Esiste ancora la schiavitù.
Ieri la CNN ha pubblicato un
video in cui si mostra un’asta per la vendita come schiavi di esseri umani in
Libia. La notizia, nonostante la gravità, ha avuto poco impatto sui mass-media
ed ha lasciato spazio a parole di circostanza. Eppure questa realtà, che
riguarda anche donne e bambini, dovrebbe far rivoltare le viscere agli esseri
umani; esseri umani appunto, non certo a chi si crede di esserlo, ma, intontito
dalla propaganda dominante, fatta di luoghi comuni, è ridotto ad un cartone
animato. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, nel mondo vi sono,
calcolo fatto per difetto, ancora 40 milioni di persone ridotte a forme di
schiavitù e 152 milioni di bambini costretti a lavorare . Sempre l’Ilo stima
per questa cruda realtà un giro d’affari di 150 miliardi di dollari. E’
trascorso un secolo e mezzo da quando Lincoln ha abolito la schiavitù. Quasi
settant’anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che vieta la
schiavitù, ma ancora oggi i lavoratori sfruttati sull’orlo della schiavitù, essendo
labile il confine tra questa realtà e i lavori più infami e degradanti, sono
tantissimi. Rientrano nella definizione
di schiavitù certamente i lavori forzati, le prestazioni professionali svolte
non volontariamente o con costrizioni fisiche. Anche la prostituzione, la
tratta di umani , lo schiavismo sessuale fanno parte di questa barbarie. L’Ilo
non considera forme di schiavitù i
lavori sottopagati o svolti in condizioni ambientali inadeguate. Non si include
qualsiasi fenomeno di costrizione. Questo fenomeno riguarda anche Paesi
che, a parole, sono per la libertà, la
democrazia ed i diritti. In Michigan, il più grande produttore di mirtilli
degli U.S.A. bambini, immigrati dal Messico, vengono sfruttati nei campi per
raccogliere i frutti, perché hanno le mani piccole, più adatte a raccogliere le
piccole bacche. In Florida i raccoglitori di pomodori devono lavorare su turni
di dieci ore per una paga settimanale di 40 dollari. Raccolgono 480 chili di
pomodori al giorno e vivono “ come animali in anguste baracche.” In Italia vi è
la stessa realtà, in ispecie , nell’area meridionale. Si lavora, anche
italiani, dall’alba al tramonto per pochi euro e si è costretti a vivere in
contesti degradanti, senza alcuna tutela igienico-sanitaria. A queste
situazioni si aggiunge la realtà dei minori di 18 anni attualmente impegnati in
conflitti bellici nel mondo, sono più di 300.000. La maggioranza di loro va dai
15 ai 18 anni, ma vi sono reclute di 10
anni. Anche le ragazze, in misura minore, sono reclutate e, probabilmente,
costrette a subire stupri e prevaricazioni sessuali. Il lavoro forzato era
diffuso nelle civiltà più antiche. La storia di Spartaco, gladiatore romano di
origini tracie, che nel 73 a.c. fu a
capo di una rivolta di schiavi e tenne testa alle legioni romane per più di un
anno, prima di essere soffocata nel sangue con 6000 crocifissi sulla strada tra
Capua e Roma, è emblematica. La civiltà cristiana, giudaica, greca, romana e
persiana praticavano tutte la schiavitù. La nascita dell’Islam e del diritto
islamico, che proibiva di schiavizzare i musulmani, favorì una tratta di
schiavi durata oltre mille anni. Il cristianesimo, diffuso tra gli schiavi dell’impero
romano, nei primi tre secoli di vita non ha controllato alcun governo, però non
pare che abbia influito più di tanto nell’economia della schiavitù, dato che
quando arrivò al potere poco cambiò. La schiavitù è esistita nella parte
orientale dell’impero romano, a Bisanzio, fino alla presa dei turchi nel 1452.
La schiavitù era scomparsa nell’anno mille nell’occidente cristiano, sostituita
dal sistema feudale ove le persone più modeste erano, comunque, ridotte in
stato di schiavitù. Con la colonizzazione delle Americhe nel cinquecento, gli
europei hanno cominciato ad acquistare schiavi dall’ Africa, come gl’imperi
islamici di Medio Oriente ed India avevano continuato a fare. Gli schiavisti
musulmani catturavano, generalmente, più donne che uomini, esistendo una
maggiore domanda di schiave sessuali che di schiavi guerrieri. La domanda di
lavoratori agricoli era inesistente. Gli schiavisti europei sequestravano 2 o 3
maschi per ogni donna , avendo interesse ad avere forza lavoro per l’agricoltura
commerciale. A fine 700 sorse il primo vero movimento di massa per l’abolizione
della schiavitù. Una delle prime battaglie fu il boicottaggio dello zucchero
delle colonie al grido: “ lo zucchero si fa col sangue.” La prima vittoria fu l’abolizione
della tratta da parte della Gran Bretagna nel 1807, che decise di estendere il
divieto in tutto il mondo e mise in mare una flotta che dava la caccia ai vascelli
negrieri. Prima dei britannici, in verità, nel 1792 i danesi avevano già
compiuto questo passo. A fine 800 la schiavitù era ancora diffusa nei regni
africani, arabi e nell’impero ottomano. Il suo sradicamento fu uno dei pretesti
per le potenze europee per avviare la conquista coloniale di Africa e Medio Oriente. Anche in America, nell’800,
iniziarono le ribellioni degli schiavi, tanto che alcuni Stati la proibirono.
Molti schiavi tentarono di rifugiarsi in quei territori. Con la vittoria degli
Stati dell’Unione nella guerra di secessione la schiavitù venne abolita. La Dichiarazione
di emancipazione, pronunciata da Lincoln il 1.1.1863, decretò la fine di tale
pratica. Il 13° emendamento della Costituzione americana entrò in vigore il
18.12.1865. La Dichiarazione universale dei diritti umani, firmata a Parigi il
10.12 1948, dichiara: “ Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di
schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite
sotto qualsiasi forma.” La realtà quotidiana mostra ogni giorno come ancora
oggi esistano forme di schiavitù ed asservimento, che vengono ignorate. La libertà consiste nella soddisfazione delle
necessità materiali e spirituali di ogni essere umano. Fin quando un sistema
non riesce a garantire queste necessità,
gli asservimenti e le varie forme di schiavitù di uomini, donne e bambini non
spariranno.
“ L’organizzazione feudale del
lavoro sociale poggiava sulla disciplina del bastone, quando i lavoratori,
spogliati e vessati da un pugno di grandi proprietari fondiari, erano
estremamente ignoranti ed abbruttiti. L’organizzazione capitalistica del lavoro
sociale poggia sulla disciplina imposta dalla fame, e la grandissima massa dei
lavoratori, nonostante tutto il progresso della cultura borghese e della
democrazia borghese, resta, anche nelle repubbliche più avanzate, civili e
democratiche, una massa ignorante e timorosa di schiavi salariati…, spogliati e
vessati da un pugno di capitalisti. L’organizzazione comunista del lavoro
sociale… poggerà sempre più sulla disciplina libera e cosciente dei lavoratori
stessi, che hanno scosso il giogo… dei capitalisti.”
Lenin, “ La grande iniziativa”.