretolando.
Ormai era solo un ricordo!
Un organo molto importante, a cui si accedeva per elezione
revocabile, era l’Amministrazione sociale.
Questa struttura era responsabile di gestire l’anagrafe della
popolazione, la produzione e la distribuzione dei prodotti, i
Centri ristoro, i Centri alberghieri, la sanità, la scuola e i trasporti.
Era un organismo tecnico-organizzativo al servizio del bene
comune e di ogni cittadino.
L’Amministrazione sociale mondiale era strutturata con
gradi di responsabilità cittadina, regionale, continentale, che
rispondevano ai vari livelli dei Consigli.
Tutto veniva gestito con strumenti altamente tecnologici e
con l’ausilio di robot.
Non ci si interessava di altro!
I cittadini, dopo aver svolto il proprio lavoro produttivo e di
studio, erano liberi!
Non avevano imposizione su alcuna scelta individuale!
Ognuno poteva scegliere di vivere la vita che più desiderava.
Potevano unirsi con chi volevano e avere quanti figli sognassero.
Nel periodo di maternità la donna era esonerata dal lavoro.
Dopo la nascita del bambino il periodo di esonero era di un
anno.
Negli ultimi anni c’era stato un aumento delle unioni e delle
nascite.
Nel vecchio mondo un certo Edgar Lee Masters aveva detto:
“In cielo non ci sono matrimoni, ma l’amore sì”.
Nel cielo del Mondo Nuovo era proprio così, c’era tanto
amore e si cercava sempre più l’amore grande, immenso.
Le nascite aumentavano perché non c’era più il terrore del
domani per sé e per i propri figli, ma solo serena fiducia in un
futuro sempre più straordinario.
Questo amore portava le persone ad avere un rapporto diverso
dal passato, basato sull’affetto, sulla stima, sul rispetto.
I Centri ristoro erano sempre pieni.
Le persone volevano stare fuori casa, insieme agli altri, dialogare
con loro, godere della compagnia.
Le strade delle città non erano mai vuote e si respirava la
gioia di vivere ogni minuto della propria vita in modo intenso.
Si assisteva a canti, balli, voglia di essere felici!
Avevano preso piede ultimamente in ogni area del globo
le gare letterarie, che organizzavano gli stessi cittadini e che
riempivano i palazzi dello sport.
La gara consisteva in due sfidanti, che si facevano le domande
l’un l’altro sull’intero scibile del sapere umano con un
arbitro, che garantiva la giustezza o meno delle risposte.
La sfida poteva durare molte ore ed era successo che alcune
fossero durate giorni.
Il vincitore si aggiudicava, soltanto, la soddisfazione del sapere.
Poteva essere poi sfidato da chiunque lo volesse.
Il Consiglio mondiale, vista la rapida diffusione di questo
gioco letterario, stava pensando d’inserirlo nelle discipline
sportive e di organizzare dei veri campionati a livello regionale,
continentale, mondiale.
Pensava anche d’inserirlo nelle discipline olimpioniche
come prima gara a livello mentale in un insieme di discipline
fisiche.
Non che per la nuova società lo sport non fosse importante,
visto che tutti, praticamente, erano divenuti sportivi praticanti,
ma riteneva giusto dare spazio sia alla cura del corpo sia alla
cura della mente.
Per la nuova realtà sociale la salute del corpo era importante
quanto quella della mente.
Questa, per miliardi di persone, diveniva ogni giorno più
importante nel momento in cui capivano che un corpo, seppure
ben allenato, avrebbe potuto essere schiavo; una mente,
invece, allenata al sapere non lo sarebbe stata mai.
Il sistema sanitario era stato strutturato in modo da garantire
a ogni cittadino livelli di difesa della salute eccellenti.
“L’angelo custode” della salute dei cittadini era il “medico
amico”, che aveva la responsabilità della salute di duecento
persone.
Ogni cinquemila persone c’era un centro diagnostico specialistico,
chiamato Centro della salute, che garantiva visite
specialistiche e diagnostiche, in stretto collegamento con il
“medico amico”.
Ogni venticinquemila cittadini c’era un ospedale con cinquecento posti letto, in stretto collegamento con il “medicoamico” e il Centro della salute.
Gli ospedali e i centri, dall’esterno, non sembravano case di
cura, ma dei residence con intorno tanto verde.
Nella struttura ospedaliera c’erano stanze per accogliere i
congiunti del malato, che, volendo, potevano usufruire anche
dell’alimentazione.
L’ospedale era un centro di cultura, di ricerca scientifica, di
aggiornamento professionale continuo.
Ogni cittadino era in questo modo attentamente seguito
nella difesa della sua salute, avendo, oltretutto, l’obbligo di
fare esami generali al suo fisico ogni sei mesi.
Non c’erano liste di attesa e le visite specialistiche o eventuali
ricoveri in ospedale avvenivano in giornata.
Coloro che erano impossibilitati a muoversi ricevevano l’assistenza
domiciliare giorno e notte.
I più anziani non credevano ai loro occhi!
Non avevano mai visto un’assistenza sanitaria di questo
tipo!
La scuola metteva al centro del suo obiettivo l’innalzamento
della conoscenza umana.
Dai due anni ai cinque anni i bambini frequentavano la
scuola per l’infanzia, venendo dotati subito di un computer
per apprenderne l’uso, dai cinque ai dieci la scuola primaria,
dai dieci ai tredici la scuola secondaria, dai tredici ai diciotto
la scuola terziaria.
Queste fasi scolastiche erano obbligatorie, gli asili dalla nascita
ai due anni erano facoltativi.
La scuola, nelle sue varie fasi, aveva un orario complessivo
di otto ore, dalle otto e trenta alle sedici e trenta dal lunedì al
venerdì.
Pranzo e merenda venivano consumati nel Centro ristoro
scolastico.
Era una palestra di apprendimento, ma anche di sport e di
giochi. Era una palestra per far crescere la socialità di ogni
individuo.
Non esistevano compiti da fare a casa, tutto veniva svolto
nelle otto ore.
I programmi toccavano tutto lo scibile del sapere umano,
senza nascondere nulla della storia dell’umanità, affinché
ognuno con il suo sapere liberamente raggiungesse la verità.
Non esistevano voti, né bocciature, né promozioni, eppure
l’impegno degli studenti era massimo nel cercare di scoprire
nella conoscenza le strade dell’amore e della libertà.
Il compito degli insegnanti era quello di costruire persone
libere nella conoscenza e nel sapere, persone con l’animo
nobile, che arrivassero a conoscere bene anche se stessi e si
dessero al prossimo con amore, con rispetto.
Dopo i diciotto anni, iniziava il periodo lavorativo e ognuno
sceglieva in quale ambito operare secondo i suoi desideri e
secondo le sue attitudini.
Questa scelta non era definitiva. Se qualcuno avesse espresso
il desiderio di cambiare, avrebbe potuto.
I trasporti erano al servizio della comunità e venivano organizzati
in modo da servire le esigenze comuni in modo ottimale.
Tutti i mezzi di trasporto pubblico o privato utilizzavano
come carburante l’energia solare con batterie, che si ricaricavano
in continuazione.
La stessa energia solare era utilizzata per la produzione e per
il riscaldamento delle abitazioni e degli uffici.
Nel trasporto pubblico c’erano treni, aerei, elicotteri, bus.
Erano tutti dotati di ogni conforto e garantivano un viaggio
comodissimo.
Le grandi città avevano reti estese di metropolitana, che in
poco tempo collegavano le varie zone.
Ogni persona poteva avere anche più di un’auto. L’Amministrazione
non aveva posto limiti.
Ma i più, stranamente, spesso preferivano il trasporto pubblico
per la comodità, i tempi di percorrenza, la possibilità di
stare insieme ad altre persone.
La rete stradale e autostradale aveva avuto un forte incremento
negli ultimi anni e aveva raggiunto livelli di collegamenti
eccezionali.
Ogni città aveva una tangenziale, in certi casi due, in altri tre,
in altri ancora quattro. Il traffico era sempre scorrevole. Le
strade cittadine erano state impostate in stile romano ed erano
tutte costituite da grandi viali alberati.
I semafori non esistevano più. Agli incroci vi erano solo rotonde
con in mezzo coltivazioni di fiori, che le rendevano bellissime.
Le città erano cambiate, così come pure i paesi.
Non esistevano più case vecchie, brutte e fatiscenti.
Non esistevano grattacieli.
Erano rimasti solo i monumenti e abitazioni di valore storico,
simboli di epoche trascorse.
Le città erano composte tutte da villette singole con cinquecento
metri di area verde intorno.
In ogni zona erano state costruite delle grandi oasi verdi con
dei laghetti artificiali al loro interno.
Nelle stesse aree erano compresi campi da calcio, campi da
tennis, piste ciclabili, isole ginniche, che ogni cittadino poteva
utilizzare liberamente.
In ogni area verde c’era un Centro ristoro.
I più anziani erano strabiliati nel vedere le nuove città!
Dai diciotto anni in poi ogni cittadino aveva diritto alla casa,
oltre che al lavoro e all’auto.
Poteva decidere di abitare da solo o con chi volesse.
Per l’alimentazione, i vestiti, gli elettrodomestici e qualsiasi
altro bene desiderato ogni cittadino poteva utilizzare i Centri di
rifornimento, grandi strutture commerciali, poste intorno alle
città.
Gli anziani potevano ordinare i beni desiderati per telefono e
ricevere la consegna a domicilio.
Per lo più, però, le persone per l’alimentazione si recavano ai
Centri ristoro, sparsi per le città, i paesi, lungo le autostrade e le
strade più trafficate.
Preferivano stare con gli altri, più che con se stessi!
In questi centri i lavori di preparazione, di cottura, di servizio
erano affidati ai robot, così come i lavori di pulizia.
Ogni persona aveva in dotazione un robot, che si occupava di
ogni tipo di lavoro domestico.
Il Mondo Nuovo aveva liberato, finalmente, l’essere umano e,
soprattutto le donne dal lavoro domestico, un’occupazione tra
le più alienanti!
Le persone, che decidevano di avere un rapporto e si mettevano
insieme, non perdevano la loro casa.
Se avevano dei figli, che, prendevano il cognome della madre
e del padre, potevano tenerli in casa oppure, come dicevamo
sopra, portarli all’asilo, prima che iniziasse il periodo scolastico
obbligatorio.
Fino ai quattordici anni, oltre gli orari quotidiani dell’asilo e
delle scuole, c’era la possibilità di lasciare i figli, anche per alcuni
giorni, nei Centri per l’infanzia.
In caso di scelte di vita dei genitori non contemplanti un percorso
comune della loro esistenza essi potevano scegliere di
tenere i bambini o affidarli ai Centri per l’infanzia, i quali si
prendevano cura con amore della loro vita.
In qualsiasi momento comunque i genitori o un singolo genitore
poteva riportare nella sua abitazione il proprio figlio.
In caso di maternità indesiderata la donna era l’unica a poter
decidere se accettarla o meno.
Negli ultimi anni i casi di maternità indesiderata erano scomparsi.
La nuova società difendeva la vita di ogni essere umano e dei
bambini, in particolare, garantendo a tutti, in qualsiasi età, il
presente e il futuro.
La nascita di un bambino era sempre un momento di gioia,
mai di dramma.
La donna, al pari dell’uomo, assumeva sempre più nella società
un ruolo attivo, responsabile e ambedue, seppur diversi
fisiologicamente, si vedevano come esseri umani e parte attiva
di una nuova realtà, che si stava costruendo per il bene di tutti.
Nell’ultimo periodo la percentuale di anziani era diminuita,
proprio grazie a un’ondata imponente di nascite.
Costoro, dopo la pensione, dovevano continuare a frequentare
le due ore giornaliere di studio.
Il percorso della conoscenza non doveva mai essere abbandonato!
A meno che non ci fosse qualche impedimento fisico
o di salute.
In ogni zona delle città, in ogni paese, c’erano tanti Centri del
tempo libero, ove si organizzavano gite, serate gastronomiche,
letterarie, teatrali, cinematografiche, di ballo.
Questi luoghi erano sempre pieni di persone di qualsiasi età
e anche di anziani.
Gli anziani soli e malati erano seguiti da persone qualificate
a rendere la loro vita meno dura nelle loro abitazioni.
Gli ospizi erano stati aboliti, ritenendoli poco adatti a un
percorso di vita sereno.
Le arti e la cultura viaggiavano su livelli eccelsi.
Era un fiorire di nuovi scrittori, nuovi poeti, nuovi pittori,
nuovi scultori, nuovi autori di opere teatrali, cinematografiche,
musicali!
Tutte le opere degli artisti erano portati a conoscenza dei
cittadini, che erano ansiosi e bramosi di scoprirle e godere
delle emozioni, delle riflessioni, delle felicità di ogni prodotto
artistico.
D’altronde questo era l’obiettivo degli artisti: dare emozioni,
riflessioni, felicità al fruitore dell’opera.
I teatri, i cinema, le sale musicali, gli incontri letterari, le mostre
artistiche vedevano sempre una massiccia partecipazione
dei cittadini, che preferivano assistere a eventi dal vivo.
La televisione aveva assunto un carattere informativo culturale.
Non c’era più la pubblicità. Non c’era più nulla da vendere!
C’erano programmi informativi, a carattere scientifico, musicali,
teatrali, film, documentari, ma in casa si stava poco.
Si preferiva stare insieme agli altri e partecipare agli eventi.
L’informazione sia televisiva sia della carta stampata era basata
sul racconto dei fatti, sulla conoscenza globale.
L’obiettivo era di mettere ognuno in condizione di capire e
di promuovere la crescita delle menti e dei cuori delle persone.
L’informazione doveva formare i cittadini alla conoscenza
non all’ignoranza.
Nel Mondo Nuovo l’attività sportiva era ritenuta molto importante
per la salute fisica e psichica delle persone di ogni
età.
Le città erano dotate di innumerevoli Centri dello sport, ove
ognuno, fin da bambino, poteva avvicinarsi all’attività sportiva
preferita.
Tutte le persone facevano attività sportiva almeno tre volte
alla settimana.
Lo sport agonistico aveva campionati cittadini, regionali,
continentali, mondiali.
Veniva praticato in strutture coperte e climatizzate ed era
molto seguito.
Sia i protagonisti attivi dei vari sport sia gli spettatori vedevano
la competizione più come espressione delle proprie
qualità tecniche che come gara da vincere a ogni costo.
Si partecipava per passione e voglia di provare piacere nell’essere
protagonista o spettatore e un bel gesto tecnico, spesso,
dava più emozione di una vittoria immeritata.
Gli sportivi praticanti si dedicavano al loro sport preferito, dopo
aver dato il loro contributo sociale e culturale alla comunità.
Nella nuova società non si producevano armi e quelle che
c’erano erano state distrutte.
Non c’era un esercito e nemmeno un tipo di guardia qualsiasi.
Ogni cittadino era responsabile della sua società.
Molto importante era ritenuto il rapporto con la natura.
Non si utilizzavano fonti di energia inquinanti, si curavano
il territorio, i monti, i mari, i fiumi.
La natura era amata e rispettata, come meritava.
Ogni cittadino pensava che prendersi cura di essa era come
prendersi cura di se stessi, perché l’essere umano non poteva
fare a meno della natura.
Il Mondo Nuovo aveva ricreato le basi di un rapporto uomo
natura sereno, rispettoso, pieno di amore.
L’essere umano nella nuova società progrediva ogni giorno
di più in ogni campo.
Il cancro era stato debellato, l’AIDS pure.
Non esistevano più malattie mortali!
Erano tutte curabili!
La vita media era ormai di cento anni e le previsioni erano
che sarebbe cresciuta al ritmo di due anni per anno.
Nel 2053 sarebbe stata di centocinquant’anni!
Non c’erano più morti sul lavoro, né per droga, né per alcool.
Gli incidenti stradali erano molto rari e, quando accadevano,
a causa di un materiale speciale, scoperto nel 2015, il Prolin,
usato nella costruzione delle auto, non vi erano danni alle persone.
Si moriva solo di morte naturale, praticamente!
L’essere umano aveva trovato, finalmente, la sua vera dimensione,
in cui esprimere il massimo di se stesso, libero di
volare nello spazio dell’amore e della conoscenza!
Il superamento di ogni bisogno, la conquista del cielo, sogno
di ogni epoca umana era realtà.
Coloro che avevano visto il passato ricordavano con terrore
quell’epoca e la cancellavano subito dalla mente.
Tanto forte era il crampo che prendeva lo stomaco!
I nati nella nuova epoca, quando leggevano certi libri o vedevano
certi film erano restii a credere che il mondo avesse
visto realtà di quel tipo.
Non osavano immaginare che esseri umani potessero utilizzare,
come schiavi o finti liberi, altri esseri umani per avere dei
miseri pezzi di carta o dei pezzi di materiale ferroso.
Non osavano immaginare che tanta gente non avesse un lavoro,
una casa; che tante persone non mangiassero abbastanza
e altre morissero addirittura di fame; che i bambini morissero
per mancanza di cibo.
Non osavano immaginare che esseri umani uccidessero altri
esseri umani per motivi futili e banali; che ci fossero le guerre;
che si distruggessero con le bombe tesori millenari, testimoni
della storia dell’umanità; che un liquido brutto e nero fosse
così importante.
Non osavano immaginare che donne e uomini vendessero
il loro corpo e, a volte, anche la loro anima per apparire
in televisione, sui giornali; che le persone non esprimessero
quello che sentivano nei cuori, ma solo quello che conveniva
ai loro interessi; che un organo, chiamato Stato, imponesse
tasse e decidesse sulle scelte delle persone in tema di rapporti
d’amore e di vita, decidesse il giusto e l’ingiusto; che si nascondesse
la conoscenza e si diffondesse l’ignoranza; che un
malato dovesse pagare per essere curato; che la scuola non
insegnasse sapere, ma ideologie; che un laureato non trovasse
occupazione; che non si lavorasse o si lavorasse a segmenti; che
l’informazione fosse solo al servizio di chi godeva del Guadagno
e nascondesse la verità; che chi produceva era povero e chi
non produceva era ricco; che si andasse in pensione, ormai,
vecchi, e, dopo una vita di lavoro, fosse dura tirare avanti; che
non tutti avessero una casa e che le case fossero diverse da persona
a persona; che chi praticasse sport non lo facesse per passione
e piacere, ma per denaro; che la donna non fosse ritenuta
pari all’uomo e vivesse una condizione, spesso, negativa; che si
dovessero pagare i trasporti e che i mezzi fossero così carenti;
che gli anziani fossero abbandonati al loro destino, perché, ormai,
improduttivi.
Non riuscivano a immaginare che ci fossero le armi; che ci
fossero gli eserciti, la polizia, le guardie varie; che ci fossero le
banche, le assicurazioni.
Non riuscivano a immaginare una politica, fatta non per le
esigenze comuni, ma per gli interessi di comitati d’affare e, anche,
di bande criminali.
Non riuscivano a immaginare che la stragrande maggioranza
della popolazione, che viveva in condizioni precarie, non si ribellasse
e, anzi, prendesse a modello proprio coloro, che avevano
interesse a tenerli in quella situazione di sottomissione.
I figli della nuova epoca non osavano credere, studiando la
storia dell’umanità, che potessero essere esistiti periodi così bui
e tristi per l’umanità!
Quasi non volevano credere che l’umanità avesse dovuto
aspettare fino al 1° febbraio dell’anno 2003 per aprire le porte
della civiltà, dell’amore, della libertà, dell’uguaglianza, della fratellanza!
***
Si sentì il rombo di un motore di un’auto provenire dal giardino
della villa.
Jonathan corse sulla veranda.
«Mamma... papà... sono arrivati!».
Scese le scale e corse loro incontro.
Fernanda lo prese al volo in braccio.
«Ciao, Jonathan!» disse la donna, mentre lo baciava.
«Ciao, mamma!».
«Ciao, Jonathan!» disse John, appena sceso dall’auto.
Abbracciò e baciò, anche lui, il bambino e tutt’insieme, si
avviarono verso l’ingresso dell’abitazione.
«Sai mamma, il nonno mi ha parlato di Hitler e di Mussolini.
Mamma... come erano cattivi? Hitler bruciava le persone!».
«Oggi, per fortuna, non abbiamo più di questi problemi!»
rispose Fernanda.
Sulla veranda li attendevano Giulia e Massimo, che, appena
furono vicini, abbracciarono e baciarono la donna e l’uomo,
come se fossero due bambini.
Per i genitori i figli non hanno età!
Sharon dormiva nella culla nella stanza a fianco.
«Tutto bene?» chiese poi Massimo ai due giovani.
«Benissimo papà. Voi come state?» rispose Fernanda.
«Anche noi benissimo!» disse il padre.
«Se avete bisogno di qualcosa, fate pure, noi andiamo su a
prepararci» esclamò Giulia.
«Andate, io preparo un bel caffè per me e John... lo vuoi
pure tu giusto...» disse la ragazza, rivolta al ragazzo».
«Certo che lo voglio! Non si rifiuta un tuo caffè, visto che
sei un’artista in questo campo» rispose John.
Un pianto avvisò che la bambina era sveglia.
Fernanda, John e Jonathan accorsero da lei.
Sharon smise di piangere e sorrise, aveva riconosciuto la
mamma e il papà!
«Sharon, vieni... come sei bella...!» disse il papà prendendola
in braccio.
«Sharon... dammi un bacio» esclamò la mamma, prendendo
la bambina dalle braccia dell’uomo.
«Mamma... Papà... voglio andare sulla Luna!» disse il bambino.
«Tra un po’ non ci saranno problemi. Potrai andare sulla
Luna, su Marte e su Saturno. Forse anche su Plutone» rispose
il padre.
«Il nonno ha detto che il primo uomo che andò sulla luna è
stato un certo Armstrong nel secolo scorso».
«È così» disse John.
«Ma perché il nonno non è mai andato sulla Luna?».
«È una domanda che devi fare al nonno» rispose Fernanda.
Il bambino non aspettò che Massimo tornasse, salì le scale,
andò nella camera da letto dei nonni, dove Massimo stava
vestendosi e, sorprendendo l’uomo chiese:
«Nonno, perché non sei mai andato sulla Luna?».
Massimo ancora sorpreso rispose:
«Sulla Luna?».
«Sì, tu non sei mai andato sulla Luna, come mai?».
Il nonno sorrise.
«Nel vecchio mondo le nuove scoperte non erano per tutti.
Chi le scopriva ne diveniva proprietario. Se qualcuno avesse
voluto visitare la Luna doveva pagare e io non avevo tanti
soldi. Oltretutto avevo da fare sulla Terra».
«Proprietario! Cosa significa questa parola?».
«Il proprietario era colui che aveva il diritto di disporre di
una proprietà, cioè di beni».
«Come? Erano solo suoi?».
«Sì, erano solo suoi».
«Non era giusto».
«Lo so. Ma era così».
Mentre il nonno e il nipote parlavano, Giulia entrò nella
stanza.
Vide la scena, si commosse.
Guardò il suo uomo e sentì il cuore stringersi per l’amore,
che sentiva più forte di sempre verso Massimo.
In un istante rivide il loro primo incontro casuale a Torino
in una giornata di pioggia.
Rivide quella notte di aprile indimenticabile!
Ritornò con la mente agli anni bui, in cui erano stati lontani.
Rivisse il dolore della lontananza e la gioia del ritrovarsi.
Ricordò i suoi primi rapporti con l’associazione Mondo
Nuovo, creata da Massimo per far alzare a ogni essere umano
gli occhi oltre il cielo e dare all’umanità il sapore caldo della
speranza.
Ritornarono nella mente tanti momenti belli e meno piacevoli, quali il rapimento, il killer “Iena”, i giorni a Monte Serico,
il rapimento di Fernanda, prima della conquista del cielo.
Forse senza quell’uomo, ormai ottantenne, che parlava con
tanto amore con il nipote, la sua vita non sarebbe stata la
stessa!
Pensò come fosse importante incontrare la persona giusta
e saperlo capire.
Come fosse importante saper scegliere per non pentirsi; saper
sbagliare, ma saper tornare indietro.
Come fosse importante amare, perché l’amore era la vera
forza rigeneratrice di ogni essere umano e dell’intera umanità.
Ricordò una bellissima poesia di Edward Estlin Cummings,
le sue bellissime parole:
Il tuo cuore lo porto con me,
lo porto nel mio,
non me divido mai.
Dove vado io, vieni anche tu, mia amata.
Qualsiasi cosa venga fatta da me,
la fai anche tu, mia cara.
Non temo il fato,
perché il mio fato sei tu, mia dolce.
Non voglio il mondo,
perché il mio mondo, il più bello,
il più vero sei tu.
Questo è il nostro segreto profondo,
radice di tutte le radici,
germoglio di tutti i germogli,
cielo dei cieli di un albero, chiamato vita,
che cresce più alto
di quanto l’anima spera.
E la mente nasconde
la meraviglia che le stelle separa,
il tuo cuore esiste nel mio...
Ecco il segreto più profondo,
che nessuno conoscerà mai,
radice delle radici,
germoglio dei germogli,
e cielo dei cieli
di un albero chiamato vita,
che cresce più alto
di quanto l’anima possa sperare,
più vivo di quanto la mente
possa celare.
Prendo il tuo cuore,
lo porto con me... nel mio.
Sentì il cuore quasi scoppiare nel guardare il suo grande
uomo, il suo immenso amore.
«Nonna, tu sei andata sulla Luna?».
La domanda di Jonathan fece tornare Giulia al presente.
«No, ma ci andremo tutti tra poco» rispose la donna.
«Dai, Jonathan, andiamo giù. La nonna ci raggiunge subito»
disse il nonno al nipote.
Giulia rimase sola nella stanza.
Si guardò allo specchio, guardò le sue rughe di donna di
sessantasette anni e sorrise.
“Con l’amore abbiamo conquistato il cielo! Con questo
straordinario sentimento conquisteremo l’intero firmamento!”
disse a se stessa la donna.
Scese poi al piano di sotto, ove Massimo, Fernanda, John,
Jonathan e Sharon erano in attesa per recarsi alla festa di Tor
Vergata.
Giulia, il suo uomo e il nipote salirono su un’auto.
La figlia, John e Sharon su un’altra.
Ambedue le auto si avviarono verso la periferia romana, ove
milioni di persone attendevano la Fata e il Principe per dare
il via ai festeggiamenti del venticinquesimo anniversario del
Mondo Nuovo.
La medesima cosa nella giornata sarebbe avvenuta in ogni
parte del mondo.
Miliardi di persone avrebbero festeggiato questo giorno bellissimo
e straordinario come una sola mente e un solo cuore,
consapevoli che l’umanità aveva, ormai, conquistato il cielo,
sogno di ogni epoca, e che era dolce assaporare le cose belle
che esso portava.
Giuseppe Calocero, Il dolce sapore del cielo, cap.7
"Empio non è colui che nega gli dei del volgo, ma colui che attribuisce agli dei i sentimenti del volgo." Epicuro
Le atrocità della Bibbia di Alessandro Ghio
Antico Testamento
Genesi, 34:13 – Sichem si unì carnalmente – in un atto prematrimoniale – a Dina, figlia di Giacobbe, destando la collera degli altri suoi figli. L’unione previa circoncisione era considerata da Giacobbe un disonore e, per questo, a Sichem, a suo padre Camor, e ad ogni maschio della città fu richiesta la circoncisione, che avrebbe reso ogni uomo idoneo all’unione con le altre sue figlie. Tre giorni dopo, mentre gli uomini ancora pativano i dolori dell’operazione, “due dei figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada, assalirono la città che si riteneva sicura, e uccisero tutti i maschi.” – “Passarono a fil di spada anche Camor e suo figlio Sichem, presero Dina dalla casa di Sichem, e uscirono.” – “I figli di Giacobbe si gettarono sugli uccisi e saccheggiarono la città, perché la loro sorella era stata disonorata” – “presero le loro greggi, i loro armenti, i loro asini, quanto era nella città e nei campi.” – “Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini, le loro mogli e tutto quello che si trovava nelle case.“
Genesi, capitoli 6 e 7 – Malcontento della malvagità dell’uomo, Dio sterminò ogni creatura del pianeta risparmiando soltanto la famiglia di Noè. Uomini, donne, bambini ed animali morirono annegati in una impensabile agonia.
Genesi, 19:6 – Una sera, Lot ospitò due angeli nella sua casa a Sodoma. Quella stessa sera la casa di Lot fu assalita da una folla di delinquenti omosessuali in cerca di esperienze carnali con gli angeli. Lot cedette volontariamente le sue figlie vergini alla folla, esortandola: “Vi prego, fratelli miei, non fate questo male!” – “Ecco, ho due figlie che non hanno conosciuto uomo: lasciate che io ve le conduca fuori, e voi farete di loro quel che vi piacerà; ma non fate nulla a questi uomini, perché sono venuti all’ombra del mio tetto.”
Genesi, 19:26 – Dio, impassibile davanti alla proposta di stupro delle figlie vergini di Lot, trasformò sua moglie in una statua di sale per aver commesso il nefando crimine di essersi guardata le spalle.
Genesi, 38: 8-10 – Giuda pregò Onan di dormire con la moglie di suo fratello – ucciso da Dio per la sua malvagità – incoraggiandolo: “Va’ dalla moglie di tuo fratello, prenditela in moglie come cognato e suscita una discendenza a tuo fratello.” Onan ottemperò, “ma ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva per terra, per non dare una posterità al fratello.” Dio ritenne questo un gesto malvagio e lo punì con la morte.
Esodo, 2:12 – Mosè scorse un egiziano che picchiava un ebreo. Si guardò intorno e, non trovandovi testimoni, “uccise l’Egiziano e lo nascose nella sabbia.“
Esodo, 7:2-4 – Dio “indurì” il cuore del faraone e pianificò i suoi “prodigi nel paese d’Egitto.“
Esodo, 7:20-21 – Dio trasformò l’acqua del Nilo in sangue. Tutti i pesci morirono e l’acqua divenne imbevibile.
Esodo, 8: 6-7 – Dio inviò una piaga di rane che “coprirono il paese d’Egitto.“
Esodo, 8:16 – Dio inviò una piaga di zanzare.
Esodo, 8:24 – Dio inviò una piaga di mosche velenose. “La terra fu devastata.“
Esodo, 9:5 – Dio, con l’ennesima epidemia, sterminò tutto il bestiame d’Egitto; “ma del bestiame dei figli d’Israele non morì neppure un capo.“
Esodo, 9:10 – Dio inviò una piaga di “ulceri che si trasformarono in pustole sulle persone e sugli animali.“
Esodo, 9:22-25 – Dio inviò una piaga di grandine che colpì uomini e animali, e che spogliò i campi.
Esodo, 12: 29 – Dio uccise il primogenito di ogni famiglia egiziana la cui casa non fosse stata contrassegnata da sangue d’agnello.
Esodo, 17:13 – Il bastone di Dio, retto dalle mani di Mosè sulla vetta del colle, permise a Giosuè di sterminare Amalec e la sua gente “passandoli a fil di spada“.
Esodo, 21:20-21 – Per la legge di Dio “se uno bastona il suo schiavo o la sua schiava fino a farli morire sotto i colpi, il padrone deve essere punito” – “ma se sopravvivono un giorno o due, non sarà punito, perché sono denaro suo.” – Dio approvava la schiavitù.
Esodo, 32:27 – Alla vista del vitello d’oro, Dio comandò ai figli di Levi: “Ognuno di voi si metta la spada al fianco; percorrete l’accampamento da una porta all’altra di esso, e ciascuno uccida il fratello, ciascuno l’amico, ciascuno il vicino.” – “In quel giorno caddero circa tremila uomini” e Dio ne fu compiaciuto.
Levitico, 26:7-8 – Dio ricompensò l’obbedienza assicurando che ogni nemico sarebbe perito per la spada.
Levitico, 26:22 – Dio ammonì la popolazione che, qualora non lo avessero ascoltato, avrebbe inviato loro le bestie feroci: “che vi rapiranno i figli, stermineranno il vostro bestiame, vi ridurranno a un piccolo numero, e le vostre strade diventeranno deserte.“
Levitico, 26:27-29 – “E se, nonostante tutto questo, non volete darmi ascolto, ma con la vostra condotta mi resisterete” – “anch’io vi resisterò con furore e vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati.” – “Mangerete la carne dei vostri figli e delle vostre figlie.“
Numeri, 12:9-14 – Dio si stufò della presenza di Maria e, per questo, la colpì con la lebbra, bandendola dall’accampamento per sette giorni.
Numeri, 15:32-26 – Un uomo raccolse della legna di sabato. Per ordine divino dato a Mosè, “tutta la comunità lo condusse fuori dal campo e lo lapidò, e quello morì.“
Numeri, 16:27-33 – Gli uomini si dimostrarono indocili, perciò Dio fece sì che la terra si aprisse ed inghiottisse uomini, donne e bambini.
Numeri, 16:35 – Il fuoco di Dio “divorò i duecentocinquanta uomini che offrivano l’incenso.“
Numeri, 16:49 – Con una piaga, Dio sterminò quattordicimilasettecento uomini.
Numeri, 21:3 – Il Signore affidò i Cananei ad Israele, che “votò allo sterminio i Cananei e le loro città.“
Numeri, 21:6 – Il Signore “mandò tra il popolo dei serpenti velenosi i quali mordevano la gente, e gran numero d’Israeliti morirono.“
Numeri, 21:35 – Con l’approvazione di Dio gli Israeliti si recarono nella città di Og, ne uccisero il re Basan – senza risparmiare i figli – sterminarono l’esercito senza lasciare superstiti, e assunsero il controllo del territorio.
Numeri, 25:4 – “Il Signore disse a Mosè: Prendi tutti i capi del popolo e falli impiccare davanti al Signore, alla luce del sole, affinché l’ardente ira del Signore sia allontanata da Israele.“
Numeri, 25:8 – Fineas, figlio di Eleazar, figlio del sacerdote Aaronne, si recò in una tenda occupata da un uomo israelita ed una donna madianita e “li trafisse tutti e due, l’uomo d’Israele e la donna, nel basso ventre.“
Numeri, 25:9 – Una pestilenza divina sterminò ventiquattromila persone.
Numeri, 31:9 – Su comando divino gli israeliti sequestrarono le donne ed i bambini madianiti, e “presero tutte le spoglie e tutta la preda.“
Numeri, 31:17-18 – Dio ordinò a Mosè di uccidere ogni maschio madianita tra i bambini, e “ogni donna che ha avuto rapporti sessuali con un uomo” – “ma tutte le fanciulle che non hanno avuto rapporti sessuali con uomini, lasciatele in vita per voi.” – Nota: sarebbe interessante scoprire l’astuzia con cui i soldati riconoscevano le donne vergini.
Numeri, 31:31-40 – Dio spartì il bottino di guerra tra i soldati, i sacerdoti e gli israeliti senza tralasciare il tributo al Signore: “seicentosettantacinquemila pecore, settantaduemila buoi, sessantunmila asini e trentaduemila persone, ossia donne che non avevano avuto rapporti sessuali con uomini.“
Deuteronomio, 2:33-34 – Sotto la guida di Dio, gli israeliti sterminarono completamente gli uomini, le donne ed i bambini di Sicon. – “Non vi lasciammo nessuno in vita.“
Deuteronomio, 3:6 – Sotto la guida di Dio, gli israeliti sterminarono completamente gli uomini, le donne ed i bambini di Og. Saccheggiarono il bestiame ed i possedimenti.
Deuteronomio, 7:2 – Dio parlò ad ogni uomo d’Israele e, riguardo i nemici, proclamò: “Tu li voterai allo sterminio; non farai alleanza con loro e non farai loro grazia.”
Deuteronomio, 20:13-14 – Dio stabilì le regole della guerra ordinando il massacro di tutti gli uomini. Tralasciò le donne, i bambini, il bestiame ed i possedimenti che potevano essere tenuti come preda.
Deuteronomio, 20:16 – “Nelle città di questi popoli che il Signore, il tuo Dio, ti dà come eredità, non conserverai in vita nulla che respiri.”
Deuteronomio, 21:10-13 – Secondo la legge di Dio, se un uomo israelita, durante una guerra, avesse avvistato una donna attraente, avrebbe potuto catturarla e tenerla per moglie. La donna, quindi, avrebbe dovuto radersi il capo, tagliarsi le unghie e togliersi i vestiti che indossava al momento della cattura. Avrebbe dovuto piangere suo padre e sua madre per un mese intero. E qualora il soldato non fosse rimasto soddisfatto, avrebbe potuto lasciarla andare “dove vorrà.“
Deuteronomio, 28:53 – La punizione di Dio per i disobbedienti prevedeva che questi mangiassero “il frutto del proprio seno, le carni dei propri figli e delle proprie figlie.“
Giosuè, 6:21-27 – Sotto la direzione di Dio Giosuè distrusse l’intera città di Gerico con la punta della spada; uomini, donne e bambini inclusi. Tenne l’argento, l’oro, il bronzo ed il ferro per Dio e, infine, diede fuoco alla città.
Giosuè, 7:19-26 – Acan rubò “un mantello di Scinear, duecento sicli d’argento e una sbarra d’oro del peso di cinquanta sicli.” – Giosuè e gli israeliti portarono Acan, il bottino, i suoi figli, le sue figlie, il bestiame, gli asini, le mule e tutti i suoi possedimenti sulla valle di Acor, dove li lapidarono e bruciarono vivi.
Giosuè, 8:22-25 – Dio appoggiò Giosuè nel combattere e sterminare dodicimila uomini e donne nella città di Ai. Nessuno sopravvisse.
Giosuè, 10:10-27 – Dio aiutò Giosuè nel massacro dei Gabaoniti.
Giosuè, 10:28 – Con l’approvazione di Dio, Giosuè passò la città di Machedda ed il suo re “a fil di spada” – “Li votò allo sterminio con tutte le persone che vi si trovavano; non ne lasciò scampare una.“
Giosuè, 10:30 – Dio mise la città di Libna nelle mani di Giosuè. “Giosuè la mise a fil di spada con tutte le persone che vi si trovavano; non ne lasciò scampare una.“
Giosuè, 10:32-33 – Dio diede la sua approvazione affinché Giosuè uccidesse ogni uomo, donna e bambino della città di Lachis. Con la spada.
Giosuè, 10:34-35 – Tutti gli abitanti della città di Eglon furono falciati dalle spade di Giosuè e della sua armata.
Giosuè, 10:36-37 – Dio lasciò che Giosuè uccidesse il re di Ebron ed il suo villaggio con ogni suo abitante. – “Non ne lasciò sfuggire una, esattamente come aveva fatto a Eglon; la votò allo sterminio con tutte le persone che vi si trovavano.“
Giosuè, 10:38-39 – “Poi Giosuè con tutto Israele tornò verso Debir, e l’attaccò.” – Morirono tutti.
Giosuè, 11:6 – Dio ordinò a Giosuè di sconfiggere il nemico presso le acque di Merom. “Tu taglierai i garretti ai loro cavalli e darai fuoco ai loro carri.“
Giosuè, 11:8-15 – L’esercito di Giosuè, sotto il comando di Dio, sterminò il nemico “senza lasciarne scampare nessuno.“
Giosuè, 11:20 – “Infatti il Signore faceva sì che il loro cuore si ostinasse a dar battaglia a Israele, perché Israele li votasse allo sterminio senza che ci fosse pietà per loro, e li distruggesse come il Signore aveva comandato a Mosè.“
Giudici, 1:4 – Il Signore mise nelle mani di Giuda i Cananei e i Ferezei. Diecimila vittime.
Giudici, 1:6 – Adoni-Bezec – dei Cananiti – si diede alla fuga, ma l’esercito di Giuda lo raggiunse e “gli tagliarono i pollici e gli alluci.“
Giudici, 1:8 – Dio approvò l’attacco di Giuda alla città di Gerusalemme. L’esercito di Giuda mise la città a ferro e fuoco.
Giudici, 1:17 – “Poi Giuda partì con Simeone suo fratello, e sconfissero i Cananei che abitavano in Sefat; distrussero interamente la città.“
Giudici, 3:29 – Il signore mise i moabiti nelle mani degli israeliti. “In quel tempo sconfissero circa diecimila Moabiti, tutti robusti e valorosi; non ne scampò neppure uno.“
Giudici, 4:21 – Iael, con un martello, piantò un piuolo nella testa di Sisera, “tanto che esso penetrò in terra.“
Giudici, 7:19-25 – Sotto la guida del Signore la gente di Gedeone sconfisse i madianiti. Uccise e decapitò il loro principe e ne consegnò la testa a Gedeone.
Giudici, 8:15-21 – Gedeone castigò gli uomini di Succot con rovi e spine del deserto. Quindi “abbatté la torre di Penuel e uccise la gente della città.“
Giudici, 9:5 – Abimelec assassinò i suoi fratelli.
Giudici, 9:45 – Abimelec e i suoi seguaci uccisero tutti gli uomini della città. Poi li cosparsero di sale.
Giudici, 9:53-54 – Abimelec riposava tranquillo nella città di Tebes quando “una donna gettò giù un pezzo di macina sulla testa di Abimelec e gli spezzò il cranio.” – “Egli chiamò subito il giovane che gli portava le armi, e gli disse: «Estrai la spada e uccidimi, affinché non si dica: “Lo ha ammazzato una donna!”» Il suo servo allora lo trafisse ed egli morì.“
Giudici, 11:29-39 – Iefte sacrificò sull’altare del Signore la sua amata figliuola per ringraziarlo di avergli concesso la vittoria in battaglia.
Giudici, 15:15 – Sansone uccise mille uomini con “una mascella d’asino ancora fresca.“
Giudici, 16:27-30 – Dio concesse a Sansone la forza per buttare giù le colonne del tempio ed uccidere tremila persone.
Giudici, 18:27 – I daniti giunsero a Lais, “da un popolo che se ne stava tranquillo e senza timori; lo passarono a fil di spada e diedero la città alle fiamme.“
Giudici, 19:22-29 – Un viaggiatore di Betlemme, la sua compagna ed un servo erano ospiti nella dimora di un anziano signore a Ghibea quando “gente perversa” circondò l’abitazione chiedendo di “abusare” dell’ospite maschio. L’anziano padrone di casa offrì agli assalitori la sua figlia vergine e la compagna del suo ospite, implorandoli: “Ecco qua mia figlia che è vergine, e la concubina di quell’uomo; io ve le condurrò fuori e voi abusatene e fatene quel che vi piacerà; ma non commettete contro quell’uomo una simile infamia!” – La signora subì uno stupro e morì. Il viaggiatore caricò il corpo senza vita della donna su un asino, tornò a casa, “si munì di un coltello, prese la sua concubina e la divise, membro per membro, in dodici pezzi, che mandò per tutto il territorio d’Israele.“
Giudici, 20:43-48 – Gli israeliti uccisero venticinquemila uomini. Seicento fuggirono nel deserto. Gli israeliti li raggiunsero e “li passarono a fil di spada, dagli abitanti delle città al bestiame, a tutto quello che si trovava; e diedero alle fiamme tutte le città che trovarono.“
Giudici, 21:10-12 – La comunità uccise ogni uomo e ogni donna non vergine di Iabes in Galaad. Trovarono quattrocento vergini da portare con sé.
1 Samuele, 4:10 – I filistei uccisero trentamila soldati israeliti.
1 Samuele, 5:6-9 – Come punizione per aver rubato l’Arca dell’Alleanza, “il Signore colpì gli uomini della città, piccoli e grandi, e un flagello d’emorroidi scoppiò in mezzo a loro.“
1 Samuele, 6:19 – “Il Signore colpì gli abitanti di Bet-Semes, perché avevano guardato dentro l’arca del Signore; colpì settanta uomini fra i cinquantamila del popolo.“
1 Samuele, 7:7-11 – Il Signore aiutò gli uomini di Samuele ad uccidere i filistei, che li inseguirono “e li batterono fin sotto Bet-Car.“
1 Samuele, 11:11 – Sotto la benedizione di Dio, Saul ed il suo esercito massacrarono gli Ammoniti “finché il giorno si fece caldo.“
1 Samuele, 14:31 – Giònata e i suoi uomini sconfissero i filistei, “si gettarono sulla preda e presero pecore, buoi e vitelli e li macellarono e li mangiarono con il sangue.“
1 Samuele, 15:7-8 – Dio ordina a Saul: “Va’ dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini.“
1 Samuele, 15:33 – “Samuele trafisse Agag davanti al Signore in Gàlgala.“
1 Samuele, 18:27 – Davide ed i suoi uomini uccisero duecento filistei, prelevando “i loro prepuzi“, che Davide “contò davanti al re per diventare genero del re. Saul gli diede in moglie la figlia Mikal.“
1 Samuele, 30:17 – Davide lasciò in vita solo quattrocento filistei, che riuscirono a fuggire.
2 Samuele, 2:23 – Abner colpì Asaèl “con la punta della lancia al basso ventre, così che la lancia gli uscì di dietro ed egli cadde sul posto.“
2 Samuele, 3:30 – Ioab e Abisai vendicarono la morte di Asaèl uccidendo Abner.
2 Samuele, 4:7-8 – Is-Bàal riposava indisturbato nel suo letto quando Recàb e Baanà entrarono nella stanza. “Lo colpirono, l’uccisero e gli tagliarono la testa; poi, portando via la testa di lui, presero la via dell’Araba, camminando tutta la notte.” – Davide non sopportava che un uomo innocente fosse stato ucciso.
2 Samuele, 4:12 – Davide punì Recàb e Baanà uccidendoli, tagliando loro le mani e i piedi ed appendendoli presso la piscina di Ebron.
2 Samuele, 6:6-7 – Il bue che trasportava l’Arca cadde a terra sfinito, e Uzzà accorse per rimetterlo in piedi. “L’ira del Signore si accese contro Uzzà; Dio lo percosse per la sua colpa ed egli morì sul posto, presso l’arca di Dio.“
2 Samuele, 6:22-23 – Davide subì le beffe di Mikal per essersi “scoperto davanti agli occhi delle serve dei suoi servi, come si scoprirebbe un uomo da nulla.” – Così Dio punì Mikal, figlia di Saul, che “non ebbe figli fino al giorno della sua morte.” – Si noti la contraddizione con 2 Samuele 21:8, dove è narrato che Mikal ebbe cinque figli.
2 Samuele, 8:1-18 – Le imprese di Davide compresero l’uccisione di due terzi dei soldati Moabiti, l’azzoppamento di seimilanovecento cavalli, lo sterminio di di ventiduemila siriani e di diciottomila edomiti. Il verso 6 recita: “Il Signore rendeva vittorioso Davide dovunque egli andava.“
2 Samuele, 10:18 – Davide uccise settecento pariglie di cavalli e quarantamila Aramei.
2 Samuele, 11:14-27 – Davide desiderò ardentemente la moglie di Uria, quindi lo fece uccidere in battaglia perché potesse avere Betsabea tutta per sé.
2 Samuele, 12:1 – “Ma ciò che Davide aveva fatto era male agli occhi del Signore.” – Per punirlo il Signore uccise il suo bambino.
2 Samuele, 13:1-15 – Il figlio di Davide – e di Betsabea – Amnòn si innamorò di sua sorella Tamàr, vergine. Tamàr protestò i corteggiamenti del fratello, ma – verso 14 – “egli non volle ascoltarla: fu più forte di lei e la violentò unendosi a lei.“
2 Samuele, 13:28-29 – Il fratello di Tamàr, Absalom, ordinò ai suoi uomini di rendere ebbro Amnòn per poi ucciderlo e vendicare lo stupro di sua sorella.
2 Samuele, 18:6-7 – L’armata di Davide sterminò ventimila uomini nella foresta di Efraim.
2 Samuele, 18:15 – Ioab “prese in mano tre dardi e li immerse nel cuore di Assalonne, che era ancora vivo nel folto del terebinto.” – “Poi dieci giovani scudieri di Ioab circondarono Assalonne, lo colpirono e lo finirono.“
2 Samuele, 20:10-12 – Ioab conficcò un pugnale nello stomaco di Amasà, rovesciandone l’intestino per terra. Amasà morì nel bel mezzo della strada rotolandosi nel suo stesso sangue.
2 Samuele, 24:15 – Dio mandò una pestilenza sulla città di Israele per punire Davide del suo peccato. Morirono settantamila innocenti.
1 Re, 2:24-25 – Solomone uccise Adonia.
1 Re, 2:29-34 – Solomone uccise Ioab.
1 Re, 13-15-24 – Un profeta mentì ad un uomo, convincendolo a bere acqua e mangiare pane in un posto in cui il Signore aveva precedentemente proibito lui di farlo. L’uomo, rassicurato, mangiò e bevve in quel posto. Dio mandò un leone a punirlo, “il suo cadavere rimase steso sulla strada.“
1 Re, 20:29-30 – Gli israeliti si batterono contro i siriani. L’ammontare di vittime per ogni singolo giorno fu di centomila. Sulle restanti ventisettemila crollò un muro di pietra.
2 Re, 1:10-12 – Elia richiamò un fuoco dal cielo, invocando l’aiuto di Dio, e cinquanta uomini furono consumati dalle fiamme.
2 Re, 2:23-24 – Eliseo camminava per strada quando quarantadue bambini si presero gioco della sua calvizie. “Egli si voltò, li guardò e li maledisse nel nome del Signore. Allora uscirono dalla foresta due orse, che sbranarono quarantadue di quei fanciulli.“
2 Re, 5:27 – Eliseo maledice Ghecazi e i suoi discendenti, per sempre, con la lebbra. “Egli si allontanò da Eliseo, bianco come la neve per la lebbra.“
2 Re, 6:18-19 – Il nemico si incamminò verso Eliseo ed egli, rivolgendosi al Signore, supplicò: “Oh, colpisci questa gente di cecità!. E il Signore li colpì di cecità secondo la parola di Eliseo.” – “Disse loro Eliseo: Non è questa la strada e non è questa la città. Seguitemi e io vi condurrò dall’uomo che cercate. Egli li condusse in Samaria.” – “Quando giunsero in Samaria, Eliseo disse: Signore, apri i loro occhi; essi vedano!. Il Signore aprì i loro occhi ed essi videro. Erano in mezzo a Samaria!“
2 Re, 6:29 – Una donna si lamentò di patire la fame davanti al re di Israele. Era triste perché aveva accettato di cucinare e mangiare suo figlio.
2 Re, 9:24 – Ieu tradì Ioram, poi lo uccise colpendolo con arco e freccia nel mezzo delle spalle. “La freccia gli attraversò il cuore.“
2 Re, 9:27 – Ieu ordinò ai suoi uomini di inseguire ed uccidere Acazia, re di Giuda.
2 Re, 9:30-37 – Ieu fece uccidere Gezebele. “Il suo sangue schizzò sul muro e sui cavalli. Ieu passò sul suo corpo, poi entrò, mangiò e bevve; alla fine ordinò: Andate a vedere quella maledetta e seppellitela, perché era figlia di re.” – “Andati per seppellirla, non trovarono altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani.” – “Tornati, riferirono il fatto a Ieu, che disse: Si è avverata così la parola che il Signore aveva detta per mezzo del suo servo Elia il Tisbita: Nel campo di Izreèl i cani divoreranno la carne di Gezabele.” – “E il cadavere di Gezabele nella campagna sarà come letame, perché non si possa dire: Questa è Gezabele.“
2 Re, 10:7 – Ieu ordinò che i settanta figli di Acab venissero decapitati. “Quindi posero le loro teste in panieri e le mandarono da lui.“
2 Re, 10:14 – Ieu ordinò la morte della famiglia di Acab, settantadue persone in totale.
2 Re, 10:17 – Secondo il racconto di Dio Ieu si recò a Samaria e sterminò “tutti i superstiti della casa di Acab fino ad annientarla, secondo la parola che il Signore aveva comunicata a Elia.“
2 Re, 10:19-27 – Ieu intrappolò gli adoratori di Baal nel tempio, poi disse alle guardie: “Entrate, uccideteli. Nessuno scappi.“
2 Re, 11:1 – Atalia distrusse la famiglia reale.
2 Re, 14:5 – Amazia fece giustiziare gli ufficiali che uccisero suo padre.
2 Re, 14:3-5 – Dio si arrabbiò con Amazia, anche se egli aveva fatto ciò che era giusto agli occhi del Signore. Le alte cariche non erano ancora state eliminate, e Dio era geloso dei loro sacrifici sull’altare. Così, Egli punì Azaria con la lebbra.
2 Re, 15:16 – Menachem attaccò la città di Tifsach, distruggendola, e “fece sventrare tutte le donne incinte.“
2 Re, 19:35 – Un angelo del signore sterminò centottantacinquemila uomini nei campi assiri.
2 Cronache, 13:17 – Dio diede il controllo degli israeliti ad Abia e Giuda. Cinquecentomila nemici morirono.
2 Cronache, 21:4 – “Ioram prese in possesso il regno di suo padre e quando si fu rafforzato, uccise di spada tutti i suoi fratelli e, con loro, anche alcuni ufficiali di Israele.“
Isaia, 13:15 – Isaia vide una profezia sulle sorti di Babilonia. “Quanti saranno trovati, saranno trafitti, quanti saranno presi, periranno di spada. I loro piccoli saranno sfracellati davanti ai loro occhi;
saranno saccheggiate le loro case, disonorate le loro mogli.“
Isaia, 13:18 – “Con i loro archi abbatteranno i giovani, non avranno pietà dei piccoli appena nati, i loro occhi non avranno pietà dei bambini.“
Isaia, 14:21-23 – “Preparate il massacro dei suoi figli a causa dell’iniquità del loro padre e non sorgano più a conquistare la terra e a riempire il mondo di rovine. Io insorgerò contro di loro – parola del Signore degli eserciti -, sterminerò il nome di Babilonia e il resto, la prole e la stirpe – oracolo del Signore -. Io la ridurrò a dominio dei ricci, a palude stagnante; la scoperò con la scopa della distruzione – oracolo del Signore degli eserciti -.“
Isaia, 49:26 – La punizione di Dio contro coloro che attaccano Israele: “Farò mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori, si ubriacheranno del proprio sangue come di mosto.“
Geremia, 16:4 – La parola del Signore a proposito dei bambini nati in questa terra: “Moriranno di malattie strazianti, non saranno rimpianti né sepolti, ma saranno come letame sulla terra. Periranno di spada e di fame; i loro cadaveri saranno pasto degli uccelli dell’aria e delle bestie della terra.“
Esdra, 6:12-13 – Il decreto del re Dario stabilì che, qualora qualcuno avesse cambiato il suo editto, “si tolga una trave dalla sua casa, la si rizzi ed egli vi sia impiccato. Poi la sua casa sia ridotta a letamaio.“
Ezechiele, 20:26 – Israele insorse, e la punizione di Dio fu sobria. “Feci sì che si contaminassero nelle loro offerte facendo passare per il fuoco ogni loro primogenito, per atterrirli, perché riconoscessero che io sono il Signore.“
Ezechiele, 23:34 – Dio predispose che le prostitute bevessero una coppa di sdegno e si lacerassero i seni.
Ezechiele, 23:45-47 – Dio punì l’adulterio: “Si farà venire contro di loro una folla ed esse saranno abbandonate alle malversazioni e al saccheggio. La folla le lapiderà e le farà a pezzi con le spade; ne ucciderà i figli e le figlie e darà alle fiamme le case. Eliminerò così un’infamia dalla terra e tutte le donne impareranno a non commettere infamie simili.“
Osea, 13:16 – In seguito alla ribellione di Israele: “si alzerà dal deserto il soffio del Signore e farà inaridire le sue sorgenti, farà seccare le sue fonti, distruggerà il tesoro di tutti i vasi preziosi.“
Nuovo Testamento
Matteo, 5:17 – “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.” – Gesù appoggia gli omicidi di massa, gli stupri, le schiavitù, le torture e gli incesti descritti nel Vecchio Testamento.
Matteo, 8:12 – Gesù avverte delle torture eterne dell’inferno: “i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti.“
Matteo, 10:35-36 – Gesù motiva la sua venuta: “Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada. Perché sono venuto a dividere il figlio da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell’uomo saranno quelli stessi di casa sua.“
Matteo, 11:21-24 – Le opere di Gesù non impressionarono le città di Corazid, Betsaida e Capernaum. Gesù disse: “Guai a te!” e le destinò ad una sorte peggiore di quella toccata a Sodoma.
Matteo, 8:21 – Un uomo decise che, prima di seguire Gesù nella sua impresa, avrebbe seppellito suo padre appena deceduto. Gesù rispose: “Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti.“
Marco, 4:10 – Nella parabola del seminatore Gesù spiegò ai suoi discepoli che era solito utilizzare parabole al fine di accrescere la loro confusione, “affinché non si convertano, e i peccati non siano loro perdonati.“
Marco, 7:10 – Secondo la legge dell’Antico Testamento ogni bambino che avesse dimostrato odio nei confronti dei genitori sarebbe stato condannato a morte.
Luca, 8:32-33 – Gesù trasferì dei demoni dal corpo di un uomo nudo ad un branco di porci, “e quel branco si gettò a precipizio giù nel lago e affogò.” – Gli abitanti supplicarono Gesù di abbandonare la città.
Luca, 12:47 – Gesù avvertì che un servo di Dio che non avesse rispettato la volontà del suo Padrone avrebbe ricevuto “molte percosse.“
Luca, 19:26 – Nella parabola delle dieci mine il padrone – Dio – disse di quelli che avessero deciso di non seguirlo: “conduceteli qui e uccideteli in mia presenza.“
Giovanni, 6:53-66 – Gesù invitò i suoi discepoli a mangiare la sua carne e bere il suo sangue. Malgrado il tono metaforico molti discepoli non condivisero l’idea e decisero di abbandonarlo.
Atti, 5:1-9 – Anania mentì sull’ammontare ricavato dalla vendita della sua proprietà per tenere per sé parte di quella somma. Dio uccise lui e sua moglie.
Romani, 1:26-27 – Paolo dice che lesbiche ed omosessuali meritano la dannazione eterna.
Lettera agli efesini, 1:4-5 – Malgrado le istruzioni elargite da Gesù sul come riconoscerlo come salvatore, Egli dice che Dio ha già “predestinato” coloro i quali saranno salvati secondo la Sua volontà.
Ebrei, 12:20 – Dio predispose che ogni animale accampato sul monte Sion venisse lapidato.
1 Pietro, 1:20 – Dopo il fallimento dell’esperimento di Dio nel giardino dell’Eden, la catastrofe di Noè e la soluzione finale del sacrificio di Cristo, scopriamo che Gesù fu predestinato alla morte fin dal principio. Fu tutto “già designato prima della creazione del mondo.“
Apocalisse, 6:8 – Alla fine dei tempi, Dio autorizzerà la Morte a falciare il 25% della popolazione terrestre “con la spada, con la fame, con la mortalità e con le belve della terra.“
lunedì 22 settembre 2025
Discorso di Keines.
John Maynard Keynes
Economic Possibilities for our
Grandchildren.
Prospettive economiche per i nostri nipoti
Conferenza tenuta da Keynes a Madrid nel giugno del 1930. Ora nel nono volume dei suoi
Collected Writings intitolato Essays in Persuasion, tradotta in Italia da Bollati Boringhieri
(La fine del laissez faire ed altri scritti, Torino 1991).
I
In questo momento siamo affetti da un grave attacco di pessimismo economico. È cosa
comune sentir dire dalla gente che è ormai conclusa l’epoca dell’enorme progresso
economico che ha caratterizzato il secolo XIX; che adesso il rapido miglioramento del
tenore di vita dovrà rallentare, per lo meno in Gran Bretagna; che nel prossimo decennio è
più probabile un declino anziché un fiorire della prosperità.
Ritengo che questa sia un’interpretazione estremamente errata di quanto sta accadendo.
Quello di cui soffriamo non sono acciacchi della vecchiaia, ma disturbi di una crescita fatta
di mutamenti troppo rapidi, e dolori di riassestamento da un periodo economico a un
altro. L’efficienza tecnica è andata intensificandosi con ritmo più rapido di quello con cui
riusciamo a risolvere il problema dell’assorbimento della manodopera; il miglioramento
del livello di vita è stato un po’ troppo rapido; il sistema bancario e monetario del mondo
ha impedito che il tasso d’interesse cadesse con la velocità necessaria al riequilibrio.
Ciò nonostante lo spreco e la confusione che ne conseguono investono non più del 7,5 per
cento del reddito nazionale; buttiamo via uno scellino e 6 pence per ogni sterlina, e
rimaniamo con 18 scellini e 6 pence dove, se fossimo più intelligenti, potremmo avere una
sterlina intera; con tutto ciò i 18 scellini e 6 pence valgono quanto valeva una sterlina
cinque o sei anni fa. Noi dimentichiamo che nel 1929 il volume della produzione
dell’industria britannica era superiore a quello di qualsiasi momento precedente e che lo
scorso anno l’attivo netto della bilancia dei pagamenti, disponibile per nuovi investimenti
all’estero, dopo aver pagato tutte le importazioni, era superiore a quello di tutti gli altri
paesi, superando perfino del 50 per cento l’attivo corrispettivo degli Stati Uniti.
Ovvero, se si vuole farne una questione di raffronti, supponiamo di dover ridurre a metà i
nostri salari, denunciare quattro quinti del debito nazionale, e accumulare l’eccedenza in
oro puro anziché darla a prestito al 6 o più per cento: ci troveremmo in posizione simile
alla tanto invidiata Francia. Ma migliorerebbe qualche cosa?
La depressione che domina nel mondo, l’atroce anomalia della disoccupazione in un
mondo pieno di bisogni, i disastrosi errori che abbiamo commesso ci rendono ciechi di
fronte a quanto sta accadendo sotto il pelo dell’acqua, cioè di fronte al significato delle
tendenze autentiche del processo. Voglio affermare, infatti, che entrambi i contrapposti
errori di pessimismo, che sollevano oggi tanto rumore nel mondo, si dimostreranno errati
nel corso della nostra stessa generazione: il pessimismo dei rivoluzionari, i quali pensano
che le cose vadano tanto male che nulla possa salvarci se non il rovesciamento violento; e
il pessimismo dei reazionari i quali ritengono che l’equilibrio della nostra vita economica e
sociale sia troppo precario per permetterci di rischiare nuovi esperimenti.
In questo saggio, tuttavia, mio scopo non è di esaminare il presente o il futuro immediato,
ma di sbarazzarmi delle prospettive a breve termine e di librarmi nel futuro.
Quale livello di vita economica possiamo ragionevolmente attenderci fra un centinaio
d’anni?
Quali sono le prospettive economiche per i nostri nipoti?
Dai tempi più remoti di cui abbiamo conoscenza (diciamo duemila anni prima di Cristo)
fino all’inizio del secolo XVIII, il livello di vita dell’uomo medio, che vivesse nei centri
civili del mondo, non ha subito grandi mutamenti. Alti e bassi sicuramente. Comparse di
epidemie, carestie e guerre. Intervalli aurei. Ma nessun balzo in avanti, nessun
cambiamento violento. Nei quattromila anni, conclusisi all’incirca nell’anno di grazia 1700,
alcuni periodi hanno fatto registrare un miglioramento del 50 per cento (nel migliore del
casi del 100 per cento) rispetto ad altri.
Questo lento tasso di progresso, ovvero questa mancanza di progresso, era dovuto a due
motivi: l’assenza vistosa di miglioramenti tecnici di rilievo, e la mancata accumulazione di
capitale.
L’assenza di grandi invenzioni tecniche fra l’era preistorica e i tempi relativamente
moderni è davvero degna di nota. Quasi tutto ciò che, di sostanziale importanza, il mondo
possedeva all’inizio dell’età moderna, era già noto all’uomo agli albori della storia. Il
linguaggio, il fuoco, gli stessi animali domestici che abbiamo oggi, il grano, l’orzo, la vite e
l’olivo, l’aratro. la ruota, il remo, la vela, le pelli, la tela e il panno, i mattoni e le terrecotte,
l’oro e l’argento, il rame, lo stagno e il piombo (e il ferro vi si aggiunse prima del 1000 a
C.), il sistema bancario, l’arte del governo, la matematica, l’astronomia e la religione: non
sappiamo quando l’uomo abbia avuto per la prima volta in mano queste cose.
In una certa epoca, anteriore all’inizio della storia, forse durante uno di quei favorevoli
intervalli che hanno preceduto l’ultima epoca glaciale, deve essere esistita un’era di
progresso e di invenzioni paragonabile a quella in cui viviamo oggi. Ma per la maggior
parte della storia vera e propria non si è avuto nulla del genere. L’età moderna si è aperta,
ritengo, con l’accumulazione di capitale iniziata nel secolo XVI. Io credo che ciò, per
ragioni con cui non devo gravare questa trattazione, sia stato dovuto inizialmente
all’aumento del prezzi (e ai profitti conseguenti) determinato dal tesori d’oro e d’argento
che la Spagna portò dal Nuovo Mondo in quello Vecchio. Da allora a oggi il processo di
accumulazione secondo l’interesse composto, che sembrava in letargo da tante
generazioni, ebbe nuova vita e assunse nuove forze. E la portata di un interesse composto
per un periodo di più di due secoli è tale da far vacillare la fantasia.
Permettetemi di citare un esempio, da me elaborato, a illustrazione dell’entità di questa
capitalizzazione. Il valore degli investimenti all’estero della Gran Bretagna è stimato, oggi,
circa 4 miliardi di sterline, e fornisce un reddito annuo al tasso di circa 116,5 per cento.
Questo reddito per metà lo facciamo rimpatriare e lo godiamo; l’altra metà, vale a dire il
3,25 per cento, lasciamo che si accumuli all’estero con l’interesse composto. Qualche cosa
del genere è accaduto ininterrottamente per circa 250 anni.
Io, infatti, riconduco l’inizio degli investimenti inglesi all’estero al tesoro che Drake
sottrasse alla Spagna nel 1580, anno appunto in cui rientrò in Inghilterra portando con sé
le spoglie meravigliose del Golden Hind. La regina Elisabetta era una forte azionista del
gruppo che aveva finanziato la spedizione. Con la sua quota del tesoro la regina pagò
tutto il debito estero del paese, riportò in pari il bilancio e si ritrovò in mano ancora 40mila
sterline. Questa fu appunto la somma che investì nella Levant Company, la quale
prosperò. Con i profitti della Levant Company fu fondata la East India Company, e i
profitti di questa grande impresa costituiscono la base dei successivi investimenti
all’estero della Gran Bretagna. Ora, si dà il caso che la capitalizzazione di 40mila sterline al
tasso di interesse composto del 3,25 per cento corrisponda approssimativamente al volume
reale degli investimenti all’estero della Gran Bretagna in date diverse, e ammonterebbe
effettivamente alla somma complessiva di 4 miliardi di sterline che ho già citata come
volume attuale dei nostri investimenti all’estero. Pertanto, ciascuna delle sterline che
Drake portò in patria nel 1580 si è trasformata in 100mila sterline. Tanta è la potenza
dell’interesse composto!
Dal secolo XVI è incominciata, proseguendo con crescendo ininterrotto nel XVIII secolo, la
grande era delle invenzioni scientifiche e tecniche che, dall’inizio del secolo XIX, ha avuto
sviluppi incredibili: carbone, vapore, elettricità, petrolio, acciaio, gomma, cotone, industrie
chimiche, macchine automatiche e sistemi di produzione di massa, telegrafo, stampa,
Newton, Darwin, Einstein e migliaia di altre cose e uomini troppo famosi e troppo noti per
essere ricordati.
Quale il risultato? Nonostante l’enorme sviluppo della popolazione del mondo, che è stato
necessario dotare di case e di macchine, il tenore medio di vita in Europa e negli Stati Uniti
è aumentato, devo ritenere di quattro volte. Lo sviluppo del capitale è avvenuto su una
scala di gran lunga superiore a cento volte quella conosciuta da qualsiasi altra epoca. E
d’ora in avanti non dobbiamo attenderci un incremento demografico tanto forte.
Se il capitale aumenta, diciamo, del 2 per cento l’anno, in vent’anni l’attrezzatura
produttiva del mondo sarà aumentata del 50 per cento e in cent’anni di sette volte e
mezzo. Pensate a questo in termini di beni capitali: case, trasporti e simili.
Al tempo stesso i miglioramenti tecnici nei settori manifatturiero e dei trasporti sono
proceduti negli ultimi dieci anni con tassi molto superiori a quelli registrati
precedentemente dalla Storia.
Negli Stati Uniti la produzione pro capite dell’industria, nel 1925, superava del 40 per
cento quella del 1919. In Europa ostacoli contingenti ci hanno intralciato il cammino; pur
tuttavia è lecito dire che il rendimento tecnico sta aumentando con ritmo superiore al tasso
composto dell’1 per cento l’anno.
Vi sono buoni elementi per ritenere che le rivoluzionarie trasformazioni tecniche, che
finora hanno interessato soprattutto l’industria, si applicheranno presto all’agricoltura.
Può ben darsi che ci troviamo alla vigilia di un’evoluzione del rendimento della
produzione agricola di portata analoga a quella verificatasi nell’estrazione mineraria,
nell’industria manifatturiera, nel trasporti. Nel giro di pochissimi anni, intendo dire
nell’arco della nostra vita, potremmo essere in grado di compiere tutte le operazioni dei
settori agricolo, minerario, manifatturiero con un quarto dell’energia umana che eravamo
abituati a impegnarvi.
Per il momento, la rapidità stessa di questa evoluzione ci mette a disagio e ci propone
problemi di difficile soluzione. I paesi che non sono all’avanguardia del progresso ne
risentono in misura relativa. Noi, invece, siamo colpiti da una nuova malattia di cui alcuni
lettori possono non conoscere ancora il nome, ma di cui sentiranno molto parlare nei
prossimi anni: vale a dire la disoccupazione tecnologica. Il che significa che la
disoccupazione dovuta alla scoperta di strumenti economizzatori di manodopera procede
con ritmo più rapido di quello con cui riusciamo a trovare nuovi impieghi per la stessa
manodopera.
Ma questa è solo una fase di squilibrio transitoria. Visto in prospettiva, infatti, ciò significa
che l’umanità sta procedendo alla soluzione del suo problema economico. Mi sentirei di
affermare che di qui a cent’anni il livello di vita dei paesi in progresso sarà da quattro a
otto volte superiore a quello odierno. Né vi sarebbe nulla di sorprendente, alla luce delle
nostre conoscenze attuali. Non sarebbe fuori luogo prendere in considerazione la
possibilità di progressi anche superiori.
II
Ammettiamo, a titolo di ipotesi, che di qui a cent’anni la situazione economica di tutti noi
sia in media di otto volte superiore a quella odierna. Cosa di cui, in verità, non dovremmo
affatto stupirci.
È ben vero che i bisogni degli esseri umani possono apparire inesauribili. Essi, tuttavia,
rientrano in due categorie: i bisogni assoluti, nel senso che li sentiamo quali che siano le
condizioni degli esseri umani nostri simili, e quelli relativi, nel senso che esistono solo in
quanto la soddisfazione di essi ci eleva, ci fa sentire superiori ai nostri simili. I bisogni
della seconda categoria, quelli che soddisfano il desiderio di superiorità, possono davvero
essere inesauribili poiché quanto più alto è il livello generale, tanto maggiori diventano. Il
che non è altrettanto vero dei bisogni assoluti: qui potremmo raggiungere presto, forse
molto più presto di quanto crediamo, il momento in cui questi bisogni risultano soddisfatti
nel senso che preferiamo dedicare le restanti energie a scopi non economici.
Veniamo ora alla mia conclusione che credo riterrete sconcertante, anzi quanto più ci
ripenserete, tanto più la troverete sconcertante.
Giungo alla conclusione che, scartando l’eventualità di guerra e di incrementi demografici
eccezionali, il problema economico può essere risolto, o per lo meno giungere in vista di
soluzione, nel giro di un secolo. Ciò significa che il problema economico non è se
guardiamo al futuro, il problema permanente della razza umana.
Perché mai, potrete chiedere, è cosa tanto sconcertante? È sconcertante perché, se invece di
guardare al futuro ci rivolgiamo al passato, vediamo che il problema economico, la lotta
per la sussistenza, è sempre stato, fino a questo momento il problema principale, il più
pressante per la razza umana: anzi, non solo per la razza umana, ma per tutto il regno
biologico dalle origini della vita nelle sue forme primitive. Pertanto la nostra evoluzione
naturale, con tutti i nostri impulsi e i nostri istinti più profondi, è avvenuta al fine di
risolvere il problema economico. Ove questo fosse risolto, l’umanità rimarrebbe priva del
suo scopo tradizionale.
Sarà un bene? Se crediamo almeno un poco nei valori della vita, si apre per lo meno una
possibilità che diventi un bene. Eppure io penso con terrore al ridimensionamento di
abitudini e istinti nell’uomo comune, abitudini e istinti concresciuti in lui per
innumerevoli generazioni e che gli sarà chiesto di scartare nel giro di pochi decenni.
Per adoperare il linguaggio moderno, non dobbiamo forse attenderci un “collasso
nervoso” generale? Abbiamo già avuto una piccola esperienza di quello che intendo, cioè
un collasso nervoso simile al fenomeno già piuttosto comune in Gran Bretagna e negli Stati
Uniti fra le donne sposate delle classi agiate, sventurate donne in gran parte, che la
ricchezza ha privato dei compiti e delle occupazioni tradizionali: donne che non riescono a
trovare sufficiente interesse nel cucinare, pulire, rammendare quando vi manchi la spinta
della necessità economica: e che tuttavia sono assolutamente incapaci di inventare qualche
cosa di più divertente.
Per chi suda il pane quotidiano il tempo libero è un piacere agognato: fino momento in cui
l'ottiene.
Ricordiamo l’epitaffio che scrisse per la sua tomba quella vecchia donna di servizio:
Non portate il lutto, amici, non piangere per me che farò finalmente niente, niente per l’eternità.
Questo era il suo paradiso. Come altri che aspirano al tempo libero, la donna di servizio
immaginava solo quanto sarebbe stato bello passare il tempo a far da spettatore.
C’erano, infatti, altri due versi nell’epitaffio:
Il paradiso risuonerà di salmi e di dolci musiche ma io non farò la fatica di cantare.
Eppure la vita sarà tollerabile solo per quelli che partecipano al canto: e quanto pochi di
noi sanno cantare!
Pertanto, per la prima volta dalla sua creazione, l’uomo si troverà di fronte al suo vero,
costante problema: come impiegare la sua libertà dalle cure economiche più pressanti,
come impiegare il tempo libero che la scienza e l’interesse composto gli avranno
guadagnato, per vivere bene, piacevolmente e con saggezza.
Gli indefessi, decisi creatori di ricchezza potranno portarvi tutti, al loro seguito, in seno
all’abbondanza economica. Ma saranno solo coloro che sanno tenere viva, e portare a
perfezione l’arte stessa della vita, e che non si vendono in cambio dei mezzi di vita, a poter
godere dell’abbondanza, quando verrà.
Eppure non esiste paese o popolo, a mio avviso che possa guardare senza terrore all’era
del tempo libero e dell’abbondanza. Per troppo tempo, infatti, siamo stati allenati a faticare
anziché godere. Per l’uomo comune, privo di particolari talenti, il problema di darsi
un’occupazione è pauroso, specie se non ha più radici nella terra e nel costume o nelle
convenzioni predilette di una società tradizionale.
A giudicare dalla condotta e dal risultati delle classi ricche di oggi, in qualsiasi regione del
mondo, la prospettiva è davvero deprimente. Queste classi, infatti, sono per così dire la
nostra avanguardia, coloro che esplorano per noi la terra promessa e che vi piantano le
tende. E per la maggior parte costoro, che hanno un reddito indipendente ma nessun
obbligo o legame o associazione, hanno subito una sconfitta disastrosa, così mi sembra, nel
tentativo di risolvere il problema che era in gioco.
Sono certo che, con un po’ più di esperienza, noi ci serviremo del nuovo generoso dono
della natura in modo completamente diverso da quello dei ricchi di oggi e tracceremo per
noi un piano di vita completamente diverso che non ha nulla a che fare con il loro.
Per ancora molte generazioni l’istinto del vecchio Adamo rimarrà così forte in noi che
avremo bisogno di un qualche lavoro per essere soddisfatti. Faremo, per servire noi stessi,
più cose di quante ne facciano di solito i ricchi d’oggi, e saremo fin troppo felici di avere
limitati doveri, compiti, routines. Ma oltre a ciò dovremo adoperarci a far parti accurate di
questo “pane” affinché il poco lavoro che ancora rimane sia distribuito fra quanta più
gente possibile.
Turni di tre ore e settimana lavorativa di quindici ore possono tenere a bada il problema
per un buon periodo di tempo. Tre ore di lavoro al giorno, infatti, sono più che
sufficienti per soddisfare il vecchio Adamo che è in ciascuno di noi.
Dovremo attenderci cambiamenti anche in altri campi. Quando l’accumulazione di
ricchezza non rivestirà più un significato sociale importante, interverranno profondi
mutamenti nel codice morale. Dovremo saperci liberare di molti dei principi pseudomorali
che ci hanno superstiziosamente angosciati per due secoli, e per i quali abbiamo esaltato
come massime virtù le qualità umane più spiacevoli. Dovremo avere il coraggio di
assegnare alla motivazione “denaro” il suo vero valore. L'amore per il denaro come
possesso, e distinto dall’amore per il denaro come mezzo per godere i piaceri della vita
sarà riconosciuto per quello che è: una passione morbosa, un po’ ripugnante, una di quelle
propensioni a metà criminali e a metà patologiche che di solito si consegnano con un
brivido allo specialista di malattie mentali.
Saremo, infine, liberi di lasciar cadere tutte quelle abitudini sociali e quelle pratiche
economiche relative alla distribuzione della ricchezza e alle ricompense e penalità
economiche, che adesso conserviamo a tutti i costi, per quanto di per se sgradevoli e
ingiuste, per la loro incredibile utilità a sollecitare l’accumulazione del capitale.
Naturalmente continueranno ad esistere molte persone dotate di attivismo e di senso
dell’impegno intensi e insoddisfatti, che perseguiranno ciecamente la ricchezza a meno
che non riescano a trovarvi un sostituto plausibile. Ma non saremo più tenuti all’obbligo di
lodarle e di incoraggiarle perché sapremo penetrare, più a fondo di quanto sia lecito oggi,
il significato vero di questo “impegno” di cui la natura ha dotato in varia misura quasi
tutti noi. “Impegno” infatti, significa preoccuparsi dei risultati futuri delle proprie azioni
più che della loro qualità o del loro effetto immediato nel nostro ambiente. L’uomo
“impegnato” tenta sempre di assicurare alle sue azioni un’immortalità spuria e illusoria,
proiettando nel futuro l’interesse che vi ripone. Non ama il suo gatto, ma ne ama i gattini,
o per la verità neppure i gattini, ma i figli di quei gattini e tutta la loro generazione fino a
che esisterà la stirpe dei gatti. Per costui la marmellata non è marmellata a meno che non si
tratti della marmellata di domani, mai della marmellata di oggi. E così proiettando nel
futuro la sua marmellata tenta di assicurate l’immortalità al lavoro con cui la prepara.
Permettetemi di ricordare qui il professore di Sylvie and Bruno:
“È solo il sarto, sir, con il suo conticino” disse una voce querula fuori dell’uscio.
“Oh, bene” disse il professore ai bambini. “Risolverò subito questa sua faccenda, se vorrete
aspettare un momento. Quant’è quest’anno buonuomo?” Mentre parlava il sarto era entrato.
“Vedete, è stato raddoppiato per tanti anni” replicò il sarto un po’ brusco “che adesso penso proprio
di volere i quattrini. Sono duemila sterline, sono!”
“Roba da nulla”, osservò noncurante il professore frugandosi nelle tasche come se si portasse
sempre dietro quella cifra come minimo. “Ma non preferireste aspettare ancora un anno e farle
diventare quattromila sterline? Pensate solo a quanto diventereste ricco! Pensate, potreste
diventare un re, se lo voleste!”
“Non so se mi interessi diventare un re” commentò pensieroso l’uomo. “Ma sembra davvero un
mucchio di quattrini... Beh, credo che aspetterò....”
“Certo che aspetterete” incalzò il professore. “Vedo che avete cervello. Buongiorno, buonuomo!”
Non appena la porta si richiuse alle spalle del creditore Sylvie chiese: “Gliele pagherete mai quelle
quattromila sterline?”
“Mai ragazza mia” replicò enfatico il professore. “Preferirà raddoppiare fino al giorno della morte.
Vedete, vale sempre la pena di aspettare ancora un anno per avere il doppio!”
Forse non è un caso che la razza che più ha fatto per radicare la promessa di immortalità
nel cuore e nella natura delle nostre religioni, è anche quella che più di ogni altra ha fatto
per il principio dell’interesse composto e che predilige in particolare questa che è la più
impegnata delle istituzioni umane.
Vedo quindi gli uomini liberi tornare ad alcuni del principi più solidi e autentici della
religione e della virtù tradizionali: che l’avarizia è un vizio, l’esazione dell’usura una
colpa, l’amore per il denaro spregevole, e che chi meno s’affanna per il domani cammina
veramente sul sentiero della virtù e della profonda saggezza. Rivaluteremo di nuovo i fini
sui mezzi e preferiremo il bene all’utile. Renderemo onore a chi saprà insegnarci a cogliere
l’ora e il giorno con virtù, alla gente meravigliosa capace di trarre un piacere diretto dalle
cose, i gigli del campo che non seminano e non filano.
Ma attenzione! Il momento non è ancora giunto. Per almeno altri cent’anni dovremo
fingere con noi stessi e con tutti gli altri che il giusto è sbagliato e che lo sbagliato è giusto,
perché quel che è sbagliato è utile e quel che è giusto no. Avarizia, usura, prudenza
devono essere il nostro dio ancora per un poco, perché solo questi principi possono trarci
dal cunicolo del bisogno economico alla luce del giorno.
Attendo, quindi, in giorni non troppo lontani, la più grande trasformazione che mai sì sia
verificata nell’ambiente fisico in cui si muove la vita degli esseri umani come aggregato.
Ma, naturalmente, tutto avverrà per gradi, non come una catastrofe. Tutto, anzi, è già
incominciato. Le cose andranno semplicemente così: sempre più vaste diventeranno le
categorie e i gruppi di persone che in pratica non conoscono i problemi della necessità
economica. Ci si renderà conto della differenza critica quando questa condizione si sarà a
tal punto generalizzata da mutare la natura del dovere dell’uomo verso il suo simile:
infatti l’impegno del fare verso gli altri continuerà ad avere una ragione anche quando
avrà cessato di averla il fare a nostro vantaggio.
Il ritmo con cui possiamo raggiungere la nostra destinazione di beatitudine economica,
dipenderà da quattro fattori: la nostra capacità di controllo demografico, la nostra
determinazione nell’evitare guerre e conflitti civili, la nostra volontà di affidare alla
scienza la direzione delle questioni che sono di sua stretta pertinenza, e il tasso di
accumulazione in quanto determinato dal margine fra produzione e consumo. Una volta
conseguiti i primi tre punti il quarto verrà da sé.
In questo frattempo non sarà male por mano a qualche modesto preparativo per quello
che è il nostro destino, incoraggiando e sperimentando le arti della vita non meno delle
attività che definiamo oggi “impegnate”.
Ma, soprattutto, guardiamoci dal sopravvalutare l’importanza del problema economico o
di sacrificare alle sue attuali necessità altre questioni di maggiore e più duratura
importanza. Dovrebbe essere un problema da specialisti, come la cura dei denti. Se gli
economisti riuscissero a farsi considerare gente umile, di competenza specifica, sui pian
martedì 16 settembre 2025
Cristianesimo e miti preesistenti.
Cristianesimo e miti preesistenti
Per molti il cristianesimo è una dottrina originale e rivoluzionaria; in realtà esistono molti miti preesistenti che sono serviti come spunto per elaborare una nuova religione.
Cristianesimo e mitraismo
Il mitraismo fu un’antica religione ellenistica, basata sul culto di un dio probabilmente derivato dal dio persiano Mitra e da altre divinità dello zoroastrismo. Il mitraismo nacque nell’area del Mediterraneo orientale intorno al II-I sec. a.C. e venne praticata anche nell’Impero Romano, a partire dal I secolo a.C., per raggiungere la sua massima diffusione tra il III ed il IV secolo, quando fu molto popolare tra i soldati romani. In seguito al decreto di Teodosio (391) che bandì tutti i riti pagani, il mitraismo scomparve come pratica religiosa.
Presso i romani il culto di Mitra divenne molto popolare soprattutto per alcune concezioni molto sofisticate come l’esistenza dell’anima e della sua possibilità di pervenire, attraverso le sette sfere planetarie, all’aeternitas: nel giorno del giudizio i non credenti sarebbero morti, mentre i credenti sarebbero vissuti in cielo o nel paradiso (parola di origine sanscrita, paradesha, Paese supremo; i persiani lo trasformarono in pairidaeza).
Mitra nacque da una vergine alla presenza di pochi pastori; presso i suoi fedeli era chiamato con termini come la Via, la Verità, la Luce, la Vita, il Verbo, il Figlio di Dio, il Buon Pastore. Spesso è dipinto con un agnello sulle spalle. Per i seguaci di Mitra la domenica era il giorno del Signore e il 25 dicembre, durante una grande festa, i fedeli “facevano la comunione”: iniziava il periodo dei “quaranta giorni” (notevole l’analogia con la Quaresima cristiana). Quando morì, Mitra fu sepolto in una tomba detta Petra e dopo tre giorni fu rimosso con una grande festa.
Le somiglianze con il cristianesimo sono impressionanti, tanto che è ragionevole l’ipotesi che Paolo si sia appropriato di questi miti e li abbia attribuiti a Gesù (che neppure aveva conosciuto), dando vita alla mitologia cristiana.
Cristianesimo e zoroastrismo
Lo zoroastrismo è una religioni delle più antiche; prende il nome dal suo fondatore, Zarathustra (Zoroastro), vissuto in Persia fra il VII e il VI sec. a.C.
Zoroastro elaborò le precedenti religioni persiane, prendendo spunti anche dalla religione vedica indiana.
Lo zoroastrismo è conosciuto anche come mazdeismo perché nell’antica mitologia persiana Ahura Mazdā era il saggio signore della luce; originariamente allo stesso livello di Mitra (cui era attribuita la sfera della giustizia), venne elevato a Dio supremo da Zoroastro che ne accorciò anche il nome in Ormazd.
Lo zoroastrismo fu per secoli la religione dominante in quasi tutta l’Asia centrale, finché non fu soppiantato dall’islam (VII sec.). Attualmente non conta più di 200.000 fedeli.
Ahura Mazdā è un dio-padre onnisciente che si preoccupa delle sorti degli uomini tanto da mandare sulla terra Zoroastro per diffondere il suo verbo. I seguaci di Zoroastro credono nella venuta del “regno di Dio”, nell’inferno (il loro Satana è Angra Mainyu) e nel paradiso (per loro pairidaeza), in angeli e arcangeli, ma soprattutto nella risurrezione finale dei morti.
Secondo alcune fonti i Magi che visitarono Gesù altro non erano che sacerdoti zoroastriani.
Il cristianesimo e Horo
Horo è una divinità egizia che simboleggiava l’immortalità, la vita dell’anima dopo la morte. Infatti risale alla prima dinastia (3.000 a.C. circa) il libro per vivificare l’anima per sempre.
Gli studi compiuti da G. Massey proposero il parallelismo fra Horo e Gesù; Massey basò la sua teoria su un rilievo che si trova a Luxor, da lui esaminato e interpretato (The Historical Jesus and The Mythical Christ), trovando moltissime e impressionanti somiglianze fra la vita di Horo e quella di Gesù. Le osservazioni di Massey influenzarono altri studiosi come A. B. Kuhn e H. P. Blavatsky, ma non sono state accettate dagli egittologi (Massey era un autodidatta).
Nel 1999 però la storica e archeologa D.M. Murdock (The Christ Conspiracy) riprese le teorie di Massey e, in quanto archeologa (a torto o a ragione, ben più autorevole di un autodidatta!), suscitò un dibattito molto acceso, cui la Murdock nel 2009 (Christ in Egypt) replicò citando le sue fonti (fra le quali anche l’egittologa M. Murray).
Il dibattito in corso è sicuramente influenzato dalle tendenze religiose degli studiosi, ma il lavoro di Massey e (cent’anni dopo) quello di Murdock pongono talmente tante analogie fra Horo e Gesù che, se anche alcune decifrazioni dei geroglifici fossero errate, le rimanenti corrette basterebbero per sostenere l’ipotesi del parallelismo (si noti che gli egittologi cristiani che sostengono la cattiva interpretazione/traduzione dei geroglifici, di fatto, rendono l’egittologia una scienza del tutto opinabile!).
Ecco le principali analogie che Horo ha con Gesù:
• vi fu l’annunciazione della sua nascita alla madre da parte di un angelo (Thot) che le comunicò anche che il figlio sarebbe stato concepito verginalmente;
• nacque in una grotta il 25 dicembre dalla vergine Iside, annunciato da una stella d’Oriente;
• fu adorato da pastori e da tre saggi che portarono in dono oro, incenso e mirra;
• da bambino insegnò in un tempio;
• ebbe 12 discepoli;
• a 30 anni fu battezzato da Anubi che venne in seguito decapitato (come Giovanni Battista);
• combatté 40 giorni nel deserto contro Satana;
• compì miracoli, come la resurrezione dei morti e la camminata sulle acque;
• fu chiamato il “Santo Bambino”, “La Verità”, “La Luce”, “La Vita”, “L’Unto Figlio di Dio” e “Il Buon Pastore”, “L’Agnello”, “La Stella del Mattino”;
• Horo nacque a Annu, il “posto del pane”, mentre Gesù nacque a Betlemme, la “casa del pane”;
• assieme a Iside e Osiride, Horo costituisce un membro della trinità egizia.
Molte altre analogie si trovano nel libro Book of Religion (1924) di A. Churchward.
La creazione
Uno degli argomenti che più sottolinea l’analfabetismo religioso delle persone è la creazione. Ogni credente è convinto che il “suo” racconto della creazione sia originale e quindi perfettamente credibile. In realtà, le storie sulla creazione hanno subito influenze reciproche tanto che in molte si possono trovare elementi comuni: l’età dell’oro in cui l’uomo viveva felice, la caduta, la responsabilità della donna ecc.
Zoroastrismo – Nell’Avesta, il libro sacro dei Parsi (V sec. a.C. circa), il dio Ahura Mazda crea l’universo in sei periodi (prima il cielo, poi le acque, la terra, i vegetali, gli animali e l’uomo), poi si riposò. Nel Bundehesh si dettaglia la creazione e si introduce la prima coppia umana, Mashya e Mashyana. Essi vivevano felici, ma un demone mandato dal principe del male (Angra Mainyu), presentandosi sotto forma di serpente offrì loro un frutto che avrebbe dovuto renderli immortali. In realtà divennero cattivi e persero il diritto alla felicità eterna.
Babilonesi – G. Smith (British Museum) ha scoperto da iscrizioni cuneiformi che i babilonesi conoscevano la leggenda della creazione 1.500 anni prima degli ebrei.
Greci – Anche per i greci gli uomini vivevano come dei finché la curiosità non alterò questa situazione: Zeus donò a Epimeteo una bellissima donna, Pandora, che portava con sé un vaso che avrebbe dovuto rimanere sempre chiuso; il marito però l’aprì e da esso uscirono tutti i problemi dell’umanità.
Induismo – Siva tentò Brama (che aveva preso sembianze umane nel corpo di Swayambhura) mandandogli il fiore del sacro albero di fico. La moglie di Swayambhura, Satarupa, fece credere al marito che il possesso del fiore lo avrebbe reso immortale e divino, ma mentre ne prende possesso, Siva lo maledice e lo condanna alla miseria.
Cinesi – L’uomo viveva felice in un giardino dove c’era l’albero delle mele dell’immortalità, difeso da un serpente alato (drago); a causa della sensualità della donna (il tema dell’incapacità di gestire la propria sessualità è ricorrente in molte “creazioni” ed è causa del peccato originale), l’uomo si dannò. Come racconta il Chi-King, l’uomo cercò di difendersi innalzando un muro, ma la donna lo demolì. Da allora “il mondo è perduto e il vizio inonda tutto come un veleno mortale”.
Madagascar – L’uomo fu creato dalla polvere della terra e viveva felice in un giardino, libero dalle malattie e dalle passioni. Dio gli aveva proibito di mangiare e di bere, ma il diavolo andò da lui raccontandogli della dolcezza dei frutti (la mela, il dattero, l’arancia). Alla fine l’uomo cedette e mangiò il frutto, rovinandosi per sempre.
Tahiti – W. Ellis riferisce di una leggenda tahitiana che racconta la creazione da parte di Ta’aroa (Dio); Ta’aroa usò la terra rossa che fu anche l’unico cibo dell’uomo fino alla creazione del pane. Un giorno Ta’aroa addormentò l’uomo, gli staccò un osso e con questo creò la donna che chiamo Ivi, cioè “osso”.
Ce n’è abbastanza per comprendere come la leggenda della creazione, comune a tantissimi popoli, sia frutto e di influenze reciproche e di una traduzione in termini fantastici delle difficoltà umane (le malattie, le miserie, le pulsioni sessuali ecc.).
D’altro canto, se la creazione è una leggenda, come si può credere che non lo sia tutta la Bibbia? Del resto gli scienziati hanno trovato moltissimi errori scientifici nei racconti biblici. Per esempio, come fa notare B. Robinson, la Bibbia ci dice che Noè caricò l’arca con due (o sette) esemplari di ogni specie in un solo giorno. Appare evidente a qualunque mente razionale che il racconto è frutto di un uomo che ignorava che già al tempo di Noè le specie erano tantissime e che per compiere ciò che è raccontato nella Bibbia, Noè avrebbe dovuto caricare 480 specie al secondo!
Purtroppo però ancora oggi esistono scienziati che tentano di raccontarci che la storia è vera e che Dio creò le specie animali non prima del 10.000 a.C.! Nonostante le ormai evidenti prove scientifiche che le prime forme di vita risalgono a milioni di anni fa (alcuni sostengono miliardi), i creazionisti continuano imperterriti a essere vittime della loro cecità religiosa.
I sedici salvatori
La figura di Gesù è unica per i cristiani, ma in realtà esistono molte figure simili in altre religioni. Kersey Graves (The World’s Sixteen Crucified Saviours – Christianity before Christ, 2001) analizza tutti i salvatori che sono comparsi sulla Terra prima di Gesù, sottolineando come ci sia un’analogia di fondo nelle loro storie:
incarnazione divina, miracoli, sacrificio, ascensione al cielo ponendo le basi per la salvezza del mondo. Sedici di questi salvatori sono stati crocifissi! Come esempio
riporto solo una testimonianza tratta dal testo di Graves, relativa a uno di questi salvatori.
Riguarda il dio cinese chiamato Beddou, la cui storia era già nota in Occidente fin dal XIX sec.
Tutti gli scrittori orientali concordano nel dichiarare che la nascita di Beddou risale al 1027 a.C.; la diffusione dei suoi insegnamenti era estesa a Giappone, Cina e Ceylon. In base ai riti sacri di questa religione “Dio s’incarna di continuo”, ma la sua incarnazione più grande e solenne avvenne tremila anni fa, nella provincia di Cashmere, quando si incarnò con il nome di Fot, o Beddou. Si riteneva che la sua nascita fosse avvenuta dalla parte destra del costato di una vergine di sangue reale che, pur essendo diventata madre, non aveva cessato di essere vergine; che il re del suo paese, turbato dalla sua nascita, volesse ucciderlo, e per questo motivo fece mettere a morte ogni maschio nato nello stesso periodo e che, salvato dai pastori, visse nel deserto fino a 30 anni, quando iniziò la sua missione predicando la verità e scacciando i demoni; che fu autore dei più incredibili miracoli e che visse digiunando e sottoponendosi alle più dure mortificazioni e infine alla sua morte tramandò ai suoi discepoli il libro in cui sono contenuti i principi della sua religione.
La seconda testimonianza riguarda il dio azteco Quetzalcoatl, dio incarnato, nato nel 300 a.C. dalla vergine immacolata Chimalman (anche l’altro dio azteco Huitzilopochtli è concepito senza contatto carnale; il messaggero divino è anche stavolta un uccello che lascia cadere una piuma nel grembo di Coatlicue; e anche il bimbo Huitzilopochtli deve sfuggire alla persecuzione di un mitico Erode); Quetzalcoatl visse una vita semplice finché, caduto nel peccato per colpa di una donna, la bella Quetzalpétatl, si ritirò nel deserto dove digiunò per 40 giorni. Qui la sua vita diverge in varie versioni; secondo una di esse (avvalorata da Lord Kingsborough e Niebuhr, Storia di Roma), in seguito fu crocifisso fra due ladri e dopo tre giorni dalla sua discesa agli inferi resuscitò. Può darsi che questa versione sia stata ripresa proprio dal cristianesimo, ma è un’ulteriore dimostrazione di come le varie religioni tendano a influenzarsi, riprendendo una dall’altra gli aspetti più eclatanti della vita delle divinità.
Riguardo alle incarnazioni divine, il filosofo francese Bagin ricorda che il filone unificatore di tutti i miti è la discesa degli dei sulla Terra. Le modalità di tale discesa (nascita da una vergine) e la vita del dio incarnato sono spesso simili, di fatto annullando la pretesa delle varie religioni che l’unico salvatore sia il proprio.
I cristiani hanno sempre cercato di smontare le presunte storie parallele (in parte grazie anche alla partigianeria dei “laici” che, in alcuni casi, hanno forzato molte interpretazioni), ma non sono mai riusciti a smontarle del tutto: poiché non esistono prove storiche attendibili della vita di Gesù, non si può escludere che molti dei fatti a lui attribuiti non siano che rielaborazioni di miti precedenti.
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